Language of document : ECLI:EU:C:2019:724

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

12 settembre 2019 (*)

«Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Motivi di nullità assoluta – Articolo 52, paragrafo 1, lettera b) – Malafede al momento del deposito della domanda di marchio»

Nella causa C‑104/18 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 13 febbraio 2018,

Koton Mağazacilik Tekstil Sanayi ve Ticaret AȘ, con sede in Istanbul (Turchia), rappresentata da J. Güell Serra e E. Stoyanov Edissonov, abogados,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da J. Crespo Carrillo, in qualità di agente,

convenuto in primo grado,

Joaquín Nadal Esteban, residente in Alcobendas (Spagna), rappresentato da J.L. Donoso Romero, abogado,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da E. Regan, presidente di sezione, C. Lycourgos, E. Juhász, M. Ilešič (relatore) e I. Jarukaitis, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: L. Hewlett, amministratrice principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 dicembre 2018,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 4 aprile 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, la Koton Mağazacilik Tekstil Sanayi ve Ticaret AŞ chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 30 novembre 2017, Koton Mağazacilik Tekstil Sanayi ve Ticaret/EUIPO – Nadal Esteban (STYLO & KOTON) (T‑687/16, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2017:853), con la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 14 giugno 2016 (procedimento 1779/2015-2), relativa a un procedimento di dichiarazione di nullità tra la Koton Mağazacilik Tekstil Sanayi ve Ticaret AŞ e il sig. Joaquín Nadal Esteban (in prosieguo: la «decisione contestata»).

 Contesto normativo

2        Il regolamento (CE) n. 207/2009, del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul [marchio dell’Unione europea] (GU 2009, L 78, pag. 1), che aveva abrogato e sostituito il regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), è stato modificato dal regolamento (UE) 2015/2424 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2015 (GU 2015, L 341, pag. 21), che è entrato in vigore il 23 marzo 2016. Esso è stato poi abrogato e sostituito, con effetto dal 1o ottobre 2017, dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1).

3        Nel caso di specie, dal momento che la domanda di registrazione del marchio controverso è stata presentata prima del 23 marzo 2016, come, del resto, la decisione di registrazione e la domanda di dichiarazione di nullità, la presente controversia deve essere esaminata alla luce del regolamento n. 207/2009 nella sua versione iniziale.

4        L’articolo 7 di tale regolamento, rubricato «Impedimenti assoluti alla registrazione», disponeva che segni inficiati da determinati vizi, quali un carattere puramente descrittivo o l’assenza di carattere distintivo, non potevano essere registrati come marchi dell’Unione europea.

5        L’articolo 8 del suddetto regolamento, dal titolo «Impedimenti relativi alla registrazione», stabiliva quanto segue:

«1.      In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore, il marchio richiesto è escluso dalla registrazione se:

a)      è identico al marchio anteriore e i prodotti o servizi per i quali il marchio è stato richiesto sono identici ai prodotti o ai servizi per i quali il marchio anteriore è tutelato;

b)      a causa dell’identità o della somiglianza di detto marchio col marchio anteriore e dell’identità o somiglianza dei prodotti o servizi per i quali i due marchi sono stati richiesti, sussiste un rischio di confusione per il pubblico del territorio nel quale il marchio anteriore è tutelato; il rischio di confusione comprende il rischio di associazione con il marchio anteriore.

2.      Ai sensi del paragrafo 1 si intende per “marchi anteriori”:

a)      i seguenti tipi di marchi la cui data di deposito sia anteriore a quella della domanda di marchio [dell’Unione europea], tenuto eventualmente conto del diritto di priorità che per essi può essere invocato:

i)      i marchi [dell’Unione europea];

ii)      i marchi registrati nello Stato membro (…);

iii)      i marchi registrati in base ad accordi internazionali con effetto in uno Stato membro;

iv)      i marchi oggetto di registrazione internazionale aventi efficacia nel[l’Unione];

(…)

5.      In seguito all’opposizione del titolare di un marchio anteriore ai sensi del paragrafo 2, la registrazione del marchio depositato è altresì esclusa se il marchio è identico o simile al marchio anteriore e se ne viene richiesta la registrazione per prodotti o servizi non simili a quelli per i quali è registrato il marchio anteriore, qualora, nel caso di un marchio [dell’Unione europea] anteriore, quest’ultimo sia il marchio che gode di notorietà nel[l’Unione] o, nel caso di un marchio nazionale anteriore, quest’ultimo sia un marchio che gode di notorietà nello Stato membro in questione e l’uso senza giusto motivo del marchio richiesto possa trarre indebito vantaggio dal carattere distintivo o dalla notorietà del marchio anteriore o recare pregiudizio agli stessi».

