Language of document : ECLI:EU:C:2016:845

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 9 novembre 2016 (1)

Causa C‑536/15

Tele2 (Netherlands) BV,

Ziggo BV,

Vodafone Libertel BV

contro

Autoriteit Consument en Markt (ACM)

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal College van Beroep voor het bedrijfsleven (Corte d’appello del contenzioso amministrativo in materia economica, Paesi Bassi)]

«Rinvio pregiudiziale – Reti e servizi di comunicazione elettronica – Direttiva 2002/22/CE – Articolo 25, paragrafo 2 – Elenchi abbonati e servizi di consultazione – Direttiva 2002/58/CE – Articolo 12 – Messa a disposizione dei dati personali degli abbonati ai fini della loro pubblicazione in un elenco telefonico o della loro gestione da parte di un servizio di consultazione – Forma e modalità del consenso dell’abbonato – Distinzione a seconda dello Stato membro in cui viene fornito l’elenco abbonati e/o i servizi di consultazione – Principio di non discriminazione»





I –          Introduzione

1.        Con il presente rinvio pregiudiziale, il College van Beroep voor het bedrijfsleven (Corte d’appello del contenzioso amministrativo in materia economica, Paesi Bassi) invita nuovamente la Corte a precisare le condizioni alle quali le imprese che assegnano numeri di telefono agli abbonati devono mettere a disposizione dei fornitori di elenchi abbonati e/o di servizi di consultazione i dati personali dei loro abbonati.

2.        In particolare, il giudice del rinvio chiede alla Corte se il principio di non discriminazione di cui all’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva 2002/22/CE (2) osti a che dette imprese, allorché raccolgono il consenso degli abbonati ai fini della pubblicazione dei loro dati in un elenco telefonico o della loro gestione da parte di un servizio di consultazione, procedano ad una distinzione a seconda dello Stato membro in cui l’elenco abbonati e/o il servizio di consultazione è fornito.

3.        Tale rinvio pregiudiziale trae origine dalla richiesta di messa a disposizione formulata dall’impresa belga European Directory Assistance (in prosieguo: l’«EDA»), la quale fornisce elenchi abbonati e servizi di consultazione accessibili dal territorio belga, nei confronti della Tele2 (Netherlands) BV (in prosieguo: la «Tele2»), della Ziggo BV e della Vodafone Libertel BV (in prosieguo: la «Vodafone»), tre imprese che assegnano numeri di telefono nei Paesi Bassi. Poiché queste ultime si erano rifiutate di mettere a disposizione dell’EDA i dati relativi ai loro abbonati, essa ha investito l’Autoriteit Consument en Markt [Autorità garante dei consumatori e dei mercati (ACM)], quale autorità di regolamentazione nazionale, di una domanda di risoluzione della controversia.

4.        L’ACM, dopo aver consultato l’Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche (BEREC), ha segnatamente invitato la Tele2, la Ziggo e la Vodafone a mettere a disposizione dell’EDA i dati di base relativi ai loro abbonati (nome, indirizzo, codice postale, luogo di residenza, numero di telefono) a condizioni eque, oggettive, orientate ai costi e non discriminatorie, a condizione che l’EDA si impegnasse ad utilizzare tali dati ai fini dell’immissione in commercio di un servizio standard di consultazione.

5.        L’ACM ha parimenti statuito che il principio di non discriminazione non consente, contrariamente al parere emesso dall’autorità olandese di protezione dei dati personali, di procedere ad una distinzione a seconda che la richiesta di messa a disposizione sia formulata da un prestatore olandese o da un operatore stabilito in un altro Stato membro, e ha pertanto respinto l’idea secondo la quale era necessario chiedere il consenso specifico degli abbonati olandesi in caso di inserzione dei dati in elenchi telefonici tipo stranieri.

6.        La Tele2, la Ziggo e la Vodafone hanno dunque proposto un ricorso avverso le decisioni dell’ACM dinanzi al College van Beroep voor het bedrijfsleven (Corte d’appello del contenzioso amministrativo in materia economica).

