Language of document : ECLI:EU:C:2015:351

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate il 3 giugno 2015 (1)

Causa C‑168/14

Grupo Itevelesa SL,

Applus Iteuve Technology,

Certio ITV SL,

Asistencia Técnica Industrial SAE

contro

OCA Inspección Técnica de Vehículos SA,

Generalidad de Cataluña

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunal Supremo (Spagna)]

«Direttiva 2006/123/CE – Servizi nel mercato interno – Direttiva 2009/40/CE – Controllo tecnico dei veicoli a motore – Norme applicabili ai servizi nel settore dei trasporti – Libertà di stabilimento – Attività di cui è stata concessa l’autorizzazione ad enti pubblici – Esercizio di pubblici poteri – Requisiti relativi all’ubicazione geografica e alla quota di mercato»





1.        Un mercato interno ben funzionante presuppone possibilità di trasporto adeguate che, a loro volta, richiedono che la sicurezza stradale sia una priorità. Invero, la politica dell’Unione europea si prefigge di raggiungere l’obiettivo «zero vittime» entro il 2050 (2).

2.        Il controllo tecnico periodico dei veicoli a motore (in prosieguo: «controllo tecnico dei veicoli» o «CTV») mira a rendere più sicuro il trasporto su strada. Nella causa in esame, che riguarda, tra l’altro, la compatibilità di talune norme catalane sul CTV con il diritto dell’Unione, il CTV viene eseguito da operatori privati piuttosto che da autorità pubbliche. In relazione a ciò, il Tribunal Supremo (Corte suprema di cassazione, Spagna) chiede indicazioni su varie questioni, vale a dire i) l’applicabilità della cosiddetta direttiva sui servizi (3); ii) la nozione di «esercizio di pubblici poteri», e iii) la compatibilità del regime catalano di autorizzazione del CTV con le norme dell’Unione sulla libertà di movimento.

3.        In breve, sono dell’idea che gli Stati membri siano più adatti a determinare se consentire ad operatori privati di eseguire il CTV e come disciplinare tale attività, purché rispettino il diritto dell’Unione. Nella causa in esame, per le ragioni espresse di seguito, temo che il diritto dell’Unione non sia stato pienamente rispettato.

I –    Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.      La direttiva sui servizi

4.        Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva sui servizi («Campo di applicazione»), la direttiva si applica ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro, con talune eccezioni stabilite dall’articolo 2, paragrafo 2. La direttiva non si applica, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), «[ai] servizi nel settore dei trasporti (…) che rientrano nell’ambito di applicazione del [titolo VI TFUE]» né, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera i), «[alle] attività connesse con l’esercizio di pubblici poteri di cui all’articolo [51 TFUE]».

5.        L’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva sui servizi («Relazione con le altre disposizioni del diritto comunitario») dispone che gli Stati membri devono applicare le disposizioni della direttiva nel rispetto delle norme che disciplinano il diritto di stabilimento e la libera circolazione dei servizi.

2.      Direttiva 2009/40 (4)

6.        La direttiva 2009/40 è stata adottata ai sensi dell’articolo 71 del Trattato CE (attualmente articolo 91 TFUE) e ha abrogato la direttiva 96/96 (5).

7.        Gli articoli 1, paragrafo 1, e 2 della direttiva 2009/40 (sotto la rubrica «Disposizioni generali») dispongono, rispettivamente, che i veicoli a motore immatricolati in uno Stato membro devono essere sottoposti a un controllo tecnico periodico in base alla direttiva. Tale controllo deve essere effettuato dallo Stato membro o da organismi a vocazione pubblica incaricati di tale compito oppure da organismi o impianti da esso designati, di natura eventualmente privata, debitamente autorizzati e che agiscono sotto la sua diretta sorveglianza.

B –    Diritto spagnolo

8.        In Catalogna, gli articoli da 34 a 38 della legge n. 12/2008 (6) disciplinano il CTV periodico. Ai sensi dell’articolo 35 di tale legge, i doveri degli operatori dei centri di CTV sono, tra gli altri, eseguire materialmente il controllo tecnico dei veicoli e impedire l’utilizzo dei veicoli che, dopo la revisione, presentino carenze di sicurezza tali da comportare un pericolo imminente. L’articolo 36 di tale legge impone taluni requisiti su tali operatori, mentre l’articolo 37 riguarda la loro autorizzazione. Tali requisiti sono ulteriormente disciplinati dai decreti n. 30/2010 (7) e n. 45/2010 (8) (in prosieguo: i «decreti impugnati»).

