Language of document : ECLI:EU:C:2019:9

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

del 10 gennaio 2019 (1)

Causa C608/17

Skatteverket

contro

Holmen AB

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dallo Högsta förvaltningsdomstol (Corte suprema amministrativa, Svezia)]

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Normativa tributaria nazionale – Libertà di stabilimento – Deduzione delle perdite di una società controllata straniera nello Stato di residenza della controllante – Giustificazione dell’indeducibilità di cosiddette perdite definitive – Proporzionalità della mancata compensazione transfrontaliera delle perdite – Nozione delle cosiddette perdite definitive – Requisito della partecipazione diretta della società controllante ai fini del riconoscimento di una perdita definitiva – Rilevanza fiscale delle perdite per effetto della restrizione della possibilità di compensazione delle perdite nello Stato di residenza della controllata di secondo livello – Rilevanza fiscale delle perdite a causa del mancato consolidamento a livello di gruppo nell’anno della liquidazione nello Stato di residenza della controllata di secondo livello»






I.      Introduzione

1.        Nel presente nonché in un ulteriore (2) procedimento, la Corte è chiamata ad occuparsi dell’attuazione e dell’interpretazione della propria giurisprudenza da parte degli Stati membri, nella specie, da parte del Regno di Svezia. Si discute della questione se, in base all’articolo 49 in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, una società controllante svedese possa dedurre le perdite di una controllata spagnola indirettamente detenuta al 100% (ossia una controllata di secondo livello) dagli utili da essa realizzati in Svezia nel caso in cui la controllata medesima sia stata liquidata e non abbia potuto utilizzare tutte le perdite in Spagna (vale a dire, compensarle con utili propri o con altri utili del gruppo spagnolo).

2.        Nel 2005, la Grande Sezione della Corte (3) ha dichiarato che, in linea di principio, le libertà fondamentali non impongono alcuna deducibilità transfrontaliera delle perdite all’interno del gruppo. Pertanto, le perdite generate all’estero resterebbero inutilizzate e non potrebbero così essere fatte valere fiscalmente da altre società appartenenti al gruppo nel territorio nazionale. Solo nel caso delle cosiddette perdite definitive, dovrebbe essere prevista, in base al principio di proporzionalità, la loro deducibilità transfrontaliera.

3.        In relazione alla categoria in esame di «perdite definitive», creata dalla Corte, sono emerse numerose questioni già sfociate in varie decisioni della Corte (4) (tra cui due ulteriori decisioni della Grande Sezione). Tuttavia, ad oggi, tutte le suddette decisioni non hanno consentito di chiarire definitivamente quali siano i presupposti di tali perdite (5).

4.        A tal proposito, la Corte – ove intenda restare fedele all’eccezionalità delle perdite definitive (6) – avrà ora nuovamente occasione di precisare i contorni di tale categoria.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

5.        Il contesto normativo dell’Unione in cui si colloca il caso di specie è rappresentato dalla libertà di stabilimento delle società ai sensi dell’articolo 49 in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE.

B.      Diritto svedese

6.        Il diritto svedese prevede un cosiddetto trasferimento intragruppo volto a compensare i risultati all’interno di un gruppo. Tale trasferimento viene operato detraendo le relative somme presso la società che lo effettua e viene azionato a fini fiscali dalla società ricevente. Grazie a detto trasferimento a favore di una società controllata (anche indirettamente) che abbia generato perdite, la società controllante può procedere all’«accollo» finanziario delle perdite.

7.        Tuttavia, le disposizioni sul trasferimento intragruppo (7) non si applicano qualora la società controllata non sia imponibile in Svezia. In proposito, solo le norme in materia di sgravio di gruppo introdotte sulla base degli obblighi dettati in tal senso dal diritto dell’Unione consentono di tener conto, a livello transfrontaliero, delle perdite. In base a tali obblighi, in presenza di determinate condizioni, una società controllante svedese può far valere lo sgravio di gruppo per le perdite definitive generate da una società controllata straniera da essa interamente detenuta (8). Dalla disposizione de qua discende che la controllata dev’essere stabilita in uno Stato del SEE e deve corrispondere, in particolare, a una società per azioni svedese.

8.        Una perdita è definitiva se non è stato possibile utilizzarla fiscalmente e se non potrà essere utilizzata dalla controllata o da altro soggetto nello Stato membro dove la società medesima è stabilita. Inoltre, il motivo per il quale la perdita non possa essere utilizzata dalla società controllata non dev’essere l’assenza di relativa previsione normativa o il fatto che tale possibilità sia limitata nel tempo.

9.        Ai sensi dell’articolo 5, l’applicazione di uno sgravio di gruppo presuppone, in particolare, che la società controllata sia stata posta in liquidazione e che la liquidazione sia conclusa (punto 1). Inoltre, secondo quanto esposto nella domanda di pronuncia pregiudiziale, sino alla conclusione della liquidazione, la società controllata dev’essere stata interamente detenuta dalla controllante nel corso di tutti gli esercizi fiscali della controllante e della controllata ovvero dev’essere stata da essa detenuta al 100% dall’inizio della propria attività sino alla conclusione della liquidazione (punto 2). La società controllante non deve neppure essere collegata con società che, una volta conclusa la liquidazione, continuino a svolgere attività nello Stato di stabilimento della controllata (punto 5).

10.      Secondo quanto indicato dal giudice del rinvio, nel corso dei lavori preparatori della proposta di legge sono state espresse riserve in merito all’applicabilità delle disposizioni alle sole perdite generate dalle controllate interamente e direttamente detenute. Tuttavia, si è ritenuto che l’inclusione anche delle perdite generate da controllate detenute indirettamente avrebbe consentito alle società di scegliere in quale Stato avvalersi di esse.

III. Controversia principale

11.      La causa verte su una decisione preliminare pronunciata dallo Skatterättsnämnd (Commissione tributaria, Svezia) in merito ai fatti qui di seguito illustrati.

12.      La Holmen AB (in prosieguo: la «Holmen») è la società controllante di un gruppo con controllate in diversi paesi, tra cui la Spagna. Per quanto qui di rilievo, il ramo spagnolo del gruppo è così strutturato: la Holmen detiene l’intero pacchetto azionario della società controllata Holmen Suecia Holding S.L. (in prosieguo: la «HSH») la quale, a sua volta, detiene l’intero pacchetto azionario delle due controllate di secondo livello Holmen Paper Madrid S.L. (in prosieguo: la «HPM») e Holmen Paper Iberica S.L. (in prosieguo: la «HPI»).

