Language of document : ECLI:EU:C:2020:367

Cause riunite C924/19 PPU e C925/19 PPU

FMS e a.

contro

Országos Idegenrendeszeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság
e
Országos Idegenrendeszeti Főigazgatóság

(domande di pronuncia pregiudiziale,
proposte dal Szegedi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság)

 Sentenza della Corte (Grande Sezione) del 14 maggio 2020

«Rinvio pregiudiziale – Politica di asilo e di immigrazione – Direttiva 2013/32/UE – Domanda di protezione internazionale – Articolo 33, paragrafo 2 – Motivi di inammissibilità – Articolo 40 – Domande reiterate – Articolo 43 – Procedure di frontiera – Direttiva 2013/33/UE – Articolo 2, lettera h), e articoli 8 e 9 – Trattenimento – Legittimità – Direttiva 2008/115/UE – Articolo 13 – Mezzi di ricorso effettivi – Articolo 15 – Trattenimento – Legittimità – Diritto a un ricorso effettivo – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Principio del primato del diritto dell’Unione»

1.        Questioni pregiudiziali – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Presupposti – Persona privata della libertà – Nozione – Cittadino di un paese terzo mantenuto in una zona di transito – Qualificazione di un siffatto mantenimento inscindibilmente connessa alle risposte da dare alle questioni pregiudiziali – Soluzione della controversia che può incidere sul mantenimento nella zona di transito – Applicazione del procedimento pregiudiziale d’urgenza

(Statuto della Corte di giustizia, art. 23 bis; regolamento di procedura della Corte, art. 107; direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/115, 2013/32 e 2013/33)

(v. punti 99‑103 e 107)

2.        Questioni pregiudiziali – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Presupposti – Cittadini di paesi terzi oggetto di decisioni di rimpatrio che possono essere eseguite – Rischio di violazione del diritto di asilo e rischio di trattamenti inumani o degradanti – Soluzione della controversia che può incidere sul controllo giurisdizionale delle decisioni di rimpatrio – Applicazione del procedimento pregiudiziale d’urgenza

(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, artt. 18 e 19, § 2; Statuto della Corte di giustizia, art. 23 bis; regolamento di procedura della Corte, art. 107; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/115)

(v. punti 104, 105 e 107)

3.        Questioni pregiudiziali – Procedimento pregiudiziale d’urgenza – Presupposti – Minore – Rischio di nuocere irreparabilmente allo sviluppo del minore – Soluzione della controversia che può incidere sulla situazione all’origine di tale rischio – Applicazione del procedimento pregiudiziale d’urgenza

(Statuto della Corte di giustizia, art. 23 bis; regolamento di procedura della Corte, art. 107)

(v. punti 106 e 107)

4.        Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica di immigrazione – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Direttiva 2008/115 – Decisione di rimpatrio – Nozione – Decisione di modifica del paese di destinazione figurante in una decisione di rimpatrio anteriore – Inclusione

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/115, art. 3, punto 4)

(v. punti 116‑119)

5.        Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica di immigrazione – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Direttiva 2008/115 – Ricorso avverso una decisione di rimpatrio – Nozione – Azione giudiziaria che può essere proposta dal pubblico ministero cui è attribuito un potere generale di sorveglianza sulla legittimità delle decisioni di rimpatrio – Esclusione – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Portata – Ricorso che deve poter essere esperito dal destinatario della decisione di rimpatrio

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/115, art. 13, § 1)

(v. punto 125)

6.        Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica di immigrazione – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Direttiva 2008/115 – Ricorso avverso una decisione di rimpatrio o una decisione di allontanamento – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Portata – Ricorso avverso una decisione amministrativa di rimpatrio che modifica il paese di rimpatrio iniziale – Normativa nazionale che conferisce una competenza esclusiva a statuire su tale ricorso ad un’autorità amministrativa che non soddisfa il requisito di indipendenza caratterizzante un organo giurisdizionale – Assenza di mezzi di ricorso giurisdizionali avverso le decisioni di una siffatta autorità – Inammissibilità – Obblighi e poteri del giudice nazionale – Obbligo di dichiararsi competente a conoscere di detto ricorso – Obbligo di disapplicare qualsiasi disposizione nazionale contraria al diritto dell’Unione

(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 47; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/115, art. 13, § 1)

(v. punti 126‑134, 137, 144, 147, dispositivo 1)

7.        Diritto dell’Unione europea – Principi – Diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva – Principio dell’indipendenza dei giudici – Portata

