Language of document : ECLI:EU:T:2019:138

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

del 6 marzo 2019 (*)

«Politica estera e di sicurezza comune – Misure restrittive adottate contro determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo – Congelamento dei capitali – Possibilità per un’autorità di uno Stato terzo di essere qualificata come autorità competente ai sensi della posizione comune 2001/931/PESC – Base fattuale delle decisioni di congelamento dei capitali – Obbligo di motivazione – Errore di valutazione – Diritto di proprietà»

Nella causa T‑289/15,

Hamas, con sede in Doha (Qatar), rappresentato da L. Glock, avvocato,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato inizialmente da B. Driessen e N. Rouam, successivamente da B. Driessen, F. Naert e A. Sikora‑Kalėda, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da

Commissione europea, rappresentata inizialmente da F. Castillo de la Torre e R. Tricot, successivamente da F. Castillo de la Torre, L. Baumgart e C. Zadra, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento, da un lato, della decisione (PESC) 2015/521 del Consiglio, del 26 marzo 2015, che aggiorna e modifica l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931/PESC relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo, e che abroga la decisione 2014/483/PESC (GU 2015, L 82, pag. 107), e, dall’altro, del regolamento di esecuzione (UE) 2015/513 del Consiglio, del 26 marzo 2015, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone ed entità, destinate a combattere il terrorismo, e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) n. 790/2014 (GU 2015, L 82, pag. 1), nella parte in cui tali atti riguardano il ricorrente,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata),

composto da I. Pelikánová, presidente, V. Valančius, P. Nihoul (relatore), J. Svenningsen e U. Öberg, giudici,

cancelliere: J. Palacio González, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 luglio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

 Risoluzione 1373 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite

1        Il 28 settembre 2001 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 1373(2001), che stabiliva strategie dirette a contrastare con ogni mezzo il terrorismo e, in particolare, il suo finanziamento. Il paragrafo 1, lettera c), di tale risoluzione disponeva, segnatamente, che tutti gli Stati dovessero congelare senza indugio i capitali e gli altri strumenti finanziari o risorse economiche delle persone che commettessero o tentassero di commettere atti di terrorismo, li agevolassero o vi partecipassero, delle entità appartenenti a tali persone o da esse controllate, e delle persone ed entità che agissero a nome o sotto la guida di tali persone o entità.

2        Detta risoluzione non prevedeva alcun elenco di persone, di entità o di gruppi, ai quali tali misure dovevano essere applicate.

 Diritto dell’Unione europea

3        Il 27 dicembre 2001, ritenendo che fosse necessaria un’azione dell’Unione europea al fine di attuare la risoluzione 1373(2001), il Consiglio dell’Unione europea ha adottato la posizione comune 2001/931/PESC, relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo (GU 2001, L 344, pag. 93). In particolare, l’articolo 2 della posizione comune 2001/931 prevedeva il congelamento dei capitali e delle altre risorse finanziarie o economiche delle persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici e riportati nell’elenco figurante nell’allegato di tale posizione comune.

4        Lo stesso giorno, per attuare a livello dell’Unione le misure descritte nella posizione comune 2001/931, il Consiglio ha adottato il regolamento (CE) n. 2580/2001, relativo a misure restrittive specifiche, contro determinate persone e entità, destinate a combattere il terrorismo (GU 2001, L 344, pag. 70), nonché la decisione 2001/927/CE, relativa all’elenco di cui all’articolo 2, paragrafo 3 del regolamento n. 2580/2001 (GU 2001, L 344, pag. 83).

5        Il nome di «Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem (ala terroristica di Hamas)» figurava nell’elenco allegato alla posizione comune 2001/931 e in quello incluso nella decisione 2001/927. Tali due atti sono stati regolarmente aggiornati, in applicazione dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931 e dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e il nome di «Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem» è rimasto iscritto in detti elenchi.

6        Il 12 settembre 2003 il Consiglio ha adottato la posizione comune 2003/651/PESC, che aggiorna la posizione comune 2001/931 e che abroga la posizione comune 2003/482/PESC (GU 2003, L 229, pag. 42), e la decisione 2003/646/CE, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 2580/2001 e che abroga la decisione 2003/480/CE (GU 2003, L 229, pag. 22). Il nome dell’organizzazione iscritta negli elenchi associati a tali atti era «Hamas (incluso Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem)».

7        Il nome di tale organizzazione è rimasto iscritto negli elenchi allegati agli atti successivi.

 Atti impugnati

8        Il 20 febbraio 2015 il Consiglio ha comunicato all’avvocato del ricorrente i motivi per i quali intendeva mantenere il nome di quest’ultimo negli elenchi di congelamento dei capitali e gli ha indicato che, entro il 6 marzo 2015, poteva rivolgergli osservazioni riguardanti tale mantenimento e trasmettergli tutti i documenti giustificativi.

9        Il ricorrente non ha risposto a tale lettera.

10      Il 26 marzo 2015 il Consiglio ha adottato la decisione (PESC) 2015/521, che aggiorna e modifica l’elenco delle persone, dei gruppi e delle entità a cui si applicano gli articoli 2, 3 e 4 della posizione comune 2001/931, e che abroga la decisione 2014/483/PESC (GU 2015, L 82, pag. 107), e il regolamento di esecuzione (UE) 2015/513, che attua l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e che abroga il regolamento di esecuzione (UE) n. 790/2014 (GU 2015, L 82, pag. 1) (in prosieguo, congiuntamente, gli «atti impugnati»). Il nome di «Hamas (incluso Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem)» era mantenuto negli elenchi allegati a tali atti (in prosieguo: gli «elenchi controversi»).

11      Con lettera del 27 marzo 2015, il Consiglio ha comunicato all’avvocato del ricorrente le motivazioni che giustificavano il mantenimento del nome di «Hamas (incluso Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem)» negli elenchi controversi, indicandogli la possibilità di chiedere il riesame di tali elenchi nell’ambito dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 e dell’articolo 1, paragrafo 6, della posizione comune 2001/931.

12      Il ricorrente non ha risposto a tale lettera.

13      Nelle motivazioni allegate alla lettera del 27 marzo 2015 (in prosieguo: le «motivazioni relative agli atti impugnati»), il Consiglio si fondava sulle seguenti decisioni nazionali: in primo luogo, un’ordinanza del Secretary of State for the Home Department (ministro dell’Interno del Regno Unito; in prosieguo: l’«Home Secretary»), del 29 marzo 2001, che modifica l’UK Terrorism Act 2000 (legge del Regno Unito del 2000 sul terrorismo) e recante proscrizione di Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem, considerato come un’organizzazione coinvolta in atti di terrorismo (in prosieguo: la «decisione dell’Home Secretary»), in secondo luogo, una decisione dell’United States Secretary of State (segretario di Stato americano, Stati Uniti), dell’8 ottobre 1997, che qualificava, ai fini dell’Immigration and Nationality Act (legge degli Stati Uniti sull’immigrazione e la cittadinanza; in prosieguo: l’«INA»), Hamas come organizzazione terroristica estera (in prosieguo: la «decisione americana del 1997»), in terzo luogo, una decisione del segretario di Stato americano, del 31 ottobre 2001, adottata in applicazione dell’Executive Order n. 13224 (decreto presidenziale n. 13224) (in prosieguo: la «decisione americana del 2001») e, in quarto luogo, una decisione, del 23 gennaio 1995, adottata in applicazione dell’Executive Order n. 12947 (decreto presidenziale n. 12947) (in prosieguo: la «decisione americana del 1995»).

14      Nella parte principale delle motivazioni relative agli atti impugnati, il Consiglio rilevava, innanzitutto, che ciascuna di tali decisioni nazionali costituiva una decisione di un’autorità competente ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 e che esse erano ancora in vigore. Poi, esso indicava di aver esaminato se esistessero elementi in suo possesso che militassero a favore della cancellazione del ricorrente dagli elenchi controversi e di non averne trovato alcuno. Infine, esso indicava di ritenere che i motivi che avevano giustificato l’iscrizione di Hamas negli elenchi controversi restassero validi e concludeva che esso doveva essere mantenuto negli elenchi controversi.

15      Inoltre, le motivazioni relative agli atti impugnati contenevano un allegato A concernente la «decisione dell’autorità competente del Regno Unito» e un allegato B riguardante le «decisioni delle autorità competenti degli Stati Uniti». Ciascuno di tali allegati conteneva una descrizione delle normative nazionali in forza delle quali le decisioni delle autorità nazionali erano state adottate, una presentazione delle definizioni delle nozioni di terrorismo che figuravano in tali normative, una descrizione dei procedimenti di riesame di dette decisioni, una descrizione di fatti sui quali dette autorità si erano fondate e la constatazione che tali fatti costituivano atti di terrorismo ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della posizione comune 2001/931.

