Language of document : ECLI:EU:C:2019:709

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

HOGAN

presentate l’11 settembre 2019 (1)

Causa C175/18 P

PTC Therapeutics International Ltd

contro

Agenzia europea per i medicinali (EMA)

«Impugnazione – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Accesso ai documenti delle istituzioni – Documenti in possesso dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) contenenti informazioni trasmesse dalla ricorrente nell’ambito di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale per uso umano – Decisione di concedere ad un terzo l’accesso ai documenti – Presunzione generale di riservatezza – Articolo 4, paragrafo 2 – Eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali – Articolo 4, paragrafo 3 – Tutela del processo decisionale»






I.      Introduzione

1.        Il presente ricorso concerne una delle tre cause (2), ad oggi, in cui una parte tenta di annullare una decisione con la quale un’istituzione o un’agenzia europea ha concesso l’accesso a documenti. Con la sua impugnazione, la PTC Therapeutics International Ltd (in prosieguo: la «ricorrente») chiede alla Corte l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 5 febbraio 2018,  PTC Therapeutics International/EMA  (T‑718/15, EU:T:2018:66; in prosieguo: la «sentenza impugnata») con cui il Tribunale ha respinto la sua domanda di annullamento della decisione EMA/722323/2015 (in prosieguo: la «decisione controversa») dell’Agenzia europea per i medicinali (in prosieguo: l’«EMA») che concedeva a un richiedente l’accesso, ai sensi del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (3) a una relazione di studio clinico (in prosieguo: la «CSR») che la ricorrente aveva presentato a tale agenzia. Si dà il caso che la richiedente sia un’altra società farmaceutica che è o potrebbe essere concorrente della ricorrente.

2.        La decisione dell’EMA di concedere l’accesso al CSR presentato dalla ricorrente è stata confermata dalla sentenza del Tribunale del 5 febbraio 2018 (4), in cui il Tribunale ha ritenuto, tra l’altro, che il CSR non rientrava nelle categorie in relazione alle quali era stata riconosciuta una presunzione generale di riservatezza.

3.        La Corte è ora chiamata a decidere se gli interessi commerciali della ricorrente in riferimento al CSR siano tutelati da una presunzione generale di riservatezza. Ulteriori questioni sorgono per quanto concerne l’interpretazione dell’espressione «interessi commerciali», utilizzata all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, nonché la valutazione se il rilascio di un’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata abbia concluso il processo decisionale o se esso debba considerarsi pendente ai fini dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001.

4.        Tuttavia, al centro del presente ricorso vi è la questione se CSR di questo tipo, elaborate nell’ambito di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio (in prosieguo: l’«AIC») per nuovi prodotti farmaceutici, rivolta all’EMA, costituiscano informazioni commerciali riservate protette dall’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001. Questo è, infatti, il primo ricorso in cui tale particolare questione è sottoposta all’attenzione della Corte, sicché, a mio avviso, non vi è rischio di sovrastimare la sua importanza per quanto riguarda il diritto di accesso ai documenti e la sua applicazione all’industria farmaceutica.

5.        Prima di esaminare nel dettaglio tali questioni giuridiche è necessario individuare le disposizioni giuridiche pertinenti.

II.    Contesto normativo

 Diritto internazionale

Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (in prosieguo: «accordo TRIPS»)

6.        L’articolo 39, paragrafi 2 e 3, dell’accordo TRIPS, che è parte dell’accordo istitutivo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), firmato dalla Comunità europea e successivamente approvato con decisione del Consiglio 94/800/CE (5), del 22 dicembre 1994, prevede quanto segue:

«2.      Le persone fisiche e giuridiche hanno la facoltà di vietare che, salvo proprio consenso, le informazioni sottoposte al loro legittimo controllo siano rivelate a terzi oppure acquisite o utilizzate da parte di terzi in un modo contrario a leali pratiche commerciali nella misura in cui tali informazioni:

a)      siano segrete nel senso che non sono, nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi, generalmente note o facilmente accessibili a persone che normalmente si occupano del tipo di informazioni in questione;

b)      abbiano valore commerciale in quanto segrete; e

c)      siano state sottoposte, da parte della persona al cui legittimo controllo sono soggette, a misure adeguate nel caso in questione intesa a mantenerle segrete.

3.      I membri, qualora subordinino l’autorizzazione della commercializzazione di prodotti chimici farmaceutici o agricoli implicanti l’uso di nuove sostanze chimiche alla presentazione di dati relativi a prove o di altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno, assicurano la tutela di tali dati da sleali usi commerciali. Essi inoltre proteggono detti dati dalla divulgazione, salvo nei casi in cui risulti necessaria per proteggere il pubblico o a meno che non vengano prese misure atte a garantire la protezione dei dati contro sleali usi commerciali».

 Diritto dellUnione

A – Regolamento n. 1049/2001

7.        I considerando 2 e 11 prevedono quanto segue:

«(2)      Questa politica di trasparenza consente una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e garantisce una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico. La politica di trasparenza contribuisce a rafforzare i principi di democrazia e di rispetto dei diritti fondamentali sanciti dall’articolo 6 del trattato UE e dalla carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

(…)

(11)      In linea di principio, tutti i documenti delle istituzioni dovrebbero essere accessibili al pubblico. Tuttavia, taluni interessi pubblici e privati dovrebbero essere tutelati mediante eccezioni. Si dovrebbe consentire alle istituzioni di proteggere le loro consultazioni e discussioni interne quando sia necessario per tutelare la propria capacità di espletare le loro funzioni. Nel valutare le eccezioni, le istituzioni dovrebbero tener conto dei principi esistenti nella legislazione comunitaria in materia di protezione dei dati personali, in tutti i settori di attività dell’Unione».

8.        L’articolo 1 del regolamento n. 1049/2001 definisce l’obiettivo del regolamento. Esso prevede quanto segue:

«L’obiettivo del presente regolamento è di:

a)      definire i principi, le condizioni e le limitazioni, per motivi di interesse pubblico o privato, che disciplinano il diritto di accesso ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (in prosieguo “le istituzioni”) sancito dall’articolo 255 del trattato CE in modo tale da garantire l’accesso più ampio possibile;

b)      definire regole che garantiscano l’esercizio più agevole possibile di tale diritto e

c)      promuovere le buone prassi amministrative sull’accesso ai documenti».

9.        L’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 prevede eccezioni al diritto di accesso ai documenti. I paragrafi 2, 3 e 6 sono rilevanti ai fini della presente causa. Essi prevedono quanto segue:

«2.      Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:

–        gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale,

–        le procedure giurisdizionali e la consulenza legale,

–        gli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile,

a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

3.      L’accesso a un documento elaborato per uso interno da un’istituzione o da essa ricevuto, relativo ad una questione su cui la stessa non abbia ancora adottato una decisione, viene rifiutato nel caso in cui la divulgazione del documento pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale dell’istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione

(…)

6.      Se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate.

(…)».

10.      L’articolo 6, paragrafo 1, che disciplina le domande di accesso ai documenti, così dispone:

«1.      Le domande di accesso a un documento sono presentate in qualsiasi forma scritta, anche elettronica, in una delle lingue di cui all’articolo 314 del trattato CE e sono formulate in modo sufficientemente preciso per consentire all’istituzione di identificare il documento in oggetto. Il richiedente non è tenuto a motivare la domanda».

B – Regolamento (CE) n. 726/2004 (6)

11.      L’articolo 14, paragrafo 11, in materia di «esclusiva dei dati» e di «esclusiva di mercato», nel contesto di un’autorizzazione dell’EMA all’immissione in commercio di medicinali per uso umano, così dispone:

«Fatto salvo il diritto relativo alla protezione della proprietà industriale e commerciale, i medicinali per uso umano autorizzati ai sensi del presente regolamento beneficiano di una protezione dei dati per la durata di otto anni e di una protezione della commercializzazione per la durata di dieci anni, che è prolungata, nell’ultimo caso, fino ad un massimo 11 anni se, durante i primi otto anni di tale periodo decennale, il titolare dell’autorizzazione all’immissione in commercio ottiene un’autorizzazione per una o più nuove indicazioni terapeutiche le quali, nel corso della valutazione scientifica precedente alla loro autorizzazione, sono considerate apportare un beneficio clinico significativo rispetto alle terapie esistenti».

12.      L’articolo 73 prevede quanto segue:

«Ai documenti detenuti dall’agenzia si applica il regolamento [n. 1049/2001].

L’agenzia costituisce un registro a norma dell’articolo 2, paragrafo 4 del regolamento [n. 1049/2001] per mettere a disposizione tutti i documenti accessibili al pubblico a norma del presente regolamento.

Entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente regolamento il consiglio di amministrazione adotta disposizioni per l’attuazione del regolamento [n. 1049/2001].

(…)».

C – Regolamento (CE) n. 141/2000 (7)

13.      La nozione di medicinale orfano è probabilmente spiegata nella miglior forma dal primo e dal secondo considerando del regolamento n. 141/2000:

«considerando quanto segue:

(1)      alcune affezioni si manifestano con tale rarità da non consentire che i costi di sviluppo e commercializzazione di un medicinale destinato alla relativa diagnosi, profilassi o terapia siano recuperati con le probabili vendite; l’industria farmaceutica non sarebbe disposta a sviluppare il medicinale alle normali condizioni di mercato; tali medicinali sono pertanto definiti “orfani”;

(2)      i pazienti colpiti da affezioni rare dovrebbero aver diritto ad un trattamento qualitativamente uguale a quello riservato agli altri pazienti; occorre quindi promuovere la ricerca, lo sviluppo e la commercializzazione di adeguati medicinali da parte dell’industria farmaceutica; esistono incentivi per lo sviluppo di medicinali orfani dal 1983 negli Stati Uniti e dal 1993 in Giappone».

14.      L’ottavo considerando di tale regolamento prosegue spiegando, inoltre, che l’esperienza sia negli Stati Uniti d’America che in Giappone ha dimostrato che «l’incentivo più efficace per indurre l’industria ad investire nello sviluppo e nella commercializzazione dei medicinali orfani» consiste nella prospettiva di ottenere un’esclusiva di mercato per un determinato numero di anni, «durante i quali parte degli investimenti possa essere recuperata».

15.      L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento prevede che un medicinale può essere qualificato come orfano qualora esso sia destinato «alla diagnosi, alla profilassi o alla terapia di una affezione che comporta una minaccia per la vita o la debilitazione cronica e che colpisce non più di cinque individui su diecimila» oppure quando «è poco probabile che, in mancanza di incentivi, la commercializzazione di tale medicinale all’interno della Comunità sia tanto redditizia da giustificare l’investimento necessario» e quando non esistano «metodi soddisfacenti di diagnosi, profilassi o terapia di tale affezione autorizzati nella Comunità».

16.      L’articolo 8, rubricato «Esclusiva di mercato», così dispone:

«1.      Dopo avere concesso un’autorizzazione comunitaria all’immissione in commercio di un medicinale orfano in virtù del regolamento (CEE) n. 2309/93[(8)], o dopo che tutti gli Stati membri hanno concesso un’autorizzazione all’immissione in commercio di un medicinale orfano secondo le procedure di reciproco riconoscimento (…), e fatte salve le disposizioni del diritto di proprietà intellettuale o ogni altra disposizione del diritto comunitario, la Comunità e gli Stati membri non accettano altre domande di autorizzazione, non concedono altre autorizzazioni all’immissione in commercio, né accettano richieste relative all’estensione di autorizzazioni all’immissione in commercio, esistenti per medicinali analoghi, con le stesse indicazioni terapeutiche per un periodo di dieci anni.

2.      Tale periodo può tuttavia essere ridotto a sei anni se, alla scadenza del quinto anno, risulta che il medicinale in questione non è più conforme ai criteri di cui all’articolo 3 e se risulta fra l’altro, sulla base dei dati disponibili, che il rendimento è tale da non giustificare il mantenimento dell’esclusiva di mercato.

(…)».

III. Fatti

17.      La ricorrente ha sviluppato il farmaco «Translarna» per il trattamento della distrofia muscolare di Duchenne (in prosieguo: «DMD») in pazienti la cui malattia è causata da una cosiddetta mutazione «nonsenso». La DMD è una malattia genetica ereditaria che solitamente si manifesta prima dei sei anni ed è caratterizzata da una progressiva diminuzione e debolezza dei muscoli, generalmente con conseguenze gravi e potenzialmente mortali. La ricorrente ha espresso l’auspicio che il farmaco possa essere utilizzato per trattare altre malattie, anch’esse causate da mutazioni nonsenso.

18.      Nell’ottobre 2012, la ricorrente ha presentato all’EMA una domanda di AIC di Translarna, per il trattamento della DMD, ai sensi del regolamento n. 726/2004. Dopo un iniziale rifiuto e una richiesta di riesame, alla ricorrente è stata concessa, il 31 luglio 2014, un’AIC condizionata, come previsto dal regolamento (CE) della Commissione n. 507/2006 (9). Ai sensi dell’articolo 5 del regolamento n. 507/2006, un’AIC condizionata impone ai suoi titolari «di completare gli studi in corso o di condurre nuovi studi al fine di confermare che il rapporto rischio/beneficio è positivo (…)» prima di poter ottenere un’AIC della durata di cinque anni, ai sensi dell’articolo 7 del regolamento n. 507/2006 e dell’articolo 14, paragrafo 1, del regolamento n. 726/2004.

19.      Il 13 ottobre 2015 l’EMA ha informato la ricorrente di aver ricevuto una domanda ai sensi del regolamento n. 1049/2001 da parte di un’altra società farmaceutica, che chiedeva di avere accesso a un CSR contenuto nella domanda di AIC di Translarna presentata dalla ricorrente (in prosieguo: la «relazione controversa»). È pacifico che il CSR si occupa dell’efficacia e della sicurezza del principio attivo di Translarna (10).

20.      La ricorrente ha chiesto che la relazione controversa fosse considerata come riservata nel suo complesso. Tale richiesta è stata infine respinta, il 25 novembre 2015, dalla decisione controversa, con cui l’EMA ha concesso accesso all’intero testo della relazione controversa (11), fatti salvi alcuni omissis che essa stessa ha introdotto di propria iniziativa, poiché la ricorrente si era rifiutata di formulare suggerimenti in merito.

21.      L’EMA ha motivato la sua decisione di concedere, in linea di principio, l’accesso, prendendo in considerazione anche le osservazioni formulate dalla ricorrente durante il periodo di consultazione previsto dall’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001, nei seguenti termini:

–        ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, l’accesso all’intero documento richiesto poteva essere negato unicamente qualora fossero applicabili a tutto il suo contenuto una o più eccezioni previste dall’articolo 4, paragrafi 2 o 3 del regolamento. È stato dichiarato che la ricorrente non aveva fornito alcuna prova a tal riguardo. Inoltre, una parte del contenuto della relazione controversa era già di dominio pubblico;

–        la divulgazione non viola l’articolo 39, paragrafo 3, dell’accordo TRIPS. I periodi di esclusiva dei dati garantiti in forza dell’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004 e il fatto che il diritto d’autore resta impregiudicato ai sensi dell’articolo 16 del regolamento n. 1049/2001 sono idonei a soddisfare i requisiti previsti da tale disposizione;

–        il rischio di un uso improprio del documento da parte di un concorrente non costituisce, di per sé, un motivo per ritenere che determinate informazioni commerciali siano riservate ai sensi del regolamento n. 1049/2001;

–        l’eccezione al diritto di accesso ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 non trovava applicazione poiché il processo decisionale dell’istituzione si era concluso con il rilascio di un’AIC condizionata.

22.      La ricorrente, sostenuta dalla European Confederation of Pharmaceutical Entrepreneurs AISBL (in prosieguo: «Eucope»), ha impugnato la decisione controversa mediante un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale. Essa ha inoltre depositato, al contempo, una domanda di provvedimenti provvisori. Tale domanda è stata accolta con ordinanza del Presidente del Tribunale del 20 luglio 2016 (12). L’impugnazione dell’EMA avverso tale ordinanza è stata respinta dal Vicepresidente della Corte il 1o marzo 2017 (13).

