Language of document : ECLI:EU:C:2018:317

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 16 maggio 2018(1)

Causa C268/17

Ured za suzbijanje korupcije i organiziranog kriminaliteta

contro

AY

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Županijski sud u Zagrebu (Tribunale di comitato di Zagabria, Croazia)]

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2002/584/GAI – Articolo 3, punto 2, e articolo 4, punto 3 – Mandato di arresto europeo – Motivi di non esecuzione – Nozione di sentenza definitiva per gli stessi fatti – Persona ricercata – Qualità di testimone nello Stato membro di esecuzione»






1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Županijski sud u Zagrebu (Tribunale di comitato di Zagabria, Croazia) darà alla Corte l’occasione di chiarire che, in linea di principio, essa non ha la competenza in materia d’interpretazione di disposizioni sulla non esecuzione di un mandato di arresto europeo (in prosieguo: il «MAE»), laddove le questioni provengano da un giudice dello Stato membro che ha emesso detto MAE in conformità alla decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri (in prosieguo: la «decisione quadro») (2).

 Contesto normativo

2.        L’articolo 1 della decisione quadro, intitolato «Definizione del mandato d’arresto europeo ed obbligo di darne esecuzione», prevede quanto segue:

«1.      Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.

2.      Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.

3.      L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea non può essere modificata per effetto della presente decisione quadro».

3.        L’articolo 2, intitolato «Campo d’applicazione del mandato d’arresto europeo» stabilisce, ai paragrafi 1 e 2, quanto segue:

«1.      Il mandato d’arresto europeo può essere emesso per dei fatti puniti dalle leggi dello Stato membro emittente con una pena privativa della libertà o con una misura di sicurezza privative della libertà della durata massima non inferiore a dodici mesi oppure, se è stata disposta la condanna a una pena o è stata inflitta una misura di sicurezza, per condanne pronunciate di durata non inferiore a quattro mesi.

2.      Danno luogo a consegna in base al mandato d’arresto europeo, alle condizioni stabilite dalla presente decisione quadro e indipendentemente dalla doppia incriminazione per il reato, i reati seguenti, quali definiti dalla legge dello Stato membro emittente, se in detto Stato membro il massimo della pena o della misura di sicurezza privative della libertà per tali reati è pari o superiore a tre anni:

(…)

–        corruzione,

(…)».

4.        I «Motivi di non esecuzione obbligatoria del mandato di arresto europeo» sono elencati all’articolo 3 della citata decisione quadro, a norma del quale:

«L’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione (in prosieguo: “autorità giudiziaria dell’esecuzione”) rifiuta di eseguire il mandato d’arresto europeo nei casi seguenti:

(…)

2)      se in base ad informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato membro della condanna;

(…)».

5.        Ai sensi dell’articolo 4 della decisione quadro, intitolato «Motivi di non esecuzione facoltativa del mandato d’arresto europeo»:

«L’autorità giudiziaria d’esecuzione può rifiutare di eseguire il mandato d’arresto europeo:

(…)

3)      se le autorità giudiziarie dello Stato membro dell’esecuzione hanno deciso di non esercitare l’azione penale per il reato oggetto del mandato d’arresto europeo oppure di porvi fine, o se la persona ricercata ha formato oggetto in uno Stato membro di una sentenza definitiva per gli stessi fatti che osta all’esercizio di ulteriori azioni;

(…)».

 Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

6.        AY è un cittadino ungherese, presidente del consiglio di amministrazione di una società ungherese, imputato in un procedimento penale dinanzi al giudice del rinvio. Nell’atto d’imputazione emesso dallo Ured za suzbijanje korupcije ho organiziranog (ufficio incaricato della lotta contro la corruzione e la criminalità organizzata, in prosieguo: l’«USKOK»), il 31 marzo 2014 gli viene contestato di essersi accordato per versare una notevole quantità di denaro a un alto funzionario in Croazia, in cambio della conclusione di un accordo fra la società ungherese e il governo croato.

7.        Il 10 giugno 2011 l’USKOK ha avviato un’indagine nei confronti dell’indagato AY per fatti configuranti corruzione attiva, informando in maniera esauriente, prima dell’avvio dell’indagine, la procura generale ungherese e il procuratore generale ungherese in persona. Al momento dell’adozione della decisione di avviare un’indagine è stato chiesto alla competente autorità ungherese di fornire assistenza giuridica internazionale sentendo AY in veste di indagato e consegnandogli una convocazione. Le commissioni rogatorie sono state inviate tra il 10 giugno 2011 e il settembre 2013.

8.        Le autorità ungheresi non hanno dato esecuzione alle commissioni rogatorie. Le competenti autorità croate non sono perciò riuscite a reperire l’indagato A e, l’indagine croata contro l’indagato AY è stata sospesa nel dicembre 2012.

