Language of document : ECLI:EU:C:2006:192

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

23 marzo 2006 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Violazione della normativa comunitaria in materia di diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione – Legislazione e prassi amministrativa nazionali per quanto riguarda la condizione di disporre di risorse personali sufficienti e l’emissione di ordini di lasciare il territorio dello Stato membro interessato»

Nella causa C-408/03,

avente ad oggetto un ricorso per inadempimento ai sensi dell’art. 226 CE, proposto il 30 settembre 2003,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dalla sig.ra M. Condor‑Durande e dal sig. D. Martin, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Regno del Belgio, rappresentato dalla sig.ra E. Dominkovits, in qualità di agente,

convenuto,

sostenuto da:

Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, rappresentato dalla sig.ra C. Jackson, in qualità di agente, assistita dalla sig.ra E. Sharpston, QC,

interveniente,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Schiemann (relatore) e J. Makarczyk, presidenti di sezione, dai sigg. J.-P. Puissochet, R. Schintgen, P. Kūris, J. Klučka, U. Lõhmus, E. Levits e A.Ó Caoimh, giudici,

avvocato generale: sig. D. Ruiz-Jarabo Colomer

cancelliere: sig.ra K. Sztranc, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 20 settembre 2005,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 ottobre 2005,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione delle Comunità europee chiede alla Corte di dichiarare che:

–        sottoponendo il diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione europea alla condizione che essi dispongano di risorse personali sufficienti, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza dell’art. 18 CE e della direttiva del Consiglio 28 giugno 1990, 90/634/CEE, relativa al diritto di soggiorno (GU L 180, pag. 26);

–        prevedendo la possibilità di notificare in maniera automatica un ordine di lasciare il territorio ai cittadini dell’Unione che non abbiano prodotto i documenti richiesti per il rilascio di un titolo di soggiorno entro un dato termine, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza dell’art. 2 della direttiva 90/364, dell’art. 4 della direttiva del Consiglio 15 ottobre 1968, 68/360/CEE, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all’interno della Comunità (GU L 257, pag. 13), dell’art. 4 della direttiva del Consiglio 21 maggio 1973, 73/148/CEE, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei cittadini degli Stati membri all’interno della Comunità in materia di stabilimento e di prestazione di servizi (GU L 172, pag. 14), dell’art. 2 della direttiva del Consiglio 29 ottobre 1993, 93/96/CEE, relativa al diritto di soggiorno degli studenti (GU L 317, pag. 59), e dell’art. 2 della direttiva del Consiglio 28 giugno 1990, 90/365/CEE, relativa al diritto di soggiorno dei lavoratori salariati e non salariati che hanno cessato la propria attività professionale (GU L 180, pag. 28).

 Contesto normativo

 Normativa comunitaria

2        L’art. 1, n. 1, primo comma, della direttiva 90/364 recita:

«1. Gli Stati membri accordano il diritto di soggiorno ai cittadini degli Stati membri che non beneficiano di questo diritto in virtù di altre disposizioni del diritto comunitario nonché ai loro familiari quali sono definiti nel paragrafo 2, a condizione che essi dispongano per sé e per i propri familiari di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di risorse sufficienti per evitare che essi diventino durante il soggiorno un onere per l’assistenza sociale dello Stato membro ospitante».

3        L’art. 2, n. 1, della detta direttiva prevede:

«Il diritto di soggiorno è constatato mediante il rilascio di un documento denominato “carta di soggiorno di cittadino di uno Stato membro della CEE”, la cui validità può essere limitata a cinque anni e che è rinnovabile. Tuttavia gli Stati membri, allorché lo ritengano necessario, possono esigere che la validità della carta sia riconfermata al termine dei primi due anni del soggiorno. Al familiare che non abbia la cittadinanza di uno Stato membro, viene rilasciato un documento di soggiorno avente la medesima validità di quello rilasciato al cittadino da cui dipende.

Per il rilascio della carta di soggiorno o del documento di soggiorno, lo Stato membro può soltanto esigere dal richiedente di presentare una carta d’identità o un passaporto in corso di validità e di fornire la prova che egli soddisfa le condizioni previste all’articolo 1».

4        Ai sensi dell’art. 3 della stessa direttiva, il diritto di soggiorno sussiste finché i beneficiari di tale diritto soddisfano le condizioni di cui all’art. 1 di quest’ultima.

5        L’art. 4 della direttiva 68/360 dispone:

«1.      Gli Stati membri riconoscono il diritto di soggiorno sul loro territorio alle persone di cui all’articolo 1, che siano in grado di esibire i documenti indicati al paragrafo 3.