16      Al punto 15 dell’allegato A delle motivazioni relative agli atti impugnati, il Consiglio indicava che, nel Regno Unito, la proscrizione era stata oggetto, nell’ottobre 2014, di un riesame dal gruppo interministeriale di riesame delle proscrizioni e che quest’ultimo aveva concluso, sulla base degli elementi indicati, che si poteva ragionevolmente ritenere che Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem continuasse a essere coinvolto nel terrorismo.

17      Al punto 17 dell’allegato B delle motivazioni relative agli atti impugnati, il Consiglio indicava diversi fatti avvenuti tra il 2003 e il 2011 sui quali le autorità americane si erano fondate per qualificare il ricorrente come organizzazione terroristica estera, senza precisare le decisioni che li menzionavano.

 Procedimento e conclusioni delle parti

18      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 2 giugno 2015, il ricorrente ha proposto il presente ricorso.

19      Con decisione del presidente del Tribunale del 18 giugno 2015, la causa è stata attribuita alla Sesta Sezione.

20      Con decisione del 28 luglio 2015, il presidente della Sesta Sezione del Tribunale, conformemente all’articolo 69, lettera d), del regolamento di procedura, ha deciso di sospendere la causa fino alle decisioni definitive della Corte nelle cause C‑599/14 P, Consiglio/LTTE, e C‑79/15 P, Consiglio/Hamas.

21      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 settembre 2015, la Commissione europea ha chiesto di intervenire nella presente causa a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

22      Il 3 ottobre 2016 la causa è stata riassegnata alla Prima Sezione.

23      Con lettera del 27 luglio 2017, le parti sono state invitate a presentare le proprie osservazioni sulle conseguenze da trarre dalle sentenze del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE (C‑599/14 P, EU:C:2017:583), e del 26 luglio 2017, Consiglio/Hamas (C‑79/15 P, EU:C:2017:584), per la presente causa.

24      Il 14 settembre 2017 il Consiglio ha risposto a tale richiesta.

25      Il 27 novembre 2017 il Consiglio ha depositato il controricorso.

26      Con decisione del 6 dicembre 2017 il presidente della Prima Sezione ha ammesso l’intervento della Commissione. La Commissione ha depositato la propria memoria e le parti principali hanno depositato le proprie osservazioni su quest’ultima nei termini impartiti.

27      Le parti sono state sentite nelle loro difese e nelle risposte ai quesiti posti dal Tribunale all’udienza del 12 luglio 2018.

28      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare gli atti impugnati, nella parte in cui lo riguardano, «incluso Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem»;

–        condannare il Consiglio alle spese.

29      Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere integralmente il ricorso;

–        condannare il ricorrente alle spese.

 In diritto

30      Il ricorrente invoca sette motivi, vertenti rispettivamente:

–        su una violazione dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931;

–        su errori circa la sussistenza dei fatti;

–        su un errore di valutazione riguardo al carattere terroristico dell’organizzazione Hamas;

–        su una violazione del principio di non ingerenza;

–        su una violazione dell’obbligo di motivazione;

–        su una violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva nel corso dei procedimenti nazionali;

–        su una violazione del diritto di proprietà.

31      Il quinto motivo sarà esaminato in secondo luogo.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931.

32      Nell’ambito del primo motivo, il ricorrente, dopo aver fatto valere le proprie osservazioni sull’individuazione delle organizzazioni interessate dalle decisioni delle autorità del Regno Unito e americane, contesta al Consiglio di aver violato l’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 nel qualificare tali decisioni come decisioni adottate da autorità competenti ai sensi di tale disposizione.

33      Il mantenimento del nome di una persona o di un’entità nell’elenco di congelamento di capitali costituisce, in sostanza, il prolungamento dell’iscrizione iniziale e presuppone, dunque, la persistenza del pericolo di un’implicazione della persona o entità interessata in attività terroristiche, quale constatato inizialmente dal Consiglio, sulla base della decisione iniziale nazionale che ha costituito il fondamento di tale iscrizione iniziale (sentenze del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 61, e del 26 luglio 2017, Consiglio/Hamas, C‑79/15 P, EU:C:2017:584, punto 39).

34      Il motivo è, quindi, operante.

35      Occorre, dopo aver determinato le organizzazioni interessate dalle decisioni prese in considerazione dal Consiglio, esaminare le critiche specifiche alle decisioni delle autorità americane prima di quelle comuni alle autorità americane e alle autorità del Regno Unito.

 Sull’individuazione delle organizzazioni interessate dalle decisioni delle autorità del Regno Unito e da quelle delle autorità americane

36      Il ricorrente rileva che, secondo le motivazioni comunicate dal Consiglio, gli atti impugnati si basano su una decisione dell’Home Secretary, che proscrive Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem, ala armata di Hamas, e su tre decisioni americane, che riguardano Hamas senza ulteriori precisazioni.

37      Il ricorrente nutre dubbi sul fatto che le autorità americane abbiano avuto l’intenzione di inserire nell’elenco Hamas nella sua interezza e ritiene che il Consiglio, nel considerare che così fosse, ha dato un’interpretazione estensiva alle loro decisioni, che non risultava chiaramente dagli elenchi pubblicati da dette autorità.

38      A tale riguardo, occorre constatare che le decisioni americane menzionano espressamente «Hamas», e tale designazione è arricchita, nella decisione americana del 1997, da una dozzina di altre denominazioni – tra le quali «Izz‑Al‑Din Al‑Qassam brigades» – con le quali tale movimento era altresì conosciuto.

39      Tale circostanza non può essere interpretata, contrariamente a quanto suggerisce il ricorrente, nel senso che le autorità americane abbiano inteso limitare così la designazione soltanto a «Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem». Innanzitutto, tra tali denominazioni ulteriori figurano alcune denominazioni che si riferiscono ad Hamas nel suo insieme, come «Islamic Resistance Movement», che costituisce la traduzione inglese di «Harakat Al‑Muqawama Al‑Islamia», altra denominazione altrettanto presente e di cui «Hamas» costituisce l’acronimo. Poi, l’indicazione di tali differenti denominazioni mira soltanto a garantire l’efficacia concreta della misura adottata nei confronti di Hamas, consentendo che essa lo raggiunga attraverso tutte le sue denominazioni e diramazioni conosciute.

40      Da tali considerazioni risulta che la decisione dell’Home Secretary riguarda Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem, mentre le decisioni americane riguardano Hamas, tra cui Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem.

 Sulle critiche specifiche alle decisioni delle autorità americane

41      Il ricorrente ritiene che il Consiglio non potesse fondare gli atti impugnati sulle decisioni delle autorità americane perché gli Stati Uniti costituiscono uno Stato terzo e, per principio, le autorità di tali Stati non sono «autorità competenti» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931.

42      Su tale punto, il ricorrente fa valere, in via principale, che il sistema stabilito dall’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 riposa sulla fiducia accordata alle autorità nazionali, la quale è basata sul principio di leale cooperazione tra il Consiglio e gli Stati membri dell’Unione, sulla condivisione di valori comuni, sanciti nei trattati, e sull’assoggettamento a norme condivise, tra cui la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Le autorità di Stati terzi non potrebbero beneficiare di tale fiducia.

43      A tale riguardo, si deve rilevare che, secondo la Corte, la nozione di «autorità competente» utilizzata all’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 non si limita alle autorità degli Stati membri, bensì può, in linea di principio, comprendere anche autorità di paesi terzi (sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 22).

44      L’interpretazione adottata dalla Corte si giustifica, da un lato, dal tenore dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, che non limita la nozione di «autorità competenti» alle autorità degli Stati membri, e, dall’altro, dall’obiettivo di tale posizione comune, la quale è stata adottata per mettere in atto la risoluzione 1373(2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, volta ad intensificare la lotta contro il terrorismo a livello mondiale, attraverso la cooperazione sistematica e stretta di tutti gli Stati (sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 23).

45      In subordine, per il caso in cui fosse ammesso che l’autorità di uno Stato terzo possa costituire un’autorità competente ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, il ricorrente fa valere che la validità degli atti adottati dal Consiglio dipende altresì dalle verifiche che devono essere effettuate da quest’ultimo per sincerarsi, in particolare, della compatibilità della legislazione americana con il principio del rispetto dei diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

46      Orbene, nella specie, il Consiglio, nella motivazione degli atti impugnati, si sarebbe limitato, in sostanza, a descrivere taluni procedimenti di riesame e a osservare che esistevano possibilità di ricorso, senza verificare se i diritti della difesa e il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva fossero garantiti.

47      A tale riguardo, si deve constatare che, secondo la Corte, quando il Consiglio si fonda su una decisione di uno Stato terzo, esso deve verificare, previamente, se tale decisione sia stata adottata nel rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (v., in tal senso, sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 31).

48      Nelle motivazioni relative ai propri atti, il Consiglio deve fornire indicazioni che consentano di ritenere che esso ha proceduto a tale verifica (v., in tal senso, sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 31).

49      A tal fine, il Consiglio deve dare atto, in dette motivazioni, delle ragioni che l’hanno portato a considerare che la decisione dello Stato terzo sulla quale si fonda sia stata adottata nel rispetto del principio dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 33).

