SENTENZA DELLA CORTE
28 marzo 2000 (1)
«Convenzione di Bruxelles - Esecuzione delle decisioni - Ordine pubblico»
Nel procedimento C-7/98,
avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a
norma del Protocollo 3 giugno 1971, relativo all'interpretazione da parte della
Corte di giustizia della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza
giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, dal
Bundesgerichtshof (Germania) nella causa dinanzi ad esso pendente tra
Dieter Krombach
e
André Bamberski,
domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 27, punto 1), della citata
Convenzione 27 settembre 1968, (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalla
convenzione 9 ottobre 1978, relativa all'adesione del Regno di Danimarca,
dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304,
pag. 1, e - testo modificato - pag. 77), e dalla convenzione 25 ottobre 1982, relativa
all'adesione della Repubblica ellenica (GU L 388, pag. 1),
LA CORTE,
composta dai signori G.C. Rodríguez Iglesias, presidente, J.C. Moitinho de
Almeida, D.A.O. Edward, L. Sevón e R. Schintgen, presidenti di sezione,
P.J.G. Kapteyn, C. Gulmann, J.-P. Puissochet, G. Hirsch, P. Jann (relatore) e
H. Ragnemalm, giudici,
avvocato generale: A. Saggio
cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore
viste le osservazioni scritte presentate:
- per il signor Bamberski, dall'avv. H. Klingelhöffer, del foro di Ettlingen;
- per il governo tedesco, dal signor R. Wagner, Regierungsdirektor presso il
ministero federale della Giustizia, in qualità di agente;
- per il governo francese, dalle signore K. Rispal-Bellanger, vicedirettore
presso la direzione «Affari giuridici» del Ministero degli Affari esteri, e
R. Loosli-Surrans, chargée de mission presso la stessa direzione, in qualità
di agenti;
- per la Commissione delle Comunità europee, dal signor J.L. Iglesias
Buhigues, consigliere giuridico, in qualità di agente, assistito dall'avv.
B. Wägenbauer, del foro di Bruxelles,
vista la relazione d'udienza,
sentite le osservazioni orali del governo francese e della Commissione, all'udienza
del 2 marzo 1999,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 23 settembre
1999,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
- 1.
- Con ordinanza 4 dicembre 1997, pervenuta in cancelleria il 14 gennaio 1998, il
Bundesgerichtshof ha sottoposto a questa Corte, ai sensi del Protocollo 3 giugno
1971, relativo all'interpretazione da parte della Corte di giustizia della Convenzione
27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle
decisioni in materia civile e commerciale, tre questioni pregiudiziali relative
all'interpretazione dell'art. 27, punto 1), della citata Convenzione 27 settembre
1968, (GU 1972, L 299, pag. 32), come modificata dalla convenzione 9 ottobre1978, relativa all'adesione del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito
di Gran Bretagna e Irlanda del Nord (GU L 304, pag. 1, e - testo modificato - pag.
77), e dalla convenzione 25 ottobre 1982, relativa all'adesione della Repubblica
ellenica (GU L 388, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione»).
- 2.
- Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra il signor
Bamberski, residente in Francia, ed il signor Krombach, residente in Germania, a
proposito dell'esecuzione, in tale Stato contraente, di una sentenza pronunciata il
13 marzo 1995 dalla cour d'assises di Parigi (Francia), che condanna quest'ultimo
a versare al signor Bamberski, costituitosi parte civile, un indennizzo di
350 000 FRF.
La Convenzione
- 3.
- Ai sensi del suo art. 1, primo comma, la Convenzione «si applica in materia civile
e commerciale e indipendentemente dalla natura dell'organo giurisdizionale».
- 4.