6        L’articolo 52 del regolamento n. 207/2009, rubricato «Motivi di nullità assoluta», così disponeva:

«1.      Su domanda presentata all’Ufficio o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione il marchio [dell’Unione europea] è dichiarato nullo, allorché:

a)      è stato registrato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 7;

b)      al momento del deposito della domanda di marchio il richiedente ha agito in malafede.

(…)

3.      Se il motivo di nullità sussiste solo per una parte dei prodotti o servizi per i quali il marchio [dell’Unione europea] è registrato, la nullità del marchio può essere dichiarata soltanto per i prodotti o servizi di cui trattasi».

7        L’articolo 53 di tale regolamento, intitolato «Motivi di nullità relativa», al paragrafo 1 prevedeva che:

«Su domanda presentata all’Ufficio o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione il marchio [dell’Unione europea] è dichiarato nullo allorché esiste:

a)      un marchio anteriore ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, e ricorrono le condizioni di cui al paragrafo 1 o al paragrafo 5 di tale articolo;

(…)».

8        Il contenuto degli articoli 7, 8, 52 e 53 del regolamento n. 207/2009, che corrispondeva a quello degli articoli 7, 8, 51 e 52 del regolamento n. 40/94 è stato riprodotto agli articoli 7, 8, 59 e 60 del regolamento 2017/1001.

9        Ai sensi dell’articolo 71, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001:

«In seguito all’esame sul merito del ricorso, la commissione di ricorso delibera sul ricorso. Essa può esercitare le competenze dell’organo che ha emesso la decisione impugnata, oppure rinviare l’istanza a detto organo per la prosecuzione della procedura».

10      L’articolo 72 di tale regolamento così recita:

«1.      Avverso le decisioni delle commissioni di ricorso relative ai ricorsi può essere proposto ricorso dinanzi al Tribunale.

(…)

3.      Il Tribunale è competente sia ad annullare che a riformare la decisione impugnata.

(…)

6.      L’Ufficio è tenuto ad adottare i provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza del Tribunale, o in caso di ricorso contro la sentenza, a quella della Corte di giustizia».

 Fatti e decisione contestata

11      Il 25 aprile 2011, il sig. Nadal Esteban (in prosieguo: «l’interveniente») ha depositato presso l’EUIPO una domanda di registrazione del seguente segno come marchio dell’Unione europea:

Image not found

12      Tale registrazione era richiesta per prodotti e servizi di cui alle classi 25, 35 e 39 ai sensi dell’Accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come rivisto e modificato (in prosieguo: l’«Accordo di Nizza»). Tali prodotti e servizi corrispondevano alla seguente descrizione:

–      classe 25: «Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria»;

–      classe 35: «Pubblicità; gestione di affari commerciali; amministrazione commerciale; lavori di ufficio»;

–      classe 39: «Trasporto; imballaggio e deposito di merci; organizzazione di viaggi».

13      Il 26 agosto 2011, la ricorrente, un’impresa che produce e mette in vendita articoli di abbigliamento, scarpe e accessori, proponeva un’opposizione facendo valere i seguenti marchi anteriori:

–      il marchio registrato a Malta per prodotti e servizi di cui alle classi 25 e 35 ai sensi dell’Accordo di Nizza, di seguito riprodotto:

Image not found

–      il marchio, per i prodotti e servizi di cui alle classi 18, 25 e 35, ai sensi dell’Accordo di Nizza, oggetto di una registrazione internazionale con effetto in vari Stati membri dell’Unione europea, di seguito riprodotto:

Image not found

14      Il motivo dedotto a sostegno dell’opposizione era quello menzionato all’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

15      Con decisione del 31 ottobre 2013 l’EUIPO ha accolto l’opposizione nella sola parte in cui riguardava i prodotti e i servizi di cui alle classi 25 e 35, ai sensi dell’Accordo di Nizza. Ha invece respinto l’opposizione riguardo ai servizi della classe 39 ai sensi del suddetto accordo.