IV.    Sentenza impugnata

23.      Nel suo ricorso dinanzi al Tribunale, la ricorrente ha invocato cinque motivi, segnatamente il fatto che: 1) sulla base di una corretta interpretazione del rapporto fra il regolamento n. 726/2004 e il regolamento n. 1049/2001, la relazione controversa rientra, nel suo complesso, in una presunzione generale di riservatezza; 2) in ogni caso, la relazione controversa costituisce, nel suo complesso, un’informazione commerciale riservata tutelata dall’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001; 3) la divulgazione integrale della relazione controversa arrecherebbe un grave pregiudizio al processo decisionale dell’EMA, sicché essa è protetta dalla divulgazione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001; 4) l’EMA non ha proceduto al bilanciamento come previsto dalla normativa; 5) l’esito di un bilanciamento corretto sarebbe consistito nella decisione di non divulgare parte alcuna della relazione controversa. Il Tribunale ha respinto il ricorso nella sua interezza per i motivi descritti nel prosieguo.

Presunzione generale di riservatezza

24.      Il Tribunale ha statuito che non sussiste una presunzione generale di riservatezza ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, o dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 per quanto concerne le relazioni di studi clinici. Esso è giunto a tale conclusione per i motivi esposti nel prosieguo.

25.      Il Tribunale ha individuato quattro criteri utilizzati nella giurisprudenza per riconoscere tale presunzione (14). Esso ha ritenuto che nella presente causa essi non erano soddisfatti. In particolare, esso ha ritenuto che la relazione controversa non afferiva a una procedura amministrativa pendente, come nei casi in cui era stata riconosciuta una presunzione generale di riservatezza, dettata dall’esigenza imperativa di garantire il corretto funzionamento delle procedure di cui trattasi e di garantire che non ne vengano compromessi gli obiettivi (15). In secondo luogo, il Tribunale ha ritenuto che i regolamenti applicabili, n. 141/2000, n. 726/2004 e n. 507/2006, non contenevano disposizioni ad hoc concernenti la procedura e restrittive dell’accesso ai documenti (16).

26.      Il Tribunale ha inoltre respinto l’argomento della ricorrente secondo cui la caratteristica essenziale del regime di AIC è che tutti i documenti presentati nell’ambito di una domanda di AIC siano mantenuti riservati, in quanto tale giudice ha ritenuto che essi potrebbero persino non contenere alcun elemento innovativo (17). A sostegno di tale posizione il Tribunale ha inoltre rilevato che l’EMA ha adottato una decisione di attuazione del regolamento n. 1049/2001 sulla base dell’articolo 73 del regolamento n. 726/2004 intitolata «Norme di attuazione del regolamento (CE) n. 1049/2001 sull’accesso ai documenti dell’EMEA», nonché il documento EMEA/110196/2006 intitolato «Politica dell’Agenzia sull’accesso ai documenti (relativi ai farmaci per uso umano o veterinario)» che riflette tale posizione.

27.      Il Tribunale ha inoltre dichiarato che l’onere amministrativo a carico dell’EMA e dell’autore del documento derivante dalla redazione dei documenti ai fini dell’accesso non può essere considerato un argomento a favore di una presunzione generale di riservatezza, in quanto ciò sarebbe contrario alla lettera e allo spirito del regolamento n. 1049/2001, che considera l’accesso ai documenti come la regola e il suo rifiuto come un’eccezione (18).

28.      Esso ha inoltre ritenuto che le disposizioni dell’articolo 39, paragrafi 2 e 3, dell’accordo TRIPS non potessero essere invocate a favore di una presunzione generale di riservatezza in quanto esse non danno la priorità assoluta alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale sul principio di divulgazione. Il Tribunale ha inoltre osservato che la protezione dei dati ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004 e le eccezioni di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, il quale prevede la tutela delle informazioni commerciali riservate contenute in una domanda di AIC, soddisfacevano i requisiti di cui all’articolo 39, paragrafo 3, dell’accordo TRIPS. A tal riguardo esso ha respinto, in particolare, l’argomento della ricorrente secondo cui i dati che possono essere sfruttati in modo sleale sono da considerare riservati.

29.      Il Tribunale ha inoltre osservato che l’istituzione interessata non è tenuta a fondare la propria decisione su una presunzione generale, anche qualora essa sussista. Piuttosto, essa può sempre procedere a un esame concreto dei documenti oggetto di una domanda (19).

Esame specifico dell’applicazione dell’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 effettuato dal Tribunale nella presente causa

30.      Il Tribunale ha sottolineato che l’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001 deve essere interpretato restrittivamente, trattandosi di un’eccezione alla regola secondo cui deve essere concesso l’accesso. Esso ha concluso che l’eccezione concernente la riservatezza commerciale di cui all’articolo 4, paragrafo 2, entrerebbe in gioco solo se si potesse dimostrare che la divulgazione dello specifico documento potrebbe pregiudicare «[gravemente]» («seriously») gli interessi commerciali della ricorrente e che tale rischio è ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (20).

31.      Il Tribunale ha inoltre dichiarato che la relazione controversa non rientrava, nel suo complesso, nell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, poiché ciò richiederebbe che tutti i dati contenuti nella relazione costituiscano informazioni commerciali riservate. Tale ipotesi non ricorreva nel caso in questione poiché parte di tali dati era già stata pubblicata nella relazione pubblica europea di valutazione (in prosieguo: l’«EPAR»), seppure previa eliminazione di tutte le informazioni commerciali a carattere riservato, come previsto dall’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento n. 726/2004

V.      Sull’impugnazione

32.      A sostegno dell’impugnazione la ricorrente deduce cinque motivi. Con il primo motivo, essa sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto avendo omesso di riconoscere l’esistenza di una presunzione generale di riservatezza per quanto concerne la relazione controversa. Il secondo motivo concerne una violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001. Il terzo motivo di ricorso verte sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001. Con il quarto e quinto motivo, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto avendo omesso di effettuare un bilanciamento tra l’interesse alla tutela della riservatezza della relazione controversa e un possibile interesse pubblico prevalente alla sua divulgazione, dato che attraverso il primo, il secondo e il terzo motivo era stata provata l’applicabilità dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3 del regolamento n. 1049/2001. Si sostiene che se il Tribunale avesse effettuato tale bilanciamento, esso avrebbe constatato che non esisteva un interesse pubblico prevalente.

33.      Conformemente alla richiesta della Corte, propongo di limitare le mie conclusioni al primo, secondo e terzo motivo di impugnazione.

VI.    Valutazione

A.      Osservazioni preliminari

1.      Regolamento (UE) n. 536/2014 (21)

34.      Inizialmente dovrei forse osservare che non ho trascurato il fatto che, sebbene il regolamento (UE) n. 536/2014 contenga nuove norme relative all’autorizzazione, alla conduzione e ai risultati delle sperimentazioni cliniche, tale regolamento non è ancora applicabile. Si può certamente ritenere che il regolamento n. 536/2014 introduca una maggiore trasparenza in materia di divulgazione delle relazioni di studi clinici, non da ultimo poiché prevede la creazione di una banca dati alla quale, in linea di principio, il pubblico avrà accesso, fatte salve, ancora una volta, alcune eccezioni di riservatezza.

35.      A mio avviso, tuttavia, non è necessario esprimere un parere definitivo sui potenziali effetti del regolamento n. 536/2014, tanto in relazione alla presente causa quanto ad altre, per quanto riguarda l’accesso del pubblico alle informazioni sulla sperimentazione clinica. Ciò poiché tale regolamento non è ancora applicabile, dato che la sua operatività dipende dallo sviluppo di un portale e di una banca dati dell’Unione pienamente funzionanti ai sensi del regolamento n. 536/2014. La presente impugnazione deve pertanto essere decisa con riferimento al diritto vigente alla data della decisione controversa. Fatta eccezione per la presa d’atto della sua esistenza e della sua potenziale rilevanza per quanto riguarda eventuali cause future di questo tipo, non intendo fare affidamento su questo regolamento per quanto riguarda l’esito di questo particolare ricorso.

2.      Principi generali relativi al regime di accesso ai documenti

36.      Prima di esaminare qualsiasi questione, può essere opportuno illustrare preliminarmente alcuni principi generali relativi al funzionamento del regime di accesso ai documenti previsto dal regolamento n. 1049/2001. In tale contesto, i principi giuridici applicabili sono chiari e, in effetti, sono stati correttamente enunciati dal Tribunale. Possiamo iniziare chiedendoci, in primo luogo, quali siano effettivamente tali principi. Essi possono essere sintetizzati come segue.

37.      In primo luogo, il regolamento n. 1049/2001 mira a dare attuazione legislativa ai principi sottesi all’articolo 15, paragrafo 3, TFUE, ai sensi del quale qualsiasi cittadino dell’Unione (o, parimenti, qualsiasi persona fisica o giuridica) che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni dell’Unione, secondo i principi generali e le limitazioni «a tutela di interessi pubblici o privati applicabili al diritto di accesso ai documenti» stabiliti mediante regolamento dal Parlamento europeo e dal Consiglio, «che deliberano secondo la procedura legislativa ordinaria».

38.      In secondo luogo, il regolamento n. 1049/2001 si basa sul principio secondo cui il pubblico dovrebbe avere il più ampio accesso possibile a tali documenti (22), fatte salve le eccezioni necessarie per tutelare gli interessi pubblici e privati di cui al suo considerando 11 e alle quali le disposizioni dell’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, danno attuazione. Tuttavia, poiché tali eccezioni derogano al principio generale del regolamento n. 1049/2001 secondo cui la divulgazione dovrebbe essere il più ampia possibile, esse devono essere interpretate e applicate in senso restrittivo (23). Ne consegue pertanto che, in linea di principio, tutti i documenti delle istituzioni dell’Unione e di agenzie quali l’EMA sono accessibili al pubblico. In ogni caso, l’articolo 73 del regolamento n. 726/2004, la misura legislativa che disciplina l’intera procedura dell’AIC, prevede espressamente che «[a]i documenti detenuti dall’agenzia si applica» il regolamento n. 1049/2001.

39.      In terzo luogo, ovviamente, il semplice fatto che un determinato documento riguardi un interesse tutelato da un’eccezione al diritto di accesso prevista all’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, del regolamento n. 1049/2001 non è di per sé sufficiente. Piuttosto, è necessario che l’istituzione in questione spieghi in che modo la divulgazione del documento in questione potrebbe, secondo i termini usati dal Tribunale, «arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione» (24).

40.      In quarto luogo, l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001 stabilisce che il richiedente non è tenuto a motivare la domanda di accesso ai documenti. Ne consegue, a sua volta, che le motivazioni del richiedente al riguardo sono, in linea di principio, irrilevanti.

41.      Suggerisco ora di considerare il primo motivo di ricorso, ossia la questione della presunzione generale di riservatezza.

B.      Primo motivo di impugnazione: violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001 a motivo dell’omesso riconoscimento di una presunzione generale di riservatezza delle relazioni di studi clinici

42.      Con il suo primo motivo di impugnazione, la ricorrente sostiene che il Tribunale ha commesso un errore di diritto nel respingere l’argomento secondo cui le relazioni di studi clinici sono tutelate da una presunzione generale di riservatezza.

1.      Argomenti delle parti

43.      La ricorrente, sostenuta dalla Eucope, asserisce che il Tribunale ha commesso un errore di diritto non riconoscendo che i documenti presentati nell’ambito di una procedura per il rilascio di un’AIC, e in particolare le relazioni di studi clinici, erano tutelati da una presunzione generale di riservatezza.

44.      A suo avviso, il regime di esclusiva dei dati previsto per i titolari di un’AIC, da un lato, e i requisiti previsti dai regolamenti n. 726/2004, n. 507/2006 e n. 141/2000 che obbligano l’EMA a rendere pubbliche di propria iniziativa determinate informazioni, dall’altro lato, stabiliscono un prudente equilibrio tra i diritti dell’impresa innovatrice, la necessità di stimolare la concorrenza con medicinali generici e il diritto del pubblico ad essere adeguatamente informato sui medicinali presenti sul mercato. Al fine di salvaguardare tale equilibrio, i documenti presentati nel contesto di una domanda di AIC e, più specificamente, le relazioni di studi clinici, devono beneficiare della tutela di una presunzione generale di riservatezza.

45.      La ricorrente, sostenuta dalla Eucope, sostiene inoltre che la conclusione del Tribunale secondo cui tutte le precedenti cause in cui è stata riconosciuta una presunzione generale di riservatezza si basavano su un criterio secondo il quale vi era «un procedimento amministrativo o giurisdizionale in corso» è, di fatto, errata e che ciò non costituisce un criterio necessario per una presunzione generale di riservatezza. Secondo la ricorrente, ciò è particolarmente rilevante per quanto concerne l’eccezione relativa alle informazioni commerciali riservate, in quanto le informazioni devono essere protette dalla divulgazione anche dopo la conclusione del procedimento in questione, fatto che, secondo la ricorrente, è stato erroneamente ignorato dal Tribunale. La ricorrente sostiene, inoltre, che l’applicazione di una presunzione generale di riservatezza non è facoltativa. Ciò significa che essa si applica per legge e deve essere tenuta in considerazione dall’EMA.

46.      La Eucope sostiene che gli unici criteri rilevanti per l’accertamento di una presunzione generale di riservatezza nella presente causa sono i) il fatto che è una caratteristica intrinseca ed essenziale del regime applicabile alle AIC che i documenti presentati come parte del fascicolo abbiano diritto a una tutela ai sensi di tale presunzione o ii) il fatto che è probabile che le relazioni di studi clinici, in ragione della loro natura, contengano informazioni riservate (25). Secondo la Eucope, il Tribunale, nell’individuare criteri supplementari per accertare una presunzione generale di riservatezza, omette di constatare che tali criteri costituiscono meri esempi di situazioni in cui può sorgere una presunzione, ma che nessuno di essi è essenziale (26).

47.      Sia la ricorrente che la Eucope sostengono, inoltre, che l’approccio del Tribunale all’accordo TRIPS è viziato, poiché il Tribunale si è occupato soltanto della prima parte dell’articolo 39, paragrafo 3, di tale accordo, concernente gli usi commerciali sleali, anziché della seconda parte, che impone di proteggere i dati del fascicolo AIC dalla divulgazione se non vi è un interesse pubblico prevalente o a meno che non siano state intraprese azioni per garantire una protezione contro usi sleali.

48.      Inoltre, la ricorrente e la Eucope rimproverano al Tribunale di essersi basato sui documenti di indirizzo politico dell’EMA nonché sul regolamento n. 536/2014 come fonti di diritto, non da ultimo perché quest’ultimo atto non è ancora in vigore. Esse sostengono che il considerando 68 del regolamento rappresenta un argomento a favore di una presunzione generale, poiché indica l’intenzione di modificare la normativa.

49.      L’EMA sostiene che ai fini dell’applicazione di una presunzione generale di riservatezza tre sono i criteri sono pertinenti, segnatamente: i) il fatto che i documenti richiesti appartengano alla stessa categoria o siano della stessa natura di documenti per i quali l’esistenza di una presunzione generale di riservatezza è stata già accertata dai giudici; ii) il fatto che l’accesso ai documenti richiesti ostacolerebbe il corretto svolgimento della procedura in questione; e iii) il fatto che esista una normativa che disciplina specificamente le modalità di accesso ai documenti richiesti (27).

