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SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

21 febbraio 2024 (*)

«Prodotti fitosanitari – Sostanza attiva cipermetrina – Regolamento di esecuzione (UE) 2021/2049 – Richiesta di riesame interno – Articolo 10, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1367/2006 – Rigetto della richiesta – Individuazione dei settori critici di preoccupazione da parte dell’EFSA – Valutazione e gestione del rischio – Principio di precauzione – Potere discrezionale della Commissione»

Nella causa T‑536/22,

Pesticide Action Network Europe (PAN Europe), con sede in Bruxelles (Belgio), rappresentata da A. Bailleux, avvocato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da A. Becker, G. Gattinara e M. ter Haar, in qualità di agenti,

convenuta,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da R. da Silva Passos, presidente, I. Reine e T. Pynnä (relatrice), giudici,

cancelliere: H. Eriksson, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 12 ottobre 2023,

ha pronunciato la seguente

Sentenza (1)

1        Con il suo ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la Pesticide Action Network Europe (PAN Europe), ricorrente, chiede l’annullamento della decisione della Commissione europea del 23 giugno 2022 (in prosieguo: la «decisione impugnata») con la quale quest’ultima ha respinto la richiesta di riesame interno da essa presentata conformemente all’articolo 10 del regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi dell’Unione europea delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU 2006, L 264, pag. 13), per il regolamento di esecuzione (UE) 2021/2049 della Commissione, del 24 novembre 2021, che rinnova l’approvazione della sostanza attiva cipermetrina come sostanza candidata alla sostituzione, in conformità al regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari, e che modifica l’allegato del regolamento di esecuzione (UE) n. 540/2011 della Commissione (GU 2021, L 420, pag. 6).

I.      Fatti

2        La cipermetrina è un insetticida della famiglia dei piretroidi. Tale famiglia di insetticidi è ampiamente utilizzata nell’Unione europea ai fini del controllo dei parassiti nelle colture. La cipermetrina è altamente tossica per gli insetti.

3        Con la direttiva 2005/53/CE, del 16 settembre 2005, recante modifica della direttiva 91/414/CEE del Consiglio per includervi clorotalonil, clorotoluron, cipermetrina, daminozide e tiofanato metile come sostanze attive (GU 2005, L 241, pag. 51), la Commissione ha iscritto la sostanza attiva cipermetrina nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (GU 1991, L 230, pag. 1). Le sostanze attive iscritte nell’allegato I della direttiva 91/414 sono considerate approvate a norma del regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre 2009, relativo all’immissione sul mercato dei prodotti fitosanitari e che abroga le direttive del Consiglio 79/117/CEE e 91/414/CEE (GU 2009, L 309, pag. 1), e sono elencate nell’allegato, parte A, del regolamento di esecuzione (UE) n. 540/2011 della Commissione, del 25 maggio 2011, recante disposizioni di attuazione del regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’elenco delle sostanze attive approvate (GU 2011, L 153, pag. 1).

4        Tale approvazione doveva giungere a scadenza il 28 febbraio 2016. Tuttavia, a causa di notevoli ritardi nei processi di rivalutazione e decisionali, essa è stata prorogata, mediante regolamenti di esecuzione della Commissione, di un anno nel 2017, nel 2018, nel 2019, nel 2020 e nel 2021 dal comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (in prosieguo: il «comitato permanente»).

5        Nell’ambito della procedura per il rinnovo dell’approvazione della cipermetrina, lo Stato membro relatore (in prosieguo: lo «SMR») ha elaborato, in consultazione con lo Stato membro correlatore, un progetto di rapporto valutativo per il rinnovo, che ha presentato all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e alla Commissione l’8 maggio 2017.

6        L’EFSA ha distribuito il progetto di rapporto valutativo per il rinnovo ai richiedenti e agli Stati membri al fine di raccoglierne le osservazioni e ha avviato una consultazione pubblica al riguardo. Essa ha quindi inoltrato le osservazioni pervenute alla Commissione.

7        Il 31 luglio 2018 l’EFSA ha formulato un parere scientifico dal titolo «Peer Review of the pesticide risk assessment of the active substance cypermethrin» (Revisione inter pares della valutazione dei rischi della sostanza attiva cipermetrina) (in prosieguo: le «conclusioni dell’EFSA»). L’EFSA vi individua quattro «settori critici di preoccupazione».

8        Come risulta dalle conclusioni dell’EFSA, quest’ultima individua uno o più settori critici di preoccupazione nei seguenti casi:

–        qualora si disponga di informazioni sufficienti per effettuare una valutazione degli impieghi rappresentativi secondo i principi uniformi di cui all’articolo 29, paragrafo 6, del regolamento n. 1107/2009 e come previsto dal regolamento (UE) n. 546/2011 della Commissione, del 10 giugno 2011, recante disposizioni di attuazione del regolamento (CE) n. 1107/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i principi uniformi per la valutazione e l’autorizzazione dei prodotti fitosanitari (GU 2011, L 155, pag. 127), e qualora la valutazione non consenta di concludere che, per almeno uno degli impieghi rappresentativi, si può prevedere che il prodotto fitosanitario (in prosieguo: il «PF») contenente la sostanza attiva non avrà alcun effetto nocivo sulla salute umana o degli animali o sulle acque sotterranee o alcun impatto inaccettabile sull’ambiente;

–        qualora la valutazione a un livello più elevato non abbia potuto essere conclusa a causa della mancanza di informazioni e qualora la valutazione effettuata al livello più basso non consenta di concludere che, per almeno uno degli impieghi rappresentativi, si può prevedere che il PF contenente la sostanza attiva non abbia alcun effetto nocivo sulla salute umana o degli animali o sulle acque sotterranee né alcun impatto inaccettabile sull’ambiente;

–        se, tenuto conto dello stato attuale delle conoscenze scientifiche e tecniche, utilizzando i documenti di orientamento disponibili al momento della domanda, è probabile che la sostanza attiva non soddisfi i criteri di approvazione previsti all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009.

9        Riguardo alla cipermetrina, l’EFSA ha individuato i seguenti settori critici di preoccupazione:

–        un elevato rischio per gli organismi acquatici;

–        un elevato rischio per le api mellifere;

–        un elevato rischio per gli artropodi non bersaglio presenti all’esterno della zona trattata;

–        una mancanza di informazioni relative alla composizione dei lotti di pesticidi utilizzati negli studi ecotossicologici presentati dai richiedenti l’approvazione che non ha consentito all’EFSA di accertare che tali lotti di pesticidi corrispondessero agli impieghi rappresentativi di un PF contenente la sostanza attiva, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 5, del regolamento n. 1107/2009.

10      Nella riunione del comitato permanente di gennaio 2019, la Commissione ha presentato una proposta di rinnovo dell’approvazione che prevedeva di limitare l’impiego della cipermetrina alle stagioni autunnale e invernale, al fine di proteggere le api e gli ambienti acquatici, con misure di mitigazione del rischio che avrebbero ridotto del 95% la deriva dei pesticidi nell’ambiente, al fine di prevenire impatti negativi su quest’ultimo.

11      Di fronte al rifiuto della maggioranza degli Stati membri di sostenere una proposta di rinnovo dell’approvazione accompagnata da siffatte limitazioni, la Commissione ha chiesto all’EFSA di pubblicare una dichiarazione sulle misure di mitigazione del rischio della cipermetrina.

12      Nel settembre 2019, l’EFSA ha pubblicato una dichiarazione sulle misure di mitigazione del rischio della cipermetrina (in prosieguo: la «dichiarazione del 2019»). L’EFSA vi precisa che solo una misura di attenuazione dei rischi che riduca la deriva dei pesticidi di oltre il 95% consentirebbe di concludere per un livello di rischio basso per gli organismi acquatici. Essa giunge alla medesima conclusione per gli artropodi non bersaglio. L’EFSA afferma parimenti che gli studi forniti non riguardano l’impiego della cipermetrina in autunno. L’EFSA ritiene inoltre che, per proteggere le api, sarebbero sufficienti un’assenza di piante infestanti in fiore nella coltura, un divieto di irrorazione sulle colture in fiore e una riduzione della deriva del 54% e che sarebbe possibile concludere per un livello di rischio basso.

13      A seguito di numerose riunioni del comitato permanente, il 24 novembre 2021, la Commissione ha adottato il regolamento di esecuzione 2021/2049. Tale rinnovo dell’approvazione è tuttavia accompagnato da una serie di disposizioni specifiche previste nell’allegato I di detto regolamento.

14      Il 20 gennaio 2022, sulla base dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, la ricorrente ha presentato alla Commissione una richiesta di riesame interno del regolamento di esecuzione 2021/2049 al fine di ottenerne l’abrogazione o la sostituzione con un regolamento che stabilisse che l’approvazione della sostanza attiva cipermetrina non era rinnovata. In tale richiesta, la ricorrente espone le ragioni per le quali ritiene che detto regolamento sia in contrasto con il principio di precauzione e con l’obbligo dell’Unione di assicurare un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente, quale derivante dall’articolo 9, dall’articolo 11, dall’articolo 168, paragrafo 1, e dall’articolo 191, paragrafo 1, TFUE nonché dagli articoli 35 e 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e quale concretizzato, per quanto riguarda i [PF], dal regolamento n. 1107/2009, in particolare al suo articolo 4.

