Language of document : ECLI:EU:C:2019:757

SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)

18 settembre 2019 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Direttiva 2010/18/UE – Accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale – Normativa nazionale che subordina la concessione del congedo parentale alla riduzione dell’orario di lavoro, con corrispondente riduzione della retribuzione – Lavoro a turni con orario variabile – Richiesta del lavoratore di svolgere il lavoro a orario fisso per prendersi cura dei figli minori – Direttiva 2006/54/CE – Pari opportunità e parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e condizioni di lavoro – Discriminazione indiretta – Irricevibilità parziale»

Nella causa C‑366/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Juzgado de lo Social n. 33 de Madrid (Tribunale del lavoro n. 33 di Madrid, Spagna), con decisione del 29 maggio 2018, pervenuta in cancelleria il 5 giugno 2018, nel procedimento

José Manuel Ortiz Mesonero

contro

UTE Luz Madrid Centro

LA CORTE (Sesta Sezione),

composta da C. Toader, presidente di sezione, A. Rosas e M. Safjan (relatore), giudici,

avvocato generale: G. Hogan

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per l’UTE Luz Madrid Centro, da M.A. Cruz Pérez, abogado;

–        per il governo spagnolo, da S. Jiménez García, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da A. Szmytkowska e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 8, 10 e 157 TFUE, dell’articolo 3 TUE, dell’articolo 23 e dell’articolo 33, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nonché dell’articolo 1 e dell’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva n. 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (GU 2006, L 204, pag. 23), letti in combinato disposto con la direttiva 2010/18/UE del Consiglio, dell’8 marzo 2010, che attua l’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE (GU 2010, L 68, pag. 13).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. José Manuel Ortiz Mesonero e l’UTE Luz Madrid Centro relativamente al rifiuto di quest’ultima di concedergli il diritto di lavorare ad un orario fisso per prendersi cura dei figli.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 La direttiva 2006/54

3        Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 2006/54, intitolato «Scopo»:

«Lo scopo della presente direttiva è assicurare l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego.

A tal fine, essa contiene disposizioni intese ad attuare il principio della parità di trattamento per quanto riguarda:

a)      l’accesso al lavoro, alla promozione e alla formazione professionale;

b)      le condizioni di lavoro, compresa la retribuzione;

c)      i regimi professionali di sicurezza sociale.

Inoltre, la presente direttiva contiene disposizioni intese a renderne più efficace l’attuazione mediante l’istituzione di procedure adeguate».

4        L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», al suo paragrafo 1 così dispone:

«Ai sensi della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

(…)

b)      discriminazione indiretta: situazione nella quale una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una situazione di particolare svantaggio le persone di un determinato sesso, rispetto a persone dell’altro sesso, a meno che detta disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari;

(…)».

5        L’articolo 14 della suddetta direttiva, intitolato «Divieto di discriminazione», al suo paragrafo 1, dispone:

«È vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso nei settori pubblico o privato, compresi gli enti di diritto pubblico, per quanto attiene:

(…)

c)      all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione come previsto all’articolo 141 [CE]».

 La direttiva 2010/18

6        L’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale, concluso il 18 giugno 2009 (in prosieguo: l’«accordo quadro sul congedo parentale»), figura all’allegato alla direttiva 2010/18. I punti 15 e 16 delle osservazioni generali di tale accordo quadro enunciano:

«15.      considerando che il presente accordo è un accordo quadro che stabilisce prescrizioni minime e disposizioni sul congedo parentale, distinto dal congedo di maternità, e sull’assenza dal lavoro per cause di forza maggiore e rinvia agli Stati membri e alle parti sociali per la determinazione delle condizioni di accesso e delle modalità di applicazione, affinché si tenga conto della situazione di ciascuno Stato membro;

16.      considerando che il diritto al congedo parentale nel presente accordo è un diritto individuale e in linea di principio non trasferibile e che gli Stati membri sono autorizzati a renderlo trasferibile. L’esperienza dimostra che rendere il congedo non trasferibile può costituire un incentivo positivo per l’esercizio del congedo da parte dei padri, pertanto le parti sociali concordano di rendere una parte del congedo non trasferibile».

