Language of document : ECLI:EU:T:2018:909

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

12 dicembre 2018 (*)

«Marchio dell’Unione europea – Procedimento di decadenza – Marchio dell’Unione europea collettivo figurativo raffigurante un cerchio con due frecce – Uso effettivo del marchio – Decadenza parziale – Dichiarazione di decadenza parziale – Articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 207/2009 [divenuto articolo 18, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2017/1001] – Articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001] – Regola 22, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 2868/95 [divenuto articolo 10, paragrafo 4, del regolamento delegato (UE) 2018/625] – Apposizione del marchio sugli imballaggi – Percezione da parte del pubblico di riferimento»

Nella causa T‑253/17,

Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland GmbH, con sede a Colonia (Germania), rappresentata da P. Goldenbaum, I. Rohr e N. Ebbecke, avvocati,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da D. Hanf, in qualità di agente,

convenuto,

controinteressata nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso dell’EUIPO:

Halston Properties, s. r. o., con sede a Bratislava (Slovacchia),

avente ad oggetto un ricorso proposto avverso la decisione della quinta commissione di ricorso dell’EUIPO del 20 febbraio 2017 (procedimento R 1357/2015-5), relativa ad un procedimento di decadenza tra la Halston Properties e la Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da H. Kanninen, presidente, J. Schwarcz e C. Iliopoulos (relatore), giudici,

cancelliere: R. Ūkelytė, amministratore

visto il ricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 28 aprile 2017,

visto il controricorso depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 luglio 2017,

in seguito all’udienza del 12 giugno 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 12 giugno 1996 la ricorrente, Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland GmbH, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea collettivo all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), in forza del regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), come modificato [sostituito dal regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio comunitario (GU 2009, L 78, pag. 1), come modificato, a sua volta sostituito dal regolamento (UE) 2017/1001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1)].

2        Il marchio collettivo di cui è stata chiesta la registrazione (in prosieguo: il «marchio controverso») è il seguente segno figurativo:

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3        I prodotti e servizi per i quali è stata chiesta la registrazione rientrano nelle classi da 1 a 35, 39, 40 e 42 ai sensi dell’Accordo di Nizza sulla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, come rivisto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 1: «Prodotti chimici destinati all’industria, alle scienze, alla fotografia, all’agricoltura, all’orticoltura e alla silvicoltura; resine artificiali allo stato grezzo, materie plastiche allo stato grezzo; concimi per i terreni; composizioni per estinguere il fuoco; preparati per la tempera e la saldatura dei metalli; prodotti chimici destinati a conservare gli alimenti; materie concianti; adesivi (materie collanti) destinati all’industria»;

–        classe 2: «Pitture, vernici, lacche; prodotti anti-ruggine e contro il deterioramento del legno; materie tintorie; mordenti; resine naturali allo stato grezzo; metalli in fogli e in polvere per pittori, decoratori, tipografi e artisti»;

–        classe 3: «Preparati per la sbianca e altre sostanze per il bucato; preparati per pulire, lucidare, sgrassare e abradere; saponi; profumeria, olii essenziali, cosmetici, lozioni per capelli; dentifrici»;

–        classe 4: «Oli e grassi industriali; lubrificanti; prodotti per assorbire, bagnare e legare la polvere; combustibili (comprese le benzine per motori) e materie illuminanti; candele, stoppini»;

–        classe 5: «Prodotti farmaceutici, veterinari e igienici; sostanze dietetiche per uso medico, alimenti per bebé; impiastri, materiale per fasciature; materiali per otturare i denti e per impronte dentarie; disinfettanti; prodotti per la distruzione di animali nocivi; fungicidi, erbicidi»;

–        classe 6: «Metalli comuni e loro leghe; materiali per costruzione metallici; costruzioni trasportabili metalliche; materiali metallici per ferrovie; cavi e fili metallici non elettrici; serrami e chincaglieria metallica; tubi metallici; casseforti; articoli in metallo compresi nella classe 6; minerali»;

–        classe 7: «Macchine, ovvero macchine per la lavorazione del metallo, del legno, della carta, di materie tessili, della plastica e di materiali da costruzione; macchine per uso domestico e per l’ufficio, comprese nella classe 7; macchine utensili; motori (eccetto quelli per veicoli terrestri); giunti e organi di trasmissione (eccetto quelli per veicoli terrestri); strumenti agricoli compresi nella classe 7; incubatrici per uova»;

–        classe 8: «Utensili a funzionamento manuale; strumenti a funzionamento manuale per la casa e il giardinaggio, nonché per la lavorazione del metallo, del legno, della carta, di materie tessili, plastiche e per materiali da costruzione, compresi nella classe 8; articoli di coltelleria, forchette e cucchiai; armi bianche; rasoi»;