16      Il 23 giugno 2014 tale decisione è stata confermata dalla quarta commissione di ricorso dell’EUIPO.

17      Il 5 novembre 2014 il marchio richiesto è stato registrato dall’EUIPO per i servizi rientranti in detta classe 39 citati al punto 12 della presente sentenza.

18      Il 5 dicembre 2014 la ricorrente ha presentato una domanda di dichiarazione di nullità di tale marchio sulla base dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n.°207/2009.

19      Con decisione del 25 agosto 2015, la divisione di annullamento dell’EUIPO ha respinto la domanda di dichiarazione di nullità. Essa riteneva che non fosse provato che l’interveniente era in malafede.

20      Il 4 settembre 2015 la ricorrente ha impugnato la decisione di cui trattasi.

21      Con la decisione contestata, la seconda commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto tale ricorso. La stessa riteneva che, nonostante la somiglianza dei segni in conflitto e il fatto che l’interveniente fosse a conoscenza dei marchi anteriori della ricorrente, non ricorresse malafede ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, giacché non vi era né identità né somiglianza tra i prodotti o servizi per i quali i marchi anteriori erano stati registrati, da un lato, e i servizi di cui alla classe 39 ai sensi dell’Accordo di Nizza per i quali il marchio controverso era stato registrato, dall’altro. Stante la differenza tra la portata della tutela conferita alla ricorrente dai marchi anteriori e quella della tutela conferita all’interveniente dal marchio controverso, a giudizio della commissione di ricorso, il suddetto articolo 52, paragrafo 1, lettera b) non poteva trovare applicazione.

 Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

22      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 23 settembre 2016, la ricorrente ha chiesto l’annullamento della decisione contestata e che venisse ordinato all’EUIPO di dichiarare nullo il marchio controverso.

23      A sostegno del suo ricorso la ricorrente ha dedotto un unico motivo, vertente su una violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Infatti, la ricorrente ha fatto valere che la commissione di ricorso aveva erroneamente considerato che i prodotti o servizi contrassegnati dai marchi in conflitto dovessero essere identici o simili ai fini dell’applicazione di tale disposizione.

24      Il Tribunale ha respinto detto ricorso.

25      Dopo aver rammentato, ai punti 30 e 31 della sentenza impugnata, l’interpretazione data dalla Corte all’articolo 51, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 40/94 nella sua sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (C‑529/07, EU:C:2009:361), il Tribunale ha osservato, al punto 32 della sentenza impugnata, che i fattori pertinenti menzionati dalla Corte nella suddetta sentenza sono solo esempi di elementi che possono essere presi in considerazione per pronunciarsi sull’eventuale malafede del richiedente un marchio dell’Unione europea. A tale riguardo, il Tribunale ha dichiarato che «si può parimenti tener conto della logica commerciale nella quale si iscrive il deposito della domanda di registrazione del segno come marchio dell’Unione europea nonché della cronologia degli eventi che hanno caratterizzato tale deposito».

26      Al punto 44 della sentenza impugnata, il Tribunale ha statuito che la commissione di ricorso si era limitata «ad applicare la giurisprudenza, quale risulta in particolare dalla sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (C‑529/07, EU:C:2009:361, punto 53) secondo la quale la malafede del richiedente presuppone l’utilizzo da parte di un terzo di un segno identico o simile per un prodotto o servizio identico o simile e confondibile con il segno di cui viene chiesta la registrazione».

27      Secondo le constatazioni effettuate dal Tribunale ai punti da 54 a 57 della sentenza impugnata, gli elementi di fatto apportati dalla ricorrente, quali la preesistenza di una relazione commerciale tra le parti e la presenza dell’elemento denominativo e figurativo «KOTON» nel marchio controverso, dimostravano tutt’al più che l’interveniente era a conoscenza dei marchi anteriori, ma non che avesse avuto un’intenzione disonesta. Il Tribunale ne ha dedotto, al punto 58 di tale sentenza, che la ricorrente non aveva, «ad ogni modo, affatto dimostrato che, il giorno del deposito della domanda di marchio [dell’Unione europea], l’interveniente aveva intenzione di impedirle di usare i marchi anteriori».

