Language of document : ECLI:EU:C:2014:2449

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

18 dicembre 2014 (*)

«Ricorso di annullamento – Coordinamento dei sistemi previdenziali – Accordo di associazione CEE‑Turchia – Decisione del Consiglio sulla posizione che l’Unione europea deve adottare nell’ambito del Consiglio di associazione – Scelta della base giuridica – Articolo 48 TFUE – Articolo 79, paragrafo 2, lettera b), TFUE – Articolo 217 TFUE»

Nella causa C‑81/13,

avente ad oggetto un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, proposto il 15 febbraio 2013,

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato da M. Holt, C. Murrell, E. Jenkinson e S. Behzadi Spencer, in qualità di agenti, assistiti da A. Dashwood, QC,

ricorrente,

sostenuto da:

Irlanda, rappresentata da L. Williams, in qualità di agente, assistita da N. Travers, BL, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da E. Finnegan e M. Chavrier, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Commissione europea, rappresentata da A. Aresu, J. Enegren e S. Pardo Quintillán, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da V. Skouris, presidente, K. Lenaerts, vicepresidente, M. Ilešič, L. Bay Larsen, T. von Danwitz, A. Ó Caoimh e J.‑C. Bonichot, presidenti di sezione, J. Malenovský, E. Levits, A. Arabadjiev, M. Berger, E. Jarašiūnas (relatore) e C. G. Fernlund, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: L. Carrasco Marco, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 maggio 2014,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 luglio 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord chiede alla Corte l’annullamento della decisione 2012/776/UE del Consiglio, del 6 dicembre 2012, relativa alla posizione che l’Unione europea deve adottare nell’ambito del Consiglio di associazione istituito dall’accordo che crea un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia per quanto riguarda l’adozione di disposizioni sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 340, pag. 19; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Contesto normativo

2        L’accordo che istituisce un’associazione tra la Comunità economica europea e la Turchia (in prosieguo: l’«accordo CEE‑Turchia») è stato firmato ad Ankara il 12 settembre 1963 dalla Repubblica di Turchia, da un lato, e dalla CEE nonché dai suoi Stati membri, dall’altro. Detto accordo è stato concluso, approvato e confermato a nome di quest’ultima con decisione 64/732/CEE del Consiglio, del 23 dicembre 1963 (GU 1964, n. 217, pag. 3685), adottata sul fondamento dell’articolo 238 del Trattato CEE (divenuto articolo 217 TFUE).

3        Ai sensi del suo articolo 2, paragrafo 1, tale accordo ha lo scopo di promuovere un rafforzamento continuo ed equilibrato delle relazioni commerciali ed economiche tra le parti, tenendo pienamente conto della necessità di assicurare un più rapido sviluppo dell’economia turca ed il miglioramento del livello dell’occupazione e del tenore di vita del popolo turco.

4        L’articolo 9 di detto accordo stabilisce che, nell’ambito di applicazione di quest’ultimo, «è vietata qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità».

5        L’articolo 12 dello stesso accordo recita quanto segue:

«Le Parti Contraenti convengono di ispirarsi agli articoli 48, 49 e 50 del Trattato che istituisce la Comunità per realizzare gradualmente tra di loro la libera circolazione dei lavoratori».

6        Il protocollo addizionale, firmato il 23 novembre 1970 a Bruxelles, allegato all’accordo CEE‑Turchia e concluso, approvato e confermato a nome della Comunità con regolamento (CEE) n. 2760/72 del Consiglio, del 19 dicembre 1972 (GU L 293, pag. 1; in prosieguo: il «protocollo addizionale»), che, ai sensi del suo articolo 62, costituisce parte integrante di tale accordo, al suo articolo 36 prevede quanto segue:

«La libera circolazione dei lavoratori fra gli Stati membri della Comunità e la Turchia sarà realizzata gradualmente, conformemente ai principi enunciati all’articolo 12 dell’accordo [CEE‑Turchia], fra la fine del dodicesimo e del ventiduesimo anno dopo l’entrata in vigore del detto accordo.

(...)».

7        A termini dell’articolo 39 del protocollo addizionale:

«1.      Prima della fine del primo anno dall’entrata in vigore del presente protocollo, il consiglio di Associazione adotta disposizioni in materia di sicurezza sociale a favore dei lavoratori di nazionalità turca che si spostano all’interno della Comunità e delle loro famiglie residenti nella Comunità.

2.      Queste disposizioni dovranno permettere ai lavoratori di nazionalità turca, secondo modalità da fissare, il cumulo di periodi di assicurazione o di occupazione trascorsi nei vari Stati membri per quanto riguarda le pensioni e le rendite di vecchiaia, di decesso e d’invalidità, nonché l’assistenza sanitaria del lavoratore e della sua famiglia residenti nella Comunità. Queste disposizioni non potranno creare un obbligo per gli Stati membri della Comunità di prendere in considerazione i periodi trascorsi in Turchia.