- In materia di competenza, la regola di principio, sancita all'art. 2, primo comma,
della Convenzione, stabilisce che le persone aventi il domicilio nel territorio di uno
Stato contraente sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti agli
organi giurisdizionali di tale Stato. L'art. 3, secondo comma, vieta all'attore di
avvalersi di talune regole di competenza esorbitanti, in particolare, per quanto
riguarda la Francia, di quelle fondate sulla cittadinanza, che risultano dagli artt. 14
e 15 del code civil.
- 5.
- La Convenzione prevede altresì regole di competenza speciali. Così, l'art. 5 della
Convenzione recita:
«Il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato
in un altro Stato contraente:
(...)
4) qualora si tratti di un'azione di risarcimento di danni o di restituzione,
nascente da reato, davanti al giudice davanti al quale l'azione penale è
esercitata, sempreché secondo la propria legge questo possa conoscere
dell'azione civile».
- 6.
- In materia di riconoscimento e di esecuzione delle decisioni, la regola di principio,
sancita all'art. 31, primo comma, della Convenzione, stabilisce che le decisioni rese
in uno Stato contraente e ivi esecutive sono eseguite in un altro Stato contraente
previa apposizione della formula esecutiva su istanza della parte interessata.
- 7.
- Ai sensi dell'art. 34, secondo comma, «l'istanza può essere rigettata solo per uno
dei motivi contemplati dagli articoli 27 e 28».
- 8.
- L'art. 27, punto 1), della Convenzione, dispone:
«Le decisioni non sono riconosciute:
1) se il riconoscimento è contrario all'ordine pubblico dello Stato richiesto».
- 9.
- L'art. 28, terzo comma, della Convenzione precisa:
«Salva l'applicazione delle disposizioni del primo comma, non si può procedere al
controllo della competenza dei giudici dello Stato d'origine; le norme sulla
competenza non riguardano l'ordine pubblico contemplato dall'articolo 27, punto
1».
- 10.
- Ai sensi degli artt. 29 e 34, terzo comma, della Convenzione:
«In nessun caso, la decisione straniera può formare oggetto di un riesame del
merito».
- 11.
- L'art. II del Protocollo allegato alla Convenzione (in prosieguo: il «Protocollo»),
che, ai sensi dell'art. 65 di quest'ultima, ne fa parte integrante, recita:
«Salvo disposizioni nazionali più favorevoli, le persone domiciliate in uno Stato
contraente cui venga contestata un'infrazione non volontaria davanti alle
giurisdizioni penali di un altro Stato contraente di cui non sono cittadini possono,
anche se non compaiono personalmente, farsi difendere dalle persone a tal fine
abilitate.
Tuttavia, la giurisdizione adita può ordinare la comparizione personale; se la
comparizione non ha luogo, la decisione resa nell'azione civile senza che la persona
in causa abbia avuto la possibilità di farsi difendere potrà non essere riconosciuta
né eseguita negli altri Stati contraenti»
La controversia oggetto della causa a qua
- 12.
- In Germania era stato avviato un procedimento istruttorio a carico del signor
Krombach in seguito al decesso, avvenuto in Germania, di una cittadina francese
di 14 anni. L'istruzione si è conclusa con un non luogo a procedere.
- 13.
- Dietro denuncia del signor Bamberski, padre della ragazza, è stato avviato un
procedimento istruttorio in Francia, in quanto la magistratura francese ha ritenuto
di essere competente, data la cittadinanza francese della vittima. Al termine di tale
istruttoria, il signor Krombach è stato rinviato a giudizio dinanzi alla cour d'assises
di Parigi con sentenza della sezione istruttoria (chambre d'accusation) della cour
d'appel di Parigi.
- 14.
- Tale sentenza di rinvio a giudizio, nonché la costituzione di parte civile del padre
della vittima sono state notificate al signor Krombach. Sebbene sia stata ordinata
la sua comparizione personale, quest'ultimo non si è presentato all'udienza. La cour
d'assises di Parigi ha pertanto applicato la procedura in contumacia, come
disciplinata dagli artt. 627 e segg. del codice di procedura penale francese.
