Language of document : ECLI:EU:C:2019:612

ORDINANZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

11 luglio 2019 (*)

«Impugnazione – Articolo 181 del regolamento di procedura della Corte – Funzione pubblica – Agente temporaneo – Prolungamento del periodo di prova – Licenziamento – Ricorsi di annullamento e per risarcimento danni»

Nella causa C‑78/19 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 31 gennaio 2019,

WL, rappresentata da F. Elia, avvocato,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Agenzia esecutiva del Consiglio europeo della ricerca (ERCEA)

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da C. Toader, presidente di sezione, A. Rosas (relatore) e M. Safjan, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo 181 del regolamento di procedura della Corte,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        Con la sua impugnazione, WL chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 29 novembre 2018, WL/ERCEA (T‑493/17, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2018:852), con la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso diretto, in sostanza, ad ottenere l’annullamento del suo licenziamento da parte dell’Agenzia esecutiva del Consiglio europeo della ricerca (ERCEA) e il risarcimento del danno subito.

 Sull’impugnazione

2        In forza dell’articolo 181 del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è in tutto o in parte manifestamente irricevibile o manifestamente infondata, la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, può respingere in qualsiasi momento, totalmente o parzialmente, l’impugnazione con ordinanza motivata.

3        Tale disposizione deve essere applicata nella presente causa.

4        L’avvocato generale, il 16 maggio 2019, ha adottato la seguente posizione:

«1.      A sostegno della sua impugnazione [la ricorrente] deduce tre motivi.

2.      Con il primo motivo la ricorrente addebita al Tribunale di aver violato il principio della forma scritta del licenziamento e il principio in forza del quale incombe all’autore della decisione di licenziamento l’onere di provarne l’avvenuta ricezione da parte del destinatario. Tuttavia, la ricorrente non deduce alcun argomento di natura giuridica a sostegno delle sue affermazioni. In sostanza, la ricorrente mira a rimettere in discussione l’analisi dei fatti svolta dal Tribunale.

3.      Orbene, secondo una giurisprudenza costante della Corte, dall’articolo 256 TFUE e dall’articolo 58, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea risulta che l’impugnazione deve limitarsi alle questioni di diritto. Il Tribunale è dunque competente in via esclusiva ad accertare e valutare i fatti nonché gli elementi di prova pertinenti. Pertanto, la valutazione di tali elementi e di tali fatti non costituisce, salvo il caso di un loro travisamento, una questione di diritto soggetta, in quanto tale, al controllo della Corte in sede di impugnazione (v., in tal senso, ordinanza del 30 gennaio 2019, Verein Deutsche Sprache/Commissione, C‑440/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:77, punto 7 e giurisprudenza ivi citata).

4.      Ne consegue che il primo motivo è manifestamente irricevibile.

5.      Con il secondo motivo, la ricorrente contesta al Tribunale di aver ammesso che l’ERCEA possa fondare la decisione di licenziamento su un semplice sospetto circa l’autenticità di taluni documenti da lei prodotti durante il periodo di prova. Orbene, osservo anzitutto che, nel suo ricorso, la ricorrente si limita a riproporre taluni argomenti da essa già dedotti nell’ambito del suo ricorso dinanzi al Tribunale per dimostrare l’irregolarità del procedimento di indagine amministrativa. La ricorrente non indica in alcun modo i punti contestati della sentenza impugnata né precisa gli argomenti di diritto a sostegno delle sue affermazioni concernenti le presunte violazioni delle norme del Regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea commesse dall’ERCEA.

6.      Orbene, dall’articolo 168, paragrafo 1, lettera d), e dall’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte risulta che l’atto di impugnazione deve identificare con precisione le parti della motivazione della sentenza di cui è chiesto l’annullamento che sono oggetto di contestazione nonché gli argomenti di diritto dedotti a specifico sostegno di tale domanda, a pena di irricevibilità dell’impugnazione o del motivo d’impugnazione in questione [ordinanza del 19 marzo 2019, Sevenfriday/EUIPO, C‑734/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:223, punto 5 (presa di posizione dell’avvocato generale, punto 6 e giurisprudenza ivi citata)]. Pertanto, non risponde ai requisiti di motivazione stabiliti da tali disposizioni un’impugnazione che si limiti a ribadire o a riprodurre testualmente i motivi e gli argomenti già presentati dinanzi al Tribunale. Tuttavia, qualora un ricorrente contesti l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione effettuata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere nuovamente discussi nel corso di un’impugnazione (sentenza del 3 dicembre 2015, Italia/Commissione, C‑280/14 P, EU:C:2015:792, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

7.      Di conseguenza, anche il secondo motivo di impugnazione è manifestamente irricevibile.

8.      Infine, con il terzo motivo di impugnazione, la ricorrente addebita al Tribunale un’interpretazione erronea dell’articolo 84, paragrafo 2, del Regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea. Questo motivo è tuttavia manifestamente infondato. Infatti, come rilevato dal Tribunale al punto 146 della sentenza impugnata, tale disposizione non è applicabile alla situazione della ricorrente, dato che l’ERCEA ha deciso di non mantenere quest’ultima nel suo impiego alla scadenza del periodo di prova, come prorogato dalla decisione del 28 ottobre 2012.

9.      Inoltre, nei limiti in cui la ricorrente fa valere che il Tribunale ha erroneamente ritenuto che il suo licenziamento non fosse stato deciso prima della scadenza del suo periodo di prova ‑ dal momento che il prolungamento del periodo di prova, deciso il 28 ottobre 2012, sarebbe stato di durata indeterminata ‑, il motivo è manifestamente irricevibile. Infatti, si tratta di una valutazione di fatti e di elementi di prova che non costituisce una questione di diritto soggetta al controllo della Corte, poiché la ricorrente non ha dedotto alcun travisamento a tal riguardo.

10.      In considerazione di quanto precede, propongo alla Corte di respingere integralmente l’impugnazione in quanto, in parte, manifestamente irricevibile e, in parte, manifestamente infondata».

5        Per la medesima motivazione fatta propria dall’avvocato generale, si deve respingere l’impugnazione in quanto, in parte, manifestamente irricevibile e, in parte, manifestamente infondata.

 Sulle spese

6        Ai sensi dell’articolo 137 del regolamento di procedura, applicabile al procedimento d’impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, si provvede sulle spese con l’ordinanza che definisce la causa. Nel caso di specie, poiché la presente ordinanza è stata adottata prima della notifica dell’impugnazione alla controparte e, quindi, prima che questa abbia potuto sostenere spese, si deve disporre che la ricorrente si faccia carico delle proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) così provvede:

1)      L’impugnazione è respinta in quanto, in parte, manifestamente irricevibile e, in parte, manifestamente infondata.

2)      WL si farà carico delle proprie spese.

Lussemburgo, 11 luglio 2019

Il cancelliere

 

La presidente della Sesta Sezione

A. Calot Escobar

 

C. Toader


*      Lingua processuale: l’italiano.