Language of document : ECLI:EU:C:2006:456

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

11 luglio 2006 (*)

«Direttiva 2000/78/CE – Parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Nozione di handicap»

Nel procedimento C‑13/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal Juzgado de lo Social n° 33 de Madrid (Spagna), con decisione 7 gennaio 2005, pervenuta in cancelleria il 19 gennaio 2005, nella causa tra

Sonia Chacón Navas

e

Eurest Colectividades SA,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann, C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Schiemann e J. Makarczyk, presidenti di sezione, dal sig. J.‑P. Puissochet, dalla sig.ra N. Colneric (relatore), dai sigg. K. Lenaerts, P. Kūris, E. Juhász, E. Levits e A. Ó Caoimh, giudici,

avvocato generale: sig. L. A. Geelhoed

cancelliere: sig. R. Grass

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Eurest Colectividades SA, dall’avv. M. R. Sanz García-Muro, abogada;

–        per il governo spagnolo, dal sig. E. Braquehais Conesa, in qualità di agente;

–        per il governo ceco, dal sig. T. Boček, in qualità di agente;

–        per il governo tedesco, dal sig. M. Lumma e dalla sig.ra C. Schulze-Bahr, in qualità di agenti;

–        per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra H. G. Sevenster, in qualità di agente;

–        per il governo austriaco, dalla sig.ra C. Pesendorfer, in qualità di agente;

–        per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra C. White, in qualità di agente, assistita dal sig. T. Ward, barrister;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra I. Martínez del Peral Cagigal e dal sig. D. Martin, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 marzo 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione, per quanto riguarda la discriminazione fondata su un handicap, della direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU L 303, pag. 16), e, in subordine, sull’eventuale divieto di discriminazione fondata sulla malattia.

2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia che vede opposta la sig.ra Chacón Navas alla società Eurest Colectividades SA (in prosieguo: la «Eurest») riguardo ad un licenziamento avvenuto durante un’interruzione dell’attività lavorativa a causa di malattia.

 Contesto normativo e regolamentare

 La normativa comunitaria

3        L’art. 136, primo comma, CE così dispone:

«La Comunità e gli Stati membri, tenuti presenti i diritti sociali fondamentali, quali quelli definiti nella Carta sociale europea firmata a Torino il 18 ottobre 1961 e nella Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori del 1989, hanno come obiettivi la promozione dell’occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale elevato e duraturo e la lotta contro l’emarginazione».

4        L’art. 137, nn. 1 e 2, CE conferisce alla Comunità le competenze per sostenere e integrare l’azione degli Stati membri diretta a realizzare gli obiettivi di cui all’art. 136 CE, in particolare nei settori dell’integrazione delle persone escluse dal mercato del lavoro e della lotta all’esclusione sociale.

5        La direttiva 2000/78 è stata adottata sulla base dell’art. 13, n. 1, CE, nella versione precedente al Trattato di Nizza, che prevede quanto segue:

«Fatte salve le altre disposizioni del presente trattato e nell’ambito delle competenze da esso conferite alla Comunità, il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali».

6        L’art. 1 della direttiva 2000/78 è del seguente tenore:

«La presente direttiva mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento».

7        Tale direttiva enuncia nei suoi ‘considerando’:

«(11) La discriminazione basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali può pregiudicare il conseguimento degli obiettivi del trattato CE, in particolare il raggiungimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale, la solidarietà e la libera circolazione delle persone.

(12)      Qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali nei settori di cui alla presente direttiva dovrebbe essere pertanto proibita in tutta la Comunità. (...)

(...)

(16)      La messa a punto di misure per tener conto dei bisogni dei disabili sul luogo di lavoro ha un ruolo importante nel combattere la discriminazione basata sull’handicap.

(17)      La presente direttiva non prescrive l’assunzione, la promozione o il mantenimento dell’occupazione né prevede la formazione di un individuo non competente, non capace o non disponibile ad effettuare le funzioni essenziali del lavoro in questione, fermo restando l’obbligo di prevedere una soluzione appropriata per i disabili.

(...)

