Language of document : ECLI:EU:T:2018:967

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione)

14 dicembre 2018 (*)

«Responsabilità extracontrattuale – Strumento di assistenza preadesione – Stato terzo – Appalto pubblico nazionale – Gestione decentrata – Decisione 2008/969/CE, Euratom – Sistema di allarme rapido (SAR) – Attivazione di un avviso nel SAR – Tutela degli interessi finanziari dell’Unione – Rifiuto di approvazione ex ante della Commissione – Mancata aggiudicazione dell’appalto – Competenza del Tribunale – Ricevibilità delle prove – Assenza di base giuridica dell’avviso – Diritti della difesa – Presunzione di innocenza – Violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica che conferisce diritti ai singoli – Nesso causale – Danno materiale e morale – Perdita dell’appalto – Perdita dell’opportunità di aggiudicarsi altri appalti»

Nella causa T‑298/16,

East West Consulting SPRL, con sede in Nandrin (Belgio), rappresentata inizialmente da L. Levi e A. Tymen, successivamente da L. Levi, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da F. Dintilhac e J. Estrada de Solà, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 268 TFUE volta ad ottenere il risarcimento del danno materiale e morale asseritamente subito dalla ricorrente a causa della registrazione dell’avviso ad essa relativo nel sistema di allarme rapido (SAR) e del conseguente rifiuto, fondato su tale avviso, di approvare il contratto relativo a un appalto che era stato aggiudicato al consorzio da essa guidato e che doveva essere finanziato dall’Unione europea nel quadro dello strumento di assistenza preadesione (IPA),

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto da I. Pelikánová (relatore), presidente, V. Valančius e U. Öberg, giudici,

cancelliere: S. Bukšek Tomac, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 2 maggio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

 Sui fatti antecedenti alla presentazione del ricorso

1        L’East West Consulting SPRL, ricorrente, è una società di diritto belga che esercita in particolare attività di prestazione di servizi in Belgio o all’estero, per conto proprio o di terzi o in partecipazione con terzi, il cui amministratore e socio unico è il sig. L. Peraltro, la ricorrente detiene il 40% delle quote dell’European Consultants Organisation SPRL (in prosieguo: l’«ECO3»), società di diritto belga il cui amministratore è parimenti il sig. L.

2        Il 17 luglio 2006 il Consiglio dell’Unione europea ha adottato il regolamento (CE) n. 1085/2006, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA) (GU 2006, L 210, pag. 82; in prosieguo: il «regolamento IPA»). In forza dell’articolo 1 del regolamento IPA, l’Unione europea doveva aiutare i paesi elencati negli allegati I e II, tra cui compariva l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia, ad allinearsi gradualmente con gli standard e le politiche dell’Unione, compreso, se del caso, l’acquis comunitario, in prospettiva dell’adesione. Ai sensi dell’articolo 3 del regolamento IPA, l’assistenza era programmata e attuata in funzione di cinque componenti, una delle quali era relativa allo «sviluppo delle risorse umane».

3        A seguito di indagini condotte su fatti di eventuale rilievo penale nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di appalti finanziati dall’Unione, il 26 febbraio 2007 l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) ha trasmesso al Procureur de la République (Procuratore della Repubblica) presso il Tribunal de grande instance de Paris (Tribunale di primo grado di Parigi, Francia) informazioni su fatti qualificabili penalmente come corruzione nell’ambito dell’aggiudicazione di un appalto finanziato dall’Unione in Turchia (in prosieguo: il «fascicolo turco»). Tali informazioni riguardavano in particolare la Kameleons International Consulting, divenuta la KIC Systems (in prosieguo: la «KIC») e il sig. L. Il 5 marzo 2007 in Francia è stata avviata un’indagine preliminare nell’ambito del fascicolo turco, affidata alla division nationale d’investigations financières (DNIF) (divisione nazionale delle indagini finanziarie, Francia).

4        Il 12 giugno 2007 la Commissione delle Comunità europee ha adottato il regolamento (CE) n. 718/2007, che attua il regolamento IPA (GU 2007, L 170, pag. 1).

5        Il 4 marzo 2008 il governo dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia e la Commissione hanno firmato un accordo quadro riguardo alle regole di cooperazione applicabili all’assistenza finanziaria dell’Unione concessa a tale Stato nel contesto della concretizzazione dell’aiuto fornito a titolo di IPA.

6        Il 27 giugno 2008 l’OLAF ha trasmesso al Procureur fédéral de Belgique (Procuratore federale del Belgio) informazioni su eventuali fatti di corruzione nell’ambito dell’aggiudicazione di un appalto finanziato dall’Unione in Ucraina (in prosieguo: il «fascicolo ucraino»). Tali informazioni riguardavano in particolare la KIC, il sig. L. e l’ECO3. Un’informativa giudiziaria e un’indagine sono state avviate in Belgio nell’ambito del fascicolo ucraino.

7        Il 17 settembre 2008 è stata avviata l’istruttoria relativa al fascicolo ucraino in Belgio.

8        Il 14 e il 15 ottobre 2008, su istanza della DNIF, sono state effettuate perquisizioni, in particolare nella sede della KIC, alla presenza di vari agenti dell’OLAF il cui intervento è stato previamente richiesto su ordine dell’autorità giudiziaria il 18 settembre 2008. Il 17 ottobre 2008 sono stati trasmessi nuovi ordini dell’autorità giudiziaria dalla DNIF a membri dell’OLAF al fine di procedere all’utilizzo dei dati informatici sequestrati. Tali atti d’indagine hanno condotto ai procedimenti relativi al fascicolo turco in Francia e al fascicolo ucraino in Belgio.

9        Secondo la Commissione, il 17 novembre 2008 l’OLAF ha chiesto, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, della decisione C(2004) 193/3 della Commissione, sul sistema di allarme rapido (in prosieguo: il «SAR»), l’attivazione di un avviso W3b relativo all’ECO3 in detto sistema, predisposto al fine di combattere la frode e ogni altra attività illecita che leda gli interessi finanziari dell’Unione. Tale avviso sarebbe stato fondato sul fatto che l’ECO3 era oggetto di procedimenti giudiziari per errori amministrativi gravi e frodi. La Commissione sostiene che un identico avviso sarebbe stato chiesto dall’OLAF riguardo al sig. L.

10      Il 16 dicembre 2008 la Commissione ha adottato, con decorrenza dal 1o gennaio 2009, la decisione 2008/969/CE, Euratom, sul SAR ad uso degli ordinatori della Commissione e delle agenzie esecutive (GU 2008, L 344, pag. 125; in prosieguo: la «decisione SAR»). La decisione SAR ha abrogato la decisione C(2004) 193/3 e istituito nuove norme relative al SAR.

11      Ai sensi del considerando 4 della decisione SAR, «[l]’obiettivo del SAR [era] garantire la circolazione all’interno della Commissione e delle sue agenzie esecutive di informazioni riservate relative a terzi che potrebbero rappresentare una minaccia per gli interessi finanziari e la reputazione [dell’Unione] o per altri fondi amministrati [da quest’ultima]».

12      Conformemente ai considerando da 5 a 7 della decisione SAR, l’OLAF, che aveva accesso al SAR nell’ambito dell’esercizio delle sue funzioni relative allo svolgimento delle inchieste e alla raccolta delle informazioni dirette a prevenire le frodi, era incaricato, insieme agli ordinatori competenti e ai servizi di audit interno, di chiedere l’inserimento, la modifica o l’eliminazione degli avvisi nel SAR, la cui gestione era assicurata dal contabile della Commissione o dagli agenti posti sotto la sua responsabilità gerarchica.

13      In proposito, l’articolo 4, paragrafo 1, secondo comma, della decisione SAR stabiliva che «[i]l contabile [della Commissione o gli agenti posti sotto la sua responsabilità gerarchica] inserisce, modifica o elimina gli avvisi [nel] SAR su richiesta dell’ordinatore delegato competente, [del]l’OLAF e [del] Servizio di audit interno».

14      Conformemente all’articolo 6, paragrafo 2, terzo comma, della decisione SAR, «[n]el caso di procedure di aggiudicazione di contratti e di sovvenzioni, l’ordinatore delegato competente o gli agenti posti sotto la sua responsabilità gerarchica verifica[vano] l’esistenza di un avviso nel SAR al più tardi entro la decisione di aggiudicazione».

15      L’articolo 9 della decisione SAR stabiliva che, in base alla natura e alla gravità dei fatti portati a conoscenza del servizio che richiedeva la registrazione, si distinguevano cinque categorie di avvisi nel SAR, numerate da W1 a W5. Ai sensi dell’articolo 9, punto 3, di tale decisione, la categoria W3 riguardava il «terzo che [era] oggetto di procedimenti legali pendenti che implica[vano] la notifica di un sequestro cautelativo presso terzi o procedimenti giudiziari per errori amministrativi gravi o frode».

16      L’articolo 12 della decisione SAR, intitolato «Avvisi W3», prevedeva in particolare quanto segue:

«2.      L’ordinatore delegato competente richiede l’attivazione di un avviso W3b se emerge che un terzo, in particolare un terzo che beneficia o ha beneficiato di fondi comunitari posti sotto la sua responsabilità, è oggetto di procedimenti giudiziari per errori amministrativi gravi o frodi.

Tuttavia, se le indagini condotte dall’OLAF determinano l’avvio di tali procedimenti giudiziari o l’OLAF offre assistenza o segue tali procedimenti, sarà l’OLAF stesso a richiedere l’attivazione del corrispondente avviso W3b.

3.      Gli avvisi W3 rimangono attivi fino a quando non viene pronunciata una sentenza passata in giudicato o fino a quando la controversia non venga risolta in altro modo».

17      L’articolo 17, paragrafo 2, della decisione SAR, relativo in particolare alle conseguenze di un avviso W3b sulle procedure di aggiudicazione di sovvenzioni o di contratti, disponeva quanto segue:

«Se il terzo relativamente al quale è stato registrato un avviso W2, W3b o W4 figura al primo posto dell’elenco stilato dal comitato di valutazione, l’ordinatore delegato competente, tenuto conto dell’obbligo di tutelare gli interessi finanziari e l’immagine delle Comunità, della natura e della gravità dei motivi all’origine dell’avviso, dell’importo, della durata ed eventualmente dell’urgenza del contratto o della sovvenzione da aggiudicare, può adottare una delle seguenti misure:

a)      aggiudicare il contratto o la sovvenzione al terzo interessato, indipendentemente dalla presenza della registrazione nel SAR e adoperarsi affinché siano adottate misure di vigilanza rafforzate;

b)      nel caso in cui l’avviso metta obiettivamente in discussione l’iniziale valutazione di conformità con i criteri di selezione ed aggiudicazione, decidere di aggiudicare il contratto o la sovvenzione ad un altro offerente o candidato, sulla base di una valutazione di conformità ai criteri di selezione e aggiudicazione diversa da quella del comitato di valutazione, motivando debitamente tale decisione;

c)      decidere di chiudere la procedura senza aggiudicare il contratto, motivando debitamente tale decisione nella nota informativa fornita all’offerente. (…)».

18      Interpellata con lettera inviatale dall’ECO3 il 16 dicembre 2008, la Commissione, con lettera del 12 gennaio 2009, ha confermato che l’ECO3 era oggetto di un avviso W3b nel SAR dal 17 novembre 2008.

19      Il 15 gennaio 2009 il direttore dell’OLAF ha inviato alla DNIF le sue relazioni sull’analisi dei dati informatici sequestrati.

20      Il 10 marzo 2009 l’ECO3 ha presentato una denuncia al Mediatore europeo riguardo al suo inserimento nel SAR. Tale denuncia è stata registrata con il numero 637/2009/(ELB)FOR.

21      Il 17 marzo 2009 è stata avviata un’indagine preliminare in Francia nell’ambito del fascicolo turco.

22      Il 14 settembre 2009 l’OLAF ha trasmesso al procuratore federale del Belgio informazioni su eventuali fatti di corruzione nell’ambito dell’aggiudicazione di un appalto finanziato dall’Unione in Serbia (in prosieguo: il «fascicolo serbo»). Tali informazioni riguardavano in particolare la KIC, il sig. L. e l’ECO3. Un’indagine preliminare e un’inchiesta sono state avviate in Belgio nell’ambito del fascicolo serbo.

23      Il 1o ottobre 2009 è stata avviata l’istruttoria relativa al fascicolo serbo in Belgio.

24      Il 16 ottobre 2009 la Commissione ha adottato la decisione C(2009) 7692 definitivo, che delega all’ex Repubblica iugoslava di Macedonia competenze in materia di gestione relative alla componente «Sviluppo delle risorse umane» dell’IPA. Essendo stati evidenziati alcuni rischi, all’articolo 1 di tale decisione si è previsto di delegare all’ex Repubblica iugoslava di Macedonia le competenze in materia di gestione relative alla componente «Sviluppo delle risorse umane» dell’IPA, precisando al contempo che la Commissione avrebbe effettuato i controlli ex ante elencati nell’allegato II. Secondo detto allegato, una volta che l’appalto fosse stato aggiudicato, la Commissione avrebbe dovuto, in particolare, approvare la documentazione di gara relativa all’appalto.

25      Nel mese di maggio del 2010 il sig. L. è stato formalmente sottoposto a procedimento penale da un giudice istruttore francese per corruzione attiva nell’ambito del fascicolo turco.

26      Secondo la Commissione e l’OLAF, nel luglio del 2010, quest’ultimo ha chiesto l’attivazione di un avviso W3b nel SAR riguardo alla ricorrente, ai sensi dell’articolo 12 della decisione SAR. La Commissione asserisce che l’attivazione di un identico avviso sarebbe stata richiesta dall’OLAF riguardo al sig. L.

