Language of document : ECLI:EU:C:2018:494

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 26 giugno 2018 (1)

Causa C384/17

Dooel Uvoz-Izvoz Skopje Link Logistik N&N

contro

Budapest Rendőrfőkapitánya

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Szombathelyi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Szombathely, Ungheria)]

«Rinvio pregiudiziale – Trasporto su strada – Tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l’uso di alcune infrastrutture – Direttiva 1999/62/CE – Articolo 9 bis – Requisito di proporzionalità delle sanzioni – Interpretazione conforme – Efficacia diretta – Conseguenze per i giudici e le autorità amministrative nazionali – Potere di infliggere una sanzione più lieve in attesa di un intervento legislativo»






I.      Introduzione

1.        La Dooel Uvoz‑Izvoz Skopje Link Logistik N&N (in prosieguo: la «ricorrente») è un’impresa che utilizza autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada. Nell’ottobre 2015 ha omesso di garantire il pagamento, da parte del conducente, del pedaggio per uno dei suoi veicoli prima che tale veicolo si immettesse nella strada soggetta a detto pedaggio. La ricorrente, in quanto utilizzatrice del veicolo, è stata sanzionata. La ricorrente ha contestato l’importo dell’ammenda dinanzi ai giudici ungheresi. Essa sostiene che l’ammenda è sproporzionata e che la normativa nazionale in questione è incompatibile con il diritto dell’Unione.

2.        Nella sentenza Euro‑Team e Spirál‑Gép (2), la Corte ha già dichiarato che il regime sanzionatorio previsto dalla normativa ungherese non era conforme al requisito di proporzionalità stabilito all’articolo 9 bis della direttiva 1999/62/CE relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l’uso di alcune infrastrutture (3). L’analisi effettuata dalla Corte e le conclusioni contenute in tale sentenza erano di portata generale nel senso che hanno dato luogo a una dichiarazione di incompatibilità di un regime sanzionatorio (come quello di cui trattasi nel procedimento principale) con il requisito di proporzionalità.

3.        Nel caso di specie, la Corte è stata invitata da un altro giudice ungherese a fornire indicazioni più precise: quali sono le conseguenze specifiche di tale incompatibilità? Su chi grava l’onere di garantire la necessaria proporzionalità delle sanzioni, e secondo quali modalità? In particolare, come si deve rispondere a tali quesiti per quanto riguarda il periodo transitorio che precede la predisposizione di un nuovo sistema da parte del legislatore nazionale? A tal fine, viene chiesto alla Corte se l’articolo 9 bis della direttiva 1999/62 abbia efficacia diretta e/o se il diritto nazionale debba essere interpretato conformemente a tale disposizione. Inoltre, il giudice del rinvio solleva una questione collegata: su quale organo, giudiziario o amministrativo, gravi un obbligo di tal genere, e come dovrebbe essere esattamente adempiuto tale obbligo.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      Direttiva 1999/62

4.        Il considerando 14 della direttiva 1999/62 è del seguente tenore: «(…) è necessario che i pedaggi e i diritti d’utenza non siano discriminatori, non comportino eccessive formalità, non creino ostacoli alle frontiere interne; (…) è necessario, quindi, adottare misure adeguate per consentire il pagamento dei pedaggi e dei diritti d’utenza in qualsiasi momento e con diversi mezzi di pagamento».

5.        Il considerando 15 così recita: «(…) le aliquote dei diritti d’utenza dovrebbero essere fissate in funzione della durata dell’uso dell’infrastruttura in questione ed essere differenziate secondo i danni causati dai veicoli stradali».

6.        Il considerando 21 così recita: «(…) in base al principio di proporzionalità, la presente direttiva non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento dei suoi obiettivi, ai sensi dell’articolo 5, terzo comma del trattato».

7.        L’articolo 2, lettera b), della direttiva 1999/62 definisce «pedaggio» «il pagamento di una somma determinata per un autoveicolo sulla base della distanza percorsa su una certa infrastruttura e del tipo di veicolo, comprendente un onere per l’infrastruttura e/o un onere per i costi esterni».

8.        L’articolo 2, lettera c), definisce «diritti di utenza» «il pagamento di una somma determinata che dà il diritto all’utilizzo da parte di un autoveicolo, per una durata determinata, delle infrastrutture di cui all’articolo 7, paragrafo 1».

9.        Il capo III della direttiva è dedicato a pedaggi e diritti d’utenza.

10.      L’articolo 7, paragrafo 1, dispone quanto segue: «Fatto salvo l’articolo 9, paragrafo1 bis, gli Stati membri possono conservare o introdurre pedaggi e/o diritti d’utenza sulla rete stradale transeuropea o su alcuni tratti di essa e su qualsiasi altro tratto della loro rete di autostrade che non fanno parte della rete stradale transeuropea, alle condizioni di cui ai paragrafi 2, 3, 4 e 5 del presente articolo e agli articoli da 7 bis a 7 duodecies. Ciò lascia impregiudicato il diritto degli Stati membri, nel rispetto del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, di applicare pedaggi e/o diritti d’utenza ad altre strade, a condizione che l’imposizione di pedaggi e/o diritti d’utenza su tali altre strade non risulti discriminatoria nei confronti del traffico internazionale e non provochi distorsioni della concorrenza tra operatori».

11.      Ai sensi dell’articolo 7 bis, paragrafo 1, «[i] diritti di utenza sono proporzionati alla durata dell’utilizzo dell’infrastruttura, entro gli importi di cui all’allegato II, e sono validi per una giornata, una settimana, un mese o un anno (…)».

12.      L’articolo 9 bis prevede quanto segue: «[gli] Stati membri pongono in essere gli adeguati controlli e determinano il regime sanzionatorio applicabile alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate in applicazione della presente direttiva; adottano tutte le misure necessarie per garantirne l’attuazione. Le sanzioni previste devono essere effettive, proporzionate e dissuasive».

B.      Diritto ungherese

1.      Legge sulla circolazione stradale

13.      L’articolo 20, paragrafo 1, della közúti közlekedésről szóló 1988. évi I. törvény (legge n. I del 1988 sulla circolazione stradale; in prosieguo: la «legge sulla circolazione stradale») così dispone:

«È passibile di sanzione chiunque violi le disposizioni previste dalla presente legge nonché da specifici atti legislativi o regolamentari e da atti di diritto comunitario, riguardanti:

(…)

m) il pagamento di un pedaggio, proporzionale al tratto percorso, per l’uso di tratti stradali a pedaggio.

(…)»

14.      L’articolo 21 della legge sulla circolazione stradale prevede quanto segue:

«1)      Il soggetto che utilizza il veicolo o, nel caso di cui all’articolo 21 A, paragrafo 2, il soggetto a cui è stato affidato il veicolo ai fini del suo utilizzo, risponde dell’osservanza, in caso di guida o di utilizzo del veicolo, delle disposizioni previste dalla normativa specifica in merito

(…)

h)      al pagamento di un pedaggio, proporzionale al tratto percorso, per l’uso di tratti stradali a pedaggio.

(…)

2)      In caso di violazione di quanto disposto al paragrafo 1, alla persona che utilizzi il veicolo, o nel caso di cui all’articolo 21 bis, paragrafo 2, alla persona a cui il veicolo sia stato affidato ai fini del suo utilizzo, è inflitta una sanzione amministrativa di importo compreso tra 10 000 [fiorini ungheresi (HUF)] e HUF 300 000 (circa tra EUR 32 e EUR 974). L’importo delle sanzioni applicabili per violazioni delle diverse disposizioni viene fissato con decreto governativo. Qualora uno stesso comportamento costituisca violazione di più norme e sia esaminato nell’ambito dello stesso procedimento è irrogata una sanzione il cui importo corrisponde alla somma degli importi previsti per ciascuna di tali violazioni.

(…)

5)      Tenuto conto del paragrafo 1, il governo stabilisce con regolamento un elenco delle violazioni per le quali il soggetto che utilizzi il veicolo è sanzionabile con un’ammenda amministrativa».

2.      Legge sui pedaggi stradali

15.      L’articolo 3, paragrafi 1 e 6, della az autópályák, autóutak és főutak használatáért fizetendő, megtett úttal arányos díjról szóló 2013. évi LXVII. törvény (legge n. LXVII del 2013, relativa al pagamento di un pedaggio proporzionale al tratto percorso di autostrade, autovie o strade principali; in prosieguo: la «legge sui pedaggi stradali»), prevede quanto segue:

«1)      I veicoli soggetti a pedaggio devono essere provvisti dell’autorizzazione al transito prevista dalla presente legge per poter circolare sui tratti stradali a pagamento.

(…)

6)      Il soggetto che utilizza il veicolo garantisce la conformità di quest’ultimo al paragrafo 1».

16.      L’articolo 14 della legge sui pedaggi stradali così recita:

«(…) il transito si considera non autorizzato qualora:

a)      il soggetto obbligato al pagamento del pedaggio non abbia acquistato, prima di percorrere il tratto stradale soggetto a pedaggio, il biglietto di ingresso corrispondente al tratto utilizzato, né abbia stipulato un contratto valido – che preveda la presentazione di dichiarazioni all’esattore del pedaggio e il pagamento del medesimo conformemente alla presente legge – con il gestore del sistema di pedaggio;

b)      il soggetto obbligato al pagamento del pedaggio circoli su un tratto stradale soggetto a pedaggio sulla base di una dichiarazione relativa alla categoria tariffaria o alla classe di emissione che indica valori inferiori a quelli ad esso corrispondenti; o

c)      in relazione al veicolo di cui trattasi, esista un contratto valido stipulato con il gestore del sistema di pedaggio, che autorizza il veicolo a circolare su un tratto stradale soggetto a pedaggio e prevede la presentazione di dichiarazioni all’esattore del pedaggio e il pagamento del medesimo conformemente alla presente legge, ma durante la percorrenza di detto tratto non siano rispettati i requisiti per il corretto funzionamento del dispositivo a bordo, stabiliti con decreto approvato in base all’autorizzazione contenuta nella presente legge, senza che il soggetto obbligato al pagamento del pedaggio abbia acquistato, prima di mettersi in viaggio, un biglietto di ingresso corrispondente al tratto di strada a pedaggio utilizzato».

17.      L’articolo 15 di tale legge così dispone:

«1)      L’importo della sanzione è fissato in modo da incentivare i debitori a pagare il pedaggio richiesto.

