Language of document : ECLI:EU:F:2007:175

ORDINANZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA
DELL’UNIONE EUROPEA (Seconda Sezione)

17 ottobre 2007 (*)

«Funzione pubblica – Dipendenti – Dovere di assistenza incombente all’Amministrazione – Art. 24 dello Statuto – Molestie morali da parte del superiore gerarchico – Inchiesta dell’IDOC – Art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado»

Nella causa F‑63/06,

avente ad oggetto un ricorso proposto ai sensi degli artt. 236 CE e 152 EA,

Luigi Mascheroni, dipendente della Commissione delle Comunità europee, residente a Vergiate (Italia), rappresentato dagli avv.ti A. Vianello e G. Orelli,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J. Currall, in qualità di agente, assistito dall’avv. A. Dal Ferro,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto dal sig. S. Van Raepenbusch (relatore), presidente, dalla sig.ra I. Boruta e dal sig. H. Kanninen, giudici,

cancelliere: sig.ra W. Hakenberg

ha pronunciato la seguente

Ordinanza

1        Con ricorso pervenuto presso la cancelleria del Tribunale in data 5 maggio 2006 a mezzo di telefax (il deposito dell’originale è stato effettuato l’8 maggio seguente), il sig. Mascheroni chiede, segnatamente, l’annullamento della decisione dell’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») 14 luglio 2005 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), recante rigetto della domanda di assistenza, presentata dallo stesso sig. Mascheroni il 26 marzo 2004, fondata sul preteso comportamento vessatorio e diffamatorio tenuto dal suo superiore gerarchico, sig. V.H. (in prosieguo: la «domanda di assistenza»).

 Il contesto normativo

2        A termini dell’art. 24, primo comma, dello Statuto del personale delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto»):

«Le Comunità assistono il funzionario, in particolare nei procedimenti a carico di autori di minacce, oltraggi, ingiurie, diffamazioni, attentati contro la persona o i beni di cui il funzionario o i suoi familiari siano oggetto, a motivo della sua qualità e delle sue funzioni».

 Fatti

3        Il 26 marzo 2004 il ricorrente presentava domanda di assistenza a norma dell’art. 24 dello Statuto, registrata il 26 aprile seguente presso l’unità «Ricorsi» della direzione generale (DG) «Personale e amministrazione» della Commissione delle Comunità europee. Nella detta domanda di assistenza il ricorrente lamentava il comportamento del proprio superiore gerarchico, sig. V.H., che avrebbe assunto connotazione offensiva.

4        La Commissione fornisce le seguenti precisazioni.

5        Il ricorrente ha lavorato in qualità di dipendente di ruolo presso il Centro comune di ricerca (CCR) di Ispra (Italia) a decorrere dal 1977 e, nel corso degli anni, è passato dal grado B al grado AD 11.

6        Il ricorrente aveva inizialmente lavorato presso l’unità «Servizi tecnici» del CCR, ove si occupava della gestione delle attività di manutenzione dei singoli edifici del Centro medesimo. Dal 1° gennaio 2000, capo di tale unità è il sig. V.H.

7        Il 1° agosto 2003, il ricorrente veniva trasferito presso l’unità «Smantellamento e gestione di impianti nucleari» del CCR, presiedendo, parimenti, il locale comitato del personale dal 2002 al 2005, ivi restando attivo anche successivamente a tale periodo.

8        In risposta alla domanda di assistenza, il direttore della DG «Personale e amministrazione» informava il ricorrente, con nota 9 settembre 2004, che la Commissione aveva incaricato l’Ufficio per le Investigazioni e la disciplina (IDOC) di procedere ad un’indagine amministrativa interna, al fine di verificare la fondatezza o meno di tali affermazioni.