9.        In particolare, l’articolo 73 del decreto n. 30/2010 dispone che i centri di CTV devono adeguarsi al piano territoriale vigente. Inoltre, l’articolo 74 di tale decreto preclude ciascuna impresa autorizzata (o gruppo di imprese (9)) dall’avere una quota di mercato superiore al 50% (10). Inoltre, l’articolo 75 stabilisce le distanze minime di compatibilità tra i centri di CTV autorizzati per una medesima impresa o gruppo di imprese (11).

II – Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

10.      Il 5 maggio 2010, la società OCA Inspección Técnica de Vehículos, SA (in prosieguo: l’«OCA»), operatore di un centro di CTV, ha depositato un ricorso giurisdizionale amministrativo presso la cancelleria del Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte superiore di giustizia della Catalogna), contro i decreti impugnati. Il motivo principale dell’OCA era ed è che le condizioni connesse al regime di autorizzazione del CTV violano la direttiva sui servizi e l’articolo 49 TFUE.

11.      Quattro altri operatori di centri di CTV, vale a dire Grupo Itevelesa SL (in prosieguo: l’«Itevelesa»), Applus Iteuve Technology (in prosieguo: l’«Applus»), Certio ITV SL (in prosieguo: la «Certio»), Asistencia Técnica Industrial SAE (in prosieguo: l’«ATI»), nonché la Generalidad de Cataluña (Comunità Autonoma della Catalogna; in prosieguo: la «Generalidad»), hanno presentato conclusioni a sostegno della legittimità dei decreti impugnati.

12.      Con sentenza del 25 aprile 2012, il Tribunal Superior de Justicia de Cataluña ha accolto il ricorso proposto dall’OCA, essendo dell’opinione che il regime di autorizzazione fosse incompatibile con la normativa spagnola di attuazione della direttiva sui servizi. Di conseguenza, esso ha annullato talune disposizioni del decreto n. 30/2010 e il decreto n. 45/2010 nella sua interezza.

13.      La Generalidad non ha proposto ricorso avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio. Tuttavia, gli altri Quattro operatori di centri CTV hanno proposto ricorso. Il 15 gennaio 2014, la Generalidad ha chiesto al giudice del rinvio di concederle lo status di resistente nel procedimento di appello. Il Tribunal Supremo ha accolto tale domanda il 20 gennaio 2014.

14.      Il Tribunal Supremo nutre dubbi, in primo luogo, sull’interpretazione della nozione di «servizi nel settore dei trasporti». In secondo luogo, tale giudice chiede indicazioni quanto alla circostanza se gli operatori di centri di CTV esercitino attività che devono essere qualificate come «pubblici poteri». Infine, il giudice del rinvio nutre dubbi sulla possibilità, in quanto tale, di fare ricorso ad un regime di autorizzazione del CTV, nonché su taluni requisiti ai sensi di tale regime relativi, in particolare, alle distanze minime e alla titolarità della quota di mercato (in prosieguo: i «requisiti impugnati»). Sulla base di ciò, nutrendo dubbi sulla compatibilità dei decreti impugnati con il diritto dell’Unione, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre le seguenti questioni pregiudiziali:

«1.      Se l’articolo 2, paragrafo 2, lettera [d)], della [direttiva sui servizi] escluda dall’ambito di applicazione di quest’ultima le attività di controllo tecnico di veicoli (CTV) quando sono realizzate, conformemente alle norme nazionali, da entità commerciali private sotto la vigilanza dell’amministrazione di uno Stato membro.

2.      In caso di risposta negativa alla precedente questione (cioè qualora le attività di CTV rientrassero, in linea di principio, nell’ambito di applicazione della [direttiva sui servizi]), se si possa applicare la causa di esclusione di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera i), di tale direttiva per il fatto che le entità private prestatrici del servizio hanno la facoltà di decidere, come misura precauzionale, il blocco dei veicoli che presentino carenze di sicurezza tali che la loro circolazione comporterebbe un pericolo imminente.