3.      Le disposizioni di cui sopra devono permettere di assicurare il pagamento degli assegni familiari quando la famiglia del lavoratore risiede nella Comunità.

4.      Le pensioni e le rendite di vecchiaia, di decesso e di invalidità acquisite in virtù delle disposizioni prese in applicazione del paragrafo 2 dovranno poter essere esportate in Turchia.

5.      Le disposizioni di cui al presente articolo non pregiudicano i diritti e gli obblighi derivanti dagli accordi bilaterali esistenti tra la Turchia e gli Stati membri della Comunità se essi prevedono un regime più favorevole ai cittadini turchi».

8        Sulla scorta di detto articolo 39 del protocollo addizionale è stata adottata la decisione n. 3/80 del Consiglio di associazione, del 19 settembre 1980, relativa all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale degli Stati membri delle Comunità europee ai lavoratori turchi ed ai loro familiari (GU 1983, C 110, pag. 60; in prosieguo: la «decisione n. 3/80»). Tale decisione si applica, ai sensi del suo articolo 2, ai lavoratori che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri e che sono cittadini della Turchia, ai familiari di tali lavoratori, che risiedono nel territorio di uno degli Stati membri, nonché ai superstiti di tali lavoratori. Il suo campo di applicazione ratione materiae, definito dall’articolo 4, comprende le legislazioni relative ai settori previdenziali riguardanti le prestazioni di malattia e di maternità, d’invalidità, di vecchiaia e ai superstiti, per infortunio sul lavoro e malattia professionali, di disoccupazione nonché le prestazioni familiari.

9        L’articolo 3, paragrafo 1, della decisione n. 3/80, intitolato «Parità di trattamento», dispone quanto segue:

«Le persone che risiedono nel territorio di uno degli Stati membri ed alle quali sono applicabili le disposizioni della presente decisione, sono soggette agli obblighi e sono ammesse al beneficio della legislazione di ciascuno Stato membro alle stesse condizioni dei cittadini di tale Stato, fatte salve le disposizioni particolari della presente decisione».

10      Il titolo III della decisione n. 3/80 comprende le disposizioni particolari relative alle varie categorie di prestazioni. Tali disposizioni rinviano essenzialmente a talune disposizioni del regolamento (CEE) n. 1408/71 del Consiglio, del 14 giugno 1971, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità (GU L 149, pag. 2), nonché a talune disposizioni del regolamento (CEE) n. 574/72 del Consiglio, del 21 marzo 1972, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 1408/71 (GU L 74, pag. 1).

 Decisione impugnata

11      La decisione impugnata è stata adottata, conformemente alla proposta della Commissione europea, sul fondamento dell’articolo 48 TFUE, in combinato disposto con l’articolo 218, paragrafo 9, TFUE. Il suo considerando 1 ricorda che l’accordo CEE‑Turchia e il protocollo addizionale prevedono che la libera circolazione dei lavoratori tra l’Unione e la Turchia va realizzato gradualmente, mentre i suoi considerando da 2 a 4 riprendono il contenuto dell’articolo 9 dell’accordo medesimo e dell’articolo 39 del protocollo indicando che la decisione n. 3/80 è stato il primo strumento di attuazione di tali articoli. I suoi considerando da 5 a 7 così recitano:

«(5)      È necessario garantire che nel campo della sicurezza sociale siano applicati integralmente l’articolo 9 dell’accordo [CEE‑Turchia] e l’articolo 39 del protocollo addizionale.

(6)      È necessario aggiornare la decisione n. 3/80 in modo che le sue disposizioni riflettano gli sviluppi nel campo del coordinamento della sicurezza sociale nell’Unione europea.

(7)      È opportuno pertanto abrogare la decisione n. 3/80 e sostituirla con una decisione del Consiglio di associazione che applichi in una sola volta le disposizioni dell’accordo [CEE‑Turchia] e del protocollo addizionale relative al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale».

12      Ai sensi dell’articolo 1, primo comma, della decisione impugnata:

«La posizione che l’Unione europea deve adottare nell’ambito del Consiglio di associazione istituito dall’accordo [CEE‑Turchia] con riguardo all’adozione di disposizioni sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale si basa sul progetto di decisione del Consiglio di associazione accluso alla presente decisione».

13      Il progetto di decisione del Consiglio di associazione allegato alla decisione impugnata (in prosieguo: il «progetto di decisione del Consiglio di associazione») contiene, segnatamente, i medesimi considerando citati nel precedente punto 11. L’articolo 1 di detto progetto di decisione, intitolato «Definizioni», si riferisce, in particolare per i termini «lavoratori», «familiari», «legislazione» e «prestazioni», al regolamento (CE) n. 883/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale (GU L 166, pag. 1), che ha abrogato il regolamento n. 1408/71, nonché al regolamento (CE) n. 987/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 883/2004 (GU L 284, pag. 1), che ha abrogato il regolamento n. 574/72.

