CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
MACIEJ SZPUNAR
presentate il 22 gennaio 2019 (1)
Causa C‑694/17
Pillar Securitisation Sàrl
contro
Hildur Arnadottir
[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Lussemburgo)]
«Rinvio pregiudiziale – Competenza giurisdizionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale – Convenzione di Lugano II – Direttiva 2008/48/CE – Contratto di credito – Nozioni di “consumatore” e di “uso estraneo all’attività professionale”»
I. Introduzione
1. La presente domanda di pronuncia pregiudiziale verte sul rapporto fra le definizioni della nozione di «consumatore» figuranti in due atti giuridici diversi, i quali rientrano nella competenza interpretativa della Corte.
2. Più specificamente, nella presente causa, la Cour de cassation (Corte di cassazione, Lussemburgo) interpella la Corte in merito alla questione se debba automaticamente ritenersi che una persona, la quale abbia concluso un contratto di prestito che, in conformità all’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2008/48/CE (2), non rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva, in quanto l’importo totale del credito accordato sulla base di tale contratto è superiore a EUR 75 000, non sia un consumatore ai sensi dell’articolo 15 della convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (3).
3. Infatti, con tale questione, il giudice del rinvio chiede se una nozione sancita dalla direttiva 2008/48, la quale armonizza talune norme sostanziali relative ai contratti di credito stipulati con consumatori, abbia un’influenza determinante sull’interpretazione di una norma sulla competenza istituita dal legislatore per tutelare i consumatori nelle loro controversie transfrontaliere con dei professionisti. In tal senso, la presente causa consentirà alla Corte di sviluppare la sua giurisprudenza recente, cristallizzata nelle sentenze Vapenik (4) e Kainz (5), relativa alla ricerca di coerenza fra le nozioni del diritto internazionale privato in seno al sistema di diritto dell’Unione.
II. Contesto normativo
A. La Convenzione di Lugano II
4. Il titolo II della convenzione di Lugano II, rubricato «Competenza», contiene, alla sezione 4, intitolata «Competenza in materia di contratti conclusi da consumatori», l’articolo 15, il quale, al suo paragrafo 1, prevede quanto segue:
«Salve le disposizioni dell’articolo 4 e dell’articolo 5, paragrafo 5, la competenza in materia di contratti conclusi da una persona, il consumatore, per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale è regolata dalla presente sezione:
a) qualora si tratti di una vendita a rate di beni mobili materiali; o
b) qualora si tratti di un prestito con rimborso rateizzato o di un’altra operazione di credito, connessi con il finanziamento di una vendita di tali beni; o
c) in tutti gli altri casi, qualora il contratto sia stato concluso con una persona le cui attività commerciali o professionali si svolgono nello Stato vincolato dalla presente convenzione in cui è domiciliato il consumatore o sono dirette, con qualsiasi mezzo, verso tale Stato o verso una pluralità di Stati comprendente tale Stato, purché il contratto rientri nell’ambito di dette attività».
5. L’articolo 16, paragrafo 2, di tale convenzione, così recita:
«L’azione della controparte contrattuale avverso il consumatore può essere proposta solo davanti al giudice dello Stato vincolato dalla presente convenzione nel cui territorio è domiciliato il consumatore».
6. L’articolo 23 della convenzione di Lugano II consente alle parti di conferire, tramite un accordo, la competenza a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico, ad un giudice o ai giudici di uno Stato vincolato da tale convenzione. Tuttavia, per quanto attiene ai procedimenti in materia di contratti conclusi da consumatori, previsti dalla sezione 4 di detta convenzione, il suo articolo 17 prevede quanto segue:
«Le disposizioni della presente sezione possono essere derogate solo da una convenzione:
1. posteriore al sorgere della controversia; o
2. che consenta al consumatore di adire un giudice diverso da quelli indicati nella presente sezione; o
3. che, stipulata tra il consumatore e la sua controparte aventi entrambi il domicilio o la residenza abituale nel medesimo Stato vincolato dalla presente convenzione al momento della conclusione del contratto, attribuisca la competenza ai giudici di tale Stato, sempre che la legge di quest’ultimo non vieti siffatte convenzioni».