9        Con nota 4 novembre 2004, registrata l’11 novembre seguente presso l’unità «Ricorsi» della DG «Personale e amministrazione», il ricorrente proponeva reclamo a norma dell’art. 90, n. 2, dello Statuto, a seguito del rigetto implicito della domanda di assistenza per silenzio rifiuto, intervenuto, conformemente all’art. 90, n. 1, dello Statuto, il 26 agosto 2004.

10      Nessun ricorso veniva proposto contro il rigetto implicito di tale reclamo, che deve ritenersi essersi verificato l’11 marzo 2005, conformemente all’art. 90, n. 2, secondo comma, dello Statuto.

11      Con nota 7 marzo 2005, il direttore generale ad interim del CCR si rivolgeva al ricorrente nei seguenti termini:

«Il [S]uo avvocato ha chiesto [al sig. V.H.] il pagamento dei danni che Lei avrebbe subito a causa delle pretese molestie morali di cui Lei sarebbe stato vittima nell’ambito dell’attività da Lei svolta in seno alla Commissione.

Con la presente La invito a chiedere immediatamente al Suo difensore di interrompere l’invio di tali comunicazioni al recapito privato del sig. [V.H.].

Come Lei ben sa, lo Statuto prevede rimedi giuridici (in particolare, agli artt. 24 e 90 dello Statuto) volti a disciplinare problemi di tal genere. (…)

Rammento, infine, che sulla stessa questione oggetto delle comunicazioni inviate dal Suo difensore al sig. [V.H.] è attualmente in corso un’indagine amministrativa».

12      Inoltre, con nota 25 aprile 2005, lo stesso direttore generale ad interim del CCR informava il ricorrente che l’indagine amministrativa condotta dall’IDOC era in procinto di concludersi e che, nel caso in cui le molestie morali fossero risultate provate, l’istituzione avrebbe potuto prestare assistenza al ricorrente avviando, all’occorrenza, un procedimento disciplinare nei confronti dell’autore delle molestie stesse, precisando inoltre:

«Occorre attendere la conclusione dell’indagine amministrativa. In caso contrario, Lei si assume il rischio di privare di effetto utile la Sua richiesta di assistenza ai sensi dell’art. 24 dello Statuto».

13      Con nota 17 giugno 2005 l’IDOC trasmetteva all’unità «Ricorsi» della DG «Personale e amministrazione» la relazione finale dell’indagine, che escludeva qualsiasi forma di molestie morali o altra condotta pregiudizievole perpetrata dal sig. V.H. nei confronti del ricorrente. L’IDOC suggeriva quindi all’APN di respingere la domanda di assistenza.

14      Con lettera 14 luglio 2005 l’APN respingeva la domanda di assistenza.

15      Con nota 5 ottobre 2005 il ricorrente proponeva un nuovo reclamo ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto avverso il rigetto esplicito della domanda di assistenza. L’APN respingeva il reclamo con decisione 6 febbraio 2006.

16      Precedentemente, con lettera 28 ottobre 2005, inviata all’avv. V., difensore del ricorrente, il direttore generale della DG «Personale e amministrazione», dopo aver fatto presente che la relazione finale dell’indagine dell’IDOC era giunta alla conclusione dell’insussistenza di molestie morali da parte del sig. V.H. nei confronti del ricorrente, aveva precisato quanto segue:

«Nella misura in cui il [ricorrente], non è rimasto soddisfatto del seguito che è stato riservato alla sua domanda d’assistenza, ha presentato un reclamo contro la [decisione impugnata]. A tal proposito, la Commissione dispone di un termine di quattro mesi per notificare al [ricorrente] la decisione che sarà presa a seguito del suo reclamo. Contro un’eventuale risposta negativa, nei tre mesi successivi, un ricorso potrebbe essere introdotto davanti al Tribunale della funzione pubblica [dell’Unione europea].

Per tale motivo, Le sarei grato di voler attendere il risultato di queste procedure e di voler evitare, per il futuro, di rivolgersi direttamente al sig. [V.H.]».