2.      Il diritto di soggiorno viene comprovato con il rilascio di un documento denominato “carta di soggiorno di cittadino di uno Stato membro della CEE”.

(…)

3.      Per il rilascio della carta di soggiorno di cittadino di uno Stato membro della CEE, gli Stati membri possono esigere soltanto la presentazione [di taluni] documenti qui di seguito indicati: (…)».

6        L’art. 4, n. 1, commi primo e secondo, della direttiva 73/148 è del seguente tenore:

«Ogni Stato membro riconosce un diritto di soggiorno permanente ai cittadini degli Stati membri che si stabiliscono nel suo territorio per esercitarvi un’attività indipendente, quando le restrizioni relative a tale attività siano state soppresse in virtù del Trattato.

Il diritto di soggiorno è comprovato dal rilascio di un documento denominato “carta di soggiorno di cittadino di uno Stato membro delle Comunità europee” (…)».

7        L’art. 6 della stessa direttiva recita:

«Per il rilascio della carta e del permesso di soggiorno lo Stato membro può esigere dal richiedente soltanto:

a)      l’esibizione del documento in forza del quale egli è entrato nel suo territorio;

b)      la prova che egli rientra in una delle categorie di cui agli articoli 1 e 4».

8        L’art. 1 della direttiva 93/96 prevede:

«Per precisare le condizioni destinate a facilitare l’esercizio del diritto di soggiorno e per garantire l’accesso alla formazione professionale in maniera non discriminatoria ai cittadini di uno Stato membro ammessi a seguire una formazione professionale in un altro Stato membro, gli Stati membri riconoscono il diritto di soggiorno a qualsiasi studente cittadino di uno Stato membro, nonché al coniuge ed ai figli a carico, il quale non disponga di tale diritto in base ad un’altra disposizione di diritto comunitario ed assicuri all’autorità nazionale interessata con una dichiarazione oppure, a sua scelta, con qualsiasi altro mezzo almeno equivalente di disporre di risorse onde evitare che, durante il soggiorno, lo studente e la sua famiglia diventino un onere per l’assistenza sociale dello Stato membro ospitante e a condizione che sia iscritto in un istituto riconosciuto per seguirvi, a titolo principale, una formazione professionale e che lo studente e la sua famiglia dispongano di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante».

9        Ai sensi dell’art. 2, n. 1, commi secondo e terzo, della detta direttiva:

«Il diritto di soggiorno è constatato mediante il rilascio di un documento denominato “carta di soggiorno di cittadino di uno Stato membro della CEE”.

(…)

Per il rilascio della carta di soggiorno o del documento di soggiorno, lo Stato membro può esigere unicamente che il richiedente presenti una carta d’identità o un passaporto in corso di validità e fornisca la prova che soddisfa le condizioni previste all’articolo 1».

10      L’art. 1, n. 1, primo comma, della direttiva 90/365 dispone:

«Gli Stati membri accordano il diritto di soggiorno ai cittadini di uno Stato membro che hanno esercitato nella Comunità un’attività come lavoratori salariati o non salariati nonché ai loro familiari quali sono definiti nel paragrafo 2, a condizione che essi beneficino di una pensione di invalidità, di un pensionamento anticipato o di una pensione di vecchiaia oppure di una rendita per infortunio sul lavoro o per malattia professionale di livello sufficiente per evitare che, durante il loro soggiorno, costituiscano un onere per l’assistenza sociale dello Stato membro ospitante e a condizione che dispongano di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante».

11      L’art. 2, n. 1, della detta direttiva prevede:

«Il diritto di soggiorno è constatato mediante il rilascio di un documento denominato “carta di soggiorno di cittadino di uno Stato membro della CEE”.

(…)

Per il rilascio della carta di soggiorno o del documento di soggiorno, lo Stato membro può soltanto esigere dal richiedente di presentare una carta d’identità o un passaporto in corso di validità e di fornire la prova che egli soddisfa le condizioni previste all’articolo 1».

 La normativa nazionale

12      Le condizioni di soggiorno dei cittadini dell’Unione in Belgio sono disciplinate dalle disposizioni del regio decreto 8 ottobre 1981, relativo all’accesso al territorio, al soggiorno, allo stabilimento e all’allontanamento degli stranieri (Moniteur belge del 27 ottobre 1981, pag. 1), come modificato dal regio decreto 12 giugno 1998 (Moniteur belge del 21 agosto 1998, pag. 26854; in prosieguo: il «regio decreto»).

13      Per quanto riguarda il diritto di soggiorno dei cittadini degli Stati membri previsto dalla direttiva 90/364, l’art. 53 del regio decreto dispone:

«1.      Lo straniero cittadino di un paese CE (…) beneficia del diritto di stabilirsi nel Regno a condizione che esso disponga di un’assicurazione malattia che copra i rischi in Belgio e a condizione che fruisca di risorse sufficienti per non divenire un onere per i pubblici poteri.