13.      Dal 2003 le società spagnole formano un’entità fiscale unica e sono assoggettate a imposta conformemente al sistema spagnolo di consolidamento fiscale, in base al quale, i profitti e le perdite delle entità del gruppo possono essere reciprocamente compensati, senza restrizioni, mediante presentazione – da parte del gruppo – di una dichiarazione dei redditi comune consolidata. Le perdite non utilizzate possono essere portate a nuovo e dedotte dagli eventuali profitti negli esercizi successivi, senza limiti di tempo.

14.      Tuttavia, dal 2011, solo parte dei profitti realizzati in un determinato esercizio può essere ancora compensata in Spagna con perdite di esercizi precedenti. Le perdite che, a seguito di detta modifica, non sono deducibili, sono riportate a nuovo nell’esercizio successivo, con le stesse modalità applicabili alle altre perdite non utilizzate. In caso di scioglimento dell’entità fiscale unica per effetto della liquidazione di un’entità del gruppo, le eventuali perdite residue sono assegnate alle società in cui sono state generate e sono deducibili nell’esercizio di liquidazione unicamente da detta entità.

15.      Il ramo spagnolo del gruppo Holmen ha generato perdite, principalmente in seno alla controllata di secondo livello HPM. Dal 2003, detta società ha accumulato perdite di esercizio imputabili alle attività operative in Spagna per circa EUR 140 milioni. I profitti realizzati dal ramo spagnolo del gruppo nel corso del periodo oggetto della domanda (dal 2003) sono irrilevanti. La Holmen intende ora procedere alla liquidazione delle proprie attività spagnole. La liquidazione è stata avviata nel 2016 con la cessione della maggior parte degli attivi della HPM ad un acquirente esterno.

16.      Nella richiesta decisione preliminare si discute ora della questione se, una volta conclusa la liquidazione, la Holmen abbia diritto a uno sgravio di gruppo in relazione alle perdite della HPM (vale a dire, della controllata di secondo livello della Holmen). Nella suddetta richiesta sono analizzate due operazioni di liquidazione alternative.

17.      In base alla prima, le controllate di secondo livello HPI e HPM e la controllata (di primo livello) HSH sono liquidate nel corso di uno stesso esercizio fiscale e nell’ordine indicato. La seconda alternativa prevede [invece] l’incorporazione della controllata HSH nella HPM, sino ad ora controllata di secondo livello, nell’ambito di una fusione inversa, e la successiva liquidazione della HPM (a quel punto, come controllata).

18.      In entrambe le alternative, nel corso della liquidazione il gruppo non eserciterà più alcuna attività e, una volta concluse le operazioni, non deterrà più alcuna società in Spagna. Il gruppo prevede, inoltre, di non operare più in futuro in tale paese.

19.      Lo Skatterättsnämnd (Commissione tributaria) ha ritenuto che, in caso di liquidazione secondo la prima alternativa, la Holmen non abbia diritto allo sgravio di gruppo in relazione alle perdite della controllata di secondo livello HPM. Per contro, in caso di liquidazione in conformità della seconda alternativa, la Holmen avrebbe diritto allo sgravio di gruppo in relazione alle perdite definitive della HPM, a tal punto, quale società controllata.

20.      Con riferimento alla prima alternativa, lo Skatterättsnämnd (Commissione tributaria) motivava la decisione preliminare essenzialmente in base al rilievo che la HSH (quale società controllata (di primo livello)) non dispone in Spagna alcuna possibilità giuridica di utilizzare le perdite della società controllata di secondo livello (HPM). Pertanto, le perdite non potrebbero essere considerate definitive ai sensi della giurisprudenza della Corte. Il diniego di concessione alla società controllante svedese Holmen dello sgravio di gruppo per le perdite non potrebbe essere dunque considerato sproporzionato e non violerebbe neppure il diritto dell’Unione.

21.      Per quanto attiene alla seconda alternativa, lo Skatterättsnämnd (Commissione tributaria) giustifica essenzialmente le proprie conclusioni osservando che, nel quadro dell’imposizione in Spagna, la HPM (a quel punto quale controllata detenuta direttamente) disporrebbe della possibilità giuridica di utilizzare essa stessa quantomeno parte delle perdite de quibus. Il fatto che, a seguito dello scioglimento dell’entità fiscale unica, le entità spagnole, ad eccezione della HPM, non abbiano più alcuna possibilità di utilizzare le perdite renderebbe queste ultime definitive. Quantomeno alcune delle perdite in questione potrebbero quindi essere considerate «definitive» ai sensi della giurisprudenza della Corte.

22.      La suddetta decisione preliminare veniva impugnata dinanzi allo Högsta förvaltningsdomstol (Corte suprema amministrativa, Svezia) sia dallo Skatteverk (Amministrazione finanziaria, Svezia) sia dalla richiedente Holmen.

IV.    Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

23.      Lo Högsta förvaltningsdomstol (Corte suprema amministrativa), chiamato a pronunciarsi sulla controversia, ha quindi sottoposto alla Corte le seguenti questioni:

1)      Se, affinché una società controllante residente in uno Stato membro abbia il diritto – che discende tra l’altro dalla sentenza Marks & Spencer – di dedurre in forza dell’articolo 49 TFUE le perdite definitive in una società controllata residente in un altro Stato membro, sia necessario che la società sia direttamente controllata dalla controllante.

2)      Se debba essere considerata definitiva anche quella parte della perdita che, per effetto delle norme dello Stato della società controllata, non abbia potuto essere compensata con i profitti realizzati in tale Stato in un esercizio determinato, ma che ha potuto essere riportata in modo da poter potenzialmente essere dedotta in un esercizio successivo.

3)      Se, nella valutazione della definitività delle perdite, si debba tenere conto del fatto che la normativa dello Stato della società controllata prevede restrizioni alla deducibilità delle perdite stesse per soggetti distinti da colui che le ha conseguite.

4)      Qualora occorra tenere conto di una restrizione come quella di cui alla terza questione, se si debba prendere in considerazione la misura in cui detta restrizione abbia di fatto impedito la compensazione di qualsiasi parte delle perdite con i profitti realizzati da un soggetto distinto.

24.      Nel procedimento dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte in merito a dette questioni la Holmen, il Regno di Svezia, la Repubblica federale di Germania, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica di Finlandia e la Commissione europea. All’udienza del 24 ottobre 2018 sono comparsi l’Amministrazione finanziaria, la Holmen, il Regno di Svezia, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica di Finlandia e la Commissione europea.

V.      Analisi

A.      Libertà di stabilimento e perdite definitive di una controllata di secondo livello

25.      Con la prima questione pregiudiziale – che si riferisce all’interpretazione della sentenza Marks & Spencer – il giudice del rinvio chiede, in definitiva, se la libertà di stabilimento (articolo 49 TFUE in combinato disposto con il successivo articolo 54) imponga alla Svezia di tener conto delle perdite di una controllata di secondo livello con sede in Spagna e ivi oggetto di liquidazione. Tale questione si pone alla luce del fatto che, da un lato, per effetto della normativa tributaria spagnola, le perdite potevano essere portate in compensazione solo in misura limitata e, a seguito della liquidazione, non potrebbero essere ora ammortizzate in capo alla società controllata spagnola di secondo livello. Dall’altra, la Svezia non potrebbe mai assoggettare a imposizione eventuali utili di detta controllata.