15      Il 18 febbraio 2022 la Commissione ha chiesto assistenza tecnica e scientifica all’EFSA in merito a tutti gli elementi scientifici pertinenti presentati nella richiesta di riesame interno. In risposta a tale richiesta di assistenza, il 15 marzo 2022 l’EFSA ha pubblicato una relazione tecnica (in prosieguo: la «relazione tecnica») che si limitava a esaminare una sola censura formulata dalla ricorrente, quella relativa alla mancata presa in considerazione di taluni studi tratti dalla letteratura indipendente nell’esame della proprietà di interferente endocrino della cipermetrina.

16      In un messaggio di posta elettronica del 18 luglio 2022, la Commissione ha inviato alla ricorrente una copia in lingua francese della decisione impugnata, recante un allegato che illustrava le motivazioni del rigetto della richiesta di riesame interno.

II.    Conclusioni delle parti

17      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare la Commissione alle spese.

18      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

III. In diritto

19      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce un unico motivo, vertente sulla violazione del principio di precauzione e dell’obbligo dell’Unione di assicurare un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente, quale derivante dall’articolo 9, dall’articolo 11, dall’articolo 168, paragrafo 1, e dall’articolo 191, paragrafo 1, TFUE nonché dagli articoli 35 e 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e quale concretizzato, per quanto riguarda i [PF], dal regolamento n. 1107/2009, in particolare al suo articolo 4.

20      Il motivo unico della ricorrente si articola in due parti. La prima parte è diretta contro le osservazioni preliminari contenute nel titolo I dell’allegato della decisione impugnata. La seconda parte è diretta contro i motivi specifici dedotti nel titolo II di detto allegato al fine di respingere le sette censure sollevate dalla ricorrente nella sua richiesta di riesame interno.

21      In via preliminare, occorre esaminare la questione del dies a quo del termine di ricorso previsto dall’articolo 263, sesto comma, TFUE e gli argomenti delle parti relativi alla ricevibilità di taluni argomenti dedotti dalla ricorrente, nella misura in cui sono contestati dalla Commissione. Occorrerà altresì ricordare la portata del sindacato giurisdizionale del Tribunale.

A.      Osservazioni preliminari

1.      Sul dies a quo del termine di ricorso di cui allarticolo 263, sesto comma, TFUE

22      Sebbene nel caso di specie la Commissione non contesti la ricevibilità del ricorso in quanto tardivo, la ricorrente ha ricordato, in udienza, che era importante che il Tribunale precisasse il dies a quo del termine di ricorso previsto dall’articolo 263, sesto comma, TFUE, affermando che esso corrispondeva alla comunicazione della copia in lingua francese della decisione impugnata, effettuata il 18 luglio 2022, e non alla notifica di tale decisione in lingua inglese, avvenuta il 23 giugno 2022.

23      A tal riguardo, occorre anzitutto rammentare che, ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 1 del Consiglio, del 15 aprile 1958, che stabilisce il regime linguistico della Comunità economica europea (GU 1958, 17, pag. 385), i testi diretti alle istituzioni sono redatti, a scelta del mittente, in una delle lingue ufficiali e la risposta è redatta nella medesima lingua.

24      Occorre inoltre rilevare che da nessuna disposizione del regolamento n. 1367/2006 risulta che il legislatore abbia inteso derogare alle disposizioni generali relative all’uso delle lingue contenute nel regolamento n. 1 e, segnatamente, all’articolo 2 di tale regolamento, per quanto riguarda le richieste di riesame interno presentate ai sensi dell’articolo 10 del regolamento n. 1367/2006.

25      Nel caso di specie, il 20 gennaio 2022 la ricorrente ha presentato una richiesta di riesame interno in lingua francese relativa al regolamento di esecuzione 2021/2049. Si deve quindi ritenere che sia la comunicazione in lingua francese della decisione impugnata, ricevuta dalla ricorrente il 18 luglio 2022, a costituire il dies a quo del termine di ricorso di cui all’articolo 263, sesto comma, TFUE.

26      Il presente ricorso, essendo stato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 31 agosto 2022, dev’essere quindi dichiarato ricevibile.

2.      Sulla natura del ricorso fondato sullarticolo 12 del regolamento n. 1367/2006 e sulla portata della regola della corrispondenza tra la richiesta di riesame e il ricorso di annullamento

27      Senza concludere per l’irricevibilità del ricorso nella sua interezza, la Commissione obietta, in vari passaggi del controricorso e della controreplica, che taluni argomenti dedotti dalla ricorrente non erano stati sollevati nella sua richiesta di riesame interno. Tali argomenti dovrebbero, pertanto, essere dichiarati irricevibili, conformemente alla regola della corrispondenza tra la richiesta di riesame e il ricorso di annullamento. Secondo tale regola, un ricorso di annullamento non può essere fondato su motivi nuovi o su elementi di prova che non figurano nella richiesta di riesame (sentenza del 12 settembre 2019, TestBioTech e a./Commissione, C‑82/17 P, EU:C:2019:719, punti 38 e 39).

28      La Commissione non contesta che la ricorrente possa rispondere agli argomenti dedotti nella decisione impugnata a sostegno del suo argomento iniziale, ma ritiene che essa non possa in tal modo sostenere un argomento nuovo. Ciò modificherebbe l’«ambito di applicazione» del procedimento avviato dalla richiesta di riesame, che è proprio quanto dovrebbe essere evitato, come indicato al considerando 15 del regolamento (UE) 2021/1767 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 ottobre 2021, relativo alla modifica del regolamento n. 1367/2006 (GU 2021, L 356, pag. 1), e al punto 39 della sentenza del 12 settembre 2019, TestBioTech e a./Commissione (C‑82/17 P, EU:C:2019:719). A tal riguardo, secondo la Commissione, se è vero che il procedimento di riesame interno ha lo scopo di garantire l’accesso alla giustizia per gli atti che possono violare il diritto ambientale, il ricorso a siffatto procedimento non dovrebbe pregiudicare il suo «effetto utile», che è collegato al mantenimento dello stesso «oggetto» per tutta la durata di detto procedimento.

29      La Commissione ricorda inoltre che, nella sua sentenza del 12 settembre 2019, TestBioTech e a./Commissione (C‑82/17 P, EU:C:2019:719), la Corte ha precisato che l’onere della prova a carico di un richiedente un riesame interno riguardava «gli elementi di fatto o gli argomenti di diritto», senza alcuna limitazione. Non vi possono quindi essere «elementi contestuali» che «sfugg[ano] alla logica d[ella] corrispondenza».

30      Secondo la Commissione, infatti, la logica di un ricorso di annullamento, ai sensi dell’articolo 12 del regolamento n. 1367/2006, riguarderebbe unicamente la qualità e la fondatezza della risposta fornita alla richiesta di riesame, recante una valutazione sulla legittimità di una determinata misura. Qualora un richiedente il riesame interno non sia soddisfatto della risposta ricevuta, in quanto la sua contestazione ai sensi dell’articolo 12 mira specificamente a invalidare tale valutazione di legittimità, non può aggiungere nuovi argomenti senza modificare l’oggetto del procedimento avviato dalla richiesta di riesame interno.

31      Dal considerando 21 del regolamento 2021/1767 risulterebbe chiaramente che il ricorrente è tenuto a presentare, dall’inizio del procedimento, elementi di diritto o di fatto sufficientemente circostanziati che diano adito a «seri dubbi» sulla valutazione effettuata dall’istituzione o dall’organo dell’Unione. La ricorrente non può quindi avvalersi della giurisprudenza relativa ad altri procedimenti giurisdizionali, quali le impugnazioni o i ricorsi per inadempimento, in quanto tale interpretazione per analogia non può derogare ai criteri interpretativi direttamente e specificamente stabiliti dalla Corte nella sua giurisprudenza relativa al regolamento n. 1367/2006.

32      Pertanto, il ricorso proposto dalla ricorrente, a seguito della risposta alla sua richiesta di riesame interno, non può privare la procedura di riesame del suo effetto utile e può avere solo lo scopo di verificare in concreto se gli argomenti o i dubbi reali sollevati dalla ricorrente nella richiesta di riesame siano stati trattati con diligenza e con argomenti plausibili.

33      La ricorrente contesta, in generale, l’interpretazione della regola di corrispondenza effettuata dalla Commissione. Essa osserva che la Commissione sembra volerla porre in una situazione impossibile, dato che, da un lato, le contesta di aver riproposto gli argomenti esposti nella richiesta di riesame interno senza tener conto dell’argomento sviluppato nella decisione impugnata e, dall’altro, eccepisce che taluni argomenti sarebbero irricevibili in quanto nuovi, essendo stati dedotti dalla ricorrente in risposta all’argomentazione svolta per la prima volta dalla Commissione nella decisione impugnata. Una siffatta interpretazione sarebbe manifestamente contraria al diritto a una tutela giurisdizionale effettiva e allo spirito del regolamento n. 1367/2006.