2.      (…)

Entro la fine del quinto mese successivo alla domanda di stabilimento, lo straniero cittadino di un paese CE deve giustificare con ogni mezzo di prova se esso soddisfi le condizioni poste al [n.] 1.

(…)

4.      Il Ministro o un suo delegato rifiuta lo stabilimento qualora le condizioni poste allo stabilimento non siano soddisfatte. Il sindaco o un suo delegato rifiuta lo stabilimento qualora i documenti richiesti non siano stati prodotti entro il termine [di cinque mesi].

In entrambi i casi, lo straniero riceve la notifica di tale decisione con la consegna di un documento (…) che comporta eventualmente un ordine di lasciare il territorio.

(…)

6.      Qualora lo stabilimento sia rifiutato conformemente al [n.] 4, alla fine del quinto mese successivo alla domanda (…) lo straniero cittadino di un paese CE forma oggetto di un ordine di lasciare il territorio. L’ordine di lasciare il territorio è esecutivo quindici giorni dopo la scadenza della durata di validità dell’attestazione di iscrizione nel registro».

14      L’art. 5, terzo comma, lett. b), punto 1, della circolare del 14 luglio 1998, relativa alle condizioni di soggiorno degli stranieri cittadini di paesi CE e dei loro familiari nonché dei familiari stranieri dei cittadini belgi (Moniteur belge del 21 agosto 1998, pag. 27032), conferma che, se i documenti giustificativi richiesti non sono prodotti entro il termine impartito, l’amministrazione è tenuta non soltanto a rifiutare il soggiorno, ma anche a notificare un ordine di lasciare il territorio nazionale.

15      Per quanto riguarda il diritto di soggiorno dei lavoratori subordinati o autonomi, l’art. 45 del regio decreto prevede:

«1.      Lo straniero cittadino di un paese CE che viene in Belgio per esercitarvi un’attività subordinata o autonoma (…) è (…) iscritto nel registro degli stranieri e gli viene rilasciata un’attestazione di iscrizione nel registro valida (…) cinque mesi a partire dalla data del rilascio.

(…)

Prima della fine del quinto mese successivo alla domanda di stabilimento, lo straniero cittadino di un paese CE deve produrre un’attestazione del datore di lavoro (…) se esercita o intende esercitare un’attività subordinata, ovvero i documenti richiesti per l’esercizio della professione, se esercita o intende esercitare un’attività autonoma.

(…)

3.      Il Ministro o un suo delegato nega lo stabilimento se non sono soddisfatte le condizioni poste allo stabilimento. Il sindaco o un suo delegato nega lo stabilimento qualora i documenti richiesti non siano stati prodotti entro il termine previsto al [n.] 1, terzo comma.

In entrambi i casi, lo straniero riceve una notifica della decisione (…) che comporta eventualmente un ordine di lasciare il territorio.

(…)

5.      (…) L’ordine di lasciare il territorio è esecutivo trenta giorni dopo la scadenza della durata di validità dell’attestazione di iscrizione nel registro.

(….)».

16      Analogamente, per quanto riguarda i lavoratori subordinati o autonomi che hanno cessato le loro attività lavorative, l’art. 51, n. 4, del regio decreto dispone che lo straniero riceve notifica della decisione di diniego di stabilimento con ordine di lasciare il territorio qualora i documenti richiesti non siano stati prodotti entro la fine del quinto mese successivo alla domanda di stabilimento. L’ordine di lasciare il territorio è esecutivo quindici giorni dopo la scadenza della durata di validità dell’attestazione di iscrizione nel registro.

17      Per quanto riguarda il diritto di soggiorno degli studenti, l’art. 55 del regio decreto prevede che, qualora il cittadino di uno Stato membro non fornisca alcuna giustificazione tale da dimostrare che egli soddisfa alle condizioni di soggiorno entro il termine di tre mesi successivi alla sua domanda di soggiorno, l’amministrazione comunale emetta nei suoi confronti una decisione che pone fine al suo soggiorno, con ordine di lasciare il territorio.

 Il procedimento precontenzioso

18      Risulta dagli atti che la Commissione ha ricevuto varie denunce concernenti la legislazione e la prassi amministrativa belghe per quanto riguarda, da un lato, le condizioni di concessione delle autorizzazioni di soggiorno in base alla direttiva 90/364 e, dall’altro, gli ordini di lasciare il territorio nazionale emessi nei confronti di cittadini dell’Unione.