14      L’articolo 2 del progetto di decisione del Consiglio di associazione, intitolato «Persone interessate», prevede che tale decisione si applichi, da una parte, ai lavoratori turchi che lavorano o hanno lavorato legalmente nel territorio di uno o più Stati membri e che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri e ai loro superstiti e ai loro familiari che risiedano o abbiano risieduto legalmente con loro mentre esercitavano la loro attività lavorativa in uno Stato membro e, d’altra parte, ai lavoratori cittadini di uno Stato membro che lavorano o hanno lavorato legalmente nel territorio della Turchia e sono o sono stati soggetti alla legislazione turca, nonché ai loro superstiti e ai loro familiari che risiedano o abbiano risieduto legalmente con loro mentre essi esercitavano la loro attività lavorativa in Turchia.

15      Detto progetto impone, al suo articolo 3, la parità di trattamento in materia di prestazioni e prevede, al uso articolo 4, la revoca delle clausole di residenza per talune prestazioni. Ai suoi articoli 5 e 6, inoltre, esso prevede una procedura di cooperazione tra gli Stati membri e la Turchia nonché talune regole relative a controlli amministrativi e visite mediche.

 Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

16      Il Regno Unito chiede alla Corte di annullare la decisione impugnata e di condannare il Consiglio dell’Unione europea alle spese.

17      Il Consiglio chiede di respingere il ricorso e di condannare il Regno Unito alle spese.

18      Con decisioni del presidente della Corte del 2 luglio 2013 e del 5 gennaio 2014, la Commissione è stata autorizzata ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio, mentre l’Irlanda è stata autorizzata a intervenire a sostegno delle conclusioni del Regno Unito per poter presentare osservazioni all’udienza di discussione.

 Sul ricorso

 Argomenti delle parti

19      Il Regno Unito, sostenuto dall’Irlanda, censura il Consiglio per aver considerato l’articolo 48 TFUE quale fondamento normativo sostanziale della decisione impugnata considerando, infatti, che il fondamento normativo adeguato per adottare una tale decisione non sia tale disposizione, bensì l’articolo 79, paragrafo 2, lettera b), TFUE. Non ammettendo quest’ultima disposizione come fondamento normativo della decisione impugnata, il Consiglio avrebbe privato il Regno Unito del diritto – che tale Stato membro vanta in base al protocollo (n. 21) sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda riguardo allo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia, allegato ai Trattati UE e FUE – di non prendere parte all’adozione di tale decisione e di non esserne vincolati.

20      A sostegno di tale censura, il Regno Unito afferma che l’articolo 48 TFUE è una disposizione accessoria al principio di libera circolazione, all’interno dell’Unione, dei lavoratori dipendenti e autonomi che sono cittadini degli Stati membri. Tale articolo non potrebbe, pertanto, costituire il fondamento normativo di una misura, come la decisione impugnata, che riguarda essenzialmente il coordinamento dei sistemi previdenziali a vantaggio dei cittadini turchi.

21      Per contro, il fondamento normativo adeguato di tale misura sarebbe costituito dall’articolo 79, paragrafo 2, lettera b), TFUE, ove tale articolo consente l’adozione di misure relative alla «definizione dei diritti dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti in uno Stato membro, comprese le condizioni che disciplinano la libertà di circolazione e di soggiorno negli altri Stati membri». Il ricorso a tale disposizione, avendo costituito il fondamento normativo del regolamento (UE) n. 1231/2010 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, che estende il regolamento n. 883/2004 e il regolamento n. 987/2009 ai cittadini di paesi terzi cui tali regolamenti non siano già applicabili unicamente a causa della nazionalità (GU L 344, pag. 1), nonché dell’adozione, nel corso degli anni 2010 e 2012, di nove decisioni analoghe alla decisione impugnata relative ad accordi di associazione conclusi con altri Stati terzi, sarebbe compatibile con l’articolo 79, paragrafo 1, TFUE, che prevede lo sviluppo di una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare non solo la gestione efficace dei flussi migratori, ma anche «l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri». Il ricorso a tale disposizione sarebbe inoltre conforme al sistema parziale di coordinamento in materia previdenziale istituito dal progetto di decisione del Consiglio di associazione, in particolare con gli articoli 2, lettere a) e b), 3 e 4 del medesimo.

22      Tale valutazione non può essere messa in discussione dalle disposizioni dell’accordo CEE‑Turchia e del protocollo addizionale. Infatti, l’articolo 12 dell’accordo e l’articolo 36 del protocollo non implicherebbero che il diritto alla libera circolazione in seno all’Unione di cui godono i cittadini degli Stati membri sia esteso ai cittadini turchi. I lavoratori turchi continuerebbero a non godere del diritto di entrare liberamente nell’Unione e a non disporre del diritto di circolare liberamente tra gli Stati membri.