9.        Tuttavia, sulla base delle informazioni comunicategli in allegato alla commissione rogatoria, il procuratore generale ungherese ha avviato un’indagine, sussistendo ragionevoli motivi per sospettare che fosse stato commesso un reato recante pregiudizio all’integrità della vita pubblica, sotto forma di corruzione attiva in ambito internazionale, contemplata dal codice penale ungherese. Il 20 gennaio 2012 tale indagine è stata chiusa con decisione dell’ufficio centrale delle indagini ungherese, in forza della legge ungherese sul procedimento penale, in quanto gli atti commessi non costituivano reato. Tuttavia, l’indagine non era stata avviata nei confronti di AY in veste di indagato, ma unicamente in relazione al reato. AY, relativamente a questo reato, è stato sentito in veste di testimone. Il funzionario croato non è stato sentito in veste di testimone nell’ambito di tale procedimento d’indagine.

10.      Secondo il giudice del rinvio, gli altri procedimenti che si sono svolti in Ungheria sono stati archiviati in assenza di circostanze nuove successive a quelle menzionate nella decisione del 20 gennaio 2012.

11.      Il 1o ottobre 2013, dopo l’adesione della Croazia all’Unione europea e prima dell’avvio in Croazia di un procedimento penale ai sensi delle disposizioni nazionali applicabili, l’USKOK ha emesso, un MAE contro AY.

12.      L’esecuzione di tale MAE è stata negata con decisione della Fővárosi Törvényszék (Corte della capitale, Ungheria) del 7 ottobre 2013, in quanto le informazioni disponibili permettevano di accertare che, sulla base degli stessi fatti su cui era fondato il mandato d’arresto, era già stato intentato in Ungheria un procedimento penale al quale l’autorità giudiziaria ungherese aveva posto fine.

13.      Dopo la richiesta di rinvio a giudizio e la decisione di rinvio a giudizio di AY dinanzi al giudice del rinvio, la causa è stata assegnata alla camera istruttoria di detto giudice, sezione dei mandati d’arresto europei, ai sensi della pertinente disposizione del codice di procedura penale croato. Un secondo mandato di arresto europeo contro AY, la persona ricercata, è stato emesso il 15 dicembre 2015. La repubblica di Ungheria non gli ha mai dato esecuzione.

14.      Il 27 gennaio 2017 il giudice del rinvio ha nuovamente trasmesso il secondo MAE alle autorità ungheresi competenti.

15.      Essendo trascorsi 60 giorni da tale ultimo invio del secondo MAE, il giudice del rinvio si è successivamente rivolto al membro croato di Eurojust. Dopo essere intervenuto, il membro croato di Eurojust ha inviato al giudice del rinvio il parere della competente autorità ungherese, nel quale si afferma che quest’ultima ritiene di non essere tenuta a dar seguito al MAE emesso e che in Ungheria non esisterebbe alcuna possibilità legale di arrestare l’imputato AY o di avviare una nuova procedura di esecuzione del MAE emesso in Croazia il 15 dicembre 2015. Il 4 aprile 2017 è stato trasmesso al giudice del rinvio un identico parere della competente autorità giudiziaria ungherese.

16.      Il giudice del rinvio, nutrendo dubbi sull’interpretazione dei motivi di non esecuzione del MAE previsti all’articolo 3, punto 2, e all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro, con ordinanza del 16 maggio 2017, ricevuta dalla Corte il 18 maggio 2017, ha sottoposto le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 4, punto 3, della decisione quadro (…) debba essere interpretato nel senso che il fatto di non avviare un’azione penale per il reato oggetto di un mandato di arresto europeo o di porvi fine si riferisca unicamente al reato che formi oggetto del mandato di arresto europeo ovvero se tale disposizione debba essere intesa nel senso che la rinuncia all’azione penale o il ritiro delle accuse debba altresì riguardare la persona ricercata in qualità di indagato/imputato nell’ambito dell’azione penale medesima.

2)      Se uno Stato membro, ai sensi dell’articolo 4, punto 3, della decisione quadro (…), possa negare di dare esecuzione ad un mandato di arresto europeo emesso, qualora l’autorità giudiziaria di un altro Stato membro abbia deciso, vuoi di non avviare un’azione penale per il reato oggetto del mandato di arresto europeo, vuoi di porvi fine, nel caso in cui, nell’ambito di tale azione penale, la persona ricercata sia interessata in veste di testimone e non in veste di indagato/imputato.

3)      Se la decisione di porre fine ad un’istruttoria nell’ambito della quale la persona ricercata non possedesse lo status di indagato, essendo stata sentita in qualità di testimone, costituisca, per l’altro Stato membro, un motivo per non dar seguito al mandato d’arresto europeo emesso, conformemente all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro (…)

4)      Quale sia il collegamento tra il motivo obbligatorio di diniego di consegna di cui all’articolo 3, punto 2, della decisione quadro nel caso in cui “in base ad informazioni in possesso dell’autorità giudiziaria dell’esecuzione risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro” e il motivo facoltativo di rifiuto di consegna previsto all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro nel caso in cui “la persona ricercata ha formato oggetto in uno Stato membro di una sentenza definitiva per gli stessi fatti che osta all’esercizio di ulteriori azioni”.