27      Il 6 luglio 2010 un bando di gara con procedura ristretta relativo ad un appalto di servizi intitolato «Rafforzare la lotta contro il lavoro sommerso» (in prosieguo: l’«appalto in questione») è stato pubblicato nel Supplemento alla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2010, S 128-194817), con il riferimento EuropeAid/130133/D/SER/MK. L’appalto in questione si inseriva nella componente «Sviluppo delle risorse umane» prevista dal regolamento IPA. La gara d’appalto aveva ad oggetto la conclusione di un contratto, per un budget indicativo di EUR 1 milione, volto a migliorare l’effettività e l’efficacia della lotta contro il lavoro sommerso nell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia. Si trattava di un appalto pubblico decentrato ex ante la cui amministrazione aggiudicatrice era il servizio centrale di finanziamento e di aggiudicazione degli appalti del Ministero delle Finanze dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia (in prosieguo: l’«amministrazione aggiudicatrice nazionale»).

28      La procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione era assoggettata alle disposizioni della «Guida pratica alle procedure contrattuali per le azioni esterne» (in prosieguo: la «PRAG»), conformemente alle indicazioni contenute nell’intestazione delle istruzioni agli offerenti per tale appalto.

29      Il punto 2.2 della PRAG, dedicato alle modalità di gestione, indicava in particolare che, nel contesto di una gestione decentrata che prevedeva un controllo ex ante, le decisioni riguardanti l’appalto e l’aggiudicazione di contratti erano adottate dall’amministrazione aggiudicatrice e sottoposte all’approvazione della Commissione. Secondo il medesimo punto, la partecipazione della Commissione era limitata alla concessione della sua autorizzazione del finanziamento dei contratti decentrati e gli interventi dei suoi rappresentanti nelle procedure decentrate per la conclusione o esecuzione di tali contratti erano mirati soltanto a verificare il rispetto delle condizioni previste per il finanziamento dell’Unione. Quindi, lo scopo o possibile effetto di tali interventi non era minare il principio secondo cui i contratti decentrati divenivano contratti nazionali, che venivano preparati, elaborati e conclusi soltanto dall’amministrazione aggiudicatrice decentrata. Inoltre, da detto punto risultava che il contratto decentrato era firmato e l’appalto aggiudicato dall’amministrazione aggiudicatrice indicata nell’accordo di finanziamento, ossia il governo o l’ente dello Stato beneficiario dotato di personalità giuridica con cui la Commissione aveva determinato le condizioni di detto accordo, ma che tale governo o tale ente doveva sottoporre alla previa approvazione della Commissione i risultati della valutazione e, in una fase successiva, dopo aver dato comunicazione all’aggiudicatario di tali risultati e aver ricevuto ed esaminato i documenti giustificativi riguardanti i criteri di esclusione e di selezione, doveva sottoporre all’approvazione della Commissione la proposta di aggiudicazione dell’appalto.

30      Il punto 2.4.13 della PRAG, relativo all’annullamento di procedure di aggiudicazione di appalti, stabiliva che, fino al momento della firma del contratto, l’amministrazione aggiudicatrice poteva rinunciare all’appalto e annullare la procedura di aggiudicazione senza che i candidati od offerenti potessero esigere un risarcimento, citando il caso di insuccesso della procedura dovuto al fatto che le offerte ricevute non erano interessanti sul piano qualitativo o finanziario. Secondo tale punto, la decisione definitiva in proposito spettava all’amministrazione aggiudicatrice (previo accordo della Commissione nel caso degli appalti aggiudicati dall’amministrazione aggiudicatrice mediante la procedura ex ante).

31      Il punto 2.4.15 della PRAG, dedicato ai mezzi di ricorso, prevedeva in particolare che, se la Commissione non era l’amministrazione aggiudicatrice ed era stata informata del reclamo di un offerente che si ritenesse leso a causa di un errore o di una irregolarità nella procedura di appalto, essa doveva comunicare il proprio parere all’amministrazione aggiudicatrice, cercando, per quanto possibile, di trovare un accordo estragiudiziale tra l’offerente che aveva presentato il reclamo e l’amministrazione aggiudicatrice.

32      Il punto 2.9.2 della PRAG, relativo alla stesura e firma del contratto, prevedeva che, nella gestione decentrata ex ante, l’amministrazione aggiudicatrice trasmetteva la documentazione di gara, per approvazione, alla delegazione dell’Unione, la quale doveva firmare tutti gli originali del contratto a conferma del finanziamento dell’Unione.

33      Peraltro, le istruzioni agli offerenti per l’appalto in questione, al punto 14.1, prevedevano che l’aggiudicatario doveva essere informato per iscritto dell’accettazione della sua offerta e, al punto 15, che la procedura di aggiudicazione dell’appalto poteva in particolare essere annullata qualora fosse stata infruttuosa, ad esempio perché non era stata ricevuta alcuna offerta qualitativamente o finanziariamente accettabile, e ricordavano che, in un simile caso, l’amministrazione aggiudicatrice nazionale non poteva essere tenuta ad alcun risarcimento.

34      Un consorzio avente la ricorrente quale capofila ha risposto all’invito a presentare offerte in questione.

35      Il 13 settembre 2011 l’amministrazione aggiudicatrice nazionale ha trasmesso alla ricorrente la lettera di notifica che l’informava che l’appalto in questione era stato aggiudicato al consorzio da essa guidato, fatta salva la presentazione, entro quindici giorni, di prove ammissibili riguardo alle situazioni di esclusione o ai criteri di selezione della procedura di gara d’appalto in questione. La lettera ricordava che, a talune condizioni, l’amministrazione aggiudicatrice nazionale poteva ancora decidere di annullare la gara d’appalto senza essere tenuta ad alcun risarcimento.

36      Con messaggio di posta elettronica del 4 ottobre 2011, l’amministrazione aggiudicatrice nazionale ha dichiarato alla ricorrente di aver ricevuto l’insieme dei documenti giustificativi. Al fine di procedere a un’ultima verifica, le ha chiesto di trasmetterle il suo bilancio per l’anno 2006 o, in mancanza, di fornirle talune informazioni. La ricorrente ha allegato il proprio bilancio per l’anno 2006 al suo messaggio di posta elettronica di risposta del 5 ottobre 2010. L’amministrazione aggiudicatrice nazionale ne ha confermato la ricezione con messaggio di posta elettronica in pari data.

37      Con messaggio di posta elettronica del 2 novembre 2011, la ricorrente ha chiesto all’amministrazione aggiudicatrice nazionale informazioni sugli sviluppi della procedura.

38      Con messaggio di posta elettronica del 3 novembre 2011, l’amministrazione aggiudicatrice nazionale ha risposto che attendeva l’approvazione ex ante da parte della delegazione dell’Unione presso l’ex Repubblica iugoslava di Macedonia (in prosieguo: la «delegazione») della documentazione di gara, al fine di essere in grado di concludere la procedura di firma del contratto. A suo avviso, la procedura doveva concludersi in tempi molto rapidi, cosicché era importante che la ricorrente si assicurasse che i principali esperti che dovevano partecipare all’esecuzione del contratto rimanessero disponibili fino alla fine dell’anno 2011.

39      Con lettera del 9 novembre 2011, la delegazione ha confermato la ricezione della bozza di contratto relativo all’appalto in questione, che l’amministrazione aggiudicatrice nazionale le aveva inviato per l’approvazione. Nella nota citata come riferimento in detta lettera, essa dichiarava di aver deciso di non approvare il contratto, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera c), della decisione SAR.

40      Nella nota menzionata al precedente punto 39, la delegazione sollevava un problema di legittimità o di regolarità, relativo al fatto che la società raccomandata per l’aggiudicazione del contratto, ossia la ricorrente, era stata oggetto di un avviso W3b nel SAR connesso a un procedimento giudiziario pendente per frodi o errori amministrativi gravi. Infine, nella stessa nota, essa raccomandava all’amministrazione aggiudicatrice nazionale di chiudere la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione senza concludere un contratto e di fornire le debite giustificazioni di tale chiusura nell’informativa trasmessa all’offerente.

41      Nella lettera del 9 novembre 2011, la delegazione aggiungeva di aver preso la decisione di non approvare il contratto, tenuto conto del proprio obbligo di tutelare gli interessi finanziari e l’immagine dell’Unione nonché della natura e della gravità della motivazione dell’avviso in questione. Essa suggeriva all’amministrazione aggiudicatrice nazionale di indire una nuova procedura di aggiudicazione.

42      Con lettera del 17 novembre 2011, l’amministrazione aggiudicatrice nazionale ha dichiarato alla delegazione che, facendo seguito all’informativa che le aveva trasmesso, secondo la quale la sola offerta tecnicamente accettabile per l’aggiudicazione dell’appalto in questione includeva una società che era oggetto di un avviso W3b nel SAR, le trasmetteva, per approvazione, una nota relativa all’annullamento della procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione nonché le lettere informative all’attenzione degli offerenti non aggiudicatari.

43      Nel mese di novembre del 2010 è stato pubblicato l’avviso di annullamento della procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione.

44      Con una «lettera a offerente non aggiudicatario» del 6 dicembre 2011, l’amministrazione aggiudicatrice nazionale ha informato la ricorrente che, «considerate la necessità di tutelare gli interessi finanziari dell’Unione e la sua reputazione nonché la natura e la gravità del motivo dell’avviso», aveva deciso di chiudere la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione senza aggiudicare tale appalto, come previsto all’articolo 17, paragrafo 2, lettera c), della decisione SAR.

45      Con lettere del 12 dicembre 2011, inviate alla delegazione e all’amministrazione aggiudicatrice nazionale, la ricorrente ha contestato la legittimità della decisione dell’amministrazione aggiudicatrice nazionale di chiudere la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione senza aggiudicare tale appalto a causa della registrazione dell’avviso ad essa relativo nel SAR e ha chiesto la revoca di tale decisione. Essa sosteneva in particolare che la Commissione aveva proceduto alla sua registrazione nel SAR senza informarla e, a fortiori, senza ascoltarla preventivamente e in violazione dei suoi diritti della difesa, sebbene, come risultava dall’ordinanza del 13 aprile 2011, Planet/Commissione (T‑320/09, EU:T:2011:172), tale avviso fosse un atto per essa pregiudizievole. In ogni caso, l’amministrazione aggiudicatrice nazionale non avrebbe motivato la sua scelta di chiudere la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione senza aggiudicare tale appalto anziché optare per un’altra soluzione, meno pregiudizievole, prevista all’articolo 17, paragrafo 2, lettera c), della decisione SAR.

46      Il 16 dicembre 2011 il Mediatore ha emanato un progetto di raccomandazione relativo alla sua indagine di propria iniziativa nell’ambito del caso OI/3/2008/FOR contro la Commissione. In tale progetto, raccomandava una revisione della decisione SAR, in maniera da garantire che la sua portata non andasse al di là di quanto era necessario per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione e che essa non violasse i diritti fondamentali dei soggetti iscritti nel SAR, in particolare il diritto di questi ultimi di essere ascoltati prima della loro registrazione. Al punto 141 di tale progetto, esso raccomandava inoltre di considerare che, in un sistema di tipo inquisitorio, gli avvisi W3b si applicavano soltanto nei casi in cui le autorità giudiziarie avessero deciso di passare dalla fase dell’istruzione a quella del processo. Esso afferma che nella fase dell’istruzione potevano eventualmente essere effettuati soltanto avvisi W1 o W2.

47      Con lettere del 12 gennaio 2012, inviate alla delegazione e all’amministrazione aggiudicatrice nazionale, la ricorrente ha ribadito la propria posizione, basandosi sul progetto di raccomandazione del Mediatore del 16 dicembre 2011.

48      Con lettere del 1o marzo 2012, inviate alla delegazione e all’amministrazione aggiudicatrice nazionale, la ricorrente ha dichiarato che riteneva che, nel caso di specie, sussistesse la responsabilità dell’Unione e, sulla base dell’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ha chiesto che le fossero trasmessi ogni corrispondenza e documento scambiati tra la Commissione e le autorità dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia relativi alla procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione, nella misura in cui la riguardavano.

49      Con lettera del 14 marzo 2012, la delegazione si è scusata per il ritardo della risposta alle lettere della ricorrente e ha informato quest’ultima che, conformemente all’articolo 2.4.15 della PRAG, valutava con l’amministrazione aggiudicatrice nazionale, responsabile in via esclusiva della procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione, come rispondere alla sua domanda di accesso ad alcuni documenti.

50      Con lettere dell’11 maggio 2012, inviate alla delegazione e alla Commissione, la ricorrente ha dichiarato che considerava che la decisione di annullamento della procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione adottata dall’amministrazione aggiudicatrice nazionale fosse soltanto una semplice conseguenza della decisione adottata dalla Commissione di registrarla nel SAR e della conseguente decisione della delegazione di non approvare il contratto a causa di tale registrazione. Peraltro, essa ha rinnovato la propria domanda di trasmissione di documenti.

51      Con sentenza del 24 maggio 2012, la cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia) ha annullato gli ordini dell’autorità giudiziaria del 18 settembre e del 17 ottobre 2008, le relazioni dell’OLAF che vi avevano dato seguito nonché tutti gli atti successivi.

52      Con lettere del 25 giugno 2012, la ricorrente ha nuovamente ricordato alla delegazione e alla Commissione la sua domanda di trasmissione di documenti.

53      Con lettera del 25 giugno 2012, la ricorrente ha altresì chiesto alla Commissione di confermarle che era oggetto di un avviso nel SAR e di indicarle la natura e le ragioni di tale avviso nonché l’autore e la data della richiesta di avviso.

54      Il 6 luglio 2012 il Mediatore ha adottato una decisione di chiusura della sua indagine di propria iniziativa nell’ambito del caso OI/3/2008/FOR contro la Commissione.

55      Con lettera dell’11 luglio 2012, la Commissione ha confermato alla ricorrente che era oggetto di un avviso W3b nel SAR dal mese di luglio del 2010, conformemente all’articolo 12 della decisione SAR, il quale prevedeva che, «se le indagini condotte dall’OLAF determina[va]no l’avvio di (…) procedimenti giudiziari o l’OLAF offr[iva] assistenza o segu[iva] tali procedimenti, sar[ebbe stato] l’OLAF stesso a richiedere l’attivazione del corrispondente avviso W3b». Inoltre, essa spiegava che spettava ad ogni ordinatore delegato esaminare le conseguenze che dovevano essere tratte da tale avviso sulle procedure di aggiudicazione di appalti nonché sui contratti in corso.

