Language of document : ECLI:EU:F:2009:16

ORDINANZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA DELL’UNIONE EUROPEA (Prima Sezione)

18 febbraio 2009 (*)

«Funzione pubblica – Funzionari – Ricorso per risarcimento danni – Mancato rispetto di un termine ragionevole per proporre una domanda di risarcimento – Irricevibilità manifesta»

Nella causa F‑42/08,

avente ad oggetto il ricorso proposto ai sensi degli artt. 236 CE e 152 EA,

Luigi Marcuccio, dipendente della Commissione delle Comunità europee, abitante a Tricase (Italia), rappresentato dall’avv. G. Cipressa,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. J. Currall e dalla sig.ra C. Berardis‑Kayser, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Dal Ferro,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione),

composto dai sigg. S. Gervasoni, presidente, H. Kreppel (relatore) e H. Tagaras, giudici,

cancelliere: sig.ra W. Hakenberg

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        Con ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 31 marzo 2008, il sig. Marcuccio chiede, in sostanza, la condanna della Commissione delle Comunità europee a risarcirlo del danno derivante dal fatto che questa gli avrebbe inviato una comunicazione ad un numero di apparecchio per telecopia che non avrebbe dovuto usare.

 Fatti all’origine della controversia

2        Il ricorrente, dipendente di grado A 7 presso la Direzione Generale (DG) «Sviluppo» della Commissione, è stato assegnato a Luanda in seno alla delegazione della Commissione in Angola (in prosieguo: la «delegazione») come dipendente in prova a decorrere dal 16 giugno 2000 e, successivamente, come dipendente di ruolo a decorrere dal 16 marzo 2001.

3        A decorrere dal 4 gennaio 2002, il ricorrente si trovava in congedo per malattia presso la sua abitazione in Tricase.

4        Con lettera del 20 gennaio 2002, il ricorrente chiedeva alla delegazione chiarimenti circa le azioni da intraprendere in ragione della prossima scadenza del suo visto di ingresso in Angola e chiedeva alla detta delegazione di inviargli ogni informazione utile in merito a tale questione per telecopia, indirizzata, alla sua attenzione, su un numero telefonico riservato che egli comunicava a titolo eccezionale. In tale lettera il ricorrente formulava il seguente rilievo:

«Tengo tuttavia a precisare che tale apparecchio per telecopia non è né sotto il mio controllo, né sotto quello di una persona di fiducia, e che pertanto, per evidenti ragioni di riservatezza, esso non può essere usato per altri tipi di comunicazione. Per ogni altro argomento (...) Vi prego di indirizzare qualsiasi documento all’indirizzo ove io attualmente risiedo: Via Palestrina, 4 – 73039 Tricase (Le) – Italia».

5        Con decisione del 18 marzo 2002, l’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN») assegnava il ricorrente presso la sede della DG «Sviluppo» a Bruxelles.

6        Con telecopia del 18 marzo 2002 indirizzata al numero di cui al punto 4 della presente ordinanza, il facente funzione di capodelegazione inviava al ricorrente una lettera avente per oggetto «Suo alloggio» e redatta nei seguenti termini:

«All’amministrazione della delegazione è stato riferito che il Suo alloggio è occasionalmente frequentato da una persona sconosciuta ai servizi della delegazione e alla quale Lei ha affidato le chiavi.

Non rientra nei compiti dell’amministrazione verificare la frequenza di tali visite, né la loro durata o natura. Tuttavia, al fine di tutelare i Suoi interessi, mi trovo a doverLe rammentare il testo dell’art. 6 “Cessione – Subaffitto” dell’accordo sull’alloggio che è stato firmato tra Lei e la Commissione.

Tale articolo, tra l’altro, dispone che “al dipendente è fatto divieto di cedere a titolo gratuito o no parte del suo alloggio”.

Pertanto, nella – poco probabile – eventualità che tale persona disponga di effetti personali nell’alloggio messo a Sua disposizione, La prego di adottare ogni utile iniziativa affinché sia posto immediatamente termine a tale situazione.

Stante peraltro la Sua protratta assenza, nonché per ragioni di sicurezza, saranno date istruzioni al servizio di vigilanza di non autorizzare più l’accesso a tale alloggio a partire dal 21 [marzo] 2002, fatta eccezione per le persone espressamente autorizzate dalla delegazione.

Pure per motivi di sicurezza, l’amministrazione della delegazione desidera visitare i beni messi a Sua disposizione. Tenuto conto della Sua prossima assegnazione presso la sede, tale visita si rende ugualmente necessaria al fine di prendere conoscenza di vari elementi necessari nell’ambito di un’eventuale ridistribuzione degli alloggi e del mobilio.

Salvo contraria indicazione da parte Sua, una prima visita avrà luogo il 31 [marzo] 2002.

Le sarei grato se vorrà adottare, nella misura del possibile, ogni iniziativa utile al fine di consentirci l’accesso in ogni parte della casa».