5)      Se l’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro (…) debba essere interpretato nel senso che lo Stato di esecuzione è tenuto ad adottare una decisione in merito ad ogni mandato d’arresto europeo che gli venga trasmesso, e ciò anche qualora esso abbia già statuito su un precedente mandato d’arresto europeo emesso dall’altra autorità giudiziaria contro la stessa persona ricercata nell’ambito dello stesso procedimento penale e qualora il nuovo mandato d’arresto europeo venga emesso a seguito di un mutamento di circostanze nello Stato di emissione del mandato d’arresto europeo (decisione di rinvio a giudizio – avvio del procedimento penale, criterio più rigoroso in materia di indizi della commissione del reato, nuova autorità giudiziaria/nuovo giudice competente)».

17.      Alla luce delle particolari circostanze della presente causa, è stato disposto che essa venga decisa in via prioritaria, ai sensi dell’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura della Corte di giustizia.

18.      Osservazioni scritte sono state presentate dalle parti nel procedimento principale, dai governi della Croazia, della Repubblica ceca, dell’Ungheria, dell’Austria, della Romania e dall’Irlanda, nonché dalla Commissione. Le parti nel procedimento principale, i governi croato e ungherese e la Commissione hanno preso parte all’udienza che si è svolta il 28 febbraio 2018.

 Valutazione

 Competenza della Corte di giustizia

19.      Nella presente causa, il giudice dello Stato membro di emissione del MAE chiede chiarimenti sull’esecuzione di tale MAE. In relazione a ciò, il giudice del rinvio sottopone una serie di questioni sui motivi di non esecuzione di un MAE previsti agli articoli 3, punto 2, e 4 punto 3, della decisione quadro.

20.      Ciò appare strano, in quanto la risposta fornita dalla Corte riguarderebbe soltanto le autorità dell’esecuzione.

21.      Le cause relative ai MAE tipicamente derivano da una controversia tra le autorità giudiziarie di due Stati membri. Le autorità di uno Stato membro emettono un MAE, mentre le autorità di un altro Stato membro danno esecuzione a tale MAE.

22.      Di conseguenza, solitamente, le cause relative alle questioni sull’esecuzione, e più in particolare, sui possibili motivi di rifiuto di esecuzione, provengono dalle autorità giudiziarie dell’esecuzione, in quanto dette autorità cercano chiarezza sui parametri di tali motivi di rifiuto (3). Tali autorità mirano ad accertare se possano o debbano non eseguire un MAE.

23.      Sembra che il giudice del rinvio ritenga che, in base alla risposta della Corte, potrebbe trovarsi in una situazione in cui debba revocare il MAE. Pertanto, qualora la Corte dichiarasse l’esistenza di motivi per i quali le autorità ungheresi non debbano dare esecuzione al MAE, il giudice del rinvio dovrebbe assicurare la revoca del MAE.

24.      Non credo che la Corte sia in grado di rispondere alle questioni pregiudiziali da 1 a 4. A mio parere, infatti, la Corte non è competente a farlo (4).

25.      Si evince dall’articolo 267, paragrafo 2, TFUE che la Corte di giustizia è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale qualora una tale questione sia considerata dal giudice del rinvio «necessaria» per consentirgli di emettere una sentenza.

26.      In una causa come quella di cui trattasi non vedo proprio la necessità della risposta della Corte ai fini del procedimento dinanzi al giudice del rinvio. Vero è che, di norma, le domande di pronuncia pregiudiziale sono ricevibili ed è solo in casi rari ed estremi che la Corte nega loro una risposta. Tali domande godono di una presunzione di rilevanza (5). La rilevanza di una questione pregiudiziale è un dato oggettivo.

27.      In quelli che essa stessa definisce «casi eccezionali» (6) la Corte ha pertanto rifiutato di rispondere alle questioni pregiudiziali in fattispecie ipotetiche, laddove le questioni sollevate non erano pertinenti per la decisione sulla controversia, le questioni non erano formulate in modo sufficientemente chiaro o i fatti non erano sufficientemente chiari.

28.      Le questioni da 1 a 4, a prima vista, non sembrano rientrare in nessuna delle categorie di casi in cui la Corte ha rifiutato di rispondere alle questioni. E inoltre, a mia conoscenza, la Corte non si è ancora trovata di fronte a una situazione come quella del caso di specie, vale a dire nel caso in cui le autorità di uno Stato membro che emettono un MAE cercano orientamenti sui diritti e gli obblighi di coloro che devono eseguire il MAE.

29.      La questione di sapere se un’autorità che emette il MAE decida di mantenere o no un MAE è e dovrebbe essere indipendente dalla determinazione dei possibili motivi di non esecuzione. Se, diciamo, la Corte dovesse considerare che le autorità ungheresi possono far valere gli articoli 3, punto 2, o 4, punto 3, della decisione quadro al fine di non eseguire il MAE, giuridicamente ciò non ha alcuna rilevanza sulla questione se l’autorità emittente mantenga o no il MAE. Il giudice del rinvio potrebbe mantenere il MAE o potrebbe revocarlo.