50      Secondo la giurisprudenza, le indicazioni che devono comparire nelle motivazioni a proposito di tale valutazione possono essere, eventualmente, succinte (v., in tal senso, sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 33).

51      È alla luce della giurisprudenza ricordata ai precedenti punti da 47 a 50 che occorre esaminare gli argomenti sollevati dal ricorrente per quanto riguarda, da un lato, il principio del rispetto dei diritti della difesa e, dall’altro, il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

52      Per quanto riguarda il rispetto dei diritti della difesa, il ricorrente fa valere che, nelle motivazioni relative agli atti impugnati, il Consiglio non ha fornito alcuna indicazione sulle ragioni che l’hanno portato a considerare, al termine di una verifica, che, negli Stati Uniti, il rispetto di tale principio fosse garantito nell’ambito di procedimenti amministrativi concernenti la designazione di organizzazioni come terroristiche.

53      Inoltre, la legislazione americana non richiederebbe che le decisioni adottate dalle autorità in materia siano notificate né tantomeno motivate. Secondo il ricorrente, sebbene l’articolo 219 dell’INA, su cui si fonda la decisione americana del 1997, contenga un obbligo di pubblicare la decisione di designazione nel Registro federale, lo stesso non vale per il decreto presidenziale n. 13224, su cui si fonda la decisione americana del 2001 e non prevedrebbe alcuna misura di tale natura.

54      A tale riguardo, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, il principio del rispetto dei diritti della difesa richiede che le persone interessate da decisioni che incidono sensibilmente sui loro interessi siano messe in condizione di manifestare utilmente il loro punto di vista in merito agli elementi addebitati a loro carico per fondare le decisioni di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 26 settembre 2013, Texdata Software, C‑418/11, EU:C:2013:588, punto 83 e giurisprudenza ivi citata).

55      Nel caso di misure volte a inserire i nomi di persone o di entità in un elenco di congelamento di capitali, tale principio implica che la motivazione di tali misure sia comunicata a dette persone o entità in concomitanza con o immediatamente dopo la loro adozione (v., in tal senso, sentenza del 21 dicembre 2011, Francia/People’s Mojahedin Organization of Iran, C‑27/09 P, EU:C:2011:853, punto 61).

56      Come per il diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, il Consiglio afferma al punto 16 dell’allegato B delle motivazioni relative agli atti impugnati, quanto segue:

«Per quanto riguarda i procedimenti di riesame e la descrizione dei mezzi di ricorso disponibili, il Consiglio ritiene che la legislazione degli Stati Uniti garantisca la tutela dei diritti della difesa (…)».

57      Le informazioni fornite dal Consiglio nelle motivazioni relative agli atti impugnati differiscono, poi, in funzione dalle decisioni americane esaminate.

58      Da un lato, per i decreti presidenziali n. 12947 e n. 13224, su cui si fondano le decisioni americane del 1995 e del 2001, la descrizione generale fornita dal Consiglio non fa riferimento ad alcun obbligo per le autorità americane di comunicare agli interessati una motivazione né tantomeno di pubblicare tali decisioni.

59      Ne consegue che il rispetto dei diritti della difesa non è verificato per tali due decisioni e che, di conseguenza, in applicazione della giurisprudenza ricordata ai precedenti punti da 47 a 50, queste ultime non possono costituire il fondamento degli atti impugnati.

60      Dall’altro lato, per quanto riguarda la decisione americana del 1997, certamente, il Consiglio espone che, in applicazione dell’INA, le designazioni di organizzazioni terroristiche estere o le decisioni che fanno seguito a una revoca di tali designazioni sono oggetto di una pubblicazione nel Registro federale. Tuttavia, esso non fornisce alcuna indicazione riguardo alla questione se, nella specie, la pubblicazione della decisione americana del 1997 contenesse una qualsiasi motivazione. Inoltre, neanche dalle motivazioni relative agli atti impugnati risulta che, oltre al dispositivo della decisione, una qualsiasi motivazione sia stata messa a disposizione del ricorrente in qualsiasi modo.

61      In tali circostanze, si deve esaminare se l’indicazione che una decisione è pubblicata in una gazzetta ufficiale dello Stato terzo sia sufficiente per ritenere che il Consiglio, conformemente alla giurisprudenza citata ai precedenti punti da 47 a 50, abbia ottemperato al suo obbligo di verificare se, negli Stati terzi da cui promanano le decisioni che hanno costituito il fondamento degli atti impugnati, i diritti della difesa siano stati rispettati.

62      A tal fine, occorre riferirsi alla causa che ha dato luogo alle sentenze del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE (C‑599/14 P, EU:C:2017:583), e del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio (T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885). In tale causa, il Consiglio aveva indicato, nelle motivazioni di uno degli atti considerati, che le decisioni delle autorità dello Stato terzo interessato erano state oggetto di una pubblicazione nella gazzetta ufficiale di tale Stato senza fornire ulteriori informazioni (sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 145).

63      Nella sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE (C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punti 36 e 37), la Corte, considerando globalmente tutte le menzioni relative alle decisioni delle autorità dello Stato terzo che figuravano nelle motivazioni del regolamento del Consiglio, ha dichiarato che esse non erano sufficienti al fine di accertare che tale istituzione avesse effettuato la verifica richiesta per quanto riguardava il rispetto, in tale Stato terzo, dei diritti della difesa.

64      La medesima conclusione deve essere accolta, per gli stessi motivi, nella presente causa per quanto riguarda la sola indicazione figurante nelle motivazioni relative agli atti impugnati, secondo cui la decisione americana del 1997 era stato oggetto, in tale Stato, di una pubblicazione nel Registro federale.

65      Per tali motivi, e senza neppure che sia necessario esaminare la questione del rispetto del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, si deve ritenere che, nella specie, la motivazione relativa alle decisioni americane non sia sufficiente, di modo che queste ultime non possono costituire il fondamento degli atti impugnati.

66      Poiché l’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 non richiede che gli atti del Consiglio si fondino su una pluralità di decisioni di autorità competenti, gli atti impugnati hanno potuto riferirsi, tuttavia, soltanto alla decisione dell’Home Secretary, di modo che occorre continuare l’esame del ricorso limitandolo agli atti impugnati nei limiti in cui essi si fondano su tale ultima decisione.

 Sulle critiche comuni alle decisioni delle autorità americane e a quelle delle autorità del Regno Unito

67      Il ricorrente fa valere che, per tre ragioni, le decisioni delle autorità americane e delle autorità del Regno Unito, sulle quali si fondano gli atti impugnati, non costituiscono «decisioni di autorità competenti» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931.

68      Tali ragioni saranno esaminate di seguito nei limiti in cui essi riguardano la decisione adottata dall’Home Secretary, conformemente al precedente punto 66.

–       Sulla preferenza che deve essere accordata alle autorità giudiziarie

69      Il ricorrente sostiene che, secondo l’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, il Consiglio può basarsi su decisioni amministrative solo se le autorità giudiziarie non hanno alcuna competenza in materia di lotta al terrorismo. Orbene, ciò non accadrebbe nella specie, poiché, nel Regno Unito, le autorità giudiziarie avrebbero una competenza in tale ambito. La decisione dell’Home Secretary, quindi, non avrebbe potuto essere presa in considerazione dal Consiglio negli atti impugnati.

70      Il Consiglio contesta tale argomentazione.

71      A tale riguardo, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza, la natura amministrativa e non giudiziaria di una decisione non è decisiva per l’applicazione dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, in quanto il testo stesso di tale disposizione prevede espressamente che un’autorità non giudiziaria può essere qualificata come autorità competente ai sensi di tale disposizione (sentenze del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punti 144 e 145, e del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 105).

72      Anche se l’articolo 1, paragrafo 4, secondo comma, della posizione comune 2001/931 considera di preferenza le decisioni emesse dalle autorità giudiziarie, esso non esclude affatto la presa in considerazione di decisioni che promanano da autorità amministrative, allorché tali autorità, da un lato, siano effettivamente investite, nel diritto nazionale, della competenza ad adottare decisioni restrittive nei confronti di gruppi implicati nel terrorismo e, dall’altro, tali autorità, benché meramente amministrative, possano essere considerate «equivalenti» alle autorità giudiziarie (sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 107).

73      Secondo la giurisprudenza, talune autorità amministrative devono essere considerate come equivalenti ad autorità giudiziarie quando le loro decisioni possono essere oggetto di ricorso giurisdizionale (sentenza del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punto 145).

74      Di conseguenza, il fatto che alcuni organi giurisdizionali dello Stato interessato siano muniti di competenze in materia di repressione del terrorismo non osta a che il Consiglio tenga conto delle decisioni rese dall’autorità amministrativa nazionale incaricata dell’adozione delle misure restrittive in materia di terrorismo (v., in tal senso, sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 108).