7.        Questi si chiede, segnatamente, se l’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva servizio universale e, in particolare, il principio di non discriminazione di cui a detta disposizione, consenta di distinguere, nella domanda di consenso, le richieste di messa a disposizione formulate dai prestatori olandesi e quelle introdotte dai prestatori stabiliti negli altri Stati membri dell’Unione.

8.        Il College van Beroep voor het bedrijfsleven (Corte d’appello del contenzioso amministrativo in materia economica) ha pertanto deciso di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva [servizio universale] debba essere interpretato nel senso che nel termine “richiesta” sono comprese anche richieste di un’impresa stabilita in un altro Stato membro, che chiede informazioni per fornire servizi di consultazione telefonica e elenchi telefonici pubblici che vengono offerti in tale Stato membro e/o in altri Stati membri.

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione: se l’operatore che concede in uso tali numeri telefonici e che, in forza di una norma nazionale, è tenuto a chiedere all’abbonato il consenso per l’inclusione in registri telefonici e servizi di consultazione telefonica standard, possa operare una distinzione nella domanda di consenso, in forza del principio di non discriminazione, a seconda dello Stato membro in cui l’impresa che chiede informazioni ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva [servizio universale], offre l’elenco telefonico e il servizio di consultazione abbonati».

9.        Nelle presenti conclusioni, limiterò la mia analisi alla seconda questione. Infatti, solo quest’ultima solleva una difficoltà giuridica che esige un esame approfondito, mentre elementi di risposta alla prima questione possono essere ravvisati nel dettato degli articoli 5 e 25, paragrafo 2, della direttiva servizio universale.

10.      Nell’ambito della mia analisi, elaborerò le ragioni per le quali ritengo che l’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva servizio universale, nonché l’articolo 12 della direttiva 2002/58/CE (3), il quale deve essere necessariamente menzionato, ostino, in linea di principio, a che l’impresa investita di una richiesta di messa disposizione dei dati personali dei suoi abbonati proceda, allorché raccoglie il consenso di questi ultimi, ad una distinzione a seconda dello Stato membro in cui gli elenchi abbonati e/o i servizi di consultazione telefonica sono offerti.

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.      La direttiva servizio universale

11.      Il considerando 11 della direttiva servizio universale così recita:

(11)      I servizi di repertoriazione e di consultazione di elenchi sono strumenti essenziali per fruire dei servizi telefonici accessibili al pubblico e rientrano negli obblighi di servizio universale. Gli utenti e i consumatori desiderano disporre di elenchi completi e di servizi di consultazione che comprendano tutti gli abbonati repertoriati e i rispettivi numeri (…). La direttiva 97/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 dicembre 1997 sul trattamento dei dati personali e sulla tutela della vita privata nel settore delle telecomunicazioni (…) tutela il diritto degli abbonati alla vita privata con riferimento all’inclusione di dati personali negli elenchi pubblici».

12.      L’articolo 25 della direttiva servizio universale, recante il titolo «Servizi di consultazione degli elenchi telefonici», così recita:

«(…)

2.      Gli Stati membri provvedono affinché tutte le imprese che assegnano numeri agli abbonati soddisfino qualsiasi richiesta ragionevole di rendere disponibili le informazioni necessarie, ai fini della fornitura di elenchi e di servizi di consultazione accessibili al pubblico, in una forma concordata e a condizioni eque, oggettive, orientate ai costi e non discriminatorie.

(…)

4.      Gli Stati membri non mantengono in essere alcuna limitazione normativa che impedisca agli utenti finali di uno Stato membro di accedere direttamente ai servizi di consultazione elenchi di un altro Stato membro tramite chiamata vocale o SMS e adottano le misure per garantire tale accesso a norma dell’articolo 28.

5.      I paragrafi da 1 a 4 si applicano fatte salve le prescrizioni della legislazione comunitaria in materia di protezione dei dati personali e della vita privata e, in particolare, quelle dell’articolo 12 della [direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche]».