B. La direttiva 2008/48
7. Il considerando 10 della direttiva 2008/48 così recita:
«Le definizioni contenute nella presente direttiva fissano la portata dell’armonizzazione. L’obbligo degli Stati membri di attuare le disposizioni della presente direttiva dovrebbe pertanto essere limitato all’ambito d’applicazione della stessa fissato da tali definizioni. La presente direttiva dovrebbe tuttavia far salva l’applicazione da parte degli Stati membri, conformemente al diritto comunitario, delle disposizioni della presente direttiva a settori che esulano dall’ambito di applicazione della stessa. Di conseguenza, uno Stato membro potrebbe mantenere o introdurre norme nazionali conformi alla direttiva o a talune delle sue disposizioni in materia di contratti di credito al di fuori dell’ambito di applicazione della presente direttiva, ad esempio in materia di contratti di credito per importi inferiori a 200 EUR o superiori a 75 000 EUR (…)».
8. L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Ambito di applicazione», prevede quanto segue:
«1. La presente direttiva si applica ai contratti di credito.
2. La presente direttiva non si applica ai:
(…)
c) contratti di credito per un importo totale del credito inferiore a 200 EUR o superiore a 75 000 EUR;
(…)».
9. L’articolo 3, lettera a), della direttiva 2008/48 definisce la nozione di «consumatore» come «una persona fisica che, nell’ambito delle transazioni disciplinate dalla presente direttiva, agisce per scopi estranei alla sua attività commerciale o professionale».
III. Fatti
10. Nel marzo 2005, la sig.ra Hildur Arnadottir, convenuta nel procedimento principale, residente in Islanda, ha contratto un prestito per un importo superiore ad un milione di euro presso la società Kaupthing Bank Luxembourg. Tale prestito aveva come obiettivo quello di permettere alla convenuta nel procedimento principale l’acquisto di azioni della società islandese Bakkavör Group hf, di cui essa era uno dei dirigenti. Detto prestito era rimborsabile in un versamento unico al più tardi entro il 1o marzo 2010.
11. Il pagamento del credito è stato coperto da una garanzia del Bakkavör Group, sottoscritta dalla convenuta nel procedimento principale e da un altro dirigente di tale società.
12. La Kaupthing Bank Luxembourg è stata successivamente scissa in due entità. Una di esse, la società Pillar Securitisation Sàrl, ricorrente nel procedimento principale, ha chiesto il rimborso del prestito contratto dalla convenuta nel procedimento principale dinanzi ai giudici lussemburghesi fondandosi sulla clausola del contratto di prestito attributiva di giurisdizione a favore di questi ultimi.
13. In primo grado, il tribunal d’arrondissement de Luxembourg (Tribunale circoscrizionale di Lussemburgo) si è dichiarato incompetente a conoscere della controversia, in quanto la convenuta nel procedimento principale doveva essere considerata un consumatore ai sensi dell’articolo 15 della convenzione di Lugano II. Di conseguenza, secondo tale tribunale, la clausola attributiva di giurisdizione che designava i giudici del Lussemburgo doveva essere disapplicata, in quanto non era conforme alle disposizioni derogatorie di cui all’articolo 17 della convenzione di Lugano II.
14. In secondo grado, la Cour d’appel (Corte d’appello, Lussemburgo) ha confermato l’incompetenza dei giudici lussemburghesi a statuire sulla domanda.
15. La ricorrente nel procedimento principale ha proposto un ricorso in cassazione, nel quale essa ha formulato tre motivi distinti.
16. Emerge dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, da un lato, che il giudice del rinvio ritiene che il primo motivo sia infondato e, dall’altro, che il secondo e il terzo motivo non siano ancora stati oggetto di una decisione definitiva di tale organo giurisdizionale.
17. Con il secondo motivo, relativo ad una violazione dell’articolo 15 della convenzione di Lugano II, la ricorrente nel procedimento principale addebita alla Cour d’appel (Corte d’appello) di aver ritenuto che l’investimento effettuato dalla convenuta nel procedimento principale grazie al contratto di prestito fosse stato realizzato per fini non professionali.