(27)      Nella sua raccomandazione 86/379/CEE del 24 luglio 1986 concernente l’occupazione dei disabili nella Comunità [GU L 225, pag. 43], il Consiglio ha definito un quadro orientativo in cui si elencano alcuni esempi di azioni positive intese a promuovere l’occupazione e la formazione di portatori di handicap e, nella sua risoluzione del 17 giugno 1999 relativa alle pari opportunità di lavoro per i disabili, ha affermato l’importanza di prestare un’attenzione particolare segnatamente all’assunzione e alla permanenza sul posto di lavoro del personale e alla formazione e all’apprendimento permanente dei disabili».

8        L’art. 2, nn. 1 e 2, della direttiva 2000/78 così prevede:

«1.      Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo.

2.      Ai fini del paragrafo 1:

a)      sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;

b)      sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di un particolare handicap, le persone di una particolare età o di una particolare tendenza sessuale, rispetto ad altre persone, a meno che:

i)      tale disposizione, tale criterio o tale prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari; o che

ii)      nel caso di persone portatrici di un particolare handicap, il datore di lavoro o qualsiasi persona o organizzazione a cui si applica la presente direttiva sia obbligato dalla legislazione nazionale ad adottare misure adeguate, conformemente ai principi di cui all’articolo 5, per ovviare agli svantaggi provocati da tale disposizione, tale criterio o tale prassi».

9        Ai sensi dell’art. 3 della direttiva:

«1.      Nei limiti dei poteri conferiti alla Comunità, la presente direttiva, si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:

(...)

c)      all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione;

(…)».

10      L’art. 5 della direttiva di cui trattasi così dispone:

«Per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli. Ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione o perché possano ricevere una formazione, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato. Tale soluzione non è sproporzionata allorché l’onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica dello Stato membro a favore dei disabili».

11      La Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata nel corso della riunione del Consiglio europeo tenutasi a Strasburgo il 9 dicembre 1989, cui fa riferimento l’art. 136, n. 1, CE, enuncia al suo punto 26:

«Ogni persona handicappata, a prescindere dall’origine e dalla natura dell’handicap, deve poter beneficiare di concrete misure aggiuntive intese a favorire l’inserimento sociale e professionale.

Tali misure devono riguardare la formazione professionale, l’ergonomia, l’accessibilità, la mobilità, i mezzi di trasporto e l’alloggio e devono essere in funzione delle capacità degli interessati».

 La normativa nazionale

12      L’art. 14 della Costituzione spagnola è del seguente tenore:

«Gli spagnoli sono uguali davanti alla legge, senza alcuna discriminazione per motivi di nascita, razza, sesso, religione, opinione o di qualsiasi altra condizione o circostanza personale o sociale».

13      Il regio decreto legislativo 24 marzo 1995, n. 1, recante approvazione del testo modificato della legge sullo statuto dei lavoratori (Estatuto de los Trabajadores; BOE n. 75 del 29 marzo 1995, pag. 9654; in prosieguo: lo «statuto dei lavoratori»), opera una distinzione tra il licenziamento irregolare e il licenziamento nullo.

14      L’art. 55, nn. 5 e 6, dello statuto dei lavoratori così dispone:

«5.      È nullo qualsiasi licenziamento che sia fondato su una delle cause di discriminazione vietate dalla Costituzione o dalla legge, ovvero produca una violazione di diritti fondamentali e di libertà pubbliche riconosciute al lavoratore.

(…)

6.      La nullità di un licenziamento ha per effetto l’immediata reintegrazione del lavoratore, nonché il versamento dei salari non percepiti».

15      In caso di licenziamento irregolare, dall’art. 56, nn. 1 e 2 dello statuto dei lavoratori deriva per il lavoratore la perdita del posto di lavoro con versamento di un indennizzo, a meno che il datore di lavoro non scelga di reintegrarlo.

16      Per quanto riguarda il divieto di discriminazione nei rapporti di lavoro, l’art. 17 dello statuto dei lavoratori, nella versione modificata dalla legge 30 dicembre 2003, n. 62, che prevede misure fiscali, amministrative e d’ordine sociale (BOE n. 313 del 31 dicembre 2003, pag. 46874), diretta a recepire nel diritto spagnolo la direttiva 2000/78, così dispone:

«1.      Sono nulli e privi di effetto le norme di regolamento, le clausole dei contratti collettivi, i contratti individuali e le decisioni unilaterali del datore di lavoro che creano direttamente o indirettamente discriminazioni sfavorevoli a causa dell’età o dell’handicap ovvero discriminazioni favorevoli o sfavorevoli ai fini dell’impiego, come pure ai fini della retribuzione, dell’orario di lavoro e di altre condizioni di lavoro, per ragioni basate su sesso, razza o origine etnica, stato civile, condizione sociale, religione o convinzioni personali, idee politiche, orientamento sessuale, adesione o meno ai sindacati e ai relativi accordi, vincoli di parentela con altri lavoratori nell’impresa e lingua nell’ambito dello Stato spagnolo.