56      Con lettera dell’11 luglio 2012, la delegazione ha dichiarato alla ricorrente che la decisione di annullare la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione era stata adottata dall’amministrazione aggiudicatrice nazionale, che essa non disponeva di un fascicolo al quale avrebbe potuto consentirle di accedere e che dunque trasmetteva la sua richiesta alle autorità nazionali competenti.

57      Con lettera del 23 agosto 2012, la ricorrente ha presentato una denuncia al Mediatore, chiedendogli di constatare che la Commissione aveva violato il principio di buona amministrazione avendo proceduto alla registrazione dell’avviso nel SAR ad essa relativo senza informarla preventivamente, rifiutando di fornirle le informazioni necessarie per la comprensione di tale avviso e avendo rifiutato, su tale base, di approvare il contratto relativo all’appalto in questione, che le era stato aggiudicato, senza tener in alcun modo conto delle sue successive proteste. La ricorrente chiedeva, inoltre, al Mediatore di intervenire affinché l’avviso nel SAR ad essa relativo fosse eliminato. Tale denuncia è stata registrata con il riferimento 604/2013/FOR.

58      Con sentenza del 19 dicembre 2012, Commissione/Planet (C‑314/11 P, EU:C:2012:823), la Corte ha respinto l’impugnazione proposta avverso l’ordinanza del 13 aprile 2011, Planet/Commissione (T‑320/09, EU:T:2011:172), confermando che la registrazione nel SAR di un avviso relativo ad un ente, incluso un avviso W1, poteva arrecare pregiudizio all’ente interessato.

59      Traendo le conseguenze della sentenza del 19 dicembre 2012, Commissione/Planet (C‑314/11 P, EU:C:2012:823), la Commissione ha adottato misure provvisorie di applicazione della decisione SAR volte a consentire agli enti oggetto di una richiesta di avviso di livello da W1 a W4 di presentare le proprie osservazioni per iscritto anteriormente alla registrazione dell’avviso.

60      Con decisione dell’8 maggio 2013, il Mediatore ha chiuso il caso 637/2009/(ELB)FOR con la seguente osservazione critica: «[l]’OLAF si è erroneamente astenuto dal chiedere il ritiro dell’avviso W3b attivato nei confronti dell’[ECO3]».

61      Con lettera del 16 dicembre 2013, il Mediatore ha trasmesso alla ricorrente le osservazioni che aveva ricevuto dall’OLAF con lettera del 2 dicembre 2013.

62      Con lettera dell’8 gennaio 2014, la ricorrente ha presentato al Mediatore le proprie osservazioni sulla lettera dell’OLAF del 2 dicembre 2013.

63      Con lettera del 1o settembre 2014, il Mediatore ha trasmesso alla ricorrente il proprio progetto di raccomandazione nel caso 604/2013/FOR, teso a far sì che la Commissione eliminasse il suo avviso nel SAR o illustrasse le ragioni che ne avrebbero giustificato il mantenimento e trasmettesse alla ricorrente una copia della corrispondenza scambiata tra essa e l’amministrazione aggiudicatrice nazionale riguardo a detto avviso.

64      Nel febbraio del 2015 la Commissione ha cancellato l’avviso relativo alla ricorrente nel SAR nonché quello relativo al sig. L.

65      Con ordinanza del 16 aprile 2015, il giudice istruttore francese incaricato del fascicolo turco ha dichiarato, nel contesto di tale fascicolo, di non doversi procedere contro il sig. L. per corruzione attiva, in quanto dalle indagini preliminari non erano emerse sufficienti prove a carico di quest’ultimo.

66      Con lettera del 29 aprile 2015, il Mediatore ha trasmesso alla ricorrente le osservazioni dell’OLAF relative al progetto di raccomandazione concernente la denuncia della ricorrente. Nelle proprie osservazioni, l’OLAF ha dichiarato che, il 10 febbraio 2015, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 3, lettera b), della decisione SAR, aveva inviato al contabile della Commissione una richiesta di eliminazione dell’avviso relativo alla ricorrente nel SAR e che, il 16 febbraio 2015, detto contabile aveva adottato una decisione di eliminazione di tale avviso. Riguardo alla domanda di trasmissione di corrispondenza, l’OLAF ha dichiarato di aver trasmesso tale domanda al servizio competente della Commissione.

67      Con lettera del 21 maggio 2015, inviata al Mediatore, la ricorrente ha preso atto della revoca dell’avviso ad essa relativo nel SAR, pur esprimendo riserve riguardo alle osservazioni dell’OLAF.

68      Con ordinanza del 21 maggio 2015, la Chambre du conseil du Tribunal de première instance francophone de Bruxelles (Camera di consiglio del Tribunale di primo grado di Bruxelles di lingua francese, Belgio) ha in particolare rinviato il sig. L. e l’ECO3 dinanzi al Tribunal correctionnel (Tribunale penale, Belgio) per eventuali fatti di corruzione nell’ambito del fascicolo ucraino.

69      Con lettera del 26 giugno 2015, ricevuta dalla ricorrente il 1o luglio 2015, la Commissione ha trasmesso alla ricorrente la corrispondenza tra l’amministrazione aggiudicatrice nazionale e la delegazione, ossia le lettere del 9 e del 17 novembre 2011, alle quali essa non aveva avuto accesso fino ad allora.

 Sui fatti successivi alla presentazione del ricorso

70      Con ordinanza del 14 giugno 2016, la Chambre du conseil du Tribunal de première instance francophone de Bruxelles (Camera di consiglio del Tribunale di primo grado di Bruxelles di lingua francese) ha in particolare rinviato il sig. L. e l’ECO3 dinanzi al Tribunal correctionnel (Tribunale penale) per eventuali fatti di corruzione nell’ambito del fascicolo serbo.

71      Con due sentenze del 5 ottobre 2017, il Tribunal de première instance francophone de Bruxelles (Tribunale di primo grado di Bruxelles di lingua francese) ha dichiarato inammissibili le azioni penali nell’ambito dei fascicoli ucraino e serbo, in quanto il fondamento stesso di dette azioni era stato irrimediabilmente compromesso dall’annullamento da parte della giustizia francese di elementi di prova essenziali, e, pertanto, esso ha dichiarato la propria incompetenza a conoscere delle domande civili. Poiché avverso tali sentenze non è stato proposto alcun appello, esse sono divenute definitive.

 Procedimento e conclusioni delle parti

72      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 giugno 2016, la ricorrente ha proposto il ricorso in esame. La causa è stata assegnata alla Quinta Sezione del Tribunale.

73      Il 6 ottobre 2016, a seguito della modifica della composizione delle sezioni del Tribunale, la causa è stata riassegnata alla Settima Sezione del Tribunale.

74      Il 14 febbraio 2017, nell’interesse di una buona amministrazione della giustizia, la causa è stata riassegnata a un nuovo giudice relatore, appartenente alla Prima Sezione del Tribunale.

75      Nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, prevista all’articolo 89 del regolamento di procedura del Tribunale, notificata alle parti il 15 giugno 2017, queste ultime sono state invitate a presentare le proprie osservazioni sulle eventuali conseguenze che dovevano essere tratte, nel contesto della presente causa, dall’ordinanza del 13 settembre 2012, Diadikasia Symvouloi Epicheiriseon/Commissione e a. (T‑369/11, non pubblicata, EU:T:2012:425), confermata a seguito di impugnazione dall’ordinanza del 4 luglio 2013, Diadikasia Symvouloi Epicheiriseon/Commissione e a. (C‑520/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:457). Le parti hanno ottemperato a tale domanda entro i termini impartiti.

76      Su proposta del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di avviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito di nuove misure di organizzazione del procedimento loro notificate il 23 marzo 2018, le parti sono state invitate a rispondere a taluni quesiti scritti. Le parti hanno ottemperato a tale domanda entro i termini impartiti.

77      Le parti hanno svolto le loro difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza che ha avuto luogo il 2 maggio 2018. Al termine di quest’ultima, la fase orale del procedimento è stata chiusa.

78      Su richiesta del giudice relatore, il Tribunale, considerando che la causa dovesse essere decisa in particolare sulla base di un argomento che non era stato discusso tra le parti, ha deciso di riavviare la fase orale del procedimento e, nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, ha invitato queste ultime a rispondere, per iscritto, a un quesito. Le parti hanno ottemperato a tale domanda entro i termini impartiti e, con decisione del presidente della Prima Sezione del Tribunale, la fase orale del procedimento è stata nuovamente chiusa.

79      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        condannare la Commissione a risarcire il danno materiale e morale subito a causa dell’avviso nel SAR ad essa relativo e del conseguente rifiuto, fondato su tale avviso, di approvare il contratto relativo all’appalto in questione, danno quantificato in un importo complessivo di EUR 496 000, corrispondente, per un importo di EUR 166 000, al danno materiale derivante dalla perdita dell’appalto in questione e, per un importo di EUR 330 000, al danno materiale e morale derivante dalla perdita dell’opportunità di aggiudicarsi altri appalti nel settore dell’occupazione e nell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia;

–        condannare la Commissione alle spese.

80      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla competenza del Tribunale a conoscere del ricorso

81      Mentre nella controreplica la Commissione ha dichiarato di non contestare la ricevibilità del ricorso in esame, nella sua risposta alla misura di organizzazione del procedimento notificata il 15 giugno 2017 essa ha osservato che il ricorso in oggetto dovrebbe essere dichiarato, d’ufficio, irricevibile dal Tribunale. Dal punto 62 dell’ordinanza del 13 settembre 2012, Diadikasia Symvouloi Epicheiriseon/Commissione e a. (T‑369/11, non pubblicata, EU:T:2012:425) risulterebbe che, se l’atto all’origine del danno promana dall’amministrazione aggiudicatrice di un paese terzo, soltanto le autorità giudiziarie di tale paese sarebbero competenti a prendere in esame un eventuale risarcimento. A suo avviso, l’atto all’origine del danno lamentato dalla ricorrente sarebbe un atto dell’amministrazione aggiudicatrice nazionale, ossia la decisione di annullamento della procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione adottata dall’amministrazione aggiudicatrice nazionale, di cui la ricorrente è stata informata con lettera di quest’ultima in data 6 dicembre 2011.

82      Nella sua risposta alle misure di organizzazione del procedimento notificate il 15 giugno 2017 e il 23 marzo 2018, la ricorrente chiede che il ricorso in esame sia dichiarato ricevibile, obiettando che, anche tenendo conto della decisione dell’amministrazione aggiudicatrice nazionale di chiudere la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione senza concludere un contratto, l’atto illegittimo addotto come origine del danno, ossia il suo inserimento nel SAR e il conseguente rifiuto di approvare il contratto relativo all’appalto in questione, è imputabile alla Commissione o alla delegazione. La situazione sarebbe dunque differente da quella della causa che ha dato luogo all’ordinanza menzionata al precedente punto 81, in cui la parte ricorrente chiedeva il risarcimento del danno derivante dalla decisione adottata dall’amministrazione aggiudicatrice del paese terzo, di cui contestava la legittimità.

83      Nel quadro della ricevibilità, le parti, nel caso di specie, discutono della questione se il Tribunale sia o meno competente a conoscere del ricorso in esame o se quest’ultimo rientri nella competenza delle autorità giurisdizionali dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia.

84      Anche se la questione oggetto di discussione tra le parti non è accompagnata da alcuna conclusione formale, essa può essere esaminata d’ufficio dal giudice dell’Unione, in quanto riguarda la competenza stessa di quest’ultimo a conoscere della controversia, che costituisce una questione di ordine pubblico (v., in tal senso, sentenze del 18 marzo 1980, Ferriera Valsabbia e a./Commissione, 154/78, 205/78, 206/78, da 226/78 a 228/78, 263/78, 264/78, 31/79, 39/79, 83/79 e 85/79, EU:C:1980:81, punto 7, e del 15 marzo 2005, GEF/Commissione, T‑29/02, EU:T:2005:99, punto 72 e giurisprudenza ivi citata).

85      In proposito, occorre sottolineare che l’atto la cui illegittimità è asserita dalla ricorrente per fondare il suo diritto al risarcimento non è la decisione di annullamento della procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione, adottata dall’amministrazione aggiudicatrice nazionale, bensì la decisione della Commissione di registrarla nel SAR e il conseguente rifiuto della delegazione di approvare il contratto relativo all’appalto in questione. Invece, come affermato dalla ricorrente nella sua risposta alle misure di organizzazione del procedimento notificate il 15 giugno 2017 e il 23 marzo 2018, «[quest’ultima] non fonda la propria azione per risarcimento sulla decisione dell’amministrazione aggiudicatrice nazionale, competente nel contesto (…) di un cosiddetto appalto decentrato ex ante», ma che «non può concludere un contratto senza il previo accordo della Commissione», che è dunque la sola «responsabile della concessione o del rifiuto di tale accordo».

86      Ne consegue che, anche se la decisione di annullamento della procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione è stata adottata dall’amministrazione aggiudicatrice nazionale, l’illegittimità dedotta a sostegno del ricorso in esame promana effettivamente da un’istituzione, da un organo o da un organismo dell’Unione e non può essere considerata imputabile a un’autorità pubblica nazionale.

87      Dall’articolo 1 della decisione C(2009) 7692 definitivo, in combinato disposto con l’allegato II della medesima decisione, e dal punto 2.2 della PRAG risulta che la delegazione non formulava un semplice parere in ordine alla conclusione del contratto con l’aggiudicatario, ma disponeva del potere di accettare o di rifiutare una simile conclusione allorché riteneva che non sussistessero le condizioni che consentivano quest’ultima.