 Conclusioni delle parti

17      Il ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        accertare e dichiarare l’illiceità del comportamento del sig. V.H.;

–        accertare e dichiarare il carattere offensivo di tale comportamento;

–        accertare e dichiarare l’esistenza di un grave pregiudizio derivato al ricorrente da tale comportamento;

–        annullare la decisione dell’APN 6 febbraio 2006;

–        condannare la Commissione alle spese.

18      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso irricevibile e/o infondato;

–        statuire sulle spese come di diritto.

 In diritto

19      A sostegno del ricorso il ricorrente deduce due motivi relativi, da un lato, all’irregolarità della delega del potere di decisione conferita all’IDOC dall’APN e alla violazione dell’obbligo di motivazione nonché, dall’altro, ad un manifesto errore di valutazione.

20      A termini dell’art. 111 del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado delle Comunità europee, applicabile mutatis mutandis al Tribunale, a norma dell’art. 3, n. 4, della decisione del Consiglio 2 novembre 2004, 2004/752/CE, Euratom, che istituisce il Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (GU L 333, pag. 7), sino all’entrata in vigore del regolamento di procedura di quest’ultimo, il Tribunale, quando è manifestamente incompetente a conoscere di un ricorso o quando il ricorso è manifestamente irricevibile o manifestamente infondato in diritto, può, senza proseguire il procedimento, statuire con ordinanza motivata.

21      Nella specie, il Tribunale ritiene di essere sufficientemente istruito alla luce degli atti di causa e decide, ai sensi del detto art. 111 del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, di statuire senza proseguire il procedimento.

 Osservazioni preliminari

22      Il presente ricorso, ancorché formalmente diretto contro la decisione dell’APN 6 febbraio 2006, recante rigetto del reclamo del ricorrente, è in effetti volto a che il Tribunale si pronunci sull’atto recante pregiudizio contro cui il reclamo stesso è stato presentato. Il ricorso dev’essere quindi considerato esclusivamente diretto contro la decisione 14 luglio 2005, con cui l’APN ha respinto la domanda di assistenza (v., segnatamente, sentenza della Corte 17 gennaio 1989, causa 293/87, Vainker/Parlamento, Racc. pag. 23, punto 8).

 Sui due primi capi della domanda

23      Per quanto attiene ai due primi capi della domanda del ricorrente, è sufficiente rilevare che, secondo costante giurisprudenza, non spetta al Tribunale, nell’ambito di un ricorso proposto ai sensi dell’art. 91 dello Statuto, emettere dichiarazioni di principio o indirizzare ingiunzioni (v. sentenze del Tribunale di primo grado 9 giugno 1994, causa T‑94/92, X/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑149 e II‑481, punto 33; 2 luglio 1997, causa T‑28/96, Chew/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑165 e II‑497, punto 17; 11 luglio 2000, causa T‑134/99, Skrzypek/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑139 e II‑633, punto 16, e 2 marzo 2004, causa T‑14/03, Di Marzio/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑43 e II‑167, punto 63).

24      Sono conseguentemente manifestamente irricevibili i capi della domanda del ricorrente volti a che il Tribunale dichiari l’illiceità del comportamento del sig. V.H. nonché il carattere offensivo del medesimo.

 Sulla domanda di annullamento della decisione 14 luglio 2005

 Sull’irregolarità della delega del potere di decisione conferita dall’APN all’IDOC e sulla violazione dell’obbligo di motivazione

–       Argomenti delle parti

25      Il ricorrente ritiene che la decisione impugnata difetti di contenuto proprio, in quanto si limiterebbe a fare riferimento alle conclusioni dell’IDOC, organo non autorizzato ad adottare una decisione di rigetto della domanda di assistenza. Conseguentemente, la detta decisione sarebbe del tutto carente di motivazione.

26      Con la domanda di assistenza il ricorrente avrebbe chiaramente indicato i singoli comportamenti, ritenuti vessatori e diffamatori, tenuti dal suo superiore gerarchico, sig. V.H., nei suoi confronti.