19      Essa fa valere che la sua attenzione è stata più in particolare attirata dalla situazione della sig.ra De Figueiredo, cittadina portoghese venuta in Belgio con le sue tre figlie, nell’agosto 1999, per raggiungere un cittadino belga, suo partner da lunga data. Dalla dichiarazione di arrivo redatta il 30 agosto 1999 risulta che il soggiorno era autorizzato sino al 29 ottobre 1999. Il partner della sig.ra De Figueiredo ha contemporaneamente presentato un documento di presa a carico.

20      Il 16 dicembre 1999, alla sig.ra De Figueiredo è stato notificato un ordine di lasciare il territorio in quanto ella era rimasta in Belgio oltre la data di scadenza figurante sulla dichiarazione di arrivo. Le autorità belghe hanno ritenuto che l’interessata non soddisfacesse la condizione di risorse sufficienti di cui all’art. 1 della direttiva 90/364, precisando che l’impegno di presa a carico sottoscritto dal suo partner non costituiva la prova che ella disponesse di risorse sufficienti.

21      Dopo uno scambio di corrispondenza tra le autorità belghe e la Commissione, quest’ultima, con la sua lettera di diffida dell’8 maggio 2001, ha informato il Regno del Belgio che essa riteneva che le risorse da prendere in considerazione non fossero unicamente le risorse proprie della persona che sollecita la concessione di una carta di soggiorno. D’altro canto, per quanto riguarda l’ordine di lasciare il territorio nazionale, la Commissione si è posta la questione del carattere automatico, ai sensi del diritto belga, della decisione dell’amministrazione di emettere tale ordine, una volta constatata la non produzione dei documenti giustificativi necessari al rilascio della carta di soggiorno.

22      Nella loro risposta alla lettera di diffida, le autorità belghe hanno precisato che, a loro parere, l’art. 1, n. 1, primo comma, della direttiva 90/364 implica che il cittadino dell’Unione che fa valere il beneficio di tale direttiva deve disporre di risorse personali sufficienti.

23      Le dette autorità hanno fatto valere che anche i redditi provenienti da un terzo possono essere presi in considerazione purché essi appartengano al coniuge e/o ai figli del cittadino dell’Unione che rivendica il beneficio della direttiva 90/364. Il legame tra quest’ultimo e la persona da lui designata come la fonte, anche parziale, dei suoi redditi dovrebbe inserirsi in un contesto giuridico perché lo Stato membro ospitante abbia la certezza che tale persona è vincolata da un obbligo giuridico che consenta di sostenere finanziariamente il cittadino dell’Unione.

24      Inoltre, le autorità belghe hanno precisato di ritenere di poter legittimamente prendere un provvedimento di allontanamento nei confronti di un cittadino dell’Unione che rimane in Belgio per più di tre mesi senza avviare il procedimento di stabilimento o che non produce i documenti richiesti nell’ambito della domanda di stabilimento da lui presentata.

25      Ritenendo che gli argomenti fatti valere del Regno del Belgio in risposta alla diffida non fossero soddisfacenti, il 3 aprile 2002 la Commissione ha inviato un parere motivato a tale Stato membro, invitandolo a prendere i provvedimenti necessari per conformarsi a tale parere entro un termine di due mesi a decorrere dalla sua notifica.

26      Non essendo soddisfatta della risposta del Regno del Belgio al detto parere motivato, la Commissione ha proposto il ricorso in esame.

27      Con ordinanza del presidente della Corte 9 marzo 2004, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord è stato ammesso ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Regno del Belgio.

 Sul ricorso

 Sulla prima censura, relativa alla condizione secondo la quale il cittadino dell’Unione deve disporre di risorse personali sufficienti

 Argomenti delle parti

28      La Commissione sostiene che l’art. 1, n. 1, primo comma, della direttiva 90/364 non richiede assolutamente che un cittadino dell’Unione disponga di risorse personali sufficienti per sé e per i suoi familiari.

29      Tale interpretazione letterale della detta disposizione sarebbe confortata dall’obiettivo perseguito dalla direttiva 90/364, ossia quello di evitare che il titolare del diritto di soggiorno o i suoi familiari diventino un onere per l’assistenza sociale dello Stato membro ospitante. La Commissione sostiene che, per la realizzazione di tale obiettivo, poco importa che le risorse siano proprie del titolare del diritto di soggiorno o che esse provengano da altra fonte.

30      Così, tali risorse potrebbero essere costituite o integrate da quelle di un parente o di un terzo, ad esempio una persona che coabita con il titolare del diritto di soggiorno o garantisce per quest’ultimo, purché siano forniti documenti giustificativi adeguati. La Commissione ritiene che la distinzione operata dalle autorità belghe per quanto riguarda l’origine dei redditi, a seconda che essi provengano o meno da persone con le quali il cittadino dell’Unione ha legami giuridici, sia artificiosa e non trovi alcun fondamento nel diritto comunitario.