88      Peraltro, dagli atti di causa e dalle discussioni svolte dinanzi al Tribunale risulta che, con la sua lettera del 9 novembre 2011, la delegazione si è effettivamente avvalsa del potere così conferitole per negare la possibilità di concludere il contratto relativo all’appalto con il consorzio guidato dalla ricorrente, conseguentemente l’amministrazione aggiudicatrice nazionale non ha avuto altra scelta, dal momento che la sola offerta tecnicamente accettabile era stata presentata da tale consorzio, se non quella di annullare la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione.

89      Da quanto precede risulta che l’illegittimità dedotta dalla ricorrente per fondare il suo diritto al risarcimento del danno è imputabile non già all’amministrazione aggiudicatrice nazionale, che era tenuta a trarre le conseguenze del rifiuto della delegazione, a sua volta basato su una precedente decisione della Commissione, bensì alla delegazione e alla Commissione stesse.

90      La presente situazione si distingue quindi da quella che ha dato origine all’ordinanza del 13 settembre 2012, Diadikasia Symvouloi Epicheiriseon/Commissione e a. (T‑369/11, non pubblicata, EU:T:2012:425), nella quale gli unici atti la cui illegittimità era stata dedotta a sostegno della domanda di risarcimento erano quelli adottati dall’autorità pubblica nazionale.

91      Dall’insieme delle precedenti considerazioni risulta che il Tribunale è competente a conoscere del ricorso in oggetto e che l’argomento opposto in proposito dalla Commissione dev’essere respinto.

 Sulla ricevibilità degli elementi prodotti negli allegati da C.1 a C.12 della replica

92      Il Tribunale, ai sensi dell’articolo 113 del suo regolamento di procedura, può esaminare d’ufficio i presupposti di ricevibilità del ricorso che sono di ordine pubblico (v. sentenza del 2 aprile 1998, Apostolidis/Corte di giustizia, T‑86/97, EU:T:1998:71, punto 18 e giurisprudenza ivi citata). Tuttavia il giudice dell’Unione non può, in linea di principio, fondare la propria decisione su un motivo di diritto rilevato d’ufficio, anche se di ordine pubblico, senza prima aver invitato le parti a presentare le proprie osservazioni in merito (v. sentenza del 17 dicembre 2009, Réexamen M/EMEA, C‑197/09 RX‑II, EU:C:2009:804, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

93      Nel caso di specie, occorre esaminare d’ufficio la ricevibilità degli elementi prodotti negli allegati da C.1 a C.12 della replica.

94      In risposta a una misura di organizzazione del procedimento adottata dal Tribunale (v. supra, punto 78), la ricorrente ha sostenuto che all’insieme degli elementi prodotti negli allegati da C.1 a C.12 della replica non si applicava la decadenza prevista all’articolo 85, paragrafo 1, del regolamento di procedura, in quanto prove contrarie o ampliamento di offerte di prova. Per parte sua, la Commissione ha osservato che, fino ad allora, la ricorrente non aveva giustificato la produzione tardiva degli elementi di cui trattasi e, pur rimettendosi al prudente apprezzamento del Tribunale, ha ritenuto che detti elementi potrebbero essere dichiarati ricevibili, in quanto informazioni supplementari oppure come prove contrarie o ampliamento di offerte di prova.

95      In proposito, dall’atto introduttivo risulta che il ricorso in esame ha ad oggetto una domanda di risarcimento del danno, materiale e morale, asseritamente subito dalla ricorrente a seguito della decisione della Commissione di registrarla nel SAR e del conseguente rifiuto della delegazione di approvare il contratto relativo all’appalto in questione. Si tratta dunque di un ricorso con il quale la ricorrente intende chiamare in causa la responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

96      Ora, secondo una giurisprudenza ben consolidata, nell’ambito di un ricorso per responsabilità extracontrattuale, spetta al ricorrente fornire elementi di prova al giudice dell’Unione per dimostrare l’effettività e l’entità del danno che afferma di avere subito [v. sentenza del 28 gennaio 2016, Zafeiropoulos/Cedefop, T‑537/12, non pubblicata, EU:T:2016:36, punto 91 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 26 aprile 2016, Strack/Commissione, T‑221/08, EU:T:2016:242, punto 308 (non pubblicato)].

97      È pur vero che il giudice dell’Unione ha riconosciuto che, in taluni casi, segnatamente quando è difficile quantificare il danno lamentato, non è indispensabile precisare nel ricorso la sua esatta entità né quantificare l’importo del risarcimento richiesto (v. sentenza del 28 febbraio 2013, Inalca e Cremonini/Commissione, C‑460/09 P, EU:C:2013:111, punto 104 e giurisprudenza ivi citata).

98      L’atto introduttivo del ricorso nell’ambito della presente causa è stato presentato il 13 giugno 2016. In esso, la ricorrente ha valutato il danno, morale e materiale, che riteneva di aver subito basandosi sugli elementi prodotti negli allegati a detto atto introduttivo.

99      In via preliminare, occorre ricordare che, conformemente all’articolo 76, lettera f), del regolamento di procedura, ogni ricorso deve contenere, se del caso, le prove e le offerte di prova.

100    Inoltre, l’articolo 85, paragrafo 1, del regolamento di procedura stabilisce che le prove e le offerte di prova sono presentate nell’ambito del primo scambio di memorie. L’articolo 85, paragrafo 2, del medesimo regolamento aggiunge che le parti possono ancora produrre prove od offerte di prova a sostegno delle loro argomentazioni in sede di replica e di controreplica, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato. In quest’ultimo caso, conformemente all’articolo 85, paragrafo 4, del regolamento di procedura, il Tribunale statuisce sulla ricevibilità delle prove prodotte o delle offerte di prova dedotte dopo che le altre parti sono state poste in condizione di presentare le loro osservazioni sulle stesse.

101    La decadenza prevista all’articolo 85, paragrafo 1, del regolamento di procedura non riguarda la prova contraria e l’ampliamento delle deduzioni istruttorie a seguito di una prova contraria della controparte [v. sentenza del 22 giugno 2017, Biogena Naturprodukte/EUIPO (ZUM wohl), T‑236/16, EU:T:2017:416, punto 17 e giurisprudenza ivi citata].

102    Dalla giurisprudenza inerente all’applicazione della decadenza, prevista dall’articolo 85, paragrafo 1, del regolamento di procedura risulta che le parti devono giustificare il ritardo nella presentazione delle loro prove od offerte di prova nuove (sentenza del 18 settembre 2008, Angé Serrano e a./Parlamento, T‑47/05, EU:T:2008:384, punto 54) e che il giudice dell’Unione ha il potere di verificare la fondatezza dei motivi del ritardo nella produzione di tali prove o offerte di prova, nonché, a seconda dei casi, il contenuto di queste ultime, e ha il potere di respingerle qualora tale produzione tardiva non sia giustificata in modo giuridicamente adeguato o fondata (sentenze del 14 aprile 2005, Gaki‑Kakouri/Corte di giustizia, C‑243/04 P, non pubblicata, EU:C:2005:238, punto 33, e del 18 settembre 2008, Angé Serrano e a./Parlamento, T‑47/05, EU:T:2008:384, punto 56).

103    È già stato dichiarato che la presentazione tardiva, da una delle parti del procedimento, di prove o offerte di prova poteva essere giustificata dal fatto che la parte in parola non aveva potuto disporre anteriormente delle prove in questione o qualora le produzioni tardive della controparte giustifichino il completamento del fascicolo, al fine di garantire il rispetto del principio del contraddittorio (sentenze del 14 aprile 2005, Gaki‑Kakouri/Corte di giustizia, C‑243/04 P, non pubblicata, EU:C:2005:238, punto 32, e del 18 settembre 2008, Angé Serrano e a./Parlamento, T‑47/05, EU:T:2008:384, punto 55).

104    Nel caso di specie, la ricorrente ha prodotto un certo numero di elementi negli allegati da C.1 a C.15 della replica, senza fornire una giustificazione precisa riguardo alla loro produzione tardiva.

105    In via preliminare, si deve osservare che la tabella che indica analiticamente i costi operativi della ricorrente, prodotta nell’allegato C.7 della replica, come rileva la ricorrente, non costituisce una prova. Infatti, si tratta di una mera informazione proveniente dalla ricorrente al fine di rispondere a un interrogativo formulato dalla Commissione, al punto 52 del controricorso, e di cui quest’ultima ha preso «debitamente atto» al punto 34 della controreplica. Di conseguenza, non si tratta di un elemento la cui ricevibilità dovrebbe essere esaminata alla luce dell’articolo 85, paragrafo 1, del regolamento di procedura.

106    Nella misura in cui, nelle sue risposte ai quesiti del Tribunale (v. supra, punto 78), la ricorrente ha fatto valere che gli allegati da C.1 a C.12 della replica contenevano elementi necessari per confutare gli argomenti dedotti dalla Commissione nel controricorso, occorre rilevare che, come correttamente osservato dalla ricorrente e come ammesso dalla Commissione, la presentazione tardiva degli elementi di prova contenuti negli allegati da C.1 a C.4 della replica può effettivamente essere giustificata al fine di garantire il rispetto del principio del contraddittorio rispetto ad alcuni argomenti illustrati nel controricorso. In primo luogo, l’estratto dell’ordinanza di rinvio dinanzi al Tribunal correctionnel (Tribunale penale) e di parziale non luogo a procedere, del 16 aprile 2015, emessa nell’ambito del procedimento penale avviato in Francia è stato prodotto, nell’allegato C.1 della replica, al fine di dimostrare che il sig. L. aveva beneficiato di un non luogo a procedere per ragioni relative al merito, ossia l’assenza di sufficienti prove a carico, e non alla competenza, come sosteneva la Commissione al punto 12 del controricorso. In secondo luogo, gli atti del procedimento dinanzi al Mediatore sono stati prodotti, negli allegati C.2 e C.3 della replica, al fine di provare che soltanto il sig. L. e l’ECO3 erano stati oggetto di un avviso nel SAR, e non la ricorrente, come sosteneva la Commissione al punto 16 del controricorso. In terzo luogo, gli estratti dei rapporti di audit finali che prendono in considerazione tre progetti ai quali la ricorrente aveva partecipato sono stati prodotti, nell’allegato C.4 della replica, al fine di dimostrare che il numero di giorni realmente forniti nel contesto di un progetto corrispondeva generalmente a quello stimato nel budget, circostanza che la Commissione aveva messo in dubbio al punto 50 del controricorso.

107    Invece, gli elementi di prova contenuti negli allegati C.5, C.6 e da C.8 a C.12 della replica, ossia dichiarazioni di due dei principali esperti presi in considerazione nella tabella di valutazione del danno prodotta in allegato all’atto introduttivo del ricorso (in prosieguo: la «tabella di valutazione del danno connesso alla perdita dell’appalto in questione») che confermano la loro tariffa giornaliera, una busta paga di un responsabile di progetto che avrebbe lavorato per la ricorrente nel 2012, dichiarazioni dei membri del consorzio che confermano il criterio di ripartizione che compare nella tabella di valutazione del danno connesso alla perdita dell’appalto in questione e un avviso relativo a un appalto pubblico che doveva essere concluso con le autorità dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia ed era destinato a offrire loro un supporto nel contrasto del lavoro clandestino, pubblicato il 13 febbraio 2013, nonché l’elenco degli offerenti preselezionati per tale appalto, sono stati prodotti dalla ricorrente al solo scopo di dimostrare, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 96, l’effettività e l’entità del danno, materiale e morale, lamentato, come quantificato nell’atto introduttivo del ricorso. La circostanza che, nel controricorso, la Commissione abbia affermato che la ricorrente non aveva provato, in modo giuridicamente sufficiente, l’effettività e l’entità del danno asseritamente subito non consente di ritenere che la produzione tardiva degli elementi di prova contenuti negli allegati C.5, C.6 e da C.8 a C.12 della replica risultasse, pertanto, giustificata dalla necessità di rispondere agli argomenti della Commissione e di garantire il rispetto del principio del contraddittorio.

108    Dall’insieme delle precedenti considerazioni risulta che, tra gli elementi prodotti negli allegati della replica, quelli contenuti negli allegati C.5, C.6 e da C.8 a C.12 della replica devono essere respinti in quanto irricevibili e non saranno presi in considerazione in sede di esame nel merito del ricorso.

 Nel merito

109    Ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, «[i]n materia di responsabilità extracontrattuale, l’Unione deve risarcire, conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nell’esercizio delle loro funzioni». Secondo una giurisprudenza costante, il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE, per comportamento illecito dei suoi organi, è subordinato alla compresenza di un insieme di condizioni, ossia l’illiceità del comportamento contestato alle istituzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso causale fra il comportamento dedotto e il danno lamentato (v. sentenze del 9 settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione, C‑120/06 P e C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punto 106 e giurisprudenza ivi citata; dell’11 luglio 2007, Schneider Electric/Commissione, T‑351/03, EU:T:2007:212, punto 113, e del 25 novembre 2014, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, T‑384/11, EU:T:2014:986, punto 47).

110    A sostegno del ricorso in esame, la ricorrente afferma che le tre condizioni menzionate al precedente punto 109 ricorrono nel caso di specie.

111    La Commissione chiede il rigetto del ricorso in esame in quanto infondato, per il motivo che la ricorrente non fornisce la prova – di cui aveva l’onere – che nel caso di specie ricorrano tutte le condizioni per il sorgere della responsabilità extracontrattuale dell’Unione. In via principale, sostiene che la ricorrente non ha prodotto la prova dell’effettività e dell’entità del danno da essa dedotto. In subordine, la Commissione nega l’illiceità del comportamento che la ricorrente le attribuisce.

112    Secondo una costante giurisprudenza, i presupposti della responsabilità extracontrattuale dell’Unione, ai sensi dell’articolo 340, secondo comma, TFUE,come già elencati al precedente punto 109, sono cumulativi (sentenzadel 7 dicembre 2010, Fahas/Consiglio, T‑49/07, EU:T:2010:499, punti 92 e 93, e ordinanza del 17 febbraio 2012, Dagher/Consiglio, T‑218/11, non pubblicata, EU:T:2012:82, punto 34). Ne consegue che, quando una di queste condizioni non è soddisfatta, il ricorso dev’essere interamente respinto (sentenza del 26 ottobre 2011, Dufour/BCE, T‑436/09, EU:T:2011:634, punto 193).