3.       Qualora la [direttiva sui servizi] fosse applicabile alle attività di CTV, se la sua interpretazione congiunta a quella dell’articolo 2 della [direttiva 2009/40] (o dell’analoga disposizione della precedente direttiva 96/96/CE), consenta in ogni caso di assoggettare tali attività a previa autorizzazione amministrativa. Se le affermazioni contenute nel punto 26 della sentenza della [Corte] [Commissione/Portogallo, C‑438/08, EU:C:2009:651] siano rilevanti ai fini della risposta.

4.      Se risulti compatibile con gli articoli 10 e 14 della [direttiva sui servizi], ed eventualmente, qualora tale direttiva non fosse applicabile, con l’articolo 43 del Trattato CE (divenuto articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), una normativa nazionale che subordina il numero di autorizzazioni per lo stabilimento di centri di CTV al contenuto di un piano territoriale nel quale, come motivi di giustificazione della restrizione quantitativa, figurano gli obiettivi di garantire la copertura territoriale adeguata, di assicurare la qualità del servizio e di promuovere la concorrenza tra gli operatori, includendo a tal fine elementi di programmazione economica».

15.      Ai sensi dell’articolo 101 del regolamento di procedura, con comunicazione del 28 gennaio 2015 la Corte ha chiesto al giudice del rinvio di chiarire talune questioni relative al contesto normativo nazionale applicabile prima del 24 febbraio 2015. Con comunicazione del 23 febbraio 2015, il Tribunal Supremo ha fornito alla Corte le informazioni richieste.

16.      Hanno presentato osservazioni scritte l’OCA, l’Itevelsa, l’Applus, la Certio, l’ATI, la Generalidad, i governi spagnolo e svedese e la Commissione. All’udienza del 19 marzo 2015 hanno presentato osservazioni orali l’OCA, l’Itevelsa, l’Applus, la Certio, l’ATI, la Generalidad, i governi spagnolo, irlandese e svedese e la Commissione.

III – Analisi

A –    Questione 1: L’applicabilità della direttiva sui servizi

17.      La questione 1 viene descritta come la «questione chiave» dal Tribunal Supremo. Sostanzialmente, il Tribunal Supremo chiede se il CTV sia un «servizio nel settore dei trasporti». Ricordo che l’articolo 2, paragrafo 2, lettera d) della direttiva sui servizi esclude dal proprio campo di applicazione quei servizi che rientrano invece nell’ambito di applicazione dell’(attuale) titolo VI TFUE. Ciò replica la norma sancita dall’articolo 58, paragrafo 1, TFUE (12).

18.      Come vedremo, tale tematica non è effettivamente essenziale in relazione all’esito del procedimento principale. Cionondimeno, vista la sua potenziale rilevanza per cause future, la tratterò in modo completo.

19.      Innanzitutto, si deve tenere a mente che, secondo i Trattati, a causa della specifica natura del trasporto, l’attuazione dei principi riguardanti la libera prestazione dei servizi deve avvenire attraverso l’instaurazione della politica comune dei trasporti (13). Eppure le norme relative alla politica comune dei trasporti, lungi dal mettere in non cale i canoni fondamentali sulla libertà di movimento, hanno per oggetto di applicare e di completare tali norme sulla libera circolazione dei servizi grazie ad azioni concertate di comune accordo (14).

20.      Il titolo VI TFUE non fornisce una definizione di cosa costituisca un servizio nel settore dei trasporti. In assenza di una definizione generale nel diritto primario, nella normativa secondaria adottata ai sensi del titolo VI TFUE possono essere rinvenute definizioni specifiche di servizi che rientrano nell’ambito di applicazione di tali atti normativi.