–        classe 9: «Apparecchi e strumenti scientifici, nautici, geodetici, elettrici, fotografici, cinematografici, ottici, di pesata, di misura, di segnalazione, di controllo (ispezione), di soccorso (salvataggio) e d’insegnamento; apparecchi e strumenti elettrici compresi nella classe 9; apparecchi per la registrazione, la trasmissione, la riproduzione del suono o delle immagini; supporti di registrazione magnetica, dischi acustici; distributori automatici e meccanismi per apparecchi di prepagamento; registratori di cassa, macchine calcolatrici, Dispositivi per l’elaborazione dati, elaboratori elettronici; estintori»;

–        classe 10: «Apparecchi e strumenti chirurgici, medici, dentari e veterinari, membra, occhi e denti artificiali; articoli ortopedici; materiale di sutura»;

–        classe 11: «Apparecchi di illuminazione, di riscaldamento, di produzione di vapore, di cottura, di refrigerazione, di essiccamento, di ventilazione, di distribuzione d’acqua e impianti sanitari»;

–        classe 12: «Veicoli; apparecchi di locomozione terrestri, aerei o nautici»;

–        classe 13: «Armi da fuoco; munizioni e proiettili; esplosivi; fuochi d’artificio»;

–        classe 14: «Metalli preziosi e loro leghe e prodotti in tali materie o placcati compresi nella classe 14; gioielleria, pietre preziose; orologeria e strumenti cronometrici»;

–        classe 15: «Strumenti musicali»;

–        classe 16: «Carta, cartone e prodotti in queste materie, compresi nella classe 16; stampati; articoli per legatoria; fotografie; cartoleria; adesivi (materie collanti) per la cartoleria o per uso domestico; materiale per artisti; pennelli; macchine da scrivere e articoli per ufficio (esclusi i mobili); materiale per l’istruzione o l’insegnamento [esclusi gli apparecchi]; materie plastiche per l’imballaggio comprese nella classe 16; carte da gioco; caratteri tipografici; cliché»;

–        classe 17: «Caucciù, guttaperca, gomma, amianto, mica e prodotti in tali materie compresi nella classe 17; prodotti in materie plastiche semilavorate; materie per turare, stoppare e isolare; tubi flessibili non metallici»;

–        classe 18: «Cuoio e sue imitazioni, articoli in queste materie compresi nella classe 18; pelli di animali; bauli e valigie; ombrelli, ombrelloni e bastoni da passeggio; fruste e articoli di selleria»;

–        classe 19: «Materiali da costruzione non metallici; tubi rigidi non metallici per la costruzione; asfalto, pece e bitume; costruzioni trasportabili non metalliche; monumenti non metallici»;

–        classe 20: «Mobili, specchi, cornici; prodotti, compresi nella classe 20, in legno, sughero, canna, giunco, vimini, corno, osso, avorio, balena, tartaruga, ambra, madreperla, spuma di mare, succedanei di tutte queste materie o in materie plastiche»;

–        classe 21: «Strumenti (compresi nella classe 21) e recipienti per la casa e la cucina (né in metalli preziosi, né in placcato); pettini e spugne; spazzole (ad eccezione dei pennelli); materiali per la fabbricazione di spazzole; materiale per pulizia; paglia di ferro; vetro grezzo o semilavorato (tranne il vetro da costruzione); vetreria, porcellana e maiolica comprese nella classe 21»;

–        classe 22: «Corde, spaghi, reti, tende, teloni, vele, sacchi (compresi nella classe 22); materiale d’imbottitura (tranne il caucciù o le materie plastiche); fibre tessili grezze»;

–        classe 23: «Fili per uso tessile»;

–        classe 24: «Tessuti e prodotti tessili compresi nella classe 24; coperte da letto e biancheria»;

–        classe 25: «Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria»;

–        classe 26: «Merletti, pizzi e ricami, nastri e lacci; bottoni, ganci e occhielli, spille e aghi; fiori artificiali»;

–        classe 27: «Tappeti, zerbini, stuoie, linoleum e altri rivestimenti per pavimenti; tappezzerie in materie non tessili»;

–        classe 28: «Giochi, giocattoli; articoli per la ginnastica e lo sport compresi nella classe 28; decorazioni per alberi di Natale»;

–        classe 29: «Carne, pesce, pollame e selvaggina; estratti di carne; frutta e ortaggi conservati, essiccati e cotti; gelatine, marmellate, composte; uova, latte e prodotti derivati dal latte; oli e grassi commestibili»;