2.      La direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche

13.      I considerando 38 e 39 della direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche enunciano quanto segue:

«(38) Gli elenchi degli abbonati ai servizi di comunicazione elettronica sono pubblici ed ampiamente distribuiti. Il rispetto della vita privata delle persone fisiche e i legittimi interessi delle persone giuridiche postulano, per gli abbonati, il diritto di determinare se i loro dati personali possano essere pubblicati in un elenco e, in caso affermativo, quali. È opportuno che i fornitori di elenchi pubblici informino gli abbonati che vi figureranno degli scopi dell’elenco stesso e di ogni specifico impiego che possa essere fatto delle versioni elettroniche degli elenchi pubblici, in particolare mediante le funzioni di ricerca incorporate nel software, come ad esempio le funzioni di ricerca inversa che consentono agli utenti dell’elenco di risalire al nome e all’indirizzo dell’abbonato in base al solo numero telefonico.

(39)      L’obbligo di informare gli abbonati sugli scopi di elenchi pubblici in cui i loro dati personali devono essere inclusi dovrebbe essere imposto alla parte che raccoglie i dati per tale inclusione. Se i dati possono essere trasmessi a uno o più terzi, l’abbonato dovrebbe essere informato su questa possibilità e sul ricevente o sulle categorie di possibili riceventi. Le trasmissioni dovrebbero essere soggette alla condizione che i dati non possono essere usati per scopi diversi da quelli per cui sono stati raccolti. Se la parte che raccoglie i dati dall’abbonato o i terzi a cui i dati sono stati trasmessi desiderano usarli per uno scopo ulteriore, la parte che ha raccolto i dati in origine o il terzo a cui i dati sono stati trasmessi deve ottenere nuovamente il consenso dell’abbonato».

14.      L’articolo 12 di tale direttiva, intitolato «Elenchi di abbonati», dispone inoltre quanto segue:

«1.      Gli Stati membri assicurano che gli abbonati siano informati, gratuitamente e prima di essere inseriti nell’elenco, in merito agli scopi degli elenchi cartacei o elettronici a disposizione del pubblico o ottenibili attraverso i servizi che forniscono informazioni sugli elenchi, nei quali possono essere inclusi i loro dati personali, nonché in merito ad ogni ulteriore possibilità di utilizzo basata su funzioni di ricerca incorporate nelle versioni elettroniche degli elenchi stessi.

2.      Gli Stati membri assicurano che gli abbonati abbiano la possibilità di decidere se i loro dati personali - e, nell’affermativa, quali - debbano essere riportati in un elenco pubblico, sempreché tali dati siano pertinenti per gli scopi dell’elenco dichiarati dal suo fornitore. Gli Stati membri provvedono affinché gli abbonati abbiano le possibilità di verificare, rettificare o ritirare tali dati. Il fatto che i dati non siano riportati in un elenco pubblico di abbonati[,] la verifica, la correzione o il ritiro dei dati non devono comportare oneri.

3.      Gli Stati membri possono disporre che sia chiesto il consenso ulteriore degli abbonati per tutti gli scopi di un elenco pubblico diversi dalla ricerca di dati su persone sulla base del loro nome e, ove necessario, di un numero minimo di altri elementi di identificazione.

(…)».

B –    La normativa olandese

15.      Ai sensi dell’articolo 1.1, lettera e), del Besluit universele dienstverlening en eindgebruikersbelangen (decreto sul servizio universale e sugli interessi degli utenti finali), nella sua versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (4):

«[P]er servizio standard di consultazione di elenchi telefonici si intende un servizio di consultazione abbonati a disposizione del pubblico con il quale possono essere richiesti unicamente numeri di telefono sulla base di dati relativi al nome in combinazione con dati relativi all’indirizzo e numero civico, al codice postale o alla località di residenza dell’abbonato».