27      Il ricorrente aggiunge che, nell’esame della domanda di assistenza, anche l’Amministrazione avrebbe assunto un comportamento vessatorio e che il procedimento amministrativo precontenzioso non sarebbe stato condotto nel rispetto del dovere di imparzialità che deve caratterizzarlo.

28      Il ricorrente sostiene di essere giunto a conoscenza di rilievi e di documenti solo per effetto di allusioni e a posteriori.

29      Il ricorrente precisa in particolare i seguenti fatti:

–        con la nota 7 marzo 2005, il direttore generale ad interim del CCR gli avrebbe intimato di chiedere al suo difensore di interrompere immediatamente l’inoltro al sig. V.H. di richieste di risarcimento del danno accompagnate dall’invito a desistere da tali comportamenti, il che avrebbe suscitato nel ricorrente viva emozione ed inquietudine;

–        con la nota 25 aprile 2005, lo stesso direttore generale ad interim del CCR avrebbe reiterato tale richiesta, con tono meno perentorio, lasciando tuttavia intendere che, ove il ricorrente «non avesse pazientato», la sua domanda di assistenza sarebbe stata priva di effetto utile;

–        con la lettera 28 ottobre 2005, indirizzata all’avv. V., il direttore generale della DG «Personale e amministrazione» avrebbe invitato il ricorrente ad attendere l’esito del procedimento in corso e ad evitare, in futuro, di rivolgersi direttamente al sig. V.H.

30      La Commissione rammenta che, secondo costante giurisprudenza, nell’ambito del proprio dovere di assistenza, a fronte di un incidente incompatibile con l’ordine e la serenità del servizio, l’amministrazione deve intervenire con tutta l’energia necessaria rispondendo con la tempestività e la sollecitudine richieste dal caso di specie al fine di acclarare i fatti e di poterne trarre, con cognizione di causa, le dovute conseguenze. Nella specie, l’Amministrazione avrebbe ritenuto opportuno disporre l’avvio di un’indagine amministrativa affidando all’IDOC il compito di accertare i fatti.

31      Orbene, secondo la Commissione, l’IDOC avrebbe assolto il proprio compito fornendo all’istituzione un quadro completo dei fatti, sulla base del quale l’Amministrazione stessa, nell’esercizio del proprio potere decisionale, ha potuto fondare le proprie conclusioni sui fatti della specie.

32      Quanto ai fatti, dedotti segnatamente dal ricorrente, che si sarebbero verificati nel corso del procedimento precontenzioso, la Commissione, che afferma di non comprendere i motivi per i quali la nota del 7 marzo 2005 potesse suscitare timori nel ricorrente, sottolinea che lo scopo di tale nota non era certamente quello di limitare il diritto di difesa del ricorrente a fronte del preteso comportamento pregiudizievole imputato al sig. V.H., bensì, al contrario, di facilitare l’esercizio di tale diritto indicando gli strumenti statutari previsti a tal fine ed informando il ricorrente, in virtù del principio di trasparenza, che era in corso un procedimento amministrativo diretto a far luce sul comportamento lamentato.

33      Le stesse considerazioni vengono dedotte dalla Commissione con riguardo alla nota 25 aprile 2005 prodotta dal ricorrente, in cui l’istituzione, contrariamente a quanto sostenuto dall’interessato, intendeva semplicemente suggerire al medesimo di attendere l’esito dell’indagine amministrativa, atteso che l’istituzione avrebbe potuto riconoscergli il diritto all’assistenza solamente nel caso in cui fosse stata accertata la sussistenza delle pretese vessazioni nei suoi confronti.

34      In ogni caso, i documenti prodotti dal ricorrente sarebbero privi di qualsiasi pertinenza ai fini della valutazione della legittimità della decisione impugnata.