30.      Il caso che sta alla base della presente domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione, in un caso concreto, di disposizioni del diritto ungherese alla luce delle disposizioni della decisione quadro. La decisione finale sulla questione se i requisiti di cui agli articoli 3, punto 2, o 4, punto 3, della decisione quadro siano soddisfatti o meno, è una decisione che spetta alle autorità ungheresi. Il giudice del rinvio non può adempiere a questo compito e, in concreto, sostituirsi alle autorità ungheresi.

31.      Se la Corte dovesse rispondere alle questioni da 1 a 4 nella presente causa, la sua decisione non avrebbe, naturalmente, «valore puramente consultivo [senza] efficacia vincolante» (7). Tuttavia, in realtà e per quanto riguarda il giudice del rinvio nel caso specifico di cui trattasi, sarebbe proprio questo: senza dubbio interessante sulla carta, ma non in grado di essere applicata in pratica da parte delle autorità croate al caso concreto controverso. La decisione potrebbe essere rilevante solo per le autorità ungheresi – che non sono la fonte della presente domanda di pronuncia pregiudiziale.

32.      Non va inoltre dimenticato che tutto il sistema su cui si fonda il MAE si basa sulla reciproca fiducia e il riconoscimento reciproco tra gli Stati membri di emissione e dell’esecuzione. Va da sé che spetta in primo luogo e soprattutto allo Stato membro di esecuzione riporre fiducia nelle azioni dello Stato membro emittente. Tuttavia, anche lo Stato membro emittente deve riporre fiducia nelle azioni dello Stato membro di esecuzione quando quest’ultimo fa valere dei motivi di non esecuzione di un MAE. Se lo Stato membro di emissione inizia ad applicare e interpretare il diritto dello Stato membro di esecuzione e tenta di accertare se quest’ultimo ha correttamente applicato la legge, esso si muove pericolosamente vicino ad una violazione di tale fiducia reciproca. A tal proposito, diversamente, ad esempio, dalle questioni di diritto civile, non è comune che le autorità di un paese applichino, interpretino e valutino il diritto di un altro paese. Nel sistema istituito mediante la procedura di pronuncia pregiudiziale, i giudici nazionali forniscono i fatti e la descrizione del diritto nazionale di cui trattasi al fine di consentire alla Corte di fornire un’interpretazione utile e teleologica del diritto dell’Unione. Ciò può tuttavia essere garantito solo se il giudice del rinvio è effettivamente in grado di applicare poi l’interpretazione della Corte alla causa di cui si sta occupando. Poiché il giudice croato non può applicare il diritto penale ungherese, la risposta della Corte sarà priva di scopo in questo contesto (8).

33.      In conclusione, dato che le questioni sollevate riguardano l’interpretazione della decisione quadro nel contesto di questioni appartenenti alla competenza delle autorità dello Stato membro di esecuzione, ritengo che la Corte non sia competente a risolvere le questioni sottopostele.

34.      Per quanto riguarda la questione n. 5, non mi sembra si ponga un problema di competenza. A norma della decisione quadro, il cui fondamento è lo spirito di cooperazione tra le autorità di vari Stati membri, la risposta a tale questione è prima di tutto e soprattutto rilevante per le autorità dello Stato membro di esecuzione. Tuttavia, una decisione su tale questione, con la quale il giudice del rinvio, in sostanza, mira ad accertare se, in virtù dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione sia tenuta ad adottare una decisione su un MAE che le è stato trasmesso, è necessaria anche per il giudice di rinvio, al fine di sapere se possa giuridicamente aspettarsi una risposta dall’autorità giudiziaria di esecuzione. Ciò consentirà al giudice del rinvio di determinare se debba revocare il secondo MAE o meno. Inoltre, si deve tenere presente che la questione n. 5 è l’unica che non richiede un’interpretazione del diritto ungherese da parte del giudice del rinvio croato.

 Nel merito


 Questione n. 5

35.      Con la quinta questione il giudice del rinvio intende in sostanza accertare se, in virtù dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione è tenuta ad adottare una decisione su un MAE che le è stato trasmesso, anche nel caso in cui in tale Stato membro sia già intervenuta una pronuncia su un precedente MAE con riguardo alla stessa persona ricercata, nello stesso procedimento penale, laddove il secondo MAE è stato emesso da una diversa autorità giudiziaria a causa di una modifica delle circostanze nello Stato membro emittente.

36.      Ai sensi della chiara formulazione dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro, gli Stati membri danno esecuzione ad ogni MAE in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della decisione quadro. In questo contesto, l’articolo 15, paragrafo 1, della decisione quadro prevede che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione decida entro i limiti di tempo stabiliti nella decisione quadro sulla consegna della persona ricercata. Inoltre, l’articolo 17, paragrafo 1, della decisione quadro prevede che un MAE debba essere trattato ed eseguito con la massima urgenza e che qualsiasi rifiuto di eseguirlo, in conformità con il paragrafo 6 di tale articolo, deve essere motivato. Inoltre, l’articolo 22 della decisione quadro prevede che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione notifichi immediatamente all’autorità giudiziaria emittente la decisione riguardante il seguito dato al MAE.