26.      Pertanto, si discute se, nella specie, possano essere ravvisate perdite definitive della controllata di secondo livello della Holmen. La seconda, la terza e la quarta questione riguardano parimenti la definitività delle perdite stesse: appare pertanto possibile rispondere a tutte le questioni, in ampia misura, congiuntamente.

27.      Occorre anzitutto verificare se l’esclusione della rilevanza fiscale delle perdite generate da una controllata di secondo livello con sede all’estero costituisca una restrizione alla libertà di stabilimento.

28.      A norma dell’articolo 54 TFUE, la libertà di stabilimento riconosciuta ai cittadini dell’Unione dall’articolo 49 TFUE, implica che le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale, l’amministrazione centrale o il centro di attività principale all’interno dell’Unione, hanno il diritto di esercitare la loro attività attraverso filiali, succursali o agenzie in altri Stati membri.

29.      Secondo consolidata giurisprudenza, devono essere considerati quali restrizioni alla libertà di stabilimento tutti i provvedimenti che vietano, ostacolano o rendono meno attraente l’esercizio di tale libertà (9).

30.      Una normativa fiscale di uno Stato membro viola la libertà di stabilimento delle società ove da essa derivi una disparità di trattamento a sfavore delle società che esercitano tale libertà, la disparità di trattamento riguardi situazioni oggettivamente comparabili e non sia giustificata da un motivo imperativo di interesse generale o sia non proporzionata a tale obiettivo (10).

B.      Comparabilità e disparità di trattamento tra società controllate di secondo livello residenti e non residenti

31.      Con il trasferimento intragruppo, il diritto svedese consente la compensazione integrale delle perdite tra società del gruppo imponibili in Svezia. Per le società del gruppo con sede all’estero i cui redditi non siano tassati in Svezia, la compensazione delle perdite è ammessa solo se la società controllata è detenuta direttamente da una società controllante svedese. Le controllate di secondo livello stabilite all’estero (e non imponibili in Svezia) sono così escluse dalla possibilità di compensazione delle perdite. Sussiste, pertanto, una disparità di trattamento.

32.      Tale disparità di trattamento è idonea a scoraggiare l’esercizio della libertà di stabilimento mediante la costituzione di società controllate di secondo livello in altri Stati membri. Tuttavia, essa contrasta con le disposizioni del Trattato solo se riguarda situazioni tra loro oggettivamente comparabili.

33.      Secondo la giurisprudenza della Corte, la comparabilità di una situazione transfrontaliera con una situazione interna dev’essere esaminata alla luce dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni nazionali in questione (11). Secondo quanto esposto dal giudice del rinvio, l’esclusione delle controllate di secondo livello straniere si fonda sul rilievo secondo cui, diversamente ragionando, la direzione del gruppo verrebbe posta nella condizione di scegliere dove far valere le loro perdite: nel caso di specie, ad esempio, nello Stato membro della controllata (di primo livello) o in quello della controllante.

34.      A parere della Germania, non sussisterebbe, al riguardo, comparabilità. A sostegno di tale conclusione vengono richiamate la sentenza pronunciata dalla Corte nella causa Timac Agro Deutschland (12) nonché le mie conclusioni nella causa Commissione/Regno Unito (13).

35.      Sino ad oggi, nell’affrontare la questione della comparabilità delle stabili organizzazioni nazionali e straniere, la Corte ha fatto riferimento alla questione se lo Stato membro considerato eserciti anche il potere impositivo sulla stabile organizzazione straniera, dichiarando così esplicitamente quanto segue (14): «Nel caso di specie si deve constatare che, dal momento che la Repubblica federale di Germania non esercita alcun potere impositivo sui risultati di una stabile organizzazione del genere, non essendo la deduzione delle sue perdite più autorizzata in Germania, la situazione di una stabile organizzazione situata in Austria non è comparabile a quella di una stabile organizzazione situata in Germania con riferimento alle misure previste dalla Repubblica federale di Germania al fine di prevenire o di attenuare la doppia imposizione degli utili di una società residente». Tale considerazione potrebbe valere anche per le società controllate di secondo livello residenti all’estero e non tassate a livello nazionale.

36.      Tuttavia, esiste una giurisprudenza consolidata della Corte in materia di utilizzazione transfrontaliera delle perdite tra controllate e controllanti per le quali la comparabilità è stata implicitamente o esplicitamente riconosciuta (15).

37.      Di recente inoltre, con riferimento alle perdite definitive di una stabile organizzazione non residente, nella causa Bevola la Corte ha nuovamente riconosciuto espressamente la comparabilità tra stabili organizzazioni nazionali imponibili e stabili organizzazioni straniere non imponibili(16). Tale conclusione deve valer, a fortiori, ancor più per le società controllate nazionali di secondo livello imponibili e per quelle straniere che non lo sono.

38.      Infine, il criterio della comparabilità appare poco chiaro. Considerato che tutte le fattispecie sono, sotto un qualche profilo, comparabili, se non sono identiche (17), tale criterio di esame dovrebbe essere in ogni caso abbandonato (18).

39.      Alla luce delle suesposte considerazioni, la comparabilità dev’essere pertanto riconosciuta. Eventuali differenze presenti – nella specie, l’assenza di simmetria tra imposizione degli utili e utilizzo delle perdite (19) – tra una società controllata di secondo livello straniera e una società controllata di secondo livello nazionale devono essere prese in considerazione solo a livello di giustificazione. Sussiste, pertanto, una restrizione alla libertà di stabilimento.

C.      Sulla giustificazione

40.      Una restrizione alla libertà di stabilimento può essere giustificata da motivi imperativi d’interesse generale. Nella specie, motivi di giustificazione possono essere ravvisati nella salvaguardia di un’equilibrata ripartizione dei poteri impositivi tra i diversi Stati membri e nella prevenzione di un duplice uso delle perdite (benché tassate una sola volta) (20). Inoltre, la misura dev’essere idonea a garantire il conseguimento del suo scopo senza eccedere quanto necessario per raggiungerlo (21).

41.      Secondo consolidata giurisprudenza della Corte relativa alle perdite «definitive» è sproporzionato se lo Stato membro preclude alla controllante l’utilizzazione delle perdite benché la società controllata straniera abbia esaurito ogni possibilità in tal senso e sia esclusa ogni eventuale ulteriore rilevanza fiscale delle perdite stesse. Il relativo onere della prova grava sul contribuente(22). Tuttavia, la mera liquidazione, una volta attuata l’operazione di fusione, non può, di per sé, dimostrare l’assenza di qualsiasi possibilità di contabilizzare le perdite esistenti nello Stato di residenza della controllata (23).

