Language of document : ECLI:EU:T:2020:322

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

8 luglio 2020 (*)

«Salute – Norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano – Modifica, per quanto riguarda alcuni stabilimenti del Brasile, degli elenchi degli stabilimenti di paesi terzi dai quali è consentito importare prodotti specifici di origine animale – Articolo 12, paragrafo 4, lettera c), del regolamento (CE) n. 854/2004 – Comitologia – Obbligo di motivazione – Diritti della difesa – Poteri della Commissione – Parità di trattamento – Proporzionalità»

Nella causa T‑429/18,

BRF SA, con sede in Itajaí (Brasile),

SHB Comércio e Indústria de Alimentos SA, con sede in Itajaí,

rappresentate da D. Arts e G. van Thuyne, avvocati,

ricorrenti,

contro

Commissione europea, rappresentata da A. Lewis, B. Eggers e B. Hofstötter, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento del regolamento di esecuzione (UE) 2018/700 della Commissione, dell’8 maggio 2018, che modifica, per quanto riguarda alcuni stabilimenti del Brasile, gli elenchi degli stabilimenti di paesi terzi dai quali è consentito importare prodotti specifici di origine animale (GU 2018, L 118, pag. 1),

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata),

composto da D. Gratsias (relatore), presidente, S. Frimodt Nielsen, J. Schwarcz, V. Valančius e R. Frendo, giudici,

cancelliere: S. Spyropoulos, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 21 gennaio 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Le ricorrenti, la BRF SA e la SHB Comércio e Indústria de Alimentos SA, fanno parte del gruppo BRF capital, che è integrato verticalmente ed attivo nella produzione e distribuzione di carne, compresa la carne di pollame, in più di 150 paesi. Nel 2017, tale gruppo ha esportato, tramite le ricorrenti, 152 107 t di carne di pollame dal Brasile verso il mercato dell’Unione europea, il che rappresenta circa il 38% delle importazioni totali provenienti da tale paese per quell’anno.

2        Dieci stabilimenti appartenenti alla prima ricorrente e due stabilimenti appartenenti alla seconda ricorrente figuravano, quali imprese esportatrici di carne e di prodotti a base di carne, compresa la carne di pollame, destinati al mercato dell’Unione, negli elenchi compilati conformemente all’articolo 12 del regolamento (CE) n. 854/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, che stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale destinati al consumo umano (GU 2004, L 139, pag. 206). Gli elenchi in questione indicano gli stabilimenti da cui possono essere importati nell’Unione prodotti di origine animale.

3        Il 21 febbraio 2018, la Commissione europea ha sottoposto, per parere, al comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (in prosieguo: il «comitato permanente»), conformemente all’articolo 12, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 854/2004, un progetto di regolamento di esecuzione relativo all’eliminazione di taluni stabilimenti di paesi terzi dall’elenco degli stabilimenti da cui possono essere importati nell’Unione prodotti di origine animale. Tutti gli stabilimenti interessati si trovavano in Brasile.

4        Il 10 aprile 2018, la Commissione ha sottoposto al comitato permanente una prima versione modificata del progetto di regolamento di esecuzione di cui al precedente punto 3. Il 19 aprile 2018, la Commissione ha presentato una seconda versione modificata di tale progetto. Il suddetto comitato ne ha discusso nella propria riunione del 19 aprile 2018 e lo stesso giorno ha espresso il proprio parere favorevole.

5        L’8 maggio 2018, la Commissione ha adottato il proprio regolamento di esecuzione (UE) 2018/700, che modifica, per quanto riguarda alcuni stabilimenti del Brasile, gli elenchi degli stabilimenti di paesi terzi dai quali è consentito importare prodotti specifici di origine animale (GU 2018, L 118, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento di esecuzione impugnato»).

6        In base al regolamento di esecuzione impugnato, un certo numero di stabilimenti brasiliani, compresi i dodici stabilimenti appartenenti alle ricorrenti menzionate al precedente punto 2, sono stati eliminati dagli elenchi in questione.

7        Dai considerando da 4 a 6 del regolamento di esecuzione impugnato risulta che la decisione di eliminare i suddetti stabilimenti da tali elenchi si fonda sulla notifica, tramite il sistema di allarme rapido (in prosieguo: l’«allarme RASFF»), di un «numero significativo di gravi e ripetuti casi» di non conformità ai requisiti dell’Unione dovuti alla presenza di Salmonella nella carne di pollame e nelle preparazioni a base di carne di pollame provenienti da tali stabilimenti. Inoltre, le autorità brasiliane non avrebbero adottato le misure necessarie per rimediare alle carenze individuate, cosicché non si potrebbe più ritenere che tali autorità offrano le garanzie necessarie quanto al rispetto delle norme in materia di salute pubblica relativamente all’importazione dei prodotti in questione.

8        Dalle informazioni fornite dalle autorità del Brasile risulterebbe inoltre che, nel marzo 2018, nel paese sono stati accertati casi di frode riguardanti la certificazione di laboratorio per le carni e i prodotti a base di carne esportati nell’Unione. Le relative indagini avrebbero fatto emergere che non vi erano sufficienti garanzie, riguardo agli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti, circa la loro conformità ai requisiti dell’Unione.

 Procedimento e conclusioni delle parti

9        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 luglio 2018, le ricorrenti hanno proposto il presente ricorso. Il controricorso, la replica e la controreplica sono stati depositati, rispettivamente, il 28 settembre 2018, il 22 novembre 2018 e il 7 gennaio 2019.

10      Con atto separato, depositato presso la cancelleria del Tribunale il 13 luglio 2018 e iscritto a ruolo con il numero T‑429/18 R, le ricorrenti hanno proposto una domanda di sospensione dell’esecuzione del regolamento di esecuzione impugnato.

11      Con lettera del 9 gennaio 2019, le parti sono state informate della chiusura della fase scritta del procedimento e della possibilità, per esse, di chiedere lo svolgimento di un’udienza alle condizioni previste all’articolo 106 del regolamento di procedura del Tribunale. Con lettera del 30 gennaio 2019, le ricorrenti hanno chiesto l’organizzazione di un’udienza.

12      Con ordinanza del 13 febbraio 2019, BRF e SHB Comércio e Indústria de Alimentos/Commissione (T‑429/18 R, non pubblicata, EU:T:2019:98), il Presidente del Tribunale ha respinto la domanda di sospensione dell’esecuzione del regolamento di esecuzione impugnato e si è riservato sulle spese.

13      Essendo due membri della Quinta Sezione impossibilitati a partecipare, sono stati designati altri due giudici per completare il collegio giudicante.

14      Su proposta della Quinta Sezione, il Tribunale ha deciso, ai sensi dell’articolo 28 del regolamento di procedura, la rimessione della causa dinanzi a un collegio giudicante ampliato.

15      Nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento, adottate il 29 gennaio, il 12 settembre e il 21 novembre 2019, il Tribunale ha chiesto alle parti di rispondere a una serie di quesiti e di produrre alcuni documenti. Le parti hanno ottemperato a tali richieste nei termini impartiti.

16      L’udienza di discussione si è tenuta il 21 gennaio 2020.

17      Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento di esecuzione impugnato nella sua interezza o, in via subordinata, nella parte in cui riguarda gli stabilimenti loro appartenenti;

–        condannare la Commissione alle spese.

18      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare le ricorrenti alle spese.

 In diritto

19      A sostegno del ricorso, le ricorrenti deducono sei motivi, vertenti rispettivamente:

–        sulla violazione dell’obbligo di motivazione;

–        sulla violazione dei diritti della difesa;

–        sulla violazione dell’articolo 12, paragrafo 2 e paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 854/2004;

–        sulla violazione del principio di non discriminazione;

–        sulla violazione del principio di proporzionalità;

–        sulla violazione dell’articolo 291, paragrafo 3, TFUE e degli articoli 3, 10 e 11 del regolamento (UE) n. 182/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, che stabilisce le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione (GU 2011, L 55, pag. 13).

20      La Commissione, oltre a contestare la fondatezza di tutti questi motivi, sostiene che le ricorrenti non sono legittimate a chiedere l’annullamento del regolamento di esecuzione impugnato nella sua interezza, in quanto, a parte i dodici stabilimenti appartenenti alle ricorrenti, il regolamento in questione è volto a eliminare dagli elenchi compilati ai sensi dell’articolo 12 del regolamento n. 854/2004 altri otto stabilimenti che non sono legati alle ricorrenti.

21      Occorre pertanto stabilire in quale misura le ricorrenti siano legittimate ad agire per l’annullamento del regolamento di esecuzione impugnato.

 Sulla legittimazione ad agire delle ricorrenti

22      Al fine di pronunciarsi sulla legittimazione ad agire delle ricorrenti, è necessario valutare, in via preliminare, la natura del regolamento di esecuzione impugnato. Tale valutazione richiede un’esposizione del contesto nel quale viene adottato un regolamento di esecuzione di questo tipo.

23      Al riguardo, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, il regolamento n. 854/2004 stabilisce norme specifiche per l’organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale. Così, il capo II di tale regolamento, che comprende gli articoli da 3 a 8, è dedicato ai controlli ufficiali relativi agli stabilimenti situati all’interno dell’Unione, mentre il capo III di tale regolamento, che comprende gli articoli da 10 a 15, è dedicato alle procedure di importazione.

24      Per quanto riguarda le procedure di importazione, l’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 854/2004 prevede che i prodotti di origine animale siano importati esclusivamente da un paese terzo o da una parte di un paese terzo che figura in un elenco compilato e aggiornato dalla Commissione in base a un atto di esecuzione adottato secondo la procedura di cui all’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento medesimo.

25      Le condizioni che un paese terzo deve soddisfare per figurare in tale elenco sono stabilite all’articolo 11 del regolamento n. 854/2004, nei paragrafi da 2 a 4, come modificati ai sensi dell’articolo 60 del regolamento (CE) n. 882/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali (GU 2004, L 165, pag. 1), che rinviano agli articoli 46 e 48 di quest’ultimo regolamento.