21.      Passando alla questione in esame, sebbene la direttiva 96/96 armonizzi le norme sul controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, essa «non contiene alcuna disposizione riguardante le norme relative all’accesso alle attività di revisione di veicoli» (15). Ciò vale anche per la direttiva 2009/40. In altri termini, il diritto di stabilirsi come operatore di un centro di CTV – diversamente dalle norme rilevanti applicabili al controllo stesso – non è oggetto di armonizzazione da parte della direttiva 2009/40. A fortiori, non lo è neanche la fornitura dei servizi offerti nel corso di tale attività. Di conseguenza, qualora il CTV sia caratterizzato come un «servizio in materia di trasporti» ai sensi dell’articolo 58, paragrafo 1, TFUE, si dovrebbe trarre la conclusione che il diritto dell’Unione, nel momento attuale, non garantisce la libera circolazione dei servizi di CTV (16).

22.      Di conseguenza, l’idea di cosa costituisca un «servizio nel settore dei trasporti» deve essere accuratamente interpretata. Ciò in particolare con riferimento a servizi complementari, accessori e anche in parte connessi ai trasporti. Ci si chiede, tuttavia, se ciò significhi che sia necessario adottare una visione ristretta di tale nozione. Si tratta di una questione importante. Ritengo che, visto il fatto che le norme sulla politica comune dei trasporti applicano e completano quelle sulla libera circolazione dei servizi (v. supra, paragrafo 19), sarebbe problematico arrivare ad interpretare il titolo VI TFUE – anche con riferimento all’articolo 58, paragrafo 1, TFUE – come «deroga» alle norme sulla libertà di movimento che, di conseguenza, devono essere intese in senso restrittivo (17).

23.      La maggioranza delle parti che hanno presentato osservazioni afferma che il CTV promuove la sicurezza dei trasporti, un’area di politica espressamente menzionata dall’articolo 91, paragrafo 1, lettera c), TFUE. Tali parti fanno riferimento al fatto che le direttive 96/96, 2009/40 e 2014/45 (18) sono state adottate ai sensi dell’articolo 71 del Trattato CE (o del suo successore normativo). Pertanto, la prassi del legislatore dell’Unione indica chiaramente che il CTV è un servizio nel settore dei trasporti.

24.      Sebbene non sia immune a tali argomenti, con il dovuto rispetto rileverei, in primo luogo, che un orientamento argomentativo fondato sulla base giuridica di una direttiva non può essere decisivo ove tale direttiva armonizzi solo il contenuto del servizio di cui trattasi e non l’effettiva prestazione dello stesso (accesso). In secondo luogo, le ragioni per adottare misure normative ai sensi del titolo VI TFUE non sono sempre chiare e coerenti. Per chiarire, mentre le norme relative ai periodi di guida e al riposo sono adottate ai sensi dell’articolo 71 del Trattato CE (19), quelle sul trasporto degli animali non lo sono (20). Non si può negare che entrambi riguardino il trasporto. Alla luce di ciò, ritengo che la base giuridica di un atto normativo dell’Unione non possa essere il solo fattore decisivo quanto a cosa costituisca un servizio di trasporto (21).

25.      Si può sostenere che il CTV non costituisce un effettivo servizio di trasporto, bensì un servizio accessorio o secondario rispetto ad esso. La natura accessoria rispetto al trasporto effettivo rende poco chiaro lo status di tali servizi. Per chiarire, nella sentenza Bowden e a. (22) la Corte ha statuito, con riferimento ad una direttiva che disciplina l’orario di lavoro e che non si applicava al settore del trasporto su strada, che il personale d’ufficio che lavora per un servizio di recapito di pacchi rientrava in tale settore. Tuttavia, data la natura specifica della causa, che riguardava una controversia connessa al diritto del lavoro, ritengo che non si possa ritenere tale sentenza particolarmente rilevante.

26.      Orbene, l’articolo 58, paragrafo 1, TFUE fa riferimento a «servizi in materia di trasporti», espressione che ritengo integri un ambito di applicazione più ampio rispetto a «servizi di trasporto». Tenderebbe a ricomprendere – entro certi limiti almeno – servizi accessori o secondari rispetto al trasporto.