28      Infine, al punto 60 della sentenza impugnata, il Tribunale ha correttamente concluso che, basandosi sul fatto «che il marchio controverso era registrato per servizi diversi da quelli designati dai marchi maltesi (…) anteriori (…) e dalla registrazione internazionale [anteriore], escludendo così ogni rischio di confusione tra i marchi in conflitto», la commissione di ricorso aveva potuto decidere che la malafede dell’interveniente non era stata dimostrata.

 Conclusioni delle parti

29      La ricorrente chiede che la Corte voglia:

–      annullare la sentenza impugnata;

–      annullare la decisione contestata;

–      dichiarare nullo il marchio controverso, e

–      condannare l’interveniente e l’EUIPO alle spese.

30      L’EUIPO chiede che la Corte voglia:

–      accogliere l’impugnazione, e

–      condannare l’EUIPO e l’interveniente alle spese.

31      L’interveniente chiede che la Corte voglia:

–      confermare la sentenza impugnata, e

–      condannare la ricorrente alle spese.

 Sull’impugnazione

32      A sostegno della sua impugnazione la ricorrente deduce un unico motivo, vertente su una violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

 Argomenti delle parti

33      Secondo la ricorrente, il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel considerare, in particolare ai punti 44 e 60 della sentenza impugnata, che l’esistenza della malafede presuppone che il marchio controverso sia registrato per prodotti o servizi identici o simili a quelli per i quali un marchio anteriore è registrato. Una simile condizione per l’applicazione del motivo di nullità assoluta di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 non risulterebbe né da tale regolamento né dalla giurisprudenza della Corte.

34      Statuendo in tal senso, il Tribunale avrebbe del resto contraddetto il punto 32 della sentenza impugnata, nel quale ha rammentato che i fattori elencati dalla Corte nella sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (C‑529/07, EU:C:2009:361), erano solo esempi tra un insieme di elementi che possono dimostrare la malafede di un richiedente.

35      Da parte sua, l’EUIPO sostiene parimenti che la commissione di ricorso e il Tribunale hanno commesso l’errore di diritto segnalato dalla ricorrente, essendosi basati su una comprensione inesatta della sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (C‑529/07, EU:C:2009:361).

36      L’EUIPO sottolinea che il momento rilevante per la valutazione dell’esistenza della malafede di un richiedente è quello del deposito della domanda di marchio. La commissione di ricorso e il Tribunale avrebbero così erroneamente applicato l’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 focalizzandosi esclusivamente sui servizi di cui alla classe 39 ai sensi dell’Accordo di Nizza, per i quali il marchio controverso è stato infine registrato. Secondo l’EUIPO, essi avrebbero dovuto esaminare se l’interveniente era in malafede al momento del deposito della sua domanda, che riguardava prodotti e servizi di cui alle classi 25, 35 e 39 ai sensi dell’Accordo di Nizza.

37      L’EUIPO aggiunge che, se la commissione di ricorso e il Tribunale avessero debitamente preso in considerazione il momento rilevante di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, essi sarebbero stati probabilmente indotti a constatare che l’interveniente aveva agito in malafede tentando di appropriarsi dell’elemento denominativo e figurativo «KOTON» presente nei marchi anteriori. Tale constatazione avrebbe allora condotto ad una dichiarazione di nullità del marchio controverso nella sua integralità, vale a dire per ogni prodotto e servizio.

38      Ritenere che la constatazione della malafede presupponga l’esistenza di un rischio di confusione significherebbe, del resto, come la ricorrente aveva esposto dinanzi al Tribunale, non tenere conto della differenza tra il motivo di nullità assoluta di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e il motivo di nullità relativa di cui all’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), di tale regolamento.

39      Per quanto riguarda l’interveniente, lo stesso contesta qualsiasi malafede da parte sua e aggiunge che la ricorrente non ha dimostrato il contrario. La sentenza impugnata non sarebbe quindi viziata da illegittimità. Per quanto riguarda l’errore di diritto dedotto dalla ricorrente, egli osserva che non avrebbe senso valutare la sussistenza di malafede in assenza di qualsiasi rischio di confusione.

40      L’interveniente sottolinea di non esser mai stato un distributore dei prodotti della ricorrente. Egli avrebbe unicamente intrattenuto relazioni commerciali con quest’ultima in quanto acquirente dei prodotti di un altro marchio della stessa, che egli rivendeva in Spagna. La ricorrente avrebbe unilateralmente interrotto tali relazioni commerciali nel 2006.