37.      In aggiunta a ciò, come si vedrà più in dettaglio nel seguito, i motivi di non esecuzione di un MAE sono tassativamente elencati agli articoli 3 e seguenti della decisione quadro. L’esistenza di un precedente MAE non figura tra i motivi di rifiuto.

38.      Di conseguenza, le autorità di uno Stato membro di esecuzione che non rispondono a un MAE violano gli obblighi che incombono loro ai sensi della decisione quadro.

39.      La risposta che propongo alla questione n. 5 è pertanto che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione è tenuta a rendere una decisione su un MAE che le è stato trasmesso, anche nel caso in cui in tale Stato membro sia già intervenuta una pronuncia su un precedente MAE con riguardo alla stessa persona ricercata, nello stesso procedimento penale, ma il secondo MAE sia stato emesso da una diversa autorità giudiziaria a causa di una modifica delle circostanze nello Stato membro emittente.

 Questioni da 1 a 4

40.      Qualora la Corte non condivida la mia analisi sulla competenza giurisdizionale relativamente alle questioni da 1 a 4, a titolo ipotetico, affronterò adesso le restanti questioni sollevate.

41.      Con le questioni dalla prima alla quarta, che dovrebbero trattarsi congiuntamente, il giudice del rinvio in sostanza chiede se una decisione, come quella del 20 gennaio 2012 della procura centrale per le indagini preliminari ungherese di interrompere le indagini condotte in Ungheria, possa costituire un motivo di rifiuto ai sensi degli articoli 3, punto 2, o 4, punto 3, della decisione quadro, che impedirebbe l’esecuzione del MAE emesso contro AY. Chiede inoltre quale sia la relazione tra queste due disposizioni.

 Relazione fra gli articoli 3, punto 2, e 4 punto 3, nel contesto della decisione quadro

42.      Le caratteristiche fondamentali della decisione quadro riguardanti i motivi di non esecuzione di un MAE sono già ben note alla Corte: la decisione quadro si basa sul principio del riconoscimento reciproco, che di per sé, quale «fondamento» della cooperazione giudiziaria, si basa sulla fiducia reciproca (9) tra gli Stati membri al fine di raggiungere l’obiettivo stabilito per l’Unione di diventare uno spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia (10). In tale prospettiva, la decisione quadro stabilisce, al suo articolo 1, paragrafo 2, la regola secondo cui gli Stati membri sono obbligati a dare esecuzione ad ogni MAE in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della stessa decisione quadro. Salvo in circostanze eccezionali, le autorità giudiziarie dell’esecuzione possono quindi rifiutarsi di eseguire un tale mandato solo nei casi tassativamente elencati di non esecuzione previsti dalla decisione quadro e l’esecuzione del MAE può essere subordinata ad una sola delle condizioni tassativamente elencate in esso. Di conseguenza, dato che l’esecuzione del MAE costituisce la regola, il rifiuto di esecuzione è concepito come un’eccezione che dev’essere oggetto di interpretazione restrittiva (11).

43.      L’articolo 3 della decisione quadro prevede i motivi di non esecuzione obbligatoria del MAE, mentre l’articolo 4 della decisione quadro elenca motivi di non esecuzione facoltativa del MAE.

44.      Al fine di accertare se, nel caso in questione, le autorità ungheresi possano rifiutarsi di eseguire il MAE, tratterò, in primo luogo, i motivi di non esecuzione obbligatoria, prima di passare a quelli facoltativi.

 L’articolo 3, punto 2, della decisione quadro

45.      Ai sensi dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione rifiuta di eseguire il MAE se, in base ad informazioni in suo possesso, risulta che la persona ricercata è stata giudicata con sentenza definitiva per gli stessi fatti da uno Stato membro a condizione che, in caso di condanna, la sanzione sia stata applicata o sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in forza delle leggi dello Stato membro della condanna.

46.      Orbene, la questione adesso è se, nel caso di specie, la persona in questione sia stata «giudicata con sentenza definitiva» ai sensi dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro e se la decisione del 20 gennaio 2012 della procura centrale per le indagini preliminari ungherese, che ha posto fine all’indagine preliminare in cui la persona successivamente ricercata con un MAE è stata interrogata solo in qualità di testimone, costituisca in quanto tale una sentenza definitiva.

47.      L’articolo 3, punto 2, della decisione quadro è un’espressione del principio del ne bis in idem, secondo cui una persona non può essere condannata o processata due volte per lo stesso atto (12). Questo principio, che negli ordinamenti di common law è denominato «double jeopardy rule» (13), per quanto riguarda l’ordinamento giuridico dell’Unione, è ora definito all’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che prevede che «[n]essuno p[ossa] essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge» (14).

48.      Mentre AY e il governo ungherese ritengono che tale decisione costituisca una «sentenza definitiva» ai sensi dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro, tutte le altre parti nel procedimento ritengono che non sia così.

49.      La formulazione della disposizione non fornisce un orientamento inequivocabile. Mentre almeno una versione linguistica dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro precisa espressamente che la persona ricercata deve essere stata definitivamente condannata con una sentenza passata in giudicato (15), nella stragrande maggioranza delle versioni linguistiche, la situazione non è altrettanto chiara.