Conformemente all'art. 630 di quest'ultimo, secondo cui il difensore non può stare
in giudizio al posto del contumace, la cour d'assises ha statuito senza sentire i
difensori incaricati dal signor Krombach di rappresentarlo.
- 15.
- Con sentenza 9 marzo 1995, la cour d'assises ha condannato il signor Krombach,
riconosciuto colpevole di atti di violenza da cui sia derivata in via preterintenzionale
la morte di una persona, ad una pena di 15 anni di reclusione. Con sentenza 13
marzo 1995, decidendo sugli interessi della parte civile, essa ha condannato, ancora
in contumacia, il signor Krombach a pagare al signor Bamberski un indennizzo di
350 000 FRF.
- 16.
- Dietro domanda del signor Bamberski, il presidente di una sezione civile del
Landgericht di Kempten, competente per territorio, ha dichiarato esecutiva per la
Germania la sentenza 13 marzo 1995. Poiché l'Oberlandesgericht aveva respinto
la relativa impugnazione proposta dal signor Krombach, quest'ultimo ha esperito
dinanzi al Bundesgerichtshof una «Rechtsbeschwerde», nel cui ambito ha fatto
valere di non aver potuto difendersi in modo efficace dalla condanna inflittagli dal
giudice francese.
- 17.
- Pertanto, il Bundesgerichtshof ha deciso di sospendere il giudizio e sottoporre alla
Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) se le norme in materia di competenza rientrino tra quelle di ordine pubblico
ai sensi dell'art. 27, punto 1), della Convenzione di Bruxelles, qualora lo
Stato d'origine abbia fondato la propria competenza unicamente sulla
cittadinanza della vittima (art. 3, secondo comma, della Convenzione di
Bruxelles, per quanto riguarda la Francia) per pronunciarsi nei confronti di
una persona residente nel territorio di un altro Stato contraente (art. 2,
primo comma, della Convenzione di Bruxelles).
Qualora la questione n. 1 venga risolta negativamente:
2) se il giudice dello Stato richiesto (art. 31, primo comma, della Convenzione
di Bruxelles), nell'ambito dell'ordine pubblico ai sensi dell'art. 27, punto 1),
della Convenzione, possa tener conto del fatto che il giudice dello Stato
d'origine ha negato al debitore la possibilità di farsi difendere da un
avvocato nell'azione civile nell'ambito del procedimento penale (art. II del
Protocollo del 27 settembre 1968 sull'interpretazione della Convenzione di
Bruxelles) in quanto il convenuto, residente in un altro Stato contraente, è
imputato di un reato doloso e non è comparso in giudizio personalmente.
Qualora anche alla questione n. 2 sia data soluzione negativa:
3) se il giudice dello Stato richiesto, nell'ambito dell'ordine pubblico ai sensi
dell'art. 27, punto 1), della Convenzione di Bruxelles, possa tener conto del
fatto che il giudice dello Stato d'origine si è dichiarato competente
unicamente in base alla cittadinanza della vittima (v. questione sub 1) e
inoltre ha negato al convenuto la possibilità di farsi rappresentare da un
avvocato (v. questione sub 2)».
Osservazioni preliminari
- 18.
- Con tali questioni, il giudice a quo chiede in sostanza alla Corte quale sia
l'interpretazione che occorre dare della nozione di «ordine pubblico dello Stato
richiesto» di cui all'art. 27, punto 1), della Convenzione.
- 19.
- Occorre ricordare che la Convenzione mira a facilitare, per quanto possibile, la
libera circolazione delle sentenze prevedendo un procedimento di exequatur
semplice e rapido (v., segnatamente, sentenze 2 giugno 1994, causa C-414/92, Solo
Kleinmotoren, Racc. pag. I-2237, punto 20, e 29 aprile 1999, causa C-267/97,
Coursier, Racc. pag. I-2543, punto 25).
- 20.