(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 47)

(v. punti 135 e 136)

8.        Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Procedure ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale – Direttiva 2013/32 – Procedura di esame di una domanda di protezione internazionale – Domanda che può essere considerata inammissibile dagli Stati membri – Motivi – Esistenza di un paese terzo sicuro – Esistenza di un paese di primo asilo – Domanda proposta da una persona che è transitata attraverso un paese terzo sicuro che le garantisce un adeguato livello di protezione o in cui non è esposta a persecuzioni o a un rischio di danno grave – Esclusione

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2013/32, art. 33)

(v. punti 149, 151, 160, 161, 164, 165, dispositivo 2)

9.        Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Procedure ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale – Direttiva 2013/32 – Procedura di esame di una domanda di protezione internazionale – Domanda che può essere considerata inammissibile dagli Stati membri – Motivo – Esistenza di un paese terzo sicuro – Nozione di paese terzo sicuro – Esistenza di un legame sufficiente fra il richiedente e il paese terzo in questione – Transito del richiedente attraverso detto paese – Assenza di un legame sufficiente

[Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2013/32, artt. 33, § 2, c), e 38, § 2, a)]

(v. punti 152, 153, 156‑159)

10.      Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Procedure ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale – Direttiva 2013/32 – Rigetto di una domanda di protezione internazionale in quanto manifestamente inammissibile – Rigetto, confermato da una decisione giurisdizionale definitiva, fondato su un motivo di inammissibilità contrario al diritto dell’Unione – Obbligo per l’autorità responsabile dell’esame della domanda di riesaminarla d’ufficio al fine di tenere conto della contrarietà al diritto dell’Unione constatata da una sentenza della Corte – Assenza

(Art. 4, § 3, TUE; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 18; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2013/32, art. 33)

(v. punti 189, 190, dispositivo 3)

11.      Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Procedure ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale – Direttiva 2013/32 – Procedura di esame di una domanda di protezione internazionale – Domanda che può essere considerata inammissibile dagli Stati membri – Motivo – Domanda reiterata che non menziona elementi o risultanze nuovi – Nozione di elemento nuovo – Sentenza della Corte che constata la contrarietà al diritto dell’Unione di un motivo di inammissibilità che ha giustificato il rigetto definitivo della domanda di protezione internazionale iniziale – Inclusione – Portata

[Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2013/32, artt. 2, q), e 33, § 2, d)]

(v. punti 191‑203, dispositivo 3)

12.      Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale – Direttiva 2013/33 – Politica di immigrazione – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Direttiva 2008/115 – Nozione di trattenimento ai sensi di queste due direttive – Significato simile – Misura coercitiva che priva il richiedente della sua libertà di circolazione e lo isola dal resto della popolazione, imponendogli di soggiornare in un perimetro circoscritto e ristretto

[Direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/115, artt. 15 e 16, e 2013/33, art. 2, h)]

(v. punti 216‑225)

13.      Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale – Direttiva 2013/33 – Politica di immigrazione – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Direttiva 2008/115 – Nozione di trattenimento ai sensi di queste due direttive – Obbligo per un cittadino di un paese terzo di soggiornare in una zona di transito – Inclusione – Presupposti

(Direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/115 e 2013/33)

(v. punti 226‑231, dispositivo 4)

14.      Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Procedure ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale – Direttiva 2013/32 – Articolo 43 – Procedure specifiche che possono essere previste dagli Stati membri alle loro frontiere o nelle loro zone di transito – Trattenimento di un richiedente protezione internazionale in una zona di transito nell’ambito di una siffatta procedura – Ammissibilità – Limite – Durata massima del trattenimento – Periodo di quattro settimane a partire dalla data di presentazione della domanda di protezione internazionale – Circostanze di un afflusso massiccio di richiedenti – Irrilevanza

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2013/32, artt. 31, § 8, 33 e 43)

(v. punti 235‑248, dispositivo 5)

15.      Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale – Direttiva 2013/33 – Trattenimento – Motivi – Richiedente protezione internazionale che non può sovvenire alle proprie necessità – Esclusione – Motivo che arreca pregiudizio al rispetto delle condizioni materiali di accoglienza che devono essere riconosciute a detto richiedente

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2013/33, artt. 8, § 3, comma 1, e 17, § 3)

(v. punti 250, 251, 253‑256, 266, dispositivo 6)