3.      Il decreto governativo n. 410/2007

18.      L’articolo 1, paragrafo 1, del közigazgatási bírsággal sújtandó közlekedési szabályszegések köréről, az e tevékenységekre vonatkozó rendelkezések megsértése esetén kiszabható bírságok összegéről, felhasználásának rendjéről és az ellenőrzésben történő közreműködés feltételeiről szóló 410/2007. (XII. 29.) Korm. rendelet (decreto governativo n. 410, relativo all’elenco delle infrazioni stradali punite con una sanzione amministrativa, nonché all’importo delle sanzioni pecuniarie che possono essere inflitte per la violazione delle disposizioni in materia, al regime di applicazione delle stesse e alle condizioni di partecipazione alle attività di controllo), del 29 dicembre 2007 (in prosieguo: il «decreto governativo n. 410/2007»), dispone quanto segue:

«Conformemente all’articolo 21, paragrafo 1, della legge sulla circolazione stradale, nel caso di una violazione delle disposizioni contenute negli articoli 2 e 8 bis, al soggetto che utilizzi il veicolo viene inflitta una sanzione amministrativa il cui importo è fissato nel presente decreto».

19.      L’articolo 8/A del decreto governativo n. 410/2007 enuncia quanto segue:

«1)      In relazione all’articolo 21, paragrafo 1, lettera h), [della legge sulla circolazione stradale], nel caso di una violazione delle disposizioni contenute nell’allegato 9, il soggetto responsabile dell’utilizzo del veicolo è obbligato a pagare un’ammenda il cui importo è fissato in funzione della classe del veicolo.

(…)»

20.      L’allegato 9 di tale decreto contiene la seguente tabella:

A

B


B1

B2

B3

1. Infrazione prevista nella legge n. LXVII del 2013

Importo dell’ammenda in funzione della classe del veicolo


J2

J3

J4

2.      Articolo 14, lettera a), della legge n. LXVII del 2013

140 000

150 000

165 000

3.      Articolo 14, lettera b), della legge n. LXVII del 2013

80 000

90 000

110 000

4.      Articolo 14, lettera c), della legge n. LXVII del 2013

140 000

150 000

165 000


III. Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

21.      Il 29 ottobre 2015, alle 19.34, un autoveicolo pesante adibito al trasporto di merci su strada di categoria J4, utilizzato dalla Link Logistik N&N, circolava al chilometro stradale 3,670 del tratto della strada principale a pedaggio 14 (in direzione del punto di partenza della strada). Il veicolo percorreva il tratto stradale a pagamento senza che fosse stato effettuato preventivamente il pagamento dell’importo richiesto, proporzionale alla distanza percorsa.

22.      Diciotto minuti più tardi, di propria iniziativa, il conducente acquistava un biglietto d’ingresso per l’intero percorso programmato sulla strada a pedaggio. Tale biglietto, del costo di HUF 19 573, copriva il tratto di percorso già completato e il tratto che il conducente doveva ancora completare.

23.      Il 15 gennaio 2016, il Vas Megye Rendőrfőkapitánya (Comandante in capo della Polizia della Provincia di Vas, Ungheria), l’autorità amministrativa di primo grado, rilevava che, alla data del controllo, nel luogo e nella direzione precedentemente indicati, il veicolo utilizzato dalla Link Logistik aveva circolato senza aver pagato il pedaggio, in violazione dell’articolo 14, lettera a), della legge sui pedaggi stradali. Il Comandante in capo della Polizia infliggeva quindi alla Link Logistik una sanzione amministrativa di HUF 165 000, conformemente agli articoli da 21 a 21 B della legge sulla circolazione stradale, come più volte modificata, nonché all’articolo 1, paragrafo 1, e all’articolo 8/A del decreto governativo n. 410/2007.

24.      L’autorità amministrativa adita in sede d’impugnazione, il Budapest Rendőrfőkapitánya (Comandante in capo della Polizia, Budapest, Ungheria) confermava la decisione di primo grado. Essa dichiarava che la normativa nazionale applicabile non conferisce all’autorità competente il potere di effettuare una ponderazione di interessi nella valutazione dell’importo dell’ammenda. Il Comandante in capo della Polizia osservava che il diritto nazionale consente soltanto di prendere in considerazione le circostanze ammesse per legge. Tra queste non figurano le circostanze specifiche invocate dalla Link Logistik, in particolare l’acquisto a posteriori del biglietto d’ingresso per l’intero tratto di strada a pedaggio, dopo un breve lasso di tempo, e l’esistenza di ostacoli all’acquisto del biglietto d’ingresso prima dell’utilizzo del tratto stradale soggetto a pedaggio.

25.      La Link Logistik impugnava la decisione del Comandante in capo della Polizia (in prosieguo: il «convenuto») dinanzi al giudice del rinvio. Nel suo ricorso la ricorrente asseriva che la normativa ungherese è incompatibile con il diritto dell’Unione. Essa menzionava la natura eccessiva dell’importo, in quanto equivalente all’ammenda inflitta a coloro che non acquistano affatto il biglietto di ingresso.

26.      È in tale contesto di fatto e di diritto che lo Szombathelyi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Szombathely, Ungheria) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)       Se il requisito di proporzionalità di cui all’articolo 9 bis della [direttiva 1999/62] e oggetto di interpretazione da parte della Corte di giustizia dell’Unione europea nella sua sentenza del 22 marzo 2017, [Euro‑Team e Spirál‑Gép (C‑497/15 e C‑498/15, EU:C:2017:229)], costituisca una disposizione della direttiva direttamente applicabile.

2)       qualora il requisito di proporzionalità di cui all’articolo 9 bis della [direttiva 1999/62] e oggetto di interpretazione da parte della Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza del 22 marzo 2017, [Euro‑Team e Spirál‑Gép (C‑497/15 e C‑498/15, EU:C:2017:229)], non costituisca una disposizione della direttiva direttamente applicabile, se l’interpretazione del diritto interno in conformità al diritto dell’Unione consenta e richieda che il giudice e l’autorità amministrativa nazionali integrino – in mancanza di intervento legislativo a livello nazionale – la normativa ungherese rilevante nel presente caso con i criteri sostanziali del requisito di proporzionalità sanciti dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 22 marzo 2017, [Euro‑Team e Spirál‑Gép (C‑497/15 e C‑498/15, EU:C:2017:229)]».

27.      Il governo ungherese e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte.

IV.    Valutazione

28.      Le presenti conclusioni sono articolate come segue. Inizierò esaminando le ragioni per cui le sanzioni dovrebbero essere proporzionate nel diritto dell’Unione, tanto in generale quanto, in particolare, ai sensi dell’articolo 9 bis della direttiva 1999/62 (A). Fornirò quindi una risposta alle due questioni espresse del giudice del rinvio, riguardanti il problema se il requisito di proporzionalità, stabilito all’articolo 9 bis della direttiva 1999/62, sia direttamente efficace o se possa dare origine all’obbligo dell’interpretazione conforme (B). Infine, passerò a esaminare il punto accennato dal giudice del rinvio nella seconda questione riguardante le implicazioni istituzionali e procedurali della risposta fornita: se siano i giudici o le autorità amministrative nazionali a dover garantire l’osservanza dei requisiti derivanti dal diritto dell’Unione in mancanza di un intervento legislativo a livello nazionale, e come dovrebbero garantirla. (C).

A.      Perché le sanzioni dovrebbero essere proporzionate

29.      Negli ultimi anni questa Corte è stata adita più volte (4) in relazione alla compatibilità di vari aspetti del regime sanzionatorio ungherese con il requisito di proporzionalità così come stabilito nella direttiva 1999/62 o nel regolamento (CE) n. 561/2006 (5).

30.      In forza dell’articolo 9 bis della direttiva 1999/62, gli Stati membri determinano il regime sanzionatorio applicabile alle violazioni delle disposizioni nazionali adottate in applicazione di detta direttiva. Tali sanzioni sono effettive, proporzionate e dissuasive.

31.      La disposizione in parola è stata interpretata di recente dalla Corte nella sentenza Euro‑Team (6). Detta sentenza riuniva due cause aventi un contesto di fatto simile: le ricorrenti in tali cause avevano superato l’uscita corretta dell’autostrada, una a causa di un errore nel sistema di navigazione del veicolo, l’altra per disattenzione. Le ricorrenti sono state sanzionate per aver circolato su un tratto di autostrada senza prima pagare il pedaggio richiesto per tale tratto. Le ammende sono state, rispettivamente, 500 e 87 volte più elevate dell’importo dovuto per il pedaggio. In tali casi, l’autorità competente non poteva prendere in considerazione la situazione individuale e peculiare dell’utilizzatore del veicolo, né esaminare se l’infrazione fosse realmente imputabile al medesimo. Le ricorrenti asserivano che l’importo della sanzione era sproporzionato e quindi contrario al diritto dell’Unione europea (7).

32.      In tale contesto di fatto la Corte ha ricordato che, in mancanza di armonizzazione a livello dell’Unione nel settore delle sanzioni, gli Stati membri possono scegliere le sanzioni che sembrano loro appropriate. Essi sono tenuti, tuttavia, ad esercitare questa competenza nel rispetto del diritto dell’Unione e dei suoi principi generali, ivi compreso il principio di proporzionalità. Ciò comporta che la severità delle sanzioni dev’essere adeguata alla gravità delle violazioni. Inoltre, il principio di proporzionalità s’impone agli Stati membri non solamente per quanto concerne la determinazione degli elementi costitutivi di un’infrazione e delle norme relative all’importo delle sanzioni, ma anche riguardo alla valutazione degli elementi di cui si può tenere conto per la fissazione dell’importo della sanzione (8).

33.      Pertanto, la Corte ha dichiarato che il requisito di proporzionalità delle sanzioni sancito all’articolo 9 bis della direttiva 1999/62 ostava ad un regime sanzionatorio che prevede l’imposizione di una sanzione di importo forfettario per tutte le infrazioni, a prescindere dalla loro natura e dalla loro gravità, secondo le norme sull’obbligo di pagare preventivamente il pedaggio relativo all’utilizzo di un’infrastruttura stradale. Il fatto che le autorità nazionali incaricate di punire le infrazioni non potessero considerare le circostanze concrete e peculiari di ciascun caso di specie né, se del caso, ridurre l’importo di tale sanzione era incompatibile con il diritto dell’Unione (9).

34.      La Corte è giunta alla stessa conclusione anche nel contesto del regolamento n. 561/2006. Tale regolamento contiene una disposizione analoga all’articolo 9 bis della direttiva 1999/62 (10). In particolare, nella sentenza Urbán la Corte ha dichiarato che il requisito di proporzionalità di cui all’articolo 19, paragrafi 1 e 4, del regolamento n. 561/2006 dev’essere interpretato nel senso che esso osta ad un regime sanzionatorio che prevede l’imposizione di una sanzione di importo forfettario per tutte le infrazioni, qualunque sia la loro gravità, alle disposizioni relative all’utilizzo dei fogli di registrazione (11).

35.      Pertanto, emerge chiaramente dalla giurisprudenza che, ai sensi della direttiva 1999/62 o del regolamento n. 561/2006, le sanzioni inflitte per le violazioni di tali atti devono essere proporzionate. Tuttavia, tale requisito non è in alcun modo limitato a tali due atti di diritto derivato.

