Language of document : ECLI:EU:C:2018:596

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

25 luglio 2018 (*)

«Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Marchio tridimensionale raffigurante la forma di una tavoletta di cioccolato a quattro barre – Impugnazione diretta contro alcuni punti della motivazione – Irricevibilità – Regolamento (CE) n. 207/2009 – Articolo 7, paragrafo 3 – Prova del carattere distintivo acquisito in seguito all’uso»

Nelle cause riunite C‑84/17 P, C‑85/17 P e C‑95/17 P,

aventi ad oggetto tre impugnazioni ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposte, le prime due, il 15 febbraio 2017 e, l’ultima, il 22 febbraio 2017,

Société des produits Nestlé SA, con sede a Vevey (Svizzera), rappresentata da G.S.P. Vos, advocaat, e S. Malynicz, QC,

ricorrente,

sostenuta da:

European Association of Trade Mark Owners (Marques), con sede a Leicester (Regno Unito), rappresentata da M. Viefhues, Rechtsanwalt,

interveniente in sede d’impugnazione,

procedimento in cui le altre parti sono:

Mondelez UK Holdings & Services Ltd, già Cadbury Holdings Ltd, con sede a Uxbridge (Regno Unito), rappresentata da T. Mitcheson, QC, e J. Lane Heald, barrister, su incarico di P. Walsh e J. Blum, solicitors,

ricorrente in primo grado,

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da A. Folliard-Monguiral, in qualità di agente,

convenuto in primo grado (C‑84/17 P),

Mondelez UK Holdings & Services Ltd, già Cadbury Holdings Ltd, con sede a Uxbridge, rappresentata da T. Mitcheson, QC, e J. Lane Heald, barrister, su incarico di P. Walsh e J. Blum, solicitors,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da A. Folliard-Monguiral, in qualità di agente,

convenuto in primo grado,

Société des produits Nestlé SA, con sede a Vevey (Svizzera), rappresentata da G.S.P. Vos, advocaat, e S. Malynicz, QC,

interveniente in primo grado (C‑85/17 P),

e

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da A. Folliard-Monguiral, in qualità di agente,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Mondelez UK Holdings & Services Ltd, già Cadbury Holdings Ltd, con sede a Uxbridge, rappresentata da T. Mitcheson, QC, e J. Lane Heald, barrister, su incarico di P. Walsh e J. Blum, solicitors,

ricorrente in primo grado,

Société des produits Nestlé SA, con sede a Vevey (Svizzera), rappresentata da G.S.P. Vos, advocaat, e S. Malynicz, QC,

interveniente in primo grado (C‑95/17 P),

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da L. Bay Larsen, presidente di sezione, J. Malenovský, M. Safjan, D. Šváby e M. Vilaras (relatore), giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 22 febbraio 2018,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 aprile 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con le loro rispettive impugnazioni, la Société des produits Nestlé SA (in prosieguo: la «Nestlé»), la Mondelez UK Holdings & Services Ltd, già Cadbury Holdings Ltd (in prosieguo: la «Mondelez») e l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 dicembre 2016, Mondelez UK Holdings & Services/EUIPO – Société des produits Nestlé (forma di una tavoletta di cioccolato) (T‑112/13, non pubblicata, EU:T:2016:735; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale il Tribunale ha annullato la decisione della seconda commissione di ricorso dell’EUIPO dell’11 dicembre 2012 (procedimento R 513/2011-2), relativa a un procedimento di dichiarazione di nullità tra la Cadbury Holdings e la Nestlé (in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

2        Ai termini dell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio [dell’Unione europea] (GU 2009, L 78, pag. 1):

«Il marchio [dell’Unione europea] ha carattere unitario. Esso produce gli stessi effetti in tutta [l’Unione]: può essere registrato, trasferito, formare oggetto di rinuncia, di decisione di decadenza dei diritti del titolare o di nullità e il suo uso può essere vietato soltanto per l’intera [Unione]. Tale principio si applica salvo disposizione contraria del presente regolamento».

3        L’articolo 7 di tale regolamento così disponeva:

«1.      Sono esclusi dalla registrazione:

(…)

b)      i marchi privi di carattere distintivo;

(…)

2.      Il paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte [dell’Unione].

3.      Il paragrafo 1, lettere b), c) e d), non si applica se il marchio ha acquistato, per tutti i prodotti o servizi per i quali si chiede la registrazione, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto».

4        L’articolo 52 del regolamento così recitava:

«1.      Su domanda presentata all’[EUIPO] o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione, il marchio [dell’Unione europea] è dichiarato nullo allorché:

a)      è stato registrato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 7;

(…)

2.      Il marchio [dell’Unione europea], registrato in contrasto con le disposizioni dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere b), c) e d), non può essere dichiarato nullo se, per l’uso che ne è stato fatto, dopo la registrazione ha acquisito carattere distintivo per i prodotti o servizi per i quali è stato registrato.

3.      Se il motivo di nullità sussiste solo per una parte dei prodotti o servizi per i quali il marchio [dell’Unione europea] è registrato, la nullità del marchio può essere dichiarata soltanto per i prodotti o servizi di cui trattasi».

5        L’articolo 65 del medesimo regolamento così disponeva:

«1.      Avverso le decisioni delle commissioni di ricorso può essere proposto ricorso dinanzi alla Corte di giustizia [dell’Unione europea].