16.      Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale – Direttiva 2013/33 – Garanzie offerte ai richiedenti trattenuti – Portata – Obbligo di esaminare la necessità e la proporzionalità di un provvedimento di trattenimento e di adottare una decisione motivata che disponga tale trattenimento – Obbligo per gli Stati membri di prevedere un controllo giurisdizionale della legittimità di un provvedimento di trattenimento

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2013/33, artt. 8, §§ 2 e 3, e 9, § 2, 3 e 5)

(v. punti 257‑261, 266, dispositivo 6)

17.      Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica d’asilo – Norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale – Direttiva 2013/33 – Garanzie offerte ai richiedenti trattenuti – Portata – Durata massima del trattenimento – Obbligo di fissare una durata massima – Assenza – Presupposti

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2013/33, art. 9, § 1)

(v. punti 262‑266, dispositivo 6)

18.      Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica di immigrazione – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Direttiva 2008/115 – Trattenimento ai fini dell’allontanamento – Motivo – Cittadino di un paese terzo che rischia di compromettere con il suo comportamento l’esecuzione della decisione di rimpatrio sotto forma di allontanamento – Nozione – Cittadino di un paese terzo oggetto di una decisione di rimpatrio che non può sovvenire alle proprie necessità – Esclusione

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/115, art. 15, § 1)

(v. punti 268‑272, 281, dispositivo 7)

19.      Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica di immigrazione – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Direttiva 2008/115 – Trattenimento ai fini dell’allontanamento – Obbligo di esaminare la necessità e la proporzionalità di un provvedimento di trattenimento e di adottare una decisione motivata che disponga tale trattenimento – Obbligo per gli Stati membri di prevedere un controllo giurisdizionale della legittimità di un provvedimento di trattenimento

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/115, art. 15, § 13)

(v. punti 273‑277, 281, dispositivo 7)

20.      Controlli alle frontiere, asilo e immigrazione – Politica di immigrazione – Rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Direttiva 2008/115 – Trattenimento ai fini dell’allontanamento – Durata massima del trattenimento – Periodo di diciotto mesi – Conseguenze della scadenza di tale periodo – Obbligo di rilasciare immediatamente la persona trattenuta

(Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/115, art. 15, §§ 1 e 46)

(v. punti 278‑281, dispositivo 7)

21.      Stati membri – Obblighi – Predisposizione dei mezzi di ricorso necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva – Normativa nazionale che non prevede un controllo giurisdizionale di un provvedimento di trattenimento di un richiedente protezione internazionale o di un cittadino di un paese terzo oggetto di una decisione di rimpatrio – Inammissibilità – Obblighi e poteri del giudice nazionale – Obbligo di dichiararsi competente ad esaminare la legittimità di un siffatto provvedimento – Obbligo di disapplicare qualsiasi disposizione nazionale contraria al diritto dell’Unione – Potere di sostituire la propria decisione a quella dell’autorità amministrativa che ha disposto detto trattenimento – Potere di disporre il rilascio immediato delle persone trattenute in caso di illegittimità del provvedimento di trattenimento

(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 47; direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2008/115, art. 15, § 2, e 2013/33, art. 9, § 3)

(v. punti 290‑294, 301, dispositivo 8)

22.      Stati membri – Obblighi – Predisposizione dei mezzi di ricorso necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva – Ricorso avverso le decisioni relative alla concessione di condizioni materiali di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale – Obbligo di prevedere un ricorso che consenta ad un richiedente non più trattenuto di far valere il suo diritto all’alloggio – Normativa nazionale che non prevede un controllo giurisdizionale di un siffatto diritto – Inammissibilità – Obblighi e poteri del giudice nazionale – Obbligo di dichiararsi competente a conoscere del ricorso inteso a garantire un siffatto diritto – Potere di adottare provvedimenti provvisori

(Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 47; direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2013/33, artt. 17 e 26)

(v. punti 296‑299, 301, dispositivo 8)

Sintesi

Il collocamento dei richiedenti asilo o dei cittadini di paesi terzi oggetto di una decisione di rimpatrio nella zona di transito di Röszke, alla frontiera serboungherese, deve essere qualificato come «trattenimento». Qualora, all’esito del controllo giurisdizionale della regolarità di un siffatto trattenimento, venga accertato che le persone interessate sono state trattenute senza motivo valido, il giudice adito deve rilasciarle con effetto immediato.