1.      Sulla giustificazione inerente alla prevenzione di una doppia deducibilità delle perdite

42.      Nella specie, una doppia deducibilità delle perdite sembra essere esclusa. Secondo la decisione preliminare, la Holmen ha interrotto tutte le attività economiche e non dispone più nemmeno di beni utilizzabili. Residuano unicamente le perdite generate negli esercizi precedenti e la società dovrebbe essere liquidata. Posto che sia la controllata (di primo livello) che la controllata di secondo livello hanno sede nel medesimo Stato membro e che la normativa tributaria spagnola esclude la deducibilità delle perdite in capo alla controllata (di primo livello), non sussiste nemmeno il rischio che le perdite della controllata di secondo livello possano essere fatte doppiamente valere, in capo alla controllante e alla controllata (di primo livello).

43.      Tuttavia, se non sussiste alcun rischio di doppia deducibilità delle perdite, tale giustificazione non può operare.

2.      Sulla giustificazione inerente alla salvaguardia dellequilibrata ripartizione del potere impositivo degli Stati membri

44.      Per quanto attiene all’equilibrata ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri, occorre sottolineare che si tratta di un obiettivo legittimo riconosciuto dalla Corte (24), che può rendere necessaria l’applicazione, alle attività economiche dei contribuenti stabiliti in uno di tali Stati membri, delle sole norme fiscali di quest’ultimo, in ordine tanto ai ricavi quanto alle perdite (25).

45.      Tuttavia, nel caso di specie, alla luce della giustificazione di cui trattasi, il riconoscimento dell’esistenza di perdite definitive fiscalmente rilevanti è escluso per tre motivi. In primis, una contabilizzazione di perdite generate in Spagna dalla società controllata di secondo livello nel corso degli anni lederebbe l’autonomia fiscale degli Stati membri (v., infra, paragrafi 46 e segg.). In secondo luogo, nel caso di specie, non ricorre la condizione della presenza di perdite giuridicamente sì utilizzabili, ma che di fatto non sono tali (infra, paragrafi 57 e segg.). In terzo luogo, nell’ambito di una partecipazione indiretta (vale a dire, nel caso di una controllata di secondo livello) l’esistenza di perdite definitive rispetto alla società controllante è, in linea di principio, esclusa (v., sul punto, infra, paragrafi 73 e segg.).

a)      Sulla rilevanza dellautonomia fiscale degli Stati membri

46.      Come già dichiarato dalla Corte, le libertà fondamentali non possono avere l’effetto di imporre allo Stato membro in cui ha sede la società controllante, di concedere a quest’ultima un uso delle perdite di un determinato importo che trovi origine unicamente nel sistema tributario di un altro Stato membro, senza che il primo Stato membro subisca una compressione della propria autonomia tributaria a causa dell’esercizio del potere impositivo da parte dell’altro Stato membro (26).

47.      A tal riguardo, la Corte ha espressamente dichiarato (27) che «la definitività, ai sensi del punto 55 della sentenza Marks & Spencer (…) (28), delle perdite subite dalla controllata non residente non può risultare dal fatto che lo Stato membro di residenza della controllata stessa escluda qualsiasi possibilità di riporto delle perdite» (29). Infatti, se così fosse, uno Stato membro dovrebbe adeguare la propria normativa tributaria a quella di un altro.

48.      Se, secondo la giurisprudenza della Corte (30), la definitività delle perdite non può discendere dal fatto che lo Stato membro di residenza della controllata stessa escluda qualsiasi possibilità di riporto delle perdite, allora ciò deve valere anche per l’esclusione di un trasferimento delle perdite su un terzo. Lo stesso ragionamento vale per la cessazione di un trasferimento di perdite. In entrambi i casi, viene impedito un futuro utilizzo delle perdite, una volta da parte del soggetto passivo stesso, una volta da parte di un terzo. Ne consegue che le situazioni devono anche essere trattate allo stesso modo.

49.      Come già esposto supra, ai paragrafi 41 e segg., conformemente alla giurisprudenza della Corte, prima di riconoscere l’esistenza di cosiddette «perdite definitive» occorre quindi verificare se, in un momento precedente, non vi fosse la possibilità di utilizzare fiscalmente le perdite medesime mediante trasferimento a terzi, dovendosi intendere per tali unicamente acquirenti esterni o altre società del gruppo. Tuttavia, ove ciò non fosse possibile, perché escluso dal diritto tributario spagnolo (nella specie in considerazione della liquidazione con conseguente cessazione del consolidamento del gruppo spagnolo), tale esclusione giuridica della compensazione delle perdite non implica la sussistenza di perdite definitive.

50.      In ogni caso, la Corte ha già avuto modo di dichiarare che le libertà fondamentali non ostano a che una perdita compensabile a livello transfrontaliero debba sempre essere accertata come perdita definitiva al termine del periodo imponibile (31). In tal modo, ogni perdita che può essere oggetto di riporto non è – quantomeno in un primo momento (32) – definitiva.

51.      Tuttavia, tali perdite accumulate (riportate a nuovo) che in un determinato esercizio rappresentano perdite non definitive (potendo essere oggetto di riporto o in quanto la normativa nazionale ne impediva la compensazione), non possono assumere, in un secondo momento, la natura di perdite definitive per il fatto che la liquidazione ne escluda un ulteriore riporto.

52.      Diversamente ragionando, attività che, in un primo momento, generino utili in Spagna sarebbero imponibili solo in tale paese, mentre le successive attività in perdita sarebbero finanziate con il gettito fiscale degli Stati in cui ha sede la capogruppo. Tale risultato contrasterebbe con la salvaguardia di un’equilibrata ripartizione del potere impositivo degli Stati membri.

53.      Nella specie, ciò emerge con particolare evidenza dalla disciplina spagnola pertinente che, dal 2011, prende in considerazione le perdite riportate solo limitatamente anche laddove, nell’esercizio di riferimento, sussistano utili sufficienti assoggettati altresì a imposizione in Spagna. Il mantenimento di tali perdite è dovuto, anzitutto, alle restrizioni normative introdotte dalla Spagna nel 2011 in materia di compensazione delle perdite, cui l’ordinamento tributario svedese non è tenuto ad adeguarsi (principio di autonomia).

54.      Parimenti, in caso di trasferimento a terzi (nella specie, la società capogruppo in Spagna), il carattere non definitivo della perdita non muta in un secondo momento per il solo fatto che lo Stato membro non preveda più la possibilità del trasferimento delle perdite. Il principio di autonomia osta, invece, a che perdite prive di carattere definitivo in un determinato periodo di imposta assumano nuovamente la natura di perdite definitive in un periodo di imposta successivo per effetto delle peculiarità del diritto nazionale di un altro Stato membro.