26      Dette condizioni riguardano sostanzialmente l’offerta di garanzie sufficienti da parte delle autorità competenti del paese terzo per quanto riguarda la conformità o l’equivalenza delle disposizioni della sua legislazione nazionale con la normativa dell’Unione in materia di mangimi e di alimenti e con le disposizioni sulla salute degli animali. In questo contesto, si tiene conto anche della legislazione del paese terzo riguardante, in particolare, i prodotti di origine animale, l’uso di medicinali veterinari, la preparazione e l’impiego di prodotti alimentari e le condizioni igieniche. A tale scopo, la Commissione può effettuare controlli ufficiali nei paesi terzi. Tali controlli riguardano, in particolare, la legislazione del paese terzo, l’organizzazione, le competenze e il grado di indipendenza delle autorità competenti, la formazione del loro personale, le loro risorse, l’efficacia del loro funzionamento e, infine, le garanzie che il paese terzo può fornire in merito alla conformità o all’equivalenza con i requisiti del diritto dell’Unione.

27      A tale riguardo, occorre altresì rilevare che il Brasile figura, in primo luogo, nell’allegato I del regolamento (CE) n. 798/2008 della Commissione, dell’8 agosto 2008, che istituisce un elenco di paesi terzi, loro territori, zone o compartimenti da cui sono consentiti le importazioni e il transito nella Comunità di pollame e prodotti a base di pollame e che definisce le condizioni di certificazione veterinaria (GU 2008, L 226, pag. 1), e, in secondo luogo, nell’allegato II del regolamento (UE) n. 206/2010 della Commissione, del 12 marzo 2010, che istituisce elenchi di paesi terzi, territori o loro parti autorizzati a introdurre nell’Unione europea determinati animali e carni fresche e che definisce le condizioni di certificazione veterinaria (GU 2010, L 73, pag. 1). Tali regolamenti sono stati adottati sulla base, segnatamente, dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 854/2004.

28      Tuttavia, il suddetto inserimento del Brasile non è sufficiente ai fini dell’importazione di prodotti di origine animale nel territorio dell’Unione da tale paese. L’articolo 12, paragrafo 1, del regolamento n. 854/2004 prevede infatti che, salvo casi particolari previsti da tale disposizione, i prodotti di origine animale possono essere importati nell’Unione solo se sono stati spediti dagli – e ottenuti o preparati negli – stabilimenti che figurano in elenchi compilati e aggiornati a tal fine dalle autorità del paese terzo interessato.

29      Le condizioni per l’inserimento di uno stabilimento in uno degli elenchi di cui supra al punto 28 sono stabilite dall’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004. In particolare, ai sensi di tale disposizione, uno stabilimento può essere inserito in un siffatto elenco solo se l’autorità competente del paese terzo di origine garantisce che:

–        lo stabilimento, insieme a qualsiasi stabilimento che lavora materie prime di origine animale utilizzate per la lavorazione dei prodotti di origine animale interessati, soddisfa i pertinenti requisiti dell’Unione oppure i requisiti determinati quali equivalenti ai suddetti requisiti all’atto della decisione di inserire il paese terzo in questione nel pertinente elenco, in conformità dell’articolo 11;

–        un servizio ispettivo ufficiale nel paese terzo sorveglia gli stabilimenti e, se del caso, mette a disposizione della Commissione tutte le informazioni pertinenti sugli stabilimenti che forniscono materie prime;

–        essa dispone effettivamente del potere di fermare le esportazioni degli stabilimenti verso l’Unione qualora questi non soddisfino i requisiti di cui alla precedente lettera a).

30      Inoltre, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 3, del regolamento n. 854/2004, le autorità competenti dei paesi terzi che figurano negli elenchi compilati e aggiornati dalla Commissione in conformità all’articolo 11 di tale regolamento garantiscono che gli elenchi di stabilimenti di cui all’articolo 12, paragrafo 1, del medesimo siano compilati, aggiornati e comunicati alla Commissione. Secondo l’articolo 12, paragrafo 5, del suddetto regolamento, la Commissione adotta le misure necessarie per garantire che la versione aggiornata di tutti gli elenchi compilati o aggiornati conformemente a tale articolo sia messa a disposizione del pubblico.

31      Ne consegue che, a norma del regolamento n. 854/2004, l’importazione di prodotti di origine animale nel territorio dell’Unione richiede che siano soddisfatte due condizioni cumulative.

32      In primo luogo, il paese terzo di origine di tali prodotti deve figurare in un elenco di paesi che la Commissione ritiene in grado di fornire determinate garanzie relative al loro sistema normativo in materia di prodotti di origine animale. Tale elenco è compilato e aggiornato mediante un atto di esecuzione che la Commissione adotta secondo la procedura di cui all’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004.

33      In secondo luogo, i prodotti in questione devono provenire da stabilimenti che figurano in un elenco compilato dall’autorità competente del paese terzo e per i quali tale autorità offre le garanzie specifiche descritte ai precedenti punti 29 e 30.

34      Pertanto, a differenza degli elenchi dei paesi da cui sono autorizzate le importazioni di taluni prodotti di origine animale, gli elenchi degli stabilimenti esportatori sono compilati e aggiornati dalle autorità competenti dei paesi terzi, che li comunicano alla Commissione, la quale è responsabile solo di mettere tali elenchi a disposizione del pubblico.

35      Tale ripartizione dei compiti tra la Commissione e le autorità competenti dei paesi terzi, come stabilita dal regolamento n. 854/2004, richiedeva che fosse prevista una misura di salvaguardia per la tutela della salute pubblica nell’Unione. Pertanto, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 4, lettera c), di tale regolamento, ogniqualvolta la Commissione ritenga necessario apportare una modifica a un elenco di stabilimenti compilato dalle autorità di un paese terzo, alla luce di informazioni pertinenti quali le relazioni di ispezione dell’Unione o gli allarmi RASFF istituiti a tal fine a norma dell’articolo 50 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU 2002, L 31, pag. 1), essa ne informa tutti gli Stati membri e mette la questione all’ordine del giorno della riunione successiva della sezione competente del comitato permanente affinché esso si pronunci, se del caso, secondo la procedura di cui all’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004. Tale procedura porta all’adozione di un atto di esecuzione, come il regolamento di esecuzione impugnato, che modifica l’elenco degli stabilimenti di paesi terzi dai quali possono essere importati nell’Unione prodotti di origine animale.

36      L’articolo 12, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 854/2004 conferisce, quindi, alla Commissione il potere di adottare un atto di esecuzione ai sensi del quale gli elenchi compilati dalle autorità competenti di paesi terzi vengono modificati. Dal precedente punto 29 risulta che la modifica di tale elenco può essere necessaria qualora si possa ritenere che l’autorità competente del paese terzo di origine non offra più le garanzie di cui all’articolo 12, paragrafo 2, di tale regolamento per taluni stabilimenti. A tal proposito, come peraltro sostenuto dalle ricorrenti nell’ambito del terzo motivo di ricorso (v. infra, punto 97), l’articolo 12, paragrafo 4, del suddetto regolamento non prevede una valutazione, da parte della Commissione, del comportamento individuale degli stabilimenti considerati in quanto tale, ma unicamente una valutazione dell’affidabilità delle garanzie offerte dalle autorità competenti riguardo ad essi. Tale affidabilità può essere messa in dubbio a causa di carenze osservate nell’organizzazione e nel funzionamento di dette autorità, ma anche sulla base delle misure adottate da queste ultime quando devono affrontare casi di non conformità, da parte di singoli stabilimenti, ai requisiti previsti dall’articolo 12, paragrafo 2, lettera a), di tale regolamento. Soltanto laddove elementi relativi alla situazione esistente in uno o più stabilimenti siano pertinenti per la valutazione dell’affidabilità delle garanzie da parte delle autorità del paese terzo, la Commissione è chiamata, se del caso, a tenerne conto.

37      Si deve, altresì, sottolineare che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti (v. infra, punto 92), gli stabilimenti che figurano nell’elenco degli stabilimenti di paesi terzi dai quali possono essere importati nell’Unione prodotti di origine animale non sono titolari di un diritto individuale che sia stato conferito loro da un atto di diritto dell’Unione e avente ad oggetto l’esportazione dei loro prodotti verso il mercato dell’Unione. Infatti, da un lato, il diritto dell’Unione prevede che l’esportazione dei prodotti di origine animale verso il mercato dell’Unione sia subordinata all’inserimento del paese terzo interessato nell’elenco di cui all’articolo 11 del regolamento n. 854/2004. Dall’altro lato, l’inserimento di stabilimenti appartenenti alle ricorrenti negli elenchi di cui all’articolo 12 del medesimo regolamento non è effettuato da un’istituzione, da un organo o da un organismo dell’Unione, bensì dalle sole autorità del paese terzo interessato, e ciò esclusivamente ai fini del funzionamento del sistema delle garanzie esposto ai precedenti punti da 23 a 34 per quanto riguarda, in particolare, il suo secondo aspetto descritto ai precedenti punti da 28 a 30, 33 e 34.

38      Pertanto, un atto di esecuzione, come il regolamento di esecuzione impugnato, in forza del quale la Commissione elimina taluni stabilimenti dagli elenchi compilati dalle autorità competenti di un paese terzo, non costituisce un insieme di atti individuali aventi per oggetto la revoca di un diritto asseritamente conferito a tali stabilimenti. L’atto di esecuzione in questione modifica, infatti, la seconda delle due condizioni che deve soddisfare, come esposto al precedente punto 33, qualsiasi partita di prodotti di origine animale esportata verso il mercato dell’Unione, vale a dire quella riguardante le garanzie offerte dalle autorità del paese terzo di origine relative all’applicazione effettiva della normativa pertinente di quest’ultimo. Avendo tale obiettivo, il regolamento di esecuzione impugnato stabilisce la norma secondo cui non è più consentita l’importazione nel mercato dell’Unione di prodotti di origine animale provenienti dagli stabilimenti da esso contemplati. Tale norma si applica alla generalità degli operatori economici che potrebbero essere interessati dall’importazione di prodotti siffatti provenienti da tali stabilimenti, ma anche alle autorità doganali degli Stati membri dell’Unione, cosicché il regolamento di esecuzione impugnato riveste una portata generale (v., per analogia, sentenza del 30 settembre 2003, Eurocoton e a./Consiglio, C‑76/01 P, EU:C:2003:511, punto 73).