Nella sentenza Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság (C‑924/19 PPU e C‑925/19 PPU), emessa il 14 maggio 2020 nell’ambito del procedimento d’urgenza, la Grande Sezione della Corte si è pronunciata su numerose questioni riguardanti l’interpretazione delle direttive 2008/115 (1) (in prosieguo: la «direttiva rimpatri»), 2013/32 (2) (in prosieguo: la «direttiva procedure») e 2013/33 (3) (in prosieguo: la «direttiva accoglienza»), in relazione alla normativa ungherese concernente il diritto di asilo, nonché il rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

Nella specie, taluni cittadini afghani (causa C‑924/19 PPU) e iraniani (causa C‑925/19 PPU), giunti in Ungheria attraverso la Serbia, hanno presentato domande di asilo dalla zona di transito di Röszke, situata alla frontiera serbo‑ungherese. In applicazione del diritto ungherese, tali domande sono state respinte in quanto inammissibili e sono state adottate decisioni di rimpatrio verso la Serbia. Tuttavia, la Serbia ha negato la riammissione degli interessati nel proprio territorio, con la motivazione che le condizioni previste dall’accordo di riammissione concluso con l’Unione (4) non erano soddisfatte. A seguito di tale decisione della Serbia, le autorità ungheresi non hanno proceduto all’esame nel merito delle summenzionate domande bensì hanno modificato il paese di destinazione figurante nelle decisioni di rimpatrio iniziali, sostituendolo con il rispettivo paese di origine degli interessati. Questi ultimi hanno quindi proposto opposizione avverso le decisioni di modifica, la quale è stata respinta. Benché un siffatto ricorso non sia previsto nel diritto ungherese, gli interessati hanno adito un giudice ungherese chiedendo l’annullamento delle decisioni che avevano respinto la loro opposizione nei confronti di tali decisioni di modifica e che l’autorità competente in materia di asilo fosse obbligata ad instaurare una nuova procedura di asilo. Essi hanno parimenti proposto ricorsi per carenza connessi al loro trattenimento, e al mantenimento del medesimo, nella zona di transito di Röszke. Infatti, essi sono stati inizialmente tenuti a soggiornare nel settore di tale zona di transito riservato ai richiedenti asilo, prima che venisse loro imposto, alcuni mesi più tardi, di soggiornare nel settore di questa stessa zona riservato ai cittadini di paesi terzi la cui domanda di asilo è stata respinta, settore nel quale essi si trovano attualmente.

In primo luogo, la Corte ha esaminato la situazione degli interessati nella zona di transito di Rözske, alla luce delle norme che disciplinano tanto il trattenimento dei richiedenti protezione internazionale (direttive procedure e accoglienza) quanto quello dei cittadini di paesi terzi che si trovano in una situazione irregolare (direttiva rimpatri). A tal riguardo, la Corte ha dichiarato, anzitutto, che il collocamento degli interessati in tale zona di transito doveva essere considerato un provvedimento di trattenimento. Per pervenire a tale conclusione, essa ha precisato che la nozione di «trattenimento», la quale riveste lo stesso significato nel contesto delle diverse summenzionate direttive, riguarda una misura coercitiva che presuppone una privazione, e non una mera restrizione, della libertà di circolazione dell’interessato e lo isola dal resto della popolazione, imponendogli di soggiornare permanentemente in un perimetro circoscritto e ristretto. Orbene, per la Corte, le condizioni esistenti nella zona di transito di Rözske sono equiparabili ad una privazione della libertà, segnatamente in quanto gli interessati non possono legalmente abbandonare tale zona di loro iniziativa, qualunque sia la loro direzione. In particolare, essi non possono abbandonarla in direzione della Serbia, nella misura cui un siffatto tentativo, da un lato, sarebbe considerato illegale dalle autorità serbe, esponendoli in tal modo a sanzioni e, dall’altro, rischierebbe di far perdere loro qualsivoglia possibilità di ottenere lo status di rifugiato in Ungheria.

La Corte ha poi esaminato la conformità di tale trattenimento ai requisiti imposti dal diritto dell’Unione. Per quanto attiene ai requisiti connessi al trattenimento, la Corte ha dichiarato che, in forza, rispettivamente, dell’articolo 8 della direttiva accoglienza e dell’articolo 15 della direttiva rimpatri, né un richiedente protezione internazionale né un cittadino di un paese terzo oggetto di una decisione di rimpatrio può essere trattenuto per il solo fatto che non può sovvenire alle proprie necessità. Essa ha aggiunto che gli articoli 8 e 9 della direttiva accoglienza e l’articolo 15 della direttiva rimpatri ostano, rispettivamente, a che un richiedente protezione internazionale o un cittadino di un paese terzo oggetto di una decisione di rimpatrio sia trattenuto senza la previa adozione di una decisione motivata che disponga siffatto trattenimento e senza che siano state esaminate la necessità e proporzionalità di una siffatta misura.