23      Al riguardo, il Regno Unito osserva che il ragionamento seguito nelle sentenze Regno Unito/Consiglio (C‑‑31/11, EU:C:2013:589) e Regno Unito/Consiglio (C‑656/11, EU:C:2014:97), nelle quali la Corte ha statuito che le decisioni contestate, adottate, rispettivamente, nel contesto dell’accordo sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992 (GU 1994, L 1, pag. 3, in prosieguo: l’«accordo SEE»), e dell’accordo tra la Comunità Europea ed i suoi Stati membri, da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra sulla libera circolazione delle persone, firmato il 21 giugno 1999 (GU 2002, L 114, pag. 6; in prosieguo: l’«accordo CE‑Svizzera sulla libera circolazione delle persone»), avevano potuto essere validamente adottate sul fondamento dell’articolo 48 TFUE, evidenzia che la decisione impugnata non può sfociare in una conclusione analoga.

24      Infatti, a differenza dell’accordo SEE e dell’accordo CE‑Svizzera sulla libera circolazione delle persone, l’accordo CEE‑Turchia e il protocollo addizionale non avrebbero l’obiettivo di estendere il mercato interno alla Turchia né di realizzare la libera circolazione delle persone tra l’Unione e tale Stato terzo e la decisione n. 3/80 non avrebbe esteso a quest’ultimo l’applicazione dei regolamenti nn. 1408/71 e 574/72.

25      Del pari, a differenza dalle decisioni oggetto delle sentenze Regno Unito/Consiglio (EU:C:2013:589) e Regno Unito/Consiglio (EU:C:2014:97), la decisione impugnata non sarebbe intesa a estendere alla Turchia il nuovo regime di coordinamento dei sistemi previdenziali instaurato dal regolamento n. 883/2004, ma costituirebbe una misura che si limita ad aggiornare i diritti limitati di cui godono attualmente i lavoratori turchi in forza della decisione n. 3/80.

26      Non si potrebbe peraltro far ricorso all’articolo 217 TFUE quale fondamento di una decisione come quella impugnata, in quanto occorre operare una distinzione, secondo il Regno Unito, tra la decisione di adottare l’insieme delle misure che comporta un accordo di associazione, che deve fondarsi su tale articolo, e le decisioni prese in virtù di tale accordo, che devono essere adottate in base al fondamento normativo corrispondente al loro oggetto.

27      Per quanto riguarda le regole di voto applicabili alle decisioni adottate in forza dell’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, secondo il Regno Unito non deve applicarsi la regola generale della maggioranza qualificata, di cui all’articolo 16, paragrafo 3, TUE, bensì quella di cui all’articolo 218, paragrafo 8, TFUE.

28      L’Irlanda sottolinea che l’esistenza del protocollo (n. 21) non deve avere alcuna influenza sulla scelta del fondamento normativo di un atto dell’Unione e fa parimenti osservare che, se la Corte ha riconosciuto, nelle sentenze Regno Unito/Consiglio (EU:C:2013:589) e Regno Unito/Consiglio (EU:C:2014:97), che l’Unione aveva potuto, sul fondamento dell’articolo 48 TFUE, estendere ai cittadini di Stati terzi disposizioni relative al coordinamento dei sistemi previdenziali applicabili nell’ambito dell’Unione, questo atteneva alla specificità dell’accordo SEE e dell’accordo CE‑Svizzera sulla libera circolazione delle persone. L’accordo CEE‑Turchia e il suo protocollo addizionale non consentirebbero, da parte loro, alcuna assimilazione dei lavoratori turchi ai lavoratori dell’Unione.

29      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, contesta tale analisi e sostiene che l’articolo 48 TFUE è il fondamento normativo sostanziale adeguato ai fini dell’adozione della decisione impugnata.

30      Dato che la scelta del fondamento normativo di un atto dell’Unione deve basarsi, segnatamente, sul fine e sul contenuto dell’atto stesso, occorrerebbe, secondo il Consiglio, rilevare che il fine del progetto di decisione del Consiglio di associazione consiste nell’attuazione delle disposizioni dell’accordo CEE‑Turchia e del protocollo addizionale relative al coordinamento dei sistemi previdenziali conformemente all’obiettivo di tali atti, vale a dire la graduale realizzazione della libera circolazione dei lavoratori tra le parti contraenti. Il fatto che le norme considerate abbiano una portata meno estesa di quella delle norme che si applicano ai cittadini dell’Unione non inficerebbe tale obiettivo, ma risulterebbe dal fatto che l’accordo CEE‑Turchia e il protocollo addizionale prevedono che la libera circolazione dei lavoratori debba essere realizzata gradualmente. Al riguardo, risulterebbe dalla giurisprudenza della Corte che i lavoratori turchi non si trovano più nella medesima situazione dei cittadini degli altri Stati terzi.