18. Con il terzo motivo, parimenti relativo ad una violazione di questa stessa disposizione, la ricorrente nel procedimento principale addebita alla Cour d’appel (Corte d’appello) di non aver tenuto conto del fatto che il contratto di prestito concluso dalla convenuta non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48, la quale esclude da siffatto ambito di applicazione i contratti di credito, il cui importo totale è superiore a EUR 75 000. Di conseguenza, secondo la ricorrente nel procedimento principale, anche se la nozione di «consumatore» ai sensi dell’articolo 15 della convenzione di Lugano II è una nozione autonoma, un contratto di prestito, il cui importo totale sia superiore a EUR 75 000 non può essere considerato un contratto stipulato con un consumatore ai fini dell’applicazione di tale disposizione.
19. Alla luce di tali motivi, la Cour de cassation (Corte di cassazione) si chiede se l’ambito di applicazione della direttiva 2008/48 incida sulla definizione della nozione di «consumatore» ai sensi dell’articolo 15 della convenzione di Lugano II.
IV. Questione pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte
20. È in tali circostanze che la Cour de cassation du Luxembourg (Corte di cassazione, Lussemburgo) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se, nel contesto di un contratto di credito che, in considerazione dell’importo totale del credito, non rientra nel campo di applicazione della direttiva [2008/48], una persona possa essere considerata “consumatore” ai sensi dell’articolo 15 della [convenzione di Lugano II] in assenza di disposizioni nazionali di attuazione della citata direttiva in settori che non rientrano nel suo ambito di applicazione, in quanto il contratto è stato concluso per un uso che può essere considerato estraneo alla sua attività professionale».
21. La domanda di pronuncia pregiudiziale è pervenuta nella cancelleria della Corte l’11 dicembre 2017.
22. Hanno presentato osservazioni scritte dinanzi alla Corte le parti nel procedimento principale, i governi lussemburghese, portoghese e svizzero, nonché la Commissione europea.
V. Analisi
A. Osservazione preliminare
23. Con la sua questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede se, in assenza di una disposizione nazionale che applichi le disposizioni della direttiva 2008/48 a settori che non rientrano nel suo ambito di applicazione, una persona, la quale abbia concluso a fini privati un contratto di credito che, a causa del suo importo totale, non ricade nell’ambito di applicazione di tale direttiva, potrebbe comunque essere considerata un consumatore ai sensi dell’articolo 15 della convenzione di Lugano II.
24. Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il giudice del rinvio indica che sono il secondo e il terzo motivo dell’impugnazione della ricorrente nel procedimento principale ad averlo indotto ad interpellare la Corte sull’interpretazione dell’articolo 15 della convenzione di Lugano II. Tuttavia, il secondo motivo non verte sulla coerenza fra tale convenzione e la direttiva 2008/48. Sembrerebbe che, con tale motivo, la ricorrente nel procedimento principale contesti il fatto che la convenuta nel procedimento principale avrebbe agito a fini privati in occasione della conclusione del contratto in questione.
25. Nello stesso ordine di idee, la Commissione, nelle sue osservazioni scritte, afferma di nutrire dei dubbi per quanto attiene a questa stessa valutazione del giudice del rinvio. Quanto al governo lussemburghese, senza mettere in discussione tale qualificazione dei fatti, esso si limita a formulare, in maniera astratta, osservazioni relative alla natura e alla finalità dei contratti conclusi da consumatori.
26. Ciò premesso, mi sembra che il secondo motivo dell’impugnazione, nonché le considerazioni della Commissione, riguardino la premessa sulla quale si è fondato il giudice del rinvio. Infatti, la Corte non si è interrogata sulla questione se, ad eccezione dell’importo totale del credito, altri fatti del procedimento principale consentano di privilegiare la tesi secondo la quale la convenuta nel procedimento principale non dovrebbe essere considerata un consumatore.
27. In ogni caso, la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene informazioni che potrebbero consentire di analizzare d’ufficio tale questione in maniera approfondita. Tutte le informazioni messe a disposizione della Corte provengono dalla ricorrente nel procedimento principale, la quale contesta l’incompetenza dei giudici lussemburghesi a statuire sulla sua domanda. Pertanto, indipendentemente dai dubbi che si potrebbero nutrire a tal riguardo, alla luce della ripartizione delle competenze fra la Corte e i giudici nazionali, non esaminerò la questione se la convenuta nel procedimento principale abbia agito a fini privati in occasione della conclusione del contratto di credito. Di conseguenza, limiterò le presenti conclusioni all’analisi della problematica giuridica riflessa nella questione pregiudiziale, come formulata dal giudice del rinvio.