27.      Taluni considerando della direttiva sui servizi spiegano ancora meglio la questione. Da una parte, il considerando 21 – che fa riferimento alla nozione in qualche modo più ristretta di «servizi di trasporto» – spiega che essi «compre[ndono] i trasporti urbani, i taxi e le ambulanze nonché i servizi portuali» e che «sono esclusi dal campo di applicazione della [direttiva sui servizi]». Dall’altra parte, il considerando 33 dice espressamente che «[t]ra i servizi oggetto della presente direttiva rientrano numerose attività in costante evoluzione, fra le quali figurano: i servizi alle imprese, quali (…) il noleggio di auto, le agenzie di viaggi» (23).

28.      Posti tali elementi, e in mancanza di una chiara definizione nei testi giuridici, ritengo che un «servizio nel settore dei trasporti» debba consistere nell’atto fisico di muovere persone o beni da un luogo ad un altro tramite un veicolo, un aeromobile o una nave, o essere intrinsecamente connesso a tale atto. Se il servizio in questione non comporta in via principale il trasporto effettivo, allora il mero fatto che possa essere connesso in qualche modo al trasporto non significa, di per se stesso, che debba essere caratterizzato come tale. Ciò rischierebbe di attribuire all’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della direttiva sui servizi un ambito di applicazione troppo ampio e di privare la direttiva del suo scopo. A costo di affermare l’ovvio, ad esempio, eccettuata la loro ubicazione, i servizi di consumo generale tipicamente ubicati in una stazione ferroviaria centrale affollata, quali le calzature e la riparazione di chiavi, non sono connessi al trasporto.

29.      Eppure tale logica non dovrebbe essere fraintesa per un argomento a favore di un’interpretazione ristretta della nozione di «servizio nel settore dei trasporti». Invero, dalla terminologia dell’articolo 91, paragrafo 1, TFUE si può affermare che taluni fattori possono collegare un servizio, che non comporta trasporto di per se stesso, al settore dei trasporti, poiché esso è essenziale al trasporto. La sicurezza dei trasporti sembra essere proprio un siffatto fattore, essendo il suo scopo quello di migliorare i trasporti per tutti.

30.      Ciò mi porta a concludere, per le ragioni che seguono, che il CTV costituisce un servizio nel settore dei trasporti.

31.      Infatti, è vero che il CTV potrebbe non comportare un effettivo trasporto, bensì solo un servizio accessorio o indiretto rispetto all’effettivo trasporto. Tuttavia, ove un controllo tecnico dimostri che un veicolo presenta carenze pericolose, potrebbe essere legittimamente impossibile utilizzare tale veicolo per trasporto (24). In altri termini, il CTV sembra essere un presupposto necessario per il trasporto. Inoltre, inteso in tal senso, il CTV contribuisce a rendere il trasporto più sicuro, a beneficio di tutti i pendolari. Di conseguenza, è intrinsecamente connesso al trasporto. Per contro, per portare l’esempio dei servizi di noleggio di auto, di cui si può sostenere che siano anch’essi accessori al trasporto, un contratto di noleggio non è di per sé un presupposto necessario per il trasporto, bensì semplicemente un metodo giuridico (tra tanti) di procurarsi un mezzo di trasporto.

32.      Data questa interpretazione, non rileva che il CTV possa parimenti essere paragonato anche ad un servizio di certificazione, di controllo tecnico e/o di collaudo, in linea di principio ricompresi nella direttiva sui servizi (25). Invero, nulla preclude che un particolare servizio comporti una certificazione, un controllo tecnico e/o collaudo, da una parte, e che sia un «servizio nel settore dei trasporti» dall’altra. In un siffatto scenario ibrido, tale servizio sarebbe comunque escluso dall’ambito di applicazione della direttiva sui servizi, poiché l’articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della direttiva sui servizi (e l’articolo 58, paragrafo 1, TFUE) a mio avviso prevalgono sull’articolo 2, paragrafo 1.

33.      Sulla base di ciò, sono dell’idea che la fornitura di servizi di CTV rientra nell’ambito di applicazione del titolo VI TFUE. Di conseguenza, né la libera circolazione dei servizi (articolo 58, paragrafo 1, TFUE), né la direttiva sui servizi [articolo 2, paragrafo 2, lettera d), della stessa] trovano applicazione. Inoltre, poiché la direttiva 2009/40 non armonizza la prestazione dei servizi di CTV, essa non può mettere in discussione le norme catalane in esame.