41      L’interveniente afferma altresì che, nel 2004, aveva fatto registrare un marchio denominativo e figurativo contenente la parola «KOTON» in Spagna per prodotti di cui alla classe 25 ai sensi dell’Accordo di Nizza. Essendo tale marchio anteriore alla registrazione internazionale del marchio della ricorrente, nel 2016, quest’ultima sarebbe stata annullata da un giudice spagnolo. L’appello della ricorrente avverso la decisione di detto giudice sarebbe pendente.

42      Dal momento che la ricorrente è venuta a conoscenza del suddetto marchio spagnolo dell’interveniente e che, fino al 2006, ha mantenuto relazioni con l’interveniente nonostante la registrazione di tale marchio nel 2004, ad avviso dell’interveniente, non si può affermare che lo stesso abbia agito in malafede richiedendo, il 25 aprile 2011, la registrazione del marchio controverso.

 Giudizio della Corte

43      In limine, si deve rammentare che, quando una nozione presente nel regolamento n. 207/2009 non è definita dallo stesso, la determinazione del suo significato e della sua portata deve essere effettuata conformemente al suo significato abituale nel linguaggio corrente, tenendo conto del contesto nel quale detta nozione è utilizzata e degli obiettivi perseguiti da tale regolamento (v., in tal senso, sentenze del 14 marzo 2019, Textilis, C‑21/18, EU:C:2019:199, punto 35; v., per analogia, sentenze del 22 settembre 2011, Budějovický Budvar, C‑482/09, EU:C:2011:605, punto 39, e del 22 marzo 2012, Génesis, C‑190/10, EU:C:2012:157, punto 41).

44      Ciò vale anche per la nozione di «malafede» di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, in mancanza di ogni definizione di tale nozione da parte del legislatore dell’Unione.

45      Mentre, conformemente al suo significato abituale nel linguaggio corrente, la nozione di «malafede» presuppone la presenza di una disposizione d’animo o di un’intenzione disonesta, tale nozione deve essere interpretata inoltre nel contesto del diritto dei marchi, che è quello del commercio. A tale riguardo, i regolamenti n. 40/94, n. 207/2009 e 2017/1001 adottati uno in seguito all’altro perseguono un medesimo obiettivo, vale a dire l’istituzione e il funzionamento del mercato interno (v., per quanto riguarda il regolamento n. 207/2009, sentenza del 27 giugno 2013, Malaysia Dairy Industries, C‑320/12, EU:C:2013:435, punto 35). Le norme sul marchio dell’Unione europea sono dirette, in particolare, a contribuire al sistema di concorrenza non falsata nell’Unione, nel quale ogni impresa dev’essere in grado, per attirare la clientela con la qualità dei suoi prodotti o servizi, di far registrare come marchi d’impresa segni che consentano al consumatore di distinguere senza possibile confusione tali prodotti o servizi da quelli di provenienza diversa (v., in tal senso, sentenze del 14 settembre 2010, Lego Juris/UAMI, C‑48/09 P, EU:C:2010:516, punto 38, e dell’11 aprile 2019, ÖKO-Test Verlag, C‑690/17, EU:C:2019:317, punto 40).

46      Pertanto, il motivo di nullità assoluta di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 si applica laddove emerga da indizi pertinenti e concordanti che il titolare di un marchio dell’Unione europea ha presentato la domanda di registrazione di tale marchio, non con l’obiettivo di partecipare in maniera leale al gioco della concorrenza, ma con l’intenzione di pregiudicare, in modo non conforme alle consuetudini di lealtà, gli interessi di terzi, o con l’intenzione di ottenere, senza neppur mirare ad un terzo in particolare, un diritto esclusivo per scopi diversi da quelli rientranti nelle funzioni di un marchio, in particolare la funzione essenziale di indicare l’origine rammentata al punto 45 della presente sentenza.

47      L’intenzione del richiedente un marchio è un elemento soggettivo che tuttavia deve essere determinato in modo oggettivo dalle autorità amministrative e giudiziarie competenti. Conseguentemente, ogni allegazione di malafede deve esser valutata globalmente, tenendo conto dell’insieme delle circostanze di fatto pertinenti del caso di specie (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, C‑529/07, EU:C:2009:361, punti 37 e 42). Solo in tal modo l’allegazione di malafede può essere valutata oggettivamente.