–        classe 30: «Caffè, tè, cacao, zucchero, riso, tapioca, sago, succedanei del caffè; farine e preparati fatti di cereali, pane, pasticceria e confetteria, gelati; miele, sciroppo di melassa; lievito, polvere per fare lievitare; sale, senape; aceto, salse (condimenti); spezie; ghiaccio»;

–        classe 31: «Prodotti agricoli, orticoli, forestali e granaglie, compresi nella classe 31; animali vivi; frutta e ortaggi freschi; sementi, piante e fiori naturali; alimenti per gli animali, malto»;

–        classe 32: «Birre; acque minerali e gassose e altre bevande analcoliche; bevande a base di frutta e succhi di frutta; sciroppi e altri preparati per fare bevande»;

–        classe 33: «Bevande alcoliche (eccetto le birre)»;

–        classe 34: «Tabacco; articoli per fumatori; fiammiferi»;

–        classe 35: «Pubblicità»;

–        classe 39: «Trasporto; imballaggio e deposito di merci»;

–        classe 40: «Trattamento di materiali; riciclaggio di materiali per imballaggio»;

–        classe 42: «Smaltimento rifiuti; programmazione per computer».

4        Il regolamento d’uso del marchio controverso prodotto con la domanda di registrazione, al punto 6, prevede, tra l’altro, che il marchio controverso è creato «al fine di consentire ai consumatori e ai commercianti di riconoscere gli imballaggi che fanno parte del [s]istema [d]uale e per i quali è stato istituito un contributo al finanziamento del sistema, nonché i prodotti confezionati in tal modo e di distinguerli dagli altri imballaggi e prodotti (…)».

5        Il marchio controverso è stato registrato come marchio dell’Unione europea collettivo il 19 luglio 1999, con il numero 298273, per i prodotti e i servizi indicati al punto 3 supra.

6        Il 25 settembre 2006 e il 17 maggio 2016, la registrazione del marchio controverso è stata rinnovata.

7        Il 2 novembre 2012, la controinteressata nel procedimento dinanzi all’EUIPO, Halston Properties, s. r. o., ha presentato una domanda di decadenza del marchio controverso, sulla base dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001], sulla base del rilievo che tale marchio non era stato oggetto di un uso effettivo per i prodotti per i quali era stato registrato. Tale domanda riguarda l’insieme dei prodotti registrati nelle classi da 1 a 34 di cui al punto 3 supra. I servizi contraddistinti dal marchio controverso non sono stati contestati.

8        La ricorrente ha prodotto numerosi documenti vertenti sull’uso del marchio controverso. Tra gli stessi si trovano vari contratti di licenza nonché altri documenti che regolano l’uso del marchio controverso su imballaggi.

9        Con decisione del 26 maggio 2015 la divisione di annullamento dell’EUIPO ha parzialmente accolto la domanda di decadenza e ha dichiarato la ricorrente decaduta dai suoi diritti a far data dal 2 novembre 2012 per alcuni prodotti (in prosieguo: i «prodotti controversi»), vale a dire tutti i prodotti delle classi da 1 a 34 di cui al punto 3 supra ad eccezione dei seguenti prodotti:

–        classe 6: «Imballaggi in metallo compresi nella classe 6»;

–        classe 16: «Imballaggi in carta, cartone compresi nella classe 16; materie plastiche per l’imballaggio comprese nella classe 16»;

–        classe 17: «Imballaggi in caucciù, guttaperca, gomma, amianto, mica compresi nella classe 17»;

–        classe 18: «Imballaggi in cuoio e sue imitazioni, compresi nella classe 18»;

–        classe 20: «Imballaggi in legno, sughero, canna, giunco, vimini e succedanei di queste materie o in materie plastiche compresi nella classe 20»;

–        classe 21: «Recipienti per l’imballaggio per la casa o la cucina (né in metalli preziosi né in placcato); imballaggi in vetro, porcellana e maiolica compresi nella classe 21»;

–        classe 22: «Prodotti per l’imballaggio compresi nella classe 22»;

–        classe 24: «Imballaggi tessili compresi nella classe 24».

10      L’8 luglio 2015 la ricorrente ha proposto un ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009 (divenuti articoli da 66 a 71 del regolamento 2017/1001), avverso la decisione della divisione di annullamento nella parte in cui essa l’ha dichiarata decaduta dai suoi diritti per i prodotti controversi.