36.      In primo luogo, a livello più astratto, il principio di proporzionalità è un principio generale di diritto dell’Unione. Dev’essere rispettato da qualsiasi normativa nazionale che rientri nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione o che dia applicazione a tale diritto. Esso impone agli Stati membri di adottare misure adeguate al conseguimento degli obiettivi perseguiti e di non andare al di là di quanto è necessario per conseguirli (12).

37.      In secondo luogo, tale principio, ove applicato specificamente alle sanzioni, non è certamente limitato al settore del trasporto su strada. Esso trova applicazione trasversalmente in vari settori del diritto dell’Unione come, ad esempio, la materia doganale (13), il diritto della concorrenza (14), la tutela degli interessi finanziari dell’Unione (15), la libera circolazione dei lavoratori (16), o l’immigrazione irregolare (17).

38.      In terzo luogo, il principio di proporzionalità delle sanzioni è altresì garantito a livello costituzionale dall’articolo 49, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»). Tale disposizione esige che le pene inflitte non siano sproporzionate rispetto al reato. Ciò implica che l’insieme delle sanzioni penali inflitte deve corrispondere alla gravità del reato di cui trattasi (18).

39.      È vero che l’articolo 49, paragrafo 3, si riferisce ai reati. Pertanto, certamente in prima battuta, la sua forza argomentativa nel caso di una violazione amministrativa potrebbe essere messa in discussione. Tuttavia, conformemente alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU») (19), la Corte ha adottato una nozione di «reato» ampia e sostanziale (20). Ciò significa che, se i criteri definiti dalla Corte EDU e ripresi da questa Corte sono soddisfatti, un’infrazione formalmente amministrativa può anche essere classificata come penale e, quindi, essere soggetta all’articolo 49, paragrafo 3, della Carta. Senza voler comunque formulare giudizi anticipati su tale aspetto, osservo semplicemente che la distinzione tra ciò che è «penale» e ciò che è «amministrativo» è lungi dall’essere netta. Inoltre, di qualunque sia il suo valore in termini di classificazione, il presente riferimento rimane semplicemente a livello di principio.

40.      In quarto e ultimo luogo, il requisito di proporzionalità delle sanzioni è altresì presente nella giurisprudenza della Corte EDU. In particolare, l’articolo 1 del Primo Protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «CEDU») prevede che «[o]gni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni». Per stabilire se sussista una violazione di tale diritto, la Corte EDU valuta se sanzioni di natura pecuniaria, penali ma anche (o in particolare) amministrative, siano proporzionate, ossia se esse non comportino un onere eccessivo o la privazione di un bene per la persona alla quale viene inflitta la sanzione (21). Così facendo, la Corte EDU tiene conto delle particolari circostanze del caso di specie per stabilire se la sanzione sia proporzionata (22).

41.      Ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, laddove la Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti da detta convenzione. Pertanto, in definitiva, a prescindere dalla questione dell’applicabilità dell’articolo 49, paragrafo 3, della Carta, i requisiti stabiliti dalla Corte EDU precedentemente illustrati, relativi alla proporzionalità delle sanzioni, sono applicabili a una controversia come quella di cui al procedimento principale mediante il combinato disposto dell’articolo 17, paragrafo 1, dell’articolo 52, paragrafo 1, dell’articolo 51, paragrafo 1, e dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta.

42.      Deriva piuttosto chiaramente da quanto precede che la proporzionalità delle sanzioni implica due livelli: sotto un primo profilo, la sanzione inflitta deve essere proporzionata alla gravità dell’infrazione; sotto un secondo profilo, nel determinare tale sanzione, come l’importo di un’ammenda, occorre tener conto delle particolari circostanze del caso di specie.

43.      Intendo aggiungere due riserve conclusive. Sotto un primo profilo, il requisito di proporzionalità come precedentemente illustrato non può essere certamente inteso nel senso che esso esclude il regime sanzionatorio previsto dalla legge. Anzi, è una prerogativa propria del legislatore non solo stabilire ciò che è contrario alla legge, ma anche fissare, in via generale, la sanzione per una simile violazione. Sotto un secondo profilo, a mio avviso, l’obbligo di tener conto delle circostanze specifiche non dovrebbe essere portato sino al punto da escludere, di per sé, la possibilità di disporre di sanzioni di importo forfettario per un determinato tipo di violazione. Esistono determinati tipi di violazione per i quali siffatte sanzioni sono idonee e appropriate: esempi che vengono in mente sono lievi infrazioni al codice della strada o multe per divieto di sosta.

44.      Tuttavia, il criterio fondamentale per stabilire quale regime, entro i limiti delle due riserve, sia o non sia appropriato è, ancora una volta, la proporzionalità di un simile regime. Ciò non fa che dimostrare quanto l’analisi basata sulla proporzionalità sia profondamente integrata nella comune interpretazione della legge. Il ruolo del giudice non è più quello di una «macchina da sussunzione» (23) cui viene chiesto semplicemente di individuare la trasgressione pertinente alla quale deve seguire un’unica sanzione uniforme. Il ruolo del giudice potrebbe essere, in effetti, circoscritto in alcuni casi, ma a condizione che il regime sanzionatorio istituito per legge sia già di per sé proporzionato. In un certo senso, la proporzionalità legislativa (generale) e la proporzionalità giurisdizionale (individuale) sono vasi comunicanti. Maggiore è la prima, minore è probabilmente l’esigenza della seconda, e viceversa. In ogni caso, la regola generale per l’applicazione di un regime nel suo insieme è quella della proporzionalità diretta: maggiore è l’interferenza con i diritti individuali, ad esempio, più severe saranno le sanzioni, maggiore sarà l’esigenza di tener conto delle particolari circostanze del caso di specie e più ampio il potere di modificare la sanzione, se necessario.

B.      Il requisito di proporzionalità di cui all’articolo 9 bis della direttiva 1999/62: efficacia diretta o interpretazione conforme

45.      Le due questioni sollevate dal giudice del rinvio sono presentate come alternative: il requisito di proporzionalità di cui all’articolo 9 bis della direttiva 1999/62 ha efficacia diretta? Qualora non abbia efficacia diretta, il diritto nazionale può essere interpretato conformemente a tale requisito?

46.      Prima di esaminare tali questioni, occorre formulare innanzitutto due osservazioni.

47.      In primo luogo, come suggerito precedentemente, la presente causa segue la sentenza della Corte nella causa Euro‑Team (24) e, entro certi limiti, anche la sentenza nella causa Urbán (25). Approfondendo ulteriormente la questione, il giudice del rinvio chiede ora, in sostanza, quali siano esattamente i poteri o addirittura gli obblighi dei giudici nazionali e/o delle autorità amministrative nelle singole cause pendenti, sotto il profilo del diritto dell’Unione, durante la fase transitoria che intercorre tra la constatazione dell’incompatibilità e l’adozione di un nuovo quadro normativo da parte delle autorità competenti degli Stati membri (26). In un certo senso, la Corte è quindi chiamata a prendere posizione su due questioni correlate: in che modo il principio di proporzionalità delle sanzioni, di cui all’articolo 9 bis della direttiva 1999/62, si estende agli ordinamenti giuridici nazionali? Una volta che ciò sia appurato, la questione collegata è: chi dovrebbe applicare tale principio e secondo quali modalità?

48.      In secondo luogo, la presente domanda di pronuncia pregiudiziale è stata presentata solo alcuni mesi dopo la pronuncia della sentenza Euro‑Team (27). Tale decisione riguardava le stesse disposizioni della normativa ungherese applicabili anche nel procedimento principale della causa in esame. In tale contesto, formulando l’argomento come motivo di irricevibilità, il governo ungherese ha affermato che non spetta alla Corte interpretare il diritto nazionale conformemente alla direttiva.

49.      L’affermazione del governo ungherese è corretta. Indubbiamente, non spetta a questa Corte interpretare il diritto nazionale e stabilire se esso possa – o non possa – essere interpretato compatibilmente con il diritto dell’Unione. Tuttavia, questa Corte è legittimata a fornire indicazioni riguardo alle conseguenze derivanti dalla sentenza Euro‑Team, in particolare riguardo ai poteri e agli obblighi dei giudici nazionali e/o delle autorità amministrative nel garantire una tutela effettiva dei diritti sanciti dal diritto dell’Unione a livello nazionale.

50.      Nella sua ordinanza di rinvio, il giudice del rinvio spiega che esistono pareri divergenti a livello nazionale sulla questione se, oltre ad annullare la sanzione sproporzionata, sia anche possibile o addirittura necessario disporre lo svolgimento di nuove procedure dinanzi alle autorità amministrative. Pertanto, il giudice del rinvio cerca di accertare se, in mancanza d’interventi da parte del legislatore ungherese, l’interpretazione conforme del diritto nazionale o l’efficacia diretta consenta o addirittura imponga ai giudici nazionali e/o alle autorità amministrative di integrare la normativa ungherese prima dell’effettiva modifica di quest’ultima per soddisfare il requisito di proporzionalità di cui all’articolo 9 bis della direttiva 1999/62.

51.      Tali questioni, e la questione se il requisito di proporzionalità di cui all’articolo 9 bis della direttiva 1999/62 sia o meno direttamente efficace, costituiscono argomenti significativi di interpretazione del diritto dell’Unione. La preoccupazione circa l’efficacia del diritto dell’Unione durante il periodo transitorio che intercorre tra la constatazione dell’incompatibilità e l’adozione, da parte del legislatore, di nuove misure, è già stata trattata in passato dalla Corte (28). Pertanto, entro tali limiti, tali questioni dovrebbero essere esaminate dalla Corte.

1.      Interpretazione conforme o efficacia diretta

52.      Prima di esaminare se il requisito di proporzionalità contenuto nell’articolo 9 bis della direttiva 1999/62 abbia efficacia diretta o possa dare origine a un’interpretazione conforme, occorre formulare anzitutto un’osservazione generale circa l’efficacia diretta e l’interpretazione conforme. Entrambe le nozioni sono presentate nelle questioni sollevate dal giudice del rinvio come argomenti separati.

53.      Siffatta presentazione riflette, infatti, l’evoluzione, nella giurisprudenza, di entrambe le categorie come due distinti meccanismi. Tali nozioni sono soggette a condizioni diverse. Ciascuna di esse si estende agli ordinamenti giuridici nazionali in modo diverso, e ha conseguenze procedurali diverse, a seconda, in particolare, dei limiti e del tipo di rapporto giuridico in questione.

54.      Al contempo, tuttavia, ciò che viene richiesto in termini di risultati pratici nei singoli casi, nell’ambito di ciascuna di tali categorie, può non essere così diverso, in particolare in situazioni in cui uno Stato membro viene citato in giudizio da un singolo. La realtà sembra essere più simile a un continuum tra questi due rimedi: sarà spesso oggetto di discussione in quale fase termini la «semplice» interpretazione conforme e quando abbia inizio l’efficacia diretta. La linea di demarcazione tra l’efficacia diretta e l’interpretazione conforme è ancor più sfumata in casi riguardanti requisiti come la proporzionalità, che può essere individuata in una serie di atti giuridici di varia rilevanza giuridica a livello europeo nonché a livello nazionale.