39      In tale contesto, occorre stabilire, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, se e in quale misura le ricorrenti siano direttamente e, se del caso, individualmente interessate dal regolamento di esecuzione impugnato.

40      Secondo costante giurisprudenza, il requisito secondo cui una persona fisica o giuridica dev’essere direttamente interessata dall’atto oggetto del ricorso, requisito previsto all’articolo 263, quarto comma, TFUE, richiede la compresenza di due criteri cumulativi, ossia che la misura contestata, da un lato, produca direttamente effetti sulla situazione giuridica del singolo e, dall’altro, non lasci alcun potere discrezionale ai destinatari incaricati della sua attuazione, la quale deve avere carattere meramente automatico e derivare dalla sola normativa dell’Unione, senza intervento di altre norme intermedie (v. sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

41      A tale riguardo, occorre osservare che, in virtù del solo regolamento di esecuzione impugnato, i prodotti provenienti dagli stabilimenti che figurano nel suo allegato non soddisfano più la seconda condizione, che deve essere rispettata affinché siano esportati verso il mercato dell’Unione (v. precedenti punti da 28 a 30, 33 e 34). Pertanto, tale regolamento di esecuzione produce direttamente effetti sulla situazione giuridica delle ricorrenti in quanto esclude ipso iure tutte le importazioni di prodotti di origine animale provenienti da stabilimenti elencati nel suo allegato e appartenenti alle ricorrenti. Esso non lascia peraltro alcun potere discrezionale alle autorità doganali degli Stati membri destinatari di quest’ultimo, incaricate della sua applicazione, la quale ha carattere meramente automatico e deriva dalla sola normativa dell’Unione, senza applicazione di altre norme intermedie.

42      Tuttavia, è evidente che la situazione giuridica delle ricorrenti è pregiudicata soltanto nella misura in cui il regolamento di esecuzione impugnato è volto a eliminare gli stabilimenti loro appartenenti dagli elenchi compilati conformemente all’articolo 12 del regolamento n. 854/2004. Di conseguenza, è solo riguardo a questi ultimi stabilimenti che le ricorrenti sono direttamente interessate da tale regolamento di esecuzione.

43      Del resto, in quanto atto non legislativo di portata generale, il regolamento di esecuzione impugnato costituisce un atto regolamentare ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE (v., in tal senso, sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci, da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punti da 23 a 28 e giurisprudenza ivi citata).

44      Pertanto, la questione se, al fine di vedersi riconoscere la legittimazione ad agire per l’annullamento del regolamento di esecuzione impugnato, sia necessario che le ricorrenti siano individualmente interessate da quest’ultimo dipende dalla questione se quest’ultimo comporti misure di esecuzione ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE.

45      A tale riguardo, occorre rilevare che, come affermato al precedente punto 41, il regolamento di esecuzione impugnato esclude ipso iure tutte le importazioni di prodotti di origine animale provenienti da stabilimenti elencati nel suo allegato, dodici dei quali appartengono alle ricorrenti. Ne consegue che non sono necessarie misure di esecuzione da parte delle autorità dell’Unione o degli Stati membri affinché tale regolamento di esecuzione produca i suoi effetti. In tale contesto, potrebbe essere considerato come misura di esecuzione di detto regolamento di esecuzione, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, solo un atto adottato dalle autorità doganali di uno Stato membro che negasse l’immissione in libera pratica nel mercato dell’Unione di prodotti di origine animale provenienti dagli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti e che figurano in allegato al regolamento di esecuzione di cui trattasi.

46      Orbene, l’adozione di un atto siffatto non rientra nel regolare funzionamento del sistema istituito dalle norme applicabili. Infatti, dall’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), del regolamento n. 854/2004 risulta che, a partire dall’inserimento di un paese terzo nell’elenco di cui all’articolo 11 del medesimo regolamento, le autorità competenti di tale paese terzo sono tenute a bloccare, già alla dogana del paese di origine, qualsiasi partita destinata all’esportazione verso tale mercato proveniente da uno stabilimento che non figuri nell’elenco di stabilimenti autorizzati ad esportare prodotti di origine animale verso il mercato dell’Unione.

47      Di conseguenza, uno scenario ipotetico in cui, nonostante l’adozione del regolamento di esecuzione impugnato, una partita proveniente da uno stabilimento appartenente alle ricorrenti eliminato dagli elenchi controversi giungesse alla frontiera dell’Unione presupporrebbe un tentativo delle ricorrenti, in concorso con le autorità brasiliane, di violare il regolamento di esecuzione impugnato attraverso l’attuazione di pratiche elusive. Orbene, un siffatto presupposto non può essere preso in considerazione ai fini della valutazione relativa all’esistenza di misure di esecuzione di un atto regolamentare ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, come modificato dal Trattato di Lisbona. Infatti, tale disposizione mira, in particolare, a consentire a una persona fisica o giuridica di proporre un ricorso contro gli atti di portata regolamentare che la riguardino direttamente e che non comportino alcuna misura di esecuzione, evitando così i casi in cui una siffatta persona debba violare il diritto per avere accesso al giudice (sentenza del 6 giugno 2013, T & L Sugars e Sidul Açúcares/Commissione, T‑279/11, EU:T:2013:299, punto 58; v. altresì, in tal senso, ordinanza del 4 giugno 2012, Eurofer/Commissione, T‑381/11, EU:T:2012:273, punto 60).

48      Se, nonostante tale analisi, si dovesse ritenere che il regolamento di esecuzione impugnato contenga misure di esecuzione, si dovrebbe allora rilevare che, in ogni caso, tale regolamento riguarda le ricorrenti individualmente in quanto designa nominativamente, nel suo allegato, ciascuna di esse nella sua qualità di proprietaria di taluni stabilimenti ivi menzionati. Infatti, sotto tale profilo, detto regolamento di esecuzione pregiudica le ricorrenti in ragione di una qualità che è loro propria e che le distingue dalla generalità, a causa del fatto che esse sono proprietarie di taluni stabilimenti elencati nel suo allegato e, in forza di ciò, le identifica alla stessa stregua dei destinatari di un tale atto, ai sensi della sentenza del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione (25/62, EU:C:1963:17, pag. 223).

49      Ne consegue che, come sostiene la Commissione, il ricorso è ricevibile solo nella misura in cui riguarda gli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti. La parte ricevibile di tale ricorso coincide, quindi, con la domanda di annullamento formulata in subordine, di cui è dunque necessario valutare la fondatezza.

 Nel merito

50      Occorre esaminare, innanzitutto, il sesto motivo di ricorso.

 Sul sesto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 291, paragrafo 3, TFUE e degli articoli 3, 10 e 11 del regolamento n. 182/2011

51      Le ricorrenti sostengono che il progetto che ha portato all’adozione del regolamento di esecuzione impugnato è stato iscritto, per parere, all’ordine del giorno del comitato permanente del 19 aprile 2018. Tuttavia, il progetto in questione sarebbe stato sottoposto a tale comitato il giorno stesso, in violazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011, che prevede un termine non inferiore a quattordici giorni tra la presentazione del progetto di atto di esecuzione e la riunione di tale comitato. Tale termine costituirebbe una forma prescritta ad substantiam, la cui violazione comporterebbe l’annullamento del regolamento di esecuzione. Tale violazione avrebbe, inoltre, rimesso in discussione il diritto di controllo di cui godrebbero il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 4, e dell’articolo 11 del medesimo regolamento.

52      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 854/2004, quando la Commissione adisce il comitato permanente in merito alla modifica dell’elenco di stabilimenti i cui prodotti di origine animale possono essere importati nell’Unione, tale comitato decide «secondo la procedura di cui all’articolo 19, paragrafo 2», di detto regolamento.

53      Ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004, nei casi in cui è fatto riferimento a detto paragrafo, si applicano gli articoli 5 e 7 della decisione 1999/468/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, recante modalità per l’esercizio delle competenze di esecuzione conferite alla Commissione (GU 1999, L 184, pag. 23).

54      La decisione 1999/468 era stata adottata sulla base dell’articolo 202 CE (divenuto, in seguito a modifica, articolo 291 TFUE).

55      Ai sensi dell’articolo 291, paragrafi 2 e 3, TFUE:

«2. Allorché sono necessarie condizioni uniformi di esecuzione degli atti giuridicamente vincolanti dell’Unione, questi conferiscono competenze di esecuzione alla Commissione o, in casi specifici debitamente motivati e nelle circostanze previste agli articoli 24 e 26 del trattato sull’Unione europea, al Consiglio.

3. Ai fini del paragrafo 2, il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo la procedura legislativa ordinaria, stabiliscono preventivamente le regole e i principi generali relativi alle modalità di controllo da parte degli Stati membri dell’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione».

56      In applicazione dell’articolo 291, paragrafo 3, TFUE, il Parlamento e il Consiglio hanno adottato il regolamento n. 182/2011, che ha abrogato la decisione 1999/468.

57      L’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento n. 182/2011 dispone quanto segue:

«Laddove gli atti di base adottati prima dell’entrata in vigore del presente regolamento prevedano l’esercizio delle competenze di esecuzione attribuite alla Commissione conformemente alla decisione [1999/468], si applicano le seguenti disposizioni:

(…)

c)      qualora l’atto di base faccia riferimento all’articolo 5 della decisione [1999/468], si applica la procedura d’esame di cui all’articolo 5 del presente regolamento (...)».

58      Inoltre, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 2, del regolamento n. 182/2011, «[g]li articoli 3 e 9 del presente regolamento si applicano a tutti i comitati esistenti ai fini del paragrafo 1».

59      Dall’articolo 13, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 182/2011, in combinato disposto con le disposizioni del regolamento n. 854/2004 menzionate ai precedenti punti 52 e 53, risulta che il comitato permanente interviene, nella fattispecie, secondo la procedura d’esame di cui all’articolo 5 di tale regolamento.

60      Infine, ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 182/2011, rubricato «Disposizioni comuni»:

«1. Le disposizioni comuni di cui al presente articolo si applicano a tutte le procedure di cui agli articoli da 4 a 8.

(...)