11      Con decisione del 20 febbraio 2017 (procedimento R 1357/2015-5) (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la quinta commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso. In particolare, essa ha ritenuto che la ricorrente non avesse apportato la prova di aver fatto uso del marchio controverso conformemente alla sua funzione principale, vale a dire, garantire l’identità d’origine dei prodotti controversi. A tale riguardo, essa ha rilevato, in via preliminare, che occorreva prendere in considerazione il fatto che il marchio controverso era un marchio collettivo che, in quanto tale, era oggetto di un uso idoneo ad assicurare il mantenimento dei suoi diritti quando era utilizzato secondo la sua funzione di indicazione dei prodotti e servizi dei membri dell’associazione. La questione se il marchio controverso sia stato utilizzato quale indicazione dell’origine dei prodotti contraddistinti dal marchio controverso si valuterebbe, poi, in funzione della percezione da parte del pubblico di riferimento, che, nel caso di specie, assocerebbe il marchio controverso «ad un comportamento ecologico dell’impresa» e percepirebbe tale marchio come l’indicazione che i rifiuti di imballaggi contraddistinti dal segno possono essere raccolti, e in seguito recuperati, in contenitori o sacchi specialmente previsti per tale scopo.

12      La commissione di ricorso ha osservato che, laddove, per il consumatore medio dell’Unione europea di riferimento, il significato del marchio controverso si limiti all’indicazione del fatto che i rifiuti di imballaggi così contrassegnati possono essere raccolti e valorizzati secondo un certo sistema, il marchio controverso, dal punto di vista di tale consumatore, non sarebbe utilizzato per indicare l’origine dei prodotti controversi. Anche se l’imballaggio e il prodotto appaiono costituire «un’unità» al momento della vendita, il consumatore di riferimento sarebbe perfettamente in grado di distinguere tra un marchio che indica l’origine commerciale del prodotto e un marchio che indica il recupero dei rifiuti di imballaggio vuoti e usati dopo che il consumatore ha scartato, utilizzato o consumato il prodotto stesso. Dato che un prodotto sul cui imballaggio è visibile il marchio controverso non si distingue in nulla da un prodotto identico il cui imballaggio non riproduce tale marchio, il marchio controverso non indicherebbe conseguentemente, un certa qualità dei prodotti.

13      Del resto, secondo la commissione di ricorso, la ricorrente non sarebbe riuscita a dimostrare che l’uso del marchio controverso avesse per obiettivo di creare o di conservare uno sbocco per i prodotti controversi. L’insieme dei documenti prodotti riguarderebbe l’uso del marchio controverso per quanto riguarda imballaggi di vendita.

 Conclusioni delle parti

14      La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EUIPO alle spese.

15      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

16      A sostegno del suo ricorso, la ricorrente deduce un motivo unico, vertente su una violazione dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009 (divenuto articolo 18, paragrafo 1, del regolamento 2017/1001), in combinato disposto con l’articolo 66 del medesimo regolamento (divenuto articolo 74 del regolamento 2017/1001).

17      La ricorrente fa valere, in sostanza, che i documenti da essa prodotti dimostrano l’uso commerciale del marchio controverso non soltanto relativamente agli imballaggi di prodotti, ma anche relativamente ai prodotti controversi imballati.

18      In primo luogo, secondo la stessa, l’EUIPO ha omesso di prendere in considerazione il fatto che le prove dell’uso non riguardano unicamente gli imballaggi venduti separatamente, ma parimenti gli imballaggi per la vendita, vale a dire gli imballaggi che costituiscono un’unità con il prodotto al momento della vendita. Si tratterebbe di una marchiatura molteplice del prodotto sul suo imballaggio, comunemente praticata ed alla quale il pubblico sarebbe abituato.

19      In secondo luogo, la ricorrente considera che, come emerge dalla regola 22, paragrafo 4, del regolamento (CE) n. 2868/95 della Commissione, del 13 dicembre 1995, recante modalità di esecuzione del regolamento (CE) n. 40/94 [divenuto articolo 10, paragrafo 4, del regolamento delegato (UE) 2018/625 della Commissione, del 5 marzo 2018, che integra il regolamento (UE) 2017/1001, e abroga il regolamento delegato (UE) 2017/1430 (GU 2018, L 104, pag. 1)], la rappresentazione del marchio controverso su imballaggi relativi ai prodotti controversi costituisce una prova diretta del fatto che il marchio controverso è stato oggetto di un uso idoneo ad assicurare il mantenimento dei diritti. In generale, il pubblico attribuirebbe un segno apposto sugli imballaggi al prodotto e non al suo imballaggio.