113    Occorre dunque verificare, nel caso di specie, se la ricorrente fornisca la prova – di cui aveva l’onere – dell’illiceità del comportamento che contesta alla Commissione, dell’effettività del danno materiale e morale che asserisce di aver subito e dell’esistenza di un nesso causale tra il comportamento illecito contestato alla Commissione e il danno da essa lamentato.

 Sul comportamento illecito contestato alla Commissione

114    La ricorrente afferma, in sostanza, che la Commissione e la delegazione sono incorse in errore anzitutto procedendo alla registrazione dell’avviso ad essa relativo nel SAR, successivamente rifiutando, a causa di tale avviso, di approvare il contratto relativo all’appalto in questione dopo che era stato aggiudicato al consorzio da essa guidato. A suo avviso, tale comportamento erroneo risulta da vari illeciti imputabili alla Commissione e alla delegazione.

115    Da un lato, la sua registrazione nel SAR sarebbe stata illegittima.

116    In primo luogo, tale avviso sarebbe stato privo di base giuridica, in quanto la decisione sul fondamento della quale sarebbe stato effettuato, ossia la decisione SAR, sarebbe stata a sua volta priva di una simile base e, pertanto, sarebbe stata adottata in violazione del principio di attribuzione delle competenze enunciato all’articolo 5 TFUE nonché di quello della presunzione di innocenza, sancito all’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, come il Tribunale avrebbe già constatato nella sentenza del 22 aprile 2015, Planet/Commissione (T‑320/09, EU:T:2015:223, punti 57, 58 e da 66 a 68).

117    Inoltre, la decisione SAR sarebbe stata adottata in violazione del principio di certezza del diritto, in quanto il presupposto di un avviso W3b relativo alla circostanza che la persona interessata sia oggetto di «procedimenti giudiziari» non sarebbe stato sufficientemente chiaro e preciso da consentire ai singoli di conoscere senza ambiguità i propri diritti e i propri obblighi, come avrebbe constatato il Mediatore nel suo progetto di raccomandazione del 16 dicembre 2011 nell’ambito del caso OI/3/2008/FOR.

118    In secondo luogo, l’avviso W3b nel SAR avrebbe violato l’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali, il principio di buona amministrazione, il principio del rispetto dei diritti della difesa, il diritto fondamentale di essere ascoltati e l’obbligo di motivazione, in quanto sarebbe stato effettuato senza che la ricorrente ne fosse informata, senza, a fortiori, che fosse previamente ascoltata e senza che le fosse fornita una sufficiente motivazione.

119    In terzo luogo e in subordine, la sua registrazione nel SAR avrebbe violato la decisione SAR e il principio di proporzionalità, in quanto il presupposto per un avviso W3b relativo all’esistenza di «procedimenti giudiziari» non sarebbe stato soddisfatto nel suo caso, né in quello del sig. L. o dell’ECO3, nella misura in cui la fase dell’indagine o dell’istruzione, in un sistema inquisitorio, non sarebbe coperta da tale nozione.

120    D’altro lato, il rifiuto di approvare il contratto relativo all’appalto e, conseguentemente, [la decisione] di chiudere la procedura senza aggiudicare l’appalto in questione, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, della decisione SAR, sarebbe stato illegittimo. La Commissione avrebbe violato l’obbligo di motivazione sancito all’articolo 41 della Carta dei diritti fondamentali, il dovere di diligenza e il principio di proporzionalità, in quanto non ha applicato l’articolo 17, paragrafo 2, della decisione SAR, né spiegato le ragioni per le quali non aveva applicato tali disposizioni, che consentono, allorché la persona oggetto di un avviso W3b figura al primo posto dell’elenco stilato dal comitato di valutazione, di aggiudicarle l’appalto con misure di vigilanza rafforzate. Inoltre, la Commissione avrebbe violato il punto 15 delle istruzioni agli offerenti per l’appalto in questione, che avrebbe stabilito, in maniera tassativa, i casi nei quali la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione poteva essere annullata, senza prevedere l’ipotesi di un avviso W3b nel SAR.

121    La Commissione nega di aver commesso un illecito tale da far sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione.

122    Secondo una giurisprudenza ben consolidata, l’accertamento dell’illiceità di un atto giuridico non è sufficiente, per quanto tale illiceità sia censurabile, a ritenere che sia soddisfatta la condizione per far sorgere una responsabilità extracontrattuale dell’Unione per illiceità del comportamento censurato alle istituzioni (sentenza del 25 novembre 2014, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, T‑384/11, EU:T:2014:986, punto 50; v. altresì, in tal senso, sentenze del 6 marzo 2003, Dole Fresh Fruit International/Consiglio e Commissione, T‑56/00, EU:T:2003:58, punti da 72 a 75, e del 23 novembre 2011, Sison/Consiglio, T‑341/07, EU:T:2011:687, punto 31).

123    Il presupposto relativo all’esistenza di un comportamento illecito delle istituzioni dell’Unione richiede la violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica preordinata a conferire diritti ai singoli (v. sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

124    Il presupposto di una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica avente ad oggetto il conferimento di diritti ai singoli è diretto, indipendentemente dalla natura dell’atto illecito in questione, ad evitare che il rischio di dover risarcire i danni addotti dalle persone interessate ostacoli la capacità dell’istituzione interessata di esercitare pienamente le sue funzioni nell’interesse generale, tanto nell’ambito della sua attività normativa o implicante scelte di politica economica che nell’ambito della propria competenza amministrativa, senza per questo lasciare a carico dei singoli l’onere delle conseguenze di violazioni flagranti e inescusabili (v. sentenza del 23 novembre 2011, Sison/Consiglio, T‑341/07, EU:T:2011:687, punto 34 e giurisprudenza ivi citata; sentenza del 25 novembre 2014, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, T‑384/11, EU:T:2014:986, punto 51).

125    Nel caso di specie, la ricorrente sostiene correttamente che la registrazione dell’avviso W3b ad essa relativo nel SAR era illegittima.

126    In primo luogo, tale avviso era privo di fondamento legale.

127    Infatti, il principio di attribuzione delle competenze enunciato all’articolo 5 TFUE esige che ciascuna istituzione agisca nei limiti delle attribuzioni che le sono conferite dal Trattato (v., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2015, Planet/Commissione, T‑320/09, EU:T:2015:223, punti 57 e 58). Inoltre, il principio di certezza del diritto comporta che qualsiasi atto che miri a produrre degli effetti giuridici debba trarre la propria forza vincolante da una disposizione del diritto dell’Unione che dev’essere espressamente indicata come base giuridica e che prescrive la forma giuridica di cui l’atto dev’essere rivestito (sentenza del 16 giugno 1993, Francia/Commissione, C‑325/91, EU:C:1993:245, punto 26).

128    Nel caso di specie, la registrazione dell’avviso W3b relativo alla ricorrente nel SAR è stata effettuata ai sensi delle disposizioni della decisione SAR che disciplinano questo tipo di avviso e le sue conseguenze. Orbene, nessuna base giuridica esistente autorizzava la Commissione ad adottare simili disposizioni, idonee ad avere conseguenze negative sulla situazione giuridica delle persone interessate da questo tipo di avviso (v., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2015, Planet/Commissione, T‑320/09, EU:T:2015:223, punti 64, 68, 70 e 71).

129    Inoltre, atteso che l’avviso W3b relativo alla ricorrente nel SAR ha avuto conseguenze innegabili sulla sua situazione giuridica, la Commissione non può fondatamente sostenere che le disposizioni della decisione SAR che disciplinano questo tipo di avviso e le sue conseguenze sono soltanto mere norme interne di esecuzione del bilancio generale dell’Unione.

130    Analogamente, la Commissione non può fondatamente sostenere che l’assenza di base giuridica della decisione SAR non era stata ancora formalmente constatata alla data in cui ha registrato la ricorrente nel SAR. Infatti, l’assenza di una simile constatazione non osta in alcun modo a che, nell’ambito del ricorso in esame, la ricorrente eccepisca l’illegittimità di tale decisione per ottenere il risarcimento del danno che ritiene di aver subito a causa della sua registrazione nel SAR.

131    In secondo luogo, l’avviso W3b relativo alla ricorrente nel SAR è stato effettuato in violazione dei diritti della difesa di quest’ultima.

132    Il rispetto dei diritti della difesa costituisce un principio generale del diritto dell’Unione che trova applicazione ogniqualvolta l’amministrazione si proponga di adottare nei confronti di un soggetto un atto ad esso lesivo (sentenza del 18 dicembre 2008, Sopropé, C‑349/07, EU:C:2008:746, punto 36).

133    In forza di tale principio i destinatari di decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi devono essere messi in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi sui quali l’amministrazione intende fondare la sua decisione. Tale obbligo incombe sull’amministrazione ogniqualvolta essa adotta decisioni che rientrano nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, quand’anche la normativa applicabile non preveda espressamente siffatta formalità (v. sentenza del 18 dicembre 2008, Sopropé, C‑349/07, EU:C:2008:746, punti 37 e 38 e giurisprudenza ivi citata). L’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali stabilisce altresì che ogni persona ha diritto di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio.

134    Altro corollario del principio del rispetto dei diritti della difesa, l’obbligo di motivare un atto che arrechi pregiudizio, secondo una giurisprudenza costante, ha lo scopo, da un lato, di fornire all’interessato un’indicazione sufficiente per giudicare se l’atto sia fondato oppure sia eventualmente inficiato da un vizio che consenta di contestarne la validità dinanzi al giudice dell’Unione e, dall’altro, di consentire a quest’ultimo di esercitare il suo controllo sulla legittimità di tale atto (sentenze del 2 ottobre 2003, Corus UK/Commissione, C‑199/99 P, EU:C:2003:531, punto 145; del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione, C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punto 462, e del 29 settembre 2011, Elf Aquitaine/Commissione, C‑521/09 P, EU:C:2011:620, punto 148). Ne deriva che la motivazione deve, in via di principio, essere comunicata all’interessato contemporaneamente alla decisione che gli arreca pregiudizio e che la mancanza di motivazione non può essere sanata dal fatto che l’interessato viene a conoscenza dei motivi della decisione nel corso del procedimento innanzi al giudice dell’Unione (sentenza del 26 novembre 1981, Michel/Parlamento, 195/80, EU:C:1981:284, punto 22).

135    Secondo una giurisprudenza costante, la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE e dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali dev’essere adeguata alla natura dell’atto impugnato e al contesto nel quale è stato adottato. Così, da un lato, un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti. D’altro lato, il grado di precisione della motivazione di un atto dev’essere proporzionato alle possibilità materiali ed alle condizioni tecniche o al tempo disponibile per la sua adozione (v. sentenza del 14 aprile 2016, Ben Ali/Consiglio, T‑200/14, non pubblicata, EU:T:2016:216, punti 94 e 95 e giurisprudenza ivi citata).

136    Nel caso di specie, è soltanto con la lettera dell’11 luglio 2012 che la Commissione ha formalmente informato la ricorrente che era oggetto di un avviso W3b nel SAR dal mese di luglio del 2010. Essa ha dunque omesso di ascoltare la ricorrente prima di registrarla nel SAR o di rifiutare di approvare il contratto relativo all’appalto aggiudicato al consorzio da essa guidato a causa di tale registrazione.

137    Riguardo alle ragioni di tale avviso, la Commissione, nella lettera dell’11 luglio 2012, si è limitata a richiamare le circostanze generali e astratte, menzionate all’articolo 12, paragrafo 2, della decisione SAR, in presenza delle quali l’OLAF chiedeva l’attivazione di un avviso W3b nel SAR, ovvero se le indagini condotte da quest’ultimo determinavano l’avvio di procedimenti giudiziari o l’OLAF offriva assistenza o seguiva tali procedimenti. Così facendo, la Commissione ha omesso di comunicare alla ricorrente la motivazione dell’avviso W3b ad essa relativo nel SAR nel momento stesso in cui è stato effettuato e non ha neppure esplicitato, nella lettera dell’11 luglio 2012 o nelle comunicazioni tra la delegazione e l’amministrazione aggiudicatrice nazionale che sono state trasmesse alla ricorrente con lettera del 26 giugno 2015, le ragioni specifiche e concrete per le quali riteneva che l’articolo 12, paragrafo 2, della decisione SAR fosse applicabile nei suoi confronti. Orbene, una simile motivazione era tanto più necessaria, nel contesto del caso di specie, dal momento che, come risulta dagli atti di causa, nessun procedimento giudiziario riguardava personalmente la ricorrente e i procedimenti che riguardavano, in Francia e in Belgio, soggetti a cui era legata, ossia il sig. L. e l’ECO3, si trovavano soltanto nella fase dell’istruzione, e non nella fase del processo, vale a dire la sola fase del procedimento idonea, nei sistemi di tipo inquisitorio francese e belga, a concludersi con una sentenza avente l’autorità della res iudicata. Orbene, come risulta dalle memorie delle parti e dal progetto di raccomandazione del Mediatore del 16 dicembre 2012 nel caso OI/3/2008/FOR (v. supra, punto 46), l’esatta portata dell’articolo 12 della decisione SAR era incerta. In particolare, non era evidente, alla luce dell’articolo 12, paragrafo 3, di tale decisione, che gli avvisi W3b potessero essere applicati, nel contesto di un sistema inquisitorio, fin dalla fase dell’istruzione.

138    Conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 134, tale mancanza di motivazione non può essere sanata dalle spiegazioni fornite dalla Commissione nelle sue memorie nell’ambito della presente causa. In ogni caso, si deve rilevare che le ragioni precise giustificanti l’avviso W3b relativo alla ricorrente nel SAR rimangono, in questa fase, incerte, dal momento che la Commissione non ha mai prodotto documenti attestanti richieste di attivazione di un avviso nel SAR rivoltele dall’OLAF riguardo alla ricorrente o ai soggetti ad essa legati, ossia il sig. L. e l’ECO3.

