Language of document : ECLI:EU:C:2020:331

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 30 aprile 2020 (1)

Causa C36/20 PPU

Procedimento penale

contro

VL,

con l’intervento di:

Ministerio Fiscale

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Juzgado de Instrucción n. 3 de San Bartolomé de Tirajana (giudice istruttore n. 3 de San Bartolomé de Tirajana, Spagna)]

«Rinvio pregiudiziale – Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica di asilo – Procedura per il riconoscimento della protezione internazionale – Direttiva 2013/32/UE – Articolo 6 – Accesso alla procedura – Altre autorità preposte a ricevere domande di protezione internazionale ma non competenti per la registrazione – Nozione di “altre autorità” – Norme per l’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale – Direttiva 2013/33/UE – Articolo 8 – Trattenimento del richiedente – Principio di non respingimento»






I.      Introduzione

1.        «L’umanità è certamente necessaria per la salvaguardia dei diritti dei rifugiati. Riflette la preoccupazione per gli altri, per la convivenza (...). Ma l’umanità non basta. Essa riflette solo il lato positivo della risposta all’inumano, il cui lato negativo è fin troppo pronto a rivelarsi dietro le maschere, quando la civiltà cede il passo alla necessità. I diritti sono il lato positivo degli obblighi. Tali impegni si fondano su basi salde. È sempre possibile abolirli, ma è necessaria una decisione collettiva» (2).

2.        È con questo spirito che analizzerò la presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

3.        Le questioni sollevate dal Juzgado de Instrucción n. 3 de San Bartolomé de Tirajana (giudice istruttore n. 3 de San Bartolomé de Tirajana, Spagna) riguardano, in sostanza, l’interpretazione degli articoli 6, paragrafo 1, e 26 della direttiva 2013/32/UE (3) e degli articoli 17, paragrafi 1 e 2, e 8, paragrafo 3, della direttiva 2013/33/UE (4).

4.        La causa in esame si inserisce nel contesto di una decisione di respingimento adottata, in particolare, contro un cittadino di nazionalità maliana che ha presentato una domanda di protezione internazionale al giudice del rinvio dopo che l’imbarcazione sulla quale viaggiava è stata intercettata dalle autorità di uno Stato membro in prossimità delle sue coste.

5.        Il presente rinvio pregiudiziale porterà la Corte a esaminare, anzitutto, per la prima volta, la questione se un’autorità giudiziaria, come un giudice istruttore, competente, in base al diritto nazionale, a pronunciarsi sul collocamento di cittadini di uno Stato terzo in un centro di trattenimento, possa essere considerata un’«altra autorità» che può ricevere domande di protezione internazionale ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32. In caso di risposta affermativa a tale questione, la Corte sarà poi chiamata a stabilire se tale autorità debba fornire al richiedente la protezione internazionale le informazioni pertinenti che gli consentano di conoscere le modalità di presentazione della domanda. Infine, la Corte avrà la possibilità di pronunciarsi sul momento in cui le persone interessate acquisiscono lo status di richiedente protezione internazionale e sulle conseguenze che devono essere tratte dall’acquisizione di tale status sulle condizioni di detenzione.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto internazionale

6.        La Convenzione sullo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 (5), di cui tutti gli Stati membri sono parti contraenti (6), è entrata in vigore il 22 aprile 1954 (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra») ed è stata integrata e modificata dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967 ed entrato a sua volta in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo: il «Protocollo»).

7.        Il preambolo di tale Convenzione prende atto del fatto che l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (HCR) è incaricato di vigilare sull’applicazione delle convenzioni internazionali intese a garantire la protezione dei rifugiati. Il suo articolo 35 prevede che gli Stati «si impegnano a cooperare con lo HCR (...) nell’esercizio delle sue funzioni e a facilitare in particolare il suo compito di sorveglianza sull’applicazione delle disposizioni della presente Convenzione».

8.        L’articolo 1, sezione A di detta Convenzione definisce il termine «rifugiato» facendo riferimento a chiunque «nel giustificato timore d’essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure a chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori del suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi».

9.        Ai sensi dell’articolo 3 della stessa Convenzione «[g]li Stati Contraenti applicano le disposizioni della presente Convenzione ai rifugiati senza discriminazioni quanto alla razza, alla religione o al paese d’origine».

10.      Ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 1, della Convenzione di Ginevra, «[n]essuno Stato contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche».

B.      Diritto dell’Unione

1.      La Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea

11.      Ai sensi dell’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), intitolato «diritto di asilo»:

«Il diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla [convenzione di Ginevra] e dal [protocollo], relativi allo status dei rifugiati, e a norma del trattato sull’Unione europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (in prosieguo denominati “i trattati”)».

12.      Sotto il titolo «Protezione in caso di allontanamento, espulsione ed estradizione», l’articolo 19 della Carta prevede quanto segue:

«1.      Le espulsioni collettive sono vietate.

2.      Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti».

2.      La direttiva 2013/32

13.      L’articolo 4, della direttiva 2013/32, intitolato «Autorità responsabili», dispone, al paragrafo 1, quanto segue:

«Per tutti i procedimenti gli Stati membri designano un’autorità che sarà competente per l’esame adeguato delle domande a norma della presente direttiva. Gli Stati membri provvedono affinché tale autorità disponga di mezzi appropriati, in particolare di personale competente in numero sufficiente, per assolvere ai suoi compiti ai sensi della presente direttiva».

14.      L’articolo 6 di tale direttiva, intitolato «Accesso alla procedura», stabilisce quanto segue:

«1.      Quando chiunque presenti una domanda di protezione internazionale a un’autorità competente a norma del diritto nazionale a registrare tali domande, la registrazione è effettuata entro tre giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda.

Se la domanda di protezione internazionale è presentata ad altre autorità preposte a ricevere tali domande ma non competenti per la registrazione a norma del diritto nazionale, gli Stati membri provvedono affinché la registrazione sia effettuata entro sei giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda.

Gli Stati membri garantiscono che tali altre autorità preposte a ricevere le domande di protezione internazionale quali la polizia, le guardie di frontiera, le autorità competenti per l’immigrazione e il personale dei centri di trattenimento abbiano le pertinenti informazioni e che il loro personale riceva il livello necessario di formazione adeguato ai loro compiti e alle loro responsabilità e le istruzioni per informare i richiedenti dove e in che modo possono essere inoltrate le domande di protezione internazionale.

2.      Gli Stati membri provvedono affinché chiunque abbia presentato una domanda di protezione internazionale abbia un’effettiva possibilità di inoltrarla quanto prima. Qualora il richiedente non presenti la propria domanda, gli Stati membri possono applicare di conseguenza l’articolo 28.

3.      Fatto salvo il paragrafo 2, gli Stati membri possono esigere che le domande di protezione internazionale siano introdotte personalmente e/o in un luogo designato.

4.      In deroga al paragrafo 3, una domanda di protezione internazionale si considera presentata quando un formulario sottoposto dal richiedente o, qualora sia previsto nel diritto nazionale, una relazione ufficiale è pervenuta alle autorità competenti dello Stato membro interessato.

5.      Qualora le domande simultanee di protezione internazionale da parte di un numero elevato di cittadini di paesi terzi o apolidi rendano molto difficile all’atto pratico rispettare il termine di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono stabilire che tale termine sia prorogato di dieci giorni lavorativi».

15.      L’articolo 8 di tale direttiva, intitolato «Informazione e consulenza nei centri di trattenimento e ai valichi di frontiera», prevede quanto segue:

«1.      Qualora vi siano indicazioni che cittadini di paesi terzi o apolidi tenuti in centri di trattenimento o presenti ai valichi di frontiera, comprese le zone di transito alle frontiere esterne, desiderino presentare una domanda di protezione internazionale, gli Stati membri forniscono loro informazioni sulla possibilità di farlo. In tali centri di trattenimento e ai valichi di frontiera gli Stati membri garantiscono servizi di interpretazione nella misura necessaria per agevolare l’accesso alla procedura di asilo.

2.      Gli Stati membri garantiscono che le organizzazioni e le persone che prestano consulenza e assistenza ai richiedenti abbiano effettivo accesso ai richiedenti presenti ai valichi di frontiera, comprese le zone di transito, alle frontiere esterne. Gli Stati membri possono adottare norme relative alla presenza di tali organizzazioni e persone nei suddetti valichi e, in particolare, subordinare l’accesso a un accordo con le autorità competenti degli Stati membri. I limiti su tale accesso possono essere imposti solo qualora, a norma del diritto nazionale, essi siano obiettivamente necessari per la sicurezza, l’ordine pubblico o la gestione amministrativa dei valichi interessati, purché l’accesso non risulti in tal modo seriamente ristretto o non sia reso impossibile».

16.      L’articolo 26 della medesima direttiva, intitolato «Trattenimento», così dispone:

«1.      Gli Stati membri non trattengono una persona per il solo motivo che si tratta di un richiedente. I motivi e le condizioni del trattenimento e le garanzie per i richiedenti trattenuti sono conformi alla direttiva [2013/33].

2.      Qualora un richiedente sia trattenuto, gli Stati membri provvedono affinché sia possibile un rapido controllo giurisdizionale a norma della direttiva [2013/33]».

3.      La direttiva 2013/33

17.      L’articolo 8 della direttiva 2013/33, intitolato «Trattenimento», stabilisce quanto segue:

«1.      Gli Stati membri non trattengono una persona per il solo fatto di essere un richiedente ai sensi della direttiva [2013/32].

2.      Ove necessario e sulla base di una valutazione caso per caso, gli Stati membri possono trattenere il richiedente, salvo se non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive.

3.      Un richiedente può essere trattenuto soltanto:

a)      per determinarne o verificarne l’identità o la cittadinanza;

b)      per determinare gli elementi su cui si basa la domanda di protezione internazionale che non potrebbero ottenersi senza il trattenimento, in particolare se sussiste il rischio di fuga del richiedente;

c)      per decidere, nel contesto di un procedimento, sul diritto del richiedente di entrare nel territorio;

d)      quando la persona è trattenuta nell’ambito di una procedura di rimpatrio ai sensi della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare [(7)], al fine di preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento e lo Stato membro interessato può comprovare, in base a criteri obiettivi, tra cui il fatto che la persona in questione abbia già avuto l’opportunità di accedere alla procedura di asilo, che vi sono fondati motivi per ritenere che la persona abbia manifestato la volontà di presentare la domanda di protezione internazionale al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione della decisione di rimpatrio;

e)      quando lo impongono motivi di sicurezza nazionale o di ordine pubblico;

f)      conformemente all’articolo 28 del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide [(8)].