50.      L’EMA ha concluso che nessuna di queste condizioni è soddisfatta nella presente causa. In primo luogo, i documenti non rientrano nelle categorie per le quali è stata accertata, ad oggi, una presunzione generale; in secondo luogo, non vi è un procedimento in corso; in terzo luogo, non esiste un regime specifico di divulgazione in vigore, bensì l’articolo 73 del regolamento n. 726/2004 prevede specificamente che l’EMA è tenuta ad applicare il regolamento n. 1049/2001 a tutti i documenti in suo possesso. Essa sottolinea, inoltre, che sebbene il regolamento n. 536/2014 non sia ancora applicabile, esso riflette una chiara scelta normativa a favore della trasparenza. L’EMA sostiene, inoltre, che i periodi di protezione dei dati costituiscono la modalità prevista per la protezione dei dati contro l’uso sleale, come richiesto dall’articolo 39, paragrafo 3, dell’accordo TRIPS, e che gli omissis da essa introdotti nelle relazioni di studi clinici ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001 costituiscono un ulteriore mezzo per proteggere tali dati.

2.      Valutazione degli argomenti concernenti una presunzione generale di riservatezza

a)      Sul presunto utilizzo di documenti interni di indirizzo politico dellEMA e del regolamento n. 536/2014

51.      Per quanto concerne l’argomento della ricorrente e della Eucope secondo cui il Tribunale si è basato su documenti di indirizzo politico dell’EMA, segnatamente sulle sue «Norme di attuazione del regolamento (CE) n. 1049/2001 sull’accesso ai documenti dell’EMEA», nonché sul documento intitolato «Politica dell’[EMA] sull’accesso ai documenti (relativi ai farmaci per uso umano o veterinario)», ritengo che ciò non sia corretto, perlomeno nella misura in cui si suggerisce che il Tribunale abbia fondato la sentenza impugnata su tali fonti.

52.      È opportuno ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, le censure dirette contro elementi sovrabbondanti della motivazione di una decisione del Tribunale non possono comportare l’annullamento della stessa e sono dunque da considerarsi inoperanti (28). Dall’uso del termine «peraltro» all’inizio del punto 54 della sentenza impugnata risulta che il Tribunale non ha fondato la sua motivazione sulle norme di indirizzo politico dell’EMA. In seguito a una valutazione approfondita della questione alla luce dei regolamenti n. 1049/2001, n. 114/2000, n. 726/2004 e n. 507/2006, ai punti da 45 a 52, tale giudice trae, al punto 53, la conclusione che, «[i]n considerazione di quanto sopra esposto», non vi è alcuna presunzione generale di riservatezza delle relazioni di studi clinici. È quindi chiaro che i punti 54 e 55 sono menzionati solo per completezza e non sono essenziali per la motivazione della decisione del Tribunale.

53.      Lo stesso vale per la censura secondo cui il Tribunale si sarebbe fondato sul regolamento n. 536/2014 (29). Come ho già osservato, tale regolamento non è attualmente applicabile, poiché il portale e la banca dati dell’Unione previsti da tale regolamento non sono ancora pienamente operativi. Al punto 56 della sentenza impugnata il Tribunale menziona espressamente il fatto che tale regolamento non è applicabile nella presente causa. Tuttavia, a titolo di argomento accessorio contro l’esistenza di una presunzione generale di riservatezza, esso nota che tale regolamento enuncia, al considerando 68, il principio secondo cui i dati inclusi nelle relazioni di studi clinici non dovrebbero essere considerati informazioni commerciali riservate una volta che sia stata rilasciata o ritirata un’AIC. Il Tribunale ritiene che ciò costituisca un’indicazione dell’assenza di un’intenzione del legislatore di tutelare le relazioni di studi clinici mediante una presunzione generale di riservatezza.

54.      Se le osservazioni del Tribunale in merito agli effetti delle norme dell’EMA o al potenziale impatto del regolamento n. 536/2014 fossero state essenziali ai fini della sua decisione, concordo sul fatto che ciò avrebbe costituito, in entrambi i casi, un errore di diritto. È indiscutibile che, in un’Unione fondata sul rispetto dello Stato di diritto e delle istituzioni democratiche, il diritto possa essere modificato solo ricorrendo alle procedure legislative previste dai trattati. Gli orientamenti adottati dall’EMA possono indubbiamente aiutare a comprendere il modo in cui il regolamento n. 1049/2001 viene applicato nella pratica dall’Agenzia, ma non possono modificare, di fatto, la normativa. Né il regolamento n. 1049/2001 può essere interpretato richiamando tali orientamenti, poiché ciò sarebbe in contrasto con la gerarchia delle norme stabilita dal diritto dell’Unione. È altrettanto chiaro che tali procedimenti devono essere decisi con riferimento alle norme effettivamente vigenti alla data della decisione dell’EMA, e non con riferimento a un regolamento che, all’epoca, non era ancora applicabile (e, ad oggi, continua a non esserlo).

55.      Non reputo convincente neppure l’argomento della ricorrente secondo cui il considerando 68 del regolamento n. 536/2014 dovrebbe essere interpretato come una modifica intenzionale della situazione giuridica preesistente. Essa suggerisce che ciò equivale a un tacito riconoscimento normativo del fatto che la situazione giuridica preesistente ammetteva una presunzione generale di riservatezza a favore delle relazioni di studi clinici.

56.      Per quanto mi riguarda, non posso concordare con tale affermazione. In primo luogo, la semplice menzione di una questione nel considerando di un regolamento non significa necessariamente che si sia verificata una modifica nella normativa in materia. In secondo luogo, anche se così fosse, ciò non significa necessariamente che l’impostazione giuridica precedente contemplasse una presunzione generale di riservatezza. In terzo luogo, elemento più importante, così come l’EMA non può invocare le disposizioni del regolamento n. 536/2014 per i propri scopi, dato che tale disposizione non è ancora applicabile, lo stesso deve valere anche per la ricorrente.

b)      Sulla presunzione generale di riservatezza

57.      Può essere utile ricordare quando una presunzione generale diviene rilevante in relazione ai principi generali descritti supra, ai paragrafi da 37 a 40.

58.      Un’istituzione dell’Unione cui è rivolta una richiesta di accesso alle informazioni ai sensi del regolamento n. 1049/2001 è tenuta, qualora intenda rifiutare l’accesso, a spiegare in che modo l’accesso al documento in questione potrebbe arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato dall’eccezione ai sensi dell’articolo 4 di detto regolamento.

59.      Questo è il momento in cui la presunzione generale di riservatezza diviene rilevante, poiché la Corte ha ritenuto che l’istituzione dell’Unione interessata può fondare la sua decisione al riguardo su presunzioni di carattere generale che si applicano a determinate categorie di documenti, poiché considerazioni di ordine generale analoghe possono applicarsi a domande di divulgazione riguardanti documenti della stessa natura (30). In tali casi, tuttavia, l’istituzione ha l’obbligo di verificare se le considerazioni di ordine generale normalmente applicabili a un determinato tipo di documenti possano essere effettivamente applicate ad un particolare documento di cui sia chiesta la divulgazione (31).

60.      In tale contesto si può osservare che l’EMA non si oppone, di fatto, all’esistenza di una presunzione generale di riservatezza in relazione ai documenti in suo possesso mentre la procedura di AIC è pendente e fintantoché non sia stata adottata alcuna decisione nella procedura (articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001). A tale riguardo, le parti non concordano sulla questione se sia ancora in corso un procedimento, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, quando è stata rilasciata un’AIC condizionata, anziché incondizionata. Se, tuttavia, come credo (32), la procedura non è più in corso, in tal caso l’EMA sostiene che il contesto normativo dell’intera procedura di AIC depone a sfavore dell’esistenza di tale presunzione generale.

61.      Tuttavia, poiché le parti in causa non sono d’accordo sui criteri corretti per il riconoscimento di una presunzione generale di riservatezza nei casi in cui non è in corso una procedura di AIC, propongo di esaminare, anzitutto, quanto affermato dal Tribunale sul punto e, successivamente, di esaminare la correttezza di tale analisi.

62.      Ad oggi, la Corte ha riconosciuto l’esistenza di presunzioni generali di riservatezza a beneficio di varie categorie di documenti (33). Né le relazioni di studi clinici, considerate singolarmente, né tutti i documenti trasmessi nell’ambito di una procedura di AIC appartengono a tali categorie riconosciute, anche se, naturalmente, occorre notare che tale questione non si è posta, in passato, dinanzi alla Corte.

Valutazione da parte del Tribunale di una presunzione generale di riservatezza quando non è in corso una procedura di AIC

63.      Il Tribunale ha sostanzialmente fornito tre motivi per i quali ha negato l’esistenza di una presunzione generale in relazione ad una procedura di AIC non in corso. In primo luogo, esso ha affermato che l’esistenza di una tale presunzione era dettata essenzialmente «dall’esigenza imperativa di garantire il corretto funzionamento delle procedure di cui trattasi e di garantire che non ne vengano compromessi gli obiettivi» (34). In secondo luogo, esso ha osservato che, sino ad allora, la giurisprudenza che ha dato origine alle sentenze che stabiliscono presunzioni generali di riservatezza ha sempre riguardato circostanze in cui «il diniego di accesso di cui trattasi riguardava una serie di documenti chiaramente circoscritti dalla loro comune appartenenza a un fascicolo afferente a un procedimento amministrativo o giurisdizionale in corso» (35). In terzo luogo, esso ha rilevato che, ad oggi, la giurisprudenza ha riconosciuto che «l’applicazione di norme ad hoc previste da un atto giuridico relativo ad una procedura svolta dinanzi a un’istituzione dell’Unione» è uno dei criteri per il riconoscimento di una presunzione generale (36).

64.      Questo ragionamento non mi convince, nei limiti in cui ha condotto a respingere la tesi di una presunzione generale a favore delle relazioni di studi clinici.

65.      In primo luogo, anche se è vero che tutti i casi in questione si riferivano a un procedimento amministrativo o giurisdizionale in corso, ciò non è decisivo per quanto riguarda il riconoscimento di una presunzione generale nel presente (e completamente diverso) tipo di causa. A tal fine, le categorie di presunzioni generali che potrebbero essere riconosciute non sono mai un numero chiuso.

66.      In secondo luogo, anche se non sono state adottate norme specifiche, ciò non costituisce un fattore determinante ai fini del riconoscimento di una presunzione generale di riservatezza (37).

67.      In terzo luogo, anche se le presunzioni generali sono certamente intese a garantire il buon funzionamento delle procedure esistenti, ciò non significa che non possa operare una presunzione nel presente tipo di caso (38).

68.      Orbene, i principi alla base del riconoscimento di una presunzione generale sono stati riassunti dalla Corte nella causa ClientEarth (39), nel modo esposto nel prosieguo.

Criterio ClientEarth

69.      Le considerazioni dominanti in relazione al riconoscimento di una nuova categoria di documenti (40), così come enucleate dalla Corte nella giurisprudenza pregressa, sono state articolate da tale giudice nella sentenza di cui alla causa ClientEarth, una causa decisa dopo la sentenza del Tribunale nella presente causa ma prima dell’udienza nella presente impugnazione (41).

70.      Al punto 80 della sentenza del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione, (C‑57/16 P, EU:C:2018:660), la Corte ha affermato quanto segue:

«(…) il riconoscimento di una presunzione generale a beneficio di una nuova categoria di documenti presuppone (…) che sia previamente dimostrato che la divulgazione del tipo di documenti rientranti in tale categoria sarebbe, in modo ragionevolmente prevedibile, idonea a pregiudicare effettivamente l’interesse tutelato dall’eccezione in questione. Inoltre, posto che le presunzioni generali costituiscono un’eccezione all’obbligo di esame concreto ed individuale, da parte dell’istituzione dell’Unione interessata, di ciascun documento oggetto di una domanda di accesso, e, in via più generale, un’eccezione al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti detenuti dalle istituzioni dell’Unione, esse devono essere oggetto di un’interpretazione e di un’applicazione in senso restrittivo» (42).

71.      Ci si chiede, dunque, in che modo tali principi debbano essere applicati nella presente causa.

Applicazione del criterio ClientEarth nel contesto di una procedura di AIC che non è in corso

Obiettivi della regolamentazione nel settore dei medicinali

72.      La regolamentazione nel settore dei medicinali mira a conciliare una serie di obiettivi. Il primo è, ovviamente, la salvaguardia della salute pubblica, ma è anche essenziale creare incentivi per consentire alle società farmaceutiche di svolgere ricerche, di cui vi è grande necessità, per nuovi medicinali. Com’è ovvio, vi sono altri interessi pubblici che entrano in gioco. I sistemi sanitari pubblici dovrebbero, ovviamente, disporre di medicinali non eccessivamente costosi e, inoltre, dovrebbero essere evitate sperimentazioni ripetitive su esseri umani e animali, ogniqualvolta non siano necessarie (43). La regolamentazione delle sperimentazioni cliniche garantisce il rispetto delle norme etiche e l’adeguata tutela della persona e dell’integrità fisica dei soggetti che partecipano a sperimentazioni cliniche.

73.      Per promuovere questi obiettivi generali, l’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, una disposizione applicabile anche nella procedura centralizzata ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 726/2004, istituisce la cosiddetta «via di approvazione generica». Essa consente ai richiedenti un’AIC relativa a un prodotto generico di richiedere tale AIC presentando un dossier più ridotto di documenti, dispensandoli dalla necessità di fornire i risultati di prove tossicologiche e farmacologiche o i risultati di sperimentazioni cliniche (44). In tali casi l’EMA si baserà, nella sua valutazione, sui risultati corrispondenti forniti nella domanda della parte che ha richiesto la prima AIC (in prosieguo: il «pioniere»). L’esclusiva dei dati è uno strumento legislativo che limita la via di approvazione generica, nel senso che consente di fare affidamento sui risultati del pioniere solo dopo un determinato periodo di tempo previsto dalla normativa (45).

74.      La previsione di un’esclusiva di mercato va al di là dell’esclusiva dei dati e consente al pioniere di proteggersi dalla concorrenza durante il periodo di esclusiva (46). L’esclusiva di mercato significa che, durante questo periodo di tempo, nessun medicinale che sia sostanzialmente analogo al medicinale autorizzato riceverà un’AIC. Questa disposizione ha lo scopo di concedere al pioniere la possibilità di ottenere un profitto maggiore come ricompensa per il costo di aver effettuato lo sviluppo e la sperimentazione di un nuovo medicinale (47).

Applicazione del criterio ClientEarth alla luce degli obiettivi della regolamentazione nel settore dei medicinali

75.      Conseguentemente, le disposizioni legislative che prevedono sia l’esclusiva dei dati che l’esclusiva di mercato sono concepite in modo tale da garantire a un pioniere, quale la ricorrente, un elevato grado di tutela. Tuttavia, a mio avviso, applicando il criterio ClientEarth, ritengo ragionevolmente prevedibile che la divulgazione di un CSR sarebbe «suscettibile di arrecare concretamente pregiudizio all’interesse tutelato dall’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001». Dopotutto, l’interesse in questione è l’interesse commerciale di un richiedente un’AIC. È probabile che la preparazione di un CSR sia, per sua stessa natura, estremamente costosa, e che comporti una serie di complesse sperimentazioni cliniche. Le relazioni di studi clinici sono idonee a rivelare metodologie e metodi di lavoro, tentativi ed errori, analisi statistiche con una dettagliata sintesi e analisi dei risultati delle sperimentazioni cliniche e, indubbiamente, molti altri elementi.

76.      In queste circostanze, è difficile comprendere come la divulgazione di un CSR non attribuisca un notevole vantaggio a qualsiasi potenziale concorrente, nonostante le disposizioni relative all’esclusiva dei dati e all’esclusiva di mercato. Dopotutto, se tale CSR dovesse essere divulgato, sembrerebbe perfettamente possibile, per qualsiasi concorrente, allineare il proprio CSR con il precedente CSR (divulgato), a seguito del rilascio di un’AIC, anche condizionata, al pioniere. Siffatta conoscenza dei metodi di lavoro, delle metodologie ecc. del pioniere sarebbe probabilmente di notevole valore per i concorrenti, forse fino al punto di fornire una «tabella di marcia» per le future domande di AIC, peraltro in un ambiente commerciale eccezionalmente competitivo.