55.      In senso analogo, nella sentenza Commissione/Regno Unito, la Corte muove dall’assunto che la mancanza di definitività iniziale non subisce successivamente più alcun mutamento (33). In ogni caso, le affermazioni ivi contenute indicano che, tutt’al più, la perdita generata dalla controllata nell’ultimo anno della liquidazione deve poter essere, in qualche modo, ancora compensata (a livello transfrontaliero), a differenza peraltro delle perdite sino a quel momento generate e portate a nuovo secondo la normativa nazionale (nella specie, quella spagnolo (34).

56.      Considerato che l’esistenza delle perdite in questione discende unicamente dalla normativa spagnola, è escluso che si tratti di perdite definitive della controllata di secondo livello.

b)      Sulleventuale distinzione tra carattere definitivo in fatto e in diritto

57.      In tale contesto, ai fini della valutazione della definitività di una perdita, quasi tutte le parti del procedimento distinguono tra perdite non utilizzabili giuridicamente e perdite non utilizzabili di fatto (vale a dire definitive).

58.      Secondo la giurisprudenza della Corte, è escluso che le perdite fiscalmente non utilizzabili in quanto giuridicamente non riconosciute nello Stato membro in cui sono generate o ivi non utilizzabili per effetto di restrizioni normative (ad esempio, perdite che non possono essere riportate a nuovo o compensate con esercizi precedenti), possano costituire perdite definitive. Tali potrebbero essere considerate solo le perdite che sarebbero sì fiscalmente utilizzabili ma che - di fatto - non possano essere contabilizzate in futuro. Questa conclusione appare convincente in considerazione del principio dell’autonomia delle normative tributarie (cfr. paragrafi 46 e segg.).

59.      Tuttavia, ritengo vi sia ragione di dubitare dell’esistenza stessa di perdite che siano utilizzabili sotto il profilo giuridico, ma che, di fatto, non lo siano, come può essere illustrato alla luce di un esempio. L’unica ipotesi in cui, malgrado una possibilità di riporto o di compensazione illimitata, possa residuare una perdita sarebbe quello di un’impresa complessivamente deficitaria che non abbia mai realizzato utili sufficienti, nemmeno a seguito dell’integrale cessione dei beni economici. In tal caso, malgrado la possibilità di compensazione con esercizi precedenti, anche la perdita generata nell’ultimo esercizio risulterebbe (de facto) priva di effetti.

60.      Tuttavia, anche in tale ipotesi, ove lo Stato membro di residenza lo consenta, sussisterebbe sempre la possibilità di trasferire tali perdite in definitiva su un acquirente (35) mediante la cessione dell’impresa. Il venditore «realizza» in tal caso le perdite esistenti dal momento che l’acquirente ne terrà conto nella determinazione del prezzo di acquisizione dell’impresa.

61.      Ove il rispettivo ordinamento giuridico consenta il trasferimento delle perdite su soggetti terzi, la loro utilizzazione fiscale sarà anche, di fatto, sempre possibile. Può darsi che, nel singolo caso, la cessione dell’impresa non risulti particolarmente redditizia, considerato che l’acquirente di un’impresa deficitaria difficilmente sarà disposto ad versare per la sua acquisizione ingenti somme di denaro. Tuttavia, ciò non incide sull’utilizzabilità, de facto, delle perdite.

62.      Pertanto, anche in questo caso, la definitività delle perdite si fonda o sull’ordinamento giuridico dello Stato membro (esclusione di ogni possibilità di trasferimento delle perdite) o sulla decisione del contribuente di non cedere la società bensì di liquidarla. Tuttavia, in entrambe le circostanze, non si ravvisa la ragione per la quale l’esclusione della rilevanza fiscale delle perdite in un altro Stato membro dovrebbe poi essere considerata sproporzionata. Non a caso, anche la Corte esige che tutte le possibilità di utilizzo delle perdite siano state esaurite, fermo restando che tra di esse rientra anche un loro trasferimento a terzi mediante cessione dell’impresa.

63.      All’udienza la Holmen ha confermato che tale possibilità era stata valutata, essendosi poi peraltro deciso per la liquidazione. Anche per tale motivo, si può ritenere, in conclusione che, quanto alla Holmen, non sussistano perdite definitive.

D.      Sull’eventuale sussistenza di perdite definitive ai sensi della sentenza Bevola

64.      A tale conclusione non osta nemmeno la recente sentenza Bevola (36). Da un lato, la Corte ha ivi «unicamente» trasposto l’eccezione prevista nella sentenza Marks & Spencer relativa alle perdite «definitive» delle stabili organizzazioni, senza rimettere in discussione le limitazioni individuate supra (37) e, in particolare, senza pronunciarsi più in dettaglio sulla questione dei presupposti relativi all’esistenza di tali perdite.

65.      Dall’altro, nella menzionata nuova sentenza, l’elemento centrale (38) del ragionamento della Corte è costituito dal principio della capacità reddituale dell’impresa. Tale approccio può essere ancora comprensibile nel caso delle stabili organizzazioni, poiché – sotto il profilo giuridico – esse costituiscono una parte non autonoma dell’impresa di un contribuente. Tuttavia, tale ragionamento non risulterebbe convincente nel caso di società controllate di primo e secondo livello, soggetti giuridici autonomi dotati anche di una capacità reddituale propria (intendendo con essa la relativa capacità contributiva) (39). A ragione la Corte non ha dichiarato che, ai fini della corretta imposizione della capacità reddituale della società controllante, sia necessario tener conto delle perdite della controllata.

66.      Sotto il profilo del diritto tributario, il consolidamento a livello di gruppo rappresenta, piuttosto, il superamento del principio della capacità reddituale dal momento che consente di prendere in considerazione unitariamente la capacità reddituale e, quindi, la capacità contributiva di più soggetti giuridici. Pertanto, il coinvolgimento di ulteriori soggetti giuridici non può in alcun caso essere motivato in base al principio di una tassazione fondata sulla capacità reddituale e relativa capacità contributiva.

67.      Al contrario, la rilevanza, per uno Stato membro, di una voce soltanto (ad esempio, dei soli ricavi o dei soli costi) si pone piuttosto in contrasto con il principio dell’imposizione fiscale in funzione della capacità reddituale e relativa capacità contributiva. A quanto mi risulta, inoltre, nessun principio generale di diritto tributario o di diritto dell’Unione impone che, al termine del ciclo di vita di una persona giuridica, tutte le perdite debbano essere in qualche modo compensate. In particolare, il principio di capacità contributiva non esige, nel caso in esame, alcuna esportazione delle perdite in altri Stati membri.