55.      Tenendo a mente tale riserva, passerò anzitutto all’esame della questione dell’interpretazione conforme. È vero che il giudice del rinvio s’interroga in prima battuta circa l’efficacia diretta. Per quanto mi consta, la Corte non si è mai espressamente pronunciata riguardo ad un ordine o gerarchia tra l’efficacia diretta e l’interpretazione conforme (29). Tuttavia, nell’ambito di conclusioni riguardanti l’importanza del principio di proporzionalità (ma forse non solo quella), il medesimo principio potrebbe essere preso in considerazione anche per limitare il grado di interferenza con la scelta esplicita del legislatore nazionale a quanto è strettamente necessario. In altri termini, se l’interpretazione conforme è in effetti in grado, senza un’innaturale distorsione delle norme nazionali e in considerazione del tipo di rapporto in questione nel procedimento principale, di conseguire lo scopo o l’obiettivo richiesto dal diritto dell’Unione, forse dovrebbe allora essere preferita, in quanto può anche minimizzare l’impatto sull’integrità dell’ordinamento giuridico nazionale (30).

a)      Interpretazione conforme

56.      Per quanto riguarda la seconda questione sollevata dal giudice del rinvio, le dichiarazioni di tale giudice nell’ordinanza di rinvio unitamente alle osservazioni del governo ungherese e della Commissione seguono ampiamente la stessa direzione. In particolare, il giudice del rinvio sottolinea che l’interpretazione della legge non è priva di limitazioni e non può costituire un’attività legislativa mascherata, o un’assunzione di poteri del legislatore nazionale da parte dei giudici nazionali, che così eccederebbero la propria competenza.

57.      La posizione del giudice del rinvio è certamente corretta. Vi sono limiti a ciò che è possibile ottenere mediante l’interpretazione conforme, come viene chiaramente confermato dalla giurisprudenza (31). Da un lato, l’obbligo di interpretare il diritto nazionale in conformità al diritto dell’Unione è «inerente al sistema del Trattato, in quanto permette al giudice nazionale di assicurare, nel contesto delle sue competenze, la piena efficacia delle norme comunitarie» (32). Dall’altro lato, uno dei limiti dell’interpretazione conforme è che la stessa non può essere utilizzata per conseguire un risultato «contra legem» (33).

58.      Tale limite non è, tuttavia, così facile da valutare. È alquanto evidente che l’interpretazione conforme non può determinare situazioni in cui le norme nazionali possano essere completamente negate. La norma «essere A» non può divenire improvvisamente «essere non A» (34). Tuttavia, al di là di casi così ben delineati, ciò che è «intra», ciò che è «praeter», e ciò che è già «contra legem» dipende inevitabilmente da una valutazione interpretativa soggettiva, da parte del giudice, della questione se un particolare risultato sia conseguibile in base a una valutazione complessiva del diritto nazionale.

59.      Ciò è ancor più vero in quanto l’obbligo d’interpretazione conforme non è limitato all’atto legislativo specifico adottato per trasporre un obbligo di diritto dell’Unione. È altresì pacifico che l’interpretazione conforme comporta l’esame del diritto nazionale nel suo insieme (35), di qualsiasi norma del corpus legislativo nazionale che possa, in base a un’interpretazione adeguata e ammissibile del diritto nazionale, garantire la sua conformità interpretativa al diritto dell’Unione (36). Parlando in senso metaforico, l’interpretazione conforme non è limitata all’esame di un ramo o di un ramoscello specifico del diritto nazionale, che rechi casualmente lo stesso nome della misura di diritto dell’Unione da attuare, ma coinvolge l’intero albero del diritto nazionale, compresi il tronco e le radici del diritto costituzionale o del diritto amministrativo generale. Tuttavia, la questione se altrove, sull’albero legislativo nazionale, vi sia un elemento che getti una diversa luce interpretativa sullo specifico ramo denominato «proporzionalità delle sanzioni amministrative», costituisce, in effetti, un tema che spetta al giudice nazionale (o ai giudici nazionali) accertare.

60.      Nel caso di specie, viene suggerito che l’interpretazione conforme non è possibile. Se, infatti, il problema viene inquadrato nel senso che esso include un conflitto tra, da un lato, la normativa ungherese settoriale e specifica sulle infrazioni stradali che prevede tabelle e cifre o importi specifici, che non ammette la possibilità di una qualsivoglia attenuazione delle sanzioni, e, dall’altro, la mancanza di altre disposizioni di diritto ungherese di qualsiasi rango che richiedano la proporzionalità delle sanzioni, in tal caso, in effetti, si deve riconoscere che non è possibile interpretare ciò che è chiaramente un importo X nel senso che esso è un diverso importo Y. Tuttavia, ancora una volta, tali questioni sono rimesse all’accertamento del giudice nazionale, alla luce delle indicazioni generali fornite nei precedenti paragrafi.

b)      Efficacia diretta

61.      Se il giudice nazionale stabilisce che l’interpretazione conforme non costituisce un’opzione nel caso di specie, la questione principale diviene se l’articolo 9 bis della direttiva 1999/62, che contiene il requisito di proporzionalità delle sanzioni, sia direttamente efficace.

62.      Data la sua formulazione e la sua natura, tale questione è circoscritta al problema dell’efficacia diretta del requisito di proporzionalità delle sanzioni contenuto nell’articolo 9 bis della direttiva 1999/62. Ciò si traduce in un duplice limite: in primo luogo, anche se, come sottolineato nella precedente sezione, il principio di proporzionalità è applicato in vari settori del diritto dell’Unione, la valutazione da effettuare in relazione alla prima questione sollevata dal giudice del rinvio è strettamente riferita a un’unica specifica disposizione di una determinata direttiva. Ciò significa che siffatta potenziale pronuncia è limitata all’ambito di applicazione materiale della direttiva in questione. In secondo luogo, la stessa valutazione riguarda naturalmente il solo requisito di proporzionalità delle sanzioni contenuto in tale articolo, ma non gli altri potenziali requisiti contenuti nel medesimo.

1)      Condizioni

63.      L’efficacia diretta si riferisce alla capacità di una norma di diritto dell’Unione di essere azionabile in giudizio a livello nazionale. La questione se una disposizione abbia o meno efficacia diretta va esaminata tenendo conto della natura, dello spirito e della lettera della disposizione di cui trattasi (37). Una disposizione è direttamente efficace in tutti i casi in cui, dal punto di vista sostanziale, essa sia sufficientemente chiara, precisa e incondizionata per essere invocata, purché la disposizione definisca diritti che i singoli possono far valere nei confronti dello Stato (38).

64.      Sono necessarie quattro osservazioni generali basate sulla giurisprudenza prima di passare all’esame del caso di specie (39).

65.      In primo luogo, dalla giurisprudenza emerge manifestamente che «chiara e precisa» è un’espressione alquanto elastica. Una disposizione può essere «chiara e precisa» pur contenendo concetti indefiniti – o addirittura vaghi – o nozioni giuridiche indeterminate.

66.      In secondo luogo, la Corte sembra essere più propensa a concludere che una disposizione, nonostante l’uso di nozioni vaghe o indeterminate, è direttamente efficace quando la stessa contiene un divieto. Quando la disposizione viene invocata come fonte di un diritto autonomo, i cui contorni devono essere definiti, il ricorso a concetti vaghi è in genere più problematico. Tuttavia, in diversi casi un divieto può trasformarsi in un requisito positivo e viceversa.

67.      In terzo luogo, nel determinare se una disposizione sia direttamente efficace in un determinato caso, la Corte non tenta di stabilire che intere disposizioni sono direttamente efficaci e applicabili testualmente. Al contrario, essa procede per estrapolazione, ossia tenta di stabilire se una regola di condotta specifica e applicabile possa essere estrapolata dalla disposizione (forse più lunga e più complessa) di diritto dell’Unione.

68.      In quarto luogo, il criterio della disposizione «incondizionata» ai fini dell’efficacia diretta implica che le disposizioni dell’Unione non richiedono l’emanazione di un ulteriore provvedimento (o di ulteriori provvedimenti) da parte delle istituzioni dell’Unione o degli Stati membri. Agli Stati membri non dovrebbe essere lasciata alcuna discrezionalità (40) nell’attuazione di tali disposizioni né dovrebbe esser loro consentito di far valere il mancato esercizio di tale discrezionalità (41). Tuttavia, nonostante l’esistenza di una certa discrezionalità da parte degli Stati membri, le condizioni dell’efficacia diretta possono essere ancora soddisfatte. Ciò avviene in particolare quando la questione se le autorità nazionali abbiano ecceduto i limiti del loro potere discrezionale possa essere sottoposta a controllo giurisdizionale (42). Così è, in linea di principio, nel caso in cui sia possibile accertare una «garanzia minima», «diritti imprescindibili», o una «tutela minima» (43), e un controllo giurisdizionale possa stabilire se tale livello minimo sia stato rispettato dagli Stati membri (44).

69.      In sintesi, nel determinare se una disposizione che impone un divieto o un ordine abbia efficacia diretta, la questione fondamentale è se la norma in essa contenuta sia azionabile. A tal fine, i requisiti di «sufficiente chiarezza, precisione e incondizionalità» devono essere interpretati alla luce dell’effettiva capacità delle autorità nazionali di comprendere e di applicare esse stesse tale disposizione. Se tali autorità mantengono la discrezionalità o un margine di discrezionalità nell’applicarla, siffatta discrezionalità deve essere limitata dalla struttura della disposizione stessa.

2)      Applicazione al caso di specie

70.      Il giudice del rinvio ritiene che il requisito di proporzionalità di cui all’articolo 9 bis della direttiva 1999/62 non sia una disposizione direttamente applicabile. Non sarebbe infatti possibile desumere dalla direttiva a che cosa debba essere proporzionata la sanzione. Spetta al legislatore nazionale stabilire i criteri relativi alla proporzionalità in base alla definizione fornita dalla Corte.

71.      Secondo il governo ungherese, il contenuto dell’articolo 9 bis della direttiva 1999/62 non è sufficientemente preciso e specifico per essere applicato direttamente. Esso ritiene che tale disposizione non crei diritti a favore della ricorrente, ma piuttosto definisca i limiti che consentono, nell’applicazione delle sanzioni, di stabilire un equilibrio tra la tutela oggettiva della legge e i diritti individuali.

72.      La Commissione sostiene, dal canto suo, che l’articolo 9 bis della direttiva 1999/62 è chiaro, preciso e incondizionato in quanto le sanzioni adottate dagli Stati membri devono sempre rispettare il requisito di proporzionalità. Pertanto, i singoli possono far valere tale requisito, stabilito nella direttiva, nei confronti dello Stato dinanzi a un organo giurisdizionale.