34.      Tuttavia, al fine di fornire al Tribunal Supremo una risposta utile che gli consenta di risolvere la causa di cui è investito, è necessario andare oltre la formulazione della questione 1. Invero, il fatto che la libera circolazione dei servizi non sia applicabile ai sensi dell’articolo 58, paragrafo 1, TFUE non esclude l’applicazione dell’articolo 49 TFUE sulla libertà di stabilimento. Tale disposizione si applica direttamente ai trasporti (26). È significativo che il giudice del rinvio menzioni l’articolo 49 TFUE nella formulazione della questione 4.

35.      Poiché l’operazione di CTV rientra nella nozione di «stabilimento» (27), la Corte dovrebbe rispondere alla questione 1 nel senso che tali attività rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 49 TFUE.

36.      Infine, poiché l’Applus e l’ATI sollevano la questione della ricevibilità, dovrebbe essere chiaro che la soluzione che propongo – vale a dire di rispondere alle questioni pregiudiziali sulla base della libertà di stabilimento, piuttosto che sulla base della direttiva sui servizi – non ha conseguenze sulla competenza della Corte. È vero che la Corte non può rispondere a domande di pronunce pregiudiziali sull’interpretazione di disposizioni di diritto primario sulla libertà di movimento delle persone in cui tutti gli elementi sono collocati, nel loro insieme, all’interno di un unico Stato membro (28). Tuttavia, in talune circostanze non si possono escludere gli effetti transfrontalieri di un atto contestato della normativa nazionale (29). Questo è il caso, in particolare, della normativa che predispone un regime di autorizzazione, in tal modo limitando il numero di operatori economici, e vi ricollega dei requisiti, ad esempio relative alla distanza geografica. Tali cause sono generalmente state valutate nel merito (30), essendo la ragione più convincente quella secondo cui la normativa in questione era di fatto in grado di produrre effetti transfrontalieri – almeno questo non poteva essere escluso. Poiché il regime catalano in esame è in grado di fare solo ciò, ritengo di conseguenza che la competenza della Corte a trattare del merito delle questioni pregiudiziali non sia compromessa.

B –    Questione 2: L’esclusione dei «pubblici poteri»

37.      La questione 2 esplora una pista già battuta relativa all’esclusione di attività qualificate come esercizio di pubblici poteri dalle norme sulla libertà di movimento. La questione è formulata sulla premessa che la direttiva sui servizi si applica alla causa in esame. Tuttavia, alla luce della mia risposta alla questione 1 – e, ancora, al fine di dare una risposta utile – ritengo che la Corte debba affrontare tale questione dal punto di vista dell’articolo 51, paragrafo 1, TFUE, nella misura in cui anche tale disposizione sia rilevante in relazione alla libertà di stabilimento.

38.      In sostanza, il giudice del rinvio vuole sapere se il fatto che gli operatori dei centri di CTV possano disporre il blocco di un veicolo che sia ritenuto rappresentare un pericolo imminente nel momento in cui non supera il controllo tecnico comporta che essi possono esercitare pubblici poteri ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, TFUE.

39.      La questione va ovviamente risolta in senso negativo.

40.      Si deve ricordare, in primo luogo che l’articolo 51 TFUE, ponendo una deroga alla libertà di stabilimento, è soggetto a un’interpretazione ristretta (31). In secondo luogo, tale deroga è circoscritta ad un’attività solo quando questa, di per sé, costituisce una partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri (32). In terzo luogo, la Corte è rimasta scettica rispetto ad argomenti secondo i quali pubblici poteri effettivi sono stati delegati ad organismi privati di certificazione con l’effetto che l’articolo 51 TFUE ha trovato applicazione nei loro confronti (33).

41.      Invero, è pacifico che le decisioni relative alla certificazione, che sostanzialmente si limitano a registrare i risultati di un test tecnico, non rientrano nell’ambito di applicazione dell’eccezione stabilita dall’articolo 51 TFUE. Allo stesso modo, il ruolo ausiliario e preparatorio riconosciuto agli organismi privati non può essere considerato una partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri ai sensi di tale disposizione (34).