31      La Commissione conclude che, imponendo al cittadino dell’Unione di disporre personalmente di risorse sufficienti per sé e per la sua famiglia, le autorità belghe violano l’art. 18 CE e non rispettano il principio di proporzionalità nell’applicazione della condizione relativa all’esistenza di risorse sufficienti posta dalla direttiva 90/364.

32      Dopo aver mantenuto una posizione più rigida, il Regno del Belgio, nella sua controreplica, ha mitigato la sua posizione accettando di tener conto delle risorse di un partner, ma unicamente qualora quest’ultimo si sia contrattualmente impegnato a metterle a disposizione del cittadino dell’Unione mediante un atto negoziale stipulato dinanzi al notaio e contenente una clausola di assistenza.

33      Quanto alla provenienza di tali risorse, il Regno Unito sostiene che il richiedente un titolo di soggiorno debba disporre di risorse personali sufficienti senza che possa avvalersi al riguardo delle risorse di un familiare.

 Giudizio della Corte

–       Osservazioni preliminari

34      Il diritto di soggiornare sul territorio degli Stati membri sancito dall’art. 18, n. 1, CE è riconosciuto direttamente ad ogni cittadino dell’Unione da una disposizione chiara e precisa del Trattato CE, subordinatamente alle limitazioni e alle condizioni previste da quest’ultimo nonché dalle relative disposizioni di attuazione (v. sentenza 17 settembre 2002, causa C-413/99, Baumbast e R, Racc. pag. I-7901, punti 84 e 85).

35      Ai fini della presente controversia, tali limitazioni e condizioni discendono dalla direttiva 90/364.

36      Risulta dall’art. 1, n. 1, primo comma, di tale direttiva che gli Stati membri possono esigere dai cittadini di un altro Stato membro che intendono beneficiare del diritto di soggiorno sul loro territorio che essi dispongano, per sé stessi e per i propri familiari, di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante e di risorse sufficienti per evitare che essi diventino, durante il loro soggiorno, un onere per l’assistenza sociale di tale Stato.

37      Queste condizioni, lette alla luce del quarto ‘considerando’ della detta direttiva, ai sensi del quale i beneficiari del diritto di soggiorno non devono costituire un onere eccessivo per le finanze pubbliche dello Stato membro ospitante, si ispirano all’idea che l’esercizio del diritto di soggiorno dei cittadini dell’Unione può essere subordinato ai legittimi interessi degli Stati membri (citata sentenza Baumbast e R, punto 90).

–       Esame della prima censura

38      Con la sua prima censura, la Commissione contesta al Regno del Belgio il fatto di prendere in considerazione, ai fini dell’applicazione della direttiva 90/364, unicamente le risorse personali del cittadino dell’Unione che sollecita il beneficio del diritto di soggiorno o quelle del coniuge o di un figlio di tale cittadino, ad esclusione delle risorse provenienti da un terzo, in particolare da un partner con il quale egli non abbia alcun legame giuridico.

39      È importante ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, l’applicazione delle condizioni e limitazioni prescritte all’art. 1, n. 1, primo comma, della direttiva 90/364 dev’essere operata nel rispetto dei limiti imposti dal diritto comunitario e in conformità ai principi generali del medesimo, in particolare al principio di proporzionalità. Ciò significa che i provvedimenti nazionali adottati a tal fine devono essere appropriati e necessari per conseguire lo scopo perseguito (v. citata sentenza Baumbast e R, punto 91).

40      Ai punti 30 e 31 della sentenza 19 ottobre 2004, causa C-200/02, Zhu e Chen (Racc. pag. I-9925), la Corte ha dichiarato che, secondo lo stesso tenore letterale dell’art. 1, n. 1, primo comma, della direttiva 90/364, è sufficiente che i cittadini degli Stati membri «dispongano» delle risorse necessarie, senza che tale disposizione contenga la minima esigenza in merito alla provenienza di queste ultime. Tale interpretazione si impone a maggior ragione in quanto le disposizioni che sanciscono un principio fondamentale come quello della libera circolazione delle persone devono essere interpretate estensivamente.

41      La Corte ha pertanto dichiarato che un’interpretazione della condizione relativa al carattere sufficiente delle risorse ai sensi della direttiva 90/364, secondo la quale l’interessato deve disporre egli stesso di tali risorse senza potersi avvalere al riguardo delle risorse di un familiare che lo accompagna, aggiungerebbe a tale condizione, come è formulata in tale direttiva, un requisito attinente alla provenienza delle risorse, che rappresenterebbe un’ingerenza sproporzionata nell’esercizio del diritto fondamentale di libera circolazione e di soggiorno garantito dall’art. 18 CE, in quanto non necessaria al raggiungimento dell’obiettivo perseguito, cioè la protezione delle finanze pubbliche degli Stati membri (citata sentenza Zhu e Chen, punto 33).