77.      L’ampia giurisprudenza della Corte in materia di proprietà intellettuale costituisce, di per sé, una testimonianza vivente del fatto che le grandi società farmaceutiche non esiterebbero a capitalizzare qualsiasi vantaggio strategico di cui possano legittimamente e legalmente avvalersi a discapito dei loro concorrenti, per la conquista di più ampie quote di mercato e maggiori profitti. Ciò includerebbe, ovviamente, avvalersi delle disposizioni sull’accesso ai documenti di cui al regolamento n. 1049/2001, qualora fosse giuridicamente possibile, per verificare cosa potrebbero apprendere dall’analisi del CSR di un concorrente. Sebbene gli altruisti e gli idealisti possano essere turbati da un simile andamento degli eventi, nessuno ha mai suggerito che le società farmaceutiche siano guidate esclusivamente dai precetti del discorso della montagna.

78.      Di conseguenza, pur essendo tanto favorevole all’accesso ai documenti e alla trasparenza dei documenti pubblici quanto chiunque altro, mi trovo tuttavia costretto ad ammettere che, applicando il criterio ClientEarth, è prevedibile che la divulgazione di un CSR possa ledere concretamente gli interessi commerciali del richiedente un’AIC, tutelati dall’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

79.      In tali circostanze, ritengo che, alla luce del criterio stabilito dalla Corte al punto 80 della sentenza ClientEarth, la Corte debba riconoscere una presunzione generale a favore della non divulgazione di tale documentazione.

80.      Ritengo che il criterio ClientEarth sia sufficiente ai fini dell’accertamento di una presunzione generale di riservatezza ai sensi del regolamento n. 1049/2001. Tuttavia, nel caso in cui la Corte non concordi con tale valutazione, mi propongo di esaminare gli argomenti sollevati dalle parti e trattati in dettaglio dal Tribunale, secondo cui è necessario prendere in considerazione le norme ad hoc che disciplinano l’accesso ai documenti al fine di valutare se, su tale base, sia applicabile una presunzione generale di riservatezza (48).

Bilanciamento tra il regolamento n. 1049/2001e la normativa ad hoc che disciplina l’accesso ai documenti

81.      La Corte ha riconosciuto una presunzione generale di riservatezza in una serie di cause in cui è stato necessario conciliare e, dunque, interpretare in modo coerente i principi stabiliti dal regolamento n. 1049/2001 e le regole ad hoc del procedimento in questione. La Corte ha pertanto riconosciuto una presunzione generale di riservatezza sulla base di un’interpretazione del regolamento n. 1049/2001 alla luce dei regolamenti (CE) n. 1/2003 (49) e (CE) n. 773/2004 (50), nei casi concernenti aiuti di Stato (51) e in riferimento alle informazioni raccolte nel corso di procedimenti relativi a concentrazioni (52).

82.      Occorre tuttavia rilevare che, sebbene le parti in causa concordino sul fatto che l’esistenza di norme ad hoc relative all’accesso ai documenti costituisce un criterio pertinente per quanto riguarda il riconoscimento di una presunzione generale, esso non costituisce in alcun modo una condizione essenziale per tale riconoscimento

83.      Vi sono stati anche casi in cui la Corte ha riconosciuto una presunzione generale di riservatezza in situazioni in cui non vi erano norme speciali che disciplinassero l’accesso ai documenti (53).

Regolamenti n. 141/2001 e n. 726/2004

84.      Al punto 42 della sentenza impugnata, la Corte ha affermato che le eccezioni di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 non possono essere interpretate senza tener conto delle norme specifiche che disciplinano l’accesso a tali documenti, previste dai regolamenti pertinenti. Al punto 46 della sentenza impugnata esso ha stabilito che i regolamenti n. 141/2000 e n. 726/2004 non disciplinano in maniera restrittiva l’uso dei documenti compresi nel fascicolo relativo alla procedura di AIC di un farmaco. Ha stabilito altresì che tali regolamenti non limitano l’accesso agli atti né alle «parti interessate», né ai «denuncianti», come nel caso di altre procedure descritte supra né, parimenti, a qualsiasi altro soggetto (54).

85.      Concordo con il Tribunale sul fatto che il regolamento n. 141/2000 non contiene, come sottolineato da tale giudice al punto 47 della sentenza impugnata, alcuna disposizione specifica che limiti l’accesso ai documenti. Inoltre, dall’altro lato, l’articolo 73, paragrafo 1, del regolamento n. 726/2004 prevede espressamente che il regolamento n. 1049/2001 si applica ai documenti in possesso dell’EMA (55). Tuttavia, non convince l’argomento della ricorrente secondo cui tale disposizione avrebbe unicamente l’effetto di rendere applicabile, in generale, il regolamento n. 1049/2001 (dopotutto, l’EMA non è, di fatto, uno dei titolari dei documenti di cui all’articolo 1 del regolamento n. 1049/2001) e di consentire la divulgazione di informazioni commerciali riservate in presenza di un interesse pubblico prevalente in tal senso e di fornire all’EMA una base per rispondere alle richieste di accesso nei casi in cui un documento non è stato divulgato ai sensi dell’articolo 80 del regolamento n. 726/2004 (56).

86.      Il ragionamento della ricorrente non è confermato dal tenore letterale dell’articolo 73 del regolamento n. 726/2004. La formulazione dell’articolo 73, paragrafo 1, del regolamento n. 726/2004 è ampia e incondizionata. Esso richiama il regolamento n. 1049/2001, il cui articolo 2, paragrafo 3, chiarisce che tale regolamento non si riferisce soltanto ai documenti elaborati dall’istituzione. L’articolo 73 del regolamento n. 726/2004 rinforza tale previsione stabilendo che il regolamento n. 1049/2001 si applica a tutti i documenti detenuti dell’EMA (57).

Articolo 39, paragrafo 3, dell’accordo TRIPS

87.      È ora necessario considerare l’argomento secondo cui l’articolo 39, paragrafo 3, dell’accordo TRIPS esige il riconoscimento di una presunzione generale di riservatezza. Al punto 62 della sentenza impugnata, il Tribunale ha esposto la giurisprudenza costante della Corte relativa all’accordo OMC e ai suoi allegati. Il Tribunale ha quindi dichiarato che, sebbene l’accordo TRIPS costituisca parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione, esso non può essere invocato direttamente. Nei settori interessati dall’accordo TRIPS, la disciplina dell’Unione deve, tuttavia, essere interpretata in modo conforme all’accordo TRIPS, nella misura del possibile (58).

88.      L’articolo 39, paragrafo 2, dell’accordo TRIPS stabilisce che le informazioni che abbiano valore commerciale in quanto segrete devono essere protette contro la divulgazione e l’utilizzo da parte di terzi in un modo contrario a leali pratiche commerciali. L’articolo 39, paragrafo 3, dell’accordo TRIPS si occupa, sostanzialmente, delle circostanze di cui alla presente causa: esso verte sulle informazioni che devono essere divulgate come condizione per il rilascio dell’AIC di farmaci. Tale disposizione prevede che i dati relativi a prove o altri dati segreti la cui elaborazione comporti un considerevole impegno, «[devono essere tutelati] da sleali usi commerciali». Esso stabilisce, inoltre, che tali dati devono essere protetti contro la divulgazione, salvo nei casi in cui risulti necessaria per proteggere il pubblico o salvo che vengano prese misure atte a garantire la protezione dei dati contro sleali usi commerciali.

89.      Il Tribunale ha concluso, al punto 64 della sentenza impugnata, che l’approccio proposto dalla ricorrente implicava che, anziché interpretare le disposizioni dei regolamenti n. 1049/2001, n. 726/2004, n. 141/2000 e n. 507/2006 alla luce dell’accordo TRIPS, il presente procedimento sarebbe equivalso a una contestazione diretta della legittimità di tali disposizioni, invocando a tal fine le disposizioni dell’articolo 39, paragrafi 2 e 3, dell’accordo TRIPS. Il Tribunale ha inoltre dichiarato che il periodo di protezione dei dati di cui all’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004 (59), nonché l’applicazione delle eccezioni di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, anche senza l’applicazione di una presunzione generale di riservatezza, costituiscono meccanismi sufficienti per la protezione contro usi sleali, come richiesto dall’articolo 39, paragrafo 3, dell’accordo TRIPS.

90.      Non posso concordare con siffatta valutazione della normativa pertinente. Come ho appena osservato, l’articolo 39, paragrafo 3, dell’accordo TRIPS prevede che i dati debbano essere tutelati contro la divulgazione, a meno che non siano adottate misure atte a garantire la protezione dei dati contro sleali usi commerciali. A mio avviso, il caso in questione rientra interamente nell’ambito di applicazione di tale disposizione e soddisfa tutte le condizioni specifiche in essa contenute, per le ragioni esposte nel prosieguo.

91.      In primo luogo, i richiedenti un’AIC devono presentare le loro relazioni di studi clinici a un organismo regolatore, segnatamente l’EMA. In secondo luogo, il processo di approvazione riguarda prodotti farmaceutici. In terzo luogo, i prodotti farmaceutici contengono, per definizione, una nuova sostanza chimica perché, se così non fosse, sarebbe percorribile la via di approvazione generica, sempreché i relativi vincoli temporali siano cessati. In quarto luogo, l’elaborazione degli studi clinici comporta un considerevole impegno, anche se, come prospettato dal Tribunale, essi «[si limitano] a rispondere al modello regolamentare prescritto dall’EMA». In quinto luogo, fatti salvi i dati (relativamente limitati) divulgati nell’EPAR (60), tali dati non sono stati ancora stati resi pubblici.

92.      L’argomento secondo cui la divulgazione è necessaria per tutelare il pubblico a motivo di un interesse pubblico prevalente in tal senso (ossia la controeccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2) non è mai stato preso in considerazione dall’EMA poiché essa aveva deciso che il CSR non costituisce un’informazione riservata. Ne consegue, pertanto, che ai sensi dell’articolo 39, paragrafo 3, dell’accordo TRIPS, la questione è se siano state adottate misure sufficienti per proteggere tali dati dalla divulgazione (tranne quando necessario per tutelare il pubblico) e per garantire che i dati in questione siano protetti contro usi commerciali sleali.

93.      Su tale questione il Tribunale ha affermato, al punto 91 della sentenza impugnata, che «il rischio di un uso illecito della relazione controversa da parte di un concorrente non costituisce di per sé un motivo per ritenere un’informazione riservata sul piano commerciale ai sensi del regolamento n. 1049/2001» (61).

94.      Sebbene tale affermazione sia corretta per quanto riguarda l’eccezione relativa alla «riservatezza commerciale» di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, occorre tuttavia tenere presente che i criteri di cui all’articolo 39, paragrafo 3, dell’accordo TRIPS concernono il fatto se i dati costituiscano «dati relativi a prove o […] altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno» e se sia garantita la loro protezione contro usi commerciali sleali. Analizzerò il criterio della riservatezza quando discuterò l’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001 al di fuori dell’ambito di una presunzione generale. In questa sede è sufficiente osservare che il criterio determinante è se i dati siano segreti.

95.      La protezione dei dati e la protezione esclusiva della commercializzazione conferita dall’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 141/2000 e dall’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004 non garantiscono, purtroppo, tale protezione, in quanto tali disposizioni si applicano soltanto nel territorio dell’Unione europea/Spazio economico europeo (in prosieguo: il «SEE»). È vero che in capo agli altri membri dell’accordo TRIPS è posto lo stesso obbligo di proteggere tali dati, ma, per rendere il sistema completo, tali norme non dovrebbero proteggere soltanto i dati trasmessi nell’ambito della loro propria procedura di autorizzazione, ma dovrebbero applicarsi anche ai dati trasmessi a tal fine in un altro Stato o ad un’altra autorità. È interessante notare che la formulazione dell’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004 (che si riferisce ai «medicinali per uso umano autorizzati ai sensi del presente regolamento» (62)) dimostra che nemmeno le disposizioni del diritto dell’Unione prevedono tale protezione. Si potrebbe aggiungere che anche la disposizione sull’esclusiva di mercato di cui all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 141/2000 opera per effetto del rilascio di un’AIC all’interno dell’Unione europea.

96.      Se, tuttavia, i dati e le relative analisi contenute in un CSR diventano di dominio pubblico a seguito di una richiesta di accesso ai documenti, esiste almeno il rischio che, proprio tale circostanza possa effettivamente annullare la protezione nei paesi terzi in cui si presume che le informazioni già di dominio pubblico non possano essere considerate informazioni riservate degne di protezione. Ciò comporta, a sua volta, il rischio futuro che un concorrente al di fuori dell’Unione europea possa fare affidamento sul CSR per ottenere un’AIC del proprio prodotto anche prima della fine del periodo di esclusiva dei dati.

97.      Pertanto, temo che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nel non aver fornito un’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001 conforme ai requisiti di cui all’articolo 39, paragrafo 3, dell’accordo TRIPS in circostanze in cui ciò era certamente possibile e in cui tale interpretazione non sarebbe stata contra legem.

3.      Conclusioni sul primo motivo dimpugnazione

98.      Ne consegue che, a mio avviso, unicamente sulla base di tali due ragioni, il Tribunale ha commesso un errore di diritto nello statuire che non vi era una presunzione generale a favore della non divulgazione delle relazioni di studi clinici. Ciò non significa, tuttavia, che la decisione dell’EMA debba necessariamente essere annullata, poiché, come il Tribunale ha osservato al punto 70 della sentenza impugnata, dalla decisione di questa Corte del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione (63), risulta che l’istituzione interessata non è tenuta a fondare la sua decisione su una presunzione generale, anche ove tale presunzione sussista. Essa può sempre procedere a un esame specifico dei documenti richiesti e addivenire ad una conclusione fondata su tale esame specifico.

99.      Ritengo pertanto che, sebbene l’argomento della ricorrente secondo cui il Tribunale ha commesso un errore di diritto non riconoscendo una presunzione generale di riservatezza sia fondato, esso non costituisce una base sufficiente per determinare l’annullamento della sentenza impugnata.

100. È pertanto necessario, in ogni caso, prendere in considerazione gli argomenti specifici (non basati su una presunzione generale di riservatezza) addotti dalla ricorrente contro la divulgazione, nel caso di specie, del CSR, la relazione controversa. In verità, tali argomenti si sovrappongono, almeno in una certa misura, alle sue argomentazioni concernenti l’esistenza di una presunzione generale, poiché si concentrano tutti sul pregiudizio e sui danni concreti agli interessi commerciali della ricorrente, che questa sostiene di poter subire nell’ipotesi in cui la divulgazione della relazione controversa fosse autorizzata. Mi occuperò ora di tali questioni.

C.      Secondo motivo di impugnazione: violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001

101. La questione da risolvere nel quadro di questo motivo di impugnazione è se la divulgazione della relazione controversa «arrechi pregiudizio alla tutela» degli interessi commerciali della ricorrente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001. Ciò solleva la questione di quali siano effettivamente tali interessi commerciali e se la divulgazione della relazione controversa possa pregiudicarli.

1.      Argomenti delle parti

102. La ricorrente sostiene che la sentenza impugnata contiene diversi errori di diritto fondamentali. In primo luogo, essa applica erroneamente l’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001 nel bilanciare gli interessi privati della ricorrente con l’interesse pubblico generale alla divulgazione della relazione controversa. Essa commette un ulteriore errore nell’applicazione di tale disposizione allorché suggerisce che la tutela degli interessi della ricorrente deve essere gravemente pregiudicata affinché essa possa invocare l’eccezione relativa agli interessi commerciali (64). La ricorrente sostiene che il Tribunale ha commesso un altro errore di diritto nel constatare che la ricorrente era tenuta ad addurre prove ulteriori rispetto alla ragionevole prevedibilità di un pregiudizio alla tutela dei suoi interessi commerciali al fine di invocare l’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001. A tale riguardo, il Tribunale non ha preso in considerazione il possibile uso globale del CSR al di fuori dell’Unione. La ricorrente sostiene che tali errori di diritto hanno impedito al Tribunale di esaminare correttamente le prove da essa addotte, alle quali tale giudice non ha neppure fatto riferimento.