139    Nella misura in cui la Commissione sostiene, per la prima volta nel controricorso, che, nel caso di specie, essa poteva derogare al principio del rispetto dei diritti della difesa nei confronti della ricorrente al fine di preservare la riservatezza delle indagini e dei procedimenti giudiziari avviati dall’OLAF e dalle autorità francesi e belghe nei confronti del sig. L. e dell’ECO3, è sufficiente constatare che, atteso che l’avviso W3b relativo alla ricorrente nel SAR era tale da incidere negativamente sulla sua situazione giuridica, i suoi diritti della difesa dovevano essere rispettati, fatti salvi taluni aggiustamenti che avrebbero potuto rendersi necessari per conciliare detti diritti con quelli dei terzi. Tuttavia, la Commissione non ha sostenuto né, a fortiori, dimostrato di aver voluto realizzare una simile conciliazione nel caso di specie. In particolare, la Commissione non ha fornito alcuna spiegazione riguardo alla circostanza che tale riservatezza dovesse ancora essere preservata, a novembre del 2011, nel momento in cui aveva rifiutato di approvare il contratto relativo all’appalto in questione per il motivo che la ricorrente era oggetto di un avviso W3b nel SAR.

140    In terzo luogo, l’avviso W3b relativo alla ricorrente nel SAR violava il principio della presunzione di innocenza, sancito all’articolo 48, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali, che mira a garantire a qualsiasi soggetto che egli non sarà dichiarato colpevole di un reato, né sarà trattato come tale, prima che la sua colpevolezza sia stata accertata da un giudice. Tale principio implica altresì che, se la Commissione riteneva necessario adottare misure preventive, in una fase iniziale, essa aveva bisogno di una base giuridica che consentisse di creare un siffatto sistema d’allarme e di prendere le relative misure, sistema che doveva rispettare i diritti della difesa, il principio di proporzionalità nonché il principio della certezza del diritto, che implicava che le norme giuridiche fossero chiare, precise e prevedibili nei loro effetti, in particolare quando potevano avere conseguenze sfavorevoli sugli individui (v., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2015, Planet/Commissione, T‑320/09, EU:T:2015:223, punti 66 e 67). Orbene, come risulta dal precedente punto 128, una simile base mancava nel caso di specie.

141    Per procedere alla registrazione dell’avviso W3b relativo alla ricorrente nel SAR, la Commissione si è basata, conformemente alla formulazione dell’articolo 9, punto 3, e dell’articolo 12, paragrafo 2, della decisione SAR e come risulta dalla nota di trasmissione allegata alla lettera della delegazione del 9 novembre 2011, sulla circostanza che la ricorrente era oggetto di un procedimento giudiziario per frodi o errori amministrativi gravi. Orbene, come già constatato ai precedenti punti 128 e 137, nessuna base giuridica esistente autorizzava la Commissione ad adottare le disposizioni che disciplinano la tipologia di avvisi W3b e le sue conseguenze. Inoltre, alla data della registrazione dell’avviso W3b relativo alla ricorrente nel SAR, nessuna indagine e nessun procedimento giudiziario riguardava direttamente la ricorrente e i procedimenti giudiziari che riguardavano persone ad essa legate si trovavano soltanto nella fase dell’istruzione. Poiché tale avviso ha avuto conseguenze negative per la ricorrente, si deve constatare che quest’ultima è stata trattata come se fosse colpevole di frodi o di errori amministrativi senza che la sua colpevolezza, diretta o indiretta, per simili comportamenti fosse stata dimostrata in sede giudiziaria.

142    Riguardo alla questione se le norme giuridiche così violate dalla Commissione conferissero diritti ai singoli, si deve ricordare che, al fine di garantire l’effetto utile di tale condizione, è necessario che la tutela offerta dalla norma fatta valere sia effettiva per quanto riguarda la persona che si richiama ad essa e, dunque, che tale persona rientri fra quelle a cui la norma in questione attribuisce diritti. Infatti, non può essere ammessa quale fonte del diritto al risarcimento una norma che non tuteli il soggetto contro l’illecito che egli denuncia, bensì un soggetto diverso (sentenza del 12 settembre 2007, Nikolaou/Commissione, T‑259/03, non pubblicata, EU:T:2007:254, punto 44).

143    È già stato dichiarato che il principio del rispetto dei diritti della difesa costituiva senz’altro una norma giuridica avente lo scopo di conferire diritti ai singoli (sentenza dell’11 luglio 2007, Sison/Consiglio, T‑47/03, non pubblicata, EU:T:2007:207, punto 239), al pari del principio della presunzione di innocenza (sentenza dell’8 luglio 2008, Franchet e Byk/Commissione, T‑48/05, EU:T:2008:257, punto 218). La ricorrente, sulla cui situazione giuridica ha inciso la registrazione dell’avviso W3b ad essa relativo nel SAR, deve beneficiare, rispetto a tale avviso, della tutela conferita dai principi del rispetto dei diritti della difesa e della presunzione di innocenza.

144    Riguardo alla mancanza di base giuridica dell’avviso, è già stato dichiarato che, se è vero che il mancato rispetto del sistema di ripartizione delle competenze fra le varie istituzioni dell’Unione – il quale mira a garantire il rispetto dell’equilibrio istituzionale contemplato dai Trattati e non la tutela dei singoli – non può, di per sé, essere sufficiente a far sorgere la responsabilità dell’Unione verso i singoli interessati, non poteva dirsi lo stesso qualora una misura dell’Unione fosse adottata in spregio non solo della ripartizione delle competenze fra le istituzioni, ma anche, quanto alle sue disposizioni sostanziali, di una norma giuridica avente ad oggetto il conferimento di diritti ai singoli (v., in tal senso, sentenza del 19 aprile 2012, Artegodan/Commissione, C‑221/10 P, EU:C:2012:216, punto 81 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, nel caso di specie, ai precedenti punti 131 e 140, è stato constatato che l’avviso W3b relativo alla ricorrente nel SAR violava i principi del rispetto dei diritti della difesa e della presunzione di innocenza, che attribuivano diritti alla ricorrente.

145    Riguardo alla questione se la constatata violazione di norme del diritto dell’Unione possa essere considerata sufficientemente qualificata, la Corte ha già avuto occasione di precisare che tale condizione poteva essere considerata soddisfatta allorquando l’istituzione interessata avesse travalicato in maniera manifesta e grave i limiti imposti al suo potere discrezionale, tenendo presente che gli elementi da prendere in considerazione al riguardo erano, in particolare, il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, nonché l’ampiezza del potere discrezionale che tale norma riservava all’autorità dell’Unione (v. sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

146    Secondo la giurisprudenza, quando l’autorità dell’Unione dispone solo di un margine di discrezionalità considerevolmente ridotto, se non addirittura inesistente, la semplice trasgressione del diritto dell’Unione può essere sufficiente per accertare l’esistenza di una violazione sufficientemente caratterizzata (v. sentenze del 14 dicembre 2005, FIAMM e FIAMM Technologies/Consiglio e Commissione, T‑69/00, EU:T:2005:449, punti 88 e 89 e giurisprudenza ivi citata, e dell’11 luglio 2007, Sison/Consiglio, T‑47/03, non pubblicata, EU:T:2007:207, punto 235 e giurisprudenza ivi citata).

147    Risulta infine dalla giurisprudenza che una violazione del diritto dell’Unione è, in ogni caso, manifestamente qualificata qualora si sia protratta nonostante la pronuncia di una sentenza dichiarativa dell’inadempimento addebitato oppure di una sentenza pregiudiziale, o malgrado l’esistenza di una giurisprudenza consolidata del giudice dell’Unione in materia, dalle quali risulti l’illiceità del comportamento in questione (v. sentenza del 30 maggio 2017, Safa Nicu Sepahan/Consiglio, C‑45/15 P, EU:C:2017:402, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

148    Nel caso di specie, dal momento che la delegazione stessa ha rifiutato di approvare il contratto relativo all’appalto aggiudicato al consorzio guidato dalla ricorrente per il sol motivo che la Commissione aveva registrato un avviso W3b che la riguardava nel SAR, la Commissione non può sostenere che tale avviso non era idoneo a produrre effetti al di fuori della sfera interna all’istituzione, né ad incidere negativamente sulla situazione giuridica della ricorrente.

149    Orbene, nel luglio del 2010, una giurisprudenza ben consolidata nonché la Carta dei diritti fondamentali, entrata in vigore il 1o dicembre 2009, consentivano alla Commissione di comprendere che, se la situazione giuridica della ricorrente poteva essere così pregiudicata dall’avviso W3b ad essa relativo nel SAR, dovevano essere rispettati il diritto di quest’ultima a che tale avviso si fondasse su una legittima base giuridica nonché i suoi diritti della difesa e il principio della presunzione di innocenza.

150    L’applicazione di tali diritti, nel caso di specie, non sollevava particolari difficoltà e la Commissione non disponeva di alcun margine di discrezionalità in sede di tale applicazione. In particolare, il fatto che la Commissione dovesse vigilare sulla tutela degli interessi finanziari e della reputazione dell’Unione non poteva giustificare che essa violasse i diritti della ricorrente.

151    Peraltro, malgrado le numerose lettere ed iniziative della ricorrente volte ad ottenere il rispetto dei suoi diritti, la Commissione non ha reagito, per modificare la decisione SAR, o per revocare l’avviso relativo alla ricorrente o ai soggetti ad essa legati nel SAR, prima che i suoi atti o comportamenti fossero direttamente posti in discussione dal Mediatore.

152    Infine, il comportamento della Commissione non è stato trasparente né coerente. In primo luogo, la Commissione non ha mai fornito alla ricorrente o nel contesto del presente procedimento documenti attestanti richieste di attivazione di un avviso nel SAR rivoltele dall’OLAF riguardo ad essa o riguardo al sig. L. e all’ECO3 (v. supra, punto138). In secondo luogo, la delegazione, con lettera del 9 novembre 2011, ha dichiarato all’amministrazione aggiudicatrice nazionale di aver deciso di chiudere la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione senza aggiudicare quest’ultimo, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera c), della decisione SAR, che era applicabile agli ordinatori e agli ordinatori delegati della Commissione, dichiarando al contempo, nella sua risposta alle misure di organizzazione del procedimento notificate il 15 giugno 2017 e il 23 marzo 2018, che l’atto all’origine del danno subito dalla ricorrente era stato emanato dall’amministrazione aggiudicatrice nazionale, che era la sola competente a decidere di annullare la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione, conformemente al punto 2.4.13 della PRAG e al punto 15 delle istruzioni agli offerenti per tale appalto. In terzo luogo, a seguito degli interventi del Mediatore, la Commissione, nel mese di febbraio del 2015, ha proceduto alla revoca dell’avviso relativo alla ricorrente ed al sig. L. nel SAR (v. supra, punto 64), pur continuando ad osservare, nelle sue memorie dinanzi al Tribunale, che i procedimenti giudiziari che giustificavano dette registrazioni proseguivano in Belgio, dove erano richieste azioni penali nei confronti del sig. L. In quarto luogo, mentre la ricorrente era ancora oggetto di un avviso W3b nel SAR e, per tale motivo, la Commissione aveva rifiutato di approvare il contratto relativo all’appalto in questione, quest’ultima ha firmato con la ricorrente, in data 15 dicembre 2010, un contratto del valore di EUR 1 338 225 relativo a un appalto in Albania finanziato, nel quadro dell’IPA, con fondi dell’Unione, e non è pervenuta, nelle sue risposte alle misure di organizzazione del procedimento notificate il 23 marzo 2018 e in udienza, a dimostrare di aver avuto cura di applicare, in tale contesto, misure di vigilanza rafforzate, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 2, lettera a), della decisione SAR.

153    Alla luce delle precedenti considerazioni e senza che occorra esaminare le altre illiceità dedotte dalla ricorrente, si deve constatare che, attivando un avviso W3b nel SAR e rifiutando, a causa di tale avviso, di approvare il contratto relativo all’appalto in questione, la Commissione ha commesso, direttamente o tramite la delegazione, una violazione sufficientemente qualificata di una norma giuridica di natura tale da far sorgere la responsabilità dell’Unione.

 Sull’esistenza di un danno e di un nesso causale fra tale danno e l’illecito commesso dalla Commissione

154    La ricorrente afferma di aver subito, a causa dell’illecito commesso dalla Commissione, un duplice danno quantificato nella somma totale di EUR 496 000 e corrispondente, per un importo di EUR 166 000, al danno materiale derivante dalla perdita dell’appalto in questione e, per un importo di EUR 330 000, al danno materiale e morale derivante dalla perdita dell’opportunità di aggiudicarsi altri appalti pubblici.

–       Sul danno derivante dalla perdita dell’appalto in questione e sul nesso causale fra tale danno e l’illecito commesso dalla Commissione

155    La ricorrente sostiene di aver subito un danno materiale corrispondente alla perdita dei profitti che avrebbe realizzato eseguendo l’appalto in questione. Essa quantifica tale mancato guadagno nella somma di EUR 166 000, rinviando alla tabella di valutazione del danno connesso alla perdita dell’appalto in questione. Tale somma equivale, a suo avviso, al massimo margine di guadagno che avrebbe realizzato in caso di esecuzione completa e perfetta del contratto e corrisponde, per un importo di circa EUR 78 000, alla commissione di gestione che avrebbe percepito in qualità di capofila del consorzio, ossia il 10% dell’importo totale degli onorari degli esperti previsti nell’offerta finanziaria del consorzio, e, per un importo di circa EUR 88 000, alla quota del 45% del margine di guadagno netto che le sarebbe dovuto spettare, con la precisazione che detto margine rappresenta la differenza fra, da un lato, il margine di guadagno lordo atteso, ossia EUR 315 455, e, dall’altro, i costi operativi nonché la commissione di gestione, ossia rispettivamente EUR 41 500 e EUR 78 305. Il margine di guadagno lordo corrispondeva a una percentuale, che variava tra il 22 e il 37%, degli onorari degli esperti previsti nell’offerta finanziaria del consorzio. Inoltre, la conclusione del contratto relativo all’appalto in questione avrebbe potuto condurre alla conclusione di appendici al contratto, di cui è stata privata, il che costituirebbe per essa un mancato guadagno.