75      Nella specie, dalle informazioni fornite dal Consiglio risulta che le decisioni dell’Home Secretary possono essere oggetto di un ricorso dinanzi alla Proscribed Organisations Appeal Commission (commissione d’appello riguardante le organizzazioni vietate, Regno Unito), che statuirà applicando i principi che disciplinano il sindacato giurisdizionale, e che ciascuna parte può impugnare la decisione della commissione d’appello riguardante le organizzazioni vietate su un punto di diritto dinanzi a un giudice d’appello se ottiene l’autorizzazione di tale commissione o, in mancanza, del giudice d’appello (v., in tal senso, sentenza del 12 dicembre 2006, Organisation des Modjahedines du peuple d’Iran/Consiglio, T‑228/02, EU:T:2006:384, punto 2).

76      In tali circostanze, emerge che le decisioni dell’Home Secretary possono essere oggetto di un ricorso giurisdizionale di modo che, in applicazione della giurisprudenza esposta ai precedenti punti 72 e 73, tale autorità amministrativa deve essere considerata come l’equivalente di un’autorità giudiziaria e, quindi, come un’autorità competente, come sostenuto dal Consiglio, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, in conformità con la giurisprudenza che si è già pronunciata più volte in tal senso (sentenze del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, e del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885).

77      Il ricorrente riconosce che, in varie sentenze, il Tribunale ha ammesso che l’Home Secretary avesse la qualità di autorità competente, ma sottolinea che, in tali cause, le sue decisioni erano accompagnate da una decisione giudiziaria, circostanza che non si verificherebbe nella specie.

78      A tale riguardo, occorre rilevare che, contrariamente a quanto afferma il ricorrente, le decisioni delle autorità amministrative di cui trattasi non erano accompagnate, in ciascuna delle sentenze riguardanti atti fondati su una decisione dell’Home Secretary, da una decisione giudiziaria. Difatti, una siffatta decisione mancava nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio (T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 107). In quella che ha dato luogo alla sentenza del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio (T‑256/07, EU:T:2008:461), il Tribunale si è riferito a una decisione giudiziaria oltre che alla decisione amministrativa. Tuttavia, tale riferimento è intervenuto in un contesto molto particolare in cui la decisione amministrativa era stata contestata a livello nazionale dal ricorrente, il che non accade nella specie.

79      Dalle considerazioni che precedono risulta che gli atti impugnati non possono essere annullati per la ragione che, nelle loro motivazioni, il Consiglio si è riferito a una decisione dell’Home Secretary, che costituisce un’autorità amministrativa.

–       Sul fatto che la decisione dell’Home Secretary consiste in un’elencazione delle organizzazioni terroristiche

80      Il ricorrente fa valere che l’azione delle autorità competenti a cui si riferiscono gli atti impugnati, tra le quali l’Home Secretary, consiste, nella prassi, nel redigere elenchi di organizzazioni terroristiche per imporre loro un regime restrittivo. Tale attività di elencazione non costituirebbe una competenza repressiva assimilabile a un’«apertura di indagini o di azioni penali» o ancora a una «condanna», per citare i poteri di cui dovrebbe disporre l’«autorità competente», in forza dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931.

81      Il Consiglio contesta tale argomento.

82      A tale riguardo, occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza, la posizione comune 2001/931 non richiede che la decisione dell’autorità competente s’inserisca nell’ambito di un procedimento penale stricto sensu, purché, alla luce degli obiettivi perseguiti da detta posizione comune nell’ambito dell’attuazione della risoluzione 1373(2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite, il procedimento nazionale in questione abbia ad oggetto la lotta al terrorismo in senso ampio (sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 113).

83      In tal senso, la Corte ha ritenuto che la protezione delle persone interessate non fosse posta in discussione nel caso in cui la decisione assunta dall’autorità nazionale si collocasse non nel quadro di un procedimento diretto ad infliggere sanzioni penali, bensì in quello di un procedimento avente ad oggetto misure di tipo preventivo (sentenza del 15 novembre 2012, Al‑Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al‑Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 70).

84      Nella specie, la decisione dell’Home Secretary sancisce misure di divieto nei confronti di organizzazioni considerate come terroristiche e si iscrive dunque, come richiesto dalla giurisprudenza, in un procedimento nazionale diretto, in via principale, all’imposizione di misure di tipo preventivo o repressivo al ricorrente, a titolo della lotta al terrorismo (v., in tal senso, sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 115).

85      Quanto alla circostanza che l’attività dell’autorità di cui trattasi sfoci nella redazione di una elenco di persone o di entità coinvolte nel terrorismo, occorre sottolineare che essa non implica, di per sé, che dette autorità non abbiano effettuato valutazioni individuali su ciascuna delle persone o entità preliminarmente alla sua iscrizione negli elenchi né che tale valutazione debba essere necessariamente arbitraria o priva di fondamento (v., in tal senso, sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 118).

86      Così, non è in discussione tanto la circostanza che l’attività dell’autorità di cui trattasi sfoci nella redazione di un elenco di persone o di entità coinvolte nel terrorismo, quanto la questione se tale attività venga esercitata con garanzie sufficienti a consentire al Consiglio di basarsi sulla medesima per fondare la propria decisione di iscrizione (v., in tal senso, sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 118).

87      Di conseguenza, è erroneamente che il ricorrente afferma che ammettere che il potere di elencazione possa caratterizzare un’autorità competente contraddirebbe, per principio, la posizione comune 2001/931.

88      Tale posizione non è inficiata dagli ulteriori argomenti adotti dal ricorrente.

89      In primo luogo, il ricorrente sostiene che, secondo l’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, soltanto gli elenchi redatti dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite possono essere presi in considerazione dal Consiglio.

90      Tale argomento non può essere accolto, poiché l’obiettivo dell’ultima frase dell’articolo 1, paragrafo 4, primo comma, della posizione comune 2001/931 consiste soltanto nell’offrire al Consiglio una possibilità di designazione supplementare, accanto alle designazioni che esso può operare sulla base di decisioni di autorità nazionali competenti.

91      In secondo luogo, il ricorrente sottolinea che, poiché l’elenco dell’Unione riprende elenchi proposti dalle autorità competenti, esso si riduce a un elenco di elenchi, estendendo così a quest’ultimo l’ambito di applicazione di misure amministrative nazionali adottate, eventualmente, da autorità di Stati terzi, senza che le persone di cui trattasi ne siano informate e senza che esse siano messe in condizione di difendersi in modo efficace.

92      A tale riguardo, occorre constatare che, come indicato dal ricorrente, nell’identificare le persone o entità da sottoporre alle misure di congelamento di capitali, il Consiglio si fonda su constatazioni effettuate da autorità competenti.

93      Nell’ambito della posizione comune 2001/931, è stata istituita tra le autorità degli Stati membri e le istituzioni dell’Unione una forma di cooperazione specifica, determinando, per il Consiglio, l’obbligo di rimettersi, nei limiti del possibile, alla valutazione delle autorità nazionali competenti (v., in tal senso, sentenze del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punto 133, e del 4 dicembre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑284/08, EU:T:2008:550, punto 53).

94      In linea di principio, non spetta al Consiglio pronunciarsi sul rispetto dei diritti fondamentali dell’interessato da parte delle autorità degli Stati membri, poiché tale potere spetta ai giudici nazionali competenti (v., in tal senso, sentenza dell’11 luglio 2007, Sison/Consiglio, T‑47/03, non pubblicata, EU:T:2007:207, punto 168).

95      È soltanto eccezionalmente, qualora il ricorrente neghi, sulla base di elementi concreti, che alcune autorità degli Stati membri abbiano rispettato i diritti fondamentali, che il Tribunale deve verificare che questi ultimi siano stati effettivamente rispettati.

96      Per contro, quando sono coinvolte autorità di Stati terzi, il Consiglio è tenuto, com’è stato rilevato ai precedenti punti 47 e 48, a sincerarsi d’ufficio che tali garanzie siano state effettivamente attuate e a motivare la sua decisione su tale punto.

–       Sulla mancata indicazione delle prove e degli indizi seri e credibili a fondamento della decisione dell’Home Secretary

97      Il ricorrente ritiene in sostanza che, dal momento che il Consiglio si basava su una decisione amministrativa e non su una decisione giudiziaria, esso doveva dimostrare, negli atti impugnati, che tale decisione era «basata su prove o indizi seri e credibili», come richiesto dall’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931.

98      Poiché non riguarda la qualificazione di «decisione adottata da autorità competenti» ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, che è oggetto del presente motivo, bensì la motivazione degli atti impugnati, tale argomentazione sarà esaminata nell’ambito del quinto motivo, nel quale essa è parimenti invocata.

 Conclusione

99      Dai precedenti punti da 47 a 65, emerge che le decisioni americane non possono fondare gli atti impugnati, poiché il Consiglio è venuto meno all’obbligo di motivazione per quanto riguarda la verifica del rispetto del principio dei diritti della difesa negli Stati Uniti.