7        Il ricorrente fa presente che avrebbe avuto conoscenza della lettera del 18 marzo 2002 il successivo 20 marzo.

8        Con lettera dell’8 marzo 2007 il ricorrente presentava all’APN una domanda intesa a ottenere il risarcimento del danno, stimato in EUR 30 000, che egli avrebbe subìto in conseguenza dell’invio, mediante telecopia, della lettera del 18 marzo 2002 ad un numero che la Commissione non avrebbe dovuto usare a tal fine (in prosieguo: la «domanda dell’8 marzo 2007»).

9        Poiché il silenzio serbato dall’APN sulla domanda dell’8 marzo 2007 ha prodotto, allo scadere di un periodo di quattro mesi dalla presentazione di tale domanda, una decisione di rigetto (in prosieguo: la «decisione di rigetto della domanda»), il ricorrente, con lettera del 10 settembre 2007, ha proposto un reclamo ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee (in prosieguo: lo «Statuto»).

10      Con decisione del 9 gennaio 2008, l’APN respingeva il reclamo.

 Procedimento e conclusioni delle parti

11      Il ricorrente ha proposto il presente ricorso il 31 marzo 2008.

12      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

«–      [annullare la] decisione di rigetto della domanda (...);

–        [annullare], per quanto necessario, [la] decisione di rigetto del reclamo datato 10 settembre 2007;

–        [annullare], per quanto necessario, [la decisione del] 9 gennaio 2008;

–        [accertare il] fatto generatore del danno de quo;

–        [accertare l’]illiceità del fatto generatore del danno de quo;

–        [dichiarare l’]illiceità del fatto generatore del danno de quo;

–        [condannare la Commissione] ad elargire al ricorrente, a titolo di risarcimento del danno de quo, la somma di [EUR] 100 000= (diconsi euro centomila//00), ovvero quella somma maggiore ovvero minore che [il] (...) Tribunale riterrà giusta ed equa, maggiorata degli interessi nella misura del 10% all’anno, e con capitalizzazione annuale, a decorrere dalla data della domanda datata 8 marzo 2007 e fino al [soddisfacimento];

–        [condannare la Commissione] alla rifusione, in favore del ricorrente, di tutte le spese, diritti ed onorari di procedura, ivi inclusi quelli relativi alla redazione di perizia di parte».

13      La Commissione conclude che il Tribunale voglia:

«–      respingere il ricorso come irricevibile o infondato;

–        condannare il ricorrente al pagamento delle spese ai sensi dell’art. 87, n. 1, del regolamento di procedura (...)».

 In diritto

 Osservazioni in limine sull’oggetto della controversia

14      Si deve in limine ricordare che, secondo la costante giurisprudenza, la decisione di un’istituzione che respinge una domanda risarcitoria costituisce parte integrante del procedimento amministrativo preliminare alla proposizione del ricorso diretto all’accertamento della responsabilità dinanzi al Tribunale e che, di conseguenza, quest’ultimo non può conoscere delle domande di annullamento presentate contro questa decisione in modo autonomo rispetto alla domanda di accertamento della responsabilità. Infatti, l’atto in cui è espressa la presa di posizione dell’istituzione durante la fase precontenziosa produce unicamente l’effetto di consentire alla parte che affermi di aver subìto un pregiudizio di proporre domanda risarcitoria dinanzi al Tribunale (v., in tal senso, sentenze del Tribunale di primo grado 18 dicembre 1997, causa T‑90/95, Gill/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑471 e II‑1231, punto 45; 6 marzo 2001, causa T‑77/99, Ojha/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑61 e II‑293, punto 68, e 5 dicembre 2002, causa T‑209/99, Hoyer/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑243 e II‑1211, punto 32).

15      Da quanto precede risulta che, poiché il presente ricorso ha come unico oggetto quello di ottenere il risarcimento del danno che il ricorrente ritiene di aver subito a causa dell’azione della sua istituzione, non occorre statuire in modo autonomo sulle domande di annullamento da questi proposte.

 Sulla ricevibilità

16      Ai sensi dell’art. 76 del regolamento di procedura, quando il Tribunale è manifestamente incompetente a conoscere di un ricorso o di alcune sue conclusioni o quando il ricorso è, in tutto o in parte, manifestamente irricevibile o manifestamente infondato in diritto, il Tribunale può, senza proseguire il procedimento, statuire con ordinanza motivata.

17      Nella specie, il Tribunale si ritiene sufficientemente informato dai documenti versati al fascicolo e, in applicazione di tali disposizioni, decide di statuire senza proseguire il procedimento.

 Sulla ricevibilità delle conclusioni miranti a che il Tribunale «accert[i] il fatto generatore del danno de quo», «accert[i] l’illiceità del fatto generatore del danno de quo» e «dichiar[i] l’illiceità del fatto generatore del danno de quo».

18      Si deve rilevare che le conclusioni sopra menzionate mirano in realtà a far sì che il Tribunale dichiari fondati alcuni dei motivi addotti a sostegno della domanda di risarcimento. Tuttavia, dal momento che non compete al Tribunale fare dichiarazioni in diritto (v., in tal senso, sentenza della Corte 13 luglio 1989, causa 108/88, Jaenicke Cendoya/Commissione, Racc. pag. 2711, punti 8 e 9), tali domande vanno respinte in quanto manifestamente irricevibili.