–       Giudizio del Tribunale

35      Per quanto attiene alla censura relativa alla delega del potere di decisione dell’APN all’IDOC, si deve anzitutto rammentare che, a termini dell’art. 24 dello Statuto, «[l]e Comunità assistono il funzionario, in particolare nei procedimenti a carico di autori di minacce, oltraggi, ingiurie, diffamazioni, attentati contro la persona o i beni di cui il funzionario o i suoi familiari siano oggetto, a motivo della sua qualità e delle sue funzioni».

36      A tal riguardo, secondo costante giurisprudenza, nell’ambito dell’obbligo di assistenza, in presenza di un incidente incompatibile con l’ordine e la serenità del servizio, l’istituzione deve intervenire con tutta l’energia necessaria, rispondendo con la tempestività e la sollecitudine richieste dal caso di specie al fine di accertare i fatti e di poter, in tal modo, trarne con cognizione di causa le dovute conseguenze. A tal fine, è sufficiente che il dipendente che chieda la tutela alla propria istituzione fornisca quanto meno un principio di prova del carattere reale delle pretese aggressioni subite. In presenza di tali elementi, la rispettiva istituzione è tenuta ad adottare gli opportuni provvedimenti, in particolare procedendo ad un’indagine, al fine di accertare i fatti all’origine delle doglianze, in collaborazione con l’autore di quest’ultime (sentenza della Corte 26 gennaio 1989, causa 224/87, Koutchoumoff/Commissione, Racc. pag. 99, punti 15 e 16; sentenze del Tribunale di primo grado 21 aprile 1993, causa T‑5/92, Tallarico/Parlamento, Racc. pag. II‑477, punto 31, e 5 dicembre 2000, causa T‑136/98, Campogrande/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑267 e II‑1225, punto 42).

37      Nella specie, al fine di accertare la realtà dei fatti dedotti e di trarne, con cognizione di causa, le opportune conclusioni, l’APN ha chiesto all’IDOC di procedere ad un’indagine, a norma dell’art. 2, n. 2, della decisione della Commissione 28 aprile 2004, C(2004) 1588, recante disposizioni generali di esecuzione relative alla condotta delle indagini amministrative e dei procedimenti disciplinari, pubblicata nelle Informazioni amministrative 30 giugno 2004, n. 86‑2004.

38      Dalla procedura di consultazione dell’IDOC istituita dalla Commissione risulta che, nell’ambito delle domande di assistenza ex art. 24 dello Statuto, l’IDOC interviene su richiesta dell’unità «Ricorsi» della DG «Personale e amministrazione», ove quest’ultima deve delimitare preliminarmente l’ambito delle indagini che l’IDOC dovrà svolgere. Le indagini effettuate da quest’ultimo ex art. 24 dello Statuto sono dirette ad acclarare i fatti, sulla base dei quali l’APN potrà pronunciarsi con cognizione di causa in merito alla domanda di assistenza.

39      Ciò premesso, la censura del ricorrente secondo cui l’APN avrebbe delegato l’adozione dell’emananda decisione sulla domanda di assistenza ad un organo incompetente è manifestamente destituita di qualsiasi fondamento in diritto.

40      Lungi dal trattarsi di una delega di poteri ad un organismo incompetente, l’APN ha chiesto ad un servizio incaricato, in seno alla Commissione, di effettuare indagini amministrative con imparzialità, di verificare la veridicità dei fatti dedotti, al fine di consentirle di pronunciarsi con piena cognizione di causa sulla domanda di assistenza propostale.

41      Nella specie, la relazione finale dell’IDOC non costituisce minimamente una decisione pronunciata sulla domanda di assistenza, bensì la risposta alla richiesta di indagini sui fatti formulatale dall’APN.

42      L’APN ha respinto la domanda di assistenza nell’esercizio della propria competenza. Come sottolineato dalla Commissione, il fatto che la decisione impugnata contenga un rinvio alle conclusioni della relazione finale dell’IDOC non significa che la decisione sia stata adottata dall’IDOC stesso.