100    Inoltre, dai precedenti punti da 38 a 40 risulta che le decisioni delle autorità americane considerate in tale motivo riguardavano Hamas nel suo complesso, mentre la decisione delle autorità del Regno Unito riguardava soltanto Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem.

101    Secondo il ricorrente, tale circostanza implica che gli atti impugnati devono essere annullati nella parte in cui essi riguardano Hamas e possono sussistere soltanto nella parte in cui essi riguardano Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem.

102    Da parte sua, il Consiglio ritiene che non possa essere operata alcuna distinzione tra tali due «movimenti» o «parti di movimento», poiché il ricorrente, nell’atto introduttivo relativo alla sentenza del 14 dicembre 2018, Hamas/Consiglio (T‑400/10 RENV, EU:T:2018:966), aveva presentato la sua organizzazione come ricomprendente entrambi.

103    A tale riguardo, esso cita i punti 7 e 8 di detto atto introduttivo:

«Hamas comprende un Ufficio politico e un’ala armata: le Brigate Ezzedine Al‑Qassam [= Hamas IDQ]. La direzione di Hamas si caratterizza per la sua natura bicefala. La direzione interna, divisa tra la Cisgiordania e la striscia di Gaza e la direzione esterna situata in Siria (…) … Sebbene l’ala armata disponga di una relativa indipendenza, essa resta soggetta alle strategie generali elaborate dall’Ufficio politico. L’Ufficio politico prende le decisioni, e le Brigate le rispettano a motivo della forte solidarietà indotta dalla componente religiosa del movimento».

104    Com’è stato dichiarato al punto 293 della sentenza del 14 dicembre 2018, Hamas/Consiglio (T‑400/10 RENV, EU:T:2018:966), tale affermazione presenta una valenza probatoria significativa, poiché da un lato, come sottolineato dal Consiglio, essa promana dal ricorrente e, dall’altro, quest’ultimo le ha dato preminenza nella sua argomentazione nell’ambito dell’atto introduttivo relativo alla causa che ha dato luogo a detta sentenza.

105    Nelle sue memorie, il ricorrente ha spiegato che, in realtà, i due «movimenti» o «parti di movimento» non potrebbero essere confusi né tantomeno associati, in quanto essi funzionerebbero in modo totalmente autonomo.

106    Nell’ambito di misure di organizzazione del procedimento, il Tribunale ha chiesto al ricorrente di fornire elementi di prova delle sue affermazioni, ma quest’ultimo non è stato in grado di produrne alcuno.

107    In tali circostanze, non si può ritenere, per determinare gli effetti della risposta apportata al primo motivo nell’ambito del presente ricorso, che Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem sia un’organizzazione distinta da Hamas (v., in tal senso, sentenze del 29 aprile 2015, Bank of Industry and Mine/Consiglio, T‑10/13, EU:T:2015:235, punti 182, 183 e 185, e del 29 aprile 2015, National Iranian Gas Company/Consiglio, T‑9/13, EU:T:2015:236, punti 163 e 164).

108    Ciò è tanto più vero in quanto, sebbene fossero state adottate misure di congelamento di capitali nei suoi confronti da vari anni, Hamas non ha cercato di dimostrare al Consiglio che non era assolutamente coinvolto negli atti che avevano determinato l’adozione di tali misure, dissociandosi, in modo da dissipare ogni esitazione, da Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem che, a suo avviso, ne era l’unico responsabile.

109    Ne consegue che il motivo deve essere respinto.

 Sul quinto motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

110    Com’è stato già indicato al precedente punto 97, il ricorrente sostiene che il Consiglio avrebbe dovuto, nelle motivazioni relative agli atti impugnati, indicare «le prove e gli indizi seri e credibili» sui quali si fondavano le decisioni delle autorità competenti.

111    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, ritiene che l’argomento sia infondato.

112    In considerazione del precedente punto 66, tale motivo deve essere esaminato soltanto per quanto riguarda la decisione dell’Home Secretary.

113    A tale riguardo, si deve constatare che il motivo è erroneo in fatto. Infatti, contrariamente a quanto afferma il ricorrente, il Consiglio, al punto 14 dell’allegato A delle motivazioni relative agli atti impugnati, ha indicato i fatti sottesi alla decisione dell’Home Secretary.

114    In ogni caso, l’argomento è privo di fondamento.

115    A tale riguardo, si deve rilevare che, secondo l’articolo 1, paragrafo 4, primo comma, della posizione comune 2001/931, gli elenchi di congelamento di capitali sono redatti sulla base di informazioni precise o di elementi del fascicolo da cui risulta che un’autorità competente ha preso una decisione nei confronti delle persone e delle entità interessate, si tratti dell’apertura di indagini o di azioni penali per un atto terroristico, il tentativo di commetterlo, la partecipazione a tale atto o la sua agevolazione, «basate su prove o indizi seri e credibili», o si tratti di una condanna per tali fatti.

116    Dall’impianto sistematico di tale disposizione risulta che l’obbligo per il Consiglio di verificare, prima di inserire il nome di persone o di entità negli elenchi di congelamento di capitali sul fondamento di decisioni adottate da autorità competenti, che tali decisioni siano «basate su prove o indizi seri e credibili» riguarda soltanto le decisioni di apertura di indagini o di azioni penali e non quelle di condanna.

117    La distinzione così operata tra i due tipi di decisione deriva dall’applicazione del principio di leale cooperazione tra le istituzioni e gli Stati membri, principio in cui si colloca l’adozione di misure restrittive in materia di lotta al terrorismo e in forza del quale il Consiglio deve fondare l’iscrizione di persone o di entità terroristiche negli elenchi di congelamento di capitali su decisioni adottate dalle autorità nazionali senza doverle o persino poterle rimettere in discussione.

118    Così definito, il principio di leale cooperazione si applica alle decisioni nazionali che comportano una condanna con la conseguenza che il Consiglio non deve verificare, prima di iscrivere il nome di persone o di entità negli elenchi di congelamento di capitali, che dette decisioni siano basate su prove o indizi seri e credibili e che esso deve rimettersi, su tale punto, alla valutazione effettuata dall’autorità nazionale.

119    Quanto alle decisioni nazionali vertenti sull’apertura di indagini o di azioni penali, esse si collocano, per loro natura, all’inizio o nel corso di un procedimento non ancora giunto a conclusione. Per garantire l’efficacia di tale lotta, è stato ritenuto utile che il Consiglio, per adottare misure restrittive, possa fondarsi su siffatte decisioni, anche se queste abbiano carattere soltanto preparatorio, prevedendo al contempo, per garantire la tutela delle persone oggetto di tali procedimenti, che detto esercizio sia soggetto alla verifica, da parte del Consiglio, che esse riposino su prove o indizi seri e credibili.

120    Nella specie, la decisione dell’Home Secretary è definitiva nel senso che ad essa non deve seguire un’indagine. Inoltre, come risulta dalla risposta fornita dal Consiglio a un quesito del Tribunale, essa ha ad oggetto la proscrizione del ricorrente nel Regno Unito, con conseguenze penali per le persone che mantengano da vicino o da lontano un collegamento con esso.

121    In tali circostanze, la decisione dell’Home Secretary non costituisce una decisione di apertura di indagini o di azioni penali ed essa deve essere assimilata a una decisione di condanna, di modo che, in applicazione dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931, il Consiglio non doveva indicare, nelle motivazioni relative agli atti impugnati, le prove e indizi seri che erano alla base della decisione di tale autorità.

122    A tale riguardo, la circostanza che l’Home Secretary costituisca un’autorità amministrativa è irrilevante, poiché, come risulta dai precedenti punti 75 e 76, le sue decisioni possono essere oggetto di un ricorso giurisdizionale e, pertanto, esso deve essere considerato come l’equivalente di un’autorità giudiziaria.

123    Di conseguenza, si deve respingere il quinto motivo in quanto infondato.

 Sul secondo motivo, vertente sull’errore circa la sussistenza dei fatti

124    Al punto II.7 delle motivazioni relative agli atti impugnati, il Consiglio ha rilevato che le decisioni delle autorità competenti sulle quali si era fondato per inserire il nome del ricorrente negli elenchi controversi erano ancora in vigore.

125    Al punto 15 dell’allegato A delle motivazioni, il Consiglio ha aggiunto che, nel Regno Unito, la proscrizione del ricorrente era stata oggetto di un riesame da parte del gruppo interministeriale di riesame delle proscrizioni e che quest’ultimo era giunto alla conclusione che Hamas‑Izz al‑Din al‑Qassem continuava ad essere coinvolto nel terrorismo sulla base di fatti citati a titolo esemplificativo.

126    Tali fatti sono i seguenti. Da un lato, durante il conflitto tra Israele e Gaza dell’estate del 2014, sei civili israeliani e un cittadino thailandese sarebbero stati uccisi nel corso di attacchi missilistici e una nave da crociera tedesca sarebbe stata colpita da attacchi missilistici. Dall’altro lato, Hamas avrebbe fatto ricorso ai media sociali per avvertire, tra gli altri, alcune compagnie aeree del Regno Unito della sua intenzione di attaccare l’aeroporto Ben Gourion a Tel Aviv (Israele), circostanza che avrebbe potuto provocare vittime civili, e Hamas avrebbe effettivamente tentato di attaccare l’aeroporto nel luglio 2014.