34      Dal considerando 15 del regolamento 2021/1767 risulterebbe che la regola della corrispondenza vieta unicamente ai ricorrenti di dedurre «motivi o elementi di prova che non compaiono nella domanda di riesame» al fine di salvaguardare l’«effetto utile» della domanda di riesame interno e di impedire ai ricorrenti di «modificare l’oggetto del procedimento avviato con tale domanda». Alla luce del loro significato abituale e della finalità perseguita dalla regola della corrispondenza, le nozioni di «motivi» e di «elementi di prova» non potevano essere ragionevolmente interpretate nel senso che comprendevano qualsivoglia elemento volto a chiarire o contestualizzare un argomento già presente nella richiesta di riesame.

35      A tal riguardo, secondo la ricorrente, occorrerebbe tracciare un parallelo tra tale regola della corrispondenza e quella prevalente nei procedimenti di impugnazione e nelle procedure di infrazione.

36      Neppure le nozioni di «motivi» e di «elementi di prova» potrebbero essere ragionevolmente intese nel senso che impediscono a un ricorrente di rispondere a un argomento sollevato dalla stessa Commissione per giustificare la sua decisione di rifiutare il riesame.

37      Alla luce di tali considerazioni, la ricorrente chiede al Tribunale di dichiarare che nessuno degli elementi di cui la Commissione contesta l’ammissibilità può essere considerato come un nuovo «motivo» o nuovo «elemento di prova». Tali elementi sarebbero stati tutti dedotti dalla ricorrente al fine di rispondere a un argomento sviluppato dalla Commissione nella decisione impugnata per giustificare il suo rifiuto di riesame. Si tratterebbe peraltro di elementi contestuali, chiarificatori o di discussione, di cui la Commissione era già a conoscenza, e che non potrebbero considerarsi decisivi o idonei, di per sé, a costituire il fondamento di un accertamento di illegittimità. In tal senso, essi non modificherebbero in alcun modo l’oggetto del procedimento né pregiudicherebbero l’effetto utile della procedura di riesame.

38      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, qualsiasi organizzazione non governativa che soddisfi i criteri di cui all’articolo 11 di tale regolamento è legittimata a presentare una richiesta di riesame interno di un atto amministrativo all’istituzione o all’organo dell’Unione che lo ha adottato ai sensi del diritto ambientale. Qualora, come nel caso di specie, l’oggetto dell’atto amministrativo in questione verta su una decisione di rinnovo dell’approvazione di una sostanza attiva, quale la cipermetrina, l’oggetto di una richiesta di riesame riguarda, in ossequio a tale disposizione, la rivalutazione di una siffatta approvazione.

39      La richiesta di riesame interno di un atto amministrativo è diretta quindi a far accertare l’asserita illegittimità o l’infondatezza dell’atto considerato. Il richiedente può in seguito adire, conformemente all’articolo 12 del regolamento n. 1367/2006, in combinato disposto con l’articolo 10 di tale regolamento, il giudice dell’Unione proponendo un ricorso per incompetenza, violazione delle forme sostanziali, violazione dei trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione o per sviamento di potere avverso la decisione che rigetta in quanto infondata la richiesta di riesame interno.

40      Ne consegue che, a norma del combinato disposto degli articoli 10 e 12 del regolamento n. 1367/2006, un ricorso di annullamento è ricevibile solo se è diretto contro la risposta a detta domanda e se i motivi dedotti a sostegno dell’annullamento riguardano specificamente tale risposta (v., in tal senso, sentenza del 15 dicembre 2016, TestBioTech e a./Commissione, T‑177/13, non pubblicata, EU:T:2016:736, punto 56).

41      Un simile ricorso non può essere fondato su motivi nuovi o elementi di prova che non comparivano nella richiesta di riesame, salvo privare il requisito relativo alla motivazione di una siffatta domanda, di cui all’articolo 10, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006, del suo effetto utile e modificare l’oggetto del procedimento avviato con tale domanda (sentenza del 12 settembre 2019, TestBioTech e a./Commissione, C‑82/17 P, EU:C:2019:719, punto 39).

42      È quindi insito nel sistema del riesame che chi lo chiede deduca motivi concreti e precisi idonei a rimettere in discussione le valutazioni sulle quali è fondata la decisione di autorizzazione. Pertanto, al fine di precisare i motivi di riesame nel modo richiesto, chi chiede il riesame interno di un atto amministrativo ai sensi del diritto dell’ambiente è tenuto ad indicare gli elementi di fatto o gli argomenti di diritto sostanziali che possono far sorgere dubbi plausibili, ossia seri, quanto alla valutazione svolta dall’istituzione o dall’organo dell’Unione nell’atto considerato (v., in tal senso, sentenza del 12 settembre 2019, TestBioTech e a./Commissione, C‑82/17 P, EU:C:2019:719, punti 68 e 69).

43      Inoltre, occorre rilevare che i motivi e gli argomenti sollevati dinanzi al Tribunale nell’ambito di un ricorso di annullamento di una decisione recante rigetto di una richiesta di riesame interno potrebbero essere considerati ricevibili solo nella misura in cui tali motivi e argomenti siano già stati presentati dal ricorrente nella richiesta di riesame interno, in modo che la Commissione abbia potuto reagire (v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 2016, TestBioTech e a./Commissione, T‑177/13, non pubblicata, EU:T:2016:736, punto 68, e del 4 aprile 2019, ClientEarth/Commissione, T‑108/17, EU:T:2019:215, punto 55).

44      Tuttavia, come riconosciuto dalla Commissione, non si può esigere che un ricorrente proponente un ricorso dinanzi al Tribunale ai sensi dell’articolo 12 del regolamento n. 1367/2006 si limiti a riprodurre testualmente gli argomenti da esso dedotti nella sua richiesta di riesame interno.

45      Infatti, da un lato, allo stesso modo in cui un ricorrente è legittimato a proporre un’impugnazione in cui fa valere, dinanzi alla Corte, motivi derivanti dalla stessa sentenza impugnata e diretti a contestarne, in diritto, la fondatezza (sentenze del 29 novembre 2007, Stadtwerke Schwäbisch Hall e a./Commissione, C‑176/06 P, non pubblicata, EU:C:2007:730, punto 17; del 10 aprile 2014, Commissione/Siemens Österreich e a. e Siemens Transmission & Distribution e a./Commissione, da C‑231/11 P a C‑233/11 P, EU:C:2014:256, punto 102, e del 25 gennaio 2022, Commissione/European Food e a., C‑638/19 P, EU:C:2022:50, punto 77), un ricorrente ai sensi dell’articolo 12 del regolamento n. 1367/2006 deve poter dedurre argomenti diretti a contestare, in diritto, la fondatezza della decisione adottata in risposta alla sua richiesta di riesame interno. Siffatti argomenti non possono, tuttavia, modificare l’oggetto del procedimento avviato con tale richiesta, pena la privazione del suo effetto utile. In particolare, non si possono includere nuovi argomenti o elementi di prova che avrebbero potuto essere sollevati al momento della richiesta di riesame.

46      Dall’altro lato, un argomento che non è stato dedotto nella fase della richiesta di riesame non può considerarsi come un motivo nuovo, irricevibile in sede di ricorso dinanzi al Tribunale, se rappresenta un mero ampliamento di un argomento già sviluppato nell’ambito di tale domanda (v., in tal senso e per analogia, sentenze del 3 marzo 2016, Spagna/Commissione, C‑26/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:132, punto 84; del 13 luglio 2017, Saint‑Gobain Glass Deutschland/Commissione, C‑60/15 P, EU:C:2017:540, punto 51, e del 9 dicembre 2020, Groupe Canal +/Commissione, C‑132/19 P, EU:C:2020:1007, punto 28). Per poter essere considerato un ampliamento di un motivo o di una censura precedentemente dedotti, un nuovo argomento deve avere un nesso sufficientemente stretto con i motivi o le censure inizialmente esposti da poter essere considerato come il risultato del normale svolgimento del dibattito nell’ambito di un procedimento contenzioso (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 13 luglio 2022, Delifruit/Commissione, T‑629/20, EU:T:2022:448, punto 20 e giurisprudenza ivi citata).

47      Tenuto conto della peculiare natura del procedimento di riesame istituito dal regolamento n. 1367/2006, una possibilità del genere deve tuttavia conciliarsi con la necessità di preservare l’effetto utile di detto procedimento, cosicché essa non può consentire a un ricorrente di modificare l’oggetto di tale procedimento deducendo nuovi motivi o elementi di prova che non abbiano un nesso sufficientemente stretto con le censure esposte in sede di richiesta di riesame. In tal senso, nel caso di specie, come fa valere la Commissione, la ricorrente non può dedurre nuovi argomenti «contestuali» che si sottraggano alla logica di tale regola della corrispondenza, salvo riconoscere che siffatti argomenti sono, in ogni caso, inconferenti.

48      È alla luce di tali considerazioni che il Tribunale esaminerà qui di seguito la ricevibilità degli argomenti dedotti dalla ricorrente in relazione a ciascuna delle specifiche censure dirette a contestare la fondatezza della decisione impugnata.

3.      Sulla portata del sindacato giurisdizionale del Tribunale

49      Ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 3, il regolamento n. 1107/2009 intende assicurare un elevato livello di protezione della salute umana e animale e dell’ambiente e migliorare il funzionamento del mercato interno attraverso l’armonizzazione delle norme relative all’immissione sul mercato dei PF, stimolando nel contempo la produzione agricola.