48      Nella causa che ha dato luogo alla sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (C‑529/07, EU:C:2009:361), si interrogava specificamente la Corte, come la stessa ha sottolineato al punto 36 di detta sentenza, sull’ipotesi in cui, al momento della domanda del marchio controverso, più produttori utilizzassero, nel mercato interno, segni identici o simili per prodotti identici o simili, il che poteva dare luogo a confusione. Il giudice del rinvio domandava alla Corte di precisare, quando esiste un simile rischio di confusione, quali fattori devono essere presi in considerazione per valutare se il richiedente il marchio sia in malafede.

49      Così, mentre la valutazione dell’esistenza della malafede differiva dalla valutazione dell’esistenza di un rischio di confusione, dal momento che tali due nozioni di diritto dei marchi sono distinte, si chiedeva alla Corte di stabilire criteri per valutare se sussistesse malafede in una situazione in cui è stabilito che esiste un rischio di confusione.

50      La Corte ha risposto che, in un simile caso, si deve esaminare, tra gli altri elementi, se il richiedente fosse a conoscenza o dovesse essere a conoscenza del fatto che un terzo utilizzava, in almeno uno Stato membro, il segno confondibile con il segno oggetto della domanda e che una simile conoscenza del richiedente può essere presunta, in particolare, quando sussiste una conoscenza generale, nel settore economico interessato, di un simile utilizzo (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, C‑529/07, EU:C:2009:361, punti 39 e 53).

51      Da tale sentenza non emerge che la sussistenza della malafede, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, possa essere ravvisata unicamente nell’ipotesi, che era quella sulla quale la Corte era interrogata, in cui nel mercato interno venga utilizzato un segno identico o simile per prodotti identici o simili confondibili con il segno di cui è chiesta la registrazione.

52      Infatti, possono esistere alcune fattispecie, estranee all’ipotesi che ha condotto alla sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (C‑529/07, EU:C:2009:361), in cui la domanda di registrazione di un marchio può essere considerata come introdotta in malafede nonostante l’assenza, al momento di tale domanda, dell’utilizzo da parte di un terzo, nel mercato interno, di un segno identico o simile per prodotti identici o simili.

53      A tale proposito, il motivo di nullità assoluta di cui all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 si distingue fondamentalmente dal motivo di nullità relativa di cui all’articolo 53, paragrafo 1, lettera a), di tale regolamento, poiché quest’ultimo presuppone l’esistenza di un marchio anteriore ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 2, di tale regolamento nonché l’esistenza di un rischio di confusione, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera b), del medesimo regolamento, a meno che tale marchio anteriore non goda di notorietà a norma dell’articolo 8, paragrafo 5, di quest’ultimo regolamento o si applichi l’articolo 8, paragrafo 1, lettera a), dello stesso. Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 27 delle sue conclusioni, nel caso di una domanda di dichiarazione di nullità fondata sull’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 207/2009 non si chiede affatto che il richiedente sia titolare di un marchio anteriore per prodotti o servizi identici o simili.

54      Occorre aggiungere che, nel caso in cui si verifichi che, al momento della domanda del marchio controverso, un terzo utilizzava, in almeno uno Stato membro, un segno identico o simile a tale marchio, l’esistenza di un rischio di confusione nella mente del pubblico non deve necessariamente essere dimostrata affinché possa trovare applicazione l’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

55      Dall’interpretazione fornita dalla Corte al punto 53 della sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli (C‑529/07, EU:C:2009:361) risulta unicamente che, quando è dimostrato che un utilizzo da parte di un terzo di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili esisteva e poteva dare luogo a confusione, si deve esaminare, nell’ambito della valutazione globale delle circostanze pertinenti del caso di specie, se il richiedente il marchio controverso ne fosse a conoscenza. Siffatto elemento è tuttavia solo un fattore rilevante tra altri che devono essere presi in considerazione.

56      Per le ragioni esposte ai punti da 52 a 55 della presente sentenza, si deve concludere che, in assenza di rischio di confusione tra il segno utilizzato da un terzo e il marchio controverso, o in caso di mancato utilizzo, da parte di un terzo, di un segno identico o simile al marchio controverso, altre circostanze di fatto possono eventualmente costituire indizi pertinenti e concordanti che dimostrano la malafede del richiedente.