73.      Condivido il parere della Commissione. Il requisito di proporzionalità delle sanzioni sancito all’articolo 9 bis della direttiva 1999/62 è sufficientemente chiaro, preciso e incondizionato da essere direttamente efficace.

74.      Tale requisito è chiaro e preciso. In primo luogo, il significato e le conseguenze esatte del requisito di proporzionalità nel contesto delle sanzioni sono di facile comprensione: le sanzioni inflitte non devono andare al di là di quanto è strettamente necessario per raggiungere l’obiettivo perseguito. L’effettiva formulazione dell’enunciazione estrapolata dall’articolo 9 bis della direttiva ha scarsa incidenza sulla questione se il requisito sia redatto nel senso di richiedere un’azione positiva («le sanzioni devono essere proporzionate») o come un divieto («le sanzioni non devono essere sproporzionate)».

75.      In secondo luogo, è inoltre abbastanza chiaro riguardo a che cosa le sanzioni debbano essere proporzionate: devono essere commisurate alla gravità dell’infrazione commessa, tenendo conto, se del caso, delle particolari circostanze di ciascuna ipotesi concreta. Tale valutazione complessiva deve aver luogo nello specifico contesto della direttiva 1999/62, che stabilisce le finalità e l’ambito di applicabilità del requisito di proporzionalità delle sanzioni.

76.      In terzo luogo, in termini di chiarezza e di precisione, la chiarezza di una norma non dev’essere confusa con la chiarezza del risultato dell’applicazione di tale norma in ogni singolo caso. Il criterio dell’efficacia diretta di una disposizione del diritto dell’Unione è chiaramente del primo tipo: la norma o il requisito generale o normativo presenta sufficiente chiarezza, precisione e incondizionalità da essere azionabile? In altri termini, l’organo giudicante, sia esso un giudice o un’autorità amministrativa, è in grado di utilizzare e di applicare direttamente la norma in una controversia dinanzi ad esso pendente, senza che tale norma necessiti di ulteriori chiarimenti? Ciò non significa (e per la natura stessa del diritto non può significare) necessariamente che la norma fornisca ex ante una chiara risposta a qualsiasi azione legale rientrante nel suo ambito di applicazione ratione materiae. In generale, a prescindere da quanti orientamenti, tabelle o sentenze possano essere resi per interpretare il significato di «sanzione proporzionata», la discrezionalità inerente all’applicazione di tale norma ai singoli casi non verrebbe mai eliminata.

77.      In quarto luogo, il requisito di proporzionalità pare essere chiaro e preciso anche se lo si consideri dal punto di vista delle autorità chiamate ad applicarlo regolarmente, se non quotidianamente – ossia i giudici nazionali e gli organi amministrativi. Tali autorità dovrebbero infatti avere familiarità ed essere ben equipaggiate per gestire il criterio di proporzionalità, in particolare nel contesto delle sanzioni (45).

78.      Quanto alla natura incondizionata del requisito di proporzionalità delle sanzioni, è altresì chiaro che l’applicabilità di tale principio non è soggetta ad alcuna condizione preliminare.

79.      In primo luogo, spetta indubbiamente in via principale al legislatore nazionale dare attuazione a tale disposizione attraverso mezzi più specifici e definire la proporzionalità in un determinato modo, fissando precisi parametri e cifre. Tuttavia, ciò non può essere portato sino al punto da suggerire che, per la stessa ragione, altri operatori, quali le autorità giudiziarie o amministrative, non possano mai considerare la proporzionalità, specialmente in casi in cui il legislatore nazionale rimanga inattivo o abbia dato attuazione alla norma in questione in modo errato.

80.      Ciò vale ancor più se, in secondo luogo, il caso di specie rientri chiaramente in ciò che potrebbe essere definito come «garanzia minima» o «tutela minima» del requisito di proporzionalità. In tal senso, un certo grado di condizionalità di una norma potrebbe essere forse invocato qualora l’applicazione di tale norma rimanesse entro l’ambito della discrezionalità che possa essere stata ragionevolmente considerata come riservata agli Stati membri. Tuttavia, istituendo un sistema sanzionatorio che, come ha dichiarato la Corte, impone sanzioni dell’ordine di multipli di cento della somma dovuta (46), rendendo impossibile tener conto delle particolari circostanze del caso di specie e attenuare la sanzione, lo Stato membro va chiaramente al di là di quanto potrebbe essere ragionevolmente percepito come rientrante nei limiti della sua discrezionalità e quindi coperto da qualsiasi condizionalità per la trasposizione. In altri termini, a parte ciò che potrebbe rientrare ragionevolmente nella discrezionalità degli Stati membri, non esiste alcuna condizionalità.

3)      Conclusione intermedia

81.      Da quanto precede deriva che l’articolo 9 bis della direttiva 1999/62, in quanto richiede che le sanzioni siano proporzionate, è direttamente efficace.

C.      Dimensione istituzionale

82.      Una volta accertato che il requisito di proporzionalità contenuto nell’articolo 9 bis della direttiva 1999/62 ha efficacia diretta (47), sorge la questione a ciò collegata: chi fa che cosa, sotto il profilo del diritto dell’Unione, in un contesto in cui sembrerebbe che i giudici e le autorità amministrative nazionali non possano, ai sensi del diritto nazionale, considerare le circostanze concrete e peculiari di ciascun caso di specie né, se del caso, ridurre l’importo di tale sanzione (48)?

83.      Queste due sotto-questioni, accennate dal giudice del rinvio nella seconda questione e ulteriormente elaborate nell’ordinanza di rinvio, saranno ora esaminate separatamente. Si suggerisce che un requisito di proporzionalità delle sanzioni direttamente efficace indica che è il diritto dell’Unione a conferire alle autorità nazionali il potere di attenuare, se necessario, nei singoli casi, il livello sproporzionato della sanzione previsto nella normativa (1). Inoltre, anche se spetta a ciascuno Stato membro decidere quali poteri siano esercitati da quali autorità nei singoli casi, spetta in definitiva ai giudici nazionali assicurarsi che il diritto dell’Unione sia rispettato (2).

1.      Che cosa: annullamento o attenuazione della sanzione?

84.      Secondo una giurisprudenza consolidata, una disposizione di diritto nazionale incompatibile con il diritto dell’Unione dev’essere disapplicata (49). Nel caso di specie, è evidente che l’incompatibilità tra la normativa ungherese e il requisito di proporzionalità di cui all’articolo 9 bis della direttiva 1999/62 si traduce conseguentemente nella disapplicazione di tale normativa.

85.      Meno chiaro è che cosa debba essere esattamente disapplicato. L’intero atto legislativo? O semplicemente la tabella contenuta nell’allegato che fissa gli importi delle sanzioni? O la singola decisione che si rifà al contenuto di detta tabella? O solo le disposizioni specifiche contenute nelle decisioni che fissano le sanzioni?

86.      Elemento ancor più importante, l’efficacia diretta del requisito di proporzionalità delle sanzioni contenuto nell’articolo 9 bis della direttiva 1999/62 indica che deve essere disapplicata qualsiasi sanzione? O la sua efficacia diretta potrebbe in concreto significare che i giudici e/o le autorità amministrative nazionali possono decidere essi stessi, in base al diritto dell’Unione, di ridurre l’importo e di infliggere una sanzione proporzionata in sostituzione della sanzione sproporzionata inizialmente imposta in base al diritto nazionale? In altri termini, il requisito di proporzionalità direttamente efficace, quale stabilito all’articolo 9 bis della direttiva 1999/62, può essere calato nel diritto nazionale per conferire agli organi nazionali il potere di infliggere sanzioni conformi a tale requisito?

87.      Tale questione sembra essere motivo di preoccupazione per il giudice del rinvio laddove quest’ultimo chiede, nella seconda questione, se i giudici e le autorità amministrative nazionali possano o addirittura debbano «integr[are] – in mancanza di intervento legislativo a livello nazionale – la normativa ungherese rilevante (…) con i criteri sostanziali del requisito di proporzionalità sanciti dalla [sentenza Euro‑Team]».

88.      Secondo il governo ungherese, né i giudici, né le autorità amministrative nazionali hanno la giurisdizione o la competenza a integrare la normativa nazionale, in quanto spetta solo al legislatore emanare o modificare le leggi.

89.      La Commissione è altresì del parere che soltanto al legislatore spetti adottare un regime sanzionatorio proporzionato. Il fatto che il requisito di proporzionalità contenuto nell’articolo 9 bis della direttiva 1999/62 sia direttamente efficace non significa che i singoli possano invocarlo e ottenere una nuova sanzione proporzionata da un giudice nazionale. Parrebbe che, secondo la Commissione, fino a quando il legislatore nazionale non abbia istituito un nuovo regime sanzionatorio pienamente conforme al requisito di proporzionalità di cui nell’articolo 9 bis della direttiva 1999/62, i giudici nazionali possano solo disapplicare la sanzione sproporzionata.

90.      Devo ammettere che la posizione sostenuta dalla Commissione mi sembra in certa misura eccessiva. Essa equivale, in sostanza, a suggerire che l’efficacia diretta (sulla quale la Commissione concorda) del requisito secondo il quale le sanzioni devono essere proporzionate significhi effettivamente che, fino a quando il legislatore non abbia adottato un nuovo regime sanzionatorio, nonpossano esservi affatto sanzioni.

91.      Il mio parere su tale questione potrebbe differire da quello della Commissione per due ragioni: queste sono basate sulla struttura delle disposizioni applicabili nella fattispecie e sulle conseguenze quando una disposizione di diritto dell’Unione ha efficacia diretta.

92.      In primo luogo, quando s’impongono sanzioni per violazioni come quelle di cui al presente procedimento, la struttura giuridica delle norme da applicare tende ad essere la seguente: sotto un primo profilo, esiste una norma che stabilisce che il pedaggio deve essere pagato e quanto costa (l’obbligo). Sotto un secondo profilo, vi è una disposizione che stabilisce che il mancato pagamento del pedaggio è sanzionato (la base giuridica della sanzione). Sotto un terzo profilo, vi è la previsione - talvolta combinata con la disposizione da ultimo menzionata, e talvolta separata - del livello delle sanzioni, con la quale si stabilisce solitamente che per questo o quel tipo di condotta potrebbe essere inflitta questa o quella serie di sanzioni. Sotto un quarto profilo, sotto lo stesso titolo vi è in genere - espressamente stabilito nella stessa disposizione di cui trattasi, ma in altri casi stabilito in più disposizioni generali di una legge o anche di un codice di procedura amministrativa - un elenco (di solito soltanto esemplificativo) di elementi di cui l’organo giudicante dovrebbe tener conto nel fissare il livello delle sanzioni, e quindi nell’esercizio della sua discrezionalità entro i limiti stabiliti dalla legge e/o dalla giurisprudenza degli organi giurisdizionali.