50      Imponendo il mantenimento di un livello elevato di protezione dell’ambiente, il regolamento n. 1107/2009 applica l’articolo 11 TFUE e l’articolo 114, paragrafo 3, TFUE. L’articolo 11 TFUE prevede che le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile. Concretizzando tale obbligo, l’articolo 114, paragrafo 3, TFUE dispone che la Commissione, nelle sue proposte in materia, in particolare, di protezione dell’ambiente, effettuate nel quadro del ravvicinamento delle legislazioni che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno, si basa su un livello di protezione elevato, tenuto conto, in particolare, degli eventuali nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici, e che, nell’ambito delle rispettive competenze, il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea cercheranno anch’essi di conseguire tale obiettivo. Tale protezione dell’ambiente ha un’importanza preponderante rispetto alle considerazioni di ordine economico, di modo che essa è tale da giustificare conseguenze economiche negative, anche considerevoli, per taluni operatori (v. sentenza del 17 maggio 2018, Bayer CropScience e a./Commissione, T‑429/13 e T‑451/13, EU:T:2018:280, punto 106 e giurisprudenza ivi citata).

51      Il considerando 8 del regolamento n. 1107/2009 precisa peraltro che il principio di precauzione dovrebbe essere applicato e che detto regolamento intende assicurare che l’industria dimostri che le sostanze o i prodotti fabbricati o immessi sul mercato non hanno alcun effetto nocivo sulla salute umana o degli animali o alcun impatto inaccettabile sull’ambiente.

52      In tale contesto, al fine di perseguire efficacemente gli obiettivi ad essa assegnati dal regolamento n. 1107/2009 e alla luce delle complesse valutazioni tecniche che deve effettuare, deve essere riconosciuto alla Commissione un ampio potere discrezionale (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2007, Industrias Químicas del Vallés/Commissione, C‑326/05 P, EU:C:2007:443, punto 75). Ciò vale, in particolare, per le decisioni in materia di gestione del rischio che essa deve adottare in applicazione di detto regolamento (sentenza del 17 maggio 2018, Bayer CropScience e a./Commissione, T‑429/13 e T‑451/13, EU:T:2018:280, punto 143).

53      L’esercizio di tale potere non è tuttavia sottratto al sindacato giurisdizionale. Infatti, da una costante giurisprudenza risulta che, nell’ambito di tale sindacato, il giudice dell’Unione deve verificare l’osservanza delle norme di procedura, l’esattezza materiale dei fatti considerati dalla Commissione, l’insussistenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti o l’insussistenza di sviamento di potere (v. sentenza del 18 luglio 2007, Industrias Químicas del Vallés/Commissione, C‑326/05 P, EU:C:2007:443, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

54      Per quanto riguarda la valutazione da parte del giudice dell’Unione dell’esistenza di un errore manifesto di valutazione, occorre precisare che, al fine di stabilire che la Commissione ha commesso un manifesto errore nella valutazione di fatti complessi tale da giustificare l’annullamento della decisione impugnata, gli elementi di prova addotti dal ricorrente devono essere sufficienti a privare di plausibilità le valutazioni dei fatti considerati nella decisione di cui si tratta. Fatto salvo tale esame di plausibilità, non spetta al Tribunale sostituire la sua valutazione di fatti complessi a quella dell’autore dell’atto (v. sentenza del 17 maggio 2018, Bayer CropScience e a./Commissione, T‑429/13 e T‑451/13, EU:T:2018:280, punto 145 e giurisprudenza ivi citata).

55      I limiti al sindacato giurisdizionale sopra menzionati non pregiudicano tuttavia l’obbligo del giudice di verificare l’esattezza materiale degli elementi di prova addotti, la loro attendibilità e la loro coerenza, nonché di accertare se tali elementi costituiscano l’insieme dei dati rilevanti che devono essere presi in considerazione per valutare una situazione complessa e se siano idonei a corroborare le conclusioni che se ne traggono (v., in tal senso, sentenze del 15 febbraio 2005, Commissione/Tetra Laval, C‑12/03 P, EU:C:2005:87, punto 39; del 9 luglio 2015, Germania/Commissione, C‑360/14 P, non pubblicata, EU:C:2015:457, punto 37, e del 4 maggio 2023, BCE/Crédit lyonnais, C‑389/21 P, EU:C:2023:368, punto 56).

56      Si deve inoltre ricordare che, nei casi in cui un’istituzione disponga di un ampio potere discrezionale, è di fondamentale importanza il controllo del rispetto di talune garanzie procedurali. La Corte ha avuto modo di precisare che tra tali garanzie si annoverano obbligo dell’istituzione competente di esaminare in modo accurato e imparziale tutti gli elementi rilevanti della fattispecie e di motivare la decisione in modo sufficiente (v., in tal senso, sentenza del 22 novembre 2007, Spagna/Lenzing, C‑525/04 P, EU:C:2007:698, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

B.      Sulle osservazioni preliminari formulate nel titolo I dell’allegato della decisione impugnata (prima parte del motivo unico)

57      Questa prima parte è costituita da tre censure distinte, vertenti, in primo luogo, sul ruolo della Commissione in quanto responsabile della gestione del rischio ai sensi del regolamento n. 1107/2009, in secondo luogo, sul ruolo del principio di precauzione e, in terzo luogo, sul ruolo attribuito agli Stati membri ai sensi del regolamento n. 1107/2009 nell’autorizzazione dei PF.

58      A tal riguardo, occorre rilevare che, nell’allegato della decisione impugnata, la Commissione ha inteso formulare «una serie di osservazioni preliminari generali sugli elementi alla base delle sue decisioni di regolamentazione ai sensi del regolamento [n. 1107/2009 e che sono] rilevanti ai fini dello svolgimento del riesame interno».

59      Come riconosciuto dalla Commissione nel suo controricorso, diversi argomenti dedotti dalla ricorrente in relazione a tali osservazioni preliminari per quanto concerne, rispettivamente, il ruolo della Commissione come responsabile della gestione del rischio, il principio di precauzione e il ruolo degli Stati membri, sono idonei a incidere sulla valutazione del merito del ricorso.

60      In tali circostanze, gli argomenti della ricorrente diretti contro dette osservazioni preliminari, quand’anche di carattere trasversale, non possono essere considerati irricevibili o inconferenti. Occorre pertanto esaminarli nel merito.

1.      Sul ruolo della Commissione in quanto responsabile della gestione del rischio e sul ruolo del principio di precauzione

61      In primo luogo, la ricorrente contesta alla Commissione di aver ritenuto che, in quanto responsabile della gestione del rischio, ai sensi dell’articolo 3 del regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l’Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU 2002, L 31, pag. 1), «[essa] non [fosse] tenuta a conformarsi alle conclusioni tratte dalla valutazione scientifica del rischio nelle proprie decisioni di regolamentazione», potendo prendere in considerazione altri aspetti, se pertinenti, e accompagnare le proprie decisioni di approvazione con misure di mitigazione del rischio.

62      Anzitutto, secondo la ricorrente, sarebbe sbagliato applicare in blocco il sistema e i principi del regolamento n. 178/2002 al regolamento n. 1107/2009. Infatti, contrariamente a quest’ultimo, il regolamento n. 1107/2009 si fonderebbe sul principio di precauzione, ragion per cui esso porrebbe la tutela di tali interessi sistematicamente al di sopra del soddisfacimento degli interessi economici. Inoltre, l’allegato II del regolamento n. 1107/2009 stabilirebbe una serie di criteri di esclusione, la cui mancata osservanza precluderebbe l’approvazione della sostanza attiva interessata, senza alcun potere discrezionale da parte della Commissione. Ciò varrebbe, in particolare, per quanto riguarda le proprietà d’interferente endocrino, il cui rischio è stato sollevato dalla ricorrente, nonché per numerosi criteri ambientali. Più in generale, da un punto di vista ecotossicologico, il punto 3.8 dell’allegato II del regolamento n. 1107/2009 consentirebbe alla Commissione di approvare una sostanza attiva solo se «la valutazione del rischio dimostra che i rischi sono accettabili», comportando, in particolare, solo «un’esposizione trascurabile per le api».

63      Secondo la ricorrente, da tali disposizioni emergerebbe che la Commissione non è autorizzata, ai fini della gestione del rischio, ad approvare sostanze attive che, in base a una valutazione scientifica indipendente, risultino non conformi ai criteri di cui all’allegato II del regolamento n. 1107/2009. Ciò varrebbe anche per il carattere «accettabile» del rischio, che talvolta può essere determinato in sede di valutazione e non in fase di gestione di quest’ultimo. Infatti, secondo la comunicazione della Commissione sul principio di precauzione, del 2 febbraio 2000 [COM(2000) 1 definitivo], tale operazione della gestione del rischio avrebbe luogo solo in presenza di una «valutazione scientifica del rischio che, per l’insufficienza dei dati, il loro carattere non concludente o la loro imprecisione, non consente di determinare con sufficiente certezza il rischio in questione». In altri termini, in presenza di un rischio accertato con sufficiente certezza, la Commissione non potrebbe non tenere conto delle conclusioni della valutazione scientifica sulla base delle sue attribuzioni come responsabile della gestione del rischio. Tale circostanza si verificherebbe, in particolare, nel caso in cui l’EFSA indichi la presenza di un «rischio elevato» associato alla sostanza.