16.      L’articolo 3.1 del Bude, il quale traspone l’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva servizio universale, così recita:

«Un operatore che assegna numeri di telefono deve soddisfare qualsiasi richiesta ragionevole di rendere disponibili le informazioni rilevanti, ai fini della fornitura di elenchi e di servizi di consultazione accessibili al pubblico, in una forma concordata e a condizioni eque, oggettive, orientate ai costi e non discriminatorie».

17.      Ai sensi dell’articolo 3.2 del Bude:

«1.      Un operatore del servizio di telefonia pubblica che prima o durante la stipula di un contratto con un utente chiede il suo nome, indirizzo (strada e numero civico, codice postale e località di residenza), deve anche chiedere il consenso per l’inclusione di questo tipo di dati personali e dei numeri di telefono a questi concessi in uso in qualsiasi elenco telefonico standard e in qualsiasi repertorio abbonati utilizzato per un servizio di consultazione abbonati standard. Il consenso di cui alla frase precedente viene chiesto separatamente per ciascun tipo di dati personali.

2.      Il consenso così prestato configura un’informazione rilevante ai sensi dell’articolo 3.1.

3.      Un operatore del servizio di telefonia pubblica che chieda anche un consenso in relazione all’iscrizione in un elenco telefonico diverso dall’elenco telefonico standard o in un repertorio abbonati non esclusivamente utilizzato per un servizio di consultazione abbonati standard provvede affinché il modo e la forma in cui il consenso di cui al paragrafo 1 è chiesto siano perlomeno equivalenti al modo e alla forma in cui il consenso iniziale di cui al presente paragrafo viene chiesto».

III – Analisi

18.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte se l’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva servizio universale e, in particolare, il principio di non discriminazione al quale viene fatto riferimento, ostino a che l’impresa investita di una richiesta di mettere a disposizione i dati personali dei suoi abbonati proceda, quando riceve il consenso di questi ultimi, ad una distinzione a seconda dello Stato membro nel quale vengono offerti i servizi di elenco abbonati e/o di consultazione telefonica.

19.      In altri termini, qualora la richiesta di messa a disposizione di cui all’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva servizio universale sia formulata da un fornitore di servizi di consultazione e/o di elenchi abbonati, il quale offre i propri servizi in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede l’abbonato, si pone la questione se sia possibile subordinare tale richiesta al rilascio di un consenso specifico dell’abbonato.

20.      Per risolvere tale questione, occorre valutare non solo i termini dell’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva servizio universale, bensì anche quelli dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche.

21.      Infatti, anche se il giudice del rinvio non fa riferimento a quest’ultima disposizione nell’ambito della sua questione pregiudiziale, è indispensabile menzionarla non solo in quanto si tratta di fornire una risposta utile a tale questione, ma anche perché, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 5, della direttiva servizio universale, il paragrafo 2 di detto articolo si applica «fatte salve le prescrizioni della legislazione comunitaria in materia di protezione dei dati personali e della vita privata e, in particolare, quelle dell’articolo 12 della [direttiva “relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche”]».

22.      In primo luogo, ricordo che, ai sensi dell’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva servizio universale, gli Stati membri sono tenuti a provvedere affinché tutte le imprese che assegnano numeri agli abbonati soddisfino qualsiasi richiesta ragionevole di messa a disposizione, ai fini della fornitura di elenchi e di servizi di consultazione, a condizioni eque, oggettive, orientate ai costi e non discriminatorie.

23.      È giocoforza constatare che il legislatore dell’Unione non procede ad alcuna distinzione a seconda che la richiesta di messa a disposizione sia formulata da un operatore stabilito nel territorio nazionale o in un altro Stato membro, dal momento che le imprese che assegnano numeri di telefono sono tenute a soddisfare «qualsiasi richiesta ragionevole di messa a disposizione» (5).

24.      Inoltre, il legislatore si preoccupa di precisare espressamente che le condizioni alle quali occorre soddisfare tali richieste devono essere «eque» e «non discriminatorie», il che implica necessariamente che non può essere posta in essere alcuna differenza di trattamento a seconda che la richiesta sia formulata da un operatore nazionale o da un operatore straniero, a meno che, evidentemente, essa non sia debitamente giustificata.