7        La clausola 1 dell’accordo quadro, intitolata «Oggetto e ambito d’applicazione», ai punti 1 e 2 prevede quanto segue:

«1.      Il presente accordo stabilisce prescrizioni minime volte ad agevolare la conciliazione delle responsabilità familiari e professionali dei genitori che lavorano, tenendo conto della crescente diversità delle strutture familiari nel rispetto delle leggi, dei contratti collettivi e/o delle prassi nazionali.

2.      Il presente accordo si applica a tutti i lavoratori, di ambo i sessi, aventi un contratto o un rapporto di lavoro definito dalle leggi, dai contratti collettivi e/o dalle prassi vigenti in ciascuno Stato membro».

8        La clausola 2 dell’accordo quadro sul congedo parentale, intitolata «Congedo parentale», è così formulata:

«1.      Il presente accordo attribuisce ai lavoratori di ambo i sessi il diritto individuale al congedo parentale per la nascita o l’adozione di un figlio, affinché possano averne cura fino a una determinata età, non superiore a otto anni, che deve essere definita dagli Stati membri e/o dalle parti sociali.

2.      Il congedo è accordato per un periodo minimo di quattro mesi e, per promuovere la parità di opportunità e di trattamento tra gli uomini e le donne, andrebbe previsto, in linea di principio, in forma non trasferibile. Per incoraggiare una più equa ripartizione del congedo parentale tra i due genitori, almeno uno dei quattro mesi è attribuito in forma non trasferibile. Le modalità di applicazione del periodo non trasferibile sono fissate a livello nazionale attraverso la legislazione e/o contratti collettivi, tenendo conto delle disposizioni sul congedo in vigore negli Stati membri».

9        La clausola 3 dell’accordo quadro, intitolata «Modalità di applicazione», al punto 1 dispone che:

«Le condizioni di accesso e le modalità di applicazione del congedo parentale sono definite per legge e/o mediante contratti collettivi negli Stati membri, nel rispetto delle prescrizioni minime del presente accordo. Gli Stati membri e/o le parti sociali possono in particolare:

a)      stabilire che il congedo parentale sia accordato a tempo pieno, a tempo parziale, in modo frammentato o nella forma di un credito di tempo, tenendo conto delle esigenze dei datori di lavoro e dei lavoratori;

(…)».

10      La clausola 6 di detto accordo quadro, intitolata «Ripresa dell’attività professionale», al punto 1 prevede quanto segue:

«Al fine di promuovere una migliore conciliazione, gli Stati membri e/o le parti sociali prendono le misure necessarie per garantire ai lavoratori che tornano dal congedo parentale la possibilità di richiedere modifiche dell’orario lavorativo e/o dell’organizzazione della vita professionale per un periodo determinato. I datori di lavoro prendono in considerazione tali richieste e vi rispondono alla luce delle proprie esigenze e di quelle dei lavoratori.

Le modalità di applicazione del presente paragrafo sono determinate conformemente alle leggi, agli accordi collettivi e/o alle prassi nazionali».

 Diritto spagnolo

11      L’articolo 34, paragrafo 8 del Real Decreto Legislativo 2/2015, por el que se aprueba el texto refundido de la Ley del Estatuto de los Trabajadores (regio decreto legislativo 2/2015, con il quale si approva il testo rifuso dello Statuto dei lavoratori), del 23 ottobre 2015 (BOE n. 255, del 24 ottobre 2015, pag. 100224), nella versione in vigore alla data dei fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: lo «Statuto dei lavoratori»), così recita:

«Il lavoratore ha il diritto di modificare la durata e la distribuzione dell’orario di lavoro per rendere effettivo il diritto di conciliare vita personale, vita familiare e vita professionale, secondo le modalità stabilite nel contratto collettivo o concordate con il datore di lavoro nel rispetto, in ogni caso, di quanto previsto da tale contratto collettivo

(…)».