50.      La giurisprudenza della Corte fino ad oggi non sembra fornire una risposta cristallina alla suddetta domanda.

51.      Nella sentenza Mantello (16), la Corte ha optato per un’interpretazione piuttosto ampia dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro. Essa ha sostanzialmente applicato la sua giurisprudenza derivante dall’articolo 54 della convenzione di applicazione dell’accordo Schengen e ha dichiarato che una persona ricercata è stata oggetto di una sentenza definitiva per gli stessi fatti, ai sensi dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro, quando, in esito ad un procedimento penale, l’azione penale sia definitivamente estinta ovvero qualora l’autorità giudiziaria di uno Stato membro abbia emanato una decisione di definitivo proscioglimento dell’imputato per i fatti contestatigli.

52.      Al tempo stesso, la Corte ha dichiarato che la natura «definitiva» di una sentenza, ai sensi dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro rientra nella sfera del diritto dello Stato membro in cui tale sentenza è stata pronunciata (17).

53.      Nelle indagini ungheresi, AY aveva solo la qualità di testimone. Egli non era un imputato. A mio parere, per essere considerato «giudicato con sentenza definitiva», un singolo deve essere stato un imputato in una qualche fase del procedimento. In altre parole, come giustamente sottolineato anche dalla Commissione, affinché una situazione rientri nel campo di applicazione dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro, il procedimento deve essere stato intentato contro quella persona.

54.      Inoltre, si può dedurre dalla sentenza Turanský che il principio del ne bis in idem non si applica ad una decisione mediante la quale un’autorità di uno Stato membro, al termine di un esame nel merito della causa sottopostale, dispone, in una fase precedente all’incriminazione di una persona sospettata di aver commesso un reato, la sospensione del procedimento penale, qualora detta decisione di sospensione, secondo il diritto nazionale di tale Stato, non estingua definitivamente l’azione penale e non costituisca quindi un ostacolo a nuovi procedimenti penali, per gli stessi fatti, in detto Stato (18).

55.      Infine, la Corte ha statuito, nella sentenza Kossowski, che una decisione del pubblico ministero che pone fine all’azione penale e conclude definitivamente il procedimento di istruzione condotto nei confronti di una persona, non può essere considerata una decisione definitiva, qualora risulti che il suddetto procedimento è stato chiuso senza che sia stata condotta un’istruzione approfondita (19).

56.      Riguardo al caso in esame, sulla base delle informazioni fornite dal giudice del rinvio, sarà difficile stabilire se sia stata condotta un’istruzione approfondita. In base al principio della fiducia reciproca, sussiste, a mio avviso una presunzione che sia stata condotta un’istruzione completa. In questo contesto, anche se il giudice (croato) del rinvio è effettivamente in una posizione che gli rende difficile approfondire la prassi delle autorità ungheresi, non mi risulta che tale presunzione sia stata confutata dal giudice del rinvio. E ancora, queste considerazioni sono ipotetiche dato che, come detto in precedenza, il procedimento non è stato intentato contro AY, il che significa che l’articolo 3, punto 2, della decisione quadro non viene attivato.

57.      Ritengo quindi che una persona che è stata sentita come testimone in un procedimento penale non può essere stata «giudicat[a] con sentenza definitiva» da uno Stato membro ai sensi dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro.

 L’articolo 4, punto 3, della decisione quadro

58.      La prima e la seconda questione fanno riferimento all’articolo 4, punto 3, della decisione quadro. La prima parte di questa disposizione consente di rifiutare l’esecuzione di un MAE se le autorità giudiziarie dello Stato membro dell’esecuzione hanno deciso di non esercitare l’azione penale per il reato oggetto del MAE oppure di porvi fine.

59.      Risulta che le autorità ungheresi competenti si basano sulla disposizione nazionale che recepisce l’articolo 4, punto 3, della decisione quadro al fine di rifiutare l’esecuzione di tale MAE.

60.      Innanzitutto, va sottolineato che l’articolo 4, punto 3, della decisione quadro, che finora non è stato interpretato dalla Corte, costituisce un motivo facoltativo di non esecuzione di un MAE. In forza di tale disposizione, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può rifiutarsi di eseguire il MAE se ha deciso di non esercitare l’azione penale per il reato oggetto del MAE oppure di porvi fine in relazione a detto reato, o se la persona ricercata ha formato oggetto in uno Stato membro di una sentenza definitiva per gli stessi fatti che osta all’esercizio di ulteriori azioni. In relazione a ciò, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve disporre di un potere discrezionale riguardo alla questione se si debba rifiutare o meno di dare esecuzione al MAE (20).

61.      Si è spesso sostenuto che la prima parte dell’articolo 4, punto 3, della decisione quadro, che è qui controversa, è, come l’articolo 3, punto 2, anch’essa un’espressione del principio del ne bis in idem (21). Per quanto non sia in disaccordo con tale affermazione, penso che sia importante sottolineare che, come anche la Commissione ha giustamente indicato nelle sue osservazioni, l’articolo 4, punto 3, della decisione quadro ha un ambito di applicazione più ampio del principiodelne bis in idem. Inoltre, a causa della natura facoltativa di tale disposizione, il principio del ne bis in idemnon può essere impiegato per limitare questa disposizione o ridurne l’applicabilità.