64      Inoltre, la ricorrente osserva che, anche supponendo che la Commissione sia in grado di approvare, alla luce di altri interessi, in particolare di natura economica, una sostanza che la valutazione dell’EFSA dimostri non soddisfare i criteri di cui all’allegato II del regolamento n. 1107/2009, il regolamento di esecuzione 2021/2049 non si basa su una motivazione di tal genere.

65      In secondo luogo, la ricorrente critica la constatazione della Commissione secondo la quale un regime di autorizzazione accompagnato da «rigorose misure di mitigazione del rischio», quale il regolamento di esecuzione 2021/2049, può costituire sia un’applicazione del principio di precauzione sia un mezzo per rispettare il principio di proporzionalità. Da un lato, essa ritiene che il ricorso a siffatti principi non possa avere l’effetto di rendere inoperanti le condizioni chiare e precise di approvazione stabilite all’articolo 4 e nell’allegato II del regolamento n. 1107/2009. Qualora la valutazione scientifica conduca alla conclusione che una sostanza non soddisfa tali condizioni, la Commissione non potrebbe sostituirsi al legislatore approvando comunque detta sostanza per ragioni politiche o economiche. Dall’altro lato, l’adozione di misure di mitigazione del rischio deve accordarsi con il principio di effettività. Orbene, tale principio sarebbe minato da condizioni talmente rigorose da diventare impraticabili e da rischiare quindi di non essere applicate, rispettate e controllate. Alcune delle condizioni alla base del regolamento di esecuzione 2021/2049, quali le zone cuscinetto superiori a cento metri, sarebbero manifestamente irrealistiche. Del resto, agli Stati membri non verrebbero imposte misure specifiche, il che renderebbe ancora più illusorio il rispetto di dette condizioni.

66      La Commissione contesta tali argomenti.

67      In via preliminare, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione, la posizione della ricorrente secondo la quale quest’ultima verrebbe automaticamente privata di «ogni potere discrezionale» in caso di incertezza in merito alla ricorrenza di uno dei criteri indicati al punto 3 dell’allegato II del regolamento n. 1107/2009, ha un nesso sufficientemente stretto con l’argomento, dedotto dalla ricorrente al punto 16 della sua richiesta di riesame interno, dal quale risulta che, «[i]n forza dei principi di precauzione, di un livello elevato di protezione della salute umana e dell’ambiente e dell’articolo 4, [paragrafo] 1, del regolamento [n. 1107/2009], l’individuazione anche di un solo [settore critico di preoccupazione] dovrebbe comportare un [mancato rinnovo dell’approvazione] della sostanza, nei limiti in cui la protezione della salute umana o dell’ambiente non può essere garantita».

68      Parimenti, per quanto concerne l’argomento fondato sul punto 3.8 dell’allegato II del regolamento n. 1107/2009, si deve considerare che esso presenta un nesso sufficientemente stretto con gli argomenti dedotti dalla ricorrente nella sua richiesta di riesame interno, ragion per cui deve considerarsi ricevibile, in ossequio alla giurisprudenza citata al precedente punto 46.

69      Nel merito, riguardo al ruolo della Commissione in quanto responsabile della gestione del rischio e il ruolo del principio di precauzione, occorre anzitutto ricordare che le procedure di autorizzazione e di approvazione istituite dal regolamento n. 1107/2009 per i PF e le loro sostanze attive costituiscono una delle espressioni del principio di precauzione (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2018, Bayer CropScience e a./Commissione, T‑429/13 e T‑451/13, EU:T:2018:280, punto 108 e giurisprudenza ivi citata).

70      Il principio di precauzione è un principio generale del diritto dell’Unione che fa obbligo alle autorità interessate di adottare, nell’ambito preciso dell’esercizio dei poteri loro conferiti dalla normativa pertinente, misure appropriate al fine di prevenire taluni rischi potenziali per la salute pubblica, la sicurezza e l’ambiente, facendo prevalere le esigenze connesse alla tutela di tali interessi rispetto agli interessi economici. Infatti, essendo le istituzioni dell’Unione europea responsabili, in tutti i loro ambiti di competenza, della tutela della salute pubblica, della sicurezza e dell’ambiente, il principio di precauzione può essere considerato come un principio autonomo che discende dalle disposizioni del Trattato, in particolare dall’articolo 11, dall’articolo 168, paragrafo 1, dall’articolo 169, paragrafi 1 e 2, e dall’articolo 191, paragrafi 1 e 2, TFUE (v., in tal senso, sentenze del 26 novembre 2002, Artegodan e a./Commissione, T‑74/00, T‑76/00, da T‑83/00 a T‑85/00, T‑132/00, T‑137/00 e T‑141/00, EU:T:2002:283, punto 184; del 21 ottobre 2003, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio, T‑392/02, EU:T:2003:277, punto 121, e dell’11 luglio 2019, BP/FRA, T‑838/16, non pubblicata, EU:T:2019:494, punto 396).

71      Il principio di precauzione implica che, quando sussistono incertezze riguardo all’esistenza o alla portata di rischi, in particolare per l’ambiente, possono essere adottate misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di detti rischi. Qualora risulti impossibile determinare con certezza l’esistenza o la portata del rischio asserito a causa della natura non concludente dei risultati degli studi condotti, ma persista la probabilità di un danno reale per l’ambiente nell’ipotesi in cui il rischio si realizzasse, il principio di precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive (v. sentenza del 6 maggio 2021, Bayer CropScience e Bayer/Commissione, C‑499/18 P, EU:C:2021:367, punto 80 e giurisprudenza ivi citata).

72      Ciò premesso, si deve constatare che il principio di precauzione giustifica l’adozione di misure restrittive soltanto a condizione che esse siano non solo non discriminatorie e obiettive, ma anche proporzionate. Pertanto, il principio di precauzione, come sancito dall’articolo 191, paragrafo 2, TFUE, è rivolto all’azione dell’Unione e non può essere interpretato nel senso che un’istituzione dell’Unione è tenuta, unicamente sulla base di tale principio, ad adottare una misura specifica, come il rifiuto di un’autorizzazione. Se è vero che tale principio può giustificare l’adozione di una misura restrittiva da parte di un’istituzione, resta il fatto che esso non la impone in ogni circostanza (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 4 aprile 2019, ClientEarth/Commissione, T‑108/17, EU:T:2019:215, punti 282 e 284).

73      Nel caso in cui la valutazione scientifica non consenta di stabilire con sufficiente certezza l’esistenza del rischio, la scelta di ricorrere o di non ricorrere al principio di precauzione dipende generalmente dal livello di protezione scelto dall’autorità competente nell’esercizio del suo ampio potere discrezionale. Tale scelta deve tuttavia essere conforme al principio della preminenza della tutela della salute, della sicurezza e dell’ambiente sugli interessi economici, nonché ai principi di proporzionalità e di non discriminazione (v., in tal senso, sentenze del 26 novembre 2002, Artegodan e a./Commissione, T‑74/00, T‑76/00, da T‑83/00 a T‑85/00, T‑132/00, T‑137/00 e T‑141/00, EU:T:2002:283, punto 186, e del 21 ottobre 2003, Solvay Pharmaceuticals/Consiglio, T‑392/02, EU:T:2003:277, punto 125).

74      Nell’ambito del procedimento che porta all’adozione da parte di un’istituzione di misure appropriate al fine di prevenire determinati potenziali rischi per la salute, la sicurezza e l’ambiente in forza del principio di precauzione, si possono distinguere tre fasi successive: innanzitutto, l’identificazione degli effetti potenzialmente negativi che derivano da un dato fenomeno; in secondo luogo, la valutazione dei rischi correlati a tale fenomeno per la sanità pubblica, la sicurezza e l’ambiente; in terzo luogo, qualora i potenziali rischi identificati oltrepassino il limite accettabile per la società, la gestione del rischio per mezzo dell’adozione di adeguate misure di protezione (sentenza del 17 maggio 2018, Bayer CropScience e a./Commissione, T‑429/13 e T‑451/13, EU:T:2018:280, punto 111).

75      In primo luogo, la ricorrente fa valere, in sostanza, che, qualora un rischio sia accertato con sufficiente certezza dall’EFSA, la Commissione non può non tenere conto delle conclusioni della valutazione scientifica sulla base delle sue attribuzioni come responsabile della gestione del rischio.

76      A tal riguardo, occorre anzitutto ricordare che, nella decisione impugnata, la Commissione ha dichiarato quanto segue:

«Nell’adottare i regolamenti di esecuzione relativi all’approvazione o al rinnovo dell’approvazione di una sostanza attiva in forza del [regolamento n. 1107/2009], la Commissione agisce in qualità di responsabile della gestione del rischio ai sensi dell’articolo 3 del regolamento (CE) n. 178/2002. Essa agisce sulla base di un processo di valutazione del rischio in due fasi condotto da uno [SMR] e dall’EFSA, in stretta consultazione con i responsabili della gestione del rischio degli Stati membri rappresentati nel comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi – sezione Prodotti fitosanitari – Legislazione.