12      L’articolo 37, paragrafo 6, dello Statuto dei lavoratori è formulato come segue:

«Chiunque si occupi direttamente, per motivi di tutela legale, di un minore di età inferiore a dodici anni o di una persona affetta da disabilità che non esercita un’attività retribuita ha diritto a una riduzione dell’orario di lavoro quotidiano pari nel minimo a un ottavo e nel massimo alla metà della durata del medesimo, con corrispondente riduzione della retribuzione.

Lo stesso diritto è concesso a chiunque debba occuparsi direttamente di un membro della sua famiglia fino al secondo grado o affini che, a causa della sua età, di un infortunio o di una malattia, non può prendersi cura di sé medesimo e non esercita attività retribuita.

(…)».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

13      Il sig. Ortiz Mesonero è stato assunto dall’UTE Luz Madrid Centro, un’unione temporanea tra SICE S.A., Urbalux S.A., ImesAPI SA., Extralux SA e la Citelum Ibérica SA, che si è aggiudicata il contratto di manutenzione dell’illuminazione elettrica della città di Madrid (Spagna). Il contratto di lavoro concluso tra le due parti è soggetto al contratto collettivo del settore metallurgico per Madrid.

14      Il sig. Ortiz Mesonero ha due figli, rispettivamente nati negli anni 2010 e 2014. La moglie esercita la professione di avvocato.

15      L’UTE Luz Madrid Centro si avvale di un regime di lavoro a turni, che, in quanto tale, è organizzato a turni: un turno mattutino, dalle 7:15 alle 15:15, un turno pomeridiano, dalle 15:15 alle 23:15, e un turno notturno dalle 23:15 alle 7:15. Il sig. Ortiz Mesonero effettua rotazioni tra questi tre turni, con due giorni di riposo a settimana, che variano secondo la programmazione stabilita dal datore di lavoro.

16      Il 26 marzo 2018 il sig. Ortiz Mesonero ha chiesto all’UTE Luz Madrid Centro di poter lavorare esclusivamente durante il turno mattutino, dal lunedì al venerdì, mantenendo lo stesso numero di ore lavorative, senza riduzione della retribuzione, per occuparsi dei suoi figli. Tale domanda è stata respinta dal datore di lavoro.

17      Il sig. Ortiz Mesonero ha proposto ricorso avverso tale rifiuto dinanzi al giudice del rinvio, il Juzgado de lo Social n. 33 de Madrid (Tribunale del lavoro n. 33 di Madrid, Spagna).

18      Il giudice del rinvio rileva che il sig. Ortiz Mesonero ha presentato la sua richiesta di assegnazione a un turno di lavoro mattutino sul fondamento dell’articolo 34, paragrafo 8, dello Statuto dei lavoratori. Tuttavia, nessun accordo tra il sig. Ortiz Mesonero e il suo datore di lavoro, e nemmeno il contratto collettivo del settore metallurgico per Madrid, avrebbe attuato detta norma. In tali circostanze, il giudice in parola ha deciso, in applicazione del codice di procedura civile spagnolo, che consente al giudice di risolvere la controversia in base alle norme applicabili, anche qualora non siano state correttamente citate dalle parti della controversia, che la domanda del sig. Ortiz Mesonero era in realtà fondata sull’articolo 37, paragrafo 6, dello Statuto dei lavoratori.

19      Quest’ultima disposizione si limiterebbe a prevedere il diritto del lavoratore di ottenere, al fine di conciliare la vita familiare e la vita professionale, una riduzione dell’orario di lavoro quotidiano e una riduzione proporzionale della retribuzione.

20      Ai sensi della stessa disposizione, non sarebbe prevista la possibilità per il lavoratore di chiedere una fascia oraria diversa, senza che il suo orario di lavoro e la sua retribuzione siano ridotti. Tuttavia qualora l’attività produttiva si svolga nel corso di una fascia oraria più estesa dell’orario di lavoro che deve essere prestato dal lavoratore, sarebbe possibile, senza ridurre tale orario di lavoro, adattare l’orario di lavoro al fine di renderlo compatibile con le esigenze familiari. Nella fattispecie, siffatta ipotesi ricorrerebbe per quanto riguarda il sig. Ortiz Mesonero, giacché vi sarebbero tre turni di lavoro tra i quali effettua una rotazione.