42.      Per chiarire, nell’ambito dell’azione per infrazione esperita nei confronti del Portogallo per il mancato adempimento dei suoi obblighi ai sensi della direttiva 96/96, le revisioni svolte presso centri di CTV privati sono avvenute in due fasi. Nella prima fase, l’operatore ha effettuato un’ispezione tecnica del veicolo. Nella seconda fase, l’operatore ha certificato il veicolo o si è rifiutato di farlo. La Corte, se non ha preso in considerazione l’idea che la prima fase comportasse l’esercizio di pubblici poteri, non lo ha escluso con riferimento alla seconda fase, nella misura in cui l’operatore abbia tratto le conseguenze giuridiche delle risultanze tecniche. Tuttavia, poiché gli operatori del centro di CTV: i) erano privi di autonomia decisionale; ii) hanno operato sotto una sorveglianza statale come stabilito dall’articolo 2 della direttiva 96/96, e iii) erano privi di potere coercitivo (che è rimasto di competenza delle autorità di polizia), l’articolo 45 CE non ha trovato applicazione a tale attività (35).

43.      L’Applus, l’ATI, la Certio e l’Itevelesa operano una distinzione tra la causa in esame e la causa Commissione/Portogallo, o affermano che le norme catalane in esame sono compatibili con tale sentenza.

44.      A mio avviso, non vi sono differenze giuridicamente rilevanti tra la causa di cui trattasi e la causa Commissione/Portogallo. L’argomento secondo il quale gli operatori dei centri di CTV non hanno una funzione meramente preparatoria o secondo il quale l’amministrazione non controlla «attivamente» le loro attività non convince. Invero, l’articolo 2 della direttiva 96/96 e della direttiva 2009/40 (nonché l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2014/45) dichiara espressamente che ove gli Stati membri decidano di liberalizzare le attività di CTV, gli operatori dei centri di CTV privati devono agire «sotto la (...) diretta sorveglianza [dello Stato]» (36). La direttiva 2009/40 è piuttosto sintetica quando si tratta di descrivere la portata di tale controllo (37). Tuttavia, talune sue disposizioni sono intrinsecamente fondate sull’idea di supervisione (38). Pertanto, il fatto che gli operatori dei centri di CTV possano avere l’obbligo di assicurazione e dover adottare regimi di revisione interna non significa che essi agiscono indipendentemente dalla sorveglianza dello Stato ai sensi di tale sentenza.

45.      Tale tematica è in ogni caso chiarita dalle informazioni fornite alla Corte dal Tribunal Supremo. Da tale risposta ora emerge, in primo luogo, che il proprietario di un veicolo di cui sia stato disposto il blocco può in definitiva ricorrere ad un supervisore tecnico – un pubblico ufficiale incaricato della sorveglianza dei centri di CTV – che può annullare il blocco. In secondo luogo, ai sensi delle norme nazionali applicabili, la decisione che dispone il blocco di un veicolo può essere adottata solo «nelle situazioni previste dalla normativa applicabile, conformemente alle istruzioni e ai protocolli approvati dall’autorità competente» (39). Il manuale applicabile all’ispezione dei veicoli utilizza l’imperativo, che lascia poco spazio all’esercizio della discrezionalità da parte degli operatori dei centri di CTV (40). In terzo luogo, il Tribunal Supremo mette perfettamente in chiaro che, sebbene i centri di CTV possano disporre il blocco di un veicolo per ragioni di sicurezza, l’esecuzione di tale blocco è una questione riservata al governo catalano o alla polizia ed esula dalle competenze dei centri di CTV.

46.      Sulla base di ciò, e vista l’interpretazione restrittiva dell’articolo 51 TFUE, ho pochi scrupoli a convenire con la Generalidad e con la Commissione che le attività dei centri di CTV non comportano l’esercizio di pubblici poteri. Di conseguenza, propongo alla Corte di rispondere alla questione 2 nel senso che la facoltà degli operatori di centri di CTV privati di disporre il blocco dei veicoli che presentino carenze di sicurezza tali che la loro circolazione comporterebbe un pericolo imminente non comporta l’esercizio di pubblici poteri ai sensi dell’articolo 51 TFUE in circostanze in cui il diritto nazionale impone l’emanazione di un siffatto blocco come conseguenza del controllo tecnico e, in ogni caso, ove l’applicazione di misure coercitive dirette alla rimozione del veicolo sia riservata alle autorità di polizia.