31      Nel contesto dell’accordo CEE‑Turchia, la modifica prospettata delle disposizioni applicabili nell’ambito del coordinamento dei sistemi previdenziali non costituirebbe una misura che ricade nello sviluppo della politica comune dell’immigrazione. La decisione impugnata sarebbe intesa non a garantire una gestione efficace dei flussi migratori, bensì a realizzare l’obiettivo di una realizzazione graduale della libera circolazione dei lavoratori, con la previsione di un coordinamento parziale dei sistemi previdenziali tra le parti contraenti tale da sostituire il regime istituito dalla decisione n. 3/80.

32      Il Consiglio considera peraltro, al pari del Regno Unito, che l’articolo 217 TFUE non può costituire il fondamento normativo della decisione impugnata. A suo avviso, conformemente al principio di attribuzione, un atto dell’Unione adottato nel contesto di un accordo di associazione deve basarsi non sul fondamento normativo generale utilizzato per la conclusione di detto accordo, bensì sul fondamento normativo specifico corrispondente alla sfera di azione in cui ricade tale atto. La regola di voto applicabile a una decisione che stabilisce la posizione che l’Unione deve adottare in seno ad un’autorità istituita da un accordo di associazione sarebbe determinata da tale fondamento normativo specifico. Se l’articolo 217 TFUE fosse il fondamento normativo adeguato, la regola di voto applicabile sarebbe, a suo avviso, quella dell’unanimità.

33      La Commissione sottolinea che la decisione impugnata è intesa a determinare la posizione dell’Unione quanto all’estensione ai lavoratori turchi di nuovi atti dell’Unione relativi al coordinamento dei sistemi previdenziali, e che tale estensione è indispensabile per garantire progressivamente la libera circolazione dei lavoratori che costituisce uno dei principali obiettivi dell’accordo CEE‑Turchia. Tale obiettivo distinguerebbe detto accordo dagli accordi conclusi con altri Stati terzi e non sarebbe correlato con gli obiettivi della politica dell’immigrazione, che non è un settore che ricade nell’accordo CEE‑Turchia.

34      L’Istituzione condivide peraltro la posizione del Regno Unito e del Consiglio, secondo cui l’articolo 217 TFUE non può costituire il fondamento normativo della decisione impugnata, ma ritiene che, se lo fosse, la regola di voto applicabile sarebbe, conformemente all’articolo 218, paragrafo 9, TFUE, quella della maggioranza qualificata.

 Giudizio della Corte

35      Secondo costante giurisprudenza, la scelta del fondamento normativo di un atto dell’Unione dev’essere basata su circostanze obiettive, che possano essere sindacate in via giurisdizionale. Sono da considerare tali, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto (sentenze Commissione/Consiglio, C‑338/01, EU:C:2004:253, punto 54 e giurisprudenza ivi citata, nonché Parlamento/Consiglio, C‑130/10, EU:C:2012:472, punto 42).

36      Al riguardo, è privo di rilievo il fondamento normativo accolto per l’adozione di altri atti dell’Unione che presentano, eventualmente, caratteristiche simili, in quanto la determinazione del fondamento normativo di un atto deve essere effettuata in considerazione del suo scopo e del suo contenuto specifici (v., in tal senso, sentenza Regno Unito/Consiglio, EU:C:2013:589, punto 67 e giurisprudenza ivi citata, nonché Regno Unito/Consiglio, EU:C:2014:97, punto 48). Deve pertanto essere innanzitutto disatteso l’argomento presentato dal Regno Unito secondo cui l’articolo 79, paragrafo 2, lettera b), TFUE ha costituito il fondamento normativo del regolamento n. 1231/2010 e di altre decisioni analoghe alla decisione impugnata adottate nel contesto di accordi di associazione conclusi con altri Stati terzi.

37      Del pari, il protocollo (n. 21) non è idoneo ad avere una qualsivoglia incidenza sulla questione del fondamento normativo appropriato per l’adozione della decisione impugnata (v., in tal senso, sentenze Commissione/Consiglio, C‑137/12, EU:C:2013:675, punti 73 e 74, nonché Regno Unito/Consiglio, EU:C:2014:97, punto 49).

38      Per contro, il contesto in cui l’atto in questione si inserisce può essere rilevante ai fini della scelta del suo fondamento normativo. Così, qualora tale atto sia diretto a modificare le norme adottate nell’ambito di un accordo esistente, occorre tenere conto anche di tale contesto e, in particolare, dell’obiettivo e del contenuto di tale accordo (v., in tal senso, sentenza Regno Unito/Consiglio, EU:C:2013:589, punto 48, e Regno Unito/Consiglio, EU:C:2014:97, punto 50).

39      Nella fattispecie, poiché la decisione impugnata ha lo scopo di stabilire la posizione che l’Unione deve adottare in seno al Consiglio di associazione istituito dall’accordo CEE‑Turchia sull’adozione di disposizioni sul coordinamento dei sistemi previdenziali, per determinare il fondamento normativo adeguato ai fini dell’adozione di tale decisione occorre esaminare sia l’obiettivo di detto accordo e il suo contenuto in materia previdenziale, sia l’obiettivo e il contenuto della decisione impugnata.