La Commissione desidera pertanto rammentare, in primo luogo, che, in quanto responsabile della gestione del rischio, nelle sue decisioni regolamentari essa non è tenuta a conformarsi alle conclusioni tratte dalla valutazione scientifica del rischio, ma che si avvale di tali conclusioni come base per l’adozione di decisioni consapevoli ai fini della gestione del rischio [v. considerando 34 del regolamento (CE) n. 178/2002], tenendo conto di diversi elementi. Tali elementi comprendono il progetto di rapporto valutativo per il rinnovo elaborato dallo [SMR] e le conclusioni dell’EFSA sui risultati della revisione inter pares di detto progetto di valutazione per il rinnovo, che si svolge sotto la sua direzione. Infatti, l’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento [di esecuzione] (UE) n. 844/2012 stabilisce che la Commissione “tiene conto” di tali risultati quando adotta decisioni ai fini della gestione del rischio. Inoltre, la Commissione può chiedere all’EFSA tutti i chiarimenti che reputa necessari per la propria decisione ai fini della gestione del rischio, conformemente al regolamento (CE) n. 178/2002, in particolare qualora ritenga che occorra una maggiore certezza scientifica. Anche tali dichiarazioni rientrano nella valutazione del rischio sulla quale la Commissione basa la propria decisione.

Il ruolo della Commissione in quanto responsabile della gestione del rischio presuppone che le sue decisioni possano comportare una scelta nella selezione delle opzioni di prevenzione e di controllo appropriate al fine di attenuare i rischi individuati nella valutazione del rischio. Infatti, l’articolo 6 del [regolamento n. 1107/2009] stabilisce che l’approvazione e il rinnovo delle decisioni sull’approvazione da parte della Commissione possano essere soggette a condizioni e restrizioni quali la “necessità di imporre misure di mitigazione del rischio” [articolo 6, lettera i)], al fine di garantire il rispetto dei criteri di approvazione enunciati all’articolo 4 e nell’allegato II del regolamento [n. 1107/2009].

In tale contesto, la Commissione desidera rammentare che il criterio di approvazione nel settore dell’ambiente è costituito dall’assenza di effetti “inaccettabili” sull’ambiente [v. articolo 4, paragrafo 3, lettera e), del regolamento n. 1107/2009], che differisce dal criterio relativo alla salute umana, vale a dire l’assenza di “alcun effetto nocivo, immediato o ritardato, sulla salute umana (…) o animale” [v. articolo 4, paragrafo 3, lettera b), del regolamento n. 1107/2009]».

77      Anzitutto, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, la valutazione dei rischi per la salute, la sicurezza e l’ambiente consiste, per l’istituzione che deve affrontare effetti potenzialmente negativi derivanti da un dato fenomeno, nel valutare in modo scientifico tali rischi e nel determinare se essi oltrepassino il livello di rischio giudicato accettabile per la società. Quindi, affinché le istituzioni possano procedere a una valutazione dei rischi, occorre, da un lato, che dispongano di una valutazione scientifica dei rischi e, dall’altro lato, che determinino il livello di rischio giudicato inaccettabile per la società (v. sentenza del 17 marzo 2021, FMC/Commissione, T‑719/17, EU:T:2021:143, punto 65 e giurisprudenza ivi citata).

78      La valutazione scientifica dei rischi è un procedimento scientifico che consiste, per quanto possibile, nell’identificare e nel caratterizzare un pericolo, nel valutare l’esposizione a tale pericolo e nel connotare il rischio [v. sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 138 e giurisprudenza ivi citata].

79      In quanto procedimento scientifico, la valutazione scientifica dei rischi deve essere delegata dall’istituzione a esperti scientifici (v. sentenza del 17 maggio 2018, Bayer CropScience e a./Commissione, T‑429/13 e T‑451/13, EU:T:2018:280, punto 115 e giurisprudenza ivi citata).

80      La valutazione scientifica dei rischi non deve obbligatoriamente fornire alle istituzioni prove scientifiche decisive sull’effettività del rischio e sulla gravità dei potenziali effetti nocivi in caso di avveramento di tale rischio. L’ambito di applicazione del principio di precauzione corrisponde infatti per ipotesi a un ambito di incertezza scientifica. Inoltre, l’adozione di una misura preventiva o, al contrario, la sua revoca o riduzione non può essere subordinata alla prova dell’assenza di qualsiasi rischio in quanto una siffatta prova è di regola impossibile da fornire dal punto di vista scientifico, giacché un livello di rischio zero in pratica non esiste. Tuttavia una misura preventiva non può essere validamente motivata con un approccio puramente ipotetico del rischio, fondato su semplici supposizioni non ancora accertate scientificamente (v. sentenza del 17 marzo 2021, FMC/Commissione, T‑719/17, EU:T:2021:143, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

81      Infatti, la valutazione scientifica dei rischi deve fondarsi sui migliori dati scientifici disponibili e deve essere effettuata in modo indipendente, oggettivo e trasparente [v. sentenza del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 141 e giurisprudenza ivi citata].

82      In aggiunta, una misura preventiva può essere adottata solo qualora il rischio, anche se la sua esistenza e la sua portata non siano state dimostrate completamente da dati scientifici concludenti, appaia nondimeno sufficientemente documentato sulla base dei dati scientifici disponibili al momento dell’adozione di tale misura [sentenze del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 143; del 17 maggio 2018, Bayer CropScience e a./Commissione, T‑429/13 e T‑451/13, EU:T:2018:280, punto 120, e del 17 marzo 2021, FMC/Commissione, T‑719/17, EU:T:2021:143, punto 73].

83      La determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile per la società spetta poi, nel rispetto delle norme applicabili, alle istituzioni incaricate della scelta politica costituita dalla fissazione di un livello di protezione appropriato per tale società. Spetta a tali istituzioni determinare la soglia critica di probabilità di effetti nocivi per la sanità pubblica, la sicurezza e l’ambiente e la gravità di tali potenziali effetti che reputano non essere più accettabile per tale società e che, una volta superata, rende necessario, nell’interesse della tutela della sanità pubblica, della sicurezza e dell’ambiente, il ricorso a misure preventive nonostante l’assenza di certezza scientifica (v. sentenza del 17 marzo 2021, FMC/Commissione, T‑719/17, EU:T:2021:143, punto 75 e giurisprudenza ivi citata).

84      Al momento della determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile per la società, le istituzioni hanno l’obbligo di garantire un livello di tutela elevato della sanità pubblica, della sicurezza e dell’ambiente. Tale livello elevato di protezione non deve necessariamente, per essere compatibile con l’articolo 114, paragrafo 3, TFUE, essere il più elevato possibile sotto il profilo tecnico. Peraltro, tali istituzioni non possono adottare un approccio puramente ipotetico del rischio e orientare le proprie decisioni ad un livello di «rischio zero» [sentenze del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 146, e del 17 marzo 2021, FMC/Commissione, T‑719/17, EU:T:2021:143, punto 76].

85      La determinazione del livello di rischio giudicato inaccettabile per la società dipende dal giudizio espresso dall’autorità pubblica competente sulle particolari circostanze di ciascuna fattispecie. A tale proposito, detta autorità può considerare, in particolare, la gravità dell’impatto della sopravvenienza di tale rischio sulla sanità pubblica, la sicurezza e l’ambiente, ivi compresa la portata dei possibili effetti nocivi, la persistenza, la reversibilità o gli effetti tardivi eventuali di tali danni nonché la percezione più o meno concreta del rischio sulla base dello stato delle conoscenze scientifiche disponibili [sentenze del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 147; del 17 maggio 2018, Bayer CropScience e a./Commissione, T‑429/13 e T‑451/13, EU:T:2018:280, punto 124, e del 17 marzo 2021, FMC/Commissione, T‑719/17, EU:T:2021:143, punto 77].

86      Infine, la gestione del rischio corrisponde all’insieme delle azioni, messe in atto da un’istituzione che debba affrontare un rischio, finalizzate a portarlo ad un livello giudicato accettabile per la società, tenuto conto dell’obbligo dell’istituzione, ai sensi del principio di precauzione, di garantire un livello di tutela elevato della sanità pubblica, della sicurezza e dell’ambiente [sentenze del 12 aprile 2013, Du Pont de Nemours (Francia) e a./Commissione, T‑31/07, non pubblicata, EU:T:2013:167, punto 148; del 17 maggio 2018, Bayer CropScience e a./Commissione, T‑429/13 e T‑451/13, EU:T:2018:280, punto 125, e del 17 marzo 2021, FMC/Commissione, T‑719/17, EU:T:2021:143, punto 78].

87      Tali azioni comprendono l’adozione di provvedimenti provvisori che devono essere proporzionati, non discriminatori, trasparenti e coerenti rispetto a misure simili già adottate (v. sentenza del 17 maggio 2018, Bayer CropScience e a./Commissione, T‑429/13 e T‑451/13, EU:T:2018:280, punto 126 e giurisprudenza ivi citata).

88      Tenuto conto di quanto precede, la ricorrente non può validamente sostenere che, una volta che l’EFSA abbia individuato taluni settori critici di preoccupazione, la Commissione non disponga più di alcun potere discrezionale al riguardo.