I motivi di trattenimento sono specificati nel diritto nazionale.

4.      Gli Stati membri provvedono affinché il diritto nazionale contempli le disposizioni alternative al trattenimento, come l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria o l’obbligo di dimorare in un luogo assegnato».

18.      L’articolo 9 di tale direttiva, intitolato «Garanzie per i richiedenti trattenuti», dispone, al paragrafo 1, primo comma, quanto segue:

«Un richiedente è trattenuto solo per un periodo il più breve possibile ed è mantenuto in stato di trattenimento soltanto fintantoché sussistono i motivi di cui all’articolo 8, paragrafo 3».

19.      L’articolo 17 di tale direttiva, intitolato «Disposizioni generali relative alle condizioni materiali di accoglienza e all’assistenza sanitaria», al paragrafo 1, prevede quanto segue:

«Gli Stati membri provvedono a che i richiedenti abbiano accesso alle condizioni materiali d’accoglienza nel momento in cui manifestano la volontà di chiedere la protezione internazionale».

C.      Diritto spagnolo

20.      Il quadro giuridico spagnolo è costituito dall’articolo 58, paragrafi 3, 4 e 6, dagli articoli 61 e 62 nonché dall’articolo 64, paragrafo 5, della Ley Orgánica 4/2000 sobre derechos y libertades de los extranjeros en España y su integración social (legge organica 4/2000 sui diritti e le libertà degli stranieri in Spagna e sulla loro integrazione sociale), dell’11 gennaio 2000 (9), modificata dalla Ley Orgánica 2/2009 de reforma de la Ley Orgánica 4/2000 (legge organica 2/2009 che modifica la legge organica 4/2000) (10), dell’11 dicembre 2009 (in prosieguo: la «legge organica 4/2000»).

21.      L’articolo 58, paragrafo 3, della legge organica 4/2000 prevede una procedura semplificata per l’allontanamento degli stranieri che cercano di entrare illegalmente in Spagna. L’articolo 58, paragrafo 4, di tale legge stabilisce che le persone di cui al paragrafo 3 non possono essere allontanate fino a quando un’eventuale domanda di protezione internazionale non sia stata dichiarata irricevibile, e l’articolo 58, paragrafo 6, di detta legge dispone che, qualora l’allontanamento non sia possibile entro 72 ore, occorre chiedere il trattenimento alle autorità giudiziarie.

22.      L’articolo 61 della legge organica 4/2000 prevede misure provvisorie nei procedimenti di allontanamento. L’articolo 62 di tale legge riguarda il trattenimento e l’articolo 64, paragrafo 5, di detta legge prevede la sospensione delle decisioni di allontanamento fino a quando una domanda di protezione internazionale non sia stata dichiarata irricevibile.

23.      Gli articoli 2 e 3 della Ley 12/2009, reguladora del derecho de asilo y de la protección subsidiaria (legge 12/2009, che disciplina il diritto di asilo e la protezione sussidiaria) (11), del 30 ottobre 2009, modificata dalla Ley 2/2014, de la Acción y del Servicio Exterior del Estado (legge 2/2014, relativa all’azione dello Stato e al servizio esterno dello Stato) (12), del 25 marzo 2014 (in prosieguo: la «legge in materia di asilo») definiscono, rispettivamente, il diritto di asilo e lo status di rifugiato. L’articolo 5 di tale legge prevede, in particolare, che la concessione della protezione sussidiaria implica che la persona interessata non sia allontanata, e l’articolo 30 della stessa legge prevede l’accesso ai servizi sociali e di accoglienza per i richiedenti protezione internazionale che ne hanno bisogno.

III. Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali

24.      Il 12 dicembre 2019 un’imbarcazione che trasportava 45 cittadini di origine subsahariana, tra cui VL, convenuto nel procedimento principale, è stata intercettata dal Salvamento Marítimo (autorità spagnole di soccorso marittimo) vicino alle coste spagnole, a circa un miglio nautico a sud dell’isola di Gran Canaria (Spagna). Dopo aver ricevuto i primi soccorsi, tali cittadini sono stati consegnati alla Brigada Local de Extranjería y Fronteras (Brigata locale per gli stranieri e le frontiere, Spagna) dalla Comisaría de Policía Nacional de Maspalomas (Commissariato di polizia nazionale di Maspalomas, Spagna).

25.      Il 13 dicembre 2019 detti cittadini sono stati trasferiti alla Jefatura Superior de Policía de Canarias (Prefettura superiore di polizia delle Isole Canarie, Spagna), come risulta dal verbale di trattenimento e dalle informazioni sui loro diritti. Lo stesso giorno, la Subdelegación del Gobierno en Las Palmas (Sezione della rappresentanza del governo di Las Palmas, Spagna) ha adottato una decisione di respingimento dei medesimi cittadini, ai sensi dell’articolo 58, paragrafo 3, lettera b), della legge organica 4/2000, per aver tentato di entrare illegalmente in Spagna. Poiché tale decisione non poteva essere eseguita entro il termine di 72 ore previsto dall’articolo 58, paragrafo 6, di tale legge, è stata presentata al Juzgado de Instrucción n. 3 de San Bartolomé de Tirajana (giudice istruttore n. 3 di San Bartolomé de Tirajana, Spagna) una domanda di collocamento in un centro di trattenimento.

26.      Nell’ambito di un’indagine preliminare avviata dinanzi a tale giudice, quest’ultimo ha emesso una decisione, in data 14 dicembre 2019, che concedeva a VL il diritto di rendere una dichiarazione, essendo informato dei suoi diritti, assistito da un avvocato e da un interprete di lingua bambara (13) (in prosieguo: la «prima decisione del 14 dicembre 2019»). Tale dichiarazione è stata resa alla presenza del giudice, del cancelliere dello stesso organo giudiziario, di un funzionario della cancelleria, dell’avvocato di VL e dell’interprete. Lo stesso giorno è stato redatto un verbale, in cui si stabiliva che, dopo essere stato informato dei suoi diritti, VL manifestava nella sua dichiarazione l’intenzione di chiedere la protezione internazionale. Egli dichiarava di temere persecuzioni per motivi di razza o di appartenenza a un gruppo sociale a causa della guerra che imperversava nel suo paese d’origine, il Mali, e di essere ucciso se vi fosse tornato.

27.      Poiché, secondo il diritto nazionale, non era l’autorità competente a registrare la domanda di protezione internazionale, il Juzgado de Instrucción n. 3 de San Bartolomé de Tirajana (giudice istruttore n. 3 di San Bartolomé de Tirajana) ha emesso un’altra decisione lo stesso giorno (in prosieguo: la «seconda decisione del 14 dicembre 2019»), in cui si precisava che la dichiarazione di manifestazione di volontà di richiedere la protezione internazionale di VL era stata trasmessa, al fine di conformarsi all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, alla Brigata provinciale per gli stranieri e le frontiere e portata a conoscenza dello HCR. Con tale decisione, detto giudice ha chiesto alla Sezione della rappresentanza del Governo alle Canarie, alla Brigata provinciale per gli stranieri e le frontiere e al Ministerio de Trabajo, Migraciones y Seguridad Social (Ministero del Lavoro, dell’Immigrazione e della Previdenza sociale, Spagna) che fosse concesso a VL un posto in un centro di accoglienza umanitaria. A tali autorità è stato trasmesso un elenco contenente i nomi di altri 25 cittadini di origine subsahariana che avevano presentato anch’essi domanda di protezione internazionale alle stesse condizioni.

28.      Di queste 26 persone, 12 sono state collocate in un centro di accoglienza umanitaria e, in mancanza di posti, 14 persone, tra cui VL, sono state collocate in un centro di trattenimento con la seconda decisione del 14 dicembre 2019. Il giudice del rinvio precisa che un funzionario della Brigata provinciale per gli stranieri e le frontiere ha notificato a VL, prima del suo trasferimento in un centro di trattenimento, l’esistenza di un appuntamento per il colloquio relativo alla sua domanda di protezione internazionale.

29.      Il Ministerio Fiscal (pubblico ministero, Spagna) ha quindi interposto appello dinanzi al giudice del rinvio contro la seconda decisione del 14 dicembre 2019, sostenendo che il giudice istruttore non era competente né a ricevere le domande di asilo né a cercare soluzioni di alloggio di prima accoglienza per i richiedenti protezione internazionale.

30.      L’avvocato di VL ha anche proposto un’impugnazione di riforma contro la stessa decisione, affermando che il trattenimento di VL era contrario alle disposizioni delle direttive 2013/32 e 2013/33.

IV.    Questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte

31.      In tale contesto il Juzgado de Instrucción n. 3 de San Bartolomé de Tirajana (giudice istruttore n. 3 di San Bartolomé de Tirajana), con decisione 20 gennaio 2020, pervenuta nella cancelleria della Corte il 25 gennaio 2020, ha sottoposto le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      L’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva [2013/32] prevede l’ipotesi in cui la domanda di protezione internazionale sia presentata ad altre autorità che, in virtù del diritto nazionale, non sono competenti per la loro registrazione, nel qual caso gli Stati membri provvedono affinché la registrazione sia effettuata entro sei giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda.

Se tale disposizione debba essere interpretata nel senso di considerare i giudici istruttori, competenti a pronunciarsi sul trattenimento o meno di cittadini stranieri a norma del diritto nazionale spagnolo, come una delle “altre autorità” che non sono competenti per la registrazione della domanda di protezione internazionale, ma dinanzi alle quali i richiedenti possono dichiarare la loro volontà di introdurre una siffatta domanda.

2)      Se, qualora sia considerata una di tali autorità, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva [2013/32] debba essere interpretato nel senso che il giudice istruttore è tenuto a indicare ai richiedenti i luoghi e le modalità con cui possono presentare le domande di protezione internazionale, e che, nell’ipotesi di introduzione di una siffatta domanda, detto giudice deve trasmettere gli atti all’organo competente a norma del diritto nazionale per la registrazione e il trattamento della domanda di protezione internazionale, nonché all’autorità amministrativa competente affinché siano concesse al richiedente le misure di accoglienza di cui all’articolo 17 della direttiva [2013/33].

3)      Se l’articolo 26 della direttiva [2013/32] e l’articolo 8 della direttiva [2013/33] debbano essere interpretati nel senso che non occorre disporre il trattenimento del cittadino di un paese terzo, salvo che sussistano i requisiti di cui all’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva [2013/33], in quanto il richiedente è tutelato dal principio di non respingimento dal momento in cui ha manifestato la propria volontà dinanzi al giudice istruttore».