25.      In secondo luogo, occorre fare riferimento ai termini dell’articolo 12 della direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche, il quale ha espressamente ad oggetto le condizioni e le modalità alle quali i dati personali degli abbonati, raccolti dall’impresa che assegna i numeri di telefono, possono essere comunicati ai fini della pubblicazione di un elenco pubblico.

26.      La Corte ha interpretato tale disposizione nella sentenza del 5 maggio 2011, Deutsche Telekom (6), e tale interpretazione suggerisce, a mio avviso, la risposta che occorre dare, nella specie, al giudice del rinvio.

27.      In tale causa, la Corte era investita della questione della misura in cui la Deutsche Telekom, incaricata del servizio universale in Germania, era tenuta, per la costituzione di un elenco pubblico, a trasmettere i dati relativi agli abbonati di imprese terze a due società concorrenti sul mercato tedesco dei servizi di consultazione telefonica, la GoYellow GmbH e la Telix AG. Nella specie, l’autorità di regolamentazione obbligava la Deutsche Telekom a trasmettere siffatte informazioni, inclusi i dati in relazione ai quali l’abbonato o il suo fornitore avevano accettato la pubblicazione soltanto da parte della Deutsche Telekom.

28.      Una delle questioni sottoposte alla Corte era se una siffatta trasmissione dovesse essere subordinata ad un nuovo consenso dell’abbonato.

29.      La Corte ha risposto negativamente a tale questione, dichiarando che l’impresa che assegna numeri di telefono non è tenuta a raccogliere un consenso ulteriore o specifico dell’abbonato allorché i dati di quest’ultimo sono trasmessi ad un fornitore di elenchi telefonici concorrente, ai fini della pubblicazione di un elenco simile. La Corte ha dunque fondato la sua analisi sul fatto che il consenso dell’abbonato riguarda lo scopo della pubblicazione dei dati personali e non già l’identità del fornitore.

30.      È interessante riprendere il suo ragionamento ai fini della mia analisi.

31.      In un primo tempo, la Corte ha fondato tale conclusione sui termini e sulla finalità dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche (7). Al termine di un’interpretazione contestuale e sistematica di tale disposizione, essa ha dichiarato che il consenso degli abbonati riguarda non l’identità di un fornitore di elenchi in particolare, bensì lo scopo della pubblicazione dei dati personali in un elenco pubblico. La Corte ha dunque respinto l’interpretazione secondo la quale l’abbonato disporrebbe di un «diritto selettivo di decidere» in favore di determinati fornitori di elenchi abbonati e/o servizi di consultazione.

32.      Ai punti 65 e 66 di tale sentenza, la Corte ha in tal senso dichiarato quanto segue:

«65. (…) [Q]uando quando un abbonato sia stato informato dall’impresa che gli ha assegnato un numero di telefono della possibilità della trasmissione dei dati personali che lo riguardano ad un’impresa terza, quale la Deutsche Telekom, affinché siano inseriti in un elenco pubblico, e questi abbia acconsentito alla pubblicazione di tali dati in un simile elenco, nel caso specifico quello di tale società, la trasmissione degli stessi dati ad un’altra impresa allo scopo di pubblicare un elenco pubblico, cartaceo o elettronico, ovvero di rendere siffatti elenchi consultabili attraverso servizi di consultazione, non deve essere nuovamente oggetto di un consenso da parte dell’abbonato, qualora venga garantito che i dati in questione non saranno usati per scopi diversi da quelli per cui sono stati raccolti al fine della loro prima pubblicazione. Infatti, il consenso, ai sensi dell’art[icolo] 12, [paragrafo] 2, della direttiva “[relativa alla] vita privata e [alle] comunicazioni elettroniche”, di un abbonato debitamente informato all’inserimento dei dati personali che lo riguardano in un elenco pubblico attiene allo scopo di tale pubblicazione e si estende pertanto a qualunque ulteriore trattamento di tali dati da parte di imprese terze attive nel mercato della fornitura di elenchi e di servizi di consultazione accessibili al pubblico, purché un simile trattamento persegua la medesima finalità. (8)