- Risulta dalla giurisprudenza della Corte che questo procedimento costituisce un
sistema autonomo e completo, indipendente rispetto ai sistemi giuridici degli Stati
contraenti e che il principio della certezza del diritto nell'ordinamento comunitario
e le finalità perseguite dalla Convenzione in forza dell'art. 220 del Trattato CEE
(divenuto art. 293 CE), sul quale essa si fonda, esigono che vengano applicate
uniformemente in tutti gli Stati contraenti le disposizioni della Convenzione e la
giurisprudenza della Corte ad esse riferita (v., segnatamente, sentenza 11 agosto
1995, causa C-432/93, SISRO, Racc. pag. I-2269, punto 39).
- 21.
- Per quanto riguarda l'art. 27 della Convenzione, la Corte ha dichiarato che esso
dev'essere interpretato restrittivamente, in quanto costituisce un ostacolo alla
realizzazione di uno degli obiettivi fondamentali della Convenzione (sentenza Solo
Kleinmotoren, citata, punto 20). Per quanto attiene più in particolare al ricorso alla
clausola dell'ordine pubblico di cui all'art. 27, punto 1), della Convenzione, la Corte
ha precisato che essa deve applicarsi soltanto in casi eccezionali (sentenze 4
febbraio 1988, causa 145/86, Hoffmann, Racc. pag. 645, punto 21, e 10 ottobre
1996, causa C-78/95, Hendrikman e Feyen, Racc. pag. I-4943, punto 23).
- 22.
- Ne consegue che, sebbene gli Stati contraenti restino, in linea di principio, liberi di
determinare, in forza della riserva di cui all'art. 27, punto 1), della Convenzione,
conformemente alle loro concezioni nazionali, le esigenze del loro ordine pubblico,
i limiti di tale nozione rientrano nell'interpretazione della Convenzione.
- 23.
- Pertanto, sebbene non spetti alla Corte definire il contenuto dell'ordine pubblico
di uno Stato contraente, essa è però tenuta a controllare i limiti entro i quali ilgiudice di uno Stato contraente può ricorrere a tale nozione per non riconoscere
una decisione emanata da un giudice di un altro Stato contraente.
- 24.
- Occorre al riguardo rilevare che, poiché la Convenzione è stata stipulata sulla base
dell'art. 220 del Trattato e nel quadro da esso definito, le sue disposizioni sono
connesse con il Trattato (sentenza 10 febbraio 1994, causa C-398/92, Mund &
Fester, Racc. pag. I-467, punto 12).
- 25.
- Secondo una giurisprudenza costante, i diritti fondamentali fanno parte integrante
dei principi generali del diritto dei quali la Corte garantisce l'osservanza (v.,
segnatamente, parere 2/94 del 28 marzo 1996, Racc. pag. I-1759, punto 33). A tal
fine la Corte si ispira alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri e alle
indicazioni fornite dai trattati internazionali relativi alla tutela dei diritti dell'uomo
a cui gli Stati membri hanno cooperato o aderito. La convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (in prosieguo: la
«CEDU») riveste, a questo proposito, un significato particolare (v., segnatamente,
sentenza 15 maggio 1986, causa 222/84, Johnston, Racc. pag. 1651, punto 18).
- 26.
- La Corte ha così riconosciuto espressamente il principio generale di diritto
comunitario in forza del quale ogni persona ha diritto a un processo equo, che si
ispira a tali diritti fondamentali (sentenze 17 dicembre 1998, causa 185/95 P,
Baustahlgewebe/Commissione, Racc. pag. I-8417, punti 20 e 21, e 11 gennaio 2000,
cause riunite C-174/98 P e C-189/98 P, Paesi Bassi e Van der Wal/Commissione,
Racc. pag. I-0000, punto 17).
- 27.
- L'art. F, n. 2, del Trattato sull'Unione europea (divenuto, in seguito a modifica, art.