2.      Il ricorso può essere proposto per incompetenza, per violazione di norme che prescrivono una determinata forma, per violazione del trattato, del presente regolamento o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione, o ancora per sviamento di potere.

3.      La Corte di giustizia è competente sia ad annullare che a riformare la decisione impugnata.

4.      Il ricorso può essere proposto da una qualsiasi delle parti nel procedimento dinanzi alla commissione di ricorso, se nella propria decisione questa non ne ha accolto le richieste.

5.      Il ricorso deve essere inoltrato alla Corte di giustizia entro due mesi dalla notifica della decisione della commissione di ricorso.

6.      L’[EUIPO] è tenuto a prendere i provvedimenti necessari per conformarsi alla sentenza della Corte di giustizia».

 Fatti

6        I fatti delle controversie figurano ai punti da 1 a 11 della sentenza impugnata e, ai fini del presente procedimento essi possono essere sintetizzati come segue.

7        Il 21 marzo 2002 la Nestlé ha chiesto all’EUIPO la registrazione del segno tridimensionale seguente:

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8        La registrazione è stata chiesta per prodotti rientranti nella classe 30, ai sensi dell’Accordo di Nizza, del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato. Il 28 luglio 2006 il segno in questione è stato registrato come marchio dell’Unione europea per i prodotti rientranti nella classe 30, corrispondenti alla descrizione seguente: «caramelle [sweets], prodotti di panetteria, prodotti di pasticceria, biscotti, dolci, cialdoni» (in prosieguo: il «marchio controverso»).

9        Il 23 marzo 2007 la Cadbury Schweppes plc (divenuta Cadbury Holdings e successivamente Mondelez) ha presentato all’EUIPO una domanda di dichiarazione di nullità della registrazione sulla base, segnatamente, dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. L’11 gennaio 2011 la divisione di annullamento dell’EUIPO ha accolto tale domanda e ha dichiarato la nullità del marchio controverso. Su ricorso della Nestlé, la seconda commissione di ricorso dell’EUIPO ha annullato, con la decisione controversa, la decisione della divisione di annullamento. Essa ha ritenuto, in particolare, che, se è vero che, il marchio controverso era privo di carattere distintivo intrinseco per i prodotti per i quali esso era stato registrato, la Nestlé aveva però dimostrato, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, che tale marchio aveva acquisito un siffatto carattere per i medesimi prodotti, in seguito all’uso che ne era stato fatto.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

10      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 19 febbraio 2013, la Mondelez ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa. A sostegno del proprio ricorso, essa ha sollevato tre motivi. Il Tribunale ha esaminato solo il primo motivo, relativo alla violazione dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, letto in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 3, di tale regolamento, e suddiviso in quattro parti.

11      Ai punti da 21 a 44 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato e ha accolto la seconda parte del primo motivo della Mondelez. Come risulta dai punti da 41 a 44 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che la commissione di ricorso avesse erroneamente dichiarato che la Nestlé aveva dimostrato l’uso del marchio controverso per i prodotti di panetteria, quelli di pasticceria, i dolci e i cialdoni. Pertanto, il Tribunale ha esaminato le altre parti del primo motivo della Mondelez soltanto per quanto riguarda le caramelle (sweets) e i biscotti. I punti da 21 a 44 della sentenza impugnata non sono considerati da nessuna delle impugnazioni.

12      Ai punti da 45 a 64 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato e respinto la prima parte del primo motivo della Mondelez, relativa all’assenza di uso del marchio controverso nella forma in cui esso era stato registrato.

13      Ai punti da 65 a 111 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esaminato e ha respinto la terza parte del primo motivo della Mondelez, relativa all’assenza di uso del marchio controverso come indicatore di origine e all’insufficienza degli elementi di prova a detto riguardo. A sostegno di tale decisione, da un lato, al punto 94 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che gli elementi di prova dell’uso effettivo del marchio controverso, presentati dalla Nestlé dinanzi all’EUIPO, costituivano elementi pertinenti i quali, valutati nel loro complesso, erano idonei a dimostrare che, agli occhi del pubblico di riferimento, il marchio in parola era percepito come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti in questione. D’altro lato, al punto 107 della stessa sentenza, il Tribunale ha affermato che la commissione di ricorso aveva effettuato un esame dell’acquisizione del carattere distintivo del marchio controverso in virtù dello stesso e aveva corroborato in modo concreto le sue conclusioni relative a una siffatta acquisizione per quanto riguarda la Danimarca, la Germania, la Spagna, la Francia, l’Italia, i Paesi Bassi, l’Austria, la Finlandia, la Svezia e il Regno Unito.

14      Da ultimo, il Tribunale ha analizzato, ai punti da 112 a 178 della sentenza impugnata, la quarta parte del primo motivo della Mondelez. Al punto 143 di tale sentenza, esso ha rilevato che la commissione di ricorso era incorsa in errore nel dichiarare, in sostanza, che, per dimostrare il carattere distintivo acquisito in seguito all’uso in tutta l’Unione, era sufficiente dimostrare che una parte sostanziale del pubblico di riferimento nell’Unione, considerando globalmente tutti gli Stati membri e tutte le regioni, percepiva il marchio considerato come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti che esso designava e che non era necessario dimostrare il carattere distintivo acquisito in seguito all’uso di un siffatto marchio in ciascuno degli Stati membri interessati.