42      Risulta da tale giurisprudenza che, in quanto le risorse finanziarie siano assicurate da un familiare del cittadino dell’Unione, la condizione relativa all’esistenza di risorse sufficienti prevista all’art. 1, n. 1, primo comma, della direttiva 90/364 è soddisfatta.

43      Occorre esaminare se la stessa conclusione si imponga qualora un cittadino dell’Unione intenda avvalersi dei redditi del suo partner residente nello Stato membro ospitante.

44      Tale esame verte essenzialmente sulla questione della provenienza di tali redditi, mentre le autorità dello Stato membro ospitante hanno, in ogni caso, il diritto di procedere alle verifiche necessarie quanto alla loro esistenza, al loro livello e alla loro disponibilità.

45      Il Regno del Belgio ammette che redditi del genere possano essere presi in considerazione purché provengano da una persona unita al beneficiario con un vincolo giuridico che la impegni a sovvenire ai bisogni di quest’ultimo. Esso sostiene che tale condizione è giustificata dal fatto che, se si accettasse di prendere in considerazione i redditi di una persona il cui legame con il cittadino dell’Unione non sia giuridicamente definito e che possa, pertanto, essere sciolto senza difficoltà, si correrebbe un rischio maggiore che tale cittadino diventi, dopo un certo tempo, un onere per l’assistenza sociale dello Stato membro ospitante.

46      Tale giustificazione non può essere ammessa, dato che la condizione relativa all’esistenza di un vincolo giuridico, come raccomandato dal Regno del Belgio, tra il dispensatore e il beneficiario delle risorse è sproporzionata in quanto eccede quanto è necessario per la realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla direttiva 90/364, cioè la protezione delle finanze pubbliche dello Stato membro ospitante.

47      La perdita di risorse sufficienti, siano esse personali o provenienti da un terzo, è sempre un rischio latente, e ciò anche quando tale terzo si sia impegnato a sostenere finanziariamente il titolare del diritto di soggiorno. L’origine di tali risorse non ha pertanto incidenza automatica sul rischio che tale perdita si verifichi, dato che la realizzazione di un rischio del genere dipende da un’evoluzione delle circostanze.

48      Proprio alla luce di questo fatto, al fine di proteggere gli interessi legittimi dello Stato membro ospitante, la direttiva 90/364 contiene disposizioni che consentono a quest’ultimo di agire in caso di perdita effettiva delle risorse finanziarie, al fine di evitare che il titolare del diritto di soggiorno diventi un onere per le finanze pubbliche del detto Stato.

49      Così, l’art. 3 della direttiva 90/364 dispone che il diritto di soggiorno rimane finché i beneficiari di quest’ultimo rispondono alle condizioni previste all’art. 1 di tale direttiva.

50      Questa disposizione consente allo Stato membro ospitante di controllare che i cittadini dell’Unione beneficiari del diritto di soggiorno soddisfino alle condizioni a tal proposito previste dalla direttiva 90/364 durante tutto il loro soggiorno. D’altro canto, l’art. 2, n. 1, primo comma, della detta direttiva permette agli Stati membri di chiedere, qualora lo ritengano necessario, la riconferma della validità della carta di soggiorno al termine dei primi due anni di soggiorno.

51      Discende dall’insieme di tali considerazioni che escludendo, nell’applicazione della direttiva 90/364 ai cittadini di uno Stato membro che intendono avvalersi dei diritti derivanti da quest’ultima nonché dell’art. 18 CE, i redditi di un partner residente nello Stato membro ospitante, in mancanza di un atto negoziale stipulato dinanzi al notaio contenente una clausola di assistenza, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza del detto art. 18 CE e della detta direttiva.

52      Di conseguenza, si deve constatare che la prima censura fatta valere dalla Commissione è fondata.

 Sulla seconda censura, relativa all’ordine di lasciare il territorio notificato ai cittadini dell’Unione che non abbiano prodotto i documenti richiesti per il rilascio di un titolo di soggiorno entro un dato termine

 Argomenti delle parti

53      La Commissione sostiene che l’allontanamento di un cittadino dall’Unione può avvenire, al di fuori delle decisioni fondate sull’ordine, sulla sicurezza e sulla sanità pubbliche, solo se non ricorrono le condizioni previste dal diritto comunitario perché l’interessato benefici del diritto di soggiorno o se esso non soddisfa più le condizioni stesse.