21      Il giudice del rinvio fa presente segnatamente che, secondo le statistiche sul censimento del 2011 elaborate dall’Instituto Nacional de Estadística (Istituto nazionale di statistica, Spagna), il 23,79% dei lavoratori di sesso femminile ha ridotto il proprio orario di lavoro di oltre un mese per occuparsi dei figli, mentre la percentuale di lavoratori di sesso maschile è stata del 2,05%.

22      Il giudice del rinvio sostiene che, anche se la questione pregiudiziale si fonda sul fatto che la normativa nazionale applicabile stabilisce una discriminazione indiretta fondata sul sesso verso i lavoratori di sesso femminile, la circostanza che, nel caso di specie, sia un uomo e non una donna a chiedere un adeguamento del suo tempo di lavoro al fine di conciliare la vita familiare e la vita professionale non può significare che detta questione sia ipotetica. Infatti, se si accertasse che la suddetta normativa nazionale stabilisce una discriminazione indiretta nei confronti dei lavoratori di sesso femminile, gli effetti di tale constatazione sarebbero applicabili anche ai lavoratori di sesso maschile che facciano valere il diritto alla conciliazione della vita familiare e professionale.

23      Il giudice del rinvio osserva inoltre che le norme riguardanti la conciliazione tra vita familiare e professionale previste dal legislatore spagnolo sono più favorevoli di quelle stabilite dalla clausola 2, paragrafo 2, dell’accordo quadro sul congedo parentale. Tuttavia, il loro carattere più favorevole non può giustificare il fatto che l’applicazione della normativa nazionale sia contraria al principio di parità di trattamento dei sessi.

24      Pertanto, il giudice del rinvio, facendo riferimento alle sentenze della Corte del 30 settembre 2010, Roca Álvarez (C‑104/09, EU:C:2010:561), del 20 giugno 2013, Riežniece (C‑7/12, EU:C:2013:410), e del 16 luglio 2015, Maïstrellis (C‑222/14, EU:C:2015:473), nutre dubbi relativamente al punto se l’articolo 37, paragrafo 6, dello Statuto dei lavoratori costituisca un caso di discriminazione indiretta nei confronti dei lavoratori di sesso femminile, principali utilizzatrici del congedo parentale.

25      In tali circostanze, il Juzgado de lo Social n. 33 de Madrid (Tribunale del lavoro n. 33 di Madrid) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se sia contraria agli articoli 8, 10 e 157 TFUE, all’articolo 3 TUE, all’articolo 23 e all’articolo 33, paragrafo 2, della [Carta], nonché all’articolo 1 e all’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva [2006/54], letti alla luce della direttiva [2010/18], una normativa nazionale, quale l’articolo 37, paragrafo 6, dello Statuto dei lavoratori, che subordina l’esercizio del diritto del lavoratore di conciliare la propria vita familiare e lavorativa per potersi prendere direttamente cura di minori o di familiari a carico, alla condizione che, in ogni caso, il lavoratore debba ridurre a tal fine il suo orario di lavoro quotidiano con conseguente riduzione proporzionale della sua retribuzione».

 Sulla ricevibilità della domanda di decisione pregiudiziale

 Sulla ricevibilità

26      Il governo spagnolo, nelle sue osservazioni scritte, eccepisce l’irricevibilità manifesta della questione pregiudiziale.

27      Da un lato, detto governo, facendo riferimento al punto 43 della sentenza del 30 settembre 2010, Roca Álvarez (C‑104/09, EU:C:2010:561), sostiene che, sebbene non si possa escludere che il diritto previsto dall’articolo 37, paragrafo 6, dello Statuto dei lavoratori rientri nella nozione di «congedo parentale» ai sensi della direttiva 2010/18, la decisione di rinvio non espone il contenuto delle disposizioni nazionali relative al congedo parentale e non precisa le ragioni per le quali tale diritto dovrebbe essere considerato un congedo parentale ai sensi della direttiva menzionata.