103. L’EMA sostiene che la relazione controversa non può essere tutelata dall’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001 nel suo complesso, poiché l’EPAR, che deve essere pubblicata su iniziativa dall’EMA ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 3, del regolamento n. 726/2004, ha già divulgato risultati e informazioni dettagliate contenute nella relazione controversa. Secondo l’EMA, la ricorrente non ha dimostrato alcuna innovazione in termini di modelli, analisi o metodi, bensì, al contrario, la relazione controversa segue i principi noti più recenti. L’EMA si basa, inoltre, sull’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, il che significa che essa può rifiutare l’accesso integrale a un documento soltanto se una o più delle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento si applicano all’intero contenuto del documento al quale è richiesto l’accesso (65). Essa sottolinea altresì che Translarna beneficia del regime di esclusiva di mercato e che l’affermazione della ricorrente secondo cui ciò non le offrirebbe una tutela sufficiente è vaga e ipotetica (66).

2.      Valutazione degli argomenti concernenti la questione se laccesso alla relazione controversa violi larticolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento. n. 1049/2001

a)      Se la divulgazione debba pregiudicare «[gravemente la tutela degli interessi commerciali della ricorrente ai fini delloperatività delleccezione di cui allarticolo 4, paragrafo 2, primo trattino

104. Prima di esaminare tali argomenti specifici, mi sento obbligato, anzitutto, ad osservare che, con tutto il rispetto, che la valutazione del Tribunale su tali questioni miste di diritto e di fatto è stata viziata dal seguente errore di diritto: esso ha statuito che qualsiasi divulgazione deve pregiudicare «[gravemente]» («seriously») la tutela degli interessi commerciali della ricorrente ai fini dell’operatività dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino. Come mi propongo ora di dimostrare, si tratta di un criterio eccessivamente rigido, che non è richiesto dal testo del regolamento n. 1049/2001. Infatti, il termine «gravemente» («seriously») non è contenuto nell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 e, pertanto, questa disposizione non dovrebbe essere interpretata come se lo fosse.

105. La giurisprudenza citata a tal fine dal Tribunale è la sua stessa sentenza nella causa T‑516/11, MasterCard/Commissione (67). Trattasi di una causa in cui la ricorrente, la ben nota società di carte di credito, richiedeva di accedere a taluni documenti redatti da un’altra società, la EIM, che aveva condotto determinate indagini su metodi di pagamento alternativi per conto della Commissione. La Commissione aveva rifiutato l’accesso ai documenti richiesti, menzionando gli interessi commerciali dell’EIM ai fini dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001 quale motivo del diniego. Tuttavia, tale decisione è stata annullata dal Tribunale, il quale ha affermato quanto segue:

«81 Va rilevato che, anche se la giurisprudenza non ha definito il concetto di interessi commerciali, il Tribunale ha tuttavia precisato che non può ritenersi che tutte le informazioni relative ad una società e alle sue relazioni commerciali ricadano sotto la tutela che deve essere garantita agli interessi commerciali conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, salvo vanificare l’applicazione del principio generale che consiste nel conferire al pubblico il più ampio accesso possibile ai documenti detenuti dalle istituzioni (v. sentenza del Tribunale del 15 dicembre 2011,, CDC Hydrogene Peroxide/Commissione, T‑437/08 [EU:T:2011:752], punto 44 e giurisprudenza ivi citata).

82 Di conseguenza, al fine di applicare l’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, l’istituzione deve dimostrare che i documenti richiesti contengono elementi idonei, se divulgati, a pregiudicare gravemente (68)gli interessi commerciali di una persona giuridica.

83 Ciò vale, segnatamente, qualora i documenti richiesti contengano informazioni commerciali sensibili relative alle strategie commerciali delle imprese di cui trattasi, ai dati delle vendite, alle loro quote di mercato o alle relazioni con i clienti (v., per analogia, sentenza della Corte del 28 giugno 2012, Commissione/Agrofert Holding, C‑477/10 P, [EU:C:2012:394], punto 56).

84 Analogamente, per effetto della divulgazione dei documenti richiesti, potrebbero essere rivelati i metodi operativi e i rapporti commerciali di un’impresa, arrecando in tal modo pregiudizio ai suoi interessi commerciali, in particolare qualora essi contengano dati propri dell’impresa che svelino il suo know-how».

106. Infine, il Tribunale ha concluso, nella causa T‑516/11, MasterCard, che la natura dei documenti in questione era tale per cui la Commissione aveva commesso un errore nel decidere che la divulgazione di tale particolare documentazione era vietata dall’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001.

107. A mio avviso, tuttavia, la sentenza del Tribunale nella causa T‑516/11, MasterCard è effettivamente una giurisprudenza di riferimento per quanto concerne l’affermazione secondo cui l’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, serve unicamente per escludere la divulgazione dei documenti richiesti quando è chiaro che tale divulgazione determinerebbe un rischio sensibile di pregiudizio agli interessi commerciali dell’impresa in questione, al di là di quello che potrebbe essere ragionevolmente considerato un pregiudizio accettabile o minimo. Come illustra la stessa decisione nella causa T‑516/11, MasterCard, tale rischio è generalmente accertato quando la divulgazione rivelerebbe informazioni commerciali sensibili, metodi di lavoro o il modus operandi dell’impresa in questione. Inoltre, per quanto concerne i fatti di quella particolare impugnazione, nella causa T‑516/11, MasterCard, il Tribunale ha ritenuto che tale rischio non era stato dimostrato, con riferimento ai fatti della causa.

108. Nella presente causa, tuttavia, mi è difficile comprendere come la divulgazione della relazione controversa potrebbe non rivelare dettagli sui metodi di lavoro della ricorrente, unitamente a informazioni commerciali sensibili.

109. Inoltre, sottolineo ancora una volta che il testo dell’articolo 4, paragrafo 2, non contiene il termine «gravemente». Come ho appena mostrato, il livello del criterio non è così elevato: piuttosto, è sufficiente dimostrare che la tutela degli interessi commerciali dell’impresa in questione sarebbe compromessa. A tal fine, è sufficiente che la persona giuridica in questione possa dimostrare la probabilità di un pregiudizio reale: un danno effettivo o potenziale di entità minima o puramente speculativo o artificiale non è sufficiente allo scopo. Tuttavia, nei limiti in cui il Tribunale ha concluso, nella presente causa, che era necessario fare un passo ulteriore e dimostrare che la divulgazione avrebbe pregiudicato «[gravemente]» gli interessi commerciali della ricorrente, temo che esso sia caduto in un errore di diritto. Conseguentemente, tale errore ha influenzato il suo punto di vista in relazione alla gamma di prove addotte dalla ricorrente per quanto concerne il modo in cui i suoi interessi commerciali potevano essere pregiudicati, ai fini di un’analisi dell’articolo 4, paragrafo 2.

110. Pertanto, per i motivi che mi accingo ad esporre, non sono certo del fatto che, se il Tribunale avesse applicato questo criterio meno stringente, esso sarebbe addivenuto alle medesime conclusioni in ordine ai motivi specifici di opposizione addotti dalla ricorrente.

b)      Se si debba procedere al bilanciamento tra linteresse specifico tutelato dalleccezione di cui allarticolo 4, paragrafo 2 e linteresse pubblico generale alla divulgazione di documenti

111. La mia posizione è analoga per quanto concerne la prossima questione, in relazione alla quale ritengo, con tutto il rispetto, che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto nella sua analisi di un aspetto dell’articolo 4, paragrafo 2.

112. Il Tribunale ha statuito quanto segue (al punto 83 della sentenza impugnata):

«(…) quando un’istituzione applica una delle eccezioni previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, deve procedere al bilanciamento tra l’interesse specifico da tutelare mediante la non divulgazione del documento in questione e, in particolare, l’interesse generale a che tale documento sia reso accessibile, alla luce dei vantaggi che derivano – come sottolineato dal considerando 2 del citato regolamento – da un’accresciuta trasparenza, ossia una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale, nonché una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 45; del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 32, e del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 53)» (69).

113. Si vedrà che, a tale riguardo, il Tribunale ha applicato (correttamente) tre precedenti decisioni di questa Corte, segnatamente le pronunce nelle cause C‑39/05 P e C‑52/05 P, Svezia e Turco (70), C‑280/11 P, Access Info Europe (71) e C‑350/12 P, in’t Veld (72). Reputo necessario esaminare, tra un momento, ciò che queste decisioni hanno effettivamente statuito sul punto.

114. Tuttavia, non posso fare a meno di pensare che tale criterio, perlomeno così come formulato dal Tribunale, sia erroneo in diritto e forse anche idoneo a trarre in inganno. A mio avviso, dal testo dell’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 risulta perfettamente chiaro che l’istituzione in questione deve, anzitutto, valutare se una qualsiasi delle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2, sia effettivamente applicabile (73).

115. Al tempo stesso, se si applica una qualsiasi delle eccezioni, esse devono produrre effetti, fatto salvo unicamente il criterio, del tutto distinto, di cui all’articolo 4, paragrafo 2 («a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione»). Qui, il termine «prevalente» riveste una certa importanza, poiché dal testo stesso dell’articolo 4, paragrafo 2, risulta chiaramente che si tratta di una controeccezione all’elenco delle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2. Non solo è necessario interpretare restrittivamente tale controeccezione, ma l’uso del termine «prevalente» suggerisce chiaramente che l’interesse pubblico in questione deve essere di per sé eccezionale e impellente, tale da giustificare l’esclusione di qualsiasi eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, altrimenti applicabile, quale quella relativa alla consulenza legale o alla riservatezza commerciale.

116. Tuttavia, il criterio formulato dal Tribunale suggerisce l’esistenza di una possibilità generale, per l’istituzione interessata, di procedere al bilanciamento tra l’interesse specifico da tutelare mediante la non divulgazione del documento, in ragione della pertinente eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, «e, in particolare, l’interesse generale a che tale documento sia reso accessibile, alla luce dei vantaggi che derivano – come sottolineato dal considerando 2 del citato regolamento – da un’accresciuta trasparenza».

117. Per quanto mi riguarda, ritengo che tale approccio sia erroneo dal punto di vista giuridico e sembra che abbia quantomeno influenzato l’opinione del Tribunale sulla questione se la ricorrente potesse effettivamente beneficiare dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001.

118. Sono di questo parere perché ritengo che il compito dell’istituzione interessata sia, anzitutto, quello di esaminare se l’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, di tale regolamento sia applicabile. Sebbene l’istituzione in questione debba, naturalmente, tener presente che l’articolo 4, paragrafo 2, dovrebbe essere interpretato restrittivamente, ciò nonostante, in questa fase, non dovrebbe essere operato alcun bilanciamento (74), ad esempio, tra le pretese della ricorrente in materia di riservatezza commerciale e l’interesse pubblico più ampio.

119. Se, tuttavia, il ricorrente può invocare con successo l’eccezione relativa alla riservatezza commerciale di cui all’articolo 4, paragrafo 2, allora a quel punto, e solo a quel punto, l’istituzione può procedere ad un ulteriore esame per verificare se vi sia un interesse pubblico «prevalente» tale da giustificare l’esclusione dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2. Tuttavia, anche in tali casi non sarebbe sufficiente invocare l’interesse pubblico generale alla divulgazione di documenti menzionato, ad esempio, nel considerando 2 del regolamento n. 1049/2001. Piuttosto, sarebbe necessario individuare un interesse pubblico prevalente tale da giustificare, in via eccezionale, l’esclusione dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, altrimenti applicabile (75).

120. Occorre ora esaminare nel dettaglio ciò che la Corte aveva affermato, esattamente, su tale argomento, nella trilogia di sentenze precedenti. Possiamo iniziare con la decisione nella causa C‑39/05 P and C‑52/05 P, Svezia e Turco (76), in cui la Corte ha dichiarato (ai punti da 35 a 45 della sentenza), quanto segue:

«35.      Quando viene chiesta al Consiglio la divulgazione di un documento, quest’ultimo è tenuto a valutare, in ciascun caso di specie, se tale documento rientri nelle eccezioni al diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni elencate all’art. 4 del regolamento n. 1049/2001.

36.      Tenuto conto degli obiettivi perseguiti da tale regolamento, queste eccezioni devono essere interpretate e applicate in senso restrittivo (v. sentenza 18 dicembre 2007, causa C‑64/05 P, Svezia/Commissione e a. [EU:C:2007:802], punto 66).

37.      Con riferimento all’eccezione riguardante la consulenza legale, prevista dall’art. 4, n. 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, l’esame che il Consiglio deve effettuare quando gli viene chiesta la divulgazione di un documento deve necessariamente svolgersi in tre fasi, in relazione ai tre criteri previsti da tale disposizione.

38.      Dapprima il Consiglio deve assicurarsi che il documento di cui viene chiesta la divulgazione costituisca effettivamente un parere giuridico e, in caso affermativo, determinare quali ne siano le parti effettivamente interessate, che possono rientrare quindi nel campo di applicazione di detta eccezione.

39.      Infatti, un documento non beneficia automaticamente della tutela della consulenza legale garantita dall’art. 4, n. 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 per il solo fatto di essere denominato «parere giuridico». Al di là della sua denominazione, l’istituzione ha l’obbligo di accertarsi che tale documento consti effettivamente di un siffatto parere.

40.      In un secondo tempo, il Consiglio deve esaminare se la divulgazione delle parti del documento in parola individuate come concernenti pareri giuridici «arrechi pregiudizio alla tutela» della consulenza legale.

41.      Al riguardo occorre rilevare che né il regolamento n. 1049/2001 né i lavori preparatori di quest’ultimo apportano chiarimenti sulla portata della nozione di «tutela» della consulenza legale. Pertanto essa dev’essere interpretata alla luce del sistema e della finalità della normativa di cui fa parte.

42.      Si deve di conseguenza interpretare l’eccezione relativa alla consulenza legale prevista nell’art. 4, n. 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 come volta a tutelare l’interesse di un’istituzione a chiedere una consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi.

43.      Il rischio di pregiudizio a tale interesse, per poter essere invocato, deve essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico.

44.      Infine, in una terza fase, se il Consiglio ritiene che la divulgazione di un documento arrecherebbe pregiudizio alla tutela della consulenza legale quale sopra definita, è suo dovere verificare che non esista un interesse pubblico prevalente che giustifichi tale divulgazione nonostante il pregiudizio che ne deriverebbe al suo interesse a chiedere una consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi.

45.      In tale contesto il Consiglio deve ponderare l’interesse specifico da tutelare, impedendo la divulgazione del documento in questione, con, in particolare, l’interesse generale all’accessibilità a tale documento, tenendo conto dei vantaggi che derivano, come rileva il secondo ’considerando’ del regolamento n. 1049/2001, da una maggiore trasparenza, consistenti in una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e in una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico».

121. Da questi passaggi, e in particolare dal punto 44, si evince che la Corte si è preoccupata di garantire che la controeccezione relativa all’interesse pubblico prevalente fosse esaminata separatamente, e solo a seguito dell’accertamento dell’esistenza di un’eventuale eccezione applicabile ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2.

122. Pur concordando pienamente con i punti da 35 a 44 dell’analisi della Corte nelle cause riunite C‑39/05 P e C‑52/05 P(77), Svezia e Turco, mi sento tuttavia obbligato ad osservare che l’ultimo punto di tale estratto, il punto 45, può dare un’impressione errata, nel senso che, perlomeno a una sua prima lettura, esso sembra suggerire che un’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, altrimenti applicabile può essere superata da quelle che potrei definire «ordinarie» (78) considerazioni di interesse pubblico.

123. Ribadisco, pertanto, che dalla formulazione della controeccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, risulta chiaramente che l’interesse pubblico in questione deve essere eccezionale e impellente, tale da giustificare l’esclusione di un’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, altrimenti applicabile, quale quella relativa alla consulenza legale o alla riservatezza commerciale.