15      Tuttavia, come risulta dai punti 144 e 145 della sentenza in parola, il Tribunale ha ritenuto che non fosse escluso che, nonostante tale concezione errata in diritto del criterio di valutazione volto a dimostrare il carattere distintivo di un marchio acquisito a seguito dell’uso in tutta l’Unione, la commissione di ricorso avesse applicato correttamente il menzionato criterio nell’esaminare gli elementi di prova presentati dalla Nestlé. Esso ha quindi ritenuto che occorresse esaminare la valutazione di detti elementi da parte della commissione di ricorso.

16      A seguito dell’esame degli elementi di prova relativi alla Francia, all’Italia, alla Spagna, al Regno Unito, alla Germania, ai Paesi Bassi, alla Danimarca, alla Svezia, alla Finlandia nonché all’Austria, il Tribunale è giunto alla conclusione, rispettivamente, ai punti 146, 148, 151, 153, 155, 158, 159, 164 e 167 della sentenza impugnata, che la commissione di ricorso aveva ritenuto giustamente che fosse stato dimostrato che il marchio controverso aveva acquisito carattere distintivo in seguito all’uso in tutti i predetti Stati membri.

17      Tuttavia, al punto 173 della sentenza impugnata, il Tribunale ha rilevato che la commissione di ricorso non si era pronunciata espressamente sulla questione se fosse stato dimostrato che il marchio controverso aveva acquisito un carattere distintivo in Belgio, in Irlanda, in Grecia e in Portogallo e che essa non aveva nemmeno incluso i menzionati Stati membri fra quelli per i quali aveva ritenuto che una siffatta acquisizione fosse stata dimostrata.

18      Dai punti da 177 a 179 della medesima sentenza risulta che il Tribunale ha, pertanto, accolto la quarta parte del primo motivo della Mondelez e ha annullato integralmente la decisione controversa, giacché l’esame della commissione di ricorso relativo al carattere distintivo acquisito in seguito all’uso del marchio controverso non era stato validamente effettuato, poiché tale organo non si era pronunciato sulla percezione del marchio in parola da parte del pubblico di riferimento, in particolare in Belgio, in Irlanda, in Grecia e in Portogallo e non aveva analizzato gli elementi di prova presentati dalla Nestlé in relazione a detti Stati membri.

 Conclusioni delle parti e procedura dinanzi alla Corte

19      Con l’impugnazione nella causa C‑84/17 P la Nestlé chiede che Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata per il motivo che il Tribunale ha violato l’articolo 7, paragrafo 3, e l’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, e

–        condannare la Mondelez alle spese.

20      Con l’impugnazione nella causa C‑85/17 P, la Mondelez chiede alla Corte di annullare i punti da 37 a 44, da 58 a 64, da 78 a 111 e da 144 a 169 della sentenza impugnata nonché il punto 177 della medesima sentenza, nella parte in cui rileva che «[i]nfatti, benché sia stato accertato che il marchio [controverso] aveva acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso in Danimarca, in Germania, in Spagna, in Francia, in Italia, nei Paesi Bassi, in Austria, in Finlandia, in Svezia e nel Regno Unito».

21      Con l’impugnazione nella causa C‑95/17 P, l’EUIPO chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        condannare la Mondelez alle spese.

22      Con decisione del presidente della Corte del 10 maggio 2017, le cause C‑84/17 P, C‑85/17 P e C‑95/17 P sono state riunite ai fini della fase scritta e orale del procedimento, nonché della sentenza.

23      Nel suo controricorso, la Nestlé chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione nella causa C‑85/17 P in quanto manifestamente irricevibile o manifestamente infondata mediante ordinanza o, in subordine, mediante sentenza;

–        condannare la Mondelez alle spese.

24      Nel suo controricorso, la Mondelez chiede che la Corte voglia:

–        respingere le impugnazioni nelle cause C‑84/17 P e C‑95/17 P;

–        condannare, rispettivamente, la Nestlé e l’EUIPO alle spese nelle cause in parola.

25      Nel suo controricorso, l’EUIPO chiede che la Corte voglia:

–        accogliere l’impugnazione nella causa C‑84/17 P;

–        respingere l’impugnazione nella causa C‑85/17 P;

–        condannare la Mondelez alle spese sostenute dall’EUIPO.

26      Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 13 novembre 2017, l’European Association of Trade Mark Owners (Marques) [Associazione europea che rappresenta gli interessi dei titolari di marchi (Marques)], sulla base dell’articolo 40, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, ha chiesto di essere ammessa ad intervenire nella causa C‑84/17 P, a sostegno delle conclusioni della Nestlé, ricorrente in tale causa. Con ordinanza del 12 gennaio 2018 il presidente della Corte ha accolto suddetta istanza.

 Sulla domanda di riapertura della fase orale del procedimento

27      Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 17 maggio 2018, la Nestlé ha chiesto che fosse disposta la riapertura della fase orale del procedimento, ai sensi dell’articolo 83 del regolamento di procedura della Corte.

28      A sostegno della sua domanda, da un lato, essa deduce ciò che, a suo avviso, costituisce un fatto nuovo, emerso successivamente alla lettura delle conclusioni dell’avvocato generale. In tal modo, essa fa valere di aver versato agli atti del procedimento dinanzi all’EUIPO elementi diretti a stabilire che, per quanto riguarda il prodotto contraddistinto dal marchio controverso, le prove fornite per i mercati danese, tedesco, spagnolo, francese, italiano, olandese, austriaco, finlandese, svedese e del Regno Unito valessero del pari per i mercati belga, irlandese, greco, lussemburghese e portoghese. L’indicazione in senso contrario figurante al paragrafo 87 delle conclusioni dell’avvocato generale risulterebbe da una risposta errata dell’avvocato della Nestlé, che non avrebbe capito il senso del quesito che gli era stato posto in udienza dall’avvocato generale.