43      Conseguentemente, la censura relativa alla pretesa delega del potere di decisione dall’APN all’IDOC dev’essere respinta in quanto manifestamente infondata.

44      Per quanto attiene alla censura relativa alla violazione dell’obbligo di motivazione, secondo costante giurisprudenza, l’obbligo di motivazione, sancito dall’art. 25, secondo comma, dello Statuto, mira, da un lato, a fornire all’interessato indicazioni sufficienti per valutare la fondatezza della decisione presa dall’amministrazione e l’opportunità di proporre ricorso dinanzi al Tribunale e, dall’altro, a consentire a quest’ultimo di esercitare il proprio sindacato. L’estensione di tale obbligo dev’essere valutata in considerazione delle circostanze concrete, in particolare del contenuto dell’atto, della natura dei motivi dedotti e del possibile interesse del destinatario a ricevere spiegazioni (sentenze del Tribunale di primo grado 9 marzo 2000, causa T‑10/99, Vicente Nuñez/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑47 e II‑203, punto 41, e 12 dicembre 2002, cause riunite T‑338/00 e T‑376/00, Morello/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑301 e II‑1457, punto 46).

45      Ai fini della valutazione del carattere sufficiente della motivazione occorre inoltre porla nel contesto in cui si colloca l’adozione dell’atto impugnato (sentenze del Tribunale di primo grado 27 aprile 1999, causa T‑283/97, Thinus/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑69 e II‑353, punto 77, e Morello/Commissione, cit. supra, punto 47).

46      Dagli atti di causa emerge che l’APN ha allegato alla decisione impugnata la relazione finale dell’indagine dell’IDOC. Parimenti, nel rigetto del reclamo diretto contro la decisione impugnata, l’APN ha spiegato dettagliatamente, per ogni singolo fatto dedotto, i motivi che consentivano di escludere la sussistenza di molestie morali. Il ricorrente non può quindi legittimamente sostenere che la motivazione alla base della decisione impugnata non gli fosse nota ovvero non gli consentisse di valutare la fondatezza della decisione medesima e l’opportunità di proporre ricorso.

47      Ne consegue che la censura relativa alla violazione dell’obbligo di motivazione dev’essere respinta in quanto manifestamente infondata.

48      Alla luce delle suesposte considerazioni, il primo motivo dev’essere respinto in quanto manifestamente infondato.

 Sul manifesto errore di valutazione

–       Argomenti delle parti

49      Il ricorrente rinvia al testo della domanda di assistenza, che conterrebbe indicazioni sul carattere diffamatorio e ingiurioso del comportamento contestato al sig. V.H.

50      Secondo il ricorrente, per valutare le modalità con cui il sig. V.H. avrebbe fatto uso ovvero abusato dei propri poteri, l’APN si sarebbe fondata su affermazioni non comprovate, in contrasto quindi con principi di diritto quali il divieto di discriminazioni, il principio di proporzionalità, il divieto di abusi di potere, l’obbligo di imparzialità e di obiettività, il principio di coerenza e di equità, nonché di ragionevolezza. L’Amministrazione avrebbe inoltre trascurato l’offerta, formulata dal ricorrente, di fornire altri elementi di prova.

51      La Commissione, dopo aver rammentato che la propria valutazione dei fatti si fonda sui documenti e sulle testimonianze raccolte dall’IDOC ed è stata adeguatamente motivata nelle proprie risposte, chiede che tale motivo venga dichiarato irricevibile, in quanto non sarebbe sostenuto da alcun argomento, in violazione, quindi, dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado.