V.      Sul procedimento d’urgenza

32.      Il giudice del rinvio ha chiesto che il presente rinvio pregiudiziale sia sottoposto al procedimento d’urgenza di cui all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte. Esso ha motivato tale richiesta sottolineando che VL era al momento trattenuto in un centro di trattenimento e che era quindi privo della libertà. Inoltre, tale giudice ha precisato che VL era oggetto di una decisione di allontanamento, adottata il 13 dicembre 2019, che poteva essere eseguita in qualsiasi momento.

33.      Il 6 febbraio 2020 la Quarta Sezione della Corte ha deciso, su proposta del giudice relatore e sentito l’avvocato generale, di accogliere la domanda del giudice del rinvio di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento d’urgenza. Le parti del procedimento principale, il governo spagnolo e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte.

34.      Il 17 marzo 2020, nel contesto relativo alla diffusione del virus SARS‑CoV‑2, il presidente della Quarta Sezione della Corte ha deciso di annullare l’udienza nella presente causa, che era stata fissata per il 23 marzo 2020. Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento e in via eccezionale, la Quarta Sezione ha deciso di sostituire tale udienza con quesiti ai quali rispondere per iscritto. Le parti in causa, nonché il governo spagnolo e la Commissione, hanno risposto ai quesiti posti dalla Corte (14).

VI.    Analisi

A.      Sulla ricevibilità

35.      Il governo spagnolo, nelle sue osservazioni scritte, contesta la ricevibilità del rinvio pregiudiziale nella presente causa. Tale governo sostiene che l’unica competenza del giudice del rinvio è quella di autorizzare o meno il trattenimento di un cittadino di un paese terzo ai fini dell’esecuzione della decisione di respingimento. Di conseguenza, esso ritiene che le questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio non abbiano alcun nesso con l’oggetto della controversia.

36.      È pacifico che le domande di pronuncia pregiudiziale vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione richiesta relativamente ad una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono sottoposte (15).

37.      Per tornare al caso di specie, ritengo che le tre questioni, come formulate, riguardino chiaramente l’interpretazione degli articoli 6, paragrafo 1, e 26 della direttiva 2013/32 nonché degli articoli 17, paragrafi 1 e 2, e 8, paragrafo 3, della direttiva 2013/33. In tali circostanze, non vedo dunque alcun ostacolo a che la Corte statuisca nella presente causa interpretando le disposizioni delle direttive 2013/32 e 2013/33. In ogni caso, non spetta alla Corte decidere sulla ripartizione delle competenze interne. La presunzione di rilevanza da cui è assistita la domanda di pronuncia pregiudiziale nella presente causa non è superata dalle obiezioni sollevate dal governo spagnolo. Di conseguenza, ritengo che la domanda di pronuncia pregiudiziale nella presente causa sia ricevibile.

B.      Nel merito

1.      Osservazioni introduttive sullinterpretazione delle direttive 2013/32 e 2013/33

38.      Prima di passare all’esame delle questioni pregiudiziali, mi sembra utile ricordare brevemente il quadro in cui si inseriscono le direttive 2013/32 e 2013/33.

39.      In primo luogo, occorre rilevare che tali direttive sono state adottate in base all’articolo 78, paragrafo 2, lettere d) e f), TFUE. Come disposto dall’articolo 78, paragrafo 1, TFUE, la politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, che è volta a «offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento», «deve essere conforme alla [convenzione di Ginevra] e al [protocollo], e agli altri trattati pertinenti».

40.      In secondo luogo, occorre altresì menzionare l’articolo 18 della Carta, in cui si dispone che il «diritto di asilo è garantito nel rispetto delle norme stabilite dalla [convenzione di Ginevra] e dal [protocollo], e a norma del [trattato UE] e del [trattato FUE]» (16).

41.      A tal proposito, secondo una giurisprudenza costante, benché l’Unione non sia parte contraente della Convenzione di Ginevra, l’articolo 78, paragrafo 1, TFUE e l’articolo 18 della Carta le impongono nondimeno il rispetto delle norme di tale convenzione (17). È quindi evidente che le direttive 2013/32 e 2013/33, in forza di tali disposizioni di diritto primario, devono rispettare tali norme (18).

42.      Inoltre, dal terzo considerando di queste due direttive risulta che, a seguito delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere (19), il legislatore dell’Unione ha inteso fondare l’istituzione del regime europeo comune in materia di asilo sull’«applicazione della Convenzione di Ginevra in ogni sua componente», affermando così il principio di non respingimento.

43.      Tale principio è considerato da una parte della dottrina un principio di diritto internazionale consuetudinario (20) avente valore di norma di ius cogens (21). Detto principio è sancito, in particolare, dall’articolo 33 della Convenzione di Ginevra (22) ed è uno dei principi che permeano il regime europeo comune in materia di asilo (23), consentendo di garantire un accesso effettivo alle procedure comuni per il riconoscimento e la revoca dello status uniforme di asilo o di protezione sussidiaria (24).

44.      Il considerando 15 della direttiva 2013/32 e il considerando 10 della direttiva 2013/33 precisano che, per quanto riguarda il trattamento delle persone che rientrano nell’ambito di applicazione di tali direttive, gli Stati membri sono vincolati dagli obblighi previsti dagli strumenti di diritto internazionale di cui sono parti (25).

45.      Inoltre, il considerando 60 della direttiva 2013/32 e il considerando 35 della direttiva 2013/33 precisano che tali direttive rispettano i diritti fondamentali, osservano i principi riconosciuti segnatamente dalla Carta, intendono assicurare in particolare il pieno rispetto della dignità umana e promuovere l’applicazione degli articoli 1, 4, 6, 7, 18, 19, 21, 23, 24 e 47 della Carta e devono essere attuate di conseguenza.

46.      In tali circostanze, la Corte ha già dichiarato più volte che il principio di non respingimento è garantito quale diritto fondamentale dall’articolo 18 e dall’articolo 19, paragrafo 2, della Carta (26).

47.      Questo è quindi il contesto in cui si collocano, in termini generali, le direttive 2013/32 e 2013/33.

2.      Sulla nozione di «altra autorità» sensi dellarticolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32

48.      Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 debba essere interpretato nel senso che un’autorità giudiziaria, come il giudice istruttore, può essere considerata un’«altra autorità» ai sensi di tale disposizione.

49.      A tale riguardo, sebbene la nozione di «altre autorità» sia esplicitamente menzionata all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, tale disposizione non indica espressamente se tale nozione riguardi o meno le autorità giudiziarie.

50.      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, ai fini dell’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione, si deve tener conto non soltanto del tenore letterale della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (27). Procederò pertanto ad un’interpretazione letterale, sistematica e teleologica dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32.

51.      Rilevo anzitutto che, per quanto riguarda la nozione di «altre autorità» ai sensi di tale disposizione, VL e la Commissione hanno sostenuto nelle loro osservazioni scritte la tesi secondo la quale detta nozione non esclude le autorità giudiziarie. A tale riguardo, la Commissione si è basata, in particolare, sul tenore letterale e sull’obiettivo dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32. Il pubblico ministero, a sua volta, basandosi sui considerando 22 e 26 di tale direttiva, sostiene che è ammesso che un’autorità giudiziaria, qualora entri per prima in contatto con le persone che chiedono la protezione internazionale, sia considerata un’«altra autorità» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva (28). Il governo spagnolo respinge detta tesi e ritiene che un’autorità giudiziaria non possa essere considerata un’«altra autorità» ai sensi di tale disposizione. Tale governo sostiene che il fatto considerare il giudice istruttore un’«altra autorità» comporterebbe un’alterazione del sistema di protezione internazionale previsto dalla legge organica 4/2000.

a)      Il testo dellarticolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32

52.      Sulla base di un’interpretazione letterale dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, il giudice del rinvio rileva che il giudice istruttore chiamato a pronunciarsi sul trattenimento, conformemente al diritto spagnolo, costituisce un’«altra autorità» che, senza essere competente a registrare la domanda ai sensi del diritto nazionale, può senz’altro, in forza dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva, sottoporre la questione all’autorità competente affinché la registrazione possa avvenire entro sei giorni lavorativi dalla presentazione della domanda.

53.      Tale interpretazione mi sembra a priori ragionevole.

54.      In primo luogo, dalla lettura dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 risulta, da un lato, che la scelta operata dal legislatore dell’Unione di utilizzare l’espressione «altre autorità» implica, anzitutto, la volontà di distinguere tra, da un lato, «l’autorità competente a norma del diritto nazionale» a registrare le domande di protezione internazionale e, dall’altro, le «altre autorità» preposte a ricevere tali domande ma non competenti per la registrazione a norma del diritto nazionale.

55.      Pertanto, da tale disposizione risulta chiaramente che l’autorità competente a registrare le domande di protezione internazionale è determinata dal diritto nazionale. Tale diritto stabilisce le formalità amministrative per procedere sia alla registrazione sia alla presentazione di tali domande. Infatti, come ha osservato la Commissione, gli Stati membri devono designare le autorità competenti per la registrazione delle domande nel contesto del recepimento della direttiva 2013/32.

56.      D’altro canto, contrariamente a quanto sembra affermare il governo spagnolo, per determinare quali siano tali «altre autorità» preposte a ricevere le domande di protezione internazionale, l’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva non rinvia affatto al diritto nazionale e non prevede quindi che gli Stati membri debbano designare tali «altre autorità». Tale disposizione si limita unicamente a stabilire, al secondo comma, che quando una domanda è presentata a tali «altre autorità», «gli Stati membri provvedono affinché la registrazione sia effettuata entro sei giorni lavorativi dopo la presentazione della domanda» (29).

57.      In secondo luogo, rilevo che l’uso del termine «altre» all’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva esprime l’intento del legislatore dell’Unione di non subordinare la determinazione di tali «altre autorità» a un numerus clausus. Infatti, le autorità di polizia, le guardie di frontiera, le autorità competenti per l’immigrazione e il personale dei centri di trattenimento di cui all’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, della stessa direttiva sono citati solo a titolo di esempio.

58.      In terzo luogo, ritengo che la scelta del legislatore di utilizzare un’espressione ampia come «altre autorità» per comprendere una pluralità di autorità non possa essere intesa come riferita unicamente alle autorità amministrative, poiché tale espressione non esclude che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 possa includere anche le autorità giudiziarie. Rilevo, a tal proposito, che nessuna delle versioni linguistiche esaminate sembra indicare il contrario (30). Pertanto, a mio avviso, la formulazione letterale di tale disposizione non può portare a ritenere che le autorità giudiziarie siano escluse.