124. Passando ora alla decisione nella causa C‑280/11 P, Access Info Europe (79), si noterà che la Corte ha dichiarato (al punto 32 della sentenza), quanto segue:

«Dall’altro lato, quando un’istituzione applica una delle eccezioni previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, è tenuta a procedere ad un bilanciamento tra l’interesse specifico che deve essere tutelato mediante la non divulgazione del documento in questione e, in particolare, l’interesse generale a che tale documento sia reso accessibile, alla luce dei vantaggi che derivano – come sottolineato dal considerando 2 del citato regolamento – da un’accresciuta trasparenza, ossia una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale, nonché una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (sentenza Svezia e Turco/Consiglio, cit., punto 45)».

125. Questo passaggio è stato ripetuto dalla Corte, più o meno pedissequamente, nella causa C‑350/12 P, in’t Veld (80) (al punto 53 della sentenza):

«Dall’altro lato, quando un’istituzione applica una delle eccezioni previste dall’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1049/2001, è tenuta a procedere a un bilanciamento tra l’interesse specifico che deve essere tutelato mediante la non divulgazione del documento in questione e, in particolare, l’interesse generale a che tale documento sia reso accessibile, alla luce dei vantaggi che derivano – come sottolineato dal considerando 2 del regolamento n. 1049/2001 – da un’accresciuta trasparenza, ossia una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale, nonché una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (sentenza Consiglio/Access Info Europe, EU:C:2013:671, punto 32 e giurisprudenza ivi citata)».

126. Si dà il caso che il Consiglio, nella sua decisione sul caso in’t Veld, non avesse addotto alcun elemento per dimostrare che in che modo la sollecitata divulgazione di un determinato parere giuridico avrebbe determinato, sulla base dei fatti del caso, l’applicabilità dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, relativa alla consulenza legale, per cui, dinanzi alla Corte, la questione del bilanciamento dell’interesse pubblico nel contesto di un’eventuale eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, semplicemente non si è posta.

127. Nella presente causa il Tribunale ha aderito fedelmente a questi due passaggi delle sentenze della Corte nelle cause Access Info Europe e in’t Veld. A mio parere, tuttavia, nessuno dei passaggi nelle sentenze Access Info Europe o in’t Veld riflette correttamente il triplice criterio elaborato dalla Corte nella causa Svezia e Turco. In particolare, queste due sentenze suggeriscono che l’istituzione interessata può effettuare un bilanciamento tra l’interesse pubblico generale alla trasparenza e gli interessi privati della parte che esige la non divulgazione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, nel momento in cui valuta se i documenti richiesti rientrano in una delle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2, e che può farlo anche prima di esaminare la controeccezione relativa all’interesse pubblico «prevalente» di cui all’articolo 4, paragrafo 2.

128. Per i motivi che ho già esposto, reputo che, con tutto il rispetto, questo ragionamento sia errato in diritto. Inoltre, esso non affronta la questione della controeccezione relativa all’interesse pubblico «prevalente». Suggerisco pertanto che la Corte chiarisca ora, nella sua pronuncia, indipendentemente da ciò che può essere stato affermato o sottinteso al punto 45 della sentenza nella causa Svezia e Turco e (in particolare) al punto 32 della sentenza nella causa Access Info Europe e al punto 53 della sentenza nella causa in’t Veld, i seguenti punti:

i)      l’interesse pubblico generale non è un fattore che può essere correttamente bilanciato con gli interessi della parte che esige la non divulgazione invocando una delle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2. Al contrario, la questione dell’applicabilità di una delle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2, deve essere affrontata per prima, e separatamente rispetto alla questione dell’interesse pubblico. Soltanto qualora tale eccezione sia effettivamente applicabile, la questione dell’interesse pubblico prevalente entra in gioco come parte della controeccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2.

ii)      La formulazione dell’articolo 4, paragrafo 2 chiarisce («interesse pubblico prevalente alla divulgazione») che l’interesse pubblico in questione deve essere eccezionale e impellente, tale da giustificare l’esclusione di un’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, altrimenti applicabile, come quella relativa alla consulenza legale o alla riservatezza commerciale. Non sarebbe sufficiente, a tal fine, limitarsi a invocare l’interesse generale del pubblico alla trasparenza e alla divulgazione così come menzionato, ad esempio, nel considerando 2 del regolamento n. 1049/2001.

129. Mi propongo ora di dimostrare in che modo tali errori di diritto possono aver fuorviato l’esame, da parte del Tribunale, di tre argomenti specifici che sono, in una certa misura, questioni miste di fatto e di diritto, segnatamente l’argomento del rischio di un uso improprio, la questione della riservatezza commerciale e la questione della tabella di marcia. Possiamo ora considerare i suddetti argomenti in sequenza.

c)      Argomento relativo al rischio di un uso improprio

130. Nella presente causa, la ricorrente ha addotto ulteriori argomenti contro la divulgazione. Attraverso uno di essi, la ricorrente aveva altresì sostenuto che la relazione controversa potrebbe essere utilizzata in modo improprio da un concorrente. Tuttavia, tale argomento non è stato accolto dal Tribunale, che ha dichiarato quanto segue:

«In terzo luogo, si deve constatare che il rischio di un uso illecito della relazione controversa da parte di un concorrente non costituisce di per sé un motivo per ritenere un’informazione riservata sul piano commerciale ai sensi del regolamento n. 1049/2001. A tal proposito, va ricordato che, secondo la politica della stessa EMA, quest’ultima non rende pubbliche informazioni commerciali riservate come i dettagli relativi alla qualità e alla fabbricazione dei medicinali. Nel caso di specie, come osservato al precedente punto 90, l’EMA non ha reso pubbliche informazioni di questo tipo. Orbene, si deve constatare che la ricorrente non ha prodotto alcun elemento che permetta di comprendere la ragione per cui gli omissis applicati dall’EMA non sarebbero sufficienti. Inoltre, se anche un’altra società utilizzasse la maggior parte delle informazioni contenute nella relazione controversa nel modo rivendicato dalla ricorrente, essa dovrebbe comunque condurre un proprio studio e i relativi esperimenti nonché sviluppare con successo un proprio medicinale. A ciò si aggiunga che il medicinale Translarna gode, in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 141/2000, di un periodo di esclusiva di mercato che impedisce la commercializzazione di un medicinale simile per un periodo di dieci anni dopo la concessione dell’AIC. È perciò infondata in diritto l’affermazione secondo cui la relazione controversa si deve ritenere riservata nel suo complesso, in ragione del fatto che la sua divulgazione potrebbe permettere ad alcuni concorrenti di richiedere un’AIC» (81).

131. Sono d’accordo, naturalmente, che il fatto che un determinato documento possa essere utilizzato in modo improprio da un concorrente non costituisce, di per sé, un motivo per ritenere che il documento in questione non debba essere divulgato per effetto dell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001. Tuttavia, se il documento in questione contiene informazioni commerciali sensibili, il fatto che un concorrente possa sfruttare la potenziale diffusione di tale documento per i propri scopi commerciali è rilevante per valutare se la sua divulgazione possa compromettere gli interessi commerciali della persona giuridica interessata.

132. Nella presente causa, nessuno può mettere in discussione gli enormi costi sommersi che, si dice, ammonterebbero quasi a 500 milioni di dollari statunitensi (USD), connessi allo sviluppo di Translarna e all’elaborazione, da parte della ricorrente, della relazione controversa. Correndo il rischio di ripetermi, mi sembra che vi sia un rischio reale che le informazioni contenute in tale relazione siano utilizzate dai potenziali concorrenti a proprio vantaggio, sostanzialmente per tutti i motivi che ho già esposto in altri punti delle presenti conclusioni. Se un concorrente potesse avere accesso a tali informazioni senza doverle pagare, ciò attribuirebbe chiaramente un vantaggio sleale a tale soggetto e pregiudicherebbe la tutela degli interessi commerciali della ricorrente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001.

133. Naturalmente, come ha riconosciuto lo stesso Tribunale, anche se un concorrente avesse accesso alla relazione in questione, esso dovrebbe comunque effettuare i propri studi clinici e sperimentazioni prima di sviluppare il proprio medicinale. È altresì vero che, come ho già osservato in precedenza, Translarna beneficia, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 141/2000, di un periodo di esclusiva di mercato che impedisce la commercializzazione di un medicinale simile per un periodo di dieci anni dopo il rilascio dell’AIC. Ciò non significa, tuttavia, che l’accesso alla relazione controversa non costituirebbe un notevole beneficio per un potenziale concorrente.

134. Un’altra considerazione importante, in questo contesto, è il fatto che la protezione dell’esclusiva dei dati conferita dall’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004 si applica solo nel territorio dell’Unione europea/SEE. Tuttavia, se i dati e le analisi contenute nella relazione controversa diventano di dominio pubblico in seguito alla richiesta di accesso alle informazioni, vi è il potenziale rischio che tale circostanza annulli la protezione dell’esclusiva dei dati in paesi terzi come l’Australia, il Brasile e la Cina (82). Questa è un’ulteriore ragione per cui la divulgazione della relazione controversa, anche nella sua attuale forma recante omissis, «arrec[herebbe] pregiudizio (…) alla tutela degli interessi commerciali» della ricorrente.

d)      Sulla questione se si tratti di informazioni commerciali riservate

135. Un ulteriore argomento addotto dalla ricorrente verte sul fatto che il Tribunale ha commesso un errore nel ritenere che tali informazioni non costituissero informazioni commerciali riservate e che la loro divulgazione non pregiudicherebbe i suoi interessi. Su tale punto, il Tribunale ha statuito quanto segue:

«(…) per poter concludere che la relazione controversa presenta globalmente un carattere di riservatezza commerciale, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, è necessario che tutti i dati contenuti in tale relazione costituiscano informazioni commerciali riservate» (83).

Il Tribunale ha quindi proseguito:

«È, inoltre, pacifico che la relazione controversa contiene un certo numero di informazioni che sono state pubblicate nell’EPAR, che è accessibile al pubblico e contiene dati che provengono direttamente da tale relazione. Di conseguenza, per esigere un trattamento riservato per tutta la relazione controversa, la ricorrente deve dimostrare che completando e combinando i dati accessibili al pubblico con quelli che non lo sono si crea un dato commerciale sensibile, la cui divulgazione pregiudicherebbe i suoi interessi commerciali. Orbene, l’affermazione secondo cui “l’intero è più della somma delle parti” è troppo vaga per dimostrare che la suddetta combinazione di informazioni potrebbe produrre le asserite conseguenze. Spiegazioni precise e concrete si sarebbero rivelate tanto più necessarie in quanto, come è stato ricordato al precedente punto 80, le eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti e, quindi, devono essere interpretate e applicate restrittivamente» (84).

136. Tale analisi dà adito a una serie di commenti. In primo luogo si può osservare che la relazione controversa, elaborata in riferimento a Translarna, è un documento estremamente dettagliato di circa 250 pagine. Essa definisce gli obiettivi della relazione in questione, la selezione dei gruppi di studio, la metodologia utilizzata, un’analisi statistica, una valutazione dell’efficacia, una valutazione della sicurezza, una valutazione di laboratorio clinico e molto altro. La prima pagina della relazione in questione contiene anche una premessa in cui si afferma che il documento «contiene informazioni riservate di proprietà della PTC Therapeutics Inc.» e ogni singola pagina contiene la seguente dicitura: «PTC Therapeutics, Inc. – Riservato».

137. Sebbene sia vero che una dicitura descrittiva di questo tipo non serve di per sé a rendere tali documenti riservati(85), mi trovo tuttavia in disaccordo con questo aspetto del ragionamento del Tribunale. Mentre la questione se la relazione controversa sia un documento la cui divulgazione potrebbe arrecare pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali della ricorrente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 è, forse, in una certa misura, una questione di prime impressioni, mi hanno tuttavia colpito le dichiarazioni testimoniali fornite dalla ricorrente, in particolare le dichiarazioni del suo vicepresidente senior, Affari Regolatori, alle quali il Tribunale non ha fatto specifico riferimento nella sentenza impugnata. Per quanto concerne il potenziale danno agli interessi commerciali della ricorrente, egli ha dichiarato quanto segue:

«50. La divulgazione del CSR arrecherebbe indubbiamente un danno alla PTC. Mi risulta che il CSR non sia di dominio pubblico, ad esempio non può essere trovato attraverso ricerche su Internet. Questa domanda è tesa alla divulgazione di un know-how che è il risultato di anni di ricerca della PTC (…) e che rappresenta un investimento economico, da parte della PTC, di varie centinaia di milioni di dollari, al fine di ottenere un vantaggio competitivo in un settore che è stato oggetto di intense ricerche da parte di molte società (…).

51. L’accesso ai dati potrebbe aiutare i terzi a: i) comprendere come meglio progettare i loro studi clinici per occuparsi di profili o sottogruppi specifici di pazienti, come ha fatto la PTC quando ha progettato il suo studio ACT-DMD, a seguito dell’analisi dei dati e degli insegnamenti tratti dal suo programma Phase 2b; ii) venire a conoscenza della posizione delle autorità di regolamentazione in relazione ai vari parametri primari, secondari e esploratori, al fine di adattarvi i propri studi; iii) progettare studi head-to-head focalizzati su proprietà isolate del prodotto, scelte esclusivamente per ricavare parametri che potrebbero essere utilizzati per screditare il profilo di sicurezza o di efficacia di Translarna; iv) «estrarre» i dati della PTC al fine di ristrutturare i loro programmi clinici senza incorrere nel costo dei tentativi e degli errori che la PTC ha dovuto sopportare; e iv) ottenere un’idea della direzione della futura ricerca della PTC a partire dai parametri secondari o esploratori».

138. Sebbene il Tribunale abbia concluso, forse influenzato dal suo criterio rigoroso «seriamente» compromesso, che le affermazioni della ricorrente sul punto erano «troppo vag[he]» e che si rendevano necessarie «[s]piegazioni precise e concrete»(86), temo, per quanto mi riguarda, di non poter concordare. Al contrario, ritengo che, ad esempio, la dichiarazione testimoniale del vicepresidente senior, Affari Regolatori, abbia fornito spiegazioni molto chiare e approfondite su come gli interessi commerciali della ricorrente potrebbero essere pregiudicati se la relazione controversa fosse divulgata. Francamente, è difficile capire in che modo egli avrebbe potuto essere più specifico. Di conseguenza, è difficile evitare la conclusione secondo cui qualsiasi divulgazione della relazione controversa comporterebbe la divulgazione sia di informazioni commerciali sensibili di proprietà della ricorrente, sia dei suoi metodi di lavoro in relazione a tali sperimentazioni cliniche. Come ho osservato nei paragrafi precedenti, questo è proprio il tipo di divulgazione che, nella causa MasterCard, il Tribunale aveva precedentemente dichiarato preclusa, di per sé, dall’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001.

139. È certamente vero che la ricorrente ha scelto di non collaborare con l’EMA per quanto concerne l’introduzione degli omissis proposti nella relazione controversa. Si potrebbe forse ritenere opportuno, volendo, criticare la ricorrente per la sua palpabile ostinazione a riguardo, anche se è evidente che essa, a sua volta, ha considerato la richiesta dell’EMA irrealistica e non realizzabile entro il termine relativamente ristretto previsto all’articolo 7 del regolamento n. 1049/2001. Tuttavia, tutto ciò è, di per sé, sostanzialmente irrilevante ai fini della questione se la relazione controversa sia un documento riservato che beneficia della tutela di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento.

140. È anche vero che l’EMA si è sentita comunque obbligata a procedere, di propria iniziativa, ad eliminare alcuni elementi del documento, tra cui riferimenti a discussioni con la Food and Drug Administration statunitense sul modello di protocollo, numeri di lotto, materiali e attrezzature, analisi esplorative, descrizione quantitativa e qualitativa del metodo di misurazione della concentrazione del farmaco, nonché informazioni che potrebbero portare all’identificazione dei pazienti. Sebbene l’importanza di queste cancellazioni non possa essere negata, la relazione controversa non ha tuttavia l’aspetto, ad eccezione forse di una sola pagina (87), di un documento che ha subito interventi pesanti.