(…)».

 Causa principale e questioni pregiudiziali

17      La sig.ra Chacón Navas lavorava per la Eurest, società specializzata nella ristorazione collettiva. Il 14 ottobre 2003 ha dovuto interrompere l’attività lavorativa a causa di malattia e, secondo i servizi sanitari pubblici che la seguivano, non è stata in grado di riprendere a breve termine la sua attività professionale. Il giudice del rinvio non ha fornito alcuna indicazione sulla malattia di cui soffre la sig.ra Chacón Navas.

18      Il 28 maggio 2004 la Eurest comunicava alla sig.ra Chacón Navas il suo licenziamento, senza fornirne la causa, pur ammettendo l’irregolarità di quest’ultimo e offrendole un indennizzo.

19      Il 29 giugno 2004 la sig.ra Chacón Navas proponeva ricorso contro la Eurest sostenendo che il suo licenziamento era nullo in ragione della disparità di trattamento e della discriminazione di cui era stata oggetto, risultanti dalla situazione di interruzione dell’attività lavorativa nella quale si trovava da otto mesi. Essa chiedeva di condannare la Eurest a reintegrarla nel suo posto di lavoro.

20      Il giudice del rinvio osserva che, in mancanza di altra asserzione o prova nel fascicolo, risulta dall’inversione dell’onere della prova che si deve considerare che la sig.ra Chacón Navas è stata licenziata per il solo fatto di aver interrotto l’attività lavorativa per causa di malattia.

21      Tale giudice sottolinea che nella giurisprudenza spagnola esistono precedenti nei quali questo tipo di licenziamento è considerato irregolare e non nullo, in quanto, nel diritto spagnolo, la malattia non compare espressamente tra i motivi di discriminazione vietati nei rapporti tra privati.

22      Il giudice del rinvio rileva tuttavia che sussiste un nesso di causalità tra la malattia e l’handicap. Per definire la nozione di «handicap» occorrerebbe rifarsi alla Classificazione internazionale delle capacità funzionali, dell’handicap e della salute (CIF), a cura dell’Organizzazione mondiale della sanità. Da essa risulterebbe che il termine «handicap» è un termine generico che comprende i deficit e i fattori che limitano l’attività e la partecipazione alla vita sociale. La malattia potrebbe comportare deficit che metteranno la persona in condizioni di svantaggio.

23      Considerato che la malattia può spesso comportare un handicap irreversibile, il giudice del rinvio ritiene che i lavoratori debbano essere tutelati in tempo utile in base al divieto di discriminazione fondata sull’handicap. La soluzione contraria priverebbe di sostanza la tutela perseguita dal legislatore, in quanto sarebbe in tal modo possibile mettere in atto prassi discriminatorie incontrollate.

24      Per l’ipotesi in cui si considerasse che l’handicap e la malattia sono due nozioni diverse e che la normativa comunitaria non è direttamente applicabile alla seconda di tali nozioni, il giudice del rinvio suggerisce di constatare che la malattia costituisce un segno identificativo non specificamente menzionato che deve aggiungersi a quelli in base ai quali la direttiva 2000/78 vieta qualsiasi discriminazione. Tale constatazione risulterebbe dalla lettura congiunta degli artt. 13 CE, 136 CE e 137 CE nonché dalle disposizioni dell’art. II‑21 del progetto di Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa.

25      Il Juzgado de lo Social n° 33 de Madrid ha pertanto deciso di sospendere la pronuncia e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se una lavoratrice che è stata licenziata dal suo datore di lavoro esclusivamente perché malata rientri nell’ambito della tutela fornita dalla direttiva 2000/78 in quanto questa al suo art. 1 stabilisce un quadro generale per la lotta contro le discriminazioni fondate sull’handicap.

2)      In subordine, nell’ipotesi in cui dovesse essere data soluzione negativa alla prima domanda e dovesse ritenersi che gli stati di malattia non rientrano nell’ambito della tutela fornita dalla direttiva 2000/78 contro la discriminazione per handicap:

se la malattia possa essere considerata come un segno identificativo che si aggiunge a quelli che ai sensi della direttiva 2000/78 non possono costituire motivo di discriminazione».