6, n. 2, UE) ha sancito questa giurisprudenza. Ai sensi di tale disposizione,
«l'Unione rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali,
firmata a Roma il 4 novembre 1950, e quali risultano dalle tradizioni costituzionali
comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario».
- 28.
- E' alla luce di dette considerazioni che occorre risolvere le questioni pregiudiziali.
Sulla prima questione
- 29.
- Con la presente questione, il giudice a quo chiede in sostanza se, alla luce della
clausola dell'ordine pubblico di cui all'art. 27, punto 1), della Convenzione, il
giudice dello Stato richiesto possa tener conto, nei confronti di un convenuto
domiciliato sul territorio di quest'ultimo, del fatto che il giudice dello Stato d'origine
ha fondato la propria competenza sulla cittadinanza della vittima di un reato.
- 30.
- In via preliminare, occorre ricordare che, secondo la lettera stessa del suo art. 1,
primo comma, la Convenzione si applica alle decisioni pronunciate in materia civileda un giudice penale (sentenza 21 aprile 1993, causa C-172/91, Sonntag, Racc. pag.
I-1963, punto 16).
- 31.
- Nel sistema della Convenzione, salvo alcune ipotesi tassativamente elencate al suo
art. 28, primo comma, nessuna delle quali corrisponde alla fattispecie oggetto della
causa a qua, il giudice adito non può procedere al controllo della competenza dei
giudici dello Stato d'origine. Tale principio fondamentale, sancito all'art. 28, terzo
comma, prima frase, della detta Convenzione, è suffragata dalla precisazione,
contenuta nella seconda frase dello stesso comma, secondo cui «le norme sulla
competenza non riguardano l'ordine pubblico contemplato dall'articolo 27, punto
1».
- 32.
- Ne consegue che l'ordine pubblico dello Stato richiesto non può essere opposto al
riconoscimento o all'esecuzione di una decisione pronunciata in un altro Stato
contraente per il solo motivo che il giudice d'origine non abbia rispettato le norme
della Convenzione relative alla competenza.
- 33.
- Considerati i termini generici in cui è formulato l'art. 28, terzo comma, della
Convenzione, una soluzione simile deve essere ritenuta applicabile, in linea di
principio, anche nell'ipotesi in cui il giudice dello Stato d'origine abbia fondato, a
torto, su una norma che faccia riferimento ad un criterio di cittadinanza la propria
competenza nei confronti di un convenuto domiciliato sul territorio dello Stato
richiesto.
- 34.
- Si deve pertanto risolvere la prima questione nel senso che, alla luce della clausola
dell'ordine pubblico di cui all'art 27, punto 1), della Convenzione, il giudice dello
Stato richiesto non può tener conto, nei confronti di un convenuto domiciliato sul
territorio di quest'ultimo, del solo fatto che il giudice dello Stato d'origine ha
fondato la propria competenza sulla cittadinanza della vittima di un reato.
Sulla seconda questione
- 35.
- Con la presente questione, il giudice a quo chiede in sostanza se, alla luce della
clausola dell'ordine pubblico di cui all'art. 27, punto 1), della Convenzione, il
giudice dello Stato richiesto possa tener conto, nei confronti di un convenuto
domiciliato sul territorio di quest'ultimo e perseguito per un reato doloso, del fatto
che il giudice dello Stato d'origine ha negato al convenuto stesso il diritto di farsi
difendere senza comparire personalmente.
- 36.
- Occorre rilevare che, vietando la revisione del merito della decisione straniera, gli
artt. 29 e 34, terzo comma, della Convenzione, ostano a che il giudice dello Stato
richiesto neghi il riconoscimento o l'esecuzione di detta decisione per il solo motivo
che esista una divergenza tra la norma giuridica applicata dal giudice dello Stato
d'origine e quella che avrebbe applicato il giudice dello Stato richiesto se gli fosse
stata sottoposta la controversia. Allo stesso modo, il giudice dello Stato richiestonon può controllare l'esattezza delle valutazioni di diritto o di fatto operate dal
giudice dello Stato d'origine.