B. Posizioni delle parti
28. Soltanto la ricorrente nel procedimento principale ritiene che l’articolo 15 della convenzione di Lugano II osti a che venga considerato un consumatore il mutuatario che abbia concluso un contratto di credito che, a causa del suo importo, non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48. In primo luogo, fondandosi sulla relazione esplicativa relativa alla convenzione di Lugano II, elaborata dal professor Fausto Pocar (6), la ricorrente nel procedimento principale sostiene che l’interpretazione dell’articolo 15 di tale convenzione deve essere effettuata alla luce della normativa dell’Unione e, segnatamente, della direttiva 2008/48 (7). In secondo luogo, la ricorrente nel procedimento principale ritiene, in sostanza, che, escludendo dall’ambito di applicazione di tale direttiva i contratti di credito di importo superiore a EUR 75 000, il legislatore abbia considerato che le persone che concludono contratti di credito superiori a tale importo non necessitassero di una protezione particolare. Orbene, il beneficio delle norme sulla competenza come l’articolo 15 della convenzione di Lugano II non dovrebbe essere esteso a persone in relazione alle quali una protezione particolare non si giustifichi.
29. Per contro, la convenuta nel procedimento principale e i governi portoghese e svizzero, nonché la Commissione, ritengono che l’interpretazione dell’articolo 15 della convenzione di Lugano II non dipenda dalla direttiva 2008/48. Essi ritengono, in sostanza, che la nozione di «consumatore» contenuta in tale disposizione debba essere oggetto di un’interpretazione autonoma e, per questo motivo, indipendente dai limiti relativi all’importo totale del credito, specificati all’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2008/48.
C. Analisi
30. La questione pregiudiziale, come formulata dal giudice del rinvio, ha ad oggetto la nozione di «consumatore» ai sensi della convenzione di Lugano II e della direttiva 2008/48. Ciò premesso, il vero problema giuridico posto dalla presente causa non riguarda direttamente le definizioni della nozione di «consumatore» contenute nella convenzione di Lugano II e nella direttiva 2008/48, bensì quelle delle nozioni di «contratto» e di «transazione» contenute nell’articolo 15 della suddetta convenzione e nell’articolo 3 della suddetta direttiva.
31. Infatti, nell’ambito di questi due atti giuridici, il nucleo essenziale della definizione della nozione di «consumatore» è ampiamento identica.
32. Secondo l’articolo 3, lettera a), della direttiva 2008/48, si intende per «consumatore» una persona fisica che, nell’ambito delle transazioni disciplinate da tale direttiva, agisce «per scopi estranei alla sua attività commerciale o professionale».
33. Analogamente, ai sensi dell’articolo 15 della convenzione di Lugano II, il consumatore è una persona che ha concluso un contratto «per un uso che possa essere considerato estraneo alla sua attività professionale».
34. Pertanto, perlomeno nel contesto della presente causa, la principale differenza fra la summenzionata disposizione della direttiva 2008/48 e quella della convenzione di Lugano II riguarda il fatto che un consumatore interviene, rispettivamente, in «contratti conclusi da[l medesimo]» e in «transazioni disciplinate dalla [direttiva 2008/48]».
35. Sebbene la direttiva 2008/48 non definisca la nozione di «transazione», essa specifica tuttavia, al suo articolo 2, intitolato «Ambito di applicazione», paragrafo 2, i contratti ai quali essa non si applica. Segnatamente, risulta dall’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), di tale direttiva che essa non si applica ai contratti di credito per un importo totale inferiore a EUR 200 o superiore a EUR 75 000.
36. Per contro, la seconda parte dell’articolo 15, paragrafo 1, della convenzione di Lugano II specifica i contratti, conclusi da un consumatore nel senso summenzionato, ai quali si applicano le disposizioni del titolo II, sezione 4, di tale convenzione. Orbene, la convenzione di Lugano II non limita l’ambito di applicazione delle disposizioni di tale sezione ai contratti il cui importo sia inferiore o superiore ad un certo valore.