20      In terzo luogo, secondo la ricorrente, il pubblico percepisce il marchio controverso non nel senso che l’imballaggio in causa presenti una certa qualità materiale o provenga da un determinato fornitore di imballaggi, ma piuttosto, conformemente al punto 6 del regolamento d’uso del marchio controverso e conformemente alla funzione particolare del marchio collettivo, nel senso che l’imballaggio rientri in un sistema di gestione appropriata dei rifiuti, e, allo stesso tempo, che il produttore dei prodotti controversi faccia parte del sistema di accordo di licenza della ricorrente. Ciò sarebbe tanto più vero tenuto conto che gli utilizzatori del marchio controverso non sono fornitori di imballaggi, bensì venditori o produttori dei prodotti imballati.

21      Inoltre, la ricorrente deduce che il marchio controverso indica anche talune qualità immateriali dei prodotti controversi. Infatti, esso segnalerebbe che i prodotti controversi provengono da un’impresa che ha compiuto investimenti finanziari affinché l’imballaggio sia smaltito ai sensi della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU 2008, L 312, pag. 3), e che le spese effettuate a tal fine consentono di assicurare un migliore recupero degli imballaggi utilizzati, evitare le spese di imballaggio inutili, agevolare l’eliminazione pubblica dei rifiuti e, infine, preservare il più possibile l’ambiente. L’idea che il marchio controverso trasmetterebbe, e che sarebbe percepita dal pubblico di riferimento, sarebbe connessa ad una caratteristica precisa, vale a dire un comportamento dell’impresa. In tal senso, il marchio controverso esprimerebbe una qualità immateriale dei prodotti controversi. Il consumatore prenderebbe una decisione non sulla base dell’imballaggio in quanto tale, bensì sulla base di un prodotto preciso nell’imballaggio, perché tale prodotto proviene da un’impresa che ha compiuto investimenti finanziari per l’imballaggio del prodotto in causa affinché tale imballaggio e gli imballaggi di questo tipo siano smaltiti ai sensi della direttiva 2008/98.

22      L’EUIPO confuta la suddetta argomentazione.

23      In via preliminare, occorre rammentare che, secondo l’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, «[s]e entro cinque anni dalla registrazione il marchio UE non ha formato oggetto da parte del titolare di un uso effettivo nell’Unione per i prodotti e servizi per i quali è stato registrato, o se tale uso è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, il marchio UE è sottoposto alle sanzioni previste nel presente regolamento, salvo motivo legittimo per il mancato uso».

24      Ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, il titolare del marchio dell’Unione europea è dichiarato decaduto dai suoi diritti, su domanda presentata all’EUIPO o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione, se il marchio dell’Unione europea, per un periodo ininterrotto di cinque anni, non ha formato oggetto di un uso effettivo nell’Unione per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e non vi sono ragioni legittime per la mancata utilizzazione. L’articolo 51 del regolamento n. 207/2009 si applica parimenti ai marchi dell’Unione europea collettivi, conformemente all’articolo 66, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009.

25      In forza dei paragrafi 3 e 4 della regola 22 del regolamento n. 2868/95 [divenuti paragrafi 3 e 4 dell’articolo 10 del regolamento delegato 2016/625] applicabili ai procedimenti di decadenza in forza della regola 40, paragrafo 5, del medesimo regolamento [divenuta articolo 19, paragrafo 1, del regolamento delegato 2018/625], la prova dell’uso deve riguardare il luogo, la durata, l’importanza e la natura dell’uso che è stato fatto del marchio e si limita, in via di principio, alla produzione di documenti, quali imballaggi, etichette, listini dei prezzi, cataloghi, fatture, fotografie, annunci nei giornali nonché dichiarazioni scritte di cui all’articolo 78, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 207/2009 [divenuto articolo 97, paragrafo 1, lettera f), del regolamento 2017/1001].

26      Come risulta dalla giurisprudenza, un marchio forma oggetto di un uso effettivo allorché assolve alla sua funzione essenziale, che è di garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali è stato registrato, al fine di trovare o mantenere per essi uno sbocco, ad esclusione degli usi simbolici, che sono tesi soltanto a conservare i diritti conferiti dal marchio (v., per analogia, sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul, C‑40/01, EU:C:2003:145, punto 43). A tale riguardo, occorre precisare che, allo stesso modo, la funzione essenziale di un marchio dell’Unione europea collettivo è distinguere i prodotti o i servizi dei membri dell’associazione che ne è titolare da quelli di altre imprese (v., in tal senso, sentenza del 20 settembre 2017, The Tea Board/EUIPO, da C‑673/15 P a C‑676/15 P, EU:C:2017:702, punto 63).

27      Nel verificare l’uso effettivo del marchio, occorre prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze che possono dimostrare la realtà del suo sfruttamento commerciale, segnatamente gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per mantenere o trovare quote di mercato per le merci ovvero i servizi contrassegnati dal marchio, la natura di tali merci o servizi, le caratteristiche del mercato, l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio [v., sentenza del 10 settembre 2008, Boston Scientific/UAMI – Terumo (CAPIO), T‑325/06, non pubblicata, EU:T:2008:338, punto 30 e giurisprudenza ivi citata].