 Sulla ricevibilità delle domande di indennizzo

19      Si deve in limine ricordare che, secondo la costante giurisprudenza, i dipendenti o gli agenti che intendono ottenere dalla Comunità un risarcimento in ragione di un danno ad essa imputabile devono fare ciò entro un termine ragionevole a decorrere dal momento in cui sono venuti a conoscenza della situazione che essi lamentano (sentenza del Tribunale di primo grado 5 ottobre 2004, causa T‑144/02, Eagle e a./Commissione, Racc. pag. II‑3381, punti 65 e 66).

20      Il carattere ragionevole del termine deve essere valutato in funzione delle circostanze proprie di ciascun caso di specie e, in particolare, della rilevanza della controversia per l’interessato, della complessità del caso e del comportamento delle parti coinvolte (sentenza Eagle e a./Commissione, cit., punto 66).

21      Si deve a questo proposito altresì tener conto del termine di confronto offerto dal termine di prescrizione di cinque anni previsto in materia di azioni per responsabilità extracontrattuale dall’art. 46 dello Statuto della Corte di giustizia, per quanto tale termine non trovi applicazione in controversie tra la Comunità e i suoi agenti (v., in tal senso, sentenza della Corte 22 ottobre 1975, causa 9/75, Meyer-Burckhardt/Commissione, Racc. pag. 1171, punti 7, 10 e 11). Il Tribunale di primo grado ha da ciò concluso, al punto 71 della citata sentenza Eagle e a./Commissione, che gli interessati, dal momento che ritenevano di essere oggetto di un trattamento discriminatorio illecito, avrebbero dovuto presentare all’istituzione comunitaria una domanda diretta ad ottenere l’adozione da parte sua delle misure idonee a rimediare a tale situazione e a porvi termine, entro un termine ragionevole che non avrebbe potuto eccedere i cinque anni a decorrere dal momento in cui essi erano venuti a conoscenza della situazione di cui si lamentavano (v., altresì, sentenza del Tribunale 1° febbraio 2007, causa F‑125/05, Tsarnavas/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 71).

22      Tuttavia, il termine di cinque anni non può costituire un limite rigido e intangibile entro il quale ogni domanda sarebbe ricevibile, qualunque siano il tempo fatto trascorrere dal ricorrente per presentare all’amministrazione la sua domanda e le circostanze del caso di specie (v., in tal senso, sentenza Tsarnavas/Commissione, cit., punti 76 e 77).

23      Si deve nella fattispecie constatare che tra la data in cui il ricorrente ha avuto conoscenza della situazione di cui si lamenta nel presente ricorso, cioè il 20 marzo 2002, e la domanda di risarcimento che ha indirizzato alla Commissione con la lettera dell’8 marzo 2007 sono trascorsi quasi cinque anni.

24      La rilevanza della controversia non pare essere notevole per il ricorrente, in quanto questi ha comunicato i suoi problemi alla Commissione solo dopo un periodo di quasi cinque anni.

25      Inoltre, il caso non è complesso. Infatti, il pregiudizio asserito deriva soltanto dalle conseguenze dell’invio, mediante telecopia, della lettera del 18 maggio 2002 a un numero che, a parere del ricorrente, la Commissione non avrebbe dovuto usare.

26      Del resto, il ricorrente non deduce alcun elemento idoneo a dimostrare che il considerevole lasso di tempo al termine del quale ha presentato alla Commissione la domanda di risarcimento si spiegherebbe con il comportamento di quest’ultima ovvero per altro motivo.

27      Ciò considerato, tenuto conto in particolare della limitata rilevanza della controversia, del carattere circoscritto delle questioni sollevate dal ricorrente e della lunga durata, senza alcuna giustificazione, della sua inazione, si deve concludere che la domanda di risarcimento dell’interessato non è stata presentata alla Commissione entro un termine ragionevole. Di conseguenza, la domanda di risarcimento del presente ricorso deve considerarsi manifestamente irricevibile.

28      Alla luce di tutti gli elementi che precedono, il ricorso nel suo insieme è manifestamente irricevibile.

 Sulle spese

29      Ai sensi dell’art. 87, n. 1, del regolamento di procedura, fatte salve altre disposizioni del capo relativo alle spese, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. A norma del n. 2 del medesimo articolo, per ragioni di equità, il Tribunale può decidere che una parte soccombente sia condannata solo parzialmente alle spese o addirittura che non debba essere condannata a tale titolo.

30      Dalla motivazione qui sopra esposta risulta che la parte soccombente è il ricorrente. Inoltre la Commissione, nelle sue conclusioni, ne ha chiesto espressamente la condanna alle spese. Poiché le circostanze della fattispecie non giustificano l’applicazione delle disposizioni dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, il ricorrente dev’essere condannato alle spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione)

così provvede:

1)      Il ricorso è manifestamente irricevibile.

2)      Il sig. Marcuccio è condannato alle spese.

Lussemburgo, 18 febbraio 2009

Il cancelliere

 

       Il presidente

W. Hakenberg

 

       S. Gervasoni


* Lingua processuale: l’italiano.