59.      Tuttavia, occorre ora esaminare se il contesto in cui si inserisce l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, nonché l’obiettivo e la genesi di tale disposizione confermino o meno tale interpretazione.

b)      Il contesto e lobiettivo dellarticolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32

60.      L’interpretazione di cui sopra è, a mio avviso, l’unica in grado di garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla direttiva 2013/32. Tale obiettivo, come risulta dall’articolo 1 di tale direttiva, in combinato disposto con il considerando 12 della stessa, è quello di stabilire procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca della protezione internazionale nell’Unione.

61.      Ricordo che l’obiettivo dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 è quello di garantire che le persone che intendono ottenere lo status di richiedenti protezione internazionale abbiano un accesso effettivo, il più rapidamente e facilmente possibile, alla procedura d’esame, consentendo alle stesse di formulare le proprie domande, ossia di esprimere l’intenzione di presentare una domanda a qualsiasi autorità nazionale con cui entrano in contatto per la prima volta, in particolare a quelle responsabili del controllo delle frontiere e dell’immigrazione.

62.      Tale disposizione è quindi un esempio del principio generale di facilità e di rapidità di accesso alla procedura. Tale accesso effettivo, facile e rapido deve essere garantito non in modo teorico ma concreto. Infatti, l’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2013/32 prevede che «gli Stati membri provvedono affinché chiunque abbia presentato una domanda di protezione internazionale abbia un’effettiva possibilità di inoltrarla quanto prima (31). Inoltre, dal considerando 18 di tale direttiva risulta, in particolare, che «è nell’interesse sia degli Stati membri sia dei richiedenti protezione internazionale che sia presa una decisione quanto prima possibile in merito alle domande di protezione internazionale, fatto salvo lo svolgimento di un esame adeguato e completo».

63.      Pertanto, non vedo come si possa ragionevolmente dedurre dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 che le autorità giudiziarie sono escluse dalla nozione di «altre autorità preposte a ricevere domande di protezione internazionale». Siffatta esclusione mi sembra tanto più improbabile in quanto, come rileva il giudice del rinvio, nel caso di specie, si tratta di fatto dell’unica autorità dinanzi alla quale un cittadino di un paese terzo ha la possibilità di chiedere la protezione internazionale prima di essere condotto al centro di trattenimento. Inoltre, tale giudice sottolinea che dal verbale di trattenimento del 13 dicembre 2019 risulta che VL non è stato informato del suo diritto di chiedere tale protezione internazionale (32). In ogni caso, occorre sottolineare che, quand’anche VL fosse stato informato di tale diritto durante il trattenimento, sarebbe stato comunque necessario, per garantire l’effettivo accesso alla procedura, che fosse stato informato e avesse espresso l’intenzione di chiedere tale protezione in presenza di un interprete di una lingua che fosse in grado comprendere. Orbene, non risulta né dalla decisione di rinvio né dal fascicolo a disposizione della Corte che ciò sia avvenuto nel caso di specie. Pertanto, mi sembra ragionevole chiedersi se VL avesse compreso il contenuto di tali informazioni. A tal proposito, VL sostiene, nella sua risposta ai quesiti posti dalla Corte, che, durante il suo trattenimento, è stato assistito unicamente da un interprete di lingua francese, lingua che non comprende (33).

64.      Inoltre, concordo con la posizione della Commissione secondo la quale, in procedure assai rapide come quella di cui trattasi nel caso di specie, in cui la decisione di allontanamento è adottata entro 24 ore dall’arrivo degli interessati in Spagna e in cui questi ultimi vengono ascoltati dal giudice istruttore il giorno successivo (34), tale udienza, con l’assistenza di un avvocato e di un interprete, è il momento opportuno per presentare una domanda di protezione internazionale e può essere, a seconda delle circostanze, come ha precisato il giudice del rinvio, la prima occasione per farlo (35). Inoltre, il fatto che l’interessato possa presentare successivamente la sua domanda nel centro di trattenimento non costituisce un motivo valido per ritenere che non possa farlo dinanzi al giudice istruttore competente a pronunciarsi sul suo trattenimento.

65.      Pertanto, è evidente, a mio avviso, che consentire a uno Stato membro di escludere dalla nozione di «altre autorità» talune autorità amministrative o giudiziarie, in particolare i giudici istruttori, competenti a norma del diritto nazionale a pronunciarsi sul collocamento in un centro di trattenimento dei cittadini di un paese terzo irregolari, come nel caso di specie, sarebbe contrario all’obiettivo della direttiva 2013/32 e renderebbe privo di contenuto l’articolo 6, paragrafo 1, della stessa.

3.      Sulle informazioni necessarie per la presentazione della domanda di protezione internazionale e sullaccesso alle condizioni materiali di accoglienza

66.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 e l’articolo 17 della direttiva 2013/33 debbano essere interpretati nel senso che l’autorità che ha ricevuto la domanda di protezione internazionale, ma che non è competente, a norma del diritto nazionale, per la registrazione, deve fornire al richiedente le informazioni pertinenti che gli consentano di sapere dove e in che modo può presentare tale domanda e trasmettere il fascicolo all’autorità competente per la registrazione, affinché detto richiedente possa avere accesso alle condizioni materiali di accoglienza.

67.      Il governo spagnolo sostiene, nelle sue osservazioni scritte e nelle sue risposte ai quesiti posti dalla Corte, di ritenere che la direttiva 2013/32 non imponga l’obbligo di fornire informazioni sulla protezione internazionale a tutti i cittadini di paesi terzi che arrivano nel territorio di uno Stato membro.

68.      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’obbligo di fornire informazioni pertinenti in materia di protezione internazionale, risulta indubbiamente dall’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, della direttiva 2013/32, in combinato disposto con il considerando 26 della stessa, che spetta alle «altre autorità» preposte a ricevere tali domande, ma che non sono, a norma del diritto nazionale, competenti per la registrazione, fornire ai richiedenti tale protezione, anche alla frontiera, in particolare nelle acque territoriali (36), le informazioni pertinenti sulle modalità per presentare le domande.

69.      Nel caso di specie, come ho chiarito ai paragrafi precedenti e come ha rilevato la Commissione nelle sue osservazioni nonché suggerito lo stesso giudice del rinvio, i giudici istruttori dinanzi ai quali le autorità nazionali chiedono il trattenimento dei cittadini di paesi terzi, che si trovino in una situazione irregolare, costituiscono indubbiamente autorità alle quali è possibile presentare domande di protezione internazionale alla stregua delle autorità menzionate, in modo non tassativo, all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32. Pertanto, poiché un’autorità nazionale, quale un giudice istruttore, può essere talvolta la prima autorità o almeno una delle prime autorità dinanzi alla quale una persona ha la possibilità di presentare tali domande, spetta alla stessa, ai sensi di tale disposizione, fornire le informazioni pertinenti ai fini della presentazione di tali domande (37).

70.      Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’obbligo di trasmettere il fascicolo all’autorità competente per la registrazione, va ricordato che, ai sensi del considerando 27 di tale direttiva, «[c]onsiderato che i cittadini di paesi terzi e gli apolidi che hanno espresso l’intenzione di chiedere protezione internazionale sono richiedenti protezione internazionale, essi dovrebbero adempiere gli obblighi e godere dei diritti conformemente alla [direttiva 2013/32] e alla direttiva 2013/33. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero registrare il fatto che tali persone sono richiedenti protezione internazionale» (38).

71.      A tal proposito, la Corte ha già dichiarato che dall’articolo 6, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2013/32 deriva che gli Stati membri sono, in linea generale, tenuti a registrare ogni domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo alle autorità nazionali rientranti nell’ambito di applicazione di tale direttiva e che essi devono poi garantire che gli interessati abbiano la possibilità concreta di presentare la loro domanda quanto prima (39).

72.      È ovvio pertanto che l’obbligo di registrare una domanda di protezione internazionale entro sei giorni lavorativi dalla presentazione di tale domanda non può essere adempiuto qualora le «altre autorità» preposte a ricevere tale domanda non potessero trasmetterla alle autorità competenti per la registrazione. Ne consegue che l’obiettivo stesso della direttiva 2013/32 e, in particolare, quello perseguito dall’articolo 6, paragrafo 1, della stessa, ossia l’accesso effettivo, facile e rapido alla procedura di protezione internazionale, sarebbe seriamente compromesso.

73.      Per quanto riguarda, in terzo e ultimo luogo, l’articolo 17, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2013/33, al quale il giudice del rinvio fa riferimento nella sua questione, ricordo che gli Stati membri provvedono a che i richiedenti abbiano accesso alle condizioni materiali d’accoglienza nel momento in cui manifestano la volontà di chiedere la protezione internazionale e che le misure adottate a tal fine assicurino un’adeguata qualità di vita che garantisca il sostentamento dei richiedenti e ne tuteli la salute fisica e mentale (40).

74.      A tal proposito, come ho ricordato al paragrafo 70 delle presenti conclusioni, dal considerando 27 della direttiva 2013/32 risulta che i richiedenti protezione internazionale devono «adempiere gli obblighi e godere dei diritti conformemente [non solo] alla [direttiva 2013/32] [ma anche] alla direttiva 2013/33». Infatti, l’obiettivo perseguito dall’articolo 17 della direttiva 2013/33, ossia l’accesso effettivo dei richiedenti alle condizioni materiali di accoglienza, sarebbe compromesso anche qualora l’autorità che ha ricevuto una domanda non potesse trasmetterla alle autorità competenti per la registrazione (41).

75.      Per tutte le ragioni che ho appena esposto, ritengo che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 e l’articolo 17 della direttiva 2013/33 debbano essere interpretati nel senso che l’«altra autorità» preposta a ricevere la domanda di protezione internazionale, ma non competente, a norma del diritto nazionale, per la registrazione deve, da un lato, fornire al richiedente le informazioni pertinenti che gli consentano di conoscere le modalità di presentazione di tale domanda e, dall’altro, trasmettere il fascicolo all’autorità competente per la registrazione affinché tale richiedente possa avere accesso alle condizioni materiali di accoglienza.

4.      Sullacquisizione dello status di richiedente protezione internazionale

76.      Con la terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 26 della direttiva 2013/32 e l’articolo 8 della direttiva 2013/33 debbano essere interpretati nel senso che, a partire dal momento in cui il cittadino di un paese terzo esprime la volontà di chiedere la protezione internazionale dinanzi ad un’«altra autorità» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, il richiedente può essere collocato in un centro di trattenimento solo per i motivi previsti dall’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2013/33, essendo tale richiedente protetto dal principio di non respingimento.