28      D’altronde, l’uso effettivo di un marchio non può essere dimostrato con calcoli di probabilità o presunzioni, ma deve basarsi su elementi concreti ed oggettivi che provino un’utilizzazione effettiva e sufficiente del marchio nel mercato interessato [v. sentenza del 23 settembre 2009, Cohausz/UAMI – Izquierdo Faces (acopat), T‑409/07, non pubblicata, EU:T:2009:354, punto 36 e giurisprudenza ivi citata]. Occorre procedere ad una valutazione globale che tenga conto di tutti i fattori rilevanti del caso di specie e che implica una certa interdipendenza dei fattori presi in considerazione [v. sentenza del 18 gennaio 2011, Advance Magazine Publishers/UAMI – Capela & Irmãos (VOGUE), T‑382/08, non pubblicata, EU:T:2011:9, punto 30 e giurisprudenza ivi citata].

29      Allo stesso modo, qualora un marchio sia stato registrato per una categoria di prodotti o di servizi sufficientemente ampia affinché, al suo interno, possano essere distinte molteplici sottocategorie autonomamente inquadrabili, la prova dell’uso effettivo del marchio per una parte di tali prodotti o servizi comporta il riconoscimento della tutela unicamente per la sottocategoria o le sottocategorie cui appartengono i prodotti o i servizi per i quali il marchio è stato effettivamente utilizzato [v., in tal senso, sentenze del 14 luglio 2005, Reckitt Benckiser (España)/UAMI – Aladin (ALADIN), T‑126/03, EU:T:2005:288, punto 45, e del 13 febbraio 2007, Mundipharma/UAMI – Altana Pharma (RESPICUR), T‑256/04, EU:T:2007:46, punto 23].

30      Sulla scorta delle considerazioni che precedono, occorre valutare il presente motivo.

31      In via preliminare, occorre anzitutto precisare che, avendo la controinteressata nel procedimento dinanzi all’EUIPO depositato la propria domanda di decadenza dinanzi all’EUIPO il 2 novembre 2012, il periodo di cinque anni di cui all’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 si estende dal 2 novembre 2007 al 1o novembre 2012 (in prosieguo: il «periodo di riferimento»).

32      Inoltre, occorre rammentare che l’oggetto del ricorso si limita unicamente alla questione se, relativamente ai prodotti controversi, sia stato dimostrato l’uso idoneo ad assicurare il mantenimento dei diritti conferiti dal marchio controverso. Gli imballaggi delle classi 6, da 16 a 18, da 20 a 22 e 24 per i quali la ricorrente non è stata dichiarata decaduta dai suoi diritti, non sono interessati.

33      Come ha correttamente constatato la ricorrente, la commissione di ricorso non ha messo in dubbio il fatto che il marchio controverso sia stato oggetto di un uso effettivo in quanto marchio collettivo in numerosi Stati membri dell’Unione su tutti i tipi di imballaggi di prodotti. Considerato il fatto che, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 29 supra, la prova dell’uso effettivo del marchio controverso per una parte di tali prodotti comporta tutela solo per la o le sottocategorie tra cui rientrano i prodotti per i quali il marchio dell’Unione europea è stato effettivamente utilizzato, si pone, conseguentemente, la questione se, come asserisce la ricorrente, la prova dell’uso effettivo del marchio controverso sugli imballaggi comporti anche la prova di un uso effettivo per i prodotti imballati stessi.

34      A tale riguardo, la commissione di ricorso ha considerato, al punto 31 della decisione impugnata, che l’uso idoneo ad assicurare il mantenimento dei diritti può essere dimostrato anche mediante la presentazione degli imballaggi, conformemente alla regola 22, paragrafo 4, del regolamento n. 2868/95. Essa ha nondimeno constatato, correttamente, che ciò non esenta la ricorrente dal suo obbligo di dimostrare che l’uso del marchio controverso sugli imballaggi sia altresì effettivamente percepito dal pubblico di riferimento come un uso in quanto marchio per i prodotti controversi.

35      Infatti, affinché l’uso di un marchio sia qualificato come effettivo, si deve trattare di un uso conforme alla funzione essenziale del marchio, che consiste nel garantire al consumatore o all’utilizzatore finale l’identità di origine di un prodotto o di un servizio, consentendogli di distinguere senza alcuna confusione possibile, tale prodotto o tale servizio da quelli di diversa provenienza (v., per analogia, sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul, C‑40/01, EU:C:2003:145, punti 36 e 43). Conseguentemente, la valutazione del carattere effettivo dell’uso del marchio deve basarsi sulla percezione da parte del pubblico di riferimento.