3. Il presidente sottopone al comitato il progetto di atto di esecuzione che deve essere adottato dalla Commissione.

Salvo in casi debitamente giustificati, il presidente convoca una riunione entro un termine non inferiore a quattordici giorni dalla presentazione del progetto di atto di esecuzione e del progetto di ordine del giorno al comitato. Il comitato esprime il suo parere sul progetto di atto di esecuzione entro un termine che il presidente può fissare in funzione dell’urgenza della questione. I termini sono proporzionati e offrono ai membri del comitato tempestive e effettive opportunità di esaminare il progetto di atto di esecuzione ed esprimere la loro posizione.

4. Fino a quando il comitato non esprime un parere, ogni suo membro può proporre modifiche e il presidente può presentare versioni modificate del progetto di atto di esecuzione».

61      Si deve rilevare che i requisiti dettati dall’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011 rappresentano norme procedurali essenziali imposte dal Trattato FUE, che costituiscono forme prescritte ad substantiam ai fini della regolarità del procedimento e la cui violazione comporta la nullità dell’atto interessato (sentenza del 20 settembre 2017, Tilly‑Sabco/Commissione, C‑183/16 P, EU:C:2017:704, punto 114).

62      Poiché l’articolo 291, paragrafo 3, TFUE prevede espressamente un controllo degli Stati membri sull’esercizio da parte della Commissione delle competenze di esecuzione ad essa attribuite ai sensi del precedente paragrafo 2, si deve ritenere che il termine di quattordici giorni, che può essere ridotto in casi giustificati, sia volto a garantire che i governi degli Stati membri siano informati, tramite i rispettivi membri del comitato, delle proposte della Commissione, affinché i governi stessi possano, attraverso consultazioni interne ed esterne, definire una posizione diretta a tutelare, all’interno del comitato permanente, gli interessi propri di ognuno di essi (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2017, Tilly‑Sabco/Commissione, C‑183/16 P, EU:C:2017:704, punto 103).

63      Nel caso di specie, dai punti da 212 a 214 del ricorso emerge che le ricorrenti fondano le proprie argomentazioni sul fatto che la Commissione ha sottoposto il progetto che ha portato all’adozione del regolamento di esecuzione impugnato al comitato permanente il 19 aprile 2018, ossia il giorno stesso della riunione in cui tale comitato lo avrebbe esaminato, senza rispettare il termine di quattordici giorni previsto dall’articolo 3, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 182/2011 (v. supra, punto 60).

64      A tale riguardo, dagli estratti del libro verbali del comitato permanente prodotti dalla Commissione risulta che quest’ultima ha sottoposto al detto comitato un progetto del regolamento di esecuzione impugnato il 21 febbraio 2018 e che una prima versione modificata di detto progetto è stata presentata il 10 aprile 2018. La Commissione aggiunge che la seconda versione modificata di tale progetto, sottoposta a detto comitato il 19 aprile 2018, riguardava soltanto una modifica integrativa puramente formale, che portava la data di entrata in vigore delle misure proposte al secondo giorno successivo alla pubblicazione del suddetto regolamento di esecuzione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, invece del quindicesimo giorno precedentemente previsto. Questa versione dei fatti è corroborata dai documenti prodotti dalla Commissione il 30 gennaio e il 13 dicembre 2019 nell’ambito delle misure di organizzazione del procedimento.

65      Orbene, va ricordato che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, del regolamento n. 182/2011, fino a quando il comitato non esprime un parere, il presidente può presentare versioni modificate del progetto di atto di esecuzione (v. supra, punto 60).

66      Ne consegue che, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, nel caso di specie non si può ravvisare alcuna violazione dell’articolo 3, paragrafo 3, del regolamento n. 182/2011.

67      Infine, dato che le ricorrenti fondano l’asserita violazione delle altre disposizioni da esse invocate, ossia dell’articolo 291, paragrafo 3, TFUE e degli articoli 10 e 11 del regolamento n. 182/2011, esclusivamente sull’inosservanza del termine di quattordici giorni previsto dal solo articolo 3, paragrafo 3, del medesimo regolamento, nel caso di specie non è nemmeno possibile ravvisare alcuna violazione di tali ulteriori disposizioni.

68      Ne consegue che il sesto motivo di ricorso dev’essere respinto.

 Sul primo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

69      Le ricorrenti sostengono che, nell’ambito del suo obbligo di motivare il regolamento di esecuzione impugnato, la Commissione avrebbe dovuto esporre le ragioni specifiche per le quali riteneva che ciascuno degli stabilimenti interessati dovesse essere eliminato dagli elenchi di cui all’articolo 12 del regolamento n. 854/2004. Orbene, in primo luogo, secondo il suo considerando 4, detto regolamento di esecuzione sarebbe fondato sull’esistenza di allarmi relativi alla presenza di Salmonella nelle carni di pollame e nei prodotti a base di carne di pollame provenienti da diversi stabilimenti situati in Brasile, senza tuttavia indicare quali sarebbero stati gli stabilimenti interessati. Inoltre, dall’allegato di tale regolamento di esecuzione risulta che la Commissione avrebbe eliminato taluni stabilimenti appartenenti alla prima ricorrente dall’elenco degli stabilimenti autorizzati a importare carni di ungulati domestici e prodotti a base di carne, mentre il considerando 4 del medesimo regolamento di esecuzione non riguarderebbe questo tipo di prodotti.

70      In secondo luogo, ai sensi del considerando 5 del regolamento di esecuzione impugnato, le autorità brasiliane non sarebbero state in grado di porre rimedio alle carenze individuate e quindi non vi sarebbero state garanzie sufficienti per affermare che gli stabilimenti cui fa riferimento il considerando 4 di tale regolamento rispettano i requisiti dell’Unione. Orbene, l’assenza di qualsiasi precisazione sul fondamento di fatto e di diritto di tale valutazione e sull’identità degli stabilimenti interessati integrerebbe un difetto di motivazione.

71      In terzo luogo, il considerando 6 del regolamento di esecuzione impugnato rivelerebbe una contraddizione, riferendosi, in merito ai medesimi fatti, a casi di frode accertata e all’esistenza di indagini in corso e non consentirebbe di capire perché le indagini in questione comportino una perdita di fiducia anziché un suo rafforzamento. Inoltre, il regolamento di esecuzione in questione non conterrebbe alcun riferimento ai fatti rilevanti riguardo a ciascuno degli stabilimenti interessati.

72      Si deve ricordare che la motivazione prescritta dall’articolo 296 TFUE dev’essere adeguata alla natura dell’atto di cui trattasi e deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e al giudice competente di esercitare il proprio controllo. La necessità della motivazione dev’essere valutata in funzione delle circostanze del caso, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi esposti e dell’interesse che i destinatari dell’atto, o altre persone da questo interessate direttamente e individualmente, possano avere a ricevere spiegazioni. La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’accertamento se la motivazione di un atto soddisfi i requisiti di cui all’articolo 296 TFUE va effettuato alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (sentenza dell’11 settembre 2003, Austria/Consiglio, C‑445/00, EU:C:2003:445, punto 49).

73      Relativamente, in particolare, a un atto destinato a un’applicazione generale, quale il regolamento di esecuzione impugnato (v. supra, punto 38), la motivazione può limitarsi ad indicare la situazione complessiva che ha condotto alla sua adozione e gli obiettivi generali che esso si prefigge (sentenza del 9 settembre 2003, Kik/UAMI, C‑361/01 P, EU:C:2003:434, punto 102).

74      Si deve altresì ricordare che, contrariamente a quanto suggeriscono le ricorrenti in diversi punti delle loro memorie (v. infra, punto 92), il diritto dell’Unione non conferisce loro alcun diritto individuale di esportare i loro prodotti verso il mercato dell’Unione (v. supra, punto 37). Come sopra esposto ai punti da 23 a 34, un atto come il regolamento di esecuzione impugnato non è volto a revocare alcun diritto individuale concesso ai sensi di altre disposizioni del diritto dell’Unione, cosa che richiederebbe l’avvio di indagini relative al comportamento della persona interessata e che darebbero luogo all’adozione di un atto individuale accompagnato da una motivazione che specifichi il comportamento contestato.

75      Ciò è messo ancor più in evidenza dal confronto tra il contesto normativo in cui operano le imprese esportatrici stabilite in paesi terzi (v. supra, punti da 23 a 34) e quello in cui operano le imprese dell’Unione.

76      In particolare, da un lato, gli stabilimenti dell’Unione sono soggetti all’obbligo di riconoscimento ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 854/2004. La procedura di riconoscimento è avviata su richiesta dell’operatore; il riconoscimento stesso è concesso dalle autorità competenti degli Stati membri alle condizioni e secondo le procedure di cui all’articolo 31, paragrafo 2, del regolamento n. 882/2004. A tal fine, l’operatore deve dimostrare di soddisfare i requisiti pertinenti della legislazione dell’Unione in materia di mangimi o di alimenti. Il riconoscimento conferisce agli operatori degli stabilimenti dell’Unione un diritto individuale di immettere sul mercato dell’Unione prodotti di origine animale. Inoltre, l’articolo 54, paragrafo 2, di quest’ultimo regolamento prevede una serie di altre misure di attuazione che le autorità competenti degli Stati membri sono tenute ad adottare nei confronti degli stabilimenti che non rispettano gli obblighi derivanti dalla legislazione applicabile. Ne consegue che il diritto individuale di cui godono gli operatori degli stabilimenti dell’Unione, che trova la sua fonte nel diritto dell’Unione, può essere pregiudicato solo alle condizioni previste dall’articolo 31, paragrafo 2, lettera e), di tale regolamento, relativo alla revoca del riconoscimento a causa di gravi mancanze o ripetute di misure di arresto della produzione, e dall’articolo 54, paragrafi da 1 a 3, del medesimo regolamento, che stabilisce una serie di altre misure di attuazione per i casi di non conformità. Tali disposizioni prevedono l’avvio di una procedura nei confronti dell’operatore dello stabilimento interessato, che sfocia nell’adozione di un atto individuale, accompagnato da una motivazione in cui vengono indicate espressamente la o le non conformità nelle quali è incorso l’operatore suddetto.

77      Dall’altro lato, in virtù degli articoli da 4 a 8 del regolamento n. 854/2004, le autorità competenti degli Stati membri effettuano una serie di controlli ufficiali riguardanti tutti i prodotti di origine animale che rientrano nell’ambito di applicazione di detto regolamento.