29      D’altro lato, la Nestlé fa valere che l’esistenza di un errore nella traduzione in lingua inglese della sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307), evocato dall’avvocato generale al paragrafo 70 delle sue conclusioni, deve essere dibattuta tra le parti.

30      Occorre ricordare che lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e il regolamento di procedura non prevedono la facoltà per le parti di depositare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale (sentenza del 21 dicembre 2016, Commissione/Aer Lingus e Ryanair Designated Activity, C‑164/15 P e C‑165/15 P, EU:C:2016:990, punto 31 nonché giurisprudenza ivi citata).

31      In forza dell’articolo 252, secondo comma, TFUE, l’avvocato generale ha il compito di presentare pubblicamente, con assoluta imparzialità e in piena indipendenza, conclusioni motivate sulle cause che, conformemente allo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, richiedono il suo intervento. La Corte non è vincolata né dalle conclusioni dell’avvocato generale né dalla motivazione in base alla quale egli vi perviene.

32      Di conseguenza, il disaccordo di una parte con le conclusioni dell’avvocato generale, qualunque siano le questioni da esso ivi esaminate, non può costituire, di per sé, un motivo che giustifichi la riapertura della fase orale (sentenza del 28 febbraio 2018, mobile.de/EUIPO, C‑418/16 P, EU:C:2018:128, punto 30).

33      Tuttavia, la Corte può, ai sensi dell’articolo 83 del suo regolamento di procedura, sentito l’avvocato generale, disporre in qualsiasi momento l’apertura o la riapertura della fase orale del procedimento, in particolare se essa non si ritiene sufficientemente edotta o quando, dopo la chiusura di detta fase, una parte ha prodotto un fatto nuovo, tale da influenzare in modo decisivo la decisione della Corte.

34      Siffatta ipotesi non ricorre nel caso di specie. La Corte, difatti, sentito l’avvocato generale, ritiene di disporre di tutti gli elementi necessari per statuire e che la causa non debba essere esaminata alla luce di un fatto nuovo tale da influenzare in modo determinante la propria decisione o di un argomento che non è stato oggetto di discussione dinanzi ad essa.

35      Le affermazioni della Nestlé, sintetizzate al punto 28 della presente sentenza, non rivelano infatti l’esistenza di alcun fatto nuovo, nei limiti in cui esse si riferiscono ad elementi già contenuti nel fascicolo della causa prima dell’udienza. Tali affermazioni costituiscono, in realtà, un tentativo della Nestlé di ritrattare le dichiarazioni espresse in udienza dal suo avvocato. Quanto alle divergenze tra le differenti versioni linguistiche della sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307), si deve rilevare che, alla data dell’udienza, tale sentenza era disponibile in tutte le lingue ufficiali e le parti erano così in grado di presentare le loro osservazioni su eventuali errori di traduzione, qualora avessero ritenuto che siffatti errori avessero una rilevanza particolare per le presenti cause.

36      Alla luce delle suesposte considerazioni, la Corte dichiara che non vi è motivo per disporre la riapertura della fase orale del procedimento.

 Sulle impugnazioni

 Sulla ricevibilità dell’impugnazione nella causa C85/17 P

 Argomenti delle parti

37      La Nestlé sostiene che l’impugnazione della Mondelez è irricevibile, poiché quest’ultima chiede unicamente alla Corte di annullare talune parti della motivazione della sentenza impugnata e non già il dispositivo della stessa.

38      La Mondelez fa valere che la sua impugnazione è ricevibile, nonostante il fatto che il Tribunale abbia annullato integralmente la decisione controversa. Il rigetto, da parte del Tribunale, di taluni dei suoi argomenti inciderebbe sull’esame che la commissione di ricorso sarebbe chiamata a compiere a seguito dell’annullamento della decisione controversa. Poiché detta commissione sarebbe vincolata dal rigetto di tali argomenti, la Mondelez ritiene che essa dovrebbe poter contestare la sentenza impugnata. A sostegno della sua argomentazione, essa invoca i punti da 19 a 26 della sentenza del 20 settembre 2001, Procter & Gamble/UAMI (C‑383/99 P, EU:C:2001:461).

 Giudizio della Corte

39      In forza dell’articolo 56, primo e secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, può essere proposta impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia contro le decisioni del Tribunale che concludono il procedimento, da «qualsiasi parte che sia rimasta parzialmente o totalmente soccombente nelle sue conclusioni».

40      Le conclusioni delle parti del procedimento sono, in linea di principio, accolte o respinte nel dispositivo di una sentenza. È così che l’articolo 169, paragrafo 1, del regolamento di procedura dispone che le conclusioni dell’impugnazione tendano all’annullamento, totale o parziale, della decisione del Tribunale quale contenuta nel dispositivo della decisione stessa.

41      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 43 delle sue conclusioni, tale disposizione riguarda il principio fondamentale in materia d’impugnazione secondo cui quest’ultima deve essere diretta avverso il dispositivo della decisione del Tribunale e non può limitarsi a mirare alla modifica di parte della motivazione di tale decisione (sentenza del 14 novembre 2017, British Airways/Commissione, C‑122/16 P, EU:C:2017:861, punto 51).