156    In fase di replica, la ricorrente sostiene che la stima massima che serve da base per la valutazione del suo mancato guadagno nel contesto dell’appalto in questione è affidabile, in quanto la corretta esecuzione degli appalti pubblici implica sempre l’utilizzo della totalità o della quasi-totalità dei mezzi indicati nell’offerta finanziaria dell’aggiudicatario, come testimoniano gli estratti di rapporti di audit finali nell’ambito di tre progetti ad essa affidati, in Albania, Montenegro e Ciad. Riguardo alla tabella di valutazione del danno connesso alla perdita dell’appalto in questione, la ricorrente ammette un errore materiale relativo al calcolo dell’importo del suo mancato guadagno, il quale ammonterebbe in realtà a EUR 130 348. Essa sostiene che la commissione di gestione riportata nella tabella di valutazione del danno connesso alla perdita dell’appalto in questione corrisponde al rimborso del costo sostenuto per la gestione del progetto, in qualità di capofila del consorzio, ed equivale a quanto le sarebbe mediamente costato un responsabile di progetto nell’arco del periodo di 18 mesi che sarebbe stato necessario per portare a compimento il progetto. L’acronimo «TBC», corrispondente, in inglese, alla formula «to be confirmed» (da confermare) e che compare in tale tabella riguardo alla commissione di gestione e alla quota del margine di guadagno netto, si deve al fatto che la firma del contratto tra i membri del consorzio doveva intervenire soltanto successivamente alla conclusione del contratto con l’amministrazione aggiudicatrice nazionale, conformemente alla prassi di mercato.

157    La ricorrente ritiene che la perdita di profitti da essa fatta valere riguardo all’appalto in questione sia una diretta conseguenza dell’illecito commesso dalla Commissione, in quanto l’appalto in questione era stato aggiudicato al consorzio da essa guidato, come risulta dalla lettera dell’amministrazione aggiudicatrice nazionale del 13 settembre 2011, ed è stato annullato, come risulta dalla lettera dell’amministrazione aggiudicatrice nazionale del 6 dicembre 2011, soltanto a causa del rifiuto della delegazione di approvare il contratto relativo all’appalto in questione per il motivo che la ricorrente era oggetto di un avviso W3b nel SAR.

158    La Commissione afferma, in sostanza, che la ricorrente non ha fornito la prova – di cui aveva l’onere – del danno da essa lamentato e del nesso causale fra tale danno e l’illecito commesso.

159    In proposito, occorre ricordare, riguardo alla condizione relativa all’esistenza di un nesso causale tra il comportamento e il danno asseriti, che detto danno deve derivare in modo sufficientemente diretto dal comportamento contestato, quest’ultimo dovendo essere la causa determinante del danno, mentre non vi è un obbligo di risarcire qualsiasi conseguenza dannosa, anche lontana, di una situazione illecita (v. sentenza del 10 maggio 2006, Galileo International Technology e a./Commissione, T‑279/03, EU:T:2006:121, punto 130 e giurisprudenza ivi citata; v. altresì, in tal senso, sentenza del 4 ottobre 1979, Dumortier e a./Consiglio, 64/76, 113/76, 167/78, 239/78, 27/79, 28/79 e 45/79, EU:C:1979:223, punto 21). Spetta al ricorrente fornire la prova dell’esistenza di un nesso causale tra il comportamento contestato e il danno lamentato (v. sentenza del 30 settembre 1998, Coldiretti e a./Consiglio e Commissione, T‑149/96, EU:T:1998:228, punto 101 e giurisprudenza ivi citata).

160    Nel caso di specie, sebbene il contratto relativo all’appalto in questione non fosse mai stato firmato dall’amministrazione aggiudicatrice nazionale e quest’ultima potesse, fino a detta firma, decidere di annullare la procedura di aggiudicazione di detto appalto, conformemente al punto 2.4.13 della PRAG e al punto 15 delle istruzioni agli offerenti per tale appalto, resta nondimeno il fatto che, nella sua lettera del 3 novembre 2011, essa aveva chiaramente e precisamente espresso la propria volontà di concludere rapidamente il contratto relativo all’appalto in questione con il consorzio guidato dalla ricorrente, al quale l’appalto era stato aggiudicato, la sola condizione per il perfezionamento della procedura di firma di detto contratto restando l’approvazione della documentazione di gara da parte della Commissione.

161    Come già rilevato al precedente punto 88, dagli atti di causa e dalle discussioni svolte dinanzi al Tribunale risulta che, con la sua lettera del 9 novembre 2011, la delegazione si è avvalsa del potere conferitole dall’articolo 1 della decisione C(2009) 7692 definitivo, in combinato disposto con l’allegato II della medesima decisione, e dal punto 2.2 della PRAG per negare la possibilità di concludere il contratto relativo all’appalto in questione con il consorzio guidato dalla ricorrente per il motivo che quest’ultima era oggetto di un avviso W3b nel SAR, conseguentemente l’amministrazione aggiudicatrice nazionale non ha avuto altra scelta, dal momento che la sola offerta tecnicamente accettabile proveniva da tale consorzio, se non quella di annullare la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione.

162    In siffatte circostanze, si deve constatare che l’avviso W3b relativo alla ricorrente nel SAR è stato la causa decisiva del rifiuto della delegazione di approvare il contratto relativo all’appalto in questione, che era stato aggiudicato al consorzio guidato dalla ricorrente, rifiuto che è stato a sua volta la causa decisiva dell’annullamento, da parte dell’amministrazione aggiudicatrice nazionale, della procedura di aggiudicazione dello stesso appalto. Pertanto, nelle circostanze del caso di specie, la perdita dei profitti che la ricorrente avrebbe realizzato eseguendo l’appalto in questione deriva in modo sufficientemente diretto dal comportamento contestato perché possa essere constatata l’esistenza di un nesso causale fra tale comportamento e il danno lamentato.

163    Peraltro, va ricordato, per quanto concerne la condizione relativa all’effettività del danno, che, secondo la giurisprudenza (v., in tal senso, sentenze del 27 gennaio 1982, De Franceschi/Consiglio e Commissione, 51/81, EU:C:1982:20, punto 9; del 13 novembre 1984, Birra Wührer e a./Consiglio e Commissione, 256/80, 257/80, 265/80, 267/80, 5/81, 51/81 e 282/82, EU:C:1984:341, punto 9, e del 16 gennaio 1996, Candiotte/Consiglio, T‑108/94, EU:T:1996:5, punto 54), la responsabilità extracontrattuale dell’Unione può sorgere soltanto se il ricorrente ha effettivamente subito un pregiudizio reale e certo. Spetta alla parte ricorrente dimostrare che tale condizione è soddisfatta (v. sentenza del 9 novembre 2006, Agraz e a./Commissione, C‑243/05 P, EU:C:2006:708, punto 27 e giurisprudenza ivi citata) e, più specificamente, fornire prove concludenti tanto dell’esistenza quanto della portata del danno (v. sentenza del 16 settembre 1997, Blackspur DIY e a./Consiglio e Commissione, C‑362/95 P, EU:C:1997:401, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

164    Più specificamente, qualsiasi domanda di risarcimento danni, a prescindere dal fatto che si tratti di un danno materiale o di un danno morale, presentata a titolo simbolico o per ottenere un vero e proprio risarcimento, deve precisare la natura del danno asserito con riferimento al comportamento contestato e, sia pure in modo approssimativo, valutare tale danno nel suo complesso (v. sentenza del 26 febbraio 2015, Sabbagh/Consiglio, T‑652/11, non pubblicata, EU:T:2015:112, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

165    Nel caso di specie, va rilevato che la ricorrente non ha valutato, neppure in modo approssimativo, il danno corrispondente, in sostanza, alla perdita dell’opportunità di stipulare appendici al contratto relativo all’appalto in questione. Pertanto, la sua domanda di risarcimento relativa a tale voce di danno non può essere presa in considerazione dal Tribunale, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 163.

166    Riguardo ai profitti che la ricorrente avrebbe potuto realizzare nel contesto dell’appalto in questione, si deve rilevare che il consorzio guidato dalla ricorrente non aveva un diritto incondizionato a percepire le somme che erano state preventivate nel contratto, per un importo totale di EUR 893 050, tenendo conto dell’offerta finanziaria del consorzio. Infatti, il diritto di percepire tali somme era subordinato all’esecuzione completa e perfetta, da parte del consorzio, dell’appalto in questione nonché all’utilizzo, a tal fine, dell’integralità dei mezzi indicati nell’offerta del consorzio. Orbene, il rispetto di tali condizioni era soggetto ad una certa alea, cosicché la ricorrente, nel contesto del ricorso in esame, può far valere soltanto la perdita dell’opportunità di realizzare i profitti che avrebbe potuto ottenere se il consorzio avesse eseguito l’appalto in questione completamente e perfettamente, con l’integralità dei mezzi indicati nella sua offerta.

167    Nel caso di specie, sebbene la ricorrente, capofila del progetto, dichiari che non aveva una precedente esperienza nel settore dell’occupazione, essa è nondimeno riuscita a dimostrare all’amministrazione aggiudicatrice nazionale che il consorzio da essa guidato disponeva della capacità finanziaria, economica, tecnica e professionale necessaria per eseguire l’appalto in questione, in particolare in quanto i principali esperti da essa selezionati avevano una competenza e un’esperienza sufficienti nel settore coperto da detto appalto. Si deve quindi ritenere che il consorzio avesse forti possibilità di portare a termine l’appalto in questione con il sostegno di detti esperti.

168    Riguardo alla commissione di gestione che la ricorrente avrebbe percepito in qualità di capofila, come sostiene la Commissione e come ammesso dalla ricorrente stessa, essa corrisponde al rimborso di un costo che la ricorrente avrebbe dovuto sostenere in qualità di capofila del progetto ed è quindi collegata alla «durata del progetto e [al] carico di lavoro associato [a quest’ultimo, ossia il] supporto agli esperti, [le] visite in loco, [la] rilettura dei rapporti, [le] verifiche delle schede di presenza, [la] preparazione delle fatture, [la] gestione del gruppo di lavoro, [la] risoluzione dei problemi, [il] reinquadramento degli esperti ecc.». Ne consegue che tale commissione non corrisponde a un mancato guadagno, ma a costi, essenzialmente relativi al personale, che la ricorrente avrebbe dovuto sostenere, in qualità di capofila, se l’appalto in questione fosse stato eseguito dal consorzio che essa guidava. In assenza di una simile esecuzione, la ricorrente non è legittimata a chiedere il rimborso di dette spese, che non dimostra di aver sostenuto. Ne deriva che la ricorrente non è legittimata a chiedere il rimborso di una somma arrotondata a EUR 78 000, a titolo di commissione di gestione che avrebbe percepito in qualità di capofila.

169    Riguardo alla quota del margine di guadagno netto che sarebbe dovuta spettare alla ricorrente, occorre rilevare, per quanto concerne l’affidabilità dell’importo degli onorari degli esperti, che, come ammesso dalla Commissione, la tariffa giornaliera di tali onorari nonché il numero di giorni di lavoro utilizzati nella tabella di valutazione del danno connesso alla perdita dell’appalto in questione corrispondono a quelli indicati nell’offerta finanziaria del consorzio.

170    Riguardo all’obiezione della Commissione secondo la quale la ricorrente non avrebbe dimostrato che l’insieme dei giorni di lavoro preventivati nell’offerta del consorzio fosse stato effettivamente sfruttato nel contesto dell’esecuzione dell’appalto in questione, si deve rilevare che una simile prova era impossibile da fornire, dal momento che il consorzio non ha avuto la possibilità di eseguire effettivamente l’appalto in questione. Tuttavia, occorre tener conto del fatto che, mentre il budget massimo previsto per l’esecuzione dell’appalto era di EUR 1 000 000, come risulta dal bando di gara e dal punto 4.2 delle istruzioni agli offerenti, l’offerta finanziaria del consorzio ammontava complessivamente a EUR 893 050, di cui un importo di EUR 783 050 corrispondeva alla retribuzione degli esperti. Ne deriva che il consorzio aveva adeguato e limitato la propria offerta finanziaria al fine di essere più competitivo nel contesto della procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione, conformandosi esattamente, per ciascuna categoria di esperti, alle condizioni minime relative ai giorni di lavoro imposte al punto 6 delle istruzioni agli offerenti, ossia almeno 275 giorni di lavoro per l’esperto principale n. 1, almeno 193 giorni di lavoro per l’esperto principale n. 2, almeno 80 giorni di lavoro per l’esperto principale n. 3 e almeno 539 giorni di lavoro per gli altri esperti, di cui 184 per gli esperti senior e 355 per gli esperti iunior. In siffatte circostanze, non vi è alcuna ragione per supporre che il consorzio, la cui offerta finanziaria era stata selezionata dall’amministrazione aggiudicatrice nazionale, in sede di esecuzione dell’appalto pubblico in questione avrebbe rinunciato ad utilizzare l’insieme dei mezzi preventivati, essenzialmente sotto forma di onorari di esperti, così contravvenendo ai requisiti minimi di utilizzo del personale imposti dalle istruzioni agli offerenti.