68.      Pertanto, nemmeno alla luce della sentenza Bevola sussistono, nella specie, perdite definitive deducibili che possano essere esportate dalla Spagna alla Svezia.

E.      Conclusione intermedia alla luce di un «mercato interno equo»

69.      Questa conclusione, ricavata dalla giurisprudenza, appare convincente anche sotto il profilo di un mercato interno «equo» che, alla luce della cosiddetta discussione in materia di BEPS (40), ha acquisito nuovamente maggiore centralità. Infatti, proprio nella specifica fattispecie in esame, la possibilità di compensare le perdite definitive a livello transfrontaliero avvantaggerebbe soprattutto i gruppi di grandi dimensioni attivi a questo livello rispetto alle imprese di dimensioni più contenute (di norma non operanti a tale livello). Se, ad esempio, la Holmen sapesse che, in ultima analisi, tutte le perdite generate dal modello commerciale spagnolo possono essere compensate con gli utili in Svezia, nel tentativo di posizionarsi sul mercato spagnolo essa potrebbe presentarsi, sul piano concorrenziale in maniera del tutto diversa da un concorrente di tale paese che debba muovere dal presupposto che – in caso di cessazione della propria attività commerciale in Spagna – le proprie perdite non potranno essere ammortizzate. Per la Holmen le «perdite spagnole» rappresenterebbero un onere molto meno gravoso di quanto accadrebbe per un concorrente nazionale privo di una corrispondente struttura di gruppo.

70.      Pertanto, alla luce dei suesposti rilievi e in coerente applicazione alla giurisprudenza della Corte (v. supra, paragrafi 41 e segg. e la giurisprudenza ivi richiamata) si perviene alla conclusione di seguito formulata. Non sussistono perdite definitive quando lo Stato di residenza della società controllata di secondo livello esclude giuridicamente l’utilizzabilità fiscale delle perdite. Ove lo Stato di residenza ne consenta l’utilizzo, il contribuente deve aver esaurito le possibilità a tal fine previste. Conformemente alla sentenza Marks & Spencer (41), tra di esse rientra anche la realizzazione delle perdite per effetto di cessione dell’impresa a terzi, ipotesi che non ricorre peraltro nella specie.

71.      Pertanto, nel caso in esame, l’esclusione da parte della Svezia della possibilità di compensazione delle perdite di una società controllata di secondo livello residente all’estero e non tassata a livello nazionale non risulta sproporzionata.

F.      Risposta alle singole questioni

72.      Giungo, quindi, alle risposte da fornire ai singoli quesiti.

1.      Sulla prima questione: requisito della partecipazione diretta

73.      Con la prima questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede, in definitiva, se le perdite di una controllata di secondo livello con sede in Spagna e ivi oggetto di liquidazione debbano essere considerate quali perdite definitive. A tale domanda occorre rispondere in senso negativo.

74.      L’eccezione prevista nella sentenza Marks & Spencer per le perdite definitive non distingue certamente, al riguardo, tra controllate di primo e di secondo livello. Prima facie, essa consentirebbe pertanto sia alla società capogruppo sia alla controllata intermedia di portare in compensazione le perdite definitive della controllata di secondo livello.

75.      È ben vero che, come correttamente osservato dalla Holmen e dalla Commissione, anche la fattispecie oggetto della sentenza Marks & Spencer riguardava una catena di partecipazioni indiretta. La controllata di secondo livello, la controllante (una holding) e la controllante di secondo livello (società capogruppo) erano in tal caso addirittura stabilite in tre diversi Stati membri. Tuttavia, ciò emerge unicamente dalla domanda di pronuncia pregiudiziale e dalle conclusioni dell’avvocato generale (42), mentre non si ritrova nell’esposizione dei fatti contenuta nella sentenza, né la Corte si è pronunciata in merito.

76.      Diversamente da quanto ritenuto dalla Commissione e in linea con i Paesi Bassi e la Svezia, mi sembra peraltro eccessivo desumerne che la Corte abbia implicitamente affermato che la capogruppo debba poter tener conto anche delle perdite (definitive) di una controllata di secondo livello. Infatti, in tale sede, la Corte non è stata chiamata ad esprimersi più in dettaglio su tale questione, dal momento che non le era stato neppure richiesto di farlo.

77.      Un approccio di tal genere implicherebbe peraltro, segnatamente, il riconoscimento di una facoltà di scelta all’interno di un gruppo, il quale potrebbe stabilire lo Stato membro in cui far valere le perdite «definitive» della società controllata di secondo livello, ovvero quello della controllata (di primo livello) o quello della controllante.

78.      In particolare, ove tutte e tre le società avessero sede in Stati membri differenti, in presenza di corrispondenti utili compensabili, tale facoltà di scelta assumerebbe una rilevanza significativa nell’ottica di ottimizzare l’aliquota fiscale del gruppo. Tuttavia, gli Stati membri coinvolti ritengono, correttamente, che una facoltà del genere non possa sussistere. Esso metterebbe inoltre in discussione la salvaguardia dell’equilibrata ripartizione dei poteri impositivi tra gli Stati membri. A ciò si aggiunge il rischio di un potenziale utilizzo delle perdite in più Stati membri.

79.      Considerato che, in linea di principio, resta ancora ipotizzabile la compensazione delle perdite con la controllante diretta in un altro Stato membro, assume invece tendenzialmente priorità la compensabilità delle perdite con detta diretta controllante rispetto alla compensabilità con la controllante indiretta (nella specie, la capogruppo in Svezia). Inoltre, nell’ambito di rapporti che coinvolgano tre Stati, tale priorità consente anche di evitare i menzionati rischi connessi al riconoscimento di una facoltà di scelta del contribuente nonché la possibilità di doppia utilizzazione fiscale delle perdite.

80.      Tale priorità opera anche nel caso in cui, come nella specie, la controllata di secondo livello e la controllata (di primo livello) abbiano sede in un medesimo Stato membro. È ben vero che, come correttamente osservato dalla Holmen, non sussiste, in questo caso, alcun rischio di ottimizzazione dell’aliquota fiscale del gruppo per effetto della facoltà di scelta dello Stato membro in cui procedere alla compensazione delle perdite. Ed è parimenti escluso il maggiore rischio di una ripetuta utilizzazione fiscale delle perdite. Tuttavia, anche nel caso di specie, la questione decisiva non è se la controllata (di primo livello) e la controllata di secondo livello abbiano sede nel medesimo Stato ma se, in capo a quest’ultima, sussistano perdite definitive rispetto alla società controllante nell’altro Stato membro. Come esposto supra, ciò va peraltro negato.