40      Al riguardo, occorre rilevare, anzitutto, che, contrariamente a quanto deducono il Regno Unito e l’Irlanda, l’articolo 79, paragrafo 2, lettera b), TFUE non avrebbe potuto costituire il fondamento normativo sostanziale adeguato ai fini dell’adozione della decisione medesima.

41      È pur vero che tale disposizione abilita l’Unione a adottare misure che definiscano i diritti dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti in uno Stato membro, comprese le condizioni che disciplinano la libertà di circolazione e di soggiorno negli altri Stati membri.

42      Tuttavia, a termini della disposizione stessa, tali disposizioni possono essere adottate ai fini dell’articolo 79, paragrafo 1, TFUE, vale a dire ai fini della politica comune dell’immigrazione intesa a garantire una gestione efficace dei flussi migratori, l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri, nonché la prevenzione dell’immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani e una lotta rafforzata nei loro confronti.

43      Orbene, da una parte, l’accordo CEE‑Turchia è caratterizzato, come risulta dal suo articolo 12 e dall’articolo 36 del protocollo addizionale, dalla volontà delle parti contraenti di realizzare gradualmente la libera circolazione dei lavoratori tra i loro territori. È a tal fine che, all’articolo 39 del protocollo addizionale, le parti stesse hanno stabilito che il Consiglio di associazione deve adottare disposizioni in materia previdenziale a favore dei lavoratori di cittadinanza turca che si spostano all’interno dell’Unione e delle loro famiglie residenti nell’Unione.

44      D’altra parte, la decisione impugnata e il progetto di decisione del Consiglio di associazione sono intesi, segnatamente, alla piena attuazione dell’articolo 9 dell’accordo CEE‑Turchia e dell’articolo 39 del protocollo addizionale, nonché ad aggiornare le disposizioni della decisione n. 3/80 in modo che riflettano gli sviluppi della situazione nel campo del coordinamento dei sistemi previdenziali dell’Unione. Inoltre, mentre la decisione n. 3/80 aveva ad oggetto solo l’applicazione dei regimi previdenziali degli Stati membri ai lavoratori turchi ed ai loro familiari, il progetto di decisione del Consiglio di associazione è inteso all’adozione di un regime di coordinamento dei sistemi previdenziali, che include nella sua sfera di applicazione ratione personae, quale definita al suo articolo 2, i lavoratori cittadini di uno Stato membro che lavorano o hanno lavorato legalmente nel territorio della Turchia e sono o sono stati soggetti alla legislazione turca, nonché i loro superstiti e i loro familiari purché risiedano o abbiano risieduto legalmente con loro mentre essi esercitavano la loro attività lavorativa in Turchia.

45      In tal senso, la decisione impugnata costituisce una fase ulteriore verso la realizzazione graduale della libera circolazione dei lavoratori tra l’Unione e la Turchia e nello sviluppo dei collegamenti istituiti dal loro accordo di associazione.

46      Risulta da tutte le suesposte considerazioni che la decisione impugnata persegue una finalità diversa da quella della politica comune dell’immigrazione quale ricordata al punto 42 della presente sentenza. Pertanto, riconoscere che la finalità preponderante di tale decisione consiste nel garantire una gestione efficace dei flussi migratori e un equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri si risolverebbe nel negare il contesto particolare nel quale si inscrive detta decisione.

47      Occorre quindi esaminare, poi, se il solo articolo 48 TFUE, scelto dal Consiglio, possa costituire il fondamento normativo appropriato per l’adozione della decisione impugnata.

48      Al riguardo occorre, in primo luogo, ricordare che l’articolo 12 dell’accordo CEE‑Turchia prevede che la libera circolazione dei lavoratori tra gli Stati membri della Comunità e la Turchia si realizzi gradualmente ispirandosi agli articoli da 48 a 50 del Trattato CEE (divenuti articoli da 45 TFUE a 47 TFUE).

49      Per quanto riguarda la libera circolazione delle persone tra la Turchia e l’Unione, come la Corte ha già avuto occasione di statuire al punto 53 della sentenza Demirkan (C‑221/11, EU:C:2013:583), un tale principio generale non è affatto previsto da tale accordo e dal suo protocollo addizionale.

50      Occorre parimenti rilevare che l’accordo CEE‑Turchia e il protocollo addizionale non estendono nemmeno alla Turchia la libera circolazione dei lavoratori stabiliti nell’Unione.