 Sulla ricevibilità della domanda pregiudiziale

26      La Commissione dubita della ricevibilità delle questioni sollevate in quanto i fatti descritti nella decisione di rinvio non sono sufficientemente precisi.

27      In proposito va osservato che, nonostante la mancanza di qualsiasi indicazione sulla natura e l’eventuale evoluzione della malattia della sig.ra. Chacón Navas, la Corte dispone di elementi sufficienti che le consentono di fornire una soluzione utile alle questioni sollevate.

28      Risulta infatti dalla decisione di rinvio che la sig.ra Chacón Navas, che ha dovuto interrompere l’attività lavorativa a causa di malattia e che non è stata in grado di riprendere la propria attività professionale a breve termine, secondo il giudice del rinvio è stata licenziata solo per aver interrotto l’attività lavorativa a causa di malattia. Risulta del pari dalla decisione che il giudice del rinvio ritiene che sussista un nesso di causalità tra la malattia e l’handicap e che un lavoratore nella situazione della sig.ra Chacón Navas deve essere tutelato in base al divieto delle discriminazioni fondate sull’handicap.

29      La questione sollevata in via principale verte segnatamente sull’interpretazione della nozione di «handicap» di cui alla direttiva 2000/78. L’interpretazione di tale nozione che sarà fornita dalla Corte mira a consentire al giudice del rinvio di valutare se la sig.ra Chacón Navas, al momento del licenziamento, a causa della sua malattia, fosse una persona disabile ai sensi di tale direttiva, beneficiava della tutela prevista all’art. 3, n. 1, lett. c), di quest’ultima.

30      Per quanto riguarda la questione sollevata in subordine, essa si riferisce alla malattia quale «segno identificativo» e riguarda quindi qualsiasi tipo di malattia.

31      La Eurest ritiene che il rinvio pregiudiziale sia irricevibile in quanto i giudici spagnoli, in particolare il Tribunal Supremo, avrebbero in passato già considerato, tenendo conto della normativa comunitaria, che il licenziamento di un lavoratore che ha interrotto l’attività lavorativa a causa di malattia non costituisce in quanto tale una discriminazione. Tuttavia il fatto che un giudice nazionale abbia già interpretato una normativa comunitaria non può rendere irricevibile un rinvio pregiudiziale.

32      Con riferimento all’argomento della Eurest secondo cui si deve considerare che tale impresa ha licenziato la sigr.ra Chacón Navas, indipendentemente dal fatto che quest’ultima avesse interrotto l’attività lavorativa per causa di malattia, poiché in quel momento i suoi servigi non erano più indispensabili, occorre ricordare che, nell’ambito di un procedimento in forza dell’art. 234 CE, basato sulla netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti di causa rientra nella competenza del giudice nazionale. Parimenti, spetta esclusivamente al giudice nazionale cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale valutare, alla luce delle particolari circostanze della causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione del diritto comunitario, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (v., in particolare, sentenze 25 febbraio 2003, causa C‑326/00, IKA, Racc. pag. I‑1703, punto 27, e 12 aprile 2005, causa C‑145/03, Keller, Racc. pag. I‑2529, punto 33).

33      Tuttavia, la Corte ha anche affermato che, in circostanze eccezionali, le spetta di esaminare le condizioni in presenza delle quali è adita dal giudice nazionale al fine di verificare la propria competenza (v., in questo senso, sentenza 16 dicembre 1981, causa 244/80, Foglia, Racc. pag. 3045, punto 21). La Corte può rifiutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale solo quando risulta manifestamente che l’interpretazione del diritto comunitario richiesta non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto della causa principale, quando il problema è di natura teorica o quando la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (v., in particolare, citate sentenze 13 marzo 2001, causa C‑379/98, PreussenElektra, Racc. pag. I‑2099, punto 39, e 19 febbraio 2002, causa C‑35/99, Arduino, Racc. pag. I‑1529, punto 25).

34      Poiché nella fattispecie non ricorre alcuna delle dette condizioni, la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

35      Con la sua prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il quadro generale tracciato dalla direttiva 2000/78 per la lotta contro la discriminazione fondata sull’handicap fornisca una tutela ad una persona che è stata licenziata dal datore di lavoro esclusivamente a causa di malattia.