93.      In secondo luogo, l’efficacia diretta non riguarda, o certamente non riguarda soltanto, l’esclusione di una disposizione incompatibile di diritto nazionale. Se la constatazione dell’efficacia diretta della disposizione di una direttiva dovesse sempre comportare semplicemente la disapplicazione della normativa nazionale incompatibile, sono costretto a riconoscere che l’efficacia diretta non porterebbe alcun valore aggiunto al primato del diritto dell’Unione (50). La disapplicazione, che comporta l’annullamento della sanzione, è la necessaria conseguenza del primato del diritto dell’Unione. L’efficacia diretta non è necessaria a tal fine.

94.      A mio avviso, efficacia diretta significa anche, in casi come quello in esame, sostituzione. Una norma di diritto dell’Unione direttamente efficace diviene indipendentemente azionabile e applicabile dinanzi agli organi nazionali, a prescindere dalla normativa nazionale adottata per darvi effetto. Siffatta norma direttamente efficace non deve escludere alcunché a livello nazionale: essa può semplicemente aggiungere qualcos’altro, non disponibile in precedenza nella struttura del diritto nazionale.

95.      Applicando tale logica al caso di specie, un requisito di proporzionalità delle sanzioni direttamente efficace contenuto nell’articolo 9 bis della direttiva 1999/62, inserito nell’ordinamento giuridico nazionale, significa quindi che agli organi nazionali è conferito il potere di cui sembravano sprovvisti nel quarto livello precedentemente indicato. Ciò non significa necessariamente che qualsiasi livello precedente debba essere disapplicato: il fatto che il pedaggio sia dovuto rimane valido, altrettanto il fatto che se non viene pagato il pedaggio ne deriva una sanzione, ed anche la sanzione iniziale, imposta prima che possa aver luogo qualsiasi riduzione della stessa, come stabilita nell’allegato.

96.      Tuttavia, a cambiare è il fatto che, dato il requisito direttamente efficace della proporzionalità delle sanzioni, agli organi nazionali è conferito il potere, in casi che si verificano nel periodo transitorio, ossia, salvo che e fintanto che il legislatore non abbia adottato un nuovo regime sanzionatorio compatibile con il diritto dell’Unione, di ridurre le sanzioni inflitte alla luce della gravità della trasgressione in questione e alla luce delle particolari circostanze di ciascun caso concreto. Nell’esercizio di siffatto potere di modifica, si può ritenere che gli importi fissati nell’allegato 9 del decreto governativo n. 410/2007 fissino la soglia massima, che la sanzione inflitta non può naturalmente superare, ma al di sotto della quale tali importi possono essere ridotti in singoli casi, tenendo conto sia della gravità dell’infrazione che delle particolari circostanze del caso di specie.

97.      Per queste ragioni, suggerirei che l’efficacia diretta del requisito di proporzionalità delle sanzioni debba, in effetti, significare «sanzioni proporzionate» e non già «nessuna sanzione». Analogamente a quanto già suggerito (51), l’efficacia diretta può anche essere applicata proporzionalmente, pertanto fino a un livello massimo, tutelando l’integrità di entrambi i sistemi. Ricorrere a una precisione chirurgica mirata per inserire nell’ordinamento giuridico nazionale una norma necessaria per assicurare l’immediata conformità di tale ordinamento al diritto dell’Unione, lasciando naturalmente al legislatore nazionale la facoltà di disporre diversamente per i casi futuri, è forse preferibile alla soluzione di rendere impossibile, in concreto, la successiva applicazione dell’intero sistema sanzionatorio nazionale.

98.      Occorre esaminare un ultimo punto a conclusione della presente sezione. Secondo una giurisprudenza costante, una direttiva non può, di per sé e indipendentemente da una legge adottata per la sua attuazione, avere l’effetto di determinare o aggravare la responsabilità penale di coloro che agiscono in violazione delle sue disposizioni (52). Inoltre, una disposizione direttamente efficace di una direttiva non può creare, di per sé, un obbligo in capo a un singolo (53). Essa non può essere quindi invocata da un altro soggetto, pubblico o privato, a danno di tale singolo. È questa una delle ragioni per cui la Corte ha escluso la possibilità per il singolo di far valere una disposizione direttamente efficace di una direttiva contro un altro singolo («efficacia diretta orizzontale») o per una pubblica autorità di invocare tale disposizione contro un soggetto privato («efficacia diretta verticale discendente»).

99.      Si potrebbe forse sostenere, in base a tale orientamento giurisprudenziale, che l’efficacia diretta mediante sostituzione, come illustrata, equivarrebbe ad applicare una disposizione di una direttiva (articolo 9 bis della direttiva 1999/62), trasposta in modo errato, a danno del singolo. Tale disposizione della direttiva sarebbe quindi effettivamente utilizzata per aggravare la situazione del singolo e, in un certo senso, per «salvare» lo Stato membro inadempiente.

100. A mio avviso, la presente fattispecie è di diversa natura. In primo luogo, siffatto argomento si spinge troppo lontano. Esso già presume che, in forza del primato del diritto dell’Unione, l’applicabilità delle sanzioni debba essere categoricamente esclusa, e secondo lo stesso argomento l’efficacia diretta del requisito di proporzionalità delle sanzioni significa che queste sono in realtà «reintrodotte» nel sistema. Tuttavia, come già illustrato al precedente paragrafo 92, la situazione generale, in base alla quale deve essere valutato qualsiasi «peggioramento» o «miglioramento» della situazione giuridica del singolo, è in realtà diversa: si tratta dell’obbligo imposto a livello nazionale di pagare il pedaggio e, in caso di mancato pagamento, di essere sanzionati per l’intero importo della sanzione prevista dalla normativa nazionale.

101. In secondo luogo, il risultato definitivo, valutato in base a tale parametro, sarà sempre favorevole al singolo. Quest’ultimo si troverà effettivamente in una posizione migliore in base alla direttiva in quanto, nei casi più gravi di violazione intenzionale, incorrerà nella stessa sanzione, ma nella maggior parte dei casi incorrerà in una sanzione più lieve di quella prevista dal diritto nazionale incompatibile.

102. In terzo luogo, sarà sempre un singolo, come la ricorrente, a far valere la direttiva 1999/62 per beneficiare dei diritti che quest’ultima prevede nei confronti dello Stato membro. Ma ancora una volta, è utile ricordare l’esatta natura di tale diritto garantito ai sensi della direttiva: si tratta dell’istituzione di sanzioni proporzionate. La direttiva non stabilisce che non esistono sanzioni. Pertanto, il diritto derivante dall’articolo 9 bis della direttiva 1999/62 che può essere invocato dalla ricorrente non è un diritto alla mancanza di sanzioni, ma il diritto a non incorrere in una sanzione sproporzionata.

103. Sarebbe piuttosto strano che il singolo che fa valere una disposizione direttamente efficace di una direttiva possa ottenere una maggiore tutela di quella a cui avrebbe mai potuto accedere in base alla direttiva.

2.      Chi: giudici e/o autorità amministrative nazionali?

104. L’ultimo elemento si riferisce a un problema sollevato dal giudice del rinvio nella sua ordinanza e che risulta dalla seconda questione. Ritengo che la natura del problema sia la seguente: la legge nazionale non consente alle autorità amministrative di modificare le sanzioni e di considerare le circostanze del singolo caso in sede di decisione della sanzione. I poteri conferiti al giudice amministrativo ai sensi del diritto nazionale sono soltanto quelli di annullamento della decisione dell’autorità amministrativa e di rinvio della causa ai fini di un nuovo procedimento dinanzi all’autorità amministrativa: apparentemente egli non può modificare la sanzione inflitta. Ritengo che la questione del giudice nazionale si inserisca in tale contesto: chi garantisce l’osservanza del diritto dell’Unione – l’autorità amministrativa nazionale e/o il giudice nazionale?

105. Secondo una giurisprudenza costante, «è incompatibile con le esigenze inerenti alla natura stessa del diritto dell’Unione qualsiasi disposizione facente parte dell’ordinamento giuridico di uno Stato membro o qualsiasi prassi, legislativa, amministrativa o giudiziaria, la quale porti ad una riduzione della concreta efficacia del diritto dell’Unione per il fatto che sia negato al giudice, competente ad applicare questo diritto, il potere di fare, all’atto stesso di tale applicazione, tutto quanto è necessario per disapplicare le disposizioni legislative nazionali che eventualmente ostino alla piena efficacia delle norme direttamente applicabili del diritto dell’Unione. (…) [C]iò si verificherebbe in particolare qualora (…) l’ostacolo in tal modo frapposto alla piena efficacia di tale diritto fosse soltanto temporaneo» (54).

106. È altresì appurato che l’obbligo di applicazione immediata del diritto dell’Unione si applica parimenti ai giudici (55) e alle autorità amministrative nazionali (56). Entrambi, nell’esercizio della rispettiva giurisdizione o competenza, hanno l’obbligo di garantire la piena efficacia delle norme del diritto dell’Unione, senza dover chiedere né attendere la previa soppressione di qualsiasi disposizione contraria del diritto nazionale in via legislativa o mediante qualsivoglia altro mezzo costituzionale. (57) Infine, garantire piena efficacia a disposizioni di diritto dell’Unione comporta l’applicazione di tutti i principi di applicazione nazionale del diritto dell’Unione, come il primato, l’efficacia diretta, o l’interpretazione conforme.

107. Pertanto, in concreto, è alquanto evidente che tanto i giudici quanto le autorità amministrative nazionali sono tenuti ad applicare il diritto dell’Unione a livello nazionale. Vi sono certamente alcuni limiti. Persino una disposizione direttamente efficace di diritto dell’Unione non dovrebbe incidere sulla natura e sul tipo di competenze generalmente conferite ai giudici e agli organi amministrativi secondo l’ordinamento giuridico nazionale (58). Tuttavia, siffatta disposizione ha un impatto sui poteri specifici attribuiti da tale ordinamento ai suoi organi nazionali per lo svolgimento di determinati compiti. In particolare, gli Stati membri sono tenuti a prevedere determinati mezzi di ricorso dinanzi ai loro giudici e alle loro autorità amministrative al fine di garantire l’immediata e uniforme applicazione del diritto dell’Unione (59).

108. Pertanto, se applicato ai fatti del caso di specie, dalla circostanza che il requisito di proporzionalità delle sanzioni, sancito dall’articolo 9 bis della direttiva 1999/62, è direttamente efficace, deriva che, entro l’ambito di applicazione di tale direttiva, alle autorità nazionali è conferito il potere di attenuare le sanzioni nei singoli casi in modo tale da renderle proporzionate alla gravità della violazione commessa, senza dover attendere che il legislatore nazionale modifichi la legislazione pertinente. A tali autorità è conferito un mandato diretto, ai sensi del diritto dell’Unione, per tutelare immediatamente il diritto della ricorrente a sanzioni proporzionate (o di non incorrere in sanzioni sproporzionate) derivante dall’articolo 9 bis della direttiva 1999/62.