42      Infatti, un’impugnazione diretta ad ottenere, non già un annullamento, anche solo parziale, della sentenza impugnata, ossia del suo dispositivo, bensì unicamente la modifica di taluni punti della motivazione di tale sentenza, è irricevibile (sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punti 44 nonché 50).

43      Nella specie, occorre constatare che le conclusioni dell’impugnazione della Mondelez riguardano l’annullamento non già del dispositivo della sentenza impugnata, bensì unicamente di taluni punti della motivazione di detta sentenza.

44      Certamente, nella sentenza del 20 settembre 2001, Procter & Gamble/UAMI (C‑383/99 P, EU:C:2001:461, punti da 19 a 26), la Corte ha ammesso la ricevibilità di un’impugnazione che non riguardava l’annullamento di un punto specifico del dispositivo di una sentenza del Tribunale, poiché dalla motivazione di tale sentenza risultava che il Tribunale aveva preso una decisione che non era espressamente enunciata nel suo dispositivo.

45      Tuttavia, a differenza di quanto avvenuto nella causa all’origine di quest’ultima sentenza, dalla motivazione della sentenza impugnata, considerata dall’impugnazione della Mondelez, non risulta che la motivazione in parola contenga una decisione del Tribunale che respinge un capo delle conclusioni di quest’ultima.

46      Nella decisione controversa, la commissione di ricorso ha ritenuto che il marchio controverso fosse privo di carattere distintivo intrinseco, ma avesse acquisito un siffatto carattere in seguito all’uso, di modo che la domanda della Mondelez, diretta alla dichiarazione della nullità di tale marchio, dovesse essere respinta.

47      La prima parte della decisione controversa che, peraltro, era favorevole alla Mondelez, non era interessata dalla controversia dinanzi al Tribunale, giacché, come risulta dal punto 16 della sentenza impugnata, la Nestlé aveva rinunciato, in udienza, al suo capo delle conclusioni diretto all’annullamento di tale prima parte.

48      In discussione dinanzi al Tribunale era quindi soltanto la seconda parte della decisione controversa. A tale riguardo, dai punti 12 e 15 della sentenza impugnata risulta che le conclusioni del ricorso della Mondelez erano dirette soltanto all’annullamento della decisione controversa, nonché alla condanna delle altre parti alle spese.

49      Orbene, benché, nei punti della sentenza impugnata considerati dall’impugnazione della Mondelez, il Tribunale abbia respinto taluni argomenti invocati da questa a sostegno della sua domanda di annullamento della decisione controversa, esso ne ha accolto altri e, in definitiva, ha accolto le conclusioni dirette all’annullamento della Mondelez, dal momento che ha annullato integralmente la decisione controversa.

50      Ne consegue che l’impugnazione della Mondelez è diretta unicamente ad ottenere una modifica di taluni punti della motivazione della sentenza impugnata, di modo che una siffatta impugnazione deve essere dichiarata irricevibile, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 42 della presente sentenza.

51      Alla luce dell’univocità del requisito stabilito all’articolo 169, paragrafo 1, del regolamento di procedura, tale conclusione non può essere rimessa in discussione sulla base dell’argomento della Mondelez, secondo cui la commissione di ricorso sarebbe vincolata dalla motivazione della sentenza impugnata, contestata dalla sua impugnazione.

52      In ogni caso, l’autorità della cosa giudicata si estende solamente alla motivazione di una sentenza che costituisce il necessario fondamento del suo dispositivo e ne è di conseguenza inscindibile (sentenza del 15 novembre 2012, Al-Aqsa/Consiglio e Paesi Bassi/Al-Aqsa, C‑539/10 P e C‑550/10 P, EU:C:2012:711, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

53      Di conseguenza, in caso di annullamento da parte del Tribunale di una decisione dell’EUIPO, non si può ritenere che la motivazione in base alla quale tale giudice ha respinto taluni argomenti dedotti dalle parti abbia acquisito l’autorità della cosa giudicata.

54      Così, nella specie, contrariamente a quanto sostiene la Mondelez, la commissione di ricorso non è vincolata dal rigetto di taluni argomenti, operato dal Tribunale, e la società in parola potrà sollevare, nel caso, detti medesimi argomenti, nell’ambito di un eventuale nuovo ricorso contro la decisione che verrebbe adottata a seguito dell’annullamento della decisione controversa da parte del Tribunale.

55      Da tutte le considerazioni che precedono risulta che l’impugnazione nella causa C‑85/17 P deve essere respinta in quanto irricevibile.

 Sulle impugnazioni nelle cause C84/17 P e C95/17 P;

56      A sostegno dell’impugnazione nella causa C‑84/17 P, la Nestlé deduce un unico motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 3, del medesimo regolamento.

57      Dal canto suo, l’EUIPO deduce due motivi a sostegno della propria impugnazione nella causa C‑95/17 P, vertenti, il primo sulla violazione, dell’obbligo di motivazione e, il secondo, sulla violazione dell’articolo 52, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, letto in combinato disposto con l’articolo 7, paragrafo 3, del medesimo regolamento.