36      Nel caso di specie, in primo luogo, occorre rilevare che la commissione di ricorso ha, correttamente, considerato che i prodotti controversi si rivolgevano principalmente al grande pubblico, come per esempio i consumatori di detersivi e di prodotti cosmetici, di medicinali, di elettrodomestici, di apparecchi elettronici, di abbigliamento, di generi alimentari, di generi voluttuari e di bevande, di mobili, e che in parte era interessato anche il pubblico specializzato, come, ad esempio, i professionisti del settore dell’agricoltura, del commercio e dell’industria. In secondo luogo, la commissione di ricorso ha giustamente constatato che occorreva presumere che il pubblico di riferimento avesse un livello di attenzione da normale ad elevato rispetto ai prodotti controversi che comprendono, da un lato, beni di consumo e utilizzati quotidianamente, ma, dall’altro, parimenti, prodotti il cui acquisto è associato a spese elevate, o che possono avere conseguenze economiche, ecologiche o sanitarie notevoli, come i prodotti chimici, gli oli industriali, i lubrificanti, i prodotti preservanti dal deterioramento del legno, i disinfettanti, i medicinali, le macchine utensili, i prodotti medici e i veicoli. Si deve peraltro rilevare che la definizione del pubblico di riferimento da parte della commissione di ricorso, nonché le considerazioni relative al suo grado di attenzione, non sono, in ogni caso, contestate dalle parti.

37      Tenendo conto del punto di vista del pubblico di riferimento, la commissione di ricorso è correttamente pervenuta alla conclusione che la ricorrente non ha dimostrato di aver fatto uso del marchio controverso conformemente alla sua funzione principale che consiste nel garantire l’identità di origine dei prodotti controversi.

38      In particolare, giustamente la commissione di ricorso, riferendosi a tale riguardo alle constatazioni del Tribunale nella sentenza del 24 maggio 2007, Duales System Deutschland/Commissione (T‑151/01, EU:T:2007:154, punto 159), ha considerato che il pubblico di riferimento identificava il marchio controverso apposto sull’imballaggio come indicazione che questo poteva essere raccolto e riciclato secondo un determinato sistema. Infatti, come fa correttamente valere la commissione di ricorso, la circostanza che il pubblico di riferimento è abituato al marchio controverso e conosce da numerosi anni i sistemi di recupero dei rifiuti di imballaggio costituisce un fatto notorio nonché dimostrato dai documenti prodotti dalla ricorrente. Secondo le constatazioni della commissione di ricorso, che si riferiscono a tal proposito ad uno studio di un istituto statistico tedesco prodotto dalla ricorrente, il 98% del campione di popolazione intervistato nel 2003 in Germania conosceva il marchio controverso e il 78% della popolazione tedesca qualificava, quello stesso anno, il marchio controverso come «segno apposto su imballaggi per indicare al consumatore che tali imballaggi sono smaltiti separatamente dai rifiuti residui, nei contenitori del sistema duale». Secondo le stesse constatazioni della commissione di ricorso, che richiamano al riguardo una relazione annuale dell’impresa francese Eco-Emballages, simile a quella alla ricorrente, il marchio controverso era, nel 2010, riprodotto sul 95% degli imballaggi in Francia e riconosciuto dal 75% della popolazione francese, il 99,2% della quale era in grado di differenziare i suoi rifiuti di imballaggi.

39      La ricorrente non rimette in discussione l’affermazione della commissione di ricorso secondo la quale il pubblico di riferimento percepisce il marchio controverso nel senso che l’imballaggio fa parte di un sistema di gestione adeguato dei rifiuti. Al contrario, essa fa valer che, oltre a tale percezione, detto pubblico percepisce il marchio nel senso che il produttore dei prodotti controversi fa parte del sistema d’accordo di licenza della ricorrente. Il marchio controverso trasmetterebbe, conseguentemente, una qualità immateriale dei prodotti controversi, vale a dire il comportamento ecologico dell’impresa che produce o distribuisce i prodotti controversi. Il pubblico attribuirebbe al prodotto, e non al suo imballaggio, il marchio controverso apposto sugli imballaggi.

40      A tale riguardo, occorre constatare anzitutto che le osservazioni della ricorrente risultano in parte contraddittorie dove essa fa valere, da un lato, che il pubblico di riferimento percepisce il marchio controverso come l’indicazione che l’imballaggio per la vendita – quale parte integrante dell’unità di vendita formata con il prodotto – fa parte di un sistema di gestione adeguato dei rifiuti e, dall’altro, che il pubblico di riferimento attribuisce al prodotto, e non al suo imballaggio, il marchio controverso apposto sugli imballaggi.