109. Entro tali limiti, spetta infatti a ciascuno Stato membro, e mediante le strutture del proprio ordinamento interno, decidere, conformemente al principio dell’autonomia istituzionale e procedurale, a quale organo nazionale è affidata l’applicazione del requisito di proporzionalità. Ritengo che non sarebbe consigliabile né opportuno per questa Corte andare al di là di tale orientamento generale e decidere in concreto su come dovrebbero essere assegnati i poteri a livello nazionale.

110. Vorrei aggiungere, tuttavia, due osservazioni conclusive.

111. In primo luogo, il primato del diritto dell’Unione, l’efficacia diretta e l’obbligo di interpretazione conforme vincolano tutte le autorità degli Stati membri, sia giudiziarie che amministrative. In tale contesto, è realmente una questione di diritto nazionale stabilire a quale ente specifico sia in definitiva affidato il compito di assicurare che tali obblighi siano rispettati, purché qualcuno vi provveda. In concreto, se uno Stato membro intende mantenere la norma secondo la quale i giudici amministrativi esercitano un controllo limitato, deve conferire alle autorità amministrative il potere di attenuare le sanzioni. Se uno Stato membro preferisce circoscrivere la discrezionalità delle autorità amministrative, deve consentire ai giudici di decidere in ordine a sanzioni proporzionate. Tuttavia, un «confitto di competenza negativo» in cui entrambe le categorie di organi declinano siffatto potere, sarebbe incompatibile con l’applicazione effettiva del diritto dell’Unione.

112. In secondo luogo, in un certo senso, il diritto dell’Unione già previene siffatto problema affermando che, in un’Unione basata sullo stato di diritto, la legittimazione generale ad assicurare ai singoli la tutela giurisdizionale derivante dalle norme del diritto dell’Unione e a garantirne la piena efficacia spetta in particolare ai giudici nazionali (60). Dopo tutto, l’elemento determinante del sistema di tutela previsto dal diritto dell’Unione, ai sensi dell’articolo 19, paragrafo 1 secondo comma, TUE, o ai sensi dell’articolo 47, paragrafo 1, della Carta, è dato dal fatto che si tratta di un sistema di tutela giurisdizionale effettiva (61). Pertanto, il diritto dell’Unione non solo conferisce poteri ai giudici nazionali, ma impone anche loro l’obbligo, in definitiva, di assicurare che, a livello nazionale, il diritto (dell’Unione) sia rispettato. È questa infatti la piena portata del mandato di un giudice di diritto dell’Unione.

V.      Conclusione

113. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Szombathelyi Közigazgatási és Munkaügyi Bíróság (Tribunale amministrativo e del lavoro di Szombathely, Ungheria) come segue:

–        L’articolo 9 bis della direttiva 1999/62/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 1999, relativa alla tassazione a carico di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l’uso di alcune infrastrutture, in quanto richiede che le sanzioni debbano essere proporzionate, è direttamente efficace.

–        Spetta a ciascuno Stato membro decidere, conformemente al principio dell’autonomia istituzionale e procedurale, a quale organo nazionale sia affidata l’applicazione di tale requisito di proporzionalità. Tuttavia, in mancanza di siffatta decisione, i giudici nazionali sono tenuti ad assicurare ai singoli la tutela giurisdizionale derivante dalle norme del diritto dell’Unione e a garantirne la piena efficacia, anche garantendo che le sanzioni inflitte in singoli casi non violino il requisito di proporzionalità ai sensi dell’articolo 9 bis della direttiva 1999/62.


1      Lingua originale: l’inglese.


2      Sentenza del 22 marzo 2017, (C‑497/15 e C‑498/15, EU:C:2017:229).


3      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 giugno 1999 (GU 1999, L 187, pag. 42).


4      V. sentenze del 9 febbraio 2012, Urbán (C‑210/10, EU:C:2012:64), del 9 giugno 2016, Eurospeed (C‑287/14, EU:C:2016:420), del 19 ottobre 2016, EL‑EM‑2001 (C‑501/14, EU:C:2016:777), e del 22 marzo 2017, Euro‑Team e Spirál‑Gép (C‑497/15 e C‑498/15, EU:C:2017:229).


5      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada e che modifica i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 3821/85 e (CE) n. 2135/98 e abroga il regolamento (CEE) n. 3820/85 del Consiglio (GU 2006, L 102, pag. 1).


6      Sentenza del 22 marzo 2017, Euro‑Team e Spirál‑Gép (C‑497/15 e C‑498/15, EU:C:2017:229).


7      Sentenza del 22 marzo 2017, Euro‑Team e Spirál‑Gép (C‑497/15 e C‑498/15, EU:C:2017:229, punti da 29 a 30).


8      Sentenza del 22 marzo 2017, Euro‑Team e Spirá‑Gép (C‑497/15 e C‑498/15, EU:C:2017:229, punti da 39 a 43). V. anche, sempre nel contesto del regime sanzionatorio ungherese per le infrazioni stradali, sentenze del 9 febbraio 2012, Urbán (C‑210/10, EU:C:2012:64, punti da 53 a 54), e del 19 ottobre 2016, EL‑EM‑2001 (C‑501/14, EU:C:2016:777, punti da 40 a 41).


9      Sentenza del 22 marzo 2017, Euro‑Team e Spirá‑Gép (C‑497/15 e C‑498/15, EU:C:2017:229, punti 50 e 60).


10      L’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 561/2006, prevede che: «Gli Stati membri stabiliscono le sanzioni applicabili in caso di infrazione delle disposizioni del presente regolamento e del regolamento (CEE) n. 3821/85 e adottano i provvedimenti necessari a garantirne l’applicazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate, dissuasive e non discriminatorie». L’articolo 19, paragrafo 4, stabilisce inoltre che: «Gli Stati membri provvedono affinché un sistema di sanzioni proporzionate, che possono includere sanzioni pecuniarie, si applichi nei casi di inosservanza del presente regolamento (…)».


11      Sentenza del 9 febbraio 2012, Urbán (C‑210/10, EU:C:2012:64, punto 44). V. anche sentenze del 9 giugno 2016, Eurospeed (C‑287/14, EU:C:2016:420), e del 19 ottobre 2016, EL‑EM‑2001 (C‑501/14, EU:C:2016:777). V. anche, con riferimento agli atti precedenti a regolamento n. 561/2006, sentenza del 10 luglio 1990, Hansen (C‑326/88, EU:C:1990:291).


12      V. ad esempio, più di recente, sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger (C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 68). Oppure v. sentenza del 6 marzo 2014, Siragusa(C‑206/13, EU:C:2014:126, punto 34 e giurisprudenza ivi citata).


13      V. sentenze del 16 dicembre 1992, Commissione/Grecia (C‑210/91, EU:C:1992:525, punto 20), e del 12 luglio 2001, Louloudakis (C‑262/99, EU:C:2001:407, punto 67).


14      V.articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU 2003, L 1, pag. 1), per quanto riguarda le ammende inflitte dalla Commissione. V. in generale, ad esempio, sentenza del 28 giugno 2005, Dansk Rørindustri e a./Commissione (C‑189/02 P, C‑202/02 P, da C‑205/02 P a C‑208/02 P e C‑213/02 P, EU:C:2005:408, punti da 279 a 281) (che tiene conto, nel determinare l’importo dell’ammenda, delle dimensioni dell’impresa attraverso il suo fatturato complessivo).


15      V. articolo 7, paragrafo 1, e articolo 9 della direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2017, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale (GU 2017, L 198, pag. 29).


16      Sentenza del 14 luglio 1977, Sagulo e a. (8/77, EU:C:1977:131, punto 13), in cui la Corte ha dichiarato che le sanzioni penali inflitte a una persona sprovvista di un documento d’identità ai sensi della direttiva 68/360/CEE del Consiglio, del 15 ottobre 1968, relativa alla soppressione delle restrizioni al trasferimento e al soggiorno dei lavoratori degli Stati membri e delle loro famiglie all’interno della Comunità (GU 1968, L 257, pag. 13) non devono risultare sproporzionate rispetto alla natura dell’infrazione commessa.


17      Articolo 5, paragrafo 1, e articoli 10 e 12 della direttiva 2009/52/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2009, L 168, pag. 24) impongono agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché i datori di lavoro che violano talune disposizioni di tale direttiva siano passibili di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.


18      V., ad esempio, sentenza del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a. (C‑537/16, EU:C:2018:193, punto 56), in cui la Corte ha osservato che tale requisito derivava sia dall’articolo 49, paragrafo 3, sia dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta (requisito della proporzionalità dei limiti all’esercizio dei diritti e delle libertà riconosciuti dalla Carta). V. anche sentenza del 28 luglio 2016, JZ (C‑294/16 PPU, EU:C:2016:610, punti da 42 a 45).


19      V., in particolare, sentenze della Corte EDU, 8 giugno 1976, Engel e a. c. Paesi Bassi (CE:ECHR:1976:0608JUD000510071, §§ da 80 a 82), e 10 febbraio 2009, Sergey Zolotukhin c. Russia (CE:ECHR:2009:0210JUD001493903, §§ da 52 a 53).


20      V., ad esempio, sentenze del 5 giugno 2012, Bonda (C‑489/10, EU:C:2012:319, punto 37), del 26 febbraio 2013, Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 35), e del 20 marzo 2018, Garlsson Real Estate e a.(C‑537/16, EU:C:2018:193, punto 28).


21      Riguardo alla constatazione di violazioni dell’articolo 1 del Protocollo n. 1 per mancanza di proporzionalità delle sanzioni, v., ad esempio, sentenze della Corte EDU, 11 gennaio 2007, Mamidakis c. Grecia (CE:ECHR:2007:0111JUD003553304, §§ da 47 a 48), 6 novembre 2008, Ismayilov c. Russia(CE: ECHR:2008:1106JUD003035203, § 38), e 26 febbraio 2009, Grifhorst c. Francia (CE:ECHR:2009:0226JUD002833602, §§ da 94 a 106). Quanto ad esempi di constatazione di mancata violazione dell’articolo 1 del Protocollo n. 1, dopo aver valutato la proporzionalità delle sanzioni inflitte, v., ad esempio, sentenze della Corte EDU, 7 luglio 1989, Tre Traktörer Aktiebolag c. Svezia (CE:ECHR:1989:0707JUD001087384, § 62), 18 giugno 2013, S.C. Complex Herta Import Export S.R.L. Lipova c. Romania (CE:ECHR:2013:0618JUD001711804, § 38), e 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia (CE:ECHR:2014:0304JUD001864010, § 199).


22      Si può aggiungere che la gravità della sanzione, ad esempio una grossa somma di denaro, può altresì suggerire la natura penale della sanzione ai fini dell’articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione [v., ad esempio, sentenza della Corte EDU, 11 gennaio 2007, Mamidakis c. Grecia (CE:ECHR:2007:0111JUD003553304, §§ da 20 a 21)].