77.      Per rispondere a tale questione, mi sembra essenziale evidenziare le fasi per la presentazione di una domanda di protezione internazionale nell’ambito del regime stabilito dalla direttiva 2013/32.

a)      Fasi per la presentazione di una domanda di protezione internazionale: la presentazione e linoltro

78.      Rilevo che, per quanto riguarda la fase iniziale della procedura di riconoscimento della protezione internazionale, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 distingue chiaramente due fasi, ossia, da un lato, la presentazione della domanda e, dall’altro, l’inoltro della stessa (42). La causa in esame riguarda la prima fase.

1)      Prima fase: la presentazione della domanda

79.      Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, il cittadino di un paese terzo o l’apolide presenta una domanda di protezione internazionale a un’autorità competente per la registrazione oppure a un’«altra autorità» preposta a ricevere tali domande senza essere competente per la registrazione (43).

80.      In questa prima fase occorre distinguere tra due azioni diverse da compiere in due momenti distinti, ossia, da un lato, la presentazione propriamente detta, da parte del cittadino di un paese terzo, della domanda di protezione internazionale, vale a dire l’espressione della volontà di chiedere tale protezione, ad un’autorità competente per la registrazione o ad un’«altra autorità» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 e, dall’altro, la registrazione di tale domanda da parte dell’autorità competente a norma del diritto nazionale. Rilevo, a tale riguardo, che il considerando 27 di tale direttiva distingue nettamente tra l’espressione della volontà di chiedere la protezione internazionale e l’obbligo di registrazione da parte dell’autorità competente.

81.      Per quanto riguarda la prima azione, ossia quella di presentare una domanda o di esprimere l’intenzione di chiedere la protezione internazionale (44), il considerando 27 della direttiva 2013/32 enuncia che «i cittadini di paesi terzi (...) che hanno espresso l’intenzione di chiedere protezione internazionale sono richiedenti [tale protezione]» (45). Pertanto, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 e il considerando 27 della stessa riflettono la volontà del legislatore dell’Unione di considerare che una domanda di protezione internazionale si reputa presentata a un’autorità competente o a «un’altra autorità» ai sensi di tale disposizione se l’interessato ha dichiarato dinanzi a tali autorità che intende chiedere la protezione internazionale.

82.      I lavori preparatori dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 confermano tale interpretazione. Infatti, dalla proposta modificata della Commissione risulta che «[p]er fare in modo che coloro che esprimono l’intenzione di chiedere protezione internazionale abbiano realmente l’opportunità di presentare la domanda, la proposta modificata migliora le norme sui primi passi da compiere nella procedura di asilo» (46). Inoltre, dalla lettura di tale proposta modificata risulta che l’azione di «presentare» una domanda di protezione internazionale non presuppone alcuna formalità amministrativa (47), in quanto le necessarie formalità si adempiono al momento di «depositare» la domanda (48).

83.      Per quanto riguarda la seconda azione, ossia la registrazione della domanda, l’autorità competente a norma del diritto nazionale è tenuta a effettuarla (49) entro tre o sei giorni lavorativi dalla sua presentazione (50). A tale riguardo, dalla proposta modificata di tale direttiva risulta che, al fine di garantire l’accesso alla protezione internazionale, tale proposta elimina la potenziale confusione tra, da un lato, l’atto basilare di registrare una persona come richiedente e, dall’altro, il ricevimento di una domanda di asilo completa (inoltro). Da tale proposta risulta altresì che, grazie a tale distinzione, è più semplice per gli Stati membri rispettare il termine proposto di tre giorni per registrare un richiedente in quanto tale dopo che l’interessato abbia espresso l’intenzione di chiedere protezione internazionale (51), vale a dire dopo che ha presentato la sua domanda (52).

2)      Seconda fase: l’inoltro della domanda

84.      In un secondo momento, chiunque abbia presentato la domanda, dopo la registrazione della stessa da parte dell’autorità competente, deve avere un’effettiva possibilità di inoltrarla quanto prima (articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2013/32) (53).

85.      Per quanto riguarda questa seconda fase, dall’articolo 6, paragrafo 4, di tale direttiva risulta che «una domanda di protezione internazionale si considera presentata quando un formulario [è] sottoposto dal richiedente o, qualora sia previsto nel diritto nazionale, una relazione ufficiale è pervenuta alle autorità competenti dello Stato membro interessato» (54).

86.      Va osservato che la possibilità prevista dall’articolo 6, paragrafo 3, della direttiva 2013/32, secondo cui, fatto salvo l’articolo 6, paragrafo 2, della stessa, gli Stati membri possono esigere che le domande di protezione internazionale siano introdotte personalmente e/o in un luogo designato, riguarda solo la seconda fase, ossia l’inoltro della domanda. Per contro, tale requisito non è applicabile alla presentazione della domanda, dinanzi alle «autorità competenti» per la sua registrazione, o dinanzi ad «altre autorità» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva.

87.      Inoltre, va osservato che l’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 604/2013 dispone altresì che «[l]a domanda di protezione internazionale si considera presentata non appena le autorità competenti dello Stato membro interessato ricevono un formulario presentato dal richiedente o un verbale redatto dalle autorità» (55). Pertanto, nell’interpretazione di tale disposizione, la Corte ha dichiarato che una domanda di protezione internazionale si considera presentata quando l’autorità preposta all’esecuzione degli obblighi derivanti da tale regolamento riceve un documento scritto, redatto da un’autorità pubblica e in cui si certifica che un cittadino di un paese terzo ha chiesto protezione internazionale e, eventualmente, quando la suddetta autorità preposta riceve le sole informazioni principali contenute in un documento del genere, ma non il documento stesso o la sua copia (56).

88.      In sintesi, nel corso della procedura di esame di una domanda di protezione internazionale, il legislatore dell’Unione ha voluto stabilire due fasi distinte, ossia la presentazione e l’inoltro della domanda. La presentazione stessa si compone di due momenti: quello dell’espressione della volontà di chiedere la protezione internazionale e quello della sua registrazione. Tale registrazione può essere effettuata sin dalla formulazione della domanda se quest’ultima è presentata dinanzi all’autorità competente o successivamente se la domanda è presentata dinanzi ad un’«altra autorità» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32.

89.      Devo sottolineare che la differenziazione tra la presentazione e l’inoltro della domanda è essenziale per determinare in quale preciso momento della fase iniziale di riconoscimento della protezione internazionale l’interessato deve essere considerato beneficiario dello status di richiedente. Questo tema sarà oggetto delle seguenti considerazioni.

b)      Il momento in cui linteressato deve essere considerato come beneficiario dello status di richiedente

90.      Alla luce delle suesposte considerazioni, si pone la seguente questione: il cittadino di un paese terzo che abbia espresso l’intenzione di chiedere la protezione internazionale dinanzi ad un’«altra autorità» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 beneficia dello status di richiedente protezione internazionale?

91.      Sono certo che la risposta a tale questione debba essere affermativa.

92.      In primo luogo, ritengo importante ricordare che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 prevede che tale direttiva si applica a tutte le domande di protezione internazionale presentate nel territorio degli Stati membri, ivi compresa la frontiera, in particolare nelle acque territoriali. Nello stesso senso, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/33 dispone che tale direttiva si applica a tutti i cittadini di paesi terzi e agli apolidi che manifestano la volontà di chiedere la protezione internazionale nel territorio di uno Stato membro, compresa la frontiera, in particolare nelle acque territoriali. Da tali disposizioni deriva che ciò che determina l’ambito di applicazione delle direttive 2013/32 e 2013/33 è il fatto di «presentare» di una domanda di protezione internazionale.

93.      Dal canto suo, l’articolo 2, lettera b), della direttiva 2013/32 definisce la «domanda di protezione internazionale» come una richiesta di protezione rivolta a uno Stato membro da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, di cui si può ritenere che intende ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria. Da tale disposizione deriva che la direttiva 2013/32 si applica alle domande rientranti in tale definizione.

94.      A sua volta, l’articolo 2, lettera c), della direttiva 2013/32 definisce il «richiedente» come il cittadino di un paese terzo o l’apolide che abbia presentato una domanda di protezione internazionale riguardo alla quale non è stata ancora adottata una decisione definitiva. Anche l’articolo 2, lettera b), della direttiva 2013/33 prevede una definizione analoga.

95.      Condivido pertanto pienamente la posizione della Commissione secondo cui da tali disposizioni deriva che una persona acquisisce lo status di richiedente protezione internazionale o protezione sussidiaria dal momento in cui «presenta» una domanda di protezione internazionale, vale a dire dal momento in cui dichiara dinanzi a un’«autorità competente» o ad un’«altra autorità» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, che intende presentare una domanda di protezione internazionale (57).

96.      In secondo luogo, occorre sottolineare, come risulta dalle mie considerazioni esposte ai paragrafi da 79 a 83 delle presenti conclusioni, che, sebbene l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 operi una netta distinzione tra la «presentazione» della domanda, la sua «registrazione» e il suo «inoltro», l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 2, lettere b) e c), di tale direttiva non si riferiscono alle domande «registrate» o «inoltrate», ma alle domande «presentate».

97.      Di conseguenza, né la «registrazione» né l’«inoltro» della domanda possono essere considerati atti che danno accesso al beneficio dello status di richiedente. Dal testo, dallo schema o dalla finalità della direttiva 2013/32, nonché dai lavori preparatori della stessa, non risulta il benché minimo elemento su cui fondare siffatta tesi. Come si può leggere chiaramente al considerando 27 di tale direttiva, «[c]onsiderato che i cittadini di paesi terzi e gli apolidi che hanno espresso l’intenzione di chiedere protezione internazionale sono richiedenti protezione internazionale, essi dovrebbero adempiere gli obblighi e godere dei diritti conformemente [a tale] direttiva e alla direttiva 2013/33» (58). Come ho già sottolineato, dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 deriva chiaramente che la registrazione della domanda di protezione internazionale entro tre o sei giorni lavorativi dalla «presentazione» è un obbligo che si impone non già alla persona che «presenta» la domanda, ossia il «richiedente» tale protezione, bensì unicamente all’autorità nazionale competente a registrare tale domanda (59).

98.      In terzo luogo, dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 deriva altresì che l’intento del legislatore dell’Unione è stato chiaramente quello di facilitare la presentazione di domande di protezione internazionale alla frontiera di uno Stato membro e, in particolare, nelle acque territoriali, poiché l’accesso alla procedura di esame deve essere effettivo, facile e rapido. Pertanto, gli Stati membri sono, in linea generale, tenuti a registrare ogni domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo alle autorità nazionali rientranti nell’ambito di applicazione di tale direttiva e devono poi garantire che gli interessati abbiano la possibilità concreta di presentare la loro domanda quanto prima (60).