–       Giudizio del Tribunale

52      Si deve rammentare che, a termini dell’art. 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale ai sensi dell’art. 7, n. 1, dell’allegato I del detto Statuto, nonché dell’art. 44, n. 1, lett. c), del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, l’atto introduttivo del ricorso deve indicare l’oggetto della controversia e contenere l’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Tale presentazione dev’essere sufficientemente chiara e precisa per consentire alla parte convenuta di preparare la sua difesa e al Tribunale di pronunciarsi sul ricorso, eventualmente senza altre informazioni. Al fine di garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, è necessario, affinché un ricorso sia considerato ricevibile, che gli elementi essenziali di fatto e di diritto sui quali esso è fondato emergano, anche sommariamente, purché in modo coerente e comprensibile, dall’atto introduttivo stesso (ordinanze del Tribunale di primo grado 28 aprile 1993, causa T‑85/92, De Hoe/Commissione, Racc. pag. II‑523, punto 20, e 21 maggio 1999, causa T‑154/98, Asia Motor France e a./Commissione, Racc. pag. II‑1703, punto 49; sentenza del Tribunale di primo grado 15 giugno 1999, causa T‑277/97, Ismeri Europa/Corte dei conti, Racc. pag. II‑1825, punto 29).

53      Come emerge dalla giurisprudenza, il ricorrente non può limitarsi ad enunciare astrattamente i motivi dedotti, in particolare limitandosi ad affermare che l’atto impugnato violerebbe una determinata disposizione dello Statuto, senza specificare ulteriormente, a sostegno di tale affermazione, in cosa consista il motivo sul quale il ricorso è basato (v., in tal senso, sentenze del Tribunale di primo grado 18 novembre 1992, causa T‑16/91, Rendo e a./Commissione, Racc. pag. II‑2417, punto 130; 16 marzo 1993, cause riunite T‑33/89 e T‑74/89, Blackman/Parlamento, Racc. pag. II‑249, punti 64 e 65, e 17 marzo 1994, causa T‑43/91, Hoyer/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑91 e II‑297, punto 22).

54      Orbene, nella specie, come correttamente sottolineato dalla Commissione, il motivo in esame non viene sviluppato nemmeno sommariamente, nel ricorso. In quest’ultimo viene meramente indicato un elenco di pretesi diritti o principi violati, senza che venga fornita la minima argomentazione a sostegno di tale affermazione, consentendo così al Tribunale di comprendere sotto quale profilo tali diritti sarebbero stati lesi.

55      Lo stesso ragionamento vale per quanto attiene agli argomenti a sostegno dell’affermazione secondo cui il comportamento del sig. V.H. avrebbe avuto connotazione ingiuriosa e diffamatoria. Tale affermazione non viene né chiaramente né coerentemente esposta nell’ambito del ricorso che, a tal riguardo, fa rinvio al testo della richiesta di assistenza allegata al ricorso stesso.

56      Orbene, secondo costante giurisprudenza, ancorché il corpo del ricorso possa essere suffragato e integrato, su punti specifici, mediante rinvio ad estratti di documenti ad esso allegati, un rinvio globale ad altri scritti, anche se allegati al ricorso, non può invece sanare la mancanza degli elementi essenziali dell’argomentazione in diritto che devono comparire nel ricorso. Inoltre, non spetta al Tribunale ricercare e determinare, negli allegati, i motivi ed argomenti che potrebbero essere considerati fondanti il ricorso (ordinanze del Tribunale di primo grado De Hoe/Commissione, cit. supra, punto 20; 8 dicembre 2005, causa T‑91/04, Just/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑395 e II‑1801, punto 35; 8 dicembre 2005, causa T‑92/04, Moren Abat/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑399 e II‑1817, punto 31, e sentenza del Tribunale di primo grado 5 dicembre 2006, causa T‑424/04, Angelidis/Parlamento, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 39‑42).

57      Orbene, nella specie, la semplice lettura del ricorso non consente al Tribunale di rinvenire il minimo indizio quanto al preteso carattere vessatorio, ingiurioso o diffamatorio del comportamento del superiore gerarchico del ricorrente, che non viene nemmeno sommariamente descritto.