36      Come risulta dall’art. 3, n. 1, lett. c), della direttiva 2000/78, quest’ultima si applica, nei limiti delle competenze conferite alla Comunità, a tutte le persone, per quanto attiene in particolare alle condizioni di licenziamento.

37      Entro tali limiti, il quadro generale tracciato dalla direttiva 2000/78 per la lotta contro la discriminazione fondata sull’handicap si applica quindi in materia di licenziamento.

38      Al fine di risolvere la questione sollevata, occorre, in primo luogo, interpretare la nozione di «handicap» di cui alla direttiva 2000/78 e, in secondo luogo, esaminare entro quali limiti i disabili sono tutelati da quest’ultima per quanto attiene alle condizioni di licenziamento.

 Sulla nozione di «handicap»

39      Il termine «handicap» non è definito dalla direttiva 2000/78 stessa. Tale direttiva non fa neppure rinvio al diritto degli Stati membri per la definizione di tale nozione.

40      Orbene, dall’imperativo tanto dell’applicazione uniforme del diritto comunitario quanto del principio di uguaglianza discende che i termini di una disposizione di diritto comunitario che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata devono di norma essere oggetto nell’intera Comunità di un’interpretazione autonoma e uniforme da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e della finalità perseguita dalla normativa di cui trattasi (v., in particolare, sentenze 18 gennaio 1984, causa 327/82, Ekro, Racc. pag. 107, punto 11, e 9 marzo 2006, causa C‑323/03, Commissione/Spagna, Racc. pag. I‑2161, punto 32).

41      Come risulta dal suo art. 1, la direttiva 2000/78 mira a tracciare un quadro generale per la lotta, in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, alle discriminazioni fondate su uno dei motivi menzionati in tale articolo, tra i quali compare l’handicap.

42      Tenuto conto del detto obiettivo, la nozione di «handicap» di cui alla direttiva 2000/78 deve, in conformità della regola ricordata al punto 40 della presente sentenza, essere oggetto di un’interpretazione autonoma e uniforme.

43      La direttiva 2000/78 mira a combattere taluni tipi di discriminazione per quanto riguarda l’occupazione e le condizioni di lavoro. In tale contesto, deve intendersi che la nozione di «handicap» va intesa come un limite che deriva, in particolare, da minorazioni fisiche, mentali o psichiche e che ostacola la partecipazione della persona considerata alla vita professionale.

44      Nondimeno, utilizzando la nozione di «handicap» all’art. 1 della direttiva di cui trattasi, il legislatore ha deliberatamente scelto un termine diverso da quello di «malattia». È quindi esclusa un’assimilazione pura e semplice delle due nozioni.

45      Il sedicesimo ‘considerando’ della direttiva 2000/78 afferma che la «messa a punto di misure per tener conto dei bisogni dei disabili sul luogo di lavoro ha un ruolo importante nel combattere la discriminazione basata sull’handicap». L’importanza accordata dal legislatore comunitario alle misure destinate ad adattare il posto di lavoro in funzione dell’handicap dimostra che esso ha previsto ipotesi in cui la partecipazione alla vita professionale è ostacolata per un lungo periodo. Perché una limitazione possa rientrare nella nozione di «handicap» deve quindi essere probabile che essa sia di lunga durata.

46      La direttiva 2000/78 non contiene alcuna indicazione che lasci intendere che i lavoratori sono tutelati in base al divieto di discriminazione fondata sull’handicap appena si manifesta una qualunque malattia.

47      Dalle considerazioni che precedono consegue che una persona che è stata licenziata dal suo datore di lavoro esclusivamente per causa di malattia non rientra nel quadro generale tracciato dalla direttiva 2000/78 per lottare contro la discriminazione fondata sull’handicap.

 Sulla tutela dei disabili in materia di licenziamento

48      Un trattamento sfavorevole basato sull’handicap va contro la tutela prevista dalla direttiva 2000/78 unicamente nei limiti in cui costituisca una discriminazione ai sensi dell’art. 2, n. 1, di quest’ultima.

49      Secondo il suo diciassettesimo ‘considerando’, la direttiva 2000/78 non prescrive l’assunzione, la promozione o il mantenimento dell’occupazione di un individuo non competente, non capace o non disponibile ad effettuare le funzioni essenziali del lavoro in questione, fermo restando l’obbligo di prevedere una soluzione appropriata per i disabili.