28      D’altro lato, il giudice del rinvio non spiegherebbe il rapporto che esso stabilisce tra l’articolo 37, paragrafo 6, dello Statuto dei lavoratori e l’articolo 1 nonché l’articolo 14, paragrafo 1, della direttiva 2006/54, ai quali fa riferimento nella sua questione.

29      Al riguardo va ricordato che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, allorché le questioni sollevate riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 2 maggio 2019, Asendia Spain, C‑259/18, EU:C:2019:346, punto 15 e giurisprudenza ivi citata).

30      Così, l’esigenza di giungere a un’interpretazione del diritto dell’Unione che sia utile per il giudice nazionale impone che quest’ultimo definisca il contesto fattuale e normativo in cui si inseriscono le questioni da esso sollevate, o che esso spieghi almeno le ipotesi di fatto su cui tali questioni sono fondate. Infatti, la Corte può esprimersi esclusivamente sull’interpretazione di un testo dell’Unione a partire dai fatti ad essa presentati dal giudice nazionale (sentenza del 2 maggio 2019, Asendia Spain, C‑259/18, EU:C:2019:346, punto 17 e giurisprudenza ivi citata).

31      Il giudice del rinvio deve altresì indicare le ragioni precise che l’hanno portato a interrogarsi sull’interpretazione di determinate disposizioni del diritto dell’Unione e a reputare necessario sottoporre questioni pregiudiziali alla Corte. Inoltre, è indispensabile che il giudice nazionale fornisca elementi sufficienti a spiegare le ragioni della scelta delle disposizioni del diritto dell’Unione di cui chiede l’interpretazione e il collegamento che esso ravvisa tra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia di cui è investito (sentenza del 2 maggio 2019, Asendia Spain, C‑259/18, EU:C:2019:346, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

32      Tali requisiti relativi al contenuto di una domanda di pronuncia pregiudiziale sono espressamente previsti all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte, a norma del quale ogni domanda di pronuncia pregiudiziale contiene «un’illustrazione sommaria dell’oggetto della controversia nonché dei fatti rilevanti, quali accertati dal giudice del rinvio o, quanto meno, un’illustrazione delle circostanze di fatto sulle quali si basano le questioni», «il contenuto delle norme nazionali applicabili alla fattispecie e, se del caso, la giurisprudenza nazionale in materia» e «l’illustrazione dei motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione, nonché il collegamento che esso stabilisce tra dette disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla causa principale».

33      Nel caso di specie, occorre rilevare che, ai sensi dell’articolo 37, paragrafo 6, primo comma, dello Statuto dei lavoratori, chiunque si occupi direttamente, per motivi di tutela legale, di un minore di età inferiore a dodici anni o di una persona affetta da disabilità che non esercita un’attività retribuita ha diritto a una riduzione dell’orario di lavoro pari nel minimo a un ottavo e nel massimo alla metà della durata del medesimo, con una corrispondente riduzione della retribuzione.

34      In primo luogo, per quanto riguarda l’applicazione della direttiva 2010/18 in una controversia come quella di cui al procedimento principale, il giudice del rinvio ritiene che tale direttiva costituisca una regolamentazione aperta, che deve essere integrata in ciascuno Stato membro, e che il Regno di Spagna abbia scelto, conformemente all’articolo 34, paragrafo 8, e all’articolo 37, paragrafo 6, dello Statuto dei lavoratori, di istituire un quadro giuridico minimo atto ad essere migliorato mediante accordi collettivi o individuali. Detto giudice è pertanto del parere che il diritto del lavoratore di cui all’articolo 37, paragrafo 6, dello Statuto dei lavoratori rientri nella nozione di «congedo parentale» ai sensi della direttiva 2010/18.