66. Inoltre, quando l’abbonato ha acconsentito alla trasmissione dei dati personali che lo riguardano ad un’impresa determinata affinché siano inseriti in un elenco pubblico di tale impresa, la trasmissione degli stessi dati ad un’altra impresa che intende pubblicare un elenco pubblico, senza che detto abbonato abbia nuovamente prestato il proprio consenso, non può ledere la sostanza stessa del diritto alla tutela dei dati personali, riconosciuto dall’art[icolo] 8 della Carta [dei diritti fondamentali dell’Unione europea]».

33.      In un secondo tempo, la Corte ha fatto riferimento ai termini estremamente chiari del considerando 39 della direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche (9).

34.      Ricordo che, in tale considerando, il legislatore dell’Unione ha indicato quanto segue:

«L’obbligo di informare gli abbonati sugli scopi di elenchi pubblici in cui i loro dati personali devono essere inclusi dovrebbe essere imposto alla parte che raccoglie i dati per tale inclusione. Se i dati possono essere trasmessi a uno o più terzi, l’abbonato dovrebbe essere informato su questa possibilità e sul ricevente o sulle categorie di possibili riceventi. Le trasmissioni dovrebbero essere soggette alla condizione che i dati non possono essere usati per scopi diversi da quelli per cui sono stati raccolti. Se la parte che raccoglie i dati dall’abbonato o i terzi a cui i dati sono stati trasmessi desiderano usarli per uno scopo ulteriore, la parte che ha raccolto i dati in origine o il terzo a cui i dati sono stati trasmessi deve ottenere nuovamente il consenso dell’abbonato» (10).

35.      Al punto 63 della sentenza del 5 maggio 2011, Deutsche Telekom (C‑543/09, EU:C:2011:279), la Corte ha poi dichiarato che le trasmissioni di dati personali degli abbonati ad un terzo sono «soggette alla condizione che i dati non possono essere usati per scopi diversi da quelli per cui sono stati raccolti».

36.      In un terzo tempo, la Corte ha menzionato l’eccezione a tale principio, prevista specificamente all’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche.

37.      In conformità a tale disposizione, «[g]li Stati membri possono disporre che sia chiesto il consenso ulteriore degli abbonati per tutti gli scopi di un elenco pubblico diversi dalla ricerca di dati su persone sulla base del loro nome e, ove necessario, di un numero minimo di altri elementi di identificazione».

38.      Secondo la Corte, l’ottenimento di un nuovo consenso da parte dell’abbonato è dunque previsto «[s]e la parte che raccoglie i dati dall’abbonato o i terzi a cui i dati sono stati trasmessi desiderano usarli per uno scopo ulteriore» (11).

39.      Pur se detta sentenza Deutsche Telekom riguardava una situazione meramente nazionale, ritengo che la soluzione elaborata dalla Corte in tale sentenza debba essere trasposta, per analogia, ad una situazione transfrontaliera come quella in esame.

40.      Infatti, a mio avviso, non esiste nessuna ragione particolare che giustifichi una differenza di trattamento a seconda che l’operatore sia stabilito nel territorio nazionale o in un altro Stato membro, a partire dal momento in cui tale operatore raccoglie i dati personali degli abbonati per fini assolutamente identici a quelli per i quali essi sono stati raccolti ai fini della loro prima pubblicazione. Infatti, a prescindere dal suo luogo di stabilimento nell’Unione, questi fornisce elenchi telefonici e/o servizi di consultazione in un quadro normativo ampiamente armonizzato, che consente di assicurare il rispetto dei requisiti in materia di tutela dei dati personali degli abbonati, come risulta segnatamente e in maniera estremamente chiara dall’articolo 25, paragrafo 5, della direttiva servizio universale e dall’articolo 12 della direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche.