141. È vero che, come ha rilevato il Tribunale, parte del materiale contenuto nella relazione controversa è già di pubblico dominio come parte dell’EPAR. Come l’EMA ha indicato nelle sue osservazioni scritte (88), l’articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/83 stabilisce che ogni domanda di AIC deve essere corredata delle informazioni e dei documenti seguenti, presentati in conformità all’allegato I:

«risultati:

–        delle prove farmaceutiche (chimico-fisiche, biologiche o microbiologiche),

–        delle prove precliniche (tossicologiche e farmacologiche),

–        delle sperimentazioni cliniche; (…)».

142. Tuttavia, con tutto il rispetto, non posso fare a meno di pensare che l’importanza di queste pubblicazioni EPAR sia stata in qualche modo sopravvalutata. Spiccano, in particolare, due esempi.

143. Il primo esempio riguarda la questione della randomizzazione della sperimentazione clinica. La relazione controversa contiene dettagli importanti, tre pagine e un’appendice (89), riguardanti la randomizzazione delle sperimentazioni. Tali informazioni sono importanti per qualsiasi regolatore, poiché il modo in cui è stata condotta la randomizzazione è rilevante al fine di verificare l’affidabilità dei risultati. Tuttavia, di converso, l’EPAR dedica solo due frasi alla questione della randomizzazione (90).

144. Il secondo esempio riguarda le informazioni contenute nella relazione controversa concernenti i risultati dell’efficacia, tra cui, in particolare, la curva dose-risposta a campana di Translarna, poiché nel corso delle sperimentazioni cliniche sono state utilizzate due dosi diverse. Mentre l’EPAR contiene alcuni riferimenti sostanzialmente incidentali ai risultati della curva a campana, i dettagli di tali dati, unitamente ad una loro analisi, sono esposti in modo molto più approfondito nella relazione controversa (91). L’EPAR, dopotutto, non è che una versione molto sintetica del CSR.

145. Tutto ciò rafforza la conclusione secondo cui il Tribunale non ha valutato correttamente, in diritto, se la divulgazione della relazione controversa rischiasse di pregiudicare gli interessi commerciali della ricorrente, non da ultimo poiché la relazione controversa contiene dati e analisi significative che, ad oggi, non sono stati divulgati nell’ambito del processo EPAR e che non sono altrimenti di dominio pubblico.

e)      Argomento relativo alla «tabella di marcia»

146. La ricorrente ha sostenuto che la pubblicazione della relazione controversa fornirebbe ai potenziali concorrenti una tabella di marcia su cui ricalcare la loro domanda di AIC. Il Tribunale ha respinto tale argomentazione affermando quanto segue:

«In secondo luogo, dev’essere parimenti respinto l’argomento secondo cui la divulgazione della relazione controversa fornirebbe a un concorrente una «tabella di marcia» su come completare una domanda di AIC per un prodotto concorrente. La ricorrente non ha dimostrato, infatti, il carattere innovativo dei propri modelli, delle proprie analisi o dei propri metodi. Come sostenuto dall’EMA, i modelli e i metodi utilizzati nello studio clinico di cui trattasi sono basati su conoscenze in materia di selezione, parametri e analisi statistiche ampiamente disponibili nella comunità scientifica e detto studio segue gli orientamenti applicabili e si basa, peraltro, sui principi più recenti. Il documento non contiene, inoltre, alcuna informazione sulla composizione o sulla fabbricazione del medicinale Translarna, dato che l’EMA ha espunto di propria iniziativa i riferimenti alle discussioni relative all’elaborazione di protocolli con la U.S. Food and Drug Administration, il numero del lotto, i materiali e l’attrezzatura, le analisi esplicative, la descrizione quantitativa e qualitativa del metodo di misurazione della concentrazione del medicinale, nonché le date di inizio e di fine del trattamento e le altre date che potrebbero permettere l’identificazione dei pazienti. La divulgazione della relazione controversa, pertanto, non fornirebbe ai concorrenti della ricorrente, a complemento delle informazioni già pubblicamente disponibili sul medicinale Translarna, alcuna informazione utile sulla strategia di sviluppo clinico a lungo termine e su come siano stati concepiti gli studi» (92).

147. Per quanto mi riguarda, tuttavia, non posso concordare sul fatto che tale «carattere innovativo» (93) costituisca, di per sé, un prerequisito essenziale affinché un documento possa essere considerato sensibile dal punto di vista commerciale ai fini dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001. Certamente, il fatto che un dato documento contenga mere informazioni ordinarie, facilmente accessibili o persino banali, può indicare che la sua divulgazione non «arrech[erebbe] pregiudizio alla tutela (…) [de]gli interessi commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresa la proprietà intellettuale», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001. Tuttavia, ancora una volta, per tutti i motivi che ho appena esposto, non posso concordare sul fatto che, perlomeno questo specifico CSR, rientri in questa categoria di documenti, per così dire, ordinari e banali, la cui divulgazione non pregiudicherebbe gli interessi commerciali della ricorrente.

148. L’articolo 8, paragrafo 3, del regolamento n. 141/2000, prevede un’eccezione alla disposizione sull’esclusiva di mercato. Essa consente a un secondo richiedente un’AIC per medicinali orfani di presentare tale domanda trascorsi cinque anni, qualora si possa dimostrare che il secondo prodotto, benché simile al medicinale orfano già autorizzato, «è più sicuro, più efficace o comunque clinicamente superiore». Se, ad esempio, la relazione controversa dovesse essere pubblicata, ai sensi dell’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, mi risulta difficile escludere l’ipotesi che un potenziale concorrente possa utilmente attingere ad essa per prepararsi a una domanda ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, lettera c), al fine di dimostrare che il suo prodotto è effettivamente più efficace o comunque clinicamente superiore a Translarna, dato che, dopo tutto, sono trascorsi cinque anni dal rilascio dell’AIC alla ricorrente, nel maggio 2014.

149. Su questo aspetto, al punto 93 della sentenza impugnata il Tribunale ha affermato quanto segue:

«(…) la divulgazione della relazione controversa non basterà ad un concorrente per elaborare una relazione completa sui propri test e risultati basandosi semplicemente sui dati resi pubblici. In quest’ottica, la divulgazione della relazione controversa, oltretutto senza i dati commerciali, non fornisce vantaggi ai concorrenti».

150. Da parte mia, tuttavia, non posso, con tutto il rispetto, concordare con questa analisi. Non posso fare a meno di pensare che sia stata viziata dagli errori di diritto descritti supra. Naturalmente, nessuno suggerisce che in questo esempio, il secondo concorrente sarebbe esentato dalla necessità di preparare un nuovo CSR. Tuttavia, resta il fatto che avere accesso alla relazione controversa può essere d’aiuto a qualsiasi serio concorrente che desideri dimostrare di aver sviluppato una nuova versione del prodotto orfano più efficace di Translarna, ai fini di una domanda di AIC ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 141/2000. Inoltre, contrariamente, forse, all’impressione che questo passaggio della sentenza del Tribunale può dare, anche una lettura superficiale della versione della relazione controversa recante omissis è sufficiente a dimostrare che un gran numero di dati statistici e di altra natura è ivi presentato senza alcuna modifica.

151. Quindi, riassumendo questo punto, ritengo che la valutazione dell’argomento concernente la «tabella di marcia» da parte del Tribunale si basi, con tutto il rispetto, su alcune ipotesi che non sono giuridicamente corrette. Non è necessario che gli interessi commerciali della ricorrente siano «gravemente» pregiudicati, né che le informazioni la cui riservatezza si intende tutelare possiedano «carattere innovativo».

152. Si potrebbe inoltre aggiungere che, qualora la relazione fosse divulgata e i dati ivi contenuti diventassero di dominio pubblico, i concorrenti, anche nel corso del periodo di esclusiva dei dati di cui all’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004, potrebbero perfettamente allineare il proprio CSR alla relazione di Translarna, già approvata dall’EMA. Inoltre, non vi sarebbe alcuna ragione per cui un concorrente non potrebbe aggiungere la relazione controversa al proprio CSR per dimostrare che le due domande sono essenzialmente le stesse, accelerando così il processo di approvazione, forse in misura apprezzabile.

153. Inevitabilmente, tutto ciò pregiudicherebbe o, perlomeno, inciderebbe negativamente e in modo indiretto sul sistema di esclusiva dei dati che rappresenta chiaramente uno dei cardini del sistema di incentivi per i pionieri che mirano ad ottenere un’AIC ai sensi del regolamento n. 726/2004. Ciò costituisce, di per sé, un’ulteriore chiara indicazione del fatto che la divulgazione della relazione controversa arrecherebbe pregiudizio agli interessi commerciali della ricorrente come previsto dall’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001.

154. Da ciò consegue, a sua volta, che non posso concordare con la valutazione del Tribunale secondo cui la divulgazione della relazione controversa non fornirebbe ai concorrenti della ricorrente informazioni preziose su Translarna. Anche a tale riguardo mi trovo costretto a ritenere che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto, non avendo valutato in che misura la disciplina dell’esclusiva dei dati sarebbe stata a sua volta compromessa dalla divulgazione della relazione controversa.

f)      Potenziale rilevanza del criterio dellinteresse pubblico di cui allarticolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001

155. In un modo o nell’altro, occorre naturalmente sottolineare che il fatto che la relazione controversa sia protetta contro la divulgazione costituisce una mera presunzione. Certamente, l’EMA potrebbe legittimamente escludere l’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 qualora concludesse che vi sono motivi prevalenti di interesse pubblico per agire in tal senso. Forse, ai fini attuali, non è necessario giungere a una conclusione definitiva al riguardo, poiché, a causa della decisione cui l’EMA è giunta in relazione a questa richiesta di accesso a informazioni, la questione di utilizzare la controeccezione relativa all’interesse pubblico prevalente, semplicemente, non si è mai posta.

156. Può invece essere sufficiente osservare che l’EMA potrebbe, in linea di principio, invocare tale eccezione relativa all’interesse pubblico prevalente qualora accerti che la divulgazione di un determinato CSR si rende effettivamente necessaria, in forza di ragioni speciali e impellenti di interesse pubblico.

157. Quindi, riassumendo tale punto, reputo che la valutazione del Tribunale sia stata fondata su talune premesse non giuridicamente corrette. Ritengo pertanto che il secondo motivo di impugnazione sia fondato.

D.      Terzo motivo di impugnazione: violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, poiché l’EMA intende concedere l’accesso nonostante il processo decisionale di tale istituzione sia in corso

1.      Argomenti delle parti

158. Con il terzo motivo, la ricorrente sostiene che, in ogni caso, la relazione controversa non dovrebbe essere divulgata poiché dovrebbe essere tutelata ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. La ricorrente ha ricevuto soltanto un’AIC condizionata ai sensi del regolamento n. 507/2006 e dovrà quindi presentare domanda di rinnovo annuale fino al rilascio di un’AIC incondizionata priva di obblighi. Secondo la ricorrente, in questa fase, la divulgazione di informazioni sensibili sul prodotto potrebbe pregiudicare il processo decisionale dell’EMA in relazione a tali rinnovi, favorendo il coinvolgimento di terzi. Essa sostiene, inoltre, che la relazione controversa si mantiene rilevante per l’EMA nel processo decisionale, poiché il processo decisionale dell’EMA, o meglio, del comitato per i medicinali per uso umano (in prosieguo: il «comitato») che formula, sul punto, un parere per l’EMA ai sensi dell’articolo 7 del regolamento n. 507/2006, terrà conto di tutte le prove, compresa la relazione in questione. Inoltre, la ricorrente sostiene che, qualora i richiedenti debbano temere che i loro dati saranno divulgati, essi adotteranno «misure per proteggerli nella misura più ampia possibile». Essa teme inoltre che la divulgazione possa pregiudicare i suoi ulteriori piani per Translarna per quanto concerne il trattamento di altre malattie genetiche rare causate da mutazioni nonsenso.

159. L’EMA sostiene che l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 non si applica nel caso di specie, poiché la procedura per il rilascio dell’AIC di Translarna si è conclusa con il rilascio dell’AIC condizionata, sicché la successiva divulgazione della relazione controversa non poteva pregiudicare tale procedura. Essa sottolinea che, nelle future procedure relative al rinnovo dell’AIC condizionata o al rilascio di un’AIC incondizionata, l’EMA valuterebbe soltanto i nuovi dati presentati dalla ricorrente. Essa sottolinea, inoltre, i rischi prospettati dalla ricorrente per il suo prodotto a causa di informazioni da parte di terzi sono presenti anche a seguito del rilascio di un’AIC, in ragione dei compiti e dei poteri dell’EMA nel settore della farmacovigilanza.

2.      Valutazione degli argomenti relativi alla questione se laccesso alla relazione controversa violi larticolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001.

160. L’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 prevede, in effetti, che la divulgazione di un documento sia rifiutata se: i) il documento è relativo ad una questione su cui l’EMA non ha ancora adottato una decisione; ii) la divulgazione del documento pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale dell’EMA; e iii) a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

161. Nella presente causa, già la prima delle tre condizioni cumulative di cui sopra non è soddisfatta.

162. In primo luogo, le procedure per un’AIC condizionata e per un’AIC incondizionata sono separate, nel senso che una domanda di AIC condizionata può essere presentata ai sensi dell’articolo 3 del regolamento n. 507/2006 unitamente alla domanda di AIC incondizionata, oppure il comitato può proporre un’AIC condizionata nel caso di una domanda presentata ai sensi dell’articolo 6 del regolamento n. 726/2004, ma entrambe le procedure si concludono con una decisione separata. È chiaro che, ai sensi dell’articolo 7 del regolamento n. 507/2006, il comitato può adottare in qualsiasi momento un parere favorevole al rilascio di un’AIC incondizionata se sono soddisfatte le restanti condizioni (94). In base a questa disposizione non viene valutato l’intero fascicolo, bensì soltanto il rispetto delle condizioni speciali.

163. Alla ricorrente è stata concessa l’AIC condizionata da essa richiesta, vale a dire un’AIC condizionata per Translarna ai sensi dell’articolo 4 del regolamento n. 507/2006. Su questa base, essa ha esercitato il diritto di commercializzare Translarna, in linea con lo scopo e l’obiettivo di ogni domanda di AIC. Il fatto che la ricorrente debba rinnovare annualmente la sua AIC condizionata non incide su tale valutazione. Lo stesso vale nel caso di primo rilascio di un’AIC incondizionata, con la differenza che, in tal caso, la rivalutazione avviene soltanto dopo cinque anni, ai sensi dell’articolo 14, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 726/2004.

164. Né il fatto che la ricorrente tema che la divulgazione della relazione controversa possa avere un impatto qualora intenda richiedere in futuro un’AIC per altre malattie genetiche, né il rischio, da essa prospettato, che i richiedenti di AIC «adottino misure» per proteggere i loro dati possono modificare il fatto che l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, tutela soltanto procedimenti in cui non è stata presa alcuna decisione. È evidente che nella fattispecie ciò non si verifica.

165. La ricorrente non può quindi invocare l’articolo 4, paragrafo 3. Ne consegue che il terzo motivo deve essere respinto in quanto infondato.

VII. Conclusioni generali

166. Per tutti i motivi suesposti, ritengo, con tutto il rispetto, che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto in quanto ha statuito che non vi è una presunzione generale a favore della non divulgazione delle relazioni di studi clinici con riferimento all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001. In ogni caso, ritengo altresì che il Tribunale abbia commesso un errore di diritto in quanto ha statuito che la divulgazione della relazione controversa non arrecherebbe pregiudizio agli interessi commerciali della ricorrente ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

167. Ai sensi dell’articolo 61 dello Statuto della Corte di giustizia, se l’impugnazione è accolta, la Corte annulla la decisione del Tribunale e può statuire essa stessa definitivamente sulla controversia, qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo.

168. A mio avviso, questa non è una causa in cui la Corte di giustizia può pronunciarsi definitivamente sulla questione, poiché si rende necessaria la valutazione giuridica di complesse questioni di fatto. Propongo pertanto alla Corte di annullare la sentenza impugnata e di rinviare la causa dinanzi al Tribunale per la sentenza, a seguito di un riesame delle relazioni in questione alla luce delle considerazioni suesposte.