171    Riguardo all’obiezione della Commissione secondo la quale la ricorrente non avrebbe dimostrato l’effettività degli onorari che sarebbero stati dovuti agli esperti, va rilevato che, conformemente ai punti 4.1 e 4.2 delle istruzioni agli offerenti, il consorzio doveva includere, nella sua offerta tecnica, un impegno di esclusiva e di disponibilità da parte dei tre esperti principali nonché, nella sua offerta finanziaria, le tariffe degli onorari per ciascuna categoria di esperti. L’offerta finanziaria del consorzio menzionava quindi tariffe giornaliere di EUR 900 per i tre esperti principali e per gli esperti senior e di EUR 350 per gli esperti iunior, le quali includevano gli onorari corrisposti agli esperti, spese generali e il margine di guadagno prelevato dal consorzio, come specificato, per ciascuna categoria di esperti, nella tabella di valutazione del danno connesso alla perdita dell’appalto in questione. Tali tariffe giornaliere erano quelle applicabili dal consorzio nel contesto dell’esecuzione dell’appalto in questione e che sono state approvate dall’amministrazione aggiudicatrice nazionale allorché ha selezionato l’offerta finanziaria di quest’ultimo. In siffatte circostanze, la Commissione non può sostenere che le tariffe giornaliere che il consorzio doveva applicare nel contesto di una simile esecuzione erano ancora da dimostrare.

172    I margini di guadagno prelevati dal consorzio sugli onorari di ciascuna categoria di esperti, al pari dell’importo dei costi imputabili a ciascuna di esse, non sono stati contestati dalla Commissione nell’ambito del ricorso in esame e nessun elemento del fascicolo induce a dubitare della loro affidabilità. Per contro, come correttamente osservato dalla Commissione e ammesso dalla ricorrente stessa, si sono verificati errori nell’addizione di tali costi e di tali margini di guadagno nella tabella di valutazione del danno connesso alla perdita dell’appalto in questione. Ne deriva che il margine di guadagno lordo atteso dall’esecuzione dell’appalto in questione da parte del consorzio non era di EUR 315 455, come afferma la ricorrente a sostegno della sua domanda di risarcimento, bensì di EUR 235 455.

173    Riguardo ai costi operativi e alla commissione di gestione che, nella tabella di valutazione del danno connesso alla perdita dell’appalto in questione, sono stati dedotti dal margine di guadagno lordo atteso dall’esecuzione dell’appalto in questione da parte del consorzio, per un importo, rispettivamente, di EUR 41 500 e di EUR 78 305, nella controreplica la Commissione ha dichiarato che prendeva debitamente atto della tabella, nella quale la ricorrente forniva una sintesi dettagliata dei suoi costi operativi. In tale contesto e in assenza di elementi nel fascicolo che inducano a dubitare della loro affidabilità, non occorre porre in discussione gli importi che sono stati dedotti, nella tabella di valutazione del danno connesso alla perdita dell’appalto in questione, al fine di calcolare il margine di guadagno netto atteso dall’esecuzione dell’appalto in questione da parte del consorzio, il quale, a seguito della correzione effettuata al precedente punto 172, equivale alla somma di EUR 115 650.

174    Riguardo alla quota del 45% di tale margine di guadagno netto che sarebbe dovuta spettare alla ricorrente, la Commissione obietta che la ricorrente non ha prodotto alcun accordo concluso in tal senso con i membri del consorzio, che tale quota sarebbe accompagnata, nella tabella di valutazione del danno connesso alla perdita dell’appalto in questione, dalla sigla «TBC» e che sembrerebbe sproporzionata, in quanto, unitamente alla commissione di gestione, avrebbe condotto a riservare alla ricorrente il 67% del margine di guadagno netto atteso dall’esecuzione dell’appalto in questione, lasciando agli altri quattro membri del consorzio soltanto il rimanente 33% di tale margine da ripartirsi. Al riguardo, occorre rilevare che i soli elementi di prova ricevibili prodotti dalla ricorrente non attestano il criterio di ripartizione del margine di guadagno netto sul quale i membri del consorzio si sarebbero accordati nel caso in cui l’appalto in questione fosse stato loro aggiudicato. Peraltro, la ricorrente non contesta che la sigla «TBC», che compare nella tabella di valutazione del danno connesso alla perdita dell’appalto in questione, indicava che il criterio di ripartizione ivi menzionato era «da confermare» una volta che il contratto relativo all’appalto fosse stato formalmente firmato. Dato che la ricorrente avrebbe avuto necessariamente diritto, allo stesso titolo degli altri membri del consorzio, a una quota del margine di guadagno netto atteso dall’esecuzione dell’appalto in questione, ma che essa non è pervenuta, nel caso di specie, a dimostrare che la sua quota avrebbe dovuto essere superiore a quella degli altri membri del consorzio e, più specificamente, che sarebbe stata equivalente al 45% di tale margine, il Tribunale ritiene che sarà effettuata una corretta valutazione dei diritti al risarcimento della ricorrente fissando detta quota al 20%, percentuale che corrisponde a una distribuzione secondo quote uguali del margine netto atteso tra i cinque membri del consorzio.

175    Di conseguenza, la quota del margine di guadagno netto atteso dall’esecuzione dell’appalto in questione da parte del consorzio che sarebbe dovuta spettare alla ricorrente è valutata nella somma di EUR 23 130, corrispondente al 20% di detto margine, esso stesso valutato in EUR 115 650 (v. supra, punto 173). Al fine di tener conto dell’alea relativa all’esecuzione perfetta e completa dell’appalto in questione da parte del consorzio, menzionata al precedente punto 167, è, inoltre, appropriato ridurre detta somma a un importo di EUR 20 000.

176    Conformemente alle precedenti considerazioni, occorre accogliere la domanda della ricorrente avente ad oggetto il risarcimento del danno materiale corrispondente alla perdita dell’opportunità di realizzare i profitti che attendeva dall’esecuzione dell’appalto in questione per un importo di EUR 20 000 e respingere, per il resto, la domanda di risarcimento relativa alla perdita dell’appalto in questione.

–       Sul danno derivante dalla perdita dell’opportunità di aggiudicarsi altri appalti pubblici e sul nesso causale fra tale danno e l’illecito commesso dalla Commissione

177    La ricorrente asserisce di aver subito un danno, materiale e morale, derivante dalla perdita dell’opportunità di aggiudicarsi altri appalti pubblici. Essa sostiene, in proposito, che l’annullamento della procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione a causa della registrazione dell’avviso W3b ad essa relativo nel SAR, reso pubblico mediante l’avviso pubblicato a novembre del 2010, ha leso la sua immagine e, pertanto, la sua reputazione commerciale, in particolare nei confronti degli ex membri del consorzio, e l’ha privata dell’importante referenza che avrebbe costituito l’appalto in questione, di cui avrebbe potuto avvalersi per partecipare ad altre gare d’appalto nello stesso settore o nell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia. Di conseguenza, essa ritiene di aver perso l’opportunità di partecipare a quindici procedure di aggiudicazione di appalti. Orbene, atteso che, nel periodo di cui trattasi, avrebbe vinto in media un appalto ogni cinque partecipazioni a gare, essa ritiene di aver perso l’opportunità di concludere tre contratti equivalenti al contratto relativo all’appalto in questione. Pertanto, la ricorrente valuta l’importo corrispondente a tale perdita nel triplo dell’importo del mancato guadagno nel contesto dell’appalto in questione, ossia EUR 480 000, fissando al contempo, in via provvisoria, il suo danno in un importo inferiore, ossia EUR 330 000.

178    La ricorrente ritiene che la perdita di opportunità da essa lamentata sia una diretta conseguenza dell’illecito commesso dalla Commissione, per le stesse ragioni illustrate al precedente punto 157.

179    La Commissione contesta, in sostanza, che la ricorrente abbia fornito la prova – di cui aveva l’onere – del danno da essa lamentato e del nesso causale fra tale danno e l’illecito commesso.

180    Nel caso di specie, si deve rilevare che la ricorrente non ha quantificato, neppure in modo approssimativo, il danno morale corrispondente alla perdita dell’opportunità di aggiudicarsi altri appalti pubblici. Pertanto, la sua domanda di risarcimento relativa a tale voce di danno non può essere presa in considerazione dal Tribunale, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 163.

181    Riguardo al danno materiale corrispondente alla perdita dell’opportunità di aggiudicarsi altri appalti pubblici, stimato dalla ricorrente nella somma di EUR 330 000, occorre rilevare che l’annullamento della procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione a causa dell’avviso W3b relativo alla ricorrente nel SAR ha verosimilmente arrecato pregiudizio alla sua immagine e, pertanto, alla sua reputazione commerciale, tanto presso le autorità pubbliche dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia quanto di fronte agli ex membri del consorzio, che ne sono venuti a conoscenza. Inoltre, tale annullamento ha certamente privato la ricorrente dell’opportunità di avvalersi dell’appalto in questione, quale referenza, per dimostrare la propria capacità tecnica di intervenire nel settore coperto da tale appalto nel contesto di altre procedure di aggiudicazione di appalti a cui avrebbe partecipato o avrebbe voluto partecipare.

182    Tuttavia, dalle constatazioni svolte al precedente punto 181 non discende direttamente, con un legame di causa-effetto, che la ricorrente abbia perso l’opportunità di concludere tre contratti equivalenti al contratto relativo all’appalto in questione e, pertanto, di realizzare profitti corrispondenti al triplo di quelli che attendeva dall’esecuzione di quest’ultimo appalto, ossia un importo di EUR 480 000, nelle sue conclusioni ridotto a EUR 330 000.

183    In via preliminare, occorre rilevare che, come osserva la Commissione e come ammette la ricorrente, la circostanza che quest’ultima sia stata oggetto di un avviso W3b nel SAR tra giugno del 2010 e febbraio del 2015 non le ha impedito di sottoscrivere, da sola o nell’ambito di consorzi, cinque contratti con la Commissione, tra il 15 dicembre 2010 e il 3 agosto 2015, contratti relativi ad appalti pubblici finanziati con fondi dell’Unione, in particolare nel quadro dell’IPA, in settori diversi dall’occupazione, in Stati vicini all’ex Repubblica iugoslava di Macedonia (Bosnia ed Erzegovina, Montenegro, Albania) e in Africa, per un valore complessivo di EUR 3 503 955.

184    Nella misura in cui la ricorrente sostiene che la referenza legata all’appalto in questione era decisiva per la sua capacità di partecipare ad altri appalti di cui trattasi, si deve constatare che le sue affermazioni relative alla sua mancanza di esperienza nel settore dell’occupazione sono contraddette dalle informazioni contenute nelle pagine del suo sito Internet, versate agli atti dalla Commissione, nelle quali essa menziona, tra i suoi settori di riferimento, l’«occupazione e [il] mercato del lavoro». Anche supponendo che la ricorrente, come sostiene, abbia avuto bisogno di referenze in tale settore, ciò non le impediva, formando un consorzio con altre imprese che avevano una simile esperienza, di aggiudicarsi appalti pubblici come l’appalto in questione, come già osservato al precedente punto 167.

185    Atteso che la ricorrente afferma che, a seguito dell’annullamento dell’appalto in questione, le era divenuto impossibile associarsi ad altre imprese, in particolare agli ex membri del consorzio, essa, come correttamente osservato dalla Commissione, non ha prodotto alcun elemento comprovante che, per poter partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti, nel settore dell’occupazione o nell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia, aveva contattato altre imprese al fine di costituire un consorzio, le quali le avrebbero opposto un rifiuto. Inoltre, la ricorrente stessa ammette di essersi aggiudicata, in qualità di capofila di un consorzio, appalti relativi a settori diversi dall’occupazione o al di fuori dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia. Le affermazioni della ricorrente in proposito non sono dunque sufficientemente corroborate.

186    Analogamente, nella misura in cui la ricorrente afferma che aveva perso l’opportunità di aggiudicarsi altri appalti pubblici nell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia in quanto la sua immagine sarebbe stata offuscata presso le autorità di quest’ultima, si deve constatare che, come correttamente rilevato dalla Commissione, la ricorrente non ha spiegato, né, a fortiori, dimostrato, di essersi candidata all’aggiudicazione di appalti pubblici nei quali le autorità dell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia sarebbero state l’amministrazione aggiudicatrice. In siffatte circostanze, la ricorrente non può legittimamente sostenere di aver perso un’opportunità concreta di aggiudicarsi tali appalti a causa del fatto che la sua immagine presso dette autorità sarebbe stata offuscata.

187    Infine, occorre rilevare che la tabella di valutazione del danno connesso alla perdita dell’appalto in questione che compare nell’atto introduttivo del ricorso contiene dati meramente ipotetici. Infatti, la ricorrente non ha menzionato concrete procedure di aggiudicazione di appalti a cui avrebbe partecipato o avrebbe potuto partecipare, ma si è limitata a dedurre il numero di procedure di aggiudicazione di appalti alle quali riteneva che avrebbe potuto partecipare da dati ricavati dalla sua passata esperienza, senza fornire alcun elemento che consenta di verificarne la veridicità e la rilevanza.

188    Dalle suesposte considerazioni risulta che la ricorrente non ha dimostrato né il carattere reale e certo del danno materiale corrispondente alla perdita dell’opportunità di aggiudicarsi altri appalti pubblici, né che tale danno derivasse in modo sufficientemente diretto dall’illecito constatato al precedente punto 153, nel senso che tale illecito abbia costituito la causa decisiva del danno in parola.

189    Occorre dunque respingere integralmente la domanda di risarcimento fondata sulla perdita, da parte della ricorrente, dell’opportunità di aggiudicarsi altri appalti pubblici.

190    Alla luce dell’insieme delle precedenti considerazioni, occorre condannare la Commissione a versare alla ricorrente l’importo di EUR 20 000, a titolo di risarcimento del danno subito da quest’ultima, e respingere il ricorso per il resto.

 Sulle spese

191    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 2, del regolamento di procedura, qualora vi siano più parti soccombenti, il Tribunale decide sulla ripartizione delle spese. Nel caso di specie, poiché le parti sono rimaste parzialmente soccombenti, occorre decidere che ciascuna di esse sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      La Commissione europea è condannata a versare all’East West Consulting SPRL limporto di EUR 20 000.

2)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

3)      Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

Pelikánová

Valančius

Öberg

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 14 dicembre 2018.

Firme


Indice




*      Lingua processuale: il francese.