99.      Tenuto conto di tutte le ragioni che ho appena esposto, sono del parere che il cittadino di un paese terzo benefici dello status di richiedente protezione internazionale dal momento in cui esprime l’intenzione di chiedere tale protezione ad un’«altra autorità» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, quale, come nel caso di specie, un giudice istruttore chiamato a pronunciarsi sul trattenimento. Un’interpretazione contraria contrasterebbe infatti con l’effettività dell’accesso alla procedura, come prevista dal legislatore dell’Unione in tale direttiva. Secondo giurisprudenza costante, l’obbligo per gli Stati membri di conseguire il risultato previsto nelle direttive, nonché il loro dovere, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento di tale obbligo, si impongono a tutte le autorità degli Stati membri, comprese, nell’ambito della loro competenza, quelle giurisdizionali (61).

100. Ciò premesso, mi propongo ora di esaminare la questione se, una volta presentata la domanda di protezione internazionale dinanzi a un’«altra autorità» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, il richiedente tale protezione possa essere collocato in un centro di trattenimento solo per i motivi di cui all’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2013/33.

c)      Conseguenze che devono essere tratte dallacquisizione dello status di richiedente

101. Nella fattispecie, il giudice del rinvio è stato chiamato a pronunciarsi sul trattenimento di un cittadino di un paese terzo ai fini dell’esecuzione di una decisione di respingimento per il motivo che tale decisione non poteva essere eseguita entro il termine di 72 ore previsto dal diritto nazionale (62). Dalla decisione di rinvio risulta che tale cittadino ha presentato la sua domanda di protezione internazionale a detto giudice entro 48 ore dal suo arrivo nel territorio spagnolo.

102. A tale riguardo, in primo luogo, ricordo che la Corte ha già dichiarato che l’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, in combinato disposto con il considerando 9 di quest’ultima, deve essere interpretato nel senso che «tale direttiva non è applicabile al cittadino di un paese terzo che ha presentato una domanda di protezione internazionale ai sensi della direttiva [2005/85/CE (63)], e ciò durante il periodo che intercorre tra la presentazione [(64)] di tale domanda e l’adozione della decisione dell’autorità di primo grado che si pronuncia su tale domanda o, eventualmente, fino all’esito del ricorso che sia stato proposto avverso tale decisione» (65).

103. Inoltre, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, l’interpretazione della direttiva 2008/115, al pari di quella della direttiva 2005/85 (che ha preceduto la direttiva 2013/32), «dev’essere compiuta, come emerge dal considerando 24 della prima e dal considerando 8 [(66)] della seconda, nel rispetto dei diritti fondamentali e dei principi riconosciuti, segnatamente, dalla Carta» (67), il cui articolo 18 garantisce il diritto di asilo (68) e il principio di non respingimento (69).

104. Per quanto riguarda, in particolare, il trattenimento, la Corte ha dichiarato che il trattenimento ai fini dell’allontanamento disciplinato dalla direttiva 2008/115 ed il trattenimento disposto nei confronti di un richiedente asilo ricadono in regimi giuridici distinti(70).

105. In secondo luogo, come ho spiegato in precedenza (71), ritengo che una persona acquisisca lo status di richiedente dal momento in cui «presenta» una domanda di protezione internazionale. Pertanto, è da quel momento che le condizioni per il trattenimento del richiedente protezione sono disciplinate dagli articoli da 8 a 11 della direttiva 2013/33.

106. Nel caso di specie, ne consegue che, anche se le condizioni per il trattenimento di VL fino al momento in cui ha «presentato» la domanda di protezione internazionale al giudice del rinvio erano disciplinate dalla direttiva 2008/115 (72), dal momento di tale presentazione, sono applicabili nei suoi confronti gli articoli 26, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 e 8, paragrafo 1, della direttiva 2013/33. Infatti, tali disposizioni prevedono che gli Stati membri non possano trattenere una persona per il solo fatto che questa ha presentato una domanda di protezione internazionale.

107. Inoltre, come la Corte ha già dichiarato, gli altri paragrafi dell’articolo 8 della direttiva 2013/33 apportano limitazioni importanti al potere attribuito agli Stati membri di procedere a un trattenimento (73). In particolare, l’articolo 8, paragrafo 3, primo comma, di tale direttiva enumera esaustivamente i vari motivi (74) tali da giustificare il trattenimento e ognuno dei suddetti motivi risponde a una necessità specifica che ha carattere autonomo (75). Pertanto, qualora esista un motivo tale da giustificare il trattenimento, l’articolo 8, paragrafo 2, della suddetta direttiva, impone che tale trattenimento possa essere disposto soltanto ove necessario e sulla base di una valutazione caso per caso, salvo se non siano applicabili efficacemente misure alternative meno coercitive (76).

108. In particolare, fra i motivi tali da giustificare il trattenimento rientra quello previsto all’articolo 8, paragrafo 3, lettera d), della direttiva 2013/33, vertente sulla circostanza che la persona è trattenuta nell’ambito di una procedura di rimpatrio ai sensi della direttiva 2008/115, al fine di preparare il rimpatrio e/o effettuare l’allontanamento, nei limiti in cui lo Stato membro interessato può comprovare, in base a criteri obiettivi, che la persona in questione abbia già avuto l’opportunità di accedere alla procedura di asilo e che quindi vi sono fondati motivi per ritenere che la persona abbia manifestato la volontà di presentare la domanda di protezione internazionale al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione della decisione di rimpatrio.

109. Nel caso di specie, per quanto riguarda, in primo luogo, la possibilità di accedere alla procedura di asilo, occorre sottolineare che, sebbene spetti al giudice del rinvio verificare l’esistenza di tale giustificazione, risulta tuttavia che tale giudice afferma chiaramente, nella sua decisione di rinvio, che dal verbale di trattenimento del 13 dicembre 2019 emerge che, prima di comparire dinanzi ad esso, VL non era stato informato della possibilità di chiedere la protezione internazionale, precisando inoltre che «il giudice istruttore dinanzi al quale si presenterebbe il cittadino di un paese terzo in situazione irregolare in Spagna, ai fini del trattenimento, costituisce (...) l’unica autorità dinanzi alla quale [egli] potrà richiedere la protezione internazionale prima di recarsi al centro di detenzione» (77).

110. Per quanto riguarda, in secondo luogo, l’esistenza di fondati motivi per ritenere che la persona abbia manifestato la volontà di presentare la domanda di protezione internazionale al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione della decisione di rimpatrio o di procedere all’allontanamento, non risulta né dalla decisione di rinvio né dal fascicolo a disposizione della Corte che ciò è quanto avviene nel caso di specie.

111. In ogni caso, ritengo importante precisare, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, che il solo fatto che un richiedente asilo, al momento della proposizione della sua domanda, sia oggetto di un provvedimento di rimpatrio o di allontanamento e che sia disposto il suo trattenimento in base all’articolo 15 della direttiva 2008/115, non permette di presumere, senza una valutazione caso per caso di tutte le circostanze pertinenti, che egli abbia presentato tale domanda al solo scopo di ritardare o compromettere l’esecuzione della decisione di allontanamento e che sia oggettivamente necessario e proporzionato mantenere il provvedimento di trattenimento (78). A tale riguardo, l’onere della prova grava sulle autorità nazionali (79).

112. Ritengo pertanto che VL debba essere considerato un richiedente protezione internazionale dal momento in cui ha presentato la sua domanda al giudice del rinvio, in quanto «altra autorità» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, salvo che sia dimostrato dalle autorità nazionali interessate, sulla base di una valutazione della sua situazione personale, che si applica uno dei motivi previsti dall’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2013/33, circostanza che non sembra emergere né dalla decisione di rinvio né dal fascicolo a disposizione della Corte.

113. Per contro, dalla decisione di rinvio risulta che l’unico motivo per cui il giudice istruttore ha disposto il trattenimento di VL attiene al fatto che non vi erano posti disponibili nei centri di accoglienza. Occorre insistere sul fatto che tale motivo non è menzionato nell’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2013/33. Pertanto, sarebbe difficile accettare che un richiedente protezione internazionale possa essere collocato in un centro di trattenimento per il solo motivo della mancanza di posti disponibili nei centri di accoglienza. Infatti, tenuto conto dell’importanza del diritto alla libertà sancito all’articolo 6 della Carta e della gravità dell’ingerenza che una misura di trattenimento costituisce rispetto al suddetto diritto, le limitazioni all’esercizio dello stesso devono operare entro i limiti dello stretto necessario (80).

114. Propongo pertanto alla Corte di rispondere che l’articolo 26 della direttiva 2013/32 e l’articolo 8 della direttiva 2013/33 devono essere interpretati nel senso che, dal momento in cui il cittadino di un paese terzo esprime la volontà di presentare domanda di protezione internazionale dinanzi ad un’ «altra autorità» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, il richiedente può essere collocato in un centro di trattenimento solo per i motivi previsti dall’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2013/33.

VII. Conclusione

115. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo che la Corte risponda come segue alle questioni sollevate dal Juzgado de Instrucción n. 3 de San Bartolomé de Tirajana (giudice istruttore n. 3 di San Bartolomé de Tirajana, Spagna):

1)      L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale deve essere interpretato nel senso che un’autorità giudiziaria, quale il giudice istruttore, deve essere considerata un’«altra autorità» ai sensi di tale disposizione.

2)      L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 e l’articolo 17 della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabiliscono norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, devono essere interpretati nel senso che l’autorità che ha ricevuto la domanda di protezione internazionale, ma che non è competente, a norma del diritto nazionale, per la registrazione, deve fornire al richiedente le informazioni pertinenti che gli consentano di sapere dove e in che modo può presentare tale domanda e trasmettere il fascicolo all’autorità competente per la registrazione, affinché il richiedente possa avere accesso alle condizioni materiali di accoglienza.

3)      L’articolo 26 della direttiva 2013/32 e l’articolo 8 della direttiva 2013/33 devono essere interpretati nel senso che, dal momento in cui il cittadino di un paese terzo esprime la volontà di presentare domanda di protezione internazionale dinanzi ad un’«altra autorità» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, il richiedente può essere collocato in un centro di trattenimento solo per i motivi previsti dall’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2013/33.


1      Lingua originale: il francese.


2      Carlier, J.‑Y., «Droit d’asile et des réfugiés. De la protection aux droits», Recueil des cours, Académie de droit international de La Haye, vol. 332, 2008 (Leiden/Boston: Martinus Nijhoff Publishers), pagg. da 9 a 354, in particolare pag. 34.


3      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60).


4      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 96).