57      Ne consegue che, statuendo, al punto 44 della sentenza impugnata, che «la malafede del richiedente presuppone l’utilizzo da parte di un terzo di un segno identico o simile per un prodotto o un servizio identico o simile confondibile con il segno di cui è richiesta la registrazione», il Tribunale ha erroneamente interpretato la giurisprudenza della Corte e ha conferito una portata eccessivamente restrittiva all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

58      Tale errore di diritto ha inficiato il ragionamento del Tribunale, dal momento che lo stesso, come emerge dal punto 60 della sentenza impugnata, ha ritenuto che il fatto che il marchio controverso fosse stato registrato per servizi rientranti in una classe dell’Accordo di Nizza diversa da quelle per le quali i marchi anteriori della ricorrente erano stati registrati e utilizzati autorizzasse la commissione di ricorso a concludere che la malafede dell’interveniente non era stata dimostrata.

59      Seguendo tale approccio, il Tribunale si è astenuto, contrariamente a quanto prevedono il testo stesso dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e la giurisprudenza della Corte, dal prendere in considerazione, nella sua valutazione globale, l’insieme delle circostanze di fatto pertinenti quali si presentavano al momento del deposito della domanda, pur essendo tale momento determinante (sentenza dell’11 giugno 2009, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli, C‑529/07, EU:C:2009:361, punto 35).

60      Il Tribunale avrebbe, pertanto, dovuto tener conto del fatto, non contestato e dedotto dalla ricorrente, che l’interveniente aveva chiesto la registrazione di un segno che contiene la parola stilizzata «KOTON» come marchio dell’Unione europea non solo per i servizi della classe 39 ai sensi dell’Accordo di Nizza ma anche per prodotti e servizi delle classi 25 e 35 ai sensi dell’Accordo di Nizza, che corrispondevano a quelli per i quali la ricorrente aveva fatto registrare marchi contenenti tale parola stilizzata.

61      Benché risulti dall’articolo 52, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 che i motivi di nullità assoluta di cui al paragrafo 1 del medesimo articolo possono, eventualmente, sussistere solo per una parte dei prodotti e servizi per i quali il marchio controverso è stato registrato, resta il fatto che la ricorrente ha chiesto che il marchio controverso fosse dichiarato nullo nella sua integralità e che tale domanda di dichiarazione di nullità dovesse quindi essere esaminata valutando l’intenzione dell’interveniente al momento in cui richiedeva, per diversi prodotti e servizi, tra cui prodotti tessili, la registrazione di un marchio dell’Unione europea contenente l’elemento denominativo e figurativo già utilizzato dalla ricorrente per prodotti tessili.

62      Inoltre, avendo erroneamente qualificato l’uso di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili a quelli per i quali il marchio controverso è stato infine registrato come condizione essenziale per l’applicazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, il Tribunale ha trattato solo ad abundantiam il fatto che ci fossero state relazioni commerciali tra l’interveniente e la ricorrente e che tali relazioni fossero state interrotte dalla ricorrente. Si è, inoltre, astenuto dall’esaminare se la domanda di un marchio contenente la parola stilizzata «KOTON» per prodotti e servizi delle classi 25, 35 e 39 ai sensi dell’Accordo di Nizza presentasse una logica commerciale alla luce delle attività dell’interveniente.

63      Pertanto, anche se ha menzionato, al punto 32 della sentenza impugnata, la «logica commerciale nella quale si iscrive il deposito della domanda di registrazione» e «la cronologia degli eventi che hanno caratterizzato tale deposito» come elementi idonei ad essere rilevanti, il Tribunale non li ha pienamente esaminati nel prosieguo della sua sentenza.

64      Certo, il Tribunale ha dichiarato, al punto 56 della sentenza impugnata, che il decorso di un periodo abbastanza lungo tra la fine di tali relazioni commerciali e la domanda di registrazione del marchio controverso deponeva contro l’esistenza di malafede da parte dell’interveniente.