54      Orbene, la decisione di allontanamento notificata dalle autorità belghe al cittadino dell’Unione sancirebbe in realtà il fatto che quest’ultimo non ha prodotto, entro il termine impartito, i documenti richiesti perché gli sia rilasciata una carta di soggiorno.

55      La Commissione ritiene che il fatto che l’interessato non si sia conformato agli obblighi amministrativi richiesti per il rilascio di una carta di soggiorno non significhi necessariamente che egli non soddisfa, in realtà, le condizioni poste dal diritto comunitario per il riconoscimento del diritto di soggiorno. La notifica automatica di un ordine di lasciare il territorio nazionale sarebbe pertanto contraria agli artt. 2 della direttiva 90/364, 4 della direttiva 68/360, 4 della direttiva 73/148, 2 della direttiva 93/96 e 2 della direttiva 90/365.

56      Nel suo controricorso, il Regno del Belgio sostiene che un cittadino di uno Stato membro può soggiornare più di tre mesi in un altro Stato membro solo se soddisfa le condizioni previste dai vari regolamenti e dalle varie direttive in materia di libera circolazione. Qualora soddisfasse le dette condizioni, il che può essere dimostrato solo con la presentazione dei documenti prescritti da questi stessi regolamenti e direttive, egli godrebbe della tutela accordata da questi ultimi e otterrebbe il rilascio di una carta di soggiorno che attesti il suo diritto alla libera circolazione.

57      La presentazione di documenti giustificativi che provino che ricorrono le dette condizioni è, secondo il Regno del Belgio, una conditio sine qua non dell’esercizio del diritto di soggiorno.

58      Di conseguenza, se il cittadino dell’Unione non ha presentato, allo scadere del termine impartito, nella fattispecie un termine di cinque mesi, i documenti necessari al fine di dimostrare che soddisfa le condizioni previste per il riconoscimento del suo diritto di soggiorno, si dovrebbe ritenere che egli abbia soggiornato più di tre mesi in Belgio senza valido motivo e, di conseguenza, sarebbe giustificato un provvedimento di allontanamento.

59      Tuttavia, il Regno del Belgio sottolinea il carattere relativo di tale provvedimento di allontanamento. Infatti, esso non sarebbe eseguito con la forza e sarebbe diretto, con la chiusura del procedimento di domanda di carta di soggiorno, a stabilire che il cittadino dell’Unione interessato non ha alcun titolo che lo autorizzi a soggiornare più di tre mesi sul territorio belga.

60      Esso aggiunge che nulla impedisce all’interessato di avviare un nuovo procedimento di stabilimento nel quale può fornire la prova che egli soddisfa le condizioni di soggiorno.

61      Il Regno Unito fa valere che, qualora il richiedente un titolo di soggiorno non produca le prove necessarie entro il termine impartito, l’autorità nazionale competente deve avere il diritto di prendere una decisione sfavorevole nei confronti di tale richiedente.

 Giudizio della Corte

–       Osservazioni preliminari

62      Il diritto dei cittadini di uno Stato membro di entrare nel territorio di un altro Stato membro e di dimorarvi, per gli scopi voluti dal Trattato, è un diritto attribuito direttamente da quest’ultimo o, a seconda dei casi, dalle disposizioni adottate per l’attuazione del detto Trattato (v. sentenza 8 aprile 1976, causa 48/75, Royer, Racc. pag. 497, punto 31).

63      Il rilascio di un titolo di soggiorno ad un cittadino di uno Stato membro dev’essere considerato non come un atto costitutivo di diritti, ma come un atto destinato ad accertare, da parte di uno Stato membro, la posizione individuale del cittadino di un altro Stato membro alla luce delle norme comunitarie (sentenze Royer, cit., punto 33, e 25 luglio 2002, causa C-459/99, MRAX, Racc. pag. I-6591, punto 74).

64      Tuttavia, poiché il diritto di soggiorno riconosciuto in forza dell’art. 18 CE non è incondizionato, spetta ai cittadini dell’Unione fornire la prova che essi soddisfano le condizioni poste al riguardo dalle disposizioni comunitarie pertinenti.

65      Le condizioni del rilascio del titolo di soggiorno sono disciplinate, per quanto riguarda i lavoratori subordinati, dalla direttiva 68/360; per quanto riguarda i lavoratori autonomi, dalla direttiva 73/148; per quanto riguarda gli studenti, dalla direttiva 93/96; per quanto riguarda i lavoratori subordinati e autonomi che hanno cessato la loro attività lavorativa, dalla direttiva 90/365, e, per quanto riguarda i cittadini comunitari che non beneficiano del diritto di soggiorno in virtù di altre disposizioni comunitarie, dalla direttiva 90/364.