89      Infatti, sebbene l’articolo 14, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento di esecuzione (UE) n. 844/2012 della Commissione, del 18 settembre 2012, che stabilisce le norme necessarie per l’attuazione della procedura di rinnovo dell’approvazione delle sostanze attive a norma del regolamento n. 1107/2009 (GU 2012, L 252, pag. 26), disponga che la Commissione «tiene conto» delle conclusioni dell’EFSA e del progetto di rapporto valutativo per il rinnovo presentato dallo SMR, quando adotta un regolamento relativo al rinnovo dell’approvazione di una sostanza attiva, in qualità di responsabile della gestione del rischio, essa non è vincolata dalle constatazioni effettuate dall’EFSA o dallo SMR (v., in tal senso, sentenza del 4 ottobre 2023, Ascenza Agro e Industrias Afrasa/Commissione, T‑77/20, EU:T:2023:602, punti 246 e 247).

90      Una siffatta presa in considerazione non può tuttavia essere interpretata come un obbligo per la Commissione di seguire in tutti i punti le conclusioni dell’EFSA o dello SMR, anche se queste ultime conclusioni sono il punto di partenza della valutazione e, pertanto, hanno un peso rilevante nella detta valutazione (v., in tal senso, sentenza del 9 febbraio 2022, Taminco e Arysta LifeScience Great Britain/Commissione, T‑740/18, EU:T:2022:61, punto 141).

91      Tuttavia, l’ampio potere discrezionale della Commissione in quanto responsabile della gestione del rischio rimane limitato dalla necessità di rispettare le disposizioni del regolamento n. 1107/2009, in particolare il suo articolo 4, in combinato disposto con l’allegato II di tale regolamento, nonché dal principio di precauzione sotteso a tutte le disposizioni del regolamento medesimo.

92      Nello specifico, qualora la valutazione dei rischi conduca all’individuazione di diversi settori critici di preoccupazione, nel senso ricordato al precedente punto 8, e a una raccomandazione di non rinnovare l’approvazione della sostanza attiva interessata, la Commissione non può, in linea di principio, discostarsi dai risultati di una siffatta valutazione, senza violare il principio di precauzione.

93      A tal riguardo, la Commissione può rinnovare l’approvazione di una sostanza attiva soltanto se è sufficientemente dimostrato che, nonostante l’individuazione di settori critici di preoccupazione, misure di mitigazione del rischio consentono di concludere che i criteri di cui all’articolo 4, paragrafi da 1 a 3, del regolamento n. 1107/2009 sono soddisfatti. Una dimostrazione del genere non può considerarsi sufficiente in assenza di una verifica scientifica dell’adeguatezza di siffatte misure alla luce dei criteri summenzionati.

94      Pertanto, come fa valere la Commissione, e fatto salvo il rispetto dei principi enunciati ai precedenti punti da 89 a 93, il ruolo di quest’ultima consiste proprio nel determinare i rischi accettabili per la società, con una soglia di tolleranza più elevata per quanto riguarda la protezione dell’ambiente rispetto a quella relativa alla salute umana o animale, e prendendo in considerazione l’adozione di misure di gestione per attenuare i rischi individuati.

95      Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, ciò non significa che, rinnovando l’approvazione della sostanza attiva cipermetrina e imponendo al contempo talune misure di gestione del rischio, la Commissione non abbia «tenuto conto» o abbia ignorato le valutazioni scientifiche dell’EFSA.

96      A tal riguardo, occorre ricordare che, nel caso di specie, la valutazione del rischio da parte dell’EFSA contenuta nelle sue conclusioni è stata successivamente chiarita dalla sua dichiarazione del 2019, in cui essa confermava la possibilità di adottare misure di gestione del rischio. Pertanto, il semplice fatto che l’EFSA abbia individuato quattro settori critici di preoccupazione nelle sue conclusioni non consente di ritenere che la Commissione non avesse più alcun potere discrezionale, in quanto responsabile della gestione del rischio, sempreché garantisse l’osservanza dei criteri di cui all’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009. In altri termini, non è escluso che la Commissione verifichi, nel rispetto del principio di precauzione, se, imponendo determinate misure, il rischio avrebbe potuto diventare accettabile.

97      Inoltre, la ricorrente si riferisce erroneamente all’adozione di siffatte misure di gestione del rischio soltanto in presenza di una «mancanza di dati». L’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1107/2009 fa infatti riferimento a «condizioni realistiche d’impiego», consentendo quindi l’adozione delle misure di cui trattasi anche per rischi compiutamente accertati, anche qualora un rischio sia stabilito sulla base di una serie completa di dati.

98      La prima censura della ricorrente dev’essere pertanto respinta.

99      In secondo luogo, la ricorrente fa valere, in sostanza, che l’allegato II del regolamento n. 1107/2009 prevede una serie di criteri di esclusione la cui mancata osservanza impedirebbe l’approvazione della sostanza attiva interessata, senza alcun potere discrezionale della Commissione. Ciò varrebbe, in particolare, per quanto riguarda le proprietà d’interferente endocrino di cui ai punti 3.6.5 e 3.8.5 dell’allegato II di tale regolamento.

100    A tal riguardo, dalla giurisprudenza risulta che i criteri di cui ai punti 3.6.2, 3.6.3 e 3.6.5 dell’allegato II del regolamento n. 1107/2009, relativi, rispettivamente, alla genotossicità, alla cancerogenicità e agli effetti d’interferente endocrino, sono formulati e devono essere interpretati allo stesso modo di quello menzionato al punto 3.6.4 di tale allegato, vale a dire che una sostanza attiva «[è approvata] soltanto se» tale sostanza «non [è] – o non dev[e] essere» classificata come mutagena, cancerogena o come avente proprietà di interferente endocrino. In tal senso, essi costituiscono «criteri di esclusione», in contrapposizione ai requisiti enunciati all’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1107/2009, riguardo ai quali l’articolo 4, paragrafo 1, del medesimo regolamento dispone che, qualora sia prevedibile che siano soddisfatti, la sostanza di cui trattasi deve essere approvata (v., in tal senso, sentenza del 4 ottobre 2023, Ascenza Agro e Industrias Afrasa/Commissione, T‑77/20, EU:T:2023:602, punti da 118 a 121).

101    È tuttavia sufficiente constatare che, nel caso di specie, dalla decisione impugnata non risulta che il criterio di cui al punto 3.6.5 dell’allegato II del regolamento n. 1107/2009 non costituisca un criterio di esclusione ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 100. Inoltre, la cipermetrina non è mai stata classificata dall’EFSA o dallo SMR come sostanza attiva avente proprietà d’interferente endocrino, ai sensi dell’allegato II, punto 3.6.5, del regolamento n. 1107/2009. Peraltro, il rispetto del criterio relativo alle proprietà d’interferente endocrino non figurava nei «settori critici di preoccupazione» individuati dall’EFSA nelle sue conclusioni.

102    La seconda censura della ricorrente dev’essere pertanto respinta in quanto inconferente.

103    In terzo luogo, per quanto riguarda gli argomenti della ricorrente vertenti sul necessario rispetto del principio di effettività, come indicato al precedente punto 91, l’ampio potere discrezionale della Commissione in quanto responsabile della gestione del rischio è delimitato dall’articolo 4 del regolamento n. 1107/2009, in combinato disposto con l’allegato II di tale regolamento. A tal proposito, dall’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del suddetto regolamento risulta che l’approvazione di una sostanza attiva può essere concessa solo se è dimostrato che i requisiti di approvazione sono soddisfatti, tenuto conto di realistiche condizioni d’impiego. Conformemente al paragrafo 5 del medesimo articolo, deve essere dimostrato che almeno un impiego rappresentativo di almeno un PF contenente tale sostanza soddisfa detti requisiti, tenuto conto di condizioni realistiche d’impiego.

104    Pertanto, la Commissione, in quanto responsabile della gestione del rischio, non può considerare soddisfatti i requisiti di cui all’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1107/2009 quando una siffatta conclusione si basa sull’imposizione di misure di mitigazione del rischio che non consentono di escludere gli effetti nocivi sulla salute umana o effetti inaccettabili per l’ambiente, segnatamente perché siffatte misure sono irrealistiche. In altri termini, essa non può individuare un impiego «sicuro» senza accertarsi che le misure di mitigazione del rischio adottate a tal fine consentano effettivamente, e non teoricamente, di riportare il rischio individuato a un livello accettabile.

105    Ciò premesso, nella decisione impugnata, la Commissione non ha affatto sostenuto di essere legittimata a prevedere misure di mitigazione del rischio irrealistiche. Al contrario, essa si è basata sulla dichiarazione del 2019 in cui la stessa EFSA ha constatato che le misure di mitigazione del rischio riprese nell’allegato I del regolamento di esecuzione 2021/2049, il cui rispetto deve essere verificato dagli Stati membri nell’ambito delle procedure di autorizzazione dei PF contenenti la sostanza attiva in questione, permettevano di concludere per un rischio basso per gli organismi acquatici, gli artropodi non bersaglio e le api. La Commissione ha peraltro ritenuto che spettasse agli Stati membri, nell’ambito di dette procedure di autorizzazione, verificare se le misure in parola fossero concretamente attuabili. Pertanto, l’argomento della ricorrente deve essere respinto.