41.      In assenza di una siffatta giustificazione fondata sulla tutela dei dati personali degli abbonati, una simile differenza di trattamento porterebbe a creare una discriminazione diretta, fondata sulla cittadinanza, fra operatori che esercitano nello stesso ramo di attività. Ciò costituirebbe una violazione grave di un principio generale del diritto dell’Unione (12) e un ostacolo al principio della libera prestazione dei servizi (13) garantito all’articolo 56 TFUE (14).

42.      Inoltre, si tratta, in tal caso, di garantire la piena realizzazione degli obiettivi previsti nell’ambito della direttiva servizio universale. All’articolo 25 di tale direttiva, il legislatore dell’Unione non nasconde l’ambizione di pervenire a garantire un servizio di consultazione degli elenchi telefonici non più solamente nazionale bensì veramente transfrontaliero, e ciò al fine di assicurare, in conformità all’articolo 28, paragrafo 1, lettera b), di detta direttiva, l’accesso di tutti gli utenti finali a tutti i numeri forniti nell’Unione.

43.      Infatti, se l’articolo 25, paragrafo 2, di tale direttiva, deve consentire agli operatori di servizi di consultazione degli elenchi telefonici di accedere ai dati personali degli abbonati stranieri, l’articolo 25, paragrafo 4, di detta direttiva deve, da parte sua, consentire agli utenti finali di accedere ai servizi di consultazione degli elenchi telefonici di un altro Stato membro. Le due disposizioni formano pertanto un insieme che deve consentire di garantire un accesso effettivo di tutti gli utenti finali a tutti i numeri nell’Unione.

44.      Alla luce di tali elementi, sono pertanto convinto, da un lato, che una differenza di trattamento della richiesta, allorché essa è formulata da un operatore stabilito in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede l’abbonato, non sia compatibile con i termini dell’articolo 25, paragrafo 2 della direttiva servizio universale e dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche qualora questi raccolga i dati personali degli abbonati per scopi assolutamente identici a quelli per cui essi sono stati raccolti ai fini della loro prima pubblicazione.

45.      In tali condizioni, un’impresa come la Tele2, investita di una richiesta di messa a disposizione, non può pertanto richiedere un consenso distinto e specifico dell’abbonato, e neppure modulare tale consenso, come suggerito dalla Vodafone, in funzione dei diversi Stati membri dell’Unione.

46.      Per contro, al momento della firma del contratto di abbonamento, tale impresa si deve assicurare, in conformità alle disposizioni previste all’articolo 12, paragrafo 1, della direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche, in combinato disposto con i considerando 38 e 39 di detta direttiva, che l’abbonato riceva informazioni chiare e precise per quanto attiene alla finalità e ai diversi aspetti del trattamento dei suoi dati personali e, in particolare, alla possibilità che questi ultimi siano messi a disposizione di un fornitore di elenchi telefonici e/o di servizi di consultazione che presta i propri servizi in uno Stato membro diverso da quello in cui egli risiede.

47.      Dall’altro, è chiaro, alla luce segnatamente dell’interpretazione di dette disposizioni accolta dalla Corte nella sentenza del 5 maggio 2011, Deutsche Telekom (C‑543/09, EU:C:2011:279), che una differenza di trattamento della richiesta, a seconda che essa sia formulata da un operatore nazionale o da un operatore straniero, può essere giustificata solo nel caso in cui i dati interessati sono destinati ad essere utilizzati a scopi diversi, segnatamente qualora tale operatore proponga il servizio di ricerca inversa dell’identità a partire dal numero di telefono.

48.      Nella presente causa, e sulla base delle informazioni figuranti sul sito Internet dell’EDA, essa sembra effettivamente proporre tale servizio. In tali circostanze, in cui i dati interessati sono effettivamente destinati ad essere utilizzati per scopi diversi da quelli per cui sono stati raccolti ai fini della loro prima pubblicazione, la Tele2 può, a mio avviso, chiedere del tutto legittimamente il consenso specifico degli abbonati ad un siffatto trattamento dei loro dati.