65      Tuttavia, la presenza di detto elemento di valutazione nella sentenza impugnata non può essere sufficiente per applicare la regola secondo cui, se dalla motivazione di una decisione del Tribunale risulta una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo della medesima appare fondato per altri motivi di diritto, siffatta violazione non è idonea a determinare l’annullamento di tale decisione (v., in tal senso, sentenza del 26 luglio 2017, Repubblica ceca/Commissione, C‑696/15 P, EU:C:2017:595, punto 56 e giurisprudenza citata). Infatti, la circostanza considerata dal Tribunale al punto 56 della sentenza impugnata è solo un elemento tra altri che occorreva prendere in considerazione nell’ambito di una valutazione globale, tenendo debitamente conto della domanda di marchio quale depositata dall’interveniente per i prodotti e i servizi di cui alle classi 25, 35 e 39, ai sensi dell’Accordo di Nizza, valutazione alla quale il Tribunale non ha proceduto.

66      Emerge da tutto quanto precede che il motivo unico di impugnazione è fondato e che la sentenza impugnata deve essere annullata.

 Sul ricorso dinanzi al Tribunale

67      Dall’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea risulta che, qualora l’impugnazione sia accolta, la Corte stessa può statuire definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta.

68      Nel caso di specie, la Corte dispone degli elementi necessari a statuire definitivamente sul motivo unico del ricorso in primo grado, vertente su una violazione dell’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

69      Infatti, come è stato esposto al punto 21 della presente sentenza, la commissione di ricorso ha considerato che, ai fini della constatazione della sussistenza della malafede da parte dell’interveniente, avrebbe dovuto essere dimostrato l’uso di un segno identico o simile per prodotti o servizi identici o simili a quelli per i quali il marchio controverso è stato registrato. Su tale base, essa ha respinto il ricorso della ricorrente.

70      Orbene, come emerge dai punti da 52 a 57 della presente sentenza, un simile ragionamento è viziato da un errore di diritto in quanto conferisce una portata eccessivamente restrittiva all’articolo 52, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

71      Di conseguenza, si deve annullare la decisione contestata.

 Sulla domanda diretta a che il marchio controverso sia dichiarato nullo

72      Dato che la Corte ha deciso, in forza della competenza di cui all’articolo 61, primo comma, dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, di annullare la decisione della commissione di ricorso, spetta all’organo competente dell’EUIPO, conformemente all’articolo 72, paragrafo 6, del regolamento 2017/1001, adottare una nuova decisione sulla base di una valutazione globale che tenga conto della domanda di registrazione del marchio controverso quale depositata il 25 aprile 2011 per prodotti e servizi che rientrano nelle classi 25, 35 e 39 ai sensi dell’Accordo di Nizza, nonché delle circostanze debitamente dimostrate dalla ricorrente, nonché di quelle debitamente corroborate, nell’ambito della propria difesa contro la domanda di dichiarazione di nullità, dall’interveniente.

73      Conseguentemente, si deve respingere la domanda diretta a che la Corte dichiari nullo il marchio controverso.

 Sulle spese

74      Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, quest’ultima statuisce sulle spese.

75      Conformemente all’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, reso applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

76      La ricorrente è sostanzialmente vittoriosa dal momento che la sentenza impugnata e la decisione contestata sono annullate. La stessa ha chiesto che l’interveniente sia condannato alle spese.

77      L’EUIPO ha chiesto di essere condannato, congiuntamente all’interveniente, alle spese.

78      Si devono quindi condannare l’EUIPO e l’interveniente a farsi carico, in parti uguali, delle spese sostenute dalla ricorrente relative tanto al procedimento di primo grado nella causa T‑687/16 quanto a quello di impugnazione. Come emerge dall’articolo 190, paragrafo 2, del regolamento di procedura del Tribunale, le spese indispensabili sostenute per il procedimento dinanzi alla commissione di ricorso sono spese ripetibili.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 30 novembre 2017, Koton Mağazacilik Tekstil Sanayi ve Ticaret/EUIPO – Nadal Esteban (STYLO & KOTON) (T687/16, EU:T:2017:853), è annullata.

2)      La decisione della seconda commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 14 giugno 2016 (procedimento R 1779/2015-2) è annullata.

3)      La domanda diretta a far dichiarare nullo il marchio controverso è respinta.

4)      Il sig. Joaquín Nadal Esteban e l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) sono condannati a farsi carico, in parti uguali, delle spese sostenute dalla Koton Mağazacilik Tekstil Sanayi ve Ticaret AŞ relative tanto al procedimento di primo grado nella causa T687/16 quanto a quello di impugnazione.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.