78      Ne consegue che gli operatori degli stabilimenti dell’Unione possono promuovere l’avvio di una procedura che porta al rilascio di un riconoscimento, il quale viene concesso se il richiedente soddisfa determinati criteri oggettivi. Gli stabilimenti titolari di un siffatto riconoscimento godono allora di un diritto individuale di immettere sul mercato dell’Unione prodotti di origine animale, diritto che può essere revocato solo alle condizioni descritte al precedente punto 76. In cambio, gli Stati membri assumono, in forza del diritto dell’Unione, gli obblighi di cui al precedente punto 76, e la Commissione dispone, inoltre, nei loro confronti, dei poteri coercitivi previsti dal Trattato.

79      Contrariamente a tale situazione, dagli articoli 11 e 12 del regolamento n. 854/2004 risulta che la possibilità per gli stabilimenti situati in un paese terzo di esportare prodotti di origine animale verso il mercato dell’Unione richiede, da un lato, l’inserimento del paese in questione e, dall’altro, l’inserimento dello stabilimento interessato negli elenchi previsti in tali disposizioni. Orbene, in primo luogo, il legislatore dell’Unione non ha riservato agli operatori degli stabilimenti interessati, situati in un paese terzo, alcun ruolo nell’avvio delle relative procedure né concede loro la possibilità di adire la Commissione nel caso in cui l’autorità competente del paese terzo rifiuti di inserirli negli elenchi di cui trattasi. In secondo luogo, le procedure in questione non portano all’adozione di un atto dell’Unione che conferisce un diritto individuale e che potrebbe essere revocato solo in esito a una procedura avviata nei confronti di ciascuno degli stabilimenti in questione. Come è stato sopra esposto, il sistema a due livelli istituito da tale regolamento mira a consentire alla Commissione di valutare se le autorità competenti del paese terzo offrano le garanzie richieste dagli articoli 11 e 12 del regolamento stesso (v. supra, punti da 24 a 38). Infatti, da un lato, l’eliminazione di uno stabilimento dagli elenchi controversi non equivale alla revoca di un diritto individuale conferito dal diritto dell’Unione (v. supra, punto 38) e, dall’altro lato, né la Commissione né gli Stati membri dispongono di poteri coercitivi nei confronti di stabilimenti situati al di fuori dell’Unione o dei paesi terzi non direttamente soggetti ad obblighi imposti dal diritto dell’Unione.

80      Alla luce di tali differenze, la Commissione è, in cambio, libera di stabilire la soglia di affidabilità delle garanzie offerte dalle autorità competenti di un paese terzo a un livello particolarmente elevato, potendo così spingersi fino ad esigere, per quanto riguarda i parametri essenziali, prestazioni praticamente irreprensibili da parte delle autorità competenti dei paesi terzi.

81      In questo contesto, gli obblighi di motivazione di cui ai precedenti punti 72 e 73 comportano, per la Commissione, il dovere di indicare i motivi che l’hanno indotta a ritenere che le autorità brasiliane non offrissero più le garanzie previste dall’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 con riguardo agli stabilimenti interessati.

82      Se la motivazione di cui trattasi si riferisce a elementi relativi a taluni stabilimenti, la relativa esposizione deve descrivere gli elementi in questione quali informazioni pertinenti ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 854/2004, soltanto nella misura necessaria a spiegare, alla luce del comportamento o delle dichiarazioni delle autorità del paese terzo interessato, le ragioni per cui la Commissione ritiene che tali autorità non offrano più le garanzie richieste dall’articolo 12, paragrafo 2, di detto regolamento.

83      Nel caso di specie, dall’allegato al regolamento di esecuzione impugnato risulta che gli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti ivi menzionati sono elencati in quattro diverse tabelle. La prima tabella riguarda le carni di ungulati domestici (sezione I della nomenclatura dei settori) e indica un unico stabilimento appartenente alla prima ricorrente. La seconda tabella riguarda le carni di pollame e di lagomorfi (sezione II della nomenclatura dei settori) e indica otto stabilimenti appartenenti alla prima ricorrente e due stabilimenti appartenenti alla seconda ricorrente. La terza tabella riguarda le carni macinate, le preparazioni di carne e le carni separate meccanicamente (sezione V della nomenclatura dei settori) e indica, rispettivamente, otto stabilimenti appartenenti alla prima ricorrente e uno stabilimento appartenente alla seconda ricorrente. La quarta tabella riguarda i prodotti a base di carne (sezione VI della nomenclatura dei settori) e indica sei stabilimenti appartenenti alla prima ricorrente.

84      La Commissione ha esposto, ai considerando 4 e 5 del regolamento di esecuzione impugnato, che le autorità brasiliane erano state invitate ad adottare le misure correttive necessarie per porre rimedio ai gravi e ripetuti casi di non conformità ai requisiti dell’Unione dovuti alla presenza di Salmonella nella carne di pollame e nelle preparazioni a base di carne di pollame. Orbene, dalle informazioni fornite dalle stesse autorità e dai risultati dei controlli ufficiali effettuati alle frontiere dell’Unione emergerebbe che non sono state adottate le misure necessarie, con la conseguenza che l’immissione sul mercato dei prodotti provenienti dagli stabilimenti interessati costituirebbe un rischio per la salute pubblica. Tale motivazione riguarda i dieci stabilimenti appartenenti alle ricorrenti ed elencati nella seconda tabella dell’allegato al suddetto regolamento di esecuzione.

85      Inoltre, ai sensi del considerando 6 del regolamento di esecuzione impugnato, le indagini sui casi di frode individuati in Brasile nel marzo 2018 hanno fatto emergere che non vi erano garanzie sufficienti per poter affermare che gli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti ed eliminati dagli elenchi controversi fossero conformi ai pertinenti requisiti dell’Unione. Tale motivazione riguarda tutti gli stabilimenti delle ricorrenti elencati nelle quattro tabelle dell’allegato del regolamento di esecuzione impugnato. A tale riguardo, occorre rilevare che la natura stessa della frode in questione, relativa alla certificazione dei laboratori per le carni, comprese le carni di pollame, e i prodotti a base di carne esportati nell’Unione, è tale da mettere in discussione l’affidabilità delle garanzie che le autorità brasiliane sono tenute a offrire ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004, circostanza che, secondo lo stesso considerando, rende i prodotti provenienti da tali stabilimenti suscettibili di presentare un rischio per la salute umana.

86      Tale motivazione contiene tutte le informazioni necessarie per comprendere, alla luce del contesto normativo applicabile, le ragioni alla base dell’adozione del regolamento di esecuzione impugnato nel settore della carne e dei prodotti a base di carne, compresa la carne di pollame.

87      Infatti, gli elementi citati nel regolamento di esecuzione impugnato si riferiscono alle carenze delle competenti autorità brasiliane quanto alle garanzie che esse sono tenute a offrire ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004, circostanza che è chiaramente connessa alla tutela della salute pubblica, la cui salvaguardia costituisce l’obiettivo di tale regolamento. Tale motivazione consente, inoltre, alle ricorrenti, in quanto soggetti legittimati ad agire per l’annullamento del regolamento di esecuzione impugnato, di proporre un ricorso con cui si contesti l’esattezza delle constatazioni sottese all’azione della Commissione.

88      A tale riguardo, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la Commissione non era tenuta a indicare, nel regolamento di esecuzione impugnato, quali allarmi specifici, emessi dalle autorità degli Stati membri a seguito di ciascun controllo alle frontiere dell’Unione, riguardavano ciascuno degli stabilimenti elencati nell’allegato di tale regolamento oppure quali fatti specifici, per ciascuno degli stabilimenti interessati, erano alla base dell’accusa di frode nelle certificazioni.

89      Infatti, da un lato, avendo la Commissione indicato, al considerando 5 del regolamento di esecuzione impugnato, che solo gli stabilimenti interessati sono stati eliminati dal rispettivo elenco, le ricorrenti sono in grado di verificare se prodotti spediti a partire da uno stabilimento indicato in detto allegato siano stati oggetto di allarmi e se l’eventuale numero di tali allarmi possa essere qualificato come significativo. Dall’altro lato, la motivazione esposta al considerando 6 di detto regolamento di esecuzione, secondo cui il sistema di certificazione applicabile soffre di carenze illustrate in documenti relativi alle indagini condotte dalla polizia e dal potere giudiziario brasiliano in materia di carni e di prodotti a base di carne, è sufficiente, alla luce dell’obiettivo di tutela della salute umana invocato, a sostenere il dispositivo di un atto quale il suddetto regolamento di esecuzione. Inoltre, il fatto che le autorità brasiliane abbiano esse stesse scoperto la frode e che stiano conducendo le indagini ancora in corso non rivela alcuna contraddizione nella motivazione. Infatti, tenuto conto dell’obiettivo dichiarato e conforme al regolamento n. 854/2004 di proteggere la salute umana, la Commissione è autorizzata a reagire ai sospetti concreti di frode in merito alla certificazione di prodotti quando tali sospetti fanno sorgere un serio dubbio sulla capacità sistemica delle autorità del paese terzo di offrire le garanzie previste all’articolo 12, paragrafo 2, di tale regolamento, senza attendere il risultato definitivo di tali indagini.

90      Infine, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, il settore delle carni di ungulati e quello dei prodotti a base di carne rientrano nel considerando 6 del regolamento di esecuzione impugnato, che si riferisce a «carni» in generale. Questa circostanza spiega perché taluni stabilimenti appartenenti alle ricorrenti siano elencati nella prima e nella quarta tabella dell’allegato al regolamento di esecuzione, dedicate ai prodotti in questione.

91      Ne consegue che il primo motivo di ricorso dev’essere respinto.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dei diritti della difesa delle ricorrenti

92      Le ricorrenti sostengono che le circostanze che hanno accompagnato l’adozione del regolamento di esecuzione impugnato rivelano una violazione dei loro diritti della difesa, quali tutelati dall’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. A loro avviso, la Commissione non le ha informate degli elementi presi in considerazione a loro carico né le ha invitate a prendere posizione al riguardo prima dell’adozione di detto regolamento di esecuzione. Esse affermano, altresì, che tale istituzione non ha dato seguito alle richieste che avevano formulato al fine di esporle le loro ragioni. Orbene, la procedura istituita dall’articolo 12 del regolamento n. 854/2004 condurrebbe, in forza di un atto della Commissione, alla perdita del loro diritto di esportare i prodotti di cui trattasi verso il mercato dell’Unione in ragione di fatti relativi al loro comportamento individuale. Le ricorrenti ne deducono che la possibilità di dialogare con le autorità brasiliane non sostituisce il rispetto dei loro diritti della difesa da parte dell’istituzione autrice dell’atto che arreca loro pregiudizio.