127    Nell’ambito di una risposta a un quesito ad esso posto dal Tribunale, il Consiglio ha confermato che il riesame della decisione dell’Home Secretary da parte del gruppo interministeriale di riesame delle proscrizioni non aveva dato luogo a una nuova decisione.

128    Peraltro, al punto 10 dell’allegato B delle motivazioni relative agli atti impugnati, il Consiglio ha indicato che il riesame più recente della decisione americana del 1997, che aveva qualificato Hamas come organizzazione terroristica estera, era stato portato a termine il 27 luglio 2012 e aveva condotto il governo a concludere che le circostanze sulle quali tale decisione era fondata non erano cambiate in modo tale da giustificare la revoca della designazione.

129    Inoltre, al punto 17 dell’allegato B delle motivazioni relative agli atti impugnati, il Consiglio ha enumerato diversi fatti avvenuti tra il 2003 e il 2011, sui quali le autorità americane si sarebbero basate per qualificare il ricorrente come organizzazione terroristica estera, senza indicare la provenienza esatta di tali fatti.

130    Interrogato su tale punto nell’ambito di una misura d’organizzazione del procedimento, il Consiglio ha indicato che alcuni di tali fatti provenivano da una revisione della decisione americana del 1997, intervenuta nel 2008, che non è menzionata nelle motivazioni relative agli atti impugnati.

131    I fatti elencati al punto 17 dell’allegato B delle motivazioni relative agli atti impugnati sono i seguenti:

–        Hamas ha rivendicato un attentato suicida commesso nel settembre 2003, nel corso del quale sono stati uccisi nove soldati dell’esercito israeliano e sono state ferite trenta persone all’esterno dell’ospedale Assaf Harofeh e della base militare di Tzrifin (Israele);

–        nel gennaio 2004, a Gerusalemme, un attentatore suicida ha distrutto un autobus nei pressi della residenza del primo ministro uccidendo undici civili e ferendone altri trenta; tale atto è stato rivendicato congiuntamente da Hamas e dalla Brigata dei martiri di Al‑Aqsa;

–        nel gennaio 2005, alcuni terroristi hanno attivato un dispositivo esplosivo sul lato palestinese del valico di Karni, aprendo un varco che ha permesso a uomini armati palestinesi di entrare nella parte israeliana; essi hanno ucciso sei civili israeliani e ne hanno ferito altri cinque; tale atto è stato rivendicato congiuntamente da Hamas e dalla Brigata dei martiri di Al‑Aqsa;

–        nel gennaio 2007, Hamas ha rivendicato il rapimento di tre bambini nella striscia di Gaza;

–        nel gennaio 2008, un cecchino palestinese della striscia di Gaza ha ucciso un volontario ecuadoriano ventunenne mentre lavorava nei campi del Kibbutz Ein Hashlosha (Israele); tale atto è stato rivendicato da Hamas;

–        nel febbraio 2008, un kamikaze di Hamas ha ucciso una donna anziana e ha ferito altre trentotto persone in un centro commerciale a Dimona (Israele); Un poliziotto ha abbattuto un secondo terrorista prima che questi abbia avuto il tempo di detonare la sua cintura esplosiva; Hamas ha definito tale attentato come «eroico»;

–        il 14 giugno 2010, a Hebron, (Cisgiordania), assalitori armati hanno fatto fuoco contro un’automobile della polizia, uccidendo un agente e ferendone altri due; un’azione congiunta dell’agenzia israeliana per la sicurezza, della polizia israeliana e della Tsahal ha permesso di catturare gli assalitori il 22 giugno 2010; durante gli interrogatori, il commando di Hamas responsabile dell’attacco ha dichiarato che i suoi membri erano stati formati diversi anni prima e che si erano procurati armi, tra cui Kalashnikov e fucili d’assalto; durante gli interrogatori è emerso anche che il commando intendeva perpetrare altri atti, compreso il rapimento di un soldato o di un civile nel blocco di Etzion, a nord del Monte Hebron;

–        nell’aprile 2011 Hamas ha lanciato un missile Kornet, che ha colpito uno scuolabus israeliano, ferendo gravemente uno scolaro sedicenne e ferendo leggermente il conducente dell’autobus; la carica esplosiva utilizzata nell’attacco era in grado di penetrare la corazzatura di un moderno carro armato;

–        il 20 agosto 2011, alcuni assalitori hanno lanciato missili contro alcuni abitanti di Ofaqim (Israele), ferendo due bambini e un altro civile; tale atto è stata rivendicato da Hamas.

132    Al punto 32 della sentenza del 26 luglio 2017, Consiglio/Hamas (C‑79/15 P, EU:C:2017:584), la Corte ha dichiarato che, qualora, come nella specie, il mero fatto che la decisione nazionale che ha costituito il fondamento dell’iscrizione iniziale resti in vigore non consentisse di concludere per la persistenza del rischio di implicazione della persona o entità interessata in attività terroristiche, il Consiglio era tenuto a fondare il mantenimento del nome di tale persona o di tale entità in detto elenco su una valutazione aggiornata della situazione, alla luce di elementi fattuali più recenti, che attestino che detto rischio persisteva.

133    Nella specie, alla luce dei precedenti punti da 124 a 131, occorre ritenere che il Consiglio abbia fondato il reinserimento del nome del ricorrente negli elenchi controversi, da un lato, sul mantenimento in vigore di decisioni qualificate come decisioni di autorità competenti ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 e, dall’altro, sui fatti citati al punto 15 dell’allegato A e al punto 17 dell’allegato B delle motivazioni relative agli atti impugnati, poiché tali fatti costituiscono elementi più recenti invocati a titolo autonomo dal Consiglio e devono dimostrare che il rischio di coinvolgimento di Hamas in organizzazioni terroristiche persisteva.

134    Nell’ambito del suo secondo motivo, il ricorrente ritiene, da un lato, che, nel basarsi sui fatti menzionati negli atti impugnati, il Consiglio abbia violato l’obbligo di motivazione e, dall’altro lato, che esso abbia commesso errori circa la sussistenza di tali fatti.

135    Alla luce della risposta fornita al quinto motivo e degli elementi figuranti ai precedenti punti da 115 a 122 e 133, occorre esaminare il presente motivo soltanto per quanto riguarda i fatti menzionati al punto 15 dell’allegato A e al punto 17 dell’allegato B delle motivazioni relative agli atti impugnati.

 Sulla violazione dell’obbligo di motivazione

136    Il ricorrente fa valere che i fatti menzionati al punto 15 dell’allegato A e al punto 17 dell’allegato B delle motivazioni relative agli atti impugnati sono evocati in modo troppo impreciso, per il motivo che essi non sono datati o localizzati o ancora che il Consiglio non spiega come essi siano stati imputati ad Hamas.

137    Secondo la Corte, il giudice dell’Unione è tenuto a verificare, in particolare, l’osservanza dell’obbligo di motivazione previsto all’articolo 296 TFUE e, pertanto, la precisione e la concretezza dei motivi indicati (sentenze del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 70, e del 26 luglio 2017, Consiglio/Hamas, C‑79/15 P, EU:C:2017:584, punto 48).

138    Secondo una giurisprudenza costante, la motivazione richiesta dall’articolo 296 TFUE deve far apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui esso promana, onde consentire all’interessato di conoscere le ragioni dei provvedimenti adottati e al giudice competente di esercitare il suo controllo (v. sentenza del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

139    La motivazione non deve necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto pertinenti, in quanto l’adeguatezza della motivazione deve essere valutata alla luce non solo del suo tenore, ma anche del suo contesto e del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi (sentenze del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punto 53, e del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, EU:T:2009:401, punto 82).

140    In particolare, un atto che arreca pregiudizio è sufficientemente motivato quando è stato emanato in un contesto noto all’interessato, che gli consente di comprendere la portata del provvedimento adottato nei suoi confronti (sentenze del 15 novembre 2012, Consiglio/Bamba, C‑417/11 P, EU:C:2012:718, punto 54, e del 14 ottobre 2009, Bank Melli Iran/Consiglio, T‑390/08, EU:T:2009:401, punto 82).

141    Nella specie, dal momento che i fatti menzionati dal Consiglio al punto 15 dell’allegato A e al punto 17 dell’allegato B delle motivazioni relative agli atti impugnati sono avvenuti in un contesto noto al ricorrente, si deve ritenere che essi siano descritti in modo sufficientemente preciso e concreto per essere contestati dal ricorrente e controllati dal Tribunale, anche qualora il luogo esatto o la data esatta del loro accadimento o ancora le ragioni per le quali essi sono stati imputati ad Hamas non siano indicati in modo espresso.