La Corte ha parimenti apportato talune precisazioni sui requisiti connessi al mantenimento in stato di trattenimento e, più specificamente, alla durata di quest’ultimo. Per quanto riguarda i richiedenti protezione internazionale, essa ha dichiarato che l’articolo 9 della direttiva accoglienza non impone che gli Stati membri fissino una durata massima per il mantenimento in stato di trattenimento. Tuttavia, il loro diritto nazionale deve garantire che il trattenimento duri solo fintantoché il motivo che lo giustifica permane applicabile e gli adempimenti amministrativi connessi a tale motivo siano espletati con diligenza. Per contro, per quanto riguarda i cittadini di paesi terzi oggetto di una decisione di rimpatrio, dall’articolo 15 della direttiva rimpatri risulta che il loro trattenimento, anche qualora sia stato prolungato, non può eccedere i diciotto mesi e può essere mantenuto solo fintanto che il rimpatrio è in corso o ha luogo un espletamento diligente delle modalità di rimpatrio.

Inoltre, per quanto riguarda il trattenimento dei richiedenti protezione internazionale nell’ambito particolare di una zona di transito, è parimenti necessario tenere conto dell’articolo 43 della direttiva procedure. Da tale disposizione risulta che gli Stati membri possono imporre ai richiedenti protezione internazionale di soggiornare alle loro frontiere o in una delle loro zone di transito al fine, segnatamente, di verificare, prima di pronunciarsi sul diritto di ingresso di tali richiedenti nel loro territorio, se la domanda di questi ultimi sia inammissibile. Una decisione deve essere cionondimeno adottata entro un termine di quattro settimane; in caso contrario, lo Stato membro interessato deve ammettere il richiedente nel proprio territorio ed esaminare la sua domanda conformemente alla procedura di diritto comune. Pertanto, pur se gli Stati membri, nell’ambito di una procedura prevista a tale articolo 43, possono trattenere i richiedenti protezione internazionale che si presentano alle loro frontiere, tale trattenimento non può in alcun caso eccedere quattro settimane a partire dalla data di presentazione della domanda.

Infine, la Corte ha dichiarato che la legittimità di un provvedimento di trattenimento, come il trattenimento di una persona in una zona di transito, doveva poter essere oggetto di un controllo giurisdizionale, in applicazione, rispettivamente, dell’articolo 9 della direttiva accoglienza e dell’articolo 15 della direttiva rimpatri. Pertanto, in mancanza di disposizioni nazionali che prevedano un siffatto controllo, il principio del primato del diritto dell’Unione e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva impongono al giudice nazionale di dichiararsi competente a pronunciarsi al riguardo. Inoltre, se, all’esito del suo controllo, il giudice nazionale ritiene che il provvedimento di trattenimento in questione sia contrario al diritto dell’Unione, esso deve poter sostituire la propria decisione a quella dell’autorità amministrativa che l’ha disposto e disporre il rilascio immediato delle persone interessate o eventualmente una misura alternativa al trattenimento.

Inoltre, il richiedente protezione internazionale il cui trattenimento, giudicato illegittimo, abbia avuto fine deve poter avvalersi delle condizioni materiali di accoglienza alle quali ha diritto durante l’esame della sua domanda. In particolare, dall’articolo 17 della direttiva accoglienza risulta che, se egli non dispone di mezzi di sostentamento, lo stesso ha il diritto di ottenere o un sussidio economico che gli consenta di disporre di un alloggio o un alloggio in natura. In tale ottica, l’articolo 26 della direttiva accoglienza impone che tale richiedente possa investire un giudice di un ricorso inteso a garantirgli tale diritto all’alloggio, fermo restando che quest’ultimo dispone della possibilità di accordare misure provvisorie in attesa della sua decisione definitiva. Qualora nessun altro giudice sia competente in forza del diritto nazionale, il principio del primato del diritto dell’Unione e il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva impongono, ancora una volta, al giudice adito di dichiararsi competente a conoscere del ricorso diretto a garantire tale diritto all’alloggio.