49.      Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, ritengo pertanto che l’articolo 25, paragrafo 2, de la direttiva servizio universale e l’articolo 12 della direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a che un’impresa investita di una richiesta di messa a disposizione dei dati personali dei suoi abbonati proceda, allorché raccoglie il consenso di questi ultimi, ad una distinzione a seconda dello Stato membro nel quale gli elenchi abbonati e/o i servizi di consultazione vengono forniti, a condizione, tuttavia, che tali dati siano destinati ad essere utilizzati per scopi identici a quelli per cui essi sono stati raccolti ai fini della loro prima pubblicazione.

50.      Tale impresa si deve quindi assicurare, al momento della sottoscrizione del contratto di abbonamento, che l’abbonato riceva informazioni chiare e precise per quanto attiene ai diversi aspetti del trattamento dei suoi dati e, in particolare, alla messa a disposizione dei medesimi ai fini della loro pubblicazione in un elenco telefonico e alla loro gestione da parte di un servizio di consultazione in uno Stato membro diverso da quello in cui egli risiede.

IV – Conclusione

51.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere nei termini seguenti alla seconda questione pregiudiziale sollevata dal College van Beroep voor het bedrijfsleven (Corte d’appello del contenzioso amministrativo in materia economica, Paesi Bassi):

L’articolo 25, paragrafo 2, della direttiva 2002/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale), come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009, e l’articolo 12 della direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche), come modificata dalla direttiva 2009/136, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che un’impresa investita di una richiesta di messa a disposizione dei dati personali dei suoi abbonati proceda, allorché raccoglie il consenso di questi ultimi, ad una distinzione a seconda dello Stato membro nel quale gli elenchi abbonati e/o i servizi di consultazione vengono forniti, a condizione, tuttavia, che tali dati siano destinati ad essere utilizzati per scopi identici a quelli per cui essi sono stati raccolti ai fini della loro prima pubblicazione.

Tale impresa si deve quindi assicurare, al momento della sottoscrizione del contratto di abbonamento, che l’abbonato riceva informazioni chiare e precise per quanto attiene ai diversi aspetti del trattamento dei suoi dati e, in particolare, alla messa a disposizione dei medesimi ai fini della loro pubblicazione in un elenco telefonico e alla loro gestione da parte di un servizio di consultazione in uno Stato membro diverso da quello in cui egli risiede.


1      Lingua originale: il francese.


2–      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica (direttiva servizio universale) (GU 2002, L 108, pag. 51), come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009 (GU 2009, L 337, pag. 11).


3–      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU 2002, L 201, pag. 37), come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 novembre 2009 (GU 2009, L 337, pag. 11).


4–      Staatsblad 2004, n. 203; in prosieguo: il «Bude».


5 – Il corsivo è mio.


6–      C‑543/09, EU:C:2011:279.


7–      Sentenza del 5 maggio 2011, Deutsche Telekom (C‑543/09, EU:C:2011:279, punti 61 e 62).


8 –      Il corsivo è mio.


9–      Sentenza del 5 maggio 2011, Deutsche Telekom (C‑543/09, EU:C:2011:279, punto 63).


10 –      Il corsivo è mio.


11–      Sentenza del 5 maggio 2011, Deutsche Telekom (C‑543/09, EU:C:2011:279, punto 64)


12–      Il principio di non discriminazione figura all’articolo 21, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali, il quale stabilisce che nell’ambito d’applicazione dei trattati è vietata qualsiasi discriminazione in base alla nazionalità.


13–      Contrariamente a quanto sostenuto dalla Vodafone, l’offerta di elenchi abbonati e/o di servizi di consultazione rientra manifestamente nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato che garantiscono la libera prestazione dei servizi.


14–      Si evince da una giurisprudenza costante della Corte che l’articolo 56 TFUE impone l’eliminazione di qualsiasi discriminazione nei confronti del prestatore di servizi in base alla sua cittadinanza (sentenza del 17 dicembre 2015, X‑Steuerberatungsgesellschaft, C‑342/14, EU:C:2015:827, punto 48 e la giurisprudenza ivi citata).