58      Occorre, tuttavia, constatare, al pari dell’avvocato generale al paragrafo 49 delle sue conclusioni, che il primo motivo di quest’ultima impugnazione, benché formalmente vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione, equivale, in realtà a contestare al Tribunale lo stesso errore di diritto considerato dal secondo motivo della medesima impugnazione. Con tale primo motivo, infatti, l’EUIPO sostiene che l’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, accolta dal Tribunale al punto 139 della sentenza impugnata, è viziata da una contraddizione. Orbene, qualora così fosse, si dovrebbe giungere alla conclusione che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nell’interpretazione della disposizione succitata.

59      Di conseguenza, occorre esaminare congiuntamente l’unico motivo dell’impugnazione nella causa C‑84/17 P ed entrambi i motivi dell’impugnazione nella causa C‑95/17 P.

 Argomenti delle parti

60      La Nestlé, sostenuta dalla Marques, e l’EUIPO fanno valere che, nel dichiarare, al punto 139 della sentenza impugnata, che l’acquisizione, da parte di un marchio, del carattere distintivo in seguito all’uso deve essere dimostrata in tutto il territorio dell’Unione e non già soltanto per una parte sostanziale o per la maggior parte dello stesso, e che, di conseguenza, non si può concludere per l’acquisizione di un siffatto carattere allorché gli elementi di prova dell’uso presentati non riguardano una parte dell’Unione, ancorché non sostanziale o costituita da un unico Stato membro, il Tribunale ha violato l’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, interpretato dalla Corte nella sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307).

61      Secondo la Nestlé, la Marques e l’EUIPO, il Tribunale avrebbe, erroneamente, dichiarato che la commissione di ricorso era incorsa in un errore di diritto ritenendo che fosse sufficiente dimostrare che una parte significativa del pubblico di riferimento in tutta l’Unione, considerando globalmente tutti gli Stati membri e tutte le regioni, percepiva un marchio come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti contrassegnati dal marchio controverso e che non fosse necessario dimostrare il carattere distintivo acquisito in seguito all’uso in tutti gli Stati membri interessati.

62      Di conseguenza, il Tribunale avrebbe a torto statuito che la commissione di ricorso aveva commesso un errore di diritto dichiarando che marchio controverso aveva acquisito carattere distintivo in seguito all’uso, senza pronunciarsi sulla percezione di tale marchio da parte del pubblico di riferimento in Belgio, in Irlanda, in Grecia e in Portogallo, e senza analizzare gli elementi di prova forniti in relazione a detti Stati membri.

63      La Nestlé, la Marques e l’EUIPO sostengono che, nel concentrarsi sui mercati nazionali considerati singolarmente, tale decisione del Tribunale è incompatibile con il carattere unitario del marchio dell’Unione europea e con l’esistenza stessa di un mercato unico. Infatti, il carattere unitario del marchio dell’Unione europea implicherebbe l’assenza di presa in considerazione dei confini territoriali degli Stati membri, nell’ambito della valutazione dell’acquisizione del carattere distintivo in seguito all’uso, come confermerebbe il punto 44 della sentenza del 19 dicembre 2012, Leno Merken (C‑149/11, EU:C:2012:816).

64      Per contro, la Mondelez ritiene che il Tribunale abbia correttamente interpretato e applicato l’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 nonché la sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307). A suo avviso, non è sufficiente che un marchio dell’Unione europea sia distintivo in una parte considerevole dell’Unione se non è distintivo in un’altra parte dell’Unione, anche se tale parte è costituita da un solo Stato membro.

65      La Mondelez ritiene che una diversa conclusione condurrebbe al risultato paradossale secondo cui una domanda di registrazione di marchio, che avrebbe dovuto essere respinta per mancanza di carattere distintivo in un solo Stato membro, potrà tuttavia essere registrata come marchio dell’Unione europea, con la conseguenza che sarà possibile avvalersene dinanzi ai giudici di tale Stato membro.

 Giudizio della Corte

66      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, il marchio dell’Unione europea ha carattere unitario e produce gli stessi effetti in tutta l’Unione.

67      Come ha rilevato a giusto titolo il Tribunale, ai punti 119 e 120 della sentenza impugnata, dal carattere unitario del marchio dell’Unione europea discende che, per essere ammesso alla registrazione, un segno deve essere dotato di carattere distintivo in tutta l’Unione. Difatti, a termini dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), di detto regolamento, letto in combinato disposto con il paragrafo 2 del medesimo articolo, il marchio deve essere escluso dalla registrazione se è privo di carattere distintivo in una parte dell’Unione.

68      Orbene, l’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, che consente la registrazione dei segni che hanno acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso, deve essere letto alla luce di tale esigenza. Risulta quindi dal carattere unitario del marchio dell’Unione europea che, per essere ammesso alla registrazione, un segno deve avere carattere distintivo, intrinseco o acquisito in seguito all’uso, in tutta l’Unione.

69      A tale riguardo, si deve, innanzitutto, indicare che la sentenza del 19 dicembre 2012, Leno Merken (C‑149/11, EU:C:2012:816), invocata dalla Nestlé e dall’EUIPO, è priva di pertinenza, poiché riguarda l’interpretazione dell’articolo 15, paragrafo 1, di tale regolamento, relativo all’uso effettivo di un marchio dell’Unione europea già registrato.

70      Vero è che la Corte ha dichiarato che i requisiti prevalenti quanto alla verifica dell’uso effettivo di un marchio, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento (CE) 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), disposizione che è stata ripresa senza modifiche all’articolo 15, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 207/2009, sono analoghi a quelli concernenti l’acquisizione del carattere distintivo di un segno in seguito all’uso ai fini della sua registrazione, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, dello stesso regolamento (sentenza del 18 aprile 2013, Colloseum Holding, C‑12/12, EU:C:2013:253, punto 34).