In secondo luogo, la Corte si è pronunciata sulla competenza del giudice nazionale a conoscere del ricorso di annullamento proposto dagli interessati avverso le decisioni di rigetto della loro opposizione alla modifica del paese di rimpatrio. A tal riguardo, la Corte ha affermato che una decisione che modifichi il paese di destinazione indicato nella decisione di rimpatrio iniziale è al tal punto sostanziale che essa deve essere considerata una nuova decisione di rimpatrio. Ai sensi dell’articolo 13 della direttiva rimpatri, ai destinatari di una siffatta decisione devono essere pertanto concessi mezzi di ricorso effettivo avverso la medesima, che devono parimenti essere conformi al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva garantito dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). In tale ottica, la Corte ha ricordato che, se è vero che gli Stati membri possono prevedere che le decisioni di rimpatrio siano contestate dinanzi ad autorità diverse da quelle giudiziarie, il destinatario di una decisione di rimpatrio adottata da un’autorità amministrativa deve tuttavia, in un dato stadio del procedimento, poter contestarne la regolarità quantomeno dinanzi all’autorità giurisdizionale. Nella specie, la Corte ha rilevato che gli interessati potevano impugnare le decisioni prese dall’autorità di polizia degli stranieri e che modificavano il loro paese di rimpatrio solo proponendo opposizione dinanzi all’autorità competente in materia di asilo, e che non era garantito un successivo controllo giurisdizionale. Orbene, quest’ultima autorità, la quale è posta sotto l’autorità del ministro responsabile della polizia, fa parte del potere esecutivo, cosicché non soddisfa il requisito di indipendenza imposto ad un giudice ai sensi dell’articolo 47 della Carta. In siffatte circostanze, il principio del primato del diritto dell’Unione, nonché il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva, impongono al giudice nazionale adito di dichiararsi competente a conoscere del ricorso diretto ad impugnare una decisione di rimpatrio recante modifica del paese di destinazione iniziale, disapplicando, se necessario, qualsiasi disposizione nazionale che gli vieterebbe di procedere in tal senso.

In terzo luogo, la Corte ha esaminato il motivo di inammissibilità previsto dalla normativa ungherese e che ha giustificato il rigetto delle domande di asilo. Tale normativa consente un siffatto rigetto qualora il richiedente sia arrivato in Ungheria attraverso un paese qualificato come «paese di transito sicuro», in cui non è esposto a persecuzioni o a un rischio di danno grave, o in cui è garantito un adeguato livello di protezione. Richiamando la sua recente giurisprudenza (5), la Corte ha affermato che un siffatto motivo è contrario all’articolo 33 della direttiva procedure, prima di specificarne le conseguenze sulla procedura di asilo, nei limiti in cui il rigetto delle domande di asilo degli interessati, fondato su tale motivo illegittimo, sia già stato confermato da una decisione giurisdizionale definitiva. Secondo la Corte, in un caso del genere, dalla direttiva procedure, in combinato disposto, segnatamente, con l’articolo 18 della Carta, il quale garantisce il diritto di asilo, risulta che l’autorità che ha respinto le domande di asilo non è tenuta a riesaminarle d’ufficio. Tuttavia, gli interessati possono sempre depositare una nuova domanda, la quale verrà qualificata come «domanda reiterata», ai sensi della direttiva procedure. A tal riguardo, pur se l’articolo 33 di tale direttiva prevede che una domanda reiterata la quale non menzioni elementi o risultanze nuovi possa essere considerata inammissibile, l’esistenza di una sentenza della Corte che constati che un motivo di inammissibilità previsto da una normativa nazionale è contrario al diritto dell’Unione deve essere considerata un elemento nuovo. Inoltre, più in generale, la Corte ha dichiarato che il motivo di inammissibilità previsto all’articolo 33 di tale direttiva non è applicabile quando l’autorità competente in materia di asilo constata che il rigetto definitivo della prima domanda di asilo è contrario al diritto dell’Unione. Essa è necessariamente tenuta a tale constatazione quando tale contrarietà discende, come nella specie, da una sentenza della Corte o quando essa è stata dichiarata, in via incidentale, da un giudice nazionale.


1      Direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98).


2      Direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 60).


3      Direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 96).


4      Accordo di riammissione delle persone in posizione irregolare fra la Comunità europea e la Repubblica di Serbia, allegato alla decisione del Consiglio, dell’8 novembre 2007 (GU 2007, L 334, pag. 45).


5      Sentenza del 19 marzo 2020, Bevándorlási és Menekültügyi Hivatal (Tompa), C‑564/18, EU:C:2020:218.