5      Recueil des traités des Nations unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954).


6      Per contro, l’Unione europea non è parte contraente di tale convenzione.


7      GU 2008, L 348, pag. 98.


8      GU 2013, L 180, pag. 31.


9      BOE n. 10, del 12 gennaio 2000, pag. 1139.


10      BOE n. 299, del sabato 12 dicembre 2009, pag. 104986.


11      BOE n. 263, del 31 ottobre 2009, pag. 90860.


12      BOE n. 74, del mercoledì 26 marzo 2014, pag. 26531.


13      La lingua bambara è una delle lingue nazionali del Mali.


14      Dalla risposta di VL ai quesiti posti dalla Corte risulta che, «dopo aver presentato la sua domanda di protezione internazionale al [giudice del rinvio], è stato trattenuto nel centro di trattenimento di Barranco Seco ed è stato direttamente allontanato il 9 gennaio 2020, senza nemmeno sapere se avesse il diritto di beneficiare della procedura prevista dalla legge spagnola e dalle direttive». Tuttavia, dalla decisione di rinvio del 20 gennaio 2020 risulta chiaramente che VL era stato privato della libertà e che, «prima del suo trasferimento in un centro di trattenimento, un funzionario della Brigata provinciale per gli stranieri e le frontiere si è presentato presso la sede dei tribunali di San Bartolomé de Tirajana per notificare [a VL], dando esecuzione all’ordine del giudice, l’esistenza di un appuntamento per il colloquio relativo alla [sua] domanda di protezione internazionale».


15      Sentenza del 10 dicembre 2018, Wightman e a. (C‑621/18, EU:C:2018:999, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).


16      V. considerando 60 della direttiva 2013/32 e considerando 35 della direttiva 2013/33. V., a tale riguardo, paragrafo 45 delle presenti conclusioni.


17      V. sentenza del 14 maggio 2019, M e a. (Revoca dello status di rifugiato) (C‑391/16, C‑77/17 e C‑78/17, EU:C:2019:403, punto 74 e giurisprudenza ivi citata).


18      Sul rapporto tra il diritto derivato riguardante il diritto di asilo e l’articolo 18 della Carta, v. den Heijer, M., «Article 18», in S. Peers, e a. (a cura di), The EU Charter of Fundamental Rights. A Commentary, Hart Publishing, Oxford, 2014, pagg. da 519 a 541, in particolare, punto 18.41.


19      Vedi Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999. Conclusioni della presidenza: Disponibile all’indirizzo Internet https://www.europarl.europa.eu/summits/tam_it.htm.


20      Nella loro dichiarazione congiunta in occasione del 50° anniversario della Convenzione di Ginevra e/o del Protocollo, gli Stati parte hanno riconosciuto che «il principio di non respingimento, la cui applicabilità è sancita dal diritto internazionale consuetudinario» era al centro del regime internazionale di protezione dei rifugiati (Nazioni Unite, doc. HCR/MMSP/2001/09, 16 gennaio 2002). V. anche «Rapport de la réunion ministérielle des États parties à la convention de 1951 et/ou de son protocole de 1967 relatifs au statut des réfugiés (Relazione della riunione ministeriale degli Stati parti della Convenzione del 1951 e/o del suo protocollo del 1967 relativi allo status dei rifugiati), del 12 e 13 dicembre 2001», HCR/MMSP/2001/10, disponibile all’indirizzo Internet www.unhcr.org. Sul riconoscimento del principio di non respingimento come principio di diritto internazionale consuetudinario, v. Lauterpacht, E., e Bethlehem, D., «The Scope and Content of the Principle of Non‑Refoulement», in E. Feller, e a. (a cura di), Refugee Protection in International Law, Cambridge University Press, 2003, pagg. da 87 a 177, in particolare pagg. 149 e 163: “[the principle of non‑refoulement in customary law] allows of no limitation or exception.” V., analogamente, Goodwin‑Gill, G.S., e McAdam, J.,  The Refugee in International Law, 3a ed., Oxford University Press, pagg. da 345 a 354, in particolare pag. 347; Mikołajczyk, B., Osoby ubiegające się o status uchodźcy: ich prawa i standardy traktowania, Katowice 2004, pagg. da 110 a 117; Łachacz, O., «Zasada non‑refoulement  w międzynarodowym prawie uchodźczym – zwyczaj międzynarodowy czy też peremptoryjna norma prawa międzynarodowego?», Problemy Współczesnego Prawa Międzynarodowego, Europejskiego i Porównawczego, vol. XV, A.D. MMXVII, pagg. da 134 a 142; Ineli‑Ciger, M., e Skordas, A., «Temporary protection», in R. Wolfrum (a cura di), Max Planck Encyclopedias of Public International Law [MPIL], edizione online http://opil.ouplaw.com (ultimo aggiornamento: ottobre 2019), punto 23: «Today, prevailing scholarly opinion holds that the principle of non‑refoulement has become a customary norm». Per un altro parere, v. Carlier, J.‑Y., op. cit., pag. 123.


21      V., in particolare, Allain, J., «The Jus Cogens  Nature of Non‑refoulement», in F. Picod e S. Van Drooghenbroeck (a cura di), International Journal of Refugee Law, vol. 13, 2001, pagg. da 533 a 538, e Jaumotte, J., «Article 19. Protection en cas d’éloignement, d’expulsion et d’extradition», Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne. Commentaire article par article, Bruylant, 2018, pagg. da 445 a 467, in particolare pag. 466: «Il valore di norma di ius cogens del principio di non respingimento, combinato con il suo carattere assoluto, consente quindi di ritenere che si debba escludere qualsiasi norma contraria a tale principio». V. anche, «Advisory Opinion on the Extraterritorial Application of Non-Refoulement Obligations under the 1951 Convention relating to the Status of Refugees and its 1967 Protocol», UNHCR, Ginevra, 26 gennaio 2007.


22      V. paragrafo 8 delle presenti conclusioni. Il principio di non respingimento è applicato anche come componente del divieto di tortura o di pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti. Secondo l’articolo 3 della Convenzione del 1984 contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, «[n]essuno Stato Parte espelle, respinge né estrada una persona verso un altro Stato qualora vi siano serie ragioni di credere che in tale Stato essa rischia di essere sottoposta a tortura» (Recueil des traités des Nations unies, A/RES/39/46, del 10 dicembre 1984).


23      V. articolo 28, paragrafo 2, della direttiva 2013/32.


24      V. paragrafo 8 delle presenti conclusioni.


25      Anche se il principio di non respingimento «crea un diritto a non essere respinti, [articolo 33 della Convenzione di Ginevra] non permette di concludere che il rifugiato possa, in concreto, opporsi a uno Stato che gli offre asilo», v. Bodart, S., «Article 18. Droit d’asile», Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne. Commentaire article par article, op. cit., pagg. da 415 a 443, pag. 439. V. anche den Heijer, M., Rijpma, J. e Spijkerboer, T., «Coercion, Prohibition, and Great Expectations: The Continuing Failure of the Common European Asylum Failure», Common Market Law Review, Vol. 53, pagg. da 607 a 642, in particolare pag. 617.


26      V. sentenza del 19 giugno 2018, Gnandi (C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).


27      V., in particolare, sentenze del 17 novembre 1983, Merck (292/82, EU:C:1983:335, punto 12), nonché del 26 febbraio 2019, Rimšēvičs e BCE/Lettonia (C‑202/18 e C‑238/18, EU:C:2019:139, punto 45).


28      Secondo il pubblico ministero, la soluzione opposta non comporterebbe tuttavia una violazione dei diritti del richiedente protezione internazionale in quanto il cittadino di un paese terzo riceverebbe, nel centro di trattenimento, le informazioni necessarie per poter richiedere siffatta protezione. Inoltre, esso ha sostenuto che il giudice istruttore deve poter statuire sul trattenimento di un richiedente protezione internazionale, conformemente all’articolo 8, paragrafo 3, lettere a) e b), della direttiva 2013/32.


29      Il corsivo è mio.


30      V., in particolare, le versioni in lingua spagnola («otras autoridades»), tedesca («anderen Behörden»), inglese («other authorities»), italiana («altre autorità»), polacca («innych organów»), portoghese («outras autoridades»), e rumena («altor autorități»).


31      Il corsivo è mio. V., a tale riguardo, sentenza del 25 gennaio 2018, Hasan (C‑360/16, EU:C:2018:35, punto 76).


32      V. paragrafi 24 e 26 delle presenti conclusioni. A tale riguardo, secondo il governo spagnolo, «VL non aveva espresso l’intenzione di chiedere la protezione internazionale quando, il 13 dicembre 2019, gli sono stati forniti i primi aiuti umanitari presso la stazione di polizia». Tuttavia, dalla risposta del pubblico ministero ai quesiti posti dalla Corte risulta che il diritto di chiedere la protezione internazionale non rientra fra i diritti di cui il cittadino di un paese terzo, che si trovi in una situazione irregolare, viene informato quando viene trattenuto.


33      Per contro, dalla decisione di rinvio e dal verbale della dichiarazione del 14 dicembre 2019 dinanzi al giudice istruttore risulta che, nel contesto di tale dichiarazione, VL è stato informato, in presenza di un interprete in lingua bambara, in conformità all’articolo 6 della direttiva 2013/32, del suo diritto di chiedere la protezione internazionale e, con l’assistenza di tale interprete, ha espresso l’intenzione di chiedere tale protezione.


34      V. paragrafi 24 e 26 delle presenti conclusioni.


35      A mio avviso, è ovvio che, durante il trattenimento di cittadini di paesi terzi che tentano di entrare illegalmente in uno Stato membro, la comunicazione dei loro diritti e le eventuali domande di protezione internazionale che essi potrebbero presentare a tale autorità non può essere effettiva se non sono assistiti, al momento del trattenimento, da un interprete di una lingua che comprendono.


36      Ritengo importante ricordare che da tale considerando risulta altresì che «[o]ve tali persone si trovino nelle acque territoriali di uno Stato membro, è opportuno che siano sbarcate sulla terra ferma e che ne sia esaminata la domanda ai sensi della presente direttiva». V., a tal proposito, Trevisanut, S., «The Principle of Non‑Refoulement at Sea and the Effectiveness of Asylum Protection», Max Planck Yearbook of United Nations Law, 2008, pag. 210. V. anche UNHCR e IMO, Rescue at Sea, A guide to Principles and Practice as applied to Migrants and Refugees, 2015, disponibile all’indirizzo Internet https://www.unhcr.org.