51      Da una parte, infatti, l’articolo 12 dell’accordo CEE‑Turchia, nel prevedere di ispirarsi agli articoli da 48 a 50 del Trattato CEE per realizzare gradualmente la libera circolazione dei lavoratori, non obbliga le parti contraenti ad applicare, in quanto tali, le norme dell’Unione in materia di libera circolazione dei lavoratori (v., per analogia, sentenza Demirkan, EU:C:2013:583, punto 45); tali articoli vanno tuttavia applicati, per quanto possibile, anche ai lavoratori turchi che beneficiano dei diritti ad essi riconosciuti nell’ambito di tale accordo (v., per analogia, sentenze Bozkurt, C‑434/93, EU:C:1995:168, punto 20; Ayaz, C‑275/02, EU:C:2004:570, punto 44, e Dülger, C‑451/11, EU:C:2012:504, punto 48).

52      D’altra parte, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 79 delle sue conclusioni, la realizzazione graduale della libera circolazione dei lavoratori prevista dall’articolo 12 dell’accordo CEE‑Turchia non è completa. Al riguardo, la Corte ha già avuto modo di affermare più volte che i cittadini turchi, contrariamente ai cittadini dell’Unione, non beneficiano, attualmente, del diritto di circolare liberamente all’interno dell’Unione, in quanto tale accordo garantisce loro il godimento di taluni diritti solo nel territorio dello Stato membro ospitante (v., in tal senso, sentenze Derin, C‑325/05, EU:C:2007:442, punto 66, e Demirkan, EU:C:2013:583, punto 53).

53      Quanto al contenuto dell’accordo CEE‑Turchia in materia previdenziale, occorre osservare che l’articolo 39, paragrafi 1 e 2, del protocollo addizionale prevede che il Consiglio di associazione adotti disposizioni in tale materia a favore dei lavoratori di cittadinanza turca che si spostano all’interno dell’Unione e delle loro famiglie residenti nell’Unione; tali disposizioni devono, segnatamente, consentire a detti lavoratori di beneficiare del cumulo dei periodi di assicurazione o di occupazione trascorsi nei vari Stati membri per quanto riguarda il diritto a talune prestazioni. Per contro, l’articolo 39 del protocollo addizionale non prevede l’adozione di misure a favore dei lavoratori dell’Unione che si recano in Turchia e dispone, al suo paragrafo 2, che le disposizioni che saranno adottate non potranno creare un obbligo per gli Stati membri di prendere in considerazione i periodi trascorsi dai lavoratori turchi in Turchia.

54      Conseguentemente, l’accordo CEE‑Turchia non instaura tra le parti contraenti un regime di coordinamento dei sistemi previdenziali come quello previsto dal regolamento n. 1408/71.

55      La decisione n, 3/80, adottata conformemente all’articolo 39 del protocollo addizionale, rinvia peraltro, come la Corte ha già statuito ai punti 29 e 30 della sentenza Taflan‑Met e a. (C‑277/94, EU:C:1996:315), solo a talune disposizioni del regolamento n. 1408/71 e del regolamento n. 574/72.

56      Per quanto riguarda, in secondo luogo, il contenuto e lo scopo della decisione impugnata, occorre rilevare che essa è intesa, come risulta dai suoi considerando da 5 a 7 e dai considerando 6, 7 e 9 del progetto di decisione del Consiglio di associazione, redatti nei medesimi termini, a garantire che siano applicati integralmente l’articolo 9 dell’accordo CEE‑Turchia e l’articolo 39 del protocollo addizionale e ad aggiornare le norme d’applicazione contenute nella decisione n. 3/80, sostituendole, in modo che dette disposizioni riflettano gli sviluppi della situazione nel campo del coordinamento dei sistemi previdenziali nell’Unione, vale a dire quella che deriva dall’adozione dei regolamenti nn. 883/2004, 987/2009 e 1231/2010.

57      Ciò detto, dalle considerazioni svolte ai punti da 48 a 52 della presente sentenza risulta, da una parte, che l’accordo CEE‑Turchia non ha lo scopo, diversamente da quanto statuito dalla Corte al punto 50 della sentenza Regno Unito/Consiglio (EU:C:2013:589) riguardo all’accordo SEE, di realizzare nella massima misura possibile la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali tra le parti contraenti, di modo che il mercato interno realizzato nel territorio dell’Unione venga esteso alla Turchia, né, diversamente da quanto statuito al punto 55 della sentenza Regno Unito/Consiglio (EU:C:2014:97) riguardo all’accordo CE‑Svizzera sulla libera circolazione delle persone, di realizzare tra dette parti la libera circolazione delle persone e, d’altra parte, che la libera circolazione dei lavoratori prevista dall’accordo CEE‑Turchia non è completamente realizzata.

58      Inoltre, risulta dai rilievi svolti ai punti da 53 a 55 della presente sentenza che, diversamente da quanto statuito dalla Corte al punto 56 della sentenza Regno Unito/Consiglio (EU:C:2013:589) riguardo all’accordo SEE, il regolamento n. 1408/71 non è stato integrato nell’accordo CEE‑Turchia o nel suo protocollo addizionale in modo da determinare un’estensione alla Turchia della normativa in esso contenuta in materia di coordinamento dei sistemi previdenziali. Del pari, contrariamente a quanto statuito ai punti 57 e 58 della sentenza Regno Unito/Consiglio (EU:C:2014:97) riguardo all’accordo CE‑Svizzera sulla libera circolazione delle persone, risulta che le parti contraenti dell’accordo CEE‑Turchia non abbiano inteso applicare integralmente tra loro i regolamenti n. 1408/71 e 574/72 e che la Turchia non possa essere assimilata a uno Stato membro ai fini dell’applicazione di tali regolamenti.