37. Ritengo pertanto, per concludere questa parte della mia analisi, che la nozione di «contratto» ai sensi dell’articolo 15 della convenzione di Lugano II e quella di «transazione» ai sensi della direttiva 2008/48 siano indipendenti l’una dall’altra per quanto riguarda l’importo totale del credito accordato ad un mutuatario. Inoltre, la nozione di «transazione» ai sensi dell’articolo 3, lettera a), della direttiva 2008/48 in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), della stessa direttiva determina l’ambito di applicazione di tale direttiva e non è applicabile al di fuori dell’ambito di quest’ultima. Di conseguenza, le definizioni della nozione di «consumatore», contenute nella convenzione di Lugano II e nella direttiva 2008/48, le quali delineano le caratteristiche di un consumatore facendo riferimento, rispettivamente, ad un «contratto» e ad una «transazione», mi sembrano parimenti indipendenti l’una dall’altra, quantomeno per quanto riguarda l’importo totale del credito accordato in forza del contratto in questione.
38. Procederò adesso, alla luce degli argomenti addotti dalle parti, a confrontare l’interpretazione presentata supra con, in primo luogo, la giurisprudenza della Corte e l’idea di coerenza delle nozioni di diritto dell’Unione ivi enunciata e, in secondo luogo, con le spiegazioni della relazione Pocar, relative all’articolo 15 della convenzione di Lugano II. Infine, in terzo luogo, tenuto conto della formulazione della questione pregiudiziale, esaminerò l’eventuale incidenza della scelta legislativa concernente il recepimento della direttiva 2008/48 nel diritto nazionale sulla risposta da fornire a tale questione.
1. Coerenza delle nozioni nel diritto dell’Unione
39. Sono sensibile all’argomento sollevato da talune parti, secondo il quale la Corte ha considerato, nella sentenza Vapenik (8), che, al fine di garantire il rispetto degli obiettivi perseguiti dal legislatore dell’Unione nel settore dei contratti conclusi dai consumatori, nonché la coerenza del diritto dell’Unione, si deve tener conto, segnatamente, della nozione di «consumatore» contenuta in altre normative del diritto dell’Unione.
40. Mi sembra evidente che il messaggio principale di tale passaggio della sentenza Vapenik (9) riguardi non solo l’interpretazione della nozione di «consumatore», bensì tutte le nozioni del diritto dell’Unione. Tuttavia, l’idea, secondo la quale occorrerebbe interpretare la nozione di «contratto», ai sensi dell’articolo 15 della convenzione di Lugano II, alla luce della nozione di «transazione», ai sensi dell’articolo 3, lettera a), della direttiva 2008/48 in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), della direttiva in parola, non mi sembra convincente.
41. È vero che la convenzione di Lugano II non vincola esclusivamente gli Stati membri dell’Unione. Tuttavia, benché l’ambito di applicazione territoriale della convenzione di Lugano II sia più ampio di quello del regolamento (CE) n. 44/2001 (10) e di quello del suo successore, il regolamento (UE) n. 1215/2012 (11), la rilevanza del messaggio principale della sentenza Vapenik (12) nel contesto della presente causa riguarda il fatto che tale convenzione e tali regolamenti condividono lo stesso oggetto, la stessa sistematica e le stesse norme sulla competenza (13). Inoltre, i giudici chiamati ad applicare e ad interpretare la convenzione di Lugano II sono tenuti a garantire un’interpretazione convergente delle disposizioni equivalenti dei suddetti strumenti (14). Di conseguenza, in primo luogo, la convenzione di Lugano II deve essere esaminata nel quadro di una costante interazione tra il regime di Bruxelles e il regime di Lugano (15). In secondo luogo, al pari delle disposizioni di detti regolamenti, le nozioni figuranti all’articolo 15, della convenzione di Lugano II devono essere interpretate in maniera autonoma, facendo principalmente riferimento al sistema e alle finalità di tale convenzione, al fine di garantire l’uniforme applicazione della convenzione di Lugano II in tutti gli Stati membri ad essa vincolati (16).
42. Ciò premesso, non penso che sia possibile trarre dalla sentenza Vapenik (17) insegnamenti che consentano di caldeggiare una risposta negativa alla questione pregiudiziale sollevata nella presente causa.