50      Ai sensi dell’art. 5, della direttiva 2000/78, sono previste soluzioni ragionevoli per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili. Secondo detto articolo ciò significa che il datore di lavoro prende i provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, per consentire ai disabili di accedere ad un lavoro, di svolgerlo o di avere una promozione, a meno che tali provvedimenti richiedano al datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato.

51      Il divieto, in materia di licenziamento, della discriminazione fondata sull’handicap, sancito agli artt. 2, n. 1, e 3, n. 1, lett. c), della direttiva 2000/78, osta a un licenziamento fondato su un handicap che, tenuto conto dell’obbligo di prevedere soluzioni ragionevoli per i disabili, non sia giustificato dal fatto che la persona di cui trattasi non è competente, capace o disponibile a svolgere le mansioni essenziali del suo posto di lavoro.

52      Da tutte le considerazioni che precedono risulta che la prima questione va risolta dichiarando che:

–        una persona che è stata licenziata dal suo datore di lavoro esclusivamente a causa di malattia non rientra nel quadro generale stabilito dalla direttiva 2000/78 per la lotta contro la discriminazione fondata sull’handicap;

–        il divieto, in materia di licenziamento, della discriminazione fondata sull’handicap, sancito agli artt. 2, n. 1, e 3, n. 1, lett. c), della direttiva 2000/78, osta a un licenziamento fondato su un handicap che, tenuto conto dell’obbligo di prevedere soluzioni ragionevoli per i disabili, non sia giustificato dal fatto che la persona di cui trattasi non è competente, capace o disponibile a svolgere le funzioni essenziali del suo posto di lavoro.

 Sulla seconda questione

53      Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede se la malattia possa essere considerata come un motivo che si aggiunge a quelli in base ai quali è vietata dalla direttiva 2000/78 qualsiasi discriminazione.

54      Va in proposito constatato che nessuna disposizione del Trattato CE contiene un divieto di discriminazione fondato sulla malattia in quanto tale.

55      Per quanto riguarda l’art. 13 CE e l’art. 137 CE, in combinato disposto con l’art. 136 CE, tali articoli contengono unicamente una disciplina delle competenze della Comunità. Inoltre, al di là della discriminazione fondata sull’handicap, l’art. 13 CE non riguarda quella fondata su una malattia in quanto tale e non può quindi costituire un fondamento normativo di misure del Consiglio dirette a lottare contro tale discriminazione.

56      È ben vero che nel novero dei diritti fondamentali che costituiscono parte integrante dei principi generali del diritto comunitario compare segnatamente il divieto generale di discriminazione. Quest’ultimo vincola quindi gli Stati membri allorché la situazione nazionale di cui trattasi nella causa principale rientra nell’ambito di applicazione del diritto comunitario (v., in questo senso, sentenze 12 dicembre 2002, causa C‑442/00, Rodríguez Caballero, Racc. pag. I‑11915, punti 30 e 32, nonché 12 giugno 2003, causa C‑112/00, Schmidberger, Racc. pag. I‑5659, punto 75 e giurisprudenza citata). Da ciò non consegue tuttavia che l’ambito di applicazione della direttiva 2000/78 debba essere esteso per analogia al di là delle discriminazioni fondate sui motivi elencati tassativamente nell’art. 1 di quest’ultima.

57      La seconda questione va quindi risolta dichiarando che la malattia in quanto tale non può essere considerata un motivo che si aggiunge a quelli in base ai quali la direttiva 2000/78 vieta qualsiasi discriminazione.

 Sulle spese

58      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      Una persona che è stata licenziata dal suo datore di lavoro esclusivamente a causa di malattia non rientra nel quadro generale per la lotta contro la discriminazione fondata sull’handicap istituito dalla direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

2)      Il divieto, in materia di licenziamento, della discriminazione fondata sull’handicap, sancito agli artt. 2, n. 1, e 3, n. 1, lett. c), della direttiva 2000/78, osta a un licenziamento fondato su un handicap che, tenuto conto dell’obbligo di prevedere soluzioni ragionevoli per i disabili, non sia giustificato dal fatto che la persona di cui trattasi non è competente, capace o disponibile a svolgere le mansioni essenziali del suo posto di lavoro.

3)      La malattia in quanto tale non può essere considerata un motivo che si aggiunge a quelli in base ai quali la direttiva 2000/78 vieta qualsiasi discriminazione.

Firme


* Lingua processuale: lo spagnolo.