35      Dato che il giudice del rinvio ha così stabilito un nesso tra tale direttiva e l’articolo 37, paragrafo 6, dello Statuto dei lavoratori, la questione sollevata, nella parte relativa alla direttiva 2010/18, non può essere respinta in quanto irricevibile.

36      In secondo luogo, il giudice del rinvio afferma, in sostanza, che la direttiva 2010/18 deve essere interpretata alla luce del principio di uguaglianza tra donne e uomini e del diritto alla vita familiare, sanciti all’articolo 23 e all’articolo 33, paragrafo 2, della Carta. Di conseguenza, la questione sollevata, nella parte in cui verte su dette disposizioni della Carta, deve essere dichiarata ricevibile.

37      In terzo luogo, per quanto riguarda la direttiva 2006/54, il giudice del rinvio ritiene che l’articolo 37, paragrafo 6, dello Statuto dei lavoratori stabilisca una discriminazione indiretta nei confronti dei lavoratori di sesso femminile, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), di tale direttiva.

38      A tal riguardo, occorre rilevare che detto articolo 37, paragrafo 6, costituisce una regola indistintamente applicabile ai lavoratori di sesso maschile e di sesso femminile, a differenza della normativa nazionale in discussione nelle cause decise con le sentenze del 30 settembre 2010, Roca Álvarez (C‑104/09, EU:C:2010:561), e del 16 luglio 2015, Maïstrellis (C‑222/14, EU:C:2015:473).

39      Orbene, il giudice del rinvio non dimostra, in presenza di una siffatta regola indistintamente applicabile, quale sarebbe lo svantaggio particolare subito, in una controversia come quella in discussione nel procedimento principale, da un lavoratore di sesso maschile, quale il sig. Ortiz Mesonero, nel caso in cui la discriminazione indiretta fondata sul sesso si applicasse ai lavoratori di sesso femminile.

40      Pertanto, la constatazione di una discriminazione indiretta nei confronti dei lavoratori di sesso femminile, quand’anche quest’ultima esistesse, non appare rilevante ai fini della soluzione della controversia nel procedimento principale. Di conseguenza, la questione sollevata, nella parte in cui verte sulla direttiva 2006/54, presenta un carattere ipotetico e deve essere dichiarata, in questo senso, irricevibile.

41      Infine, il giudice del rinvio si riferisce anche agli articoli 8, 10 e 157 TFUE nonché all’articolo 3 TUE.

42      Tuttavia, detto giudice non precisa né i motivi che lo hanno indotto a interrogarsi sull’interpretazione di suddette disposizioni, né il nesso che esso stabilisce tra tali disposizioni e la normativa nazionale di cui trattasi nella controversia di cui è investito. Pertanto, non occorre interpretare le disposizioni in parola.

43      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre constatare che la questione pregiudiziale, da un lato, è ricevibile nella parte in cui riguarda la direttiva 2010/18 nonché l’articolo 23 e l’articolo 33, paragrafo 2, della Carta e, dall’altro, è irricevibile per quanto riguarda la direttiva 2006/54, gli articoli 8, 10 e 157 TFUE nonché l’articolo 3 TUE.

 Nel merito

44      Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2010/18 nonché l’articolo 23 e l’articolo 33, paragrafo 2, della Carta debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede il diritto per un lavoratore, al fine di prendersi direttamente cura di minorenni o di familiari a carico, di ridurre il proprio orario di lavoro quotidiano, con una riduzione proporzionale della retribuzione, senza potere, quando il suo regime di lavoro normale è a turni con un orario variabile, beneficiare di un orario di lavoro fisso, mantenendo il proprio orario di lavoro quotidiano.

45      A tal riguardo, occorre rilevare che, ai sensi della clausola 1, punto 1, dell’accordo quadro sul congedo parentale, quest’ultimo enuncia prescrizioni minime volte ad agevolare la conciliazione delle responsabilità professionali e familiari dei genitori che lavorano, nel rispetto della legislazione, dei contratti collettivi e/o della prassi nazionali.