62.      Questo ambito di applicazione più esteso si riflette in una corrispondente formulazione più ampia. Così, l’articolo 4, punto 3, della decisione quadro si riferisce semplicemente al «reato oggetto del [MAE]», anziché alla «persona ricercata».

63.      Secondo i governi croato, ceco, austriaco e rumeno e l’Irlanda, l’articolo 4, punto 3, della decisione quadro non può essere invocato quando la decisione di non esercitare l’azione penale è stata adottata nel corso di indagini in cui la persona ricercata è stata solo un testimone. Ciò sarebbe contrario al principio del ne bis in idem, che mira a proteggere il singolo contro le conseguenze negative della doppia incriminazione.

64.      A parere di AY e del governo ungherese, il fatto che AY sia stato solo un testimone nel procedimento ungherese è irrilevante ai fini dell’articolo 4, punto 3, della decisione quadro. Le osservazioni della Commissione sono analoghe.

65.      In particolare il governo ungherese sostiene che la questione del ruolo processuale rivestito dalla persona indicata nel MAE nel procedimento cui si è posto fine è di per sé irrilevante. Piuttosto, sarebbe necessario esaminare la sostanza della decisione nazionale di non esercitare l’azione penale o di porvi fine. Per rifiutare l’esecuzione del MAE, sarebbe sufficiente che la decisione si pronunciasse sul reato, cioè che essa abbia a fondamento lo stesso insieme di azioni alla base del reato per il quale è stato emesso il MAE. È quanto si è verificato in questo caso.

66.      La formulazione della disposizione controversa non sancisce espressamente che il procedimento penale di cui trattasi debba essere condotto contro la persona ricercata. Tuttavia, l’interpretazione di tale disposizione nel senso che l’esecuzione potrebbe essere rifiutata persino qualora i fatti controversi siano gli stessi, ma le persone interessate siano diverse, mi sembra troppo ampia. Affinché l’articolo 4, punto 3, della decisione quadro possa applicarsi, la decisione di non esercitare l’azione penale o di interromperla dovrebbe riguardare la persona ricercata, senza che occorra, tuttavia, che quella persona sia formalmente designata come un imputato o un indagato. Ciò che è determinante è che sia stata esaminata la possibilità che la persona ricercata abbia commesso il reato in questione.

67.      Una tale interpretazione, inoltre, è in piena armonia con quegli ordinamenti giuridici nazionali nei quali il diritto processuale penale prevede che le indagini in rem (22) siano svolte prima delle indagini in personam (23). Non vi è alcuna necessità che le autorità penali di uno Stato membro procedano alla seconda fase se la prima fase conduce alla conclusione che nessun reato è stato commesso. Ai fini dell’articolo 4, punto 3, della decisione quadro non dovrebbe essere rilevante sapere se l’indagine penale sia stata chiusa nella fase in rem o in quella in personam.

68.      Interpreto quindi l’articolo 4, punto 3, della decisione quadro nel senso che l’esecuzione di un MAE può essere rifiutata se le autorità giudiziarie dello Stato dell’esecuzione, che sono altresì competenti a esercitare l’azione penale nei confronti del reato oggetto del MAE, non hanno esercitato l’azione penale o vi hanno posto fine, anche se la persona ricercata non era imputata o indagata in tale procedimento, a condizione che tali autorità abbiano esaminato la possibilità che la persona abbia commesso il reato in questione.

69.      Propongo pertanto di rispondere alle questioni da 1 a 4 come segue: una persona che è stata sentita come testimone in un procedimento penale non può essere stata «giudicata con sentenza definitiva» da uno Stato membro ai sensi dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro. L’articolo 4, punto 3 della decisione quadro deve essere interpretato nel senso che l’esecuzione di un MAE può essere rifiutata se le autorità giudiziarie dello Stato membro di esecuzione, che sono altresì competenti per il reato oggetto del MAE, non hanno esercitato l’azione penale o vi hanno posto fine, anche se la persona ricercata non era imputata o indagata in tale procedimento, a condizione che tali autorità abbiano esaminato la possibilità che la persona abbia commesso il reato in questione.

 Conclusioni

70.      Sulla base delle considerazioni di cui sopra, propongo alla Corte di rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Županijski sud u Zagrebu (Tribunale di comitato di Zagabria, Croazia) come segue:

La Corte di giustizia dell’Unione europea non è competente a rispondere alle questioni pregiudiziali da 1 a 4 sottoposte dallo Županijski sud u Zagrebu (Tribunale di comitato di Zagabria) con ordinanza del 18 maggio 2017.

Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, l’autorità giudiziaria di esecuzione è tenuta a adottare una decisione su un mandato d’arresto europeo (MAE) che le è stato trasmesso, anche nel caso in cui in tale Stato membro sia già intervenuta una pronuncia su un precedente MAE con riguardo alla stessa persona ricercata, nello stesso procedimento penale, ma il secondo MAE sia stato emesso da una diversa autorità giudiziaria a causa di una modifica delle circostanze nello Stato membro emittente.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      GU 2002, L 190, pag. 1.