- 37.
- Un ricorso alla clausola dell'ordine pubblico contenuta all'art. 27, punto 1), della
Convenzione, è immaginabile solo nel caso in cui il riconoscimento o l'esecuzione
della decisione pronunciata in un altro Stato contraente contrastasse in modo
inaccettabile con l'ordinamento giuridico dello Stato richiesto, in quanto fosse lesiva
di un principio fondamentale. Per rispettare il divieto della revisione nel merito
della decisione straniera, la lesione dovrebbe costituire una violazione manifesta di
una regola di diritto considerata essenziale nell'ordinamento giuridico dello Stato
richiesto o di un diritto riconosciuto come fondamentale nello stesso ordinamento
giuridico.
- 38.
- Quanto al diritto ad essere difesi, cui fa riferimento la questione pregiudiziale,
occorre rilevare che esso occupa una posizione eminente nell'organizzazione e nello
svolgimento di un processo equo e che figura tra i diritti fondamentali che risultano
dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri.
- 39.
- Ancor più precisamente, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha affermato a più
riprese in materia penale che, sebbene non assoluto, il diritto di ogni imputato ad
essere effettivamente difeso da un avvocato, se necessario nominato d'ufficio, figura
tra gli elementi fondamentali del processo equo e che un imputato non perde il
beneficio di tale diritto per il solo fatto della sua assenza dal dibattimento (v. Corte
europea dei diritti dell'uomo, sentenze 23 novembre 1993, Poitrimol c. Francia,
serie A n. 277-A; 22 settembre 1994, Pelladoah c. Paesi Bassi, serie A n. 297-B, e
21 gennaio 1999, Van Geyseghem c. Belgio, non ancora pubblicata nella Raccolta).
- 40.
- Da tale giurisprudenza risulta che il giudice nazionale di uno Stato contraente ha
il diritto di ritenere che il rifiuto di sentire la difesa di un imputato assente dal
dibattimento costituisca una violazione manifesta di un diritto fondamentale.
- 41.
- Il giudice a quo si interroga tuttavia circa la possibilità, per il giudice dello Stato
richiesto, di tener conto, considerato l'art. 27, punto 1), della Convenzione, di una
violazione di tale natura alla luce della lettera dell'art. II del Protocollo.
Quest'ultimo, che implica un'estensione dell'ambito d'applicazione della
Convenzione al campo penale giustificata con le conseguenze in materia civile o
commerciale che possono derivare dalla sentenza di un giudice penale (sentenza
26 maggio 1981, causa 157/80, Rinkau, Racc. pag. 1391, punto 6), riconosce il
diritto di farsi difendere senza comparire personalmente dinanzi ai giudici penali
di uno Stato contraente alle persone non in possesso della cittadinanza di detto
Stato domiciliate in un altro Stato contraente solo nella misura in cui esse sono
imputate di un'infrazione non volontaria. Questa limitazione è stata interpretata nel
senso che la Convenzione si è proposta, manifestamente, di escludere dalla
possibilità di farsi difendere senza comparire personalmente le persone imputate
di reati gravi (citata sentenza Rinkau, punto 12).
- 42.
- Tuttavia, da una giurisprudenza elaborata dalla Corte in merito al fondamento dei
principi ricordati ai punti 25 e 26 della presente sentenza, risulta che il rispetto dei
diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona
e che possa sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale
del diritto comunitario e dev'essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma
riguardante il procedimento di cui trattasi (v., segnatamente, sentenze 29 giugno
1994, causa C-135/92, Fiskano/Commissione, Racc. pag. I-2885, punto 39, e 24
ottobre 1996, causa C-32/95 P, Commissione/Lisrestal e a., Racc. pag. I-5373, punto
21).
- 43.