46      L’unica disposizione dell’accordo quadro sul congedo parentale relativa alle modifiche dell’orario di lavoro è la clausola 6, punto 1, di quest’ultimo, ai sensi della quale gli Stati membri e/o le parti sociali prendono le misure necessarie per garantire ai lavoratori che «tornano dal congedo parentale» la possibilità di richiedere modifiche dell’orario lavorativo e/o dell’organizzazione della vita professionale per un periodo determinato.

47      Nel caso di specie, il sig. Ortiz Mesonero, il cui regime di lavoro abituale è a turni con un orario variabile, intende beneficiare di un adeguamento dell’orario di lavoro per poter lavorare ad un orario fisso. Dalla decisione di rinvio non risulta che egli si trovi in una situazione di ritorno dal congedo parentale ai sensi della clausola 6, punto 1, del menzionato accordo quadro.

48      In tale contesto, occorre constatare che né la direttiva 2010/18 né l’accordo quadro sul congedo parentale contengono disposizioni che possono imporre agli Stati membri, nell’ambito di una domanda di congedo parentale, di accordare al richiedente il diritto di lavorare ad un orario fisso allorquando il suo regime di lavoro normale è a turni con un orario variabile.

49      Per quanto riguarda l’articolo 23 e l’articolo 33, paragrafo 2, della Carta, occorre ricordare che le disposizioni della Carta si applicano, in forza dell’articolo 51, paragrafo 1, della stessa, agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione. L’articolo 6, paragrafo 1, TUE e l’articolo 51, paragrafo 2, della Carta precisano che le disposizioni di quest’ultima non estendono l’ambito di applicazione del diritto dell’Unione al di là delle competenze dell’Unione definite nei trattati.

50      Al proposito, da una giurisprudenza costante della Corte risulta che, ove una situazione non rientri nella sfera d’applicazione del diritto dell’Unione, la Corte non è competente in merito e le disposizioni della Carta eventualmente richiamate non possono giustificare, di per sé, tale competenza (sentenza del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson, C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 22, e ordinanza del 15 maggio 2019, Corte dei conti e a., C‑789/18 e C‑790/18, non pubblicata, EU:C:2019:417, punto 28).

51      Nel caso di specie, poiché dai punti 40, 42 e 48 della presente sentenza emerge che né la direttiva 2010/18 né alcun’altra disposizione di cui alla questione pregiudiziale è applicabile al procedimento principale, non risulta che tale controversia verta su una normativa nazionale di attuazione del diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, della Carta. (v., per analogia, ordinanza del 15 maggio 2019, Corte dei conti e a., C‑789/18 e C‑790/18, non pubblicata, EU:C:2019:417, punto 29).

52      Non occorre quindi procedere all’interpretazione dell’articolo 23 e dell’articolo 33, paragrafo 2, della Carta.

53      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione posta dichiarando che la direttiva 2010/18 deve essere interpretata nel senso che essa non si applica a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede il diritto per un lavoratore, al fine di prendersi direttamente cura di minorenni o di familiari a carico, di ridurre il proprio orario di lavoro quotidiano, con riduzione proporzionale della retribuzione, senza potere, quando il suo regime di lavoro normale è a turni con un orario variabile, beneficiare di un orario di lavoro fisso, mantenendo il proprio orario di lavoro quotidiano.

 Sulle spese

54      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Sesta Sezione) dichiara:

La direttiva 2010/18/UE del Consiglio, dell’8 marzo 2010, che attua l’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE, deve essere interpretata nel senso che essa non si applica a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che prevede il diritto per un lavoratore, al fine di prendersi direttamente cura di minorenni o di familiari a carico, di ridurre il proprio orario di lavoro quotidiano, con riduzione proporzionale della retribuzione, senza potere, quando il suo regime di lavoro normale è a turni con un orario variabile, beneficiare di un orario di lavoro fisso, mantenendo il proprio orario di lavoro quotidiano.

Firme


*      Lingua processuale: lo spagnolo.