37      V. nota 34 delle presenti conclusioni.


38      Il corsivo è mio.


39      Sentenza del 25 gennaio 2018, Hasan (C‑360/16, EU:C:2018:35, punto 76).


40      Sentenza del 12 novembre 2019, Haqbin (C‑233/18, EU:C:2019:956, punto 33). V. anche considerando 11 della direttiva 2013/33. Nell’interpretazione della direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (GU 2003, L 31, pag. 18), v. sentenze del 27 febbraio 2014, Saciri e a. (C‑79/13, EU:C:2014:103, punto 35), nonché del 27 settembre 2012, Cimade e GISTI (C‑179/11, EU:C:2012:594, punto 42). Ciò premesso, occorre ricordare che la Corte ha dichiarato che, «[t]uttavia, l’obbligo per gli Stati membri di provvedere a che i richiedenti abbiano accesso alle condizioni materiali di accoglienza non è assoluto. Il legislatore dell’Unione ha infatti previsto, all’articolo 20 della direttiva 2013/33, al capo III della stessa, entrambi intitolati “Riduzione o revoca delle condizioni materiali di accoglienza”, le circostanze in cui dette condizioni possono essere ridotte o revocate». Sentenza del 12 novembre 2019, Haqbin (C‑233/18, EU:C:2019:956, punto 35).


41      Dal considerando 8 della direttiva 2013/33 risulta che «[p]er assicurare la parità di trattamento dei richiedenti nell’Unione, la presente direttiva dovrebbe applicarsi in tutte le fasi e a tutti i tipi di procedure relative alla domanda di protezione internazionale, in tutti i luoghi e i centri di accoglienza dei richiedenti e purché essi siano autorizzati a soggiornare nel territorio degli Stati membri in qualità di richiedenti».


42      In tal senso, dalla proposta modificata della Commissione risulta che la terminologia dell’articolo 6 di tale direttiva è stata chiarita rispetto a quella utilizzata nella proposta iniziale, stabilendo, per quanto riguarda la domanda di protezione internazionale, «una distinzione più netta tra i termini “presentare” e “depositare”». A tal proposito, occorre precisare che il termine «depositare» è stato sostituito nella versione definitiva di tale disposizione dal termine «inoltrare». V. articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, e articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2013/32.


43      Sulla questione se il diritto di presentare una domanda di protezione internazionale debba poter essere esercitato senza indugio, anche in caso di afflusso massiccio di cittadini di paesi terzi che intendano presentare tale domanda, v. causa C‑808/18, Commissione/Ungheria, pendente dinanzi alla Corte.


44      La versione in lingua francese dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 utilizza il verbo «présenter». Altre versioni linguistiche utilizzano termini equivalenti. V., in particolare, le versioni in lingua spagnola («formule»), tedesca («stellt»), inglese («makes»), italiana («presenti»), polacca («występuje»), portoghese («apresenta»), e rumena («înaintată»).


45      Il corsivo è mio.


46      COM(2011) 319 definitivo, pag. 8. A tale riguardo, v. anche l’allegato di tale proposta, pag. 3. «In virtù del paragrafo 2, gli Stati membri devono offrire a chi intenda chiedere protezione internazionale un’effettiva possibilità di inoltrare la domanda appena possibile, a prescindere dalle eventuali restrizioni pratiche di cui al paragrafo 1». Il corsivo è mio.


47      Secondo la dottrina, se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 non rinvia al diritto nazionale per la presentazione propriamente detta della domanda ciò è dovuto al fatto che il legislatore dell’Unione ha ritenuto che l’atto di esprimere la volontà di chiedere la protezione internazionale «non presuppone alcuna formalità amministrativa». V., in particolare, Vedsted‑Hansen, J., «Asylum Procedures Directive 2013/32/EU», in K. Hailbronner and D. Thym (a cura di), EU Immigration and Asylum Law: A Commentary, 2a edizione, C.H. Beck/Hart/Nomos, 2016, pagg. da 1281 a 1381, in particolare, pag. 1305.


48      COM(2011) 319 definitivo, allegato, pag. 3. Per quanto riguarda la sostituzione del termine «depositare» con il termine «inoltrare», v. nota 42 delle presenti conclusioni.


49      L’equivalente del termine «enregistrer», utilizzato nella versione in lingua francese dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32, è utilizzato anche nelle versioni in lingua spagnola («registro»), tedesca («Registrierung»), inglese («registering»), italiana («registrare»), polacca («rejestracja»), portoghese («registo»), e rumena («înregistreze»).


50      V., rispettivamente, articolo 6, paragrafo 1, primo e secondo comma, della direttiva 2013/32. Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 5, di tale direttiva, detti termini di tre o sei giorni sono prorogati di dieci giorni quando, a causa dell’elevato numero di cittadini di paesi terzi che presentano contemporaneamente domanda di protezione internazionale, è in pratica assai difficile rispettare il termine previsto dall’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva.


51      COM(2011) 319 definitivo, pag. 8. V. articolo 6 della proposta modificata della Commissione, pag. 28.


52      Occorre aggiungere che la registrazione di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 deve essere collegata all’obbligo degli Stati membri, di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/33, di rilasciare ai richiedenti protezione internazionale, entro tre giorni dalla presentazione della domanda, un documento recante il loro nome che certifichi, in particolare, il loro status di richiedenti. Pertanto, la registrazione richiesta dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2013/32 facilita, per quanto riguarda gli Stati membri, il rispetto dell’obbligo di rilasciare tale certificato entro il termine prescritto di tre giorni stabilito dall’articolo 6 della direttiva 2013/33.


53      La versione in lingua francese dell’articolo 6, paragrafo 2, della direttiva 2013/32 utilizza il verbo «introduire». Altre versioni linguistiche sembrano utilizzare termini equivalenti, v., a tale riguardo, le versioni in lingua spagnola («presentarla»), tedesca («förmlich zu stellen»), inglese («to lodge»), italiana («inoltrarla»), polacca («złożyć»), e rumena («a depune»). V. articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, e articolo 6, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2013/32.


54      Occorre osservare che l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2013/32 costituisce un’eccezione alla regola stabilita dall’articolo 6, paragrafo 3, di tale direttiva, ossia la possibilità per gli Stati membri di esigere che le domande di protezione internazionale siano introdotte personalmente e/o in un luogo designato.


55      Il corsivo è mio.


56      Sentenza del 26 luglio 2017, Mengesteab (C‑670/16, EU:C:2017:587, punto 103). Occorre precisare, come ha fatto la Corte al punto 101 di tale sentenza, che l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2013/32 e l’articolo 20, paragrafo 2, del regolamento n. 604/2013 si inseriscono in due procedure diverse, che presentano requisiti propri e sono soggette, in particolare per quanto riguarda i termini, a regimi separati, come previsto dall’articolo 31, paragrafo 3, di tale direttiva.


57      V. anche considerando 27 della direttiva 2013/32.


58      Il corsivo è mio.


59      V., a tale riguardo, paragrafo 83 delle presenti conclusioni.


60      Sentenza del 25 gennaio 2018, Hasan (C‑360/16, EU:C:2018:35, punto 76).


61      V., in particolare, sentenze del 10 aprile 1984, von Colson e Kamann (14/83, EU:C:1984:153, punto 26), del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a. (da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punto 110), nonché del 14 maggio 2019, CCOO (C‑55/18, EU:C:2019:402, punto 68).


62      V. paragrafo 26 delle presenti conclusioni.


63      Direttiva del Consiglio del 1° dicembre 2005 recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU 2005, L 326, pag. 13).


64      In particolare, occorre rilevare che il termine «presentata/e» utilizzato nell’articolo 2, lettera b), e nell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2005/85 è stato sostituito dal termine «rivolta/presentate» nell’articolo 2, lettera b), e nell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2013/32. V. paragrafi da 78 a 89 delle presenti conclusioni.


65      Sentenza del 30 maggio 2013, Arslan (C‑534/11, EU:C:2013:343, punto 49).


66      V. considerando 60 della direttiva 2013/32 e paragrafo 45 delle presenti conclusioni.


67      V., in tal senso, sentenze del 19 giugno 2018, Gnandi (C‑181/16, EU:C:2018:465, punto 51), e del 26 settembre 2018, Belastingdienst/Toeslagen (Effetto sospensivo dell’appello) (C‑175/17, EU:C:2018:776, punto 31).


68      V. anche articolo 19, paragrafo 2, della Carta e paragrafi da 38 a 46 delle presenti conclusioni.


69      Sul principio di non respingimento, v. le mie considerazioni esposte ai paragrafi da 38 a 47 delle presenti conclusioni.


70      V., per quanto riguarda la direttiva 2005/85, sentenze del 30 novembre 2009, Kadzoev (C‑357/09 PPU, EU:C:2009:741, punto 45), e del 30 maggio 2013, Arslan (C‑534/11, EU:C:2013:343, punto 52). Va ricordato che l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2008/115 dispone che tale direttiva «lascia impregiudicate le disposizioni più favorevoli ai cittadini di paesi terzi previste dall’acquis comunitario in materia di immigrazione e di asilo».


71      V. paragrafi da 90 a 99 delle presenti conclusioni.


72      V. articolo 15 di tale direttiva.


73      Sentenza del 14 settembre 2017, K. (C‑18/16, EU:C:2017:680, punto 44).


74      Infatti, sebbene l’articolo 8, paragrafo 3, secondo comma, della direttiva 2013/33, disponga che i motivi di trattenimento sono specificati nel diritto nazionale, è d’uopo ricordare che, quando le disposizioni di una direttiva lasciano agli Stati membri un margine di discrezionalità per definire misure di trasposizione che siano adeguate alle diverse situazioni possibili, sono tenuti, nell’attuazione di tali misure, non solo a interpretare il loro diritto nazionale conformemente alla direttiva di cui si tratti, ma anche a fare in modo di non basarsi su un’interpretazione della stessa che entri in conflitto con i diritti fondamentali o con gli altri principi generali del diritto dell’Unione (sentenza del 15 febbraio 2016, N., C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 60 e giurisprudenza ivi citata).


75      Sentenze del 15 febbraio 2016, N. (C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 59), e del 14 settembre 2017, K. (C‑18/16, EU:C:2017:680, punto 42).


76      Sentenze del 15 febbraio 2016, N. (C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 61), e del 14 settembre 2017, K. (C‑18/16, EU:C:2017:680, punto 44).


77      V. paragrafi da 63 a 64 delle presenti conclusioni.


78      Sentenza del 30 maggio 2013, Arslan (C‑534/11, EU:C:2013:343, punto 62).


79      Nello stesso senso, v., in particolare, Peek, M., e Tsourdi, E., «Asylum Reception Conditions Directive 2013/33/EU», in EU Immigration and Asylum Law: A Commentary, op. cit., pagg. da 1381 a 1477, in particolare, pag. 1415.


80      Sentenze del 15 febbraio 2016, N. (C‑601/15 PPU, EU:C:2016:84, punto 56), e del 14 settembre 2017, K. (C‑18/16, EU:C:2017:680, punto 40).