81.      Pertanto, occorre rispondere alla prima questione nel senso che, in linea di principio, le perdite di una società indirettamente controllata (ossia, una controllata di secondo livello) non costituiscono perdite definitive rispetto alla «società controllante di secondo livello» (vale a dire, la controllante della controllata di primo livello).

2.      Sulla seconda questione: la restrizione prevista in Spagna in ordine alla compensazione delle perdite

82.      Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede se una perdita debba essere considerata come definitiva anche nel caso in cui, per effetto di una restrizione alla compensazione delle perdite, essa abbia dovuto essere riportata a nuovo.

83.      Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere a tale questione nel senso che la perdita «unicamente» riportata a nuovo non dev’essere considerata quale cosiddetta perdita definitiva nemmeno quando, in ragione di una restrizione alla relativa compensazione nello Stato della società controllata (di primo livello), essa non abbia potuto essere compensata con gli utili di esercizi precedenti.

84.      L’esistenza di detta perdita dipende unicamente dalla struttura della normativa tributaria spagnola e non può obbligare la Svezia a considerare tale perdita fiscalmente deducibile.

3.      Sulla questioni terza e quarta

85.      Con le questioni terza e quarta il giudice del rinvio chiede se, ai fini della valutazione della definitività delle perdite, occorra tener conto del fatto che la normativa dello Stato di residenza della società controllata (di primo livello) preveda restrizioni in ordine alla loro deducibilità da parte di soggetti distinti da colui che le ha generate e, in caso affermativo, se si debba valutare in qual misura dette restrizioni abbiano effettivamente impedito la possibilità di parziale compensazione delle perdite medesime.

86.      Alla luce delle considerazioni esposte supra, con riguardo ad entrambe le questioni occorre rispondere che, ai fini della valutazione della sussistenza di perdite definitive della controllata di secondo livello, decisive sono sempre solo le restrizioni applicabili alla controllata stessa. Ove la controllata di secondo livello abbia la possibilità di trasferire le perdite a terzi (ad esempio, ad una società controllata di primo livello), occorre escludere l’esistenza, per la medesima, di perdite definitive. Pertanto, non rileva se, nel caso specifico, soggetti terzi potessero parimenti utilizzare le perdite in maniera efficace. Tale aspetto assume tutt’al più rilevanza nell’accertamento se, in capo ad essi, sussistano perdite definitive rispetto alle loro controllanti.

VI.    Soluzione suggerita

87.      Per i suesposti motivi, suggerisco di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dallo Högsta förvaltningsdomstol (Corte suprema amministrativa, Svezia) nei termini seguenti:

1.      Ai fini della compensazione transfrontaliera delle perdite conseguite da una società controllante, l’articolo 49, in combinato disposto con l’articolo 54 TFUE, presuppone che la controllata deficitaria sia detenuta direttamente.

2.      La perdita «meramente» riportata a nuovo non dev’essere considerata quale cosiddetta perdita definitiva nemmeno nel caso in cui, per effetto di restrizioni quanto alla possibilità di compensazione nello Stato della società controllata (di primo livello), essa non abbia potuto essere compensata con gli utili di esercizi precedenti.

3.      Ai fini della valutazione della definitività delle perdite di una controllata di secondo livello occorre parimenti tener conto della possibilità di compensazione e di trasferimento delle perdite a terzi e, quindi, alla rispettiva società controllante (o ad altre società del gruppo) nello Stato membro considerato. Eventuali restrizioni quanto alla loro deducibilità rilevano unicamente ai fini dell’accertamento della sussistenza di perdite «definitive» della società medesima.


1      Lingua originale: il tedesco


2      Pendente sub C‑607/17; v., al riguardo, le mie conclusioni di pari data.


3      Sentenza del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763).


4      Senza pretesa di completezza: sentenze del 4 luglio 2018, NN (C‑28/17, EU:C:2018:526), del 12 giugno 2018, Bevola e Jens W. Trock (C‑650/16, EU:C:2018:424), del 17 dicembre 2015, Timac Agro Deutschland (C‑388/14, EU:C:2015:829), del 3 febbraio 2015, Commissione/Regno Unito (C‑172/13, EU:C:2015:50), del 7 novembre 2013, K (C‑322/11, EU:C:2013:716), del 21 febbraio 2013, A (C‑123/11, EU:C:2013:84), e del 15 maggio 2008, Lidl Belgium (C‑414/06, EU:C:2008:278).


5      In Germania, il Bundesfinanzhof (Corte tributaria federale) ritiene persino che, allo stato, «die Prüfungsebene der Rechtfertigungsgründe (als “Standort” der Verhältnismäßigkeitsprüfung und der Rechtsfigur der finalen Verluste) entfallen ist [la fase della verifica dei motivi di giustificazione (quale “sede” dell’esame di proporzionalità e della figura giuridica delle perdite definitive) sia venuta meno]» – v. sentenza del BFH del 22 febbraio 2017, I R 2/15, BStBl. II 2017, 709, punto 38).


6      Varie voci all’interno della Corte ritengono che l’istituto giuridico delle perdite definitive non sia indispensabile: v., ex multis, le conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nella causa K (C‑322/11, EU:C:2013:183, paragrafi 66 e segg. e 87), e le mie conclusioni nella causa Commissione/Regno Unito (C‑172/13, EU:C:2014:2321, paragrafi 41 e segg.) e nella causa A (C‑123/11, EU:C:2012:488, paragrafi 50 e segg.).


7      Capitolo 35 dell’Inkomstskattelag (1999:1229) - Legge n. 1229 del 1999 relativa all’imposta sui redditi e sulle società.


8      Capitolo 35 a dell’Inkomstskattelag (1999:1229).


9      Sentenze del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 36), del 21 maggio 2015, Verder LabTec (C‑657/13, EU:C:2015:331, punto 34), e del 16 aprile 2015, Commissione/Germania (C‑591/13, EU:C:2015:230, punto 56 e la giurisprudenza ivi citata).


10      V., in questo senso, sentenze del 4 luglio 2018, NN (C‑28/17, EU:C:2018:526, punto 18), del 25 febbraio 2010, X Holding, C‑337/08, EU:C:2010:89, punto 20), e del 12 dicembre 2006, Test Claimants in the FII Group Litigation (C‑446/04, EU:C:2006:774, punto 167).


11      Sentenze del 4 luglio 2018, NN (C‑28/17, EU:C:2018:526, punto 31), del 12 giugno 2018, Bevola e Jens W. Trock (C‑650/16, EU:C:2018:424, punto 32), del 22 giugno 2017, Bechtel (C‑20/16, EU:C:2017:488, punto 53), del 12 giugno 2014, SCA Group Holding e a., da C‑39/13 a C‑41/13, EU:C:2014:1758, punto 28), e del 25 febbraio 2010, X Holding, C‑337/08, EU:C:2010:89, punto 22).


