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Ordinanza della Corte (Nona Sezione) del 18 dicembre 2019 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Székesfehérvári Törvényszék - Ungheria) – Hochtief AG / Fővárosi Törvényszék

(Causa C-362/18)1

(Rinvio pregiudiziale – Appalti pubblici – Procedure di ricorso – Direttiva 89/665/CEE – Direttiva 92/13/CEE – Diritto a una tutela giurisdizionale effettiva – Principi di effettività e di equivalenza – Ricorso per riesame delle decisioni giurisdizionali che contravvengono al diritto dell’Unione – Responsabilità degli Stati membri in caso di violazione del diritto dell’Unione da parte dei giudici nazionali – Valutazione del danno risarcibile)

Lingua processuale: l’ungherese

Giudice del rinvio

Székesfehérvári Törvényszék

Parti

Attrice: Hochtief AG

Convenuto: Fővárosi Törvényszék

Dispositivo

La responsabilità di uno Stato membro per danni causati dalla decisione di un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado che viola una norma di diritto dell’Unione è disciplinata dalle condizioni enunciate dalla Corte, in particolare, al punto 51 della sentenza del 30 settembre 2003, Köbler (C-224/01, EU:C:2003:513), senza tuttavia escludere che la responsabilità di tale Stato possa sorgere a condizioni meno restrittive in base al diritto nazionale. Tale responsabilità non è esclusa dal fatto che detta decisione abbia acquisito autorità di cosa giudicata. Nell’ambito dell’applicazione di tale responsabilità, spetta al giudice nazionale investito della domanda di risarcimento valutare, tenendo conto di tutti gli elementi che caratterizzano la situazione in esame, se il giudice nazionale che ha statuito in ultimo grado abbia commesso una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione, contravvenendo in modo manifesto al diritto dell’Unione applicabile, ivi compresa la pertinente giurisprudenza della Corte. Il diritto dell’Unione osta, invece, ad una norma di diritto nazionale che, in un caso del genere, escluda, in via generale, dai danni risarcibili le spese cagionate a una parte dalla decisione lesiva del giudice nazionale.

Il diritto dell’Unione, in particolare la direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2007, e la direttiva 92/13/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all'applicazione delle norme comunitarie in materia di procedure di appalto degli enti erogatori di acqua e di energia e degli enti che forniscono servizi di trasporto nonché degli enti che operano nel settore delle telecomunicazioni, come modificata dalla direttiva 2007/66, unitamente ai principi di equivalenza e di effettività, dev’essere interpretato nel senso che esso non osta alla normativa di uno Stato membro che non autorizza il riesame di una sentenza, passata in giudicato, di un giudice di detto Stato membro, che si è pronunciato su un ricorso di annullamento avverso un atto di un’amministrazione aggiudicatrice senza affrontare una questione il cui esame era previsto in una sentenza precedente della Corte, pronunciata in risposta a una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta nell’ambito del procedimento relativo a tale ricorso di annullamento o in una sentenza precedente della Corte, pronunciata in risposta a una domanda di pronuncia pregiudiziale in un’altra causa. Tuttavia, qualora le norme processuali interne applicabili prevedano la possibilità, per il giudice nazionale, di riesaminare una sentenza passata in giudicato, per rendere la situazione derivante da tale pronuncia compatibile con una decisione giudiziaria definitiva nazionale precedente, di cui il giudice che ha emesso tale sentenza e le parti della causa che l’ha originata erano già a conoscenza, tale possibilità deve prevalere, conformemente ai principi di equivalenza e di effettività, alle stesse condizioni, per ripristinare la conformità di tale situazione al diritto dell’Unione, come interpretato da una precedente sentenza della Corte.

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1 GU 2018, C 311, del 3.09.2018.