–       Esame della seconda censura

66      Solo nel caso in cui il cittadino di uno Stato membro non sia in grado di provare che ricorrono tali condizioni lo Stato membro ospitante può adottare un provvedimento di allontanamento nel rispetto dei limiti imposti dal diritto comunitario (v., in questo senso, sentenza 17 febbraio 2005, causa C-215/03, Oulane, Racc. pag. I-1215, punto 55).

67      Orbene, con la sua seconda censura, la Commissione addebita alla normativa belga il fatto che la mancata produzione, da parte del cittadino di uno Stato membro, entro un dato termine, dei documenti giustificativi necessari al rilascio della carta di soggiorno comporta automaticamente la notifica di un ordine di allontanamento.

68      Una tale misura di allontanamento automatico pregiudica la sostanza stessa del diritto di soggiorno direttamente attribuito dal diritto comunitario. Anche se uno Stato membro può, se del caso, adottare un provvedimento di allontanamento nell’ipotesi in cui un cittadino di uno Stato membro non sia in grado di produrre, entro un dato termine, i documenti che comprovano che egli soddisfa alle condizioni finanziarie richieste, la natura automatica del provvedimento di allontanamento, quale previsto dalla normativa belga, rende quest’ultimo sproporzionato.

69      Infatti, a causa dell’automaticità dell’ordine di allontanamento, tale normativa non permette che sia tenuto conto dei motivi per i quali l’interessato non ha proceduto ai passi amministrativi necessari e della sua eventuale capacità di dimostrare di soddisfare le condizioni alle quali il diritto comunitario subordina il suo diritto di soggiorno.

70      Al riguardo resta irrilevante il fatto che non vi sia, in pratica, un’esecuzione immediata degli ordini di allontanamento. La normativa belga, in particolare gli artt. 45, 51 e 53 del regio decreto, prevede i termini alla scadenza dei quali gli ordini di allontanamento emessi diventano esecutivi. In ogni caso, il preteso carattere relativo degli ordini di allontanamento nulla toglie al fatto che tali provvedimenti sono sproporzionati rispetto alla gravità dell’infrazione e possono dissuadere i cittadini dell’Unione dall’esercitare il loro diritto alla libera circolazione.

71      Alla luce di quanto precede, occorre considerare fondata la seconda censura fatta valere dalla Commissione.

72      Di conseguenza, occorre constatare che:

–        escludendo, nell’applicazione della direttiva 90/364 ai cittadini di uno Stato membro che intendano avvalersi dei diritti derivanti da quest’ultima nonché dall’art. 18 CE, i redditi di un partner residente nello Stato membro ospitante, in mancanza di un atto negoziale stipulato dinanzi al notaio contenente una clausola di assistenza, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza del detto art. 18 CE e della detta direttiva;

–        prevedendo la possibilità di notificare in maniera automatica un ordine di lasciare il territorio nazionale ai cittadini dell’Unione che non abbiano prodotto, entro un dato termine, i documenti richiesti per il rilascio di un titolo di soggiorno, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza dell’art. 2 della direttiva 90/364, dell’art. 4 della direttiva 68/360, dell’art. 4 della direttiva 73/148, dell’art. 2 della direttiva 93/96 e dell’art. 2 della direttiva 90/365.

 Sulle spese

73      Ai sensi dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il Regno del Belgio, rimasto soccombente, dev’essere condannato alle spese. In forza del n. 4, primo comma, dello stesso articolo, gli Stati membri intervenienti nella causa sopportano le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      a)     Escludendo, nell’applicazione della direttiva 90/364 ai cittadini di uno Stato membro che intendano avvalersi dei diritti derivanti da quest’ultima nonché dall’art. 18 CE, i redditi di un partner residente nello Stato membro ospitante, in mancanza di un atto negoziale stipulato dinanzi al notaio contenente una clausola di assistenza, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza del detto art. 18 CE e della detta direttiva.

b)      Prevedendo la possibilità di notificare in maniera automatica un ordine di lasciare il territorio ai cittadini dell’Unione che non abbiano prodotto, entro un dato termine, i documenti richiesti per il rilascio di un titolo di soggiorno, il Regno del Belgio è venuto meno agli obblighi che ad esso incombono in forza dell’art. 2 della direttiva 90/364, dell’art. 4 della direttiva 68/360, dell’art. 4 della direttiva 73/148, dell’art. 2 della direttiva 93/96 e dell’art. 2 della direttiva 90/365.

2)      Il Regno del Belgio è condannato alle spese.

3)      Il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord sopporta le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: il francese.