41      Occorre poi rilevare che le osservazioni della ricorrente sono prive di pertinenza. Certo, è vero che il marchio controverso, conformemente alla sua funzione in quanto marchio collettivo, fa riferimento al fatto che il produttore o il distributore dei prodotti controversi fa parte del sistema di accordo di licenza della ricorrente e segnala, conseguentemente, un certo comportamento ecologico di tale impresa. Nondimeno, come la commissione di ricorso ha correttamente considerato, il pubblico di riferimento è perfettamente in grado di distinguere tra un marchio che indica l’origine commerciale del prodotto e un marchio che indica il recupero dei rifiuti di imballaggio vuoti e usati dopo che il consumatore ha scartato, utilizzato o consumato il prodotto stesso, anche se l’imballaggio e il prodotto appaiono costituire «un’unità» al momento della vendita. Emerge peraltro dagli elementi di prova presentati dalla ricorrente che i prodotti stessi sono di regola designati dai marchi che appartengono a società differenti.

42      Ne consegue che l’uso del marchio controverso in quanto marchio collettivo che designa i prodotti dei membri dell’associazione distinguendoli dai prodotti che provengono da imprese che non fanno parte di tale associazione sarà percepito dal pubblico di riferimento come un uso relativo agli imballaggi. La qualità immateriale rivendicata dalla ricorrente e attribuita al marchio controverso, vale a dire il comportamento ecologico dell’impresa grazie alla sua affiliazione al sistema di accordo di licenza della ricorrente, sarà attribuita dal pubblico di riferimento alla possibilità del trattamento ecologico dell’imballaggio e non ad un simile trattamento del prodotto imballato medesimo, che può rivelarsi inadeguato ad un trattamento ecologico, come le armi da fuoco di cui alla classe 13.

43      Infine, una simile valutazione è parimenti confermata dalla lettura del punto 6 del regolamento d’uso del marchio controverso, secondo il quale il marchio controverso è creato ««al fine di consentire ai consumatori e ai commercianti di riconoscere gli imballaggi che fanno parte del [s]istema [d]uale e per i quali è stato istituito un contributo al finanziamento del sistema, nonché i prodotti confezionati in tal modo e di distinguerli dagli altri imballaggi e prodotti (…)». Conseguentemente, la percezione del marchio controverso da parte del pubblico di riferimento non riguarda una qualità immateriale dei prodotti controversi, ma una qualità immateriale dell’imballaggio di tali prodotti, che rientra nel sistema duale gestito dalla ricorrente.

44      Pertanto, giustamente la commissione di ricorso ha dichiarato, ai punti 33, 35 e 37 della decisione impugnata, che la ricorrente non era neppure riuscita a dimostrare che l’uso del marchio controverso avesse per obiettivo di creare o di conservare uno sbocco rispetto agli altri operatori economici, almeno per quanto riguarda i prodotti controversi. Dal momento che il marchio è conosciuto dal consumatore solo come l’indicazione che il rifiuto dell’imballaggio così contrassegnato può essere smaltito grazie ai punti di raccolta più prossimi, l’apposizione del marchio controverso sull’imballaggio esprime semplicemente il fatto che l’impresa, nonché tutti gli altri operatori economici, operano nel rispetto del requisito fissato dalla direttiva 2008/98, secondo il quale l’obbligo di recupero dei rifiuti di imballaggio spetta a tutte le imprese.

45      Contrariamente a ciò che fa valere la ricorrente, nel caso, poco probabile, in cui, essendo le offerte della concorrenza identiche, il consumatore opti per un determinato prodotto imballato basandosi unicamente sulla qualità dell’imballaggio, il marchio controverso non crea o non conserva uno sbocco rispetto agli altri operatori economici per quanto riguarda i prodotti controversi, ma esclusivamente per quanto riguarda l’imballaggio.

46      Risulta dall’insieme di quanto precede che la ricorrente non ha dimostrato, per il periodo di riferimento, l’uso effettivo idoneo ad assicurare il mantenimento dei diritti inerenti al marchio controverso relativamente ai prodotti controversi e che, conseguentemente, il motivo unico deve essere considerato infondato e, come tale, respinto.

47      Il ricorso deve quindi essere respinto.

 Sulle spese

48      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. La ricorrente, essendo rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese sostenute dall’EUIPO, conformemente alle conclusioni di quest’ultimo.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Der Grüne Punkt – Duales System Deutschland GmbH è condannata alle spese.

Kanninen

Schwarcz

Iliopoulos

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 12 dicembre 2018.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.