43. In primo luogo, in tale sentenza, la Corte ha interpretato le disposizioni del regolamento (CE) n. 805/2004 (18), il quale fa parte del contesto normativo tramite il quale l’Unione mira a sviluppare una cooperazione giudiziaria nelle materie civili aventi un’incidenza transfrontaliera. Nel farlo, la Corte ha rilevato che, alla luce della complementarità delle norme istituite dal regolamento n. 805/2004 rispetto a quelle contenute nel regolamento n. 44/2001, le disposizioni di quest’ultimo risultano particolarmente rilevanti (19). Quindi, sempre nel contesto della coerenza degli strumenti giuridici del diritto dell’Unione, la Corte ha invocato (20) la direttiva 93/13/CEE (21) e il regolamento (CE) n. 593/2008 (22). La scelta di questi due strumenti giuridici di diritto dell’Unione nel contesto preso in considerazione nella sentenza Vapenik (23) mi sembra evidente. Il regolamento n. 593/2008 instaura norme di conflitto che, a loro volta, sono complementari alle norme sulla competenza internazionale del regolamento n. 44/2001 (24), mentre la direttiva 93/13, anche se armonizza, come la direttiva 2008/48, disposizioni di diritto sostanziale, si applica, in linea di principio, nei confronti di tutti i contratti conclusi da consumatori e, pertanto, istituisce uno standard universale (25) di protezione per i consumatori all’interno dell’Unione (26).
44. In tal senso, alla luce della sentenza Vapenik (27), la scelta degli strumenti giuridici di diritto dell’Unione presa in considerazione in sede di interpretazione delle nozioni di un altro atto non è aleatoria. È sintomatico che, anche se la causa sfociata in tale sentenza riguardava il pagamento della somma dovuta sulla base di un contratto di mutuo, la Corte non ha ivi fatto riferimento alla direttiva 2008/48. In tale ordine di idee, alla luce delle circostanze della presente causa, non penso che la direttiva 2008/48 potrebbe avere un’influenza determinante sull’interpretazione dell’articolo 15 della convenzione di Lugano II.
45. In secondo luogo, nella sentenza Vapenik (28), dai tre summenzionati strumenti giuridici di diritto dell’Unione la Corte ha tratto un insegnamento unico di portata piuttosto generale, secondo il quale l’obiettivo di tutela dei consumatori previsto dalle disposizioni del diritto dell’Unione, volto a ristabilire l’uguaglianza inter partes nei contratti conclusi tra un consumatore e un professionista, esclude l’applicazione di tali disposizioni a persone rispetto alle quali tale tutela non si giustifichi (29). Orbene, l’idea che, a causa di una modalità di un contratto, come l’importo totale del credito, la parte di tale contratto non dovrebbe essere considerata un consumatore ai sensi di una direttiva, non può essere vista come un siffatto insegnamento di portata generale, comparabile a quello di cui alla sentenza Vapenik (30).
46. Infine, in terzo luogo, anche nel contesto delle normative che, come enunciato dai loro considerando, cercano esplicitamente la concordanza (31), ossia i regolamenti nn. 864/2007 e 44/2001, la Corte ha indicato, nella sentenza Kainz (32), la quale è posteriore alla sentenza Vapenik (33), che «[i]n nessun caso la coerenza voluta può condurre ad attribuire alle disposizioni del regolamento n. 44/2001 un’interpretazione estranea al sistema ed agli obiettivi del medesimo».
47. Infatti, gli obiettivi della direttiva 2008/48 e della convenzione di Lugano II variano in maniera considerevole. La direttiva 2008/48 è intesa ad armonizzare taluni aspetti della normativa che disciplina i contratti di credito al consumo, segnatamente le condizioni relative all’informazione del consumatore/mutuatario, mentre la convenzione di Lugano II mira a fissare le norme che consentono di determinare il giudice competente a statuire su una controversia in materia civile e commerciale. Per quanto riguarda tale convenzione, le disposizioni del suo titolo II, sezione 4, sono state ispirate dalla preoccupazione di tutelare il consumatore quale parte contraente ritenuta economicamente più debole e giuridicamente meno esperta della sua controparte contrattuale.