93      Ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 2, lettera a), della Carta dei diritti fondamentali, il diritto a una buona amministrazione comporta il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio. Infatti, il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione che dev’essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma riguardante il procedimento. Tale principio impone che i destinatari di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di far conoscere proficuamente il loro punto di vista sugli elementi presi in considerazione a loro carico per fondare l’atto controverso (sentenze del 21 settembre 2000, Mediocurso/Commissione, C‑462/98 P, EU:C:2000:480, punti 36 e 43, e del 1° ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio, C‑141/08 P, EU:C:2009:598, punto 83).

94      Per contro, nel caso di atti di portata generale, salvo disposizione espressa contraria, né l’iter della loro elaborazione né tali stessi atti richiedono, in forza dei principi generali del diritto dell’Unione, come il diritto di essere ascoltati, consultati o informati, la partecipazione dei soggetti che subiscono pregiudizio (ordinanze del 30 settembre 1997, Federolio/Commissione, T‑122/96, UE:T:1997:142, punto 75; dell’11 settembre 2007, Honig-Verband/Commissione, T‑35/06, EU:T:2007:250, punto 45, e sentenza del 15 settembre 2016, TAO-AFI e SFIE-PE/Parlamento e Consiglio, T‑456/14, EU:T:2016:493, punto 69).

95      Nel caso di specie, come si evince dai precedenti punti da 23 a 38, il regolamento di esecuzione impugnato costituisce un atto di portata generale adottato sulla base di valutazioni vertenti sulla mancanza di affidabilità delle garanzie offerte dalle autorità brasiliane riguardo all’applicazione effettiva della loro normativa nazionale da parte di taluni stabilimenti situati in tale paese terzo.

96      Ne consegue che la procedura che ha portato all’adozione del regolamento di esecuzione impugnato non è stata avviata nei confronti delle ricorrenti e non ha condotto all’adozione di un provvedimento individuale di cui queste ultime fossero destinatarie. Il regolamento n. 854/2004 non contiene, inoltre, alcuna disposizione che sancisca il diritto di essere ascoltati di soggetti quali le ricorrenti. Di conseguenza, la Commissione non era tenuta ad invitare le ricorrenti a presentarle il loro punto di vista sugli elementi presi in considerazione per l’adozione del regolamento di esecuzione impugnato, cosicché il secondo motivo di ricorso deve essere respinto.

 Terzo motivo di ricorso, vertente sulla violazione dell’articolo 12, paragrafo 2 e paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 854/2004

97      Secondo le ricorrenti, il fatto che soltanto taluni stabilimenti siano stati eliminati dagli elenchi controversi dimostra che la Commissione ha valutato il comportamento individuale di ciascuno di essi, mentre il fondamento giuridico del regolamento di esecuzione impugnato, vale a dire l’articolo 12, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 854/2004, consentirebbe esclusivamente una valutazione dell’efficacia delle autorità brasiliane competenti.

98      Anche supponendo che la motivazione alla base del regolamento di esecuzione impugnato si riferisca alla valutazione che la Commissione ha formulato riguardo all’efficacia di tali autorità, tale valutazione sarebbe viziata da errori manifesti. In particolare, secondo le ricorrenti, in primo luogo, l’invito rivolto alle autorità brasiliane ad adottare le misure correttive necessarie, a seguito dell’individuazione di Salmonella nelle carni di pollame e nelle preparazioni di carni di pollame, fa riferimento alle raccomandazioni formulate nella relazione di un audit effettuato nel maggio 2017. Tuttavia, dalla relazione redatta all’esito di un secondo audit condotto tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio 2018 risulterebbe che le autorità brasiliane avevano adottato le misure di attuazione richieste dalle suddette raccomandazioni.

99      In secondo luogo, per il periodo compreso tra il 1° marzo 2017 e il 19 aprile 2018, sarebbero stati oggetto di un allarme RASFF solo 41 casi riguardanti i dodici stabilimenti eliminati dagli elenchi contestati e appartenenti alle ricorrenti. Orbene, da un lato, durante lo stesso periodo, gli stabilimenti in questione sarebbero stati all’origine di 6 766 container esportati verso l’Unione in un regime di controlli rafforzati implicante ispezioni sistematiche delle partite in arrivo alla dogana d’importazione. Dall’altro, tra il 19 giugno 2017 (data in cui le autorità brasiliane avrebbero iniziato a controllare la totalità delle partite destinate all’esportazione) e il 19 aprile 2018, nove stabilimenti appartenenti alle ricorrenti sono stati oggetto di allarmi RASFF in numero da zero a due e altri due stabilimenti sono stati oggetto di allarmi RASFF in numero da quattro a sei. Per di più, la sospensione, da parte delle autorità brasiliane, nel marzo 2018, dell’autorizzazione di due stabilimenti appartenenti alle ricorrenti avrebbe avuto effetto solo a partire dall’aprile di tale anno, di modo che il numero esiguo di allarmi RASFF durante i primi tre mesi del 2018 non può essere attribuito a tale sospensione. Per contro, la Commissione non sembra aver tratto alcuna conclusione dai 140 allarmi RASFF emessi tra il 1° marzo 2017 e il 19 aprile 2018, che riguardavano stabilimenti non appartenenti alle ricorrenti e che non sono stati eliminati dagli elenchi controversi.

100    In terzo luogo, dai dati statistici pertinenti risulterebbe che la percentuale di container provenienti dagli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti ed eliminati dagli elenchi controversi, per i quali è stata riscontrata la presenza di Salmonella nell’ambito dei controlli rafforzati, rappresenta circa un terzo della corrispondente percentuale riscontrata in relazione ai prodotti provenienti da stabilimenti europei, pur essendo questi ultimi tenuti a conformarsi alla normativa dell’Unione. Per sette stabilimenti appartenenti alle ricorrenti, la percentuale in questione sarebbe compresa tra lo 0 e il 3,1%. Inoltre, tra il 1° gennaio e il 19 aprile 2018, sarebbe stato emesso un solo allarme RASFF riguardante gli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti. Ne conseguirebbe che il numero di allarmi RASFF relativi agli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti non potrebbe in alcun caso essere qualificato come significativo e che i casi di non conformità accertati non potrebbero essere considerati come rivelatori di una prassi aziendale generalizzata. Tale circostanza si rifletterebbe nel primo progetto di regolamento di esecuzione, sottoposto per parere al comitato permanente il 21 febbraio 2018 (v. supra, punto 3), che non riguarderebbe quasi nessuno degli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti.

101    In quarto luogo, non sono stati rilevati casi di Salmonella in relazione a prodotti a base di carne diversi dalla carne di pollame provenienti dagli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti ed eliminati dagli elenchi controversi, cosicché i considerando 4 e 5 del regolamento di esecuzione impugnato sarebbero viziati da un errore manifesto di valutazione al riguardo.

102    In quinto luogo, secondo le ricorrenti, le conclusioni della relazione redatta dalla Commissione nel 2018 all’esito del suo secondo audit (v. supra, punto 98) confermano che le autorità brasiliane hanno adottato tutte le misure necessarie al fine non solo di accertare i fatti relativi al caso di frode menzionato nel considerando 6 del regolamento impugnato, ma altresì di assicurare per il futuro la conformità dei prodotti esportati verso il mercato dell’Unione. Tali misure hanno incluso la sospensione, a titolo preventivo, decisa nel marzo 2018, della possibilità di esportare per taluni stabilimenti appartenenti alle ricorrenti. Inoltre, i controlli effettuati dalla Commissione in tre stabilimenti appartenenti alle ricorrenti non avrebbero evidenziato carenze manifeste. Tenuto conto del fatto che uno solo tra gli stabilimenti appartenenti alla prima ricorrente e autorizzati ad esportare carne di pollame verso il mercato all’Unione è messo in discussione nell’ambito di tale verifica e che le indagini giudiziarie cui fa riferimento la Commissione nel medesimo considerando riguardano il periodo compreso tra il 2012 e l’inizio del 2017 al più tardi, le circostanze invocate dalla Commissione non sarebbero idonee a mettere in dubbio l’affidabilità delle garanzie offerte dalle autorità brasiliane riguardo agli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti ed eliminati dagli elenchi controversi.

103    Dai precedenti punti da 96 a 102 risulta che l’argomentazione delle ricorrenti è articolata in due parti. La prima verte su un errore di diritto consistente nella violazione dell’articolo 12, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 854/2004 (v. supra, punto 97). La seconda verte su un errore manifesto che vizierebbe la valutazione della Commissione quanto all’affidabilità delle garanzie offerte dalle autorità brasiliane riguardo agli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti (v. supra, punti da 98 a 102).

104    Occorre anzitutto respingere la prima parte del presente motivo, secondo cui la Commissione ha in realtà valutato il comportamento individuale di ciascuno degli stabilimenti oggetto del regolamento di esecuzione impugnato, in violazione dell’articolo 12, paragrafo 4, lettera c), del regolamento n. 854/2004 (v. supra, punto 97). Infatti, come risulta dai precedenti punti da 82 a 87, il riferimento, nei considerando di detto regolamento di esecuzione, ad elementi riguardanti gli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti ed eliminati dagli elenchi controversi è fatto solo nei limiti in cui ciò è necessario per spiegare le ragioni per le quali, alla luce del comportamento o delle dichiarazioni delle autorità del paese terzo interessato, la Commissione ritiene che queste ultime non offrano più le garanzie richieste dall’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004. Del resto, tale riferimento si spiega anche con la necessità, per la Commissione, di procedere con cura e imparzialità, il che implica che essa deve effettuare un esame completo e circostanziato del caso. Di conseguenza, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, il fatto che la Commissione non abbia eliminato tutti gli stabilimenti brasiliani dagli elenchi controversi non implica che, in realtà, essa abbia basato la propria decisione esclusivamente sul comportamento o sulle prestazioni degli stabilimenti in questione senza considerare le prestazioni delle autorità brasiliane che incidono sull’affidabilità delle garanzie che queste ultime sono tenute a offrire.