VIII. Conclusione

169. Per tali ragioni, e fatto salvo l’esame degli altri motivi di impugnazione da parte della Corte, suggerisco alla Corte di:

1)      annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 5 febbraio 2018, PTC Therapeutics International/EMA (T‑718/15, EU:T:2018:66);

2)      rinviare la causa dinanzi al Tribunale;

3)      riservare la decisione sulle spese.


1      Lingua originale: l’inglese


2      Gli altri due casi sono la sentenza del 5 febbraio 2018, MSD Animal Health Innovation e Intervet international/EMA (T‑729/15, EU:T:2018:67), che è stata impugnata (causa C‑178/18 MSD Animal Health Innovation e Intervet international/EMA) e la sentenza del 5 febbraio 2018, Pari Pharma/EMA (T‑235/15, EU:T:2018:65), che non è stata impugnata.


3      GU 2001, L 145, pag. 43.


4      PTC Therapeutics International/EMA (T‑718/15, EU:T:2018:66).


5      Decisione del Consiglio relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994), (GU 1994, L 336, pag. 1).


6      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004 che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1).


7      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999, concernente i medicinali orfani (GU 2000, L 18, pag. 1)


8      GU 1993, L 214, pag. 1.


9      Regolamento della Commissione, del 29 marzo 2006, relativo all’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata dei medicinali per uso umano che rientrano nel campo d’applicazione del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2006, L 92, pag. 6).


10      Sulla base del fascicolo, il CSR richiesto è uno studio di 250 pagine sull’efficacia e sulla sicurezza di fase 2B con placebo relativo all’ataluren (principio attivo di Translarna) su soggetti che presentano una mutazione nonsenso di Duchenne e una distrofia muscolare di Becker. Tale documento costituiva il principale studio clinico realizzato prima del rilascio dell’AIC condizionata per Translarna.


11      Al punto 7 della sua controreplica, l’EMA ha chiarito che la richiesta di accesso riguardava soltanto il testo del CSR e non le sue appendici.


12      PTC Therapeutics International/EMA (T‑718/15 R, non pubblicata, EU:T:2016:425).


13      EMA/PTC Therapeutics International [C‑513/16 P(R), non pubblicata, EU:C:2017:148].


14      Per il criterio relativo al fatto che i documenti richiesti appartengono alla stessa categoria di documenti o sono documenti della stessa natura, esso si è fondato sulle sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 50), e del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe (C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 72). Per il criterio secondo cui una presunzione generale può essere riconosciuta per garantire che l’integrità dello svolgimento del procedimento sia preservata, limitando l’ingerenza di terzi, esso si è basato sulle conclusioni dell’avvocato generale Wathelet, nella causa LPN e Finlandia/Commissione (C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:528, paragrafi 66, 68, 74 e 76). Per il criterio secondo cui i documenti devono rientrare in una serie di documenti chiaramente circoscritti dalla loro comune appartenenza a un fascicolo afferente a un procedimento amministrativo o giurisdizionale in corso, esso si è fondato sulle sentenze del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau (C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punti da 12 a 22), del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione (C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 75), e del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW (C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punti 69 e 70). Per il criterio concernente il fatto che vi sono regole speciali in materia di divulgazione, esso si è basato sulla sentenza dell’11 giugno 2015, McCullough/Cedefop (T‑496/13, non pubblicata, EU:T:2015:374, punto 91), e sulle conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón in Consiglio/Access Info Europe (C‑280/11 P, EU:C:2013:325, paragrafo 75).


15      Sentenza del 5 febbraio 2018, PTC Therapeutics International/EMA (T‑718/15, EU:T:2018:66, punti 39 e 45).


16      Ibid., punti da 46 a 51.


17      Ibid., punto 59.


18      Ibidem, punto 66.


19      Ibidem, punto 70.


20      Ibidem, punti da 80 a 85. Sono al corrente del fatto che il termine «seriously», contenuto al punto 85 della versione inglese della sentenza impugnata non è presente in tutte le versioni linguistiche (come ad esempio nelle versioni francese e tedesca). Tuttavia, la lingua di procedura è l’inglese e pertanto la versione inglese è l’unica versione autentica oltre ad essere e la versione su cui la ricorrente si è basata nei suoi argomenti. Mi baserò pertanto su tale versione linguistica della sentenza impugnata nel mio ragionamento.


21      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano e che abroga la direttiva 2001/20/CE (GU 2014, L 158, pag. 1).


22      V. considerando 4 del regolamento n. 1049/2001.


23      V. anche sentenze del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione (C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 73 e giurisprudenza ivi citata) e del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione (C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 78 e giurisprudenza ivi citata).


24      Sentenze del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW (C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 64 e giurisprudenza ivi citata) e del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 68).


25      Punto 16 delle osservazioni della Eucope in risposta all’impugnazione della PTC.


26      Punto 24 delle osservazioni della Eucope.


27      Punto 61 del controricorso dell’EMA.


28      Sentenze del 9 giugno 2011, Comitato «Venezia vuole vivere» e a./Commissione (C‑71/09 P, C‑73/09 P e C‑76/09 P, EU:C:2011:368, punto 34 e giurisprudenza ivi citata) e del 21 dicembre 2011, A2A/Commissione (C‑318/09 P, non pubblicata, EU:C:2011:856, punto 109).


29      Per quanto riguarda tale regolamento, v. anche paragrafi 34 e 35 delle presenti conclusioni.


30      Sentenze del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW (C‑365/12 P, EU:C:2014:112 punto 65 e giurisprudenza ivi citata) e del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione (C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 69).


31      Sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 50).


32      V. paragrafi da 158 a 165 delle seguenti conclusioni.


33      Nella sentenza del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione (C‑57/16 P, EU:C:2018:660, punto 81) sono state enucleate cinque categorie. Tali categorie sono: i) i documenti nel fascicolo amministrativo della Commissione in materia di aiuti di Stato (v. sentenza del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau (C‑139/07 P, EU:C:2010:376); ii) i documenti depositati dinanzi ai giudici dell’Unione nel corso di un procedimento giurisdizionale pendente (sentenza del 18 luglio 2017, Commissione/Breyer (C‑213/15 P, EU:C:2017:563, nonché la giurisprudenza citata al punto 41 di tale sentenza); iii) i documenti scambiati tra la Commissione e le parti che hanno effettuato una notifica oppure soggetti terzi nell’ambito di un procedimento di controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese (sentenza del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob (C‑404/10 P, EU:C:2012:393); iv) i documenti relativi ad un procedimento precontenzioso per inadempimento (sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione (C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738); e v) i documenti afferenti a un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE (sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW (C‑365/12 P, EU:C:2014:112).


34      Al punto 39 della sentenza impugnata.


35      Ibidem, punto 40.


36      Ibidem, punto 41.


37      V. sentenza dell’11 maggio 2017, Svezia/Commissione (C‑562/14 P, EU:C:2017:356) in cui è stata riconosciuta una presunzione generale di riservatezza in assenza di regole specifiche.


38      V. sentenze del 28 giugno 2012, Commissione/Agrofert Holding (C‑477/10 P, EU:C:2012:394) e del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob (C‑404/10 P, EU:C:2012:393) in cui sono state riconosciute presunzioni generali di riservatezza sebbene i procedimenti non fossero più pendenti.


39      Sentenza del 4 settembre 2018, ClientEarth/Commissione (C‑57/16 P, EU:C:2018:660).


40      Ibidem. Al punto 81 la Corte ha enunciato le cinque categorie da essa riconosciute sino ad oggi. Esse sono descritte nella nota 33. Occorre sottolineare, e in effetti ciò non è stato sostenuto dinanzi alla Corte nella presente impugnazione, che tali cinque categorie costituiscono un numero chiuso.


41      Vorrei precisare che tale sentenza è stata menzionata nel corso dell’udienza e alle parti è stata concessa l’opportunità di presentare osservazioni in ordine al suo contenuto.


42      Il corsivo è mio.


43      V. considerando 2, 9 e 10 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2001, L 311, pag. 67), con riguardo a tre di tali quattro obiettivi, nel regime parallelo dell’autorizzazione all’immissione in commercio decentralizzata.


44      Articolo 10, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 2001/83.


45      Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004, il periodo di esclusiva dei dati è pari a otto anni.


46      L’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 141/2000 prevede un’esclusiva di mercato pari a 10 anni per i medicinali orfani. Tuttavia, tale periodo può essere ridotto se le condizioni di cui all’articolo 8, paragrafi 2 e 3, del regolamento sono soddisfatte. L’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004 prevede un periodo di esclusiva di mercato pari a 10 anni, che può essere esteso a 11 nel caso di nuove indicazioni terapeutiche.


47      Non solo per il medicinale in questione ma anche per gli eventuali tentativi infruttuosi e che hanno condotto a un prodotto commercializzabile.


48      Punto 41 e 42 della sentenza impugnata.


49      V. articoli 27, paragrafo 2, e 28 del regolamento del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato [attuali articoli 101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1).


50      V. articoli 6, 8, 15 e 16 del regolamento della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli 81 e 82 del trattato CE (GU 2004, L 123, pag. 18). Questi ultimi regolamenti contengono norme restrittive in merito all’utilizzo di documenti afferenti a procedimenti in materia di concorrenza ai sensi dell’articolo 81 CE (attuale articolo 101 TFUE). Esse concedono l’accesso al fascicolo di tali procedimenti alle «parti interessate» e ai «denuncianti» la cui denuncia la Commissione si prefigge di rigettare, a ulteriori specifiche condizioni. Sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW (C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punti da 86 a 92).


51      Sentenza del 29 giugno 2010 Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau (C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punto 61), in cui la Corte ha statuito, tenendo conto degli articoli 6, paragrafo 2, e 20 del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo 93 del trattato CE (GU 1999, L 83, pag. 1), nel frattempo sostituito dal regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (codificazione) (GU 2015, L 248, pag. 9), che talune informazioni nella procedura di riesame debbano essere trasmesse agli Stati membri, mentre tale disposizione non si applica nei confronti delle parti interessate.


52      Sentenza del 28 giugno 2012, Commissione/Agrofert Holding (C‑477/10 P, EU:C:2012:394, punto 64), sulla base degli articoli 17 e 18, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese (GU 2009, L 24, pag. 1) e dell’articolo 17 del regolamento (CE) n. 802/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, di esecuzione del regolamento (CE) n. 139/2004 del Consiglio (GU 2004, L 133, pag. 1); queste ultime due disposizioni riguardano la garanzia dei diritti di difesa.


53      V. sentenza dell’11 maggio 2017, Svezia/Commissione (C‑562/14 P, EU:C:2017:356). Desidero osservare, tuttavia, che tale causa riguardava l’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, terzo trattino del regolamento n. 1049/2001.


54      L’argomento della ricorrente secondo cui il Tribunale, al punto 46 della sentenza impugnata, ha preso in considerazione un fattore irrilevante, suggerendo che la giurisprudenza esistente che riconosce presunzioni generali di riservatezza è caratterizzata da situazioni in cui l’accesso al fascicolo amministrativo è limitato alle «parti interessate» o ai «denuncianti», è dovuto a una lettura errata della sentenza. Il Tribunale si limita ad affermare che i regolamenti n. 141/2004 e n. 726/2004 non prevedono che l’accesso al fascicolo sia limitato alle «parti interessate» o ai «denuncianti». Tuttavia, la sentenza impugnata non si basa su tale conclusione. V., per analogia, gli argomenti e la giurisprudenza citata al paragrafo 52.


55      È forse opportuno notare che il regolamento n. 726/2004 si applica anche all’autorizzazione all’immissione in commercio di medicinali orfani, che devono seguire la procedura di domanda prevista dal regolamento n. 726/2004. Il regolamento n. 141/2000 contiene semplicemente una serie di regole intese a fornire incentivi aggiuntivi alle società che effettuano ricerche in tale area, che rischia di essere meno lucrativa di altre, a causa del numero ridotto di pazienti affetti da malattie estremamente rare.


56      Punto 35 dell’impugnazione.


57      V. anche sentenza del 18 luglio 2017, Commissione/Breyer (C‑213/15 P, EU:C:2017:563, punti da 35 a 37).


58      V. sentenze del 14 dicembre 2000, Dior e a. (C‑300/98 e C‑392/98, EU:C:2000:688, punti 44 e 47) e dell’11 settembre 2007, Merck Genéricos – Produtos Farmaceuticos, (C‑431/05, EU:C:2007:496, punto 35).


59      La nozione è descritta supra, al paragrafo 73 delle presenti conclusioni.


60      Possono esservi casi particolari in cui la situazione è diversa.


61      È vero che tale affermazione è stata fatta nel corso della valutazione se il CSR in questione era tutelato dall’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, ma, ciononostante, essa costituisce, indubbiamente, un’affermazione di carattere generale.


62      Il corsivo è mio.


63      C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punti 66 e 67.


64      Punto 63 del ricorso.


65      Punto 116 della comparsa di risposta dell’EMA.


66      Ibidem, punto 39.


67      Sentenza del 9 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione (T‑516/11, non pubblicata, EU:T:2014:759).


68      Il corsivo è mio. Come ho spiegato nella nota 20, l’avverbio «seriously» non compare in tutte le versioni linguistiche. Tuttavia, appare nell’unica versione autentica, vale a dire nella lingua di procedura (che nella specie è l’inglese).


69      Il corsivo è mio.


70      Sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (EU:C:2008:374).


71      Sentenza del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe (EU:C:2013:671).


72      Sentenza del 3 luglio 2014, Consiglio/in’t Veld, (EU:C:2014:2039).


73      È vero che, come qualsiasi eccezione normativa, tali eccezioni devono essere interpretate restrittivamente.


74      All’atto dell’esame dell’applicabilità stessa dell’eccezione.


75      V., per analogia, la sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione (C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punti 92 e 93).


76      Sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (EU:C:2008:374).


77      Ibid.


78      Contrapposte alle «considerazioni prevalenti di interesse pubblico».


79      Sentenza del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe (EU:C:2013:671).


80      Sentenza del 3 luglio 2014, Consiglio/In ’t Veld (EU:C:2014:2039).


81      Al punto 91 della sentenza impugnata.


82      V. punti da 50 a 67 della dichiarazione testimoniale di un Solicitor-Advocate della Supreme Court of England and Wales (Corte suprema d’Inghilterra e Galles), allegato A.5.3 del ricorso della ricorrente nella causa T‑718/15 (EU:T:2018:66).


83      Al punto 87 della sentenza impugnata.


84      Ibidem, punto 89.


85      V., per analogia, sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio (C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 39).


86      Punto 89 della sentenza impugnata.


87      Pag. 58 della relazione controversa.


88      Ai punti 64 e segg. del controricorso dell’EMA nella causa T‑718/15 (EU:T:2018:66).


89      Pagg. da 31 a 33 della relazione controversa, pagg. da 38 a 40 dell’allegato A.2.1. della domanda della ricorrente nella causa T‑718/15 (EU:T:2018:66). Occorre notare, tuttavia, che, secondo il fascicolo, il richiedente non ha richiesto le appendici e l’EMA non le ha fornite.


90      Pag. 32 dell’EPAR di Translarna.


91      Pagg. da 80 a 130 della relazione controversa, pagg. da 87 a 137 dell’allegato A.2.1 della domanda della ricorrente nella causa T‑718/15 (EU:T:2018:66).


92      Al punto 90 della sentenza impugnata.


93      In ogni caso, la ricorrente contesta l’affermazione secondo cui il CSR non contiene elementi di carattere innovativo, poiché sostiene di aver investito molto nella preparazione di un processo randomizzato su misura per tali sperimentazioni cliniche: v. replica del 19 settembre 2018, paragrafo 5, lettera a).


94      Trattasi della fornitura dei dati mancanti in relazione agli studi non completati o non ancora iniziati al momento del rilascio dell’AIC condizionata; v. articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 507/2006.