58      Conseguentemente, il secondo motivo dev’essere dichiarato manifestamente irricevibile.

59      Ciò premesso, il Tribunale ritiene che non occorra verificare d’ufficio il rispetto dei termini di reclamo e di ricorso di cui agli artt. 90 e 91 dello Statuto e, in particolare, pronunciarsi sulla questione se il ricorrente potesse validamente impugnare, con il reclamo 5 ottobre 2005, la decisione dell’APN 14 luglio 2005, recante rigetto esplicito della domanda di assistenza formulata in data 26 aprile 2004, laddove un primo reclamo era stato già proposto l’11 novembre 2004 avverso il rigetto implicito di tale domanda, senza successiva proposizione di ricorso contro il rigetto del detto reclamo per silenzio rifiuto, che deve ritenersi intervenuto l’11 marzo 2005.

 Sul capo della domanda diretto a che il Tribunale accerti e dichiari l’esistenza di un grave pregiudizio subito dal ricorrente

60      Ammesso che tale capo della domanda possa essere interpretato nel senso di una domanda risarcitoria e non di una semplice domanda declaratoria proposta al Tribunale, essa dev’essere respinta in quanto strettamente connessa con la domanda di annullamento già respinta in quanto infondata (sentenze del Tribunale di primo grado 10 giugno 2004, causa T‑330/03, Liakoura/Consiglio, Racc. PI pagg. I‑A‑191 e II‑859, punto 69, e 13 luglio 2005, causa T‑5/04, Scano/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑205 e II‑931, punto 77).

61      Sussiste, infatti, una stretta connessione tra la domanda di risarcimento e la domanda di annullamento, in quanto il ricorrente chiede di essere risarcito in considerazione del preteso danno subìto per effetto della pretesa illiceità del comportamento del sig. V.H. L’esame delle censure dedotte a sostegno della domanda di annullamento non ha rilevato alcuna illegittimità e, conseguentemente, alcun fatto idoneo a far sorgere la responsabilità della Comunità, ragion per cui la domanda risarcitoria dev’essere parimenti respinta.

62      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, il ricorso dev’essere respinto in toto.

 Sulla domanda di produzione di documenti

63      Il ricorrente chiede al Tribunale di ingiungere alla Commissione la produzione di tutta la documentazione in possesso dell’APN riguardante i suoi rapporti con il sig. V.H.

64      A tal riguardo, si deve rilevare che, nella valutazione della pertinenza di tale domanda, in considerazione degli elementi risultanti dagli atti di causa e dell’oggetto della controversia, non emerge la necessità di tale produzione di documenti (v., in tal senso, sentenza della Corte 28 giugno 2005, cause riunite C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P, C‑213/02 P, Dansk Rørindustri e a./Commissione, Racc. pag. I‑5425, punto 68).

65      La domanda di produzione di documenti non può quindi essere accolta.

 Sulle spese

66      Come già questo Tribunale ha avuto modo di affermare nella sentenza 26 aprile 2006, causa F‑16/05, Falcione/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 77‑86), fintantoché il regolamento di procedura del Tribunale e, segnatamente, le specifiche disposizioni in materia di spese non siano ancora entrati in vigore, appare opportuno, nell’interesse di una corretta amministrazione della giustizia ed al fine di garantire ai singoli una sufficiente prevedibilità quanto alla disciplina delle spese di giudizio, procedere solamente all’applicazione del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado.

67      A termini dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, a norma dell’art. 88 del regolamento medesimo, nelle cause tra le Comunità e i loro dipendenti, le spese sostenute dalle istituzioni restano a loro carico. Poiché il ricorrente è rimasto soccombente, va disposta la compensazione delle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

così provvede:

1)      Il ricorso è in parte dichiarato manifestamente irricevibile ed in parte respinto in quanto manifestamente infondato.

2)      Ciascuna parte sopporterà le proprie spese.

Lussemburgo, 17 ottobre 2007

Il cancelliere

 

       Il presidente

W. Hakenberg

 

       S. Van Raepenbusch


* Lingua processuale: l’italiano.