105    Per quanto riguarda la seconda parte, essa contiene censure che mettono in discussione sia la motivazione relativa al numero di allarmi RASFF emessi in merito alla presenza di Salmonella nelle carni di pollame (considerando 4 e 5 del regolamento di esecuzione impugnato), sia la motivazione relativa a un caso di frode legata alla falsificazione di certificati rilasciati da laboratori brasiliani riguardanti la qualità della carne in generale, comprese le carni di pollame (considerando 6 del regolamento di esecuzione suddetto).

106    Dalle modalità di attuazione dell’articolo 12, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 854/2004, come risultanti dalla pubblicazione online degli elenchi controversi, si desume che gli stabilimenti ivi presenti sono suddivisi per paese e per settore di attività. Correlativamente, come è stato esposto al precedente punto 83, gli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti sono stati eliminati da quattro elenchi diversi relativi, rispettivamente, alle carni di ungulati domestici (sezione I della nomenclatura dei settori, tabella 1 dell’allegato del regolamento di esecuzione impugnato), alle carni di pollami e di lagomorfi (sezione II della nomenclatura dei settori, tabella 2 di detto allegato), alle carni macinate, preparazioni di carni e carni separate meccanicamente (sezione V della nomenclatura dei settori, tabella 3 di tale allegato) e ai prodotti a base di carne (sezione VI della nomenclatura dei settori, tabella 4 del medesimo allegato). Ciascuno stabilimento inserito negli elenchi controversi reca un numero di riconoscimento attribuito dall’autorità brasiliana competente.

107    Occorre ricordare che le motivazioni esposte ai considerando da 4 a 6 del regolamento di esecuzione impugnato (v. supra, punto 105) sono alla base, in modo cumulativo, dell’eliminazione dagli elenchi controversi dei dieci stabilimenti elencati nella tabella 2 dell’allegato di tale regolamento di esecuzione quali stabilimenti la cui produzione di carni di pollame e di lagomorfi (sezione II della nomenclatura dei settori) può essere importata nell’Unione. Per contro, per quanto riguarda gli stabilimenti elencati nelle tabelle 1, 3 e 4 dell’allegato del regolamento di esecuzione impugnato (sezioni I, V e VI della nomenclatura dei settori), solo la motivazione relativa al caso di frode summenzionato è alla base della loro eliminazione dagli stessi elenchi quali stabilimenti la cui produzione di carni di ungulati domestici, di carni macinate, di preparazioni di carni, di prodotti a base di carne e di carni separate meccanicamente può essere importata nell’Unione.

108    Ne consegue che, se le valutazioni della Commissione relative al caso di frode connesso alla falsificazione di certificati dei laboratori brasiliani relativi alla qualità delle carni in generale, comprese le carni di pollame, non sono viziate da illegittimità, esse sono idonee a fornire una base giuridica sufficiente per il regolamento di esecuzione impugnato. Occorre quindi esaminare, in primo luogo, le censure sollevate dalle ricorrenti nei confronti delle valutazioni in questione.

109    A tale riguardo, qualora la Commissione esponga le motivazioni sottese a un atto come il regolamento di esecuzione impugnato, il controllo di legittimità esercitato dal giudice dell’Unione verte sull’esattezza materiale dei fatti che vi sono riportati nonché sulla questione se i fatti controversi possano, per loro natura, intaccare la fiducia della Commissione sull’affidabilità delle garanzie che le autorità competenti del paese terzo sono tenute a offrire ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 (v. supra, punto 29). Per contro, tenuto conto dell’ampio margine di valutazione di cui dispone la Commissione al fine di stabilire la soglia al di sotto della quale essa non ritiene più che le garanzie in questione siano affidabili (v. supra, punto 80), non spetta al giudice dell’Unione, nell’ambito del controllo di legittimità di cui è investito in forza dell’articolo 263, primo comma, TFUE, sostituire la propria valutazione a quella della Commissione per quanto riguarda il livello di tale soglia. Tuttavia, il giudice dell’Unione deve poter censurare un errore manifesto di valutazione qualora, in un caso specifico, la Commissione abbia stabilito la soglia in questione a un livello che incide palesemente sulla plausibilità delle sue conclusioni riguardo all’affidabilità di dette garanzie.

110    Nel caso in esame, ai sensi del considerando 6 del regolamento di esecuzione impugnato, le informazioni fornite alla Commissione dalle autorità competenti del Brasile evidenziano di casi di frode, accertati nel marzo 2018 nel paese, riguardanti la certificazione di laboratorio per le carni, compresa la carne di pollame, e i prodotti a base di carne esportati nell’Unione. Secondo tale considerando, le indagini in corso e l’azione recente del potere giudiziario in Brasile indicavano che non vi erano garanzie sufficienti per poter affermare che gli stabilimenti delle ricorrenti fossero conformi ai pertinenti requisiti dell’Unione, cosicché i prodotti originari dei loro stabilimenti potevano costituire un rischio per la salute umana.

111    Le ricorrenti sostengono, in primo luogo, che tali valutazioni sono invalidate dalle relazioni redatte all’esito di due audit effettuati dalla Commissione in Brasile.

112    Occorre rilevare che, nel maggio 2017, la Commissione ha effettuato un primo audit in Brasile, in applicazione dell’articolo 46 del regolamento n. 882/2004. Tale audit aveva evidenziato una serie di carenze relative ai seguenti aspetti:

–        controlli e supervisione svolti dalle autorità competenti;

–        conflitti di interessi;

–        ammissibilità delle materie prime;

–        presenza di veterinari ufficiali;

–        riesportazione di merci respinte in seguito ad allarmi RASFF;

–        aggiornamento degli elenchi degli stabilimenti certificati per l’esportazione verso il mercato dell’Unione;

–        controlli per la Salmonella.

113    La Commissione ha poi effettuato un secondo audit in Brasile, tra il 22 gennaio e il 5 febbraio 2018.

114    Se è vero che la relazione riguardante il secondo audit mostra un certo numero di miglioramenti nelle prestazioni delle autorità competenti negli ambiti menzionati supra al punto 112, le conclusioni di tale relazione non rimettono in discussione la valutazione di cui al considerando 6 del regolamento di esecuzione impugnato.

115    Infatti, sia dalle constatazioni che dalle conclusioni della relazione riguardante il secondo audit si evince che quest’ultima descrive le azioni intraprese dalle autorità nazionali per affrontare le carenze sistemiche concernenti la frequenza dei controlli, i conflitti di interesse dei controllori, la qualità delle materie prime, l’assunzione di un numero adeguato di veterinari ufficiali per garantire la loro presenza effettiva per l’esercizio delle loro funzioni, le misure necessarie per evitare la riesportazione verso il mercato dell’Unione di partite già oggetto di un allarme RASFF, l’aggiornamento tempestivo degli elenchi degli stabilimenti certificati per l’esportazione verso il mercato dell’Unione e, infine, il campionamento ai fini dei controlli per la Salmonella.

116    Orbene, benché le constatazioni di fatto sottese alle conclusioni della relazione relativa al secondo audit si riferiscano alle azioni delle autorità competenti riguardo a taluni stabilimenti inclusi nel campione esaminato ai fini dell’audit, le conclusioni che indicano i miglioramenti apportati da tali autorità si riferiscono alle prestazioni di queste ultime su un piano generale. Così, le conclusioni di tale relazione menzionano carenze sistemiche risultanti da disfunzioni delle autorità in questione, sul piano dei metodi e degli effettivi, che richiedono miglioramenti, ad esempio riguardo alla rapidità nella procedura di aggiornamento degli elenchi di stabilimenti. Infatti, come sostiene la Commissione, l’articolo 46 del regolamento n. 882/2004, che costituisce il fondamento giuridico che la autorizza ad effettuare tali controlli, prevede che lo scopo di tali controlli sia quello di consentire alla Commissione di verificare la conformità o l’equivalenza della legislazione e dei sistemi dei paesi terzi alla normativa dell’Unione in materia di mangimi e di alimenti e a quella sulla salute degli animali. Per la loro natura, tali controlli non sono quindi volti a rilevare comportamenti individuali, come la falsificazione su larga scala di certificati che coinvolgono agenti e dirigenti di una determinata impresa. In ogni caso, va aggiunto che le circostanze di cui al considerando 6 del regolamento di esecuzione impugnato sono state portate a conoscenza della Commissione nel marzo 2018, mentre l’audit in questione era già stato concluso il 5 febbraio dello stesso anno.

117    In tale contesto, si deve rilevare che le informazioni di cui ai punti da 97 a 104 del controricorso suffragano in modo giuridicamente sufficiente la motivazione esposta al considerando 6 del regolamento di esecuzione impugnato.

118    In particolare, da tali elementi, e soprattutto dalla decisione del giudice competente che ha autorizzato le indagini in loco nei confronti di una serie di persone fisiche, adottata il 4 marzo 2018, emerge che le inchieste della polizia federale brasiliana e delle autorità giudiziarie si riferiscono a casi di frode su larga scala consistenti in falsificazioni relative alla certificazione di prodotti di origine animale con la partecipazione di personale di livello superiore e con la conoscenza da parte dei membri del consiglio di amministrazione delle ricorrenti. Tale decisione menziona pratiche all’interno del gruppo di cui fanno parte le ricorrenti avente lo scopo di vanificare il sistema pubblico di controlli sanitari mediante certificati falsificati. In tale contesto, il fatto – ammettendo che sia vero – che al momento della redazione di tale documento, un solo stabilimento figurante fino a quel momento negli elenchi controversi fosse direttamente interessato, vale a dire lo stabilimento che porta il numero di riconoscimento 1001, non incide sulla valutazione della Commissione sulla portata della minaccia rappresentata da tale comportamento e, di conseguenza, sull’affidabilità delle garanzie offerte dalle autorità brasiliane proprio contro questo tipo di minacce. Inoltre, come sostiene la Commissione, l’integrazione completa di detto gruppo fa sì che i suoi prodotti debbano circolare da uno stabilimento a un altro al fine di subire le operazioni di trasformazione necessarie. Per di più, l’eventuale coinvolgimento di membri del consiglio di amministrazione e del personale di livello superiore delle ricorrenti non consente di concludere con certezza, mentre le indagini sono ancora in corso, che le condotte incriminate fossero circoscritte a un unico stabilimento.