59      Orbene, in assenza di un’estensione del mercato interno o della libera circolazione delle persone alla Turchia nonché in assenza di un’estensione già realizzata della libera circolazione dei lavoratori a quest’ultima o, quantomeno, della normativa dell’Unione in materia previdenziale e di un’assimilazione, ai fini di tale normativa, di tale Stato terzo a uno Stato membro, la decisione impugnata non poteva essere validamente adottata sul solo fondamento dell’articolo 48 TFUE. In linea di principio, infatti, è solo nel campo delle politiche e delle azioni interne dell’Unione o delle azioni esterne che si riferiscono a paesi terzi che possono essere assimilati ad uno Stato membro dell’Unione, secondo la giurisprudenza citata al punto 58 della presente sentenza, che tale articolo abilita l’Unione ad adottare misure in tale materia.

60      Trattandosi di una decisione adottata nel contesto di un accordo di associazione occorre, pertanto, esaminare se la decisione impugnata avrebbe potuto validamente fondarsi sull’articolo 217 TFUE, che abilita l’Unione a concludere con un paese terzo accordi che istituiscono un’associazione caratterizzata da diritti ed obblighi reciproci, da azioni in comune e da procedure particolari.

61      Tale abilitazione generale non consente all’Unione, alla luce del principio di attribuzione sancito dall’articolo 5, paragrafo 2, TUE, di adottare, nel contesto di un accordo di associazione, atti che eccedano i limiti delle competenze che le sono state conferite dagli Stati membri nei trattati per conseguire gli obiettivi posti dai trattati medesimi (v., in tal senso, sentenza Commissione/Consiglio, C‑370/07, EU:C:2009:590, punto 46). Per contro, l’articolo 217 TFUE attribuisce per forza di cose all’Unione le competenze necessarie per garantire l’adempimento dei suoi obblighi verso i paesi terzi in tutti i settori contemplati dal trattato FUE (v., in tal senso, sentenza Demirel, 12/86, EU:C:1987:400, punto 9).

62      Ne deriva che il Consiglio può, sul fondamento dell’articolo 217 TFUE, adottare un atto nel contesto di un accordo di associazione, purché tale atto si ricolleghi ad un settore di competenza specifica dell’Unione e si basi parimenti, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 35 della presente sentenza, sul fondamento normativo corrispondente, in considerazione segnatamente del suo scopo e del suo contenuto, a tale settore.

63      In tal senso, nella fattispecie in esame, se è pur vero che la decisione impugnata non poteva essere validamente adottata sul solo fondamento dell’articolo 217 TFUE né sul solo fondamento dell’articolo 48 TFUE, essa doveva essere adottata, per contro, sul fondamento del combinato disposto di tali due articoli, dato che veniva adottata nel contesto di un accordo di associazione ed era intesa all’adozione di misure di coordinamento dei sistemi previdenziali.

64      Ne consegue che il fondamento normativo della decisione impugnata è erroneo nella misura in cui ne è stato omesso l’articolo 217 TFUE.

65      Quanto alle conseguenze di tale omissione, occorre rilevare che essa non ha influito sul contenuto della decisione impugnata o sul procedimento seguito per la sua adozione.

66      Infatti, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 97 e 123 delle sue conclusioni, dato che la decisione impugnata non verteva sulla conclusione di un accordo di associazione né era intesa a completare o modificare il contesto istituzionale di un tale accordo, ma era intesa solo a garantire la sua attuazione, conformemente al combinato disposto dell’articolo 218, paragrafi 8, primo comma, e 9, TFUE, il Consiglio doveva, in ogni caso, adottare la decisione impugnata, statuendo a maggioranza qualificata e senza approvazione del Parlamento europeo. Peraltro, l’omissione dell’articolo 217 TFUE nel fondamento normativo della decisione impugnata è priva di conseguenze riguardo al protocollo (n. 21).

67      Pertanto, l’errore commesso nel preambolo della decisione impugnata costituisce un vizio puramente formale (v., segnatamente, sentenza Swedish Match, C‑210/03, EU:C:2004:802, punto 44 e giurisprudenza ivi citata) che non ne comporta l’annullamento.

68      Occorre, di conseguenza, respingere il ricorso.

 Sulle spese

69      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, il Regno Unito, rimasto soccombente, va condannato alle spese.

70      Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, di detto regolamento, l’Irlanda e la Commissione sopporteranno le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è condannato alle spese.

3)      L’Irlanda e la Commissione europea sopporteranno le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.