142    Occorre dunque respingere la prima parte del secondo primo motivo in quanto infondata.

 Sull’errore circa la sussistenza dei fatti

143    Il ricorrente espone che spetta al Consiglio provare la sussistenza dei fatti figuranti al punto 15 dell’allegato A e al punto 17 dell’allegato B delle motivazioni relative agli atti impugnati. Orbene, tale prova non sarebbe stata fornita nella specie.

144    Più in particolare, il ricorrente contesta il fatto di gennaio 2004, menzionato al punto 17 dell’allegato B, riguardante l’esplosione di un autobus, per il motivo che esso non sarebbe stato rivendicato da Hamas, ma dalle Brigate dei martiri di Al‑Aqsa, l’ala armata di Fatah.

145    In udienza, l’avvocato del ricorrente ha affermato che Hamas contestava tutti i fatti menzionati dal Consiglio negli atti impugnati.

146    In risposta a un quesito posto dal Tribunale nell’ambito di una misura di organizzazione del procedimento, il Consiglio ha fornito diversi articoli e pubblicazioni diretti a dimostrare la realtà di tali fatti.

147    A tale riguardo, occorre rilevare che, per le decisioni di congelamento di capitali successive la Corte ritiene che il giudice dell’Unione sia tenuto a verificare, oltre all’osservanza dell’obbligo di motivazione, di cui si è trattato ai precedenti punti da 136 a 142, anche la questione se tali motivi siano fondati (sentenze del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 70, e del 26 luglio 2017, Consiglio/Hamas, C‑79/15 P, EU:C:2017:584, punto 48).

148    La Corte ritiene altresì che la persona o l’entità interessata, nell’ambito del ricorso proposto contro il mantenimento del suo nome negli elenchi controversi, possa contestare la totalità degli elementi sui quali il Consiglio si fonda per dimostrare la persistenza del rischio della sua implicazione in attività terroristiche, indipendentemente dalla questione se tali elementi siano ricavati da una decisione nazionale di un’autorità competente o da altre fonti (sentenze del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 71, e del 26 luglio 2017, Consiglio/Hamas, C‑79/15 P, EU:C:2017:584, punto 49).

149    La Corte aggiunge che, in caso di contestazione, spetta al Consiglio stabilire la fondatezza dei fatti allegati e al giudice dell’Unione verificare la loro esattezza materiale (sentenze del 26 luglio 2017, Consiglio/LTTE, C‑599/14 P, EU:C:2017:583, punto 71, e del 26 luglio 2017, Consiglio/Hamas, C‑79/15 P, EU:C:2017:584, punto 49).

150    A tale riguardo, occorre rilevare che, come risulta dalla giurisprudenza, qualora taluni elementi di prova forniti da una parte siano contestati dall’altra parte, questa deve soddisfare due requisiti cumulativi.

151    In primo luogo, le sue contestazioni non possono presentare un carattere generico, ma devono rivestire un carattere concreto e circostanziato (v., in tal senso, sentenza del 16 settembre 2013, Duravit e a./Commissione, T‑364/10, non pubblicata, EU:T:2013:477, punto 55).

152    In secondo luogo, le contestazioni circa la sussistenza dei fatti devono figurare chiaramente nel primo atto di procedura riguardante l’atto impugnato (v., in tal senso, sentenza del 22 aprile 2015, Tomana e a./Consiglio e Commissione, T‑190/12, EU:T:2015:222, punto 261). Ciò implica, nella specie, che soltanto le contestazioni contenute nell’atto introduttivo possono essere prese in considerazione.

153    Tali requisiti hanno l’obiettivo di permettere al convenuto di conoscere con precisione, sin dalla fase dell’introduttivo, le contestazioni ad esso rivolte dal ricorrente e di poter così debitamente preparare la propria difesa.

154    Nella specie, tra i fatti menzionati al punto 15 dell’allegato A e al punto 17 dell’allegato B delle motivazioni relative agli atti impugnati, solo il fatto di gennaio 2004 è stato contestato in modo relativamente chiaro e preciso nell’atto introduttivo, mentre gli atri atti non sono stati oggetto di alcuna critica specifica in detta fase del procedimento. Tali altri atti sono stati contestati soltanto nella fase dell’udienza, con un’indicazione generica secondo la quale il ricorrente contestava che «i fatti dedotti dal Consiglio al fine di giustificare il mantenimento di tale organizzazione nell’elenco delle organizzazioni terroristiche possano essere imputati all’ala politica di Hamas».

155    In tali circostanze, si deve ritenere, da un lato, che la contestazione così formulata, genericamente, in una fase tardiva del procedimento non soddisfi le condizioni, alla luce della giurisprudenza, per poter essere presa in considerazione e, dall’altro, che quella vertente sul fatto di gennaio 2004, anche ammettendo che fosse fondata, sarebbe, comunque, inoperante poiché, non essendo state validamente contestate, le ulteriori azioni menzionate dal Consiglio al punto 15 dell’allegato A e al punto 17 dell’allegato B delle motivazioni relative agli atti impugnati possono essere tenute in conto per giustificare la persistenza del rischio di partecipazione del ricorrente ad attività terroristiche.

156    Tra tali fatti, quelli dal 2011 al 2014 sono senz’altro sufficientemente recenti per giustificare gli atti impugnati.

157    Il secondo motivo deve quindi essere respinto.

 Sul terzo motivo, vertente sull’errore di valutazione riguardo al carattere terroristico dell’organizzazione Hamas

158    Il ricorrente ritiene che, nell’adottare gli atti impugnati, il Consiglio abbia commesso un errore di valutazione riguardo alla sua qualificazione come organizzazione terroristica. A suo avviso, la competenza del Tribunale si estende alla verifica della qualificazione data dal Consiglio ai fatti che esso invoca come atti di terrorismo e tale controllo deve essere operato sia per i fatti invocati in modo autonomo dal Consiglio sia per i fatti invocati nelle decisioni delle autorità competenti.

 Per quanto riguarda le decisioni delle autorità competenti

159    Per i fatti invocati nelle decisioni delle autorità competenti, il Tribunale dovrebbe, secondo il ricorrente, verificare che la qualificazione operata da tali autorità sia fondata sulla definizione del terrorismo figurante nella posizione comune 2001/931. Nella specie, tale controllo non potrebbe essere effettuato, in mancanza di informazioni fornite dal Consiglio su tale qualificazione.

160    Alla luce della risposta data al primo motivo, tale parte dovrà essere esaminata soltanto nei limiti in cui riguarda la decisione dell’Home Secretary.

161    Poiché, in risposta al quinto motivo, è stato dichiarato che le prove e gli indizi sui quali si fonda tale decisione non devono essere indicati nelle motivazioni relative agli atti impugnati, non può essere chiesto al Consiglio di verificare la qualificazione di tali fatti operata dall’autorità nazionale e di indicare in detti atti il risultato di tale qualificazione.

162    Nella specie, ciò è tanto più vero in quanto la decisione promana da uno Stato membro per il quale l’articolo 1, paragrafo 4, della posizione comune 2001/931 e l’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 2580/2001 hanno istituito una forma di cooperazione specifica con il Consiglio che comporta, per tale istituzione, l’obbligo di rimettersi, nei limiti del possibile, alla valutazione dell’autorità nazionale competente (sentenze del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punto 133, e del 4 dicembre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑284/08, EU:T:2008:550, punto 53).

 Per quanto riguarda i fatti invocati a titolo autonomo dal Consiglio

163    Nelle motivazioni relative agli atti impugnati, il Consiglio ha qualificato, da un lato, i fatti menzionati al punto 15 dell’allegato A come atti terroristici ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, punto iii), lettere a), d), f), g) e i), della posizione comune 2001/931 ai fini di cui all’articolo 1, paragrafo 3, punti i) e ii), della medesima posizione comune e, dall’altro, i fatti menzionati al punto 17 dell’allegato B come atti terroristici ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, punto iii), lettere a), b), c) e f), della posizione comune 2001/931 ai fini di cui all’articolo 1, paragrafo 3, punti i) e ii), della medesima posizione comune.

164    Il ricorrente sostiene che il Consiglio ha commesso un errore nell’attribuire ai fatti considerati la qualificazione di atti terroristici. Innanzitutto, il fatto che gli atti di cui trattasi si sarebbero verificati tutti nell’ambito della guerra di occupazione condotta da Israele in Palestina avrebbe dovuto portare il Consiglio a non adottare tale qualificazione nei suoi confronti. Inoltre, ammettendo che tali fatti siano dimostrati, non ne deriverebbe che essi siano stati commessi ai fini citati dal Consiglio e menzionati all’articolo 1, paragrafo 3, punti i), ii) e iii), della posizione comune 2001/931.

165    Questi due argomenti si riferiscono in realtà alla questione se il Consiglio avrebbe dovuto prendere in considerazione, nella qualificazione dei fatti menzionati al punto 15 dell’allegato A e al punto 17 dell’allegato B delle motivazioni relative agli atti impugnati, la circostanza che il conflitto israelo-palestinese rientrava nel diritto dei conflitti armati.