48. Il parallelo tracciato dal giudice del rinvio nella questione pregiudiziale, ossia che i limiti relativi all’importo totale del credito della direttiva 2008/48 circoscrivono la portata dell’articolo 15 della convenzione di Lugano II, sfocerebbe in una situazione nella quale persone che abbiano concluso un contratto di credito, il cui importo sia inferiore a EUR 200 non sarebbero considerate «consumatori» e non potrebbero far valere tale disposizione della convenzione di Lugano II. Orbene, mi sembra che una siffatta situazione non sarebbe conforme agli obiettivi della convenzione di Lugano II. È evidente che non sussiste una differenza sostanziale fra la presunta debolezza di una persona che ha concluso un contratto di credito di EUR 100 rispetto a quella che ne ha concluso uno di EUR 200.
49. Riassumendo, è possibile trarre ispirazione da altri strumenti giuridici del diritto dell’Unione in sede di interpretazione delle disposizioni della convenzione di Lugano II, o di quelle del diritto internazionale privato dell’Unione in generale. Tali strumenti possono dunque costituire degli indizi per quanto riguarda l’interpretazione da dare a nozioni figuranti in siffatte disposizioni.
50. Tuttavia, nell’ambito di una siffatta interpretazione che si ispira ad altri strumenti giuridici del diritto dell’Unione, s’impone prudenza a fronte del rischio di trarre conclusioni eccessive. Pertanto, in primo luogo, tali strumenti giuridici devono essere accuratamente selezionati in funzione del loro rapporto con l’atto interpretato e del loro ruolo nel sistema del diritto dell’Unione. In secondo luogo, anche se è possibile ricavare da siffatte fonti di ispirazione insegnamenti di portata generale, tali insegnamenti non possono tuttavia riguardare dettagli minori, tramite i quali il legislatore dell’Unione determina gli ambiti di applicazione di strumenti giuridici aventi una portata specifica e limitata. Infine, in terzo luogo, un’interpretazione coerente delle nozioni contenute in atti di diritto internazionale privato dell’Unione non può portare a dare alle disposizioni di tali atti un’interpretazione estranea al sistema e agli obiettivi dei medesimi.
51. Pertanto, alla luce di queste tre considerazioni, il parallelo tracciato dalla questione pregiudiziale per quanto attiene alle nozioni della convezione di Lugano II e della direttiva 2008/48 non può essere accolto.
2. La relazione Pocar
52. Come indicato da diverse parti nelle loro osservazioni scritte, si evince dal punto 81 della relazione Pocar che nella definizione ampia della nozione di «contratti conclusi dai consumatori», adottata nell’ambito dell’articolo 15 della convenzione di Lugano II, rientrano tutti i contratti disciplinati come contratti di consumo nelle direttive dell’Unione, compresi i contratti in base ai quali il creditore concede o si impegna a concedere al consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra analoga facilitazione finanziaria, nella misura in cui essi siano regolati dalla direttiva 87/102/CEE (34), la quale, lo ricordo, è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2008/48 (35).
53. Tuttavia, la conclusione tratta dalla ricorrente nel procedimento principale da tale passaggio della relazione Pocar, secondo la quale occorrerebbe rispondere negativamente alla questione pregiudiziale, sembra non corrispondere all’intenzione dell’autore di tale relazione.
54. Al pari della Commissione, ritengo che, per capire il punto 81 della relazione Pocar, occorra individuare correttamente il ruolo dell’articolo 15 della convenzione di Lugano II nel sistema delle norme sulla competenza istituito da tale convenzione.
55. Nella vigenza del predecessore della convenzione di Lugano II, ossia la prima convenzione di Lugano(36), le disposizioni del titolo II, sezione 4 erano applicabili, ai sensi dell’articolo 13 di tale convenzione, a categorie limitate di contratti. L’articolo 15 della convenzione di Lugano II ha ampliato in maniera considerevole la gamma di contratti coperti dalle disposizioni di tale sezione.