3      V., ad esempio, sentenze del 16 novembre 2010, Mantello (C‑261/09, EU:C:2010:683); del 5 aprile 2016, Aranyosi e Căldăraru (C‑404/15 e C‑659/15 PPU, EU:C:2016:198); del 24 maggio 2016, Dworzecki (C‑108/16 PPU, EU:C:2016:346); e del 10 agosto 2017, Tupikas (C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628).


4      Sono ben consapevole della distinzione giuridica tra competenza e ricevibilità, anche se la sua importanza pratica può essere limitata, e in questo senso condivido pienamente la panoramica fornita dall’avvocato generale Wahl nelle sue conclusioni nella causa Gullotta e Farmacia di Gullotta Davide & C. (C‑497/12, EU:C:2015:168, paragrafi 16-25). Su questa distinzione, vedi anche le mie conclusioni nella causa Rendón Marín e CS (C‑165/14 e C‑304/14, EU:C:2016:75, paragrafo 48), e Naômé, C., Le renvoi préjudiciel en droit européen – Guide pratique (2a edizione), Larcier, Bruxelles, 2010, pagg. 85-86.


5      V., ad esempio, sentenza del 17 aprile 2018, Krüsemann e a. (C‑195/17, da C‑197/17 a C‑203/17, C‑226/17, C‑228/17, C‑254/17, C‑274/17, C‑275/17, da C‑278/17 a C‑286/17 e da C‑290/17 a C‑292/17, EU:C:2018:258, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).


6      V., ad esempio, sentenza del 5 giugno 1997, Celestini (C‑105/94, EU:C:1997:277, punto 22).


7      Questa è la terminologia utilizzata dalla Corte al fine di distinguere la procedura prevista dall’articolo 267 TFUE nel parere 1/91 (Primo parere sull’accordo SEE) del 14 dicembre 1991 (EU:C:1991:490, punto 61).


8      Ed è qui che sta la fondamentale differenza rispetto a situazioni in cui i giudici nazionali applicano il diritto straniero, come avviene nel diritto civile, in esito alle norme di conflitto del diritto internazionale privato. In tal caso, il giudice del rinvio dovrà sempre emettere una sentenza, anche se applica la legge straniera. Ciò non si verifica nella fattispecie.


9      Risulta che le versioni in lingua inglese delle cause della Corte si riferiscono a volte a «mutual confidence» invece che a «mutual trust». Ritengo che tali locuzioni abbiano esattamente lo stesso significato e possano essere utilizzate in modo intercambiabile.


10      V., ad esempio, sentenza del 10 agosto 2017, Tupikas (C‑270/17 PPU, EU:C:2017:628, punto 49).


11      V. sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).


12      V. Klimek, L., European Arrest Warrant, Springer, Heidelberg e al., 2015, pag. 152.


13      A titolo di esempio, vi fa riferimento in questo senso nel contesto dell’articolo 3, punto 2, della decisione quadro Peers, S., EU Justice and Home Affairs Law, Volume II: EU Criminal Law, Policing and Civil Law, 4a ed., OUP, Oxford, 2016, a pag. 89.


14      Questo principio è, inoltre, ripreso in Europa in un certo numero di altri strumenti giuridici: il protocollo n. 7 della CEDU, la convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i governi degli Stati dell’Unione economica Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni e la convenzione europea di estradizione del 13 dicembre 1957, conclusa sotto gli auspici del Consiglio d’Europa.


15      V., ad esempio, la versione in lingua tedesca («rechtskräftig verurteilt»).


16      Sentenza del 16 novembre 2010 (C‑261/09, EU:C:2010:683).


17      V. sentenza del 16 novembre 2010, Mantello (C‑261/09, EU:C:2010:683, punto 46).


18      V. sentenza del 22 dicembre 2008, Turansky (C‑491/07, EU:C:2008:768, punto 45). V., altresì, sentenze del 5 giugno 2014, M (C‑398/12, EU:C:2014:1057, punto 31); e del 29 giugno 2016, Kossowski (C‑486/14, EU:C:2016:483, punto 34). Tale questione dovrebbe, ovviamente, essere verificata dal giudice del rinvio.


19      V. sentenza del 29 giugno 2016, Kossowski (C‑486/14, EU:C:2016:483, punto 54).


20      V. sentenza del 29 giugno 2017, Popławski (C‑579/15, EU:C:2017:503, punto 21) in relazione all’articolo 4, punto 6, della decisione quadro.


21      V., ad esempio, Klimek, L., European Arrest Warrant, Springer, Heidelberg e al., 2015, pag. 159, e Cimamonti, S., «European Arrest Warrant in practice and ne bis in idem», in: N. Keijzer, E. Van Sliedregt, The European Arrest Warrant in practice, T.M.C. Asser, L’Aja, 2009, pag. 114.


22      Durante la quale si stabilisce, in primo luogo, se è stato commesso un reato.


23      In cui si raccolgono le prove a carico di una persona specifica.