119    A tale riguardo, occorre rilevare che, con lettera del 5 marzo 2018, la Commissione si è rivolta alle autorità brasiliane nell’ambito dei contatti avuti in merito alla frode concernente la certificazione delle carni in relazione al batterio della Salmonella. In tale contesto, dopo aver ricordato di aver ripetutamente invitato tali autorità ad estendere le loro indagini a tutti gli stabilimenti di tutti gli Stati federati brasiliani che esportavano prodotti a base di carne verso l’Unione, la Commissione ha chiesto, da un lato, informazioni dettagliate riguardanti la prima ricorrente e cinque laboratori di analisi che, secondo le più recenti notizie di stampa, sembravano essere legati alle attività fraudolente e, dall’altro, la sospensione immediata di tutte le partite provenienti dalla prima ricorrente o certificate dai laboratori in questione.

120    A seguito di tale richiesta, il Ministero dell’Agricoltura brasiliano ha informato la Commissione, con lettera del 15 marzo 2018, che aveva appena sospeso la certificazione di sette stabilimenti appartenenti alle ricorrenti e che manteneva la sospensione precedentemente decisa per altri tre stabilimenti appartenenti alle ricorrenti.

121    Ciononostante, con due ordinanze del 17 aprile 2018, le autorità brasiliane hanno revocato tale sospensione per tutti gli stabilimenti ad eccezione di quello recante il numero di riconoscimento 466, senza fornire elementi tangibili che giustificassero tale misura favorevole alle ricorrenti, mentre le indagini erano ancora in una fase iniziale.

122    Orbene, come sostiene la Commissione, tali circostanze sono oggettivamente tali da minare la sua fiducia nelle garanzie offerte dalle autorità brasiliane nei confronti degli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti e, tenuto conto dell’ampio margine di cui essa gode per stabilire la soglia al di sotto della quale tali garanzie non devono più essere qualificate come affidabili (v. supra, punti 79, 80 e 109), non rivelano alcun errore manifesto di valutazione.

123    A tale riguardo, è irrilevante la circostanza che, al momento dell’adozione del regolamento di esecuzione impugnato, le indagini non fossero ancora concluse e che, pertanto, le dichiarazioni delle autorità di polizia e giudiziarie in merito agli accertamenti effettuati nell’ambito di tali indagini non pregiudichino le conclusioni definitive. Infatti, come è stato esposto ai precedenti punti da 74 a 82, detto regolamento di esecuzione non ha ad oggetto di revocare un qualsivoglia diritto individuale di cui le ricorrenti siano titolari, cosa che richiederebbe il previo avvio di indagini sfocianti in conclusioni definitive. Il suo unico oggetto è quello di stabilire in quale misura la Commissione continui ad avere fiducia nelle garanzie offerte dalle autorità brasiliane a norma dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004. Orbene, i rischi individuati nel caso di specie, risultanti dalle prestazioni carenti delle autorità brasiliane (v. supra, punti da 117 a 122), sono direttamente collegati agli obiettivi imprescindibili di tutela della salute umana e animale salvaguardati dagli articoli 11 e 12 di tale regolamento. Ne consegue che tale regolamento di esecuzione può legittimamente fondarsi, come nel caso di specie, su elementi che siano oggettivamente idonei a intaccare tale fiducia.

124    Pertanto, le valutazioni della Commissione in merito al caso di frode legata alla falsificazione di certificati dei laboratori brasiliani relativi alla qualità delle carni in generale, comprese le carni di pollame, sono sufficienti a sostenere il regolamento di esecuzione impugnato, cosicché occorre respingere la seconda parte del terzo motivo di ricorso senza che sia necessario esaminare gli argomenti delle ricorrenti relativi al numero di allarmi RASFF emessi in merito alla presenza di Salmonella nelle carni di pollame (v. supra, punti 107 e 108).

125    Dato che anche la prima parte del terzo motivo di ricorso è stata respinta (v. supra, punto 104), quest’ultimo deve essere integralmente respinto.

 Sul quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di non discriminazione

126    Secondo le ricorrenti, l’analisi dei dati statistici pertinenti mostra che vi sono altri stabilimenti che sono stati oggetto di un numero proporzionalmente maggiore di allarmi RASFF rispetto a quelli appartenenti ad esse e che non sono stati eliminati dagli elenchi controversi. Di conseguenza, esse ritengono che gli stabilimenti loro appartenenti si trovino in una situazione paragonabile, sotto il profilo dei criteri enunciati nei considerando 4 e 5 del regolamento di esecuzione impugnato, a quella di tali ulteriori stabilimenti. Ne conseguirebbe che le valutazioni relative al rischio per la salute pubblica riguardanti queste due categorie di stabilimenti non dovrebbero essere divergenti, in quanto i riferimenti della Commissione relativi al caso di frode menzionato al considerando 6 di detto regolamento di esecuzione riguardano soltanto allegazioni relative a un numero limitato di stabilimenti.

127    Va ricordato che le ricorrenti chiedono al Tribunale di annullare il regolamento di esecuzione impugnato, in forza del quale dodici stabilimenti loro appartenenti sono stati eliminati dagli elenchi controversi. Orbene, dall’analisi relativa al terzo motivo risulta che tale regolamento di esecuzione poteva essere validamente adottato, tenuto conto della motivazione attinente al caso di frode menzionato al suo considerando 6, legata alla falsificazione di certificati di laboratori brasiliani (v. supra, punti 107, 108 e 124). Orbene, con il quarto motivo di ricorso, le ricorrenti sostengono poi che la Commissione ha violato il principio di non discriminazione traendo argomento dall’altra motivazione addotta dalla Commissione per l’adozione del regolamento di esecuzione impugnato, vale a dire il numero di allarmi RASFF emessi in relazione alla presenza di Salmonella nelle carni di pollame (considerando 4 e 5 del medesimo regolamento di esecuzione). Pertanto, anche supponendo che la Commissione avesse dovuto ritenere che le garanzie offerte dalle autorità brasiliane riguardo ad altri stabilimenti del suddetto paese terzo fossero anch’esse inaffidabili, tale circostanza non inciderebbe in alcun modo sulla legittimità di tale regolamento di esecuzione per quanto riguarda gli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti.

128    Ne consegue che non si può ritenere che l’adozione del regolamento di esecuzione impugnato violi il principio di non discriminazione, cosicché il quarto motivo deve essere respinto.

 Sul quinto motivo di ricorso, vertente sulla violazione del principio di proporzionalità

129    In primo luogo, le ricorrenti sostengono che l’eliminazione degli stabilimenti loro appartenenti dagli elenchi controversi è una misura manifestamente non necessaria, poiché altre misure di minore intensità, quali controlli più severi delle esportazioni e alle frontiere dell’Unione, sarebbero state sufficienti a salvaguardare l’obiettivo perseguito dal regolamento di esecuzione impugnato. In secondo luogo, a loro avviso, le indagini sul caso di frode di cui al considerando 6 del suddetto regolamento di esecuzione riguardano solo uno stabilimento loro appartenente, mentre quelle relative a un altro caso citato dalla Commissione nel controricorso riguardano soltanto quattro stabilimenti loro appartenenti, di cui solo uno ha esportato verso l’Unione, in quantità limitata, carne di pollame e preparazioni di carne di pollame.

130    Va ricordato che il regolamento di esecuzione impugnato si fonda sulla constatazione, da parte della Commissione, che le garanzie fornite dalle autorità brasiliane ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 non sono più affidabili per quanto riguarda gli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti. Tenuto conto del fatto che, come risulta dall’analisi relativa al terzo motivo di ricorso, le valutazioni della Commissione in merito alla mancanza di affidabilità delle garanzie in questione a causa del caso di frode legato alla falsificazione di certificati di laboratori brasiliani relativi alla qualità delle carni non sono viziate da illegittimità, l’eliminazione degli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti dagli elenchi controversi è la misura che la Commissione è chiamata ad adottare, conformemente all’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004, in combinato disposto con il paragrafo 4, lettera c), del regolamento suddetto. Infatti, in virtù di quest’ultima disposizione, uno stabilimento può essere inserito in un elenco siffatto solo se l’autorità competente del paese terzo offre le garanzie ivi descritte.

131    Pertanto, dal momento che la Commissione ha constatato, avvalendosi del margine di valutazione di cui dispone in materia (v. supra, punti 80 e 109), che le garanzie offerte dalle autorità brasiliane ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 854/2004 non erano più affidabili riguardo alle ricorrenti e sono quindi assenti, l’eliminazione degli stabilimenti appartenenti alle ricorrenti dagli elenchi controversi costituisce, come risulta da quest’ultima disposizione, in combinato disposto con l’articolo 12, paragrafo 4, lettera c), del regolamento medesimo, il provvedimento adeguato e necessario per porre rimedio a tale situazione.

132    Di conseguenza, anche prescindendo dal fatto che, prima dell’adozione del regolamento di esecuzione impugnato, i prodotti originari di diversi stabilimenti appartenenti alle ricorrenti ed eliminati dagli elenchi controversi erano già sottoposti a controlli rafforzati (v. supra, punti 99 e 100), il principio di proporzionalità non potrebbe obbligare la Commissione ad adottare misure quali il rafforzamento dei controlli alle frontiere dell’Unione relativi a tali prodotti, anche laddove la Commissione non ritenga più affidabili le garanzie offerte dalle autorità brasiliane riguardo agli stabilimenti in questione.

133    Ne consegue che il quinto motivo dev’essere respinto, così come il ricorso nel suo insieme.

 Sulle spese

134    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Le ricorrenti, essendo rimaste soccombenti, vanno condannate alle spese, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quinta Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La BRF SA e la SHB Comércio e Indústria de Alimentos SA sono condannate alle spese sostenute dalla Commissione, ivi comprese quelle relative al procedimento sommario.

Gratsias

Frimodt Nielsen

Schwarcz

Valančius

 

      Frendo

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 luglio 2020.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.