56. Infatti, come risulta dal punto 81 della relazione Pocar, mentre l’articolo 13, primo comma, punto 3 della convenzione di Lugano contempla i contratti aventi per oggetto «una fornitura di servizio o di beni mobili materiali», l’articolo 15, paragrafo 1, lettera c), della convenzione di Lugano II riguarda «tutti gli altri casi», senza una precisazione limitativa quanto all’oggetto di un determinato contratto. Per illustrare la rifusione dell’ambito di applicazione delle disposizioni del titolo II, sezione 4 della convenzione di Lugano, la relazione Pocar fa riferimento a diverse direttive di diritto dell’Unione. Orbene, tali riferimenti non possono essere intesi nel senso che gli ambiti di applicazione delle direttive di cui trattasi, da un lato, e quelli della convenzione di Lugano, dall’altro, sono stati coordinati nei minimi dettagli. Per contro, detti riferimenti servono per illustrare i contratti che, alla luce del loro oggetto, sono disciplinati dalle disposizioni del titolo II, sezione 4, della convenzione di Lugano II.
57. Pertanto, la lettura della relazione Pocar non consente di concludere che un contratto che, alla luce del suo obiettivo, rientra in generale nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48 ma che, a causa dell’importo totale del credito, è escluso da tale ambito di applicazione, non sia automaticamente coperto dalle disposizioni del titolo II, sezione 4, della convenzione di Lugano II.
3. Incidenza della scelta legislativa concernente il recepimento della direttiva 2008/48 sulla risposta da dare alla questione pregiudiziale
58. La formulazione della questione pregiudiziale invita a verificare se la risposta a tale questione dipenda dalla scelta del legislatore nazionale di applicare o meno disposizioni che recepiscono la direttiva 2008/48 a materie che non rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva. Una siffatta facoltà degli Stati membri è esplicitamente riconosciuta al considerando 10 della direttiva 2008/48, secondo il quale «uno Stato membro potrebbe mantenere o introdurre norme nazionali conformi alla direttiva o a talune delle sue disposizioni in materia di contratti di credito al di fuori dell’ambito di applicazione della presente direttiva, ad esempio in materia di contratti di credito per importi inferiori a 200 EUR o superiori a 75 000 EUR».
59. Tuttavia, alla luce delle considerazioni che precedono, e segnatamente tenuto conto del fatto che le nozioni dell’articolo 15 della convenzione di Lugano II devono essere interpretate in maniera autonoma, l’unica constatazione alla quale si potrebbe pervenire è che la scelta del legislatore nazionale per quanto attiene all’ambito di applicazione delle disposizioni adottate in occasione del recepimento della direttiva 2008/48 è irrilevante nel contesto del problema giuridico sollevato dalla questione pregiudiziale.
60. Inoltre, come osservato dal governo svizzero, si deve tenere conto del fatto che alcuni degli Stati vincolati alla convenzione di Lugano II non applicano la direttiva 2008/48. Pertanto, indipendentemente dall’interpretazione data alla questione pregiudiziale, potrebbe verificarsi che, eventualmente, il diritto dello Stato di cui trattasi non contenga alcuna norma di recepimento della direttiva 2008/48.
61. A seguito dell’analisi svolta supra, ritengo che una persona, la quale abbia concluso un contratto di credito a fini privati non perda la sua qualità di consumatore ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, della convenzione di Lugano II, allorché il contratto in questione non rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48 a causa dell’importo totale del credito. Inoltre, alla luce della giurisprudenza della Corte, i limiti relativi all’importo totale del credito, previsti all’articolo 2, paragrafo 2, lettera c), di tale direttiva, non sono applicabili all’articolo 15, paragrafo 1, della convenzione di Lugano II (37). Tale considerazione non viene rimessa in discussione dalle spiegazioni contenute nella relazione Pocar (38). Infine, un giudice che prenda in considerazione l’applicazione dell’articolo 15 della convenzione di Lugano II non è vincolato a disposizioni dettagliate di diritto sostanziale, adottate in occasione del recepimento della direttiva 2008/48. Il parallelo formulato nell’ambito della questione pregiudiziale non si impone (39).
VI. Conclusione
62. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di fornire la seguente risposta alla questione pregiudiziale sollevata dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Lussemburgo):
L’articolo 15 della convenzione concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, firmata il 30 ottobre 2007, la cui conclusione è stata approvata a nome della Comunità con decisione 2009/430/CE del Consiglio, del 27 novembre 2008, deve essere interpretato nel senso che una persona, la quale abbia concluso un contratto di credito a fini privati, non perde la sua qualità di consumatore ai sensi di tale articolo allorché il contratto in questione non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio a causa dell’importo totale del credito.