23      Ogorek, R., Richterkönig oder Subsumtionsautomat? Zur Justiztheorie im 19. Jahrhundert, Francoforte sul Meno, V. Klostermann, 1986. Altra questione è se anche nel 19° secolo tale immagine fosse, in realtà, corretta. V., ad esempio, Gläser, M., Lehre und Rechtsprechung im französischen Zivilrecht des 19. Jahrhunderts, Francoforte sul Meno, V. Klostermann 1996.


24      Sentenza del 22 marzo 2017 (C‑497/15 e C‑498/15, EU:C:2017:229).


25      Sentenza del 9 febbraio 2012, Urbán (C‑210/10, EU:C:2012:64).


26      È stato infatti dichiarato dal governo ungherese che il regime sanzionatorio nazionale è stato riformato dopo la pronuncia della sentenza Euro‑Team. Le nuove disposizioni definiscono la scala di sanzioni in base all’intervallo di tempo intercorso tra il primo e l’ultimo rilevamento della circolazione irregolare sulla strada soggetta a pedaggio. Sembrerebbe che, in una situazione come quella di cui trattasi nel procedimento principale, l’importo dell’ammenda sia ora di HUF 40 000 (circa EUR 127). Nelle sue osservazioni scritte, il governo ungherese ha precisato che queste nuove disposizioni sono entrate in vigore il 12 novembre 2017. Esse non sono quindi applicabili al caso di specie.


27      Sentenza del 22 marzo 2017 (C‑497/15 e C‑498/15, EU:C:2017:229).


28      V., in tal senso, sentenze del 19 novembre 2009, Filipiak (C‑314/08, EU:C:2009:719, punti da 44 a 45), e dell’8 settemebre 2010, Winner Wetten (C‑409/06, EU:C:2010:503, punti da 40 a 41).


29      Per un esempio di variazioni nell’ordine di valutazione, cfr. sentenze del 27 febbraio 2014, OSA (C‑351/12, EU:C:2014:110, punti da 43 a 44), e del 25 giugno 2015, Indėlių ir investicijų draudimas e Nemaniūnas (C‑671/13, EU:C:2015:418, punti da 56 a 57).


30      V. le mie conclusioni presentate nella causa Pöpperl (C‑187/15, EU:C:2016:194, paragrafo 62) o le conclusioni dell’avvocato generale Sharpston presentate nella causa OSA (C‑351/12, EU:C:2013:749, paragrafo 45); v. anche, in generale, Prechal, S., Directives in EC Law, 2nd ed., Oxford University Press, Oxford, 2005, pagg. 314 e 315.


31      Sentenze del 10 aprile 1984, von Colson e Kamann (14/83, EU:C:1984:153, punto 26), e del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a. (da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punti da 111 a 119). V. anche sentenze del 4 luglio 2006, Adeneler e a. (C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 109), e del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 25).


32      Sentenza del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a. (da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punto 114).


33      V., ad esempio, sentenza del 4 luglio 2006, Adeneler e a. (C‑212/04, EU:C:2006:443, punto 110), del 15 aprile 2008, Impact (C‑268/06, EU:C:2008:223, punto 100), e dell’11 novembre 2015, Klausner Holz Niedersachsen (C‑505/14, EU:C:2015:742, punto 32).


34      Per una discussione su un esempio specifico, v., ad esempio, conclusioni dell’avvocato generale Sharpston presentate nella causa Unibet (C‑432/05, EU:C:2006:755, paragrafo 55).


35      «[I]l principio d’interpretazione conforme esige che i giudici nazionali si adoperino al meglio, nei limiti delle loro competenze, prendendo in considerazione il diritto interno nel suo insieme e applicando i metodi d’interpretazione riconosciuti da quest’ultimo, al fine di garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione e di pervenire ad una soluzione conforme allo scopo perseguito da quest’ultimo» [v., per una più recente riformulazione, ad esempio, sentenza del 13 luglio 2016, Pöpperl (C‑187/15, EU:C:2016:550, punto 43 e giurisprudenza ivi citata)].


36      Per una dimostrazione di un approccio ampio all’obbligo di interpretazione conforme mediante l’inclusione del diritto nazionale successivo nell’ambito di tale obbligo, v., ad esempio, sentenze del 16 dicembre 1993, Wagner Miret (C‑334/92, EU:C:1993:945, punto 20), e del 27 giugno 2000, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 32).


37      V., ad esempio, sentenza del 4 dicembre 1974, Van Duyn (41/74, EU:C:1974:133, punto 12).


38      Sentenza del 19 gennaio 1982, Becker (8/81, EU:C:1982:7, punto 25), e del 15 aprile 2008, Impact (C‑268/06, EU:C:2008:223, punti 56 e 57).


39      Per un’argomentazione più dettagliata unitamente a ulteriori esempi e riferimenti per ciascuna affermazione generale, v. le mie recenti conclusioni presentate nella causa Klohn (C‑167/17, EU:C:2018:387, paragrafi da 38 a 46).


40      Sentenza del 4 dicembre 1974, Van Duyn (41/74, EU:C:1974:133, punto 6).


41      Sentenza del 19 gennaio 1982, Becker (8/81, EU:C:1982:7, punti da 28 a 30).


42      Sentenza del 4 dicembre 1974, Van Duyn (41/74, EU:C:1974:133, punti 7 e 13). V. anche sentenze del 24 ottobre 1996, Kraaijeveld e a. (C‑72/95, EU:C:1996:404, punto 59), del 15 aprile 2008, Impact (C‑268/06, EU:C:2008:223, punto 64), e del 21 marzo 2013, Salzburger Flughafen (C‑244/12, EU:C:2013:203, punti 29 e 31).


43      V., rispettivamente, sentenze del 19 novembre 1991, Francovich e a. (C‑6/90, EU:C:1991:428, punto 19), del 14 luglio 1994, Faccini Dori (C‑91/92, EU:C:1994:292, punto 17) e del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 35).


44      V. in tal senso, ad esempio, sentenza del 19 settembre 2000, Linster (C‑287/98, EU:C:2000:468, punto 37).


45      Ancora una volta, per un’esposizione di alcuni degli altri settori in cui si applica il requisito di proporzionalità delle sanzioni, v. supra, paragrafi da 29 a 42.


46      V. supra, paragrafo 31 delle presenti conclusioni.


47      Si potrebbe aggiungere che anche gli argomenti formulati nella presente sezione sarebbero ampiamente applicabili se il giudice del rinvio dovesse alla fine constatare che il diritto nazionale può essere interpretato conformemente all’articolo 9 bis della direttiva 1999/62.


48      V. anche sentenza del 22 marzo 2017, Euro‑Team and Spirál‑Gép (C‑497/15 e C‑498/15, EU:C:2017:229, punto 60).


49      V., ad esempio, sentenze del 9 marzo 1978, Simmenthal(106/77, EU:C:1978:49, punto 21), del 18 luglio 2007, Lucchini (C‑119/05, EU:C:2007:434, punto 61), e del 3 ottobre 2013, Confédération paysanne (C‑298/12, EU:C:2013:630, punto 37).


50      V. su questa discussione, ad esempio, Lenaerts, K., Corthaut, T., «Of Birds and Hedges: The Role of Primacy in Invoking Norms of EU Law», European Law Review, Vol. 31, 2006, pagg. da 287 a 315; Prechal, S., «Direct Effect, Indirect Effect, Supremacy and the Evolving Constitution of the European Union», in Barnard. C., (a cura di), The Fundamentals of EU Law Revisited: Assessing the Impact of the Constitutional Debate, Oxford University Press, 2007, pagg. da 35 a 69; Gallo, D., L’efficacia diretta del diritto dell’Unione europea negli ordinamenti nazionali, Evoluzione di una dottrina ancora controversa, Giuffrè, 2018, pagg. da 351 a 418.


51      Per quanto riguarda il rapporto tra efficacia diretta e interpretazione conforme (v. supra, paragrafo 55).


52      V., ad esempio, sentenze dell’8 ottobre 1987, Kolpinghuis Nijmegen (80/86, EU:C:1987:431, punto 13), e del 22 novembre 2005, Grøngaard e Bang (C‑384/02, EU:C:2005:708, punto 30).


53      V., ad esempio, sentenze del 26 febbraio 1986, Marshall (152/84, EU:C:1986:84, punto 48), del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a. (da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punto 108), e del 10 ottobre 2017, Farrell (C‑413/15, EU:C:2017:745, punto 31).


54      V., ad esempio, sentenze del 9 marzo 1978, Simmenthal (106/77, EU:C:1978:49, punti da 22 a 23), e dell’8 settembre 2010, Winner Wetten (C‑409/06, EU:C:2010:503, punti da 56 a 57). Il corsivo è mio.


55      V., ad esempio, sentenze del 9 marzo 1978, Simmenthal(106/77, EU:C:1978:49, punto 24), del 19 gennaio 2010, Kücükdeveci (C‑555/07, EU:C:2010:21, punto 55), e del 5 luglio 2016, Ognyanov(C‑614/14, EU:C:2016:514, punto 34).


56      V., ad esempio, sentenze del 22 giugno 1989, Costanzo(103/88, EU:C:1989:256, punto 31), del 12 gennaio 2010, Petersen (C‑341/08, EU:C:2010:4, punto 80), e del 10 ottobre 2017, Farrell (C‑413/15, EU:C:2017:745, punto 34).


57      Recentemente, ad esempio, sentenza del 14 settembre 2017, The Trustees of the BT Pension Scheme (C‑628/15, EU:C:2017:687, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).


58      Quindi la Corte qualifica tipicamente l’ambito di tale obbligo per i giudici «nel contesto delle [loro] competenze» [v., ad esempio, sentenza del 15 aprile 2008, Impact (C‑268/06, EU:C:2008:223, punto 99)], e per le autorità nazionali «nell’ambito delle loro competenze» [(v., ad esempio, sentenze del 12 giugno 1990, Germania/Commissione (C‑8/88, EU:C:1990:241, punto 13), o del 12 febbraio 2008, Kempter (C‑2/06, EU:C:2008:78, punto 34)].


59      V., ad esempio, sentenze del 19 giugno 1990, Factortame e a.(C‑213/89, EU:C:1990:257, punto 21), del 27 giugno 2000, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 29), del 26 ottobre 2006, Mostaza Claro (C‑168/05, EU:C:2006:675, punto 39). Per lo specifico contesto dei poteri delle autorità amministrative, v., ad esempio, sentenza del 9 settembre 2003, CIF (C‑198/01, EU:C:2003:430, punto 58).


60      V., ad esempio, sentenza del 5 ottobre 2004, Pfeiffer e a. (da C‑397/01 a C‑403/01, EU:C:2004:584, punto 111).


61      V., ad esempio, parere 1/09 (accordo relativo alla creazione di un sistema unico di risoluzione delle controversie in materia di brevetti), dell’8 marzo 2011, EU:C:2011:123, punto 69), sentenza del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio (C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 99), o sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses (C‑64/16, EU:C:2018:117, punti da 32 a 33).