12      Sentenza del 17 dicembre 2015 (C‑388/14, EU:C:2015:829, punto 65), che fa riferimento alla sentenza del 17 luglio 2014, Nordea Bank (C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 24) nonché alla sentenza del 14 dicembre 2006, Denkavit Internationaal e Denkavit France (C‑170/05, EU:C:2006:783, punti 34 e 35).


13      C‑172/13, EU:C:2014:2321, paragrafo 26, dove, tuttavia, ho ritenuto sussistere la comparabilità (v. paragrafo 29).


14      Sentenza del 17 dicembre 2015, Timac Agro Deutschland (C‑388/14, EU:C:2015:829, punto 65), che rimanda alla sentenza del 17 luglio 2014, Nordea Bank (C‑48/13, EU:C:2014:2087, punto 24) e alla sentenza del 14 dicembre 2006, Denkavit Internationaal e Denkavit France (C‑170/05, EU:C:2006:783, punti 34 e 35).


15      Sentenze del 4 luglio 2018, NN (C‑28/17, EU:C:2018:526, punto 35), del 3 febbraio 2015, Commissione/Regno Unito (C‑172/13, EU:C:2015:50, punti 22 e segg.), del 21 febbraio 2013, A (C‑123/11, EU:C:2013:84, punto 35), e del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punti 27 e segg.).


16      Sentenza del 12 giugno 2018, Bevola e Jens W. Trock (C‑650/16, EU:C:2018:424, punti 38 e 39).


17      È vero sì che, secondo un proverbio tedesco, non si possono confrontare mele e pere. Tuttavia, anche le mele e le pere hanno elementi comuni (sono, ad esempio, entrambe pomacee) e sono quindi, sotto tale profilo, anche comparabili.


18      Già nelle mie conclusioni nella causa Nordea Bank (C‑48/13, EU:C:2014:153, paragrafi da 21 a 28) avevo proposto alla Corte di concludere in tal senso.


19      V., al riguardo, esplicitamente, sentenze del 6 settembre 2012, Philips Electronics (C‑18/11, EU:C:2012:532), e del 15 maggio 2008, Lidl Belgium (C‑414/06, EU:C:2008:278, punto 33).


20      Sentenza del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punti 43 e segg.).


21      Sentenze del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 42), del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544, punto 47), e del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punto 35).


22      Sentenza del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punti 55 e 56).


23      Sentenza del 21 febbraio 2013, A (C‑123/11, EU:C:2013:84, punti 51 e 52).


24      Sentenze del 7 novembre 2013, K (C‑322/11, EU:C:2013:716, punto 50), del 29 novembre 2011, National Grid Indus (C‑371/10, EU:C:2011:785, punto 45), del 6 settembre 2012, Philips Electronics (C‑18/11, EU:C:2012:532, punto 23), e del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punti 45 e 46).


25      Sentenze del 7 novembre 2013, K (C‑322/11, EU:C:2013:716, punto 50), del 15 maggio 2008, Lidl Belgium (C‑414/06, EU:C:2008:278, punto 31), del 18 luglio 2007, Oy AA (C‑231/05, EU:C:2007:439, punto 54), e del 13 dicembre 2005, Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:763, punto 45).


26      In questo senso, già le sentenze del 21 dicembre 2016, Masco Denmark e Damixa (C‑593/14, EU:C:2016:984, punto 41), e del 30 giugno 2011, Meilicke e a. (C‑262/09, EU:C:2011:438, punto 33).


27      Sentenza del 3 febbraio 2015, Commissione/Regno Unito (C‑172/13, EU:C:2015:50, punto 33).


28      Sentenza del 13 dicembre 2005 (C‑446/03, EU:C:2005:763).


29      V. sentenza del 7 novembre 2013, K (C‑322/11, EU:C:2013:716, punti da 75 a 79 e la giurisprudenza ivi citata).


30      Sentenze del 3 febbraio 2015, Commissione/Regno Unito (C‑172/13, EU:C:2015:50, punto 33), e del 17 dicembre 2015, Timac Agro Deutschland (C‑388/14, EU:C:2015:829, punto 54).


31      Sentenza del 3 febbraio 2015, Commissione/Regno Unito (C‑172/13, EU:C:2015:50, punti 31 e 36).


32      La Repubblica federale di Germania sostiene, pertanto, che solo la perdita generata nel corso dell’ultimo esercizio può essere considerata come una cosiddetta «perdita definitiva» in ragione dell’impossibilità, di fatto, di procedere al suo riporto, mentre le perdite portate a nuovo mantengono sempre la loro natura di perdite non definitive.


33      V. sentenza del 3 febbraio 2015 (C‑172/13, EU:C:2015:50, punto 37).


34      Anche la posizione della Corte viene intesa, in parte, in tal senso – v. le osservazioni della Germania nel presente procedimento e, ad esempio, David Eisendle, Grenzüberschreitende Verlustverrechnung im Jahre 11 nach Marks & Spencer, ISR 2016, 37 (42).


35      La Corte si è espressa esplicitamente in tal senso, ad esempio, nella sentenza del 21 febbraio 2013, A (C‑123/11, EU:C:2013:84, punti 52 e segg.).


36      Sentenza del 12 giugno 2018, Bevola e Jens W. Trock (C‑650/16, EU:C:2018:424, punti 61 e segg.).


37      Al contrario, la Corte ha espressamente incaricato il giudice nazionale di accertare se sussistano le condizioni stesse per supporre una perdita definitiva – v. sentenza del 12 giugno 2018, Bevola e Jens W. Trock (C‑650/16, EU:C:2018:424, punto 65).


38      Sentenza del 12 giugno 2018, Bevola e Jens W. Trock (C‑650/16, EU:C:2018:424, punti 39 e 59); v. anche sentenza del 4 luglio 2018, NN (C‑28/17, EU:C:2018:526, punto 35).


39      Riconoscere ai gruppi d’imprese una capacità contributiva transfrontaliera rilevante sotto il profilo giuridico finirebbe soprattutto per offrire ai grandi gruppi internazionali nuovi margini di manovra. Discutibile appare pertanto la sentenza del 4 luglio 2018, NN (C‑28/17, EU:C:2018:526, punto 35).


40      S’intende, semplificando, la struttura fiscale dei cosiddetti gruppi multinazionali che, nei sistemi fiscali finora esistenti, dispongono di possibilità (legali) per ridurre le proprie basi imponibili nelle giurisdizioni fiscali a imposizione elevata e trasferire gli utili verso paesi con regimi fiscali più vantaggiosi (base erosion and profit shifting).


41      Sentenza del 13 dicembre 2005 (C‑446/03, EU:C:2005:763, punto 55).


42      Conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Marks & Spencer (C‑446/03, EU:C:2005:201, paragrafo 8).