- Inoltre, la Corte ha altresì affermato che, anche se lo scopo della Convenzione è
quello di garantire la semplificazione delle formalità cui sono sottoposti il reciproco
riconoscimento e la reciproca esecuzione delle decisioni giudiziarie questo obiettivo
non potrebbe tuttavia essere raggiunto indebolendo i diritti della difesa (sentenza
11 giugno 1985, causa 49/84, Debaecker e Plouvier, Racc. pag. 1179, punto 10).
- 44.
- Da questa evoluzione giurisprudenziale discende che il ricorso alla clausola
dell'ordine pubblico deve essere considerato possibile nei casi eccezionali in cui le
garanzie previste dall'ordinamento dello Stato d'origine e dalla Convenzione stessa
non sono bastate a proteggere il convenuto da una violazione manifesta del suo
diritto a difendersi dinanzi al giudice d'origine, come sancito dalla CEDU. Pertanto,
l'art. II del Protocollo non può essere interpretato nel senso che esso osta a che il
giudice dello Stato richiesto possa tener conto, alla luce dell'ordine pubblico di cui
all'art. 27, punto 1), della Convenzione, del fatto che, nell'ambito di un'azione di
risarcimento danni fondata su un reato, il giudice dello Stato d'origine si è rifiutato
di sentire la difesa dell'imputato, perseguito per un reato doloso, per la sola
ragione della sua assenza dal dibattimento.
- 45.
- Si deve pertanto risolvere la seconda questione nel senso che, alla luce della
clausola dell'ordine pubblico di cui all'art. 27, punto 1), della Convenzione, il
giudice dello Stato richiesto può tener conto, nei confronti di un convenuto
domiciliato sul territorio di quest'ultimo e perseguito per un reato doloso, del fatto
che il giudice dello Stato d'origine gli ha negato il diritto di farsi difendere senza
comparire personalmente.
Sulla terza questione pregiudiziale
- 46.
- Considerata la soluzione apportata alla seconda questione, non occorre risolvere
la terza questione.
Sulle spese
- 47.
- Le spese sostenute dai governi tedesco e francese, nonché dalla Commissione, che
hanno presentato osservazioni alla Corte, non possono dar luogo a rifusione. Neiconfronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un
incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle
spese.
Per questi motivi,
LA CORTE,
pronunciandosi sulle questioni sottopostele dal Bundesgerichtshof con ordinanza
4 dicembre 1997, dichiara:
L'art. 27, punto 1), della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la
competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e
commerciale, come modificata dalla convenzione 9 ottobre 1978, relativa
all'adesione del Regno di Danimarca, dell'Irlanda e del Regno Unito di Gran
Bretagna e Irlanda del Nord, e dalla convenzione 25 ottobre 1982, relativa
all'adesione della Repubblica ellenica, dev'essere così interpretato:
1) Alla luce della clausola dell'ordine pubblico di cui all'art. 27, punto 1),
della detta Convenzione, il giudice dello Stato richiesto non può tener
conto, nei confronti di un convenuto domiciliato sul territorio di
quest'ultimo, del solo fatto che il giudice dello Stato d'origine ha fondato
la propria competenza sulla cittadinanza della vittima di un reato.
2) Alla luce della clausola dell'ordine pubblico di cui all'art. 27, punto 1),
della detta Convenzione, il giudice dello Stato richiesto può tener conto, nei
confronti di un convenuto domiciliato sul territorio di quest'ultimo e
perseguito per un reato doloso, del fatto che il giudice dello Stato d'origine
gli ha negato il diritto di farsi difendere senza comparire personalmente.
Rodríguez IglesiasMoitinho de Almeida
Edward
Sevón Schintgen
Kapteyn
Gulmann Puissochet
Hirsch
Jann Ragnemalm
|
Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 28 marzo 2000.
Il cancelliere
Il presidente
R. Grass
G.C. Rodríguez Iglesias