106    Quanto al riferimento alle considerazioni di ordine economico o politico alle quali la Commissione avrebbe dato priorità con l’adozione del regolamento di esecuzione 2021/2049, si tratta di un argomento nuovo rispetto alle censure sollevate nella richiesta di riesame e quindi irricevibile nell’ambito del presente ricorso. In ogni caso, un siffatto argomento è troppo vago e ipotetico per poter rimettere in discussione la legittimità della decisione impugnata.

107    Infine, affermando sostanzialmente, nella decisione impugnata, che poteva ispirarsi al principio di precauzione nell’applicazione e nell’attuazione del regolamento n. 1107/2009, rispettando al contempo il principio di proporzionalità, come confermato dalla Corte (v., in tal senso, sentenza del 6 maggio 2021, Bayer CropScience e Bayer/Commissione, C‑499/18 P, EU:C:2021:367, punto 166), la Commissione non è incorsa in alcun errore di diritto.

108    Pertanto, fatta salva la questione se la Commissione potesse validamente ritenere che la cipermetrina soddisfacesse le condizioni di approvazione di cui al punto 3.6.5 dell’allegato II del regolamento n. 1107/2009, che sarà esaminata qui di seguito, l’argomento della ricorrente deve essere respinto.

2.      Sul ruolo attribuito agli Stati membri dal regolamento n. 1107/2009

109    La ricorrente reputa che la Commissione non possa legittimamente ritenere che spetti agli Stati membri, quando rilasciano autorizzazioni all’immissione in commercio di prodotti contenenti cipermetrina, «stabilire condizioni appropriate, quali misure di mitigazione del rischio» e procedere alla valutazione comparativa di cui all’articolo 50 del regolamento n. 1107/2009, una volta che la cipermetrina sia stata classificata come sostanza candidata alla sostituzione.

110    Essa ritiene che la Commissione non possa scaricare le proprie responsabilità sugli Stati membri. Da un lato, la maggior parte degli Stati membri non avrebbe la capacità amministrativa di predisporre siffatte misure di mitigazione del rischio, né tantomeno quella di garantirne il rispetto nella pratica. Scaricando in tal modo la responsabilità sugli Stati membri, la Commissione violerebbe pertanto il principio di leale cooperazione sancito dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE. Dall’altro lato, il regolamento n. 1107/2009 sancirebbe un principio di reciproco riconoscimento che consentirebbe al titolare di un’autorizzazione in uno Stato membro di avvalersene in altri Stati. Tale meccanismo avrebbe l’effetto di privare gli Stati membri di un effettivo controllo sui prodotti impiegati nel loro territorio e potrebbe dar luogo a una «corsa al ribasso». Tenuto conto di siffatto contesto, la posizione della Commissione pregiudicherebbe i due obiettivi del regolamento n. 1107/2009, vale a dire l’armonizzazione delle norme relative ai [PF] nel mercato interno e il conseguimento di un livello elevato di protezione della salute e dell’ambiente.

111    La Commissione contesta tali argomenti.

112    Nell’allegato della decisione impugnata, alla lettera c), intitolata «Il ruolo attribuito agli Stati membri ai sensi del [regolamento n. 1107/2009] per l’autorizzazione dei PF», la Commissione ha precisato quanto segue a titolo di «osservazioni preliminari»:

«La Commissione desidera rammentare che i legislatori hanno deciso di distinguere il livello di azione a livello dell’Unione per quanto riguarda l’approvazione delle sostanze attive, lasciando al contempo sotto la responsabilità degli Stati membri l’autorizzazione dei prodotti contenenti tali sostanze per l’uso come pesticidi (v. considerando 10 e 23 del [regolamento n. 1107/2009]). Pertanto, gli Stati membri devono garantire la sicurezza stabilendo condizioni appropriate, quali misure di mitigazione del rischio, che comprendano, a titolo non esaustivo, quelle richieste nel contesto dell’approvazione a livello dell’[Unione]. Inoltre, quando una sostanza è classificata come sostanza candidata alla sostituzione, gli Stati membri possono concedere autorizzazioni soltanto se sono soddisfatte le condizioni enunciate all’articolo 50 del [regolamento n. 1107/2009], vale a dire dopo aver effettuato una valutazione comparativa.

Nel caso della cipermetrina, la Commissione ha proceduto in modo accurato, esaminando nel dettaglio i pareri espressi dai valutatori del rischio in merito al rinnovo dell’approvazione della cipermetrina. Essa ha ripreso contatto con l’EFSA e con lo [SMR]. Essa ha ulteriormente rafforzato la propria decisione chiedendo all’EFSA un’ulteriore dichiarazione sull’efficacia delle potenziali misure di mitigazione del rischio e facendo obbligo agli Stati membri di imporre simili misure mediante le loro autorizzazioni (v. “Disposizioni specifiche” enunciate negli allegati I e II del regolamento della Commissione), riguardanti, tra l’altro, i seguenti elementi:

–        limitazione dell’impiego agli utilizzatori professionali;

–        condizioni specifiche e misurabili per la protezione degli organismi acquatici e degli artropodi non bersaglio, api comprese;

–        istruzioni specifiche che obbligano gli Stati membri, in fase di esame di una domanda di autorizzazione, a prestare particolare attenzione a diversi aspetti, tra i quali la protezione degli organismi acquatici e degli artropodi non bersaglio, api comprese, la valutazione dei rischi per i consumatori e le specifiche tecniche della sostanza attiva così come prodotta;

–        previsione di misure di follow-up, se necessario».

113    Orbene, come correttamente fatto valere dalla Commissione, la ricorrente non contesta la fondatezza degli argomenti summenzionati dell’allegato della decisione impugnata, ma si limita sostanzialmente a osservare, da un lato, che la Commissione si sottrarrebbe ai propri obblighi «scaricandoli» sugli Stati membri e, dall’altro, che il principio del reciproco riconoscimento delle autorizzazioni, sancito agli articoli 40 e seguenti del regolamento n. 1107/2009, sarebbe in contrasto con gli obiettivi di detto regolamento.

114    Per quanto riguarda il primo argomento, si deve constatare che, nel ricordare che, ai sensi del regolamento n. 1107/2009, l’approvazione della sostanza attiva spetta alla Commissione, mentre l’autorizzazione del prodotto spetta agli Stati membri, quest’ultima non è incorsa in alcun errore di diritto. La ricorrente si limita d’altronde a menzionare i problemi di sovraccarico amministrativo che graverebbero sulle autorità nazionali, ma non contesta l’argomento secondo il quale, in forza dell’articolo 50 del regolamento n. 1107/2009, è effettivamente compito degli Stati membri effettuare una valutazione comparativa prima di concedere un’autorizzazione per un PF contenente una sostanza candidata alla sostituzione.

115    Nella replica, la ricorrente afferma che l’articolo 50 del regolamento n. 1107/2009 non impedirebbe in alcun modo alla Commissione di stabilire essa stessa misure di mitigazione del rischio nel regolamento di esecuzione 2021/2049. Orbene, un siffatto argomento è inconferente, nei limiti in cui non rimette in discussione la constatazione della Commissione contenuta nella decisione impugnata secondo la quale, in base al sistema del regolamento n. 1107/2009, spetta agli Stati membri stabilire condizioni appropriate, in fase di autorizzazione del prodotto, che possono andare oltre le restrizioni imposte alla sostanza attiva a livello dell’Unione. Neppure i riferimenti della ricorrente all’articolo 6 e all’articolo 36, paragrafo 3, del regolamento n. 1107/2009, quand’anche fossero ricevibili, consentono di rimettere in discussione tale conclusione.

116    Quanto al secondo argomento, relativo al reciproco riconoscimento, gli elementi dedotti dalla ricorrente sono parimenti inconferenti, nei limiti in cui, nel caso di una sostanza candidata alla sostituzione, l’articolo 41, paragrafo 2, lettera b), del regolamento n. 1107/2009 prevede specificamente una deroga all’applicazione del reciproco riconoscimento obbligatorio.

117    La ricorrente sostiene tuttavia che, in forza di tale disposizione, gli Stati membri sono autorizzati ad applicare la procedura di reciproco riconoscimento, il che, in pratica, condurrebbe ad una corsa al ribasso. Orbene, quand’anche un fenomeno del genere fosse dimostrato, in assenza di un’eccezione di illegittimità dell’articolo 41 del regolamento n. 1107/2009 da parte della ricorrente, nemmeno un siffatto argomento è idoneo a dimostrare che la Commissione sia incorsa in un errore di diritto o in un errore manifesto di valutazione ricordando, nella decisione impugnata, il ruolo degli Stati membri ai sensi del regolamento n. 1107/2009.

118    Di conseguenza, tutti gli argomenti della ricorrente relativi alle osservazioni preliminari formulate dalla Commissione nell’allegato della decisione impugnata devono essere respinti.

C.      Sulle censure sollevate dalla ricorrente a sostegno della sua richiesta di riesame interno (seconda parte del motivo unico)

[omissis]

7.      Sulla settima censura, vertente sul mancato esame della tossicità cronica della formulazione rappresentativa presentata dalla ricorrente

[omissis]

435    Di conseguenza, occorre respingere la settima censura nonché il ricorso nella sua interezza.

 Sulle spese

436    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, deve essere condannata alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Pesticide Action Network Europe (PAN Europe) è condannata alle spese.

da Silva Passos

Reine

Pynnä

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 febbraio 2024.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.


1      Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.