71      Tuttavia, occorre rilevare che, contrariamente alla causa decisa con la sentenza del 19 dicembre 2012, Leno Merken (C‑149/11, EU:C:2012:816), nella quale la Corte ha precisato che, per valutare l’esistenza di un «uso effettivo nella Comunità» ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009, si deve prescindere dai confini del territorio degli Stati membri, la sentenza del 18 aprile 2013, Colloseum Holding (C‑12/12, EU:C:2013:253), verte, non già sull’ambito geografico rilevante per valutare l’esistenza dell’uso effettivo ai sensi di tale disposizione, bensì sulla possibilità di ritenere che la condizione dell’uso effettivo di un marchio ai sensi di detta disposizione sia soddisfatta quando un marchio registrato, che abbia acquisito carattere distintivo in seguito all’uso di un altro marchio complesso di cui costituisce uno degli elementi, sia utilizzato solo attraverso quest’altro marchio complesso, oppure qualora esso sia utilizzato solo congiuntamente con un altro marchio e la combinazione dei due marchi in parola sia, per di più, a sua volta registrata come marchio.

72      Il punto 34 della sentenza del 18 aprile 2013, Colloseum Holding (C‑12/12, EU:C:2013:253), non può quindi essere letto nel senso che i requisiti prevalenti riguardo alla valutazione dell’ambito territoriale che consentono la registrazione di un marchio in seguito all’uso sono analoghi a quelli che consentono il mantenimento dei diritti del titolare di un marchio registrato.

73      Occorre altresì rilevare che, in materia di uso effettivo di un marchio dell’Unione europea già registrato, non esiste alcuna disposizione analoga a quella dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento n. 207/2009, di modo che non può essere ritenuto a priori che un siffatto uso non sussista, per il solo motivo che il marchio considerato non è stato utilizzato in una parte dell’Unione.

74      La Corte ha quindi dichiarato che pur essendo giustificato attendersi che un marchio dell’Unione europea venga utilizzato in un territorio più esteso di quello di un solo Stato membro affinché tale uso possa essere qualificato come «uso effettivo», non è tuttavia escluso che, in determinate circostanze, il mercato dei prodotti o dei servizi per i quali un marchio dell’Unione europea è stato registrato sia, di fatto, limitato al territorio di un solo Stato membro, cosicché un uso di detto marchio in tale territorio potrebbe soddisfare la condizione dell’uso effettivo di un marchio dell’Unione europea (sentenza del 19 dicembre 2012, Leno Merken, C‑149/11, EU:C:2012:816, punto 50).

75      Per contro, per quanto riguarda l’acquisizione da parte di un marchio del carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto, si deve ricordare che la Corte ha già indicato che un segno può essere registrato in quanto marchio dell’Unione europea, in base all’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 solo se viene fornita la prova che esso ha acquisito, in seguito all’uso che ne è stato fatto, un carattere distintivo nella parte dell’Unione in cui esso non aveva ab initio un tale carattere ai sensi del paragrafo 1, lettera b), del medesimo articolo (sentenza del 22 giugno 2006, Storck/UAMI, C‑25/05 P, EU:C:2006:422, punto 83). La Corte ha parimenti precisato che la parte dell’Unione considerata al paragrafo 2 di detto articolo può essere eventualmente costituita da un solo Stato membro.

76      Ne consegue che, per quanto riguarda un marchio privo di carattere distintivo ab initio nel complesso degli Stati membri, un siffatto marchio può essere registrato in forza di tale disposizione soltanto se è dimostrato che esso ha acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso in tutto il territorio dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI, C‑98/11 P, EU:C:2012:307, punti 61 e 63).

77      Certamente, al punto 62 della sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI (C‑98/11 P, EU:C:2012:307), fatto valere dalla Nestlé e dall’EUIPO, la Corte ha rilevato che, benché sia vero che l’acquisizione, da parte di un marchio, di un carattere distintivo in seguito all’uso debba essere dimostrata per la parte dell’Unione in cui esso non aveva ab initio un carattere del genere, sarebbe tuttavia eccessivo pretendere che la prova di tale acquisizione venga fornita con riferimento a ciascun singolo Stato membro.

78      Tuttavia, contrariamente a quanto affermano la Nestlé e l’EUIPO, da siffatta considerazione non deriva che, quando un marchio è privo di carattere distintivo intrinseco in tutta l’Unione, per ottenere la sua registrazione come marchio dell’Unione europea in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, sia sufficiente provare che esso abbia acquisito carattere distintivo in seguito all’uso in una parte significativa dell’Unione, quand’anche tale prova non sia stata fornita per ciascuno Stato membro.

79      A detto riguardo, si deve sottolineare la distinzione tra, da un lato, i fatti che devono essere provati, ossia l’acquisizione del carattere distintivo in seguito all’uso da parte di un segno privo di un siffatto carattere intrinseco e, dall’altro lato, i mezzi di prova idonei a dimostrare tali fatti.

80      Nessuna disposizione del regolamento n. 207/2009 impone infatti di stabilire con prove distinte l’acquisizione del carattere distintivo in seguito all’uso in ciascun singolo Stato membro. Non può essere pertanto escluso che elementi di prova dell’acquisizione, da parte di un segno determinato, del carattere distintivo in seguito all’uso presentino una rilevanza riguardo a più Stati membri, se non a tutta l’Unione.