166    A tale riguardo, si deve rilevare che, secondo una giurisprudenza consolidata, l’esistenza di un conflitto armato ai sensi del diritto internazionale umanitario non esclude l’applicazione delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di terrorismo, come la posizione comune 2001/931 e il regolamento n. 2580/2001, agli eventuali atti terroristici commessi in tale contesto (sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 57; v. altresì, in tal senso, sentenza del 14 marzo 2017, A e a., C‑158/14, EU:C:2017:202, punti da 95 a 98).

167    Infatti, da un lato, la posizione comune 2001/931 non opera alcuna distinzione, per quanto attiene al proprio ambito di applicazione, a seconda che l’atto in questione venga commesso o meno nell’ambito di un conflitto armato ai sensi del diritto internazionale umanitario. Dall’altro lato, gli obiettivi dell’Unione e dei suoi Stati membri consistono nella lotta al terrorismo, a prescindere dalle forme che esso possa assumere, in conformità degli obiettivi del diritto internazionale in vigore (sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 58).

168    Proprio per attuare a livello dell’Unione la risoluzione 1373(2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite (v. precedente punto 1), la quale «riafferma la necessità di combattere con tutti i mezzi, in accordo con la Carta delle Nazioni Unite, le minacce alla pace e alla sicurezza internazionali causate da atti terroristici» e «chiede agli Stati membri di integrare la cooperazione internazionale prendendo misure supplementari per prevenire e reprimere, nei loro territori con tutti i mezzi legali disponibili, il finanziamento e la preparazione di qualsiasi atto di terrorismo», il Consiglio ha adottato la posizione comune 2001/931 (v. suoi considerando da 5 a 7), indi, in conformità a tale posizione comune, il regolamento n. 2580/2001 (v. considerando 3, 5 e 6 di tale regolamento) (sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 59).

169    Si deve, quindi, respingere il terzo motivo in quanto infondato.

 Sul quarto motivo, vertente sulla violazione del principio di non ingerenza

170    Il ricorrente fa valere che, nell’adottare gli atti impugnati, il Consiglio ha violato il principio di non ingerenza, che discende dall’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite e costituisce un principio di jus cogens derivante dall’uguaglianza sovrana degli Stati nel diritto internazionale e che vieta che uno Stato possa essere considerato come un’entità terroristica, al pari del governo di uno Stato.

171    Orbene, il ricorrente non sarebbe una semplice organizzazione non governativa, né tantomeno un movimento informale, bensì un movimento politico legale che aveva vinto le elezioni in Palestina e che costituirebbe il cuore del governo palestinese. Poiché Hamas è stato portato ad assumere funzioni che andrebbero oltre quelle di un partito politico ordinario, i suoi atti a Gaza sarebbero in realtà assimilabili a quelli di un’autorità statale e non potrebbero per tale motivo essere condannati sotto il profilo delle misure antiterroristiche. Il ricorrente sarebbe, tra le persone ed entità i cui nomi sono inscritti negli elenchi controversi, il solo a trovarsi in una siffatta situazione.

172    A tale riguardo, occorre rilevare che il principio di non ingerenza, che è un principio del diritto internazionale consuetudinario, denominato anche principio di non intervento, riguarda il diritto di ciascuno Stato sovrano di svolgere le proprie attività senza ingerenza esterna e costituisce un corollario del principio della parità sovrana degli Stati.

173    Come rilevato dal Consiglio, tale principio di diritto internazionale è enunciato a favore degli Stati sovrani, e non a favore di gruppi o di movimenti (v. sentenza del 16 ottobre 2014, LTTE/Consiglio, T‑208/11 e T‑508/11, EU:T:2014:885, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

174    Poiché non costituisce né uno Stato né il governo di uno Stato, Hamas non può beneficiare del principio di non ingerenza.

175    Il quarto motivo deve, quindi, essere respinto in quanto infondato.

 Sul sesto motivo, vertente sulla violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva nel corso dei procedimenti nazionali

176    Il ricorrente sostiene che, nella specie, i suoi diritti processuali non sono stati rispettati nel corso dei procedimenti nazionali, in quanto non è stato informato delle decisioni americane e della decisione dell’Home Secretary, sebbene Hamas sia ben conosciuta a Doha (Qatar) e a Gaza. Tale mancanza di notifica e di motivazione nonché l’impossibilità in cui si trovava di presentare osservazioni avrebbero privato di effettività i ricorsi eventualmente avviati.

177    Il ricorrente conclude che, se il Consiglio non prova che i governi degli Stati Uniti e del Regno Unito hanno tentato di avvertire Hamas ma che il tentativo è fallito per motivi indipendenti dalla loro volontà, gli atti impugnati dovranno essere annullati per violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa e del diritto a una tutela giurisdizionale effettiva.

178    In considerazione della conclusione di cui al precedente punto 66, il presente motivo deve essere esaminato soltanto nei limiti in cui riguarda la decisione dell’Home Secretary.

179    Orbene, in udienza, il ricorrente ha dichiarato di rinunciare al suo sesto motivo, nella parte in cui esso riguardava tale decisione.

180    Non vi è, quindi, più luogo a statuire sul sesto motivo.

 Sul settimo motivo, vertente sulla violazione del diritto di proprietà

181    Il ricorrente fa valere che il congelamento di capitali costituisce una lesione del suo diritto di proprietà non giustificata, giacché gli atti impugnati sono illegittimi per le ragioni spiegate nei motivi precedenti.

182    Il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, ritiene che il motivo sia privo di fondamento.

183    Poiché i motivi precedenti sono stati respinti, il presente motivo è privo di fondamento e deve, pertanto, essere respinto in quanto a sua volta infondato.

184    In ogni caso, occorre ricordare che i diritti fondamentali, in particolare il diritto di proprietà, nel diritto dell’Unione, non fruiscono di una tutela assoluta. Possono essere apportate restrizioni all’esercizio di tali diritti a condizione, in primo luogo, che esse siano debitamente giustificate da obiettivi di interesse generale perseguiti dall’Unione e, in secondo luogo che esse non rappresentino, alla luce di tali obiettivi, un intervento sproporzionato e inaccettabile, tale da ledere la loro stessa sostanza (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2012, Al‑Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al‑Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 121 e giurisprudenza ivi citata).

185    Per quanto riguarda la prima condizione, occorre ricordare che il congelamento dei capitali, dei proventi finanziari e di altre risorse economiche delle persone e delle entità identificate, secondo le regole previste dal regolamento n. 2580/2001 e dalla posizione comune 2001/931 come coinvolte nel finanziamento del terrorismo persegue un obiettivo di interesse generale, poiché si inserisce nella lotta contro le minacce alla pace e alla sicurezza internazionali causate dagli atti terroristici (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2012, Al‑Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al‑Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 123 e giurisprudenza ivi citata).

186    Quanto alla seconda condizione, è importante rilevare che le misure che dispongono il congelamento di capitali e, in particolare, il mantenimento del nome del ricorrente negli elenchi controversi non appaiono sproporzionate, inaccettabili o tali da ledere la sostanza dei diritti fondamentali o di alcuni di loro.

187    Infatti, tale tipo di misure è necessario, in una società democratica, per combattere il terrorismo (v., in tal senso, sentenza del 23 ottobre 2008, People’s Mojahedin Organization of Iran/Consiglio, T‑256/07, EU:T:2008:461, punto 129 e giurisprudenza ivi citata).

188    Per di più, le misure che dispongono il congelamento di capitali non sono assolute, ma prevedono la possibilità, da un lato, di autorizzare l’uso dei capitali congelati per soddisfare fabbisogni fondamentali o taluni obblighi e, dall’altro, di accordare autorizzazioni specifiche al fine di scongelare i capitali o le altre attività finanziarie o risorse economiche (v. sentenza del 15 novembre 2012, Al‑Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al‑Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 127 e giurisprudenza ivi citata).

189    Inoltre, il mantenimento del nome delle persone e delle entità negli elenchi di congelamento di capitali è oggetto di un riesame periodico diretto a garantire che le persone e le entità che non rispondono più ai criteri per comparirvi ne siano cancellate (sentenza del 15 novembre 2012, Al‑Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al‑Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 129).

190    In tali circostanze, il settimo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

 Sulle spese

191    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

192    Poiché il ricorrente è risultato soccombente, deve essere condannato a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dal Consiglio, conformemente alla domanda di quest’ultimo.

193    Inoltre, secondo l’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, le istituzioni che sono intervenute nella causa sopportano le proprie spese.

194    Di conseguenza, la Commissione sopporterà le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Hamas sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dal Consiglio dell’Unione europea.

3)      La Commissione europea sopporterà le proprie spese.

Pelikánová

Valančius

Nihoul

Svenningsen

 

      Öberg

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 6 marzo 2019.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.