Language of document : ECLI:EU:C:2005:596

ORDINANZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

6 ottobre 2005 (*)

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Interpretazione del principio di non discriminazione – Norma nazionale che vieta e sanziona penalmente l’uso in pubblico del simbolo costituito da una stella rossa a cinque punte – Incompetenza della Corte»

Nel procedimento C‑328/04,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, proposta dal Fővárosi Bíróság (Ungheria) con decisione 24 giugno 2004, pervenuta in cancelleria il 28 luglio 2004, nel procedimento penale dinanzi ad esso pendente a carico di

Attila Vajnai

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. K. Lenaerts, presidente di sezione, dai sigg. K. Schiemann (relatore) e E. Juhász, giudici,

avvocato generale: sig.ra C. Stix‑Hackl

cancelliere: sig. R. Grass

sentito l’avvocato generale,

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

1       La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione del principio di non discriminazione, uno dei principi fondamentali del diritto comunitario.

2       Tale domanda è stata sollevata nell’ambito di un procedimento penale pendente a carico del sig. Vajnai per violazione dell’art. 269/B del Büntető Törvénykönyv (codice penale ungherese; in prosieguo: il «Btk»), che sanziona l’uso in pubblico di «simboli del totalitarismo».

 Contesto normativo

3       Ai termini dell’art. 269/B del codice penale ungherese, rubricato «Uso di simboli del totalitarismo»,

«(1) Incorre in infrazione (vétség), qualora il fatto non costituisca reato più grave, punibile con una multa, chiunque

a) procuri,

b) usi pubblicamente ovvero

c) mostri in pubblico

una croce uncinata, un emblema delle SS, una croce lanceolata, una falce e un martello, una stella rossa a cinque punte o qualsiasi altro simbolo che li riproduca.

(2) Non è punibile chi commette i fatti suddetti per fini divulgativi, educativi, scientifici, artistici o per informare di eventi passati o presenti.

(3) Le disposizioni di cui ai nn. 1 e 2 non si applicano agli attuali emblemi ufficiali di Stato».

 Causa principale e questione pregiudiziale

4       Dall’ordinanza di rinvio risulta che il sig. Vajnai, vicepresidente del partito dei lavoratori ungherese, è stato perseguito penalmente per aver esibito, appuntata sul suo vestito, durante una manifestazione organizzata a Budapest il 21 febbraio 2003 una stella rossa a cinque punte, di cartone, di cinque centimetri di diametro. Su invito di un poliziotto che assicurava in quel momento il servizio d’ordine l’interessato si toglieva quel simbolo.

5       Con sentenza 11 marzo 2004 il Pesti Központi Kerületi Bíróság (Tribunale del distretto di Pest-Centro) dichiarava il sig. Vajnai colpevole del reato di uso di «simboli del totalitarismo», punito dall’art. 269/B, n. 1, lett. b), del Btk. Contemporaneamente accordava all’imputato un periodo di prova di un anno e disponeva la confisca del detto emblema.

6       Il sig. Vajnai ricorreva in appello.

7       Nell’ordinanza di rinvio il Fővárosi Bíróság (Tribunale metropolitano) rileva che in vari Stati membri, per esempio nella Repubblica italiana, i partiti di sinistra sono simbolizzati da una stella rossa o da falce e martello. Ne consegue, secondo detto Tribunale, che i militanti delle organizzazioni italiane di sinistra possono portare i simboli del movimento operaio senza contravvenire a divieto alcuno, mentre la medesima situazione in Ungheria è oggetto di divieto penalmente sanzionato. Andrebbe allora accertato se una norma giuridica che vieta in uno Stato membro di adoperare i simboli del movimento operaio internazionale, mentre nel territorio di altri Paesi l’uso del medesimo simbolo è consentito, sia discriminatoria.

8       Il Fővárosi Bíróság ha pertanto deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia la seguente questione:

«Se il disposto dell’art. 269/B, n. 1, del Btk, ai sensi del quale incorre in infrazione, qualora il fatto non costituisca reato più grave, chiunque usi o mostri in pubblico il simbolo costituito da una stella rossa a cinque punte, sia compatibile con il principio fondamentale del diritto comunitario di non discriminazione. Se l’art. 6 del TUE, secondo il quale l’Unione si fonda sui principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, la direttiva n. 2000/43/CE, la quale si riferisce del pari alle libertà fondamentali, ovvero gli artt. 10, 11 e 12 della Carta dei diritti fondamentali consentano ad una persona di manifestare in qualsiasi Stato membro le sue idee politiche mediante i simboli che le rappresentano».

 Quanto alla competenza della Corte

9       I governi ungherese e olandese, nonché la Commissione, che hanno presentato osservazioni scritte, dubitano della competenza della Corte a rispondere alla questione pregiudiziale.

10     Per verificare se la Corte sia competente occorre esaminare l’oggetto della questione posta.

11     Il giudice remittente chiede, in sostanza, se il principio di non discriminazione, l’art. 6 del TUE, la direttiva del Consiglio 29 giugno 2000, n. 43, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica (GU L 180, pag. 22), ovvero gli artt. 10, 11 e 12 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 (GU C 364, pag. 1), ostino a una disposizione nazionale come l’art. 269/B, n. 1, del Btk, che sanziona l’esibizione del simbolo considerato nel procedimento principale.

12     È giurisprudenza costante che, se una normativa nazionale entra nel campo di applicazione del diritto comunitario, la Corte, adita in via pregiudiziale, deve fornire tutti gli elementi di interpretazione necessari per la valutazione, da parte del giudice nazionale, della conformità di tale normativa con i diritti fondamentali di cui essa Corte assicura il rispetto (v. sentenza 29 maggio 1997, causa C‑299/95, Kremzow, Racc. pag. I‑2629, punto 15).

13     Per contro, la Corte non ha tale competenza se la normativa nazionale non si colloca nell’ambito del diritto comunitario e l’oggetto della controversia non presenta alcun elemento di collegamento con una qualsiasi delle situazioni considerate dalle disposizioni del Trattato (v. sentenza Kremzow, cit., punti 15 e 16).

14     Ebbene, il caso del sig. Vajnai non presenta alcun elemento di collegamento con una qualsiasi delle situazioni considerate dalle disposizioni del Trattato e la normativa ungherese applicata nel procedimento principale non si colloca nell’ambito del diritto comunitario.

15     Alla luce di ciò si deve constatare, sul fondamento dell’art. 92, n. 1, del suo regolamento di procedura, che la Corte è manifestamente incompetente a rispondere alla questione sottopostale dal Fővárosi Bíróság.

 Sulle spese

16     Nei confronti delle parti nel procedimento principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) così provvede:

La Corte di giustizia delle Comunità europee è manifestamente incompetente a rispondere alla questione sottopostale dal Fővárosi Bíróság (Ungheria) con decisione 24 giugno 2004.

Firme


* Lingua processuale: l'ungherese.