81      In particolare, come ha rilevato, in sostanza, l’avvocato generale al paragrafo 78 delle sue conclusioni, è possibile che, per taluni prodotti o servizi, gli operatori economici abbiano raggruppato più Stati membri all’interno della medesima rete di distribuzione e abbiano trattato detti Stati membri, in particolare dal punto di vista delle loro strategie di marketing, come se costituissero uno stesso e unico mercato nazionale. In tale ipotesi, gli elementi di prova dell’uso di un segno in un siffatto mercato transfrontaliero possono avere una rilevanza per tutti gli Stati membri interessati.

82      Lo stesso accadrà qualora, a motivo della prossimità geografica, culturale o linguistica tra due Stati membri, il pubblico di riferimento del primo abbia una conoscenza sufficiente dei prodotti o dei servizi presenti nel mercato nazionale del secondo.

83      Da tali considerazioni risulta che, sebbene non sia necessario, ai fini della registrazione, sulla base dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, di un marchio privo ab initio di carattere distintivo nel complesso degli Stati membri dell’Unione, che sia fornita la prova, per ciascun singolo Stato membro, dell’acquisizione da parte del marchio in parola del carattere distintivo in seguito all’uso, le prove fornite devono consentire di dimostrare una siffatta acquisizione in tutti gli Stati membri dell’Unione.

84      Ciò posto, la questione se gli elementi di prova presentati siano sufficienti a dimostrare l’acquisizione, da parte di un segno determinato, del carattere distintivo in seguito all’uso nella parte del territorio dell’Unione in cui detto segno non possedeva ab initio un siffatto carattere, rientra nella valutazione delle prove che incombe, in primo luogo, agli organi dell’EUIPO.

85      Una simile valutazione è soggetta al controllo del Tribunale il quale, quando dinanzi ad esso è proposto un ricorso contro una decisione di una commissione di ricorso, è il solo competente ad accertare i fatti e quindi a valutarli. Per contro, la valutazione dei fatti non costituisce una questione di diritto, come tale soggetta al controllo della Corte nell’ambito di un’impugnazione, salvo il caso di snaturamento, da parte del Tribunale, degli elementi ad esso sottoposti (sentenza del 19 settembre 2002, DKV/UAMI, C‑104/00 P, EU:C:2002:506, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

86      Tuttavia, se gli organi dell’EUIPO, o il Tribunale, dopo aver valutato tutti gli elementi di prova che sono stati loro sottoposti, reputano che alcuni di tali elementi siano sufficienti a provare l’acquisizione, da parte di un segno determinato, del carattere distintivo in seguito all’uso nella parte dell’Unione in cui esso è privo di un siffatto carattere ab initio e a giustificare, così, la sua registrazione in quanto marchio dell’Unione europea, essi devono chiaramente enunciare detto capo della decisione nelle loro rispettive decisioni.

87      Nella specie, da un lato, dalle considerazioni che precedono risulta che è senza incorrere in errori di diritto che il Tribunale ha ritenuto, al punto 139 della sentenza impugnata che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, nel caso di un marchio che non ha un carattere distintivo intrinseco in tutta l’Unione, il carattere distintivo acquisito in seguito all’uso di tale marchio debba essere dimostrato nel complesso del territorio in parola e non già soltanto in una parte sostanziale o nella maggior parte del territorio dell’Unione, cosicché, sebbene una prova del genere possa essere fornita complessivamente per tutti gli Stati membri interessati oppure separatamente per diversi Stati membri o gruppi di Stati membri, non è per contro sufficiente che colui a cui ne incombe l’onere si limiti a produrre elementi di prova di una siffatta acquisizione che non comprendano una parte dell’Unione, ancorché costituita da un solo Stato membro.

88      D’altro lato, alla luce delle stesse considerazioni il Tribunale ha ritenuto, correttamente, ai punti da 170 a 178 della sentenza impugnata, che la decisione controversa fosse viziata da un errore di diritto, nella parte in cui la commissione di ricorso ha considerato che il marchio controverso aveva acquisito carattere distintivo in seguito all’uso, tale da giustificare l’applicazione, nei suoi confronti, dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, senza pronunciarsi sull’acquisizione, da parte del marchio in parola, di un siffatto carattere distintivo in Belgio, in Irlanda, in Grecia e in Portogallo.

89      Ne consegue che l’unico motivo dell’impugnazione nella causa C‑84/17 P ed entrambi i motivi dell’impugnazione nella causa C‑95/17 P sono infondati e devono essere respinti, come pure tali impugnazioni nella loro integralità.

 Sulle spese

90      Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è respinta la Corte statuisce sulle spese. L’articolo 138, paragrafi 1 e 2, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, di quest’ultimo, dispone, da un lato, che la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda e, dall’altro, che, quando vi siano più parti soccombenti, la Corte decide sulla ripartizione delle spese.

91      Poiché tutte le impugnazioni sono state respinte, ciascuna parte sopporterà le proprie spese, ivi compresa la Marques, nella sua qualità di parte interveniente nell’impugnazione, conformemente all’articolo 140, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Le impugnazioni sono respinte.

2)      La Société des produits Nestlé SA, l’European Association of Trade Mark Owners (Marques), la Mondelez UK Holdings & Services Ltd nonché l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) sopportano ciascuno le proprie spese.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.