C –    Questioni 3 e 4: Il regime di autorizzazione e le condizioni ad esso connesse

47.      Con la questione 3, il Tribunal Supremo sostanzialmente chiede se sia compatibile con la direttiva sui servizi, letta in combinato disposto con l’articolo 2 della direttiva 2009/40, che gli Stati membri facciano ricorso ad un sistema di autorizzazione amministrativa per disciplinare lo svolgimento dei servizi di CTV. Tale questione è stata posta poiché nella sentenza Commissione/Portogallo (41) la Corte ha statuito che l’accesso alle attività di revisione di veicoli non è oggetto di armonizzazione da parte della direttiva 96/96.

48.      Con la questione 4, il giudice del rinvio nello specifico chiede se sia compatibile con gli articoli 10 e 14 della direttiva sui servizi o, in alternativa, con l’articolo 49 TFUE che una normativa nazionale imponga taluni requisiti sulla distanza minima e sul potere di mercato con l’obiettivo di garantire una copertura locale adeguata, aumentando la qualità del servizio e incentivando la concorrenza tra gli operatori. Tali requisiti limitano il numero di autorizzazioni disponibili e, come confermato all’udienza, garantiscono di fatto una tutela territoriale ai titolari dell’autorizzazione.

49.      Darò una risposta congiunta a tali questioni, in quanto sono interconnesse. Per le ragioni dichiarate sopra al paragrafo 37, affronterò entrambe le questioni dal punto di vista della libertà di stabilimento.

1.      Il regime di autorizzazione in quanto tale

50.      Non vi sono dubbi che gli Stati membri possano fare ricorso ad un regime di autorizzazione amministrativa nel disciplinare le attività di CTV.

51.      Come detto, la Corte ha statuito che la direttiva 96/96 non disciplina l’accesso a tale attività. Ciò non è cambiato con l’adozione della direttiva 2009/40. Poiché né l’accesso alle attività di CTV né la sicurezza stradale in generale sono stati oggetto di armonizzazione, gli Stati membri possono disciplinarli come meglio ritengono (42). Invero, l’articolo 2 di entrambe le direttive conferma espressamente ciò, stabilendo che il controllo tecnico può essere effettuato da organismi o impianti (...) designati [dallo Stato], di natura eventualmente privata, debitamente autorizzati e che agiscono sotto la sua diretta sorveglianza.

52.      Tuttavia, nel fare ciò, un regime di autorizzazione amministrativo nazionale deve rispettare il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 49 TFUE.

53.      L’articolo 49 TFUE osta alle restrizioni alla libertà di stabilimento, vale a dire tutte le misure nazionali che vietino, ostacolino o rendano meno attraente, per i cittadini dell’Unione, l’esercizio della libertà di stabilimento garantita dal Trattato. Una «restrizione» ricomprende le misure adottate da uno Stato membro che, per quanto indistintamente applicabili, pregiudichino l’accesso al mercato per le imprese di altri Stati membri, ostacolando in tal modo il commercio all’interno dell’Unione (43).

54.      Rientra in tale categoria, in particolare, una normativa che subordini lo stabilimento di un prestatore di un altro Stato membro al rilascio di un’autorizzazione previa, poiché quest’ultima può ostacolare l’esercizio, da parte di siffatto prestatore, della libertà di stabilimento, impedendogli di esercitare liberamente le proprie attività mediante una stabile organizzazione (44).

55.      Il regime di autorizzazione catalano in esame comporta un sistema di autorizzazione previa, che limita l’apertura di agenzie, succursali o filiali – tematica a cui fa espresso riferimento l’articolo 49 TFUE. Secondo il Tribunal Supremo, tali norme limitano il numero di operatori di CTV. Pertanto, il regime ostacola o rende meno attraente, per i cittadini dell’Unione, l’esercizio della loro libertà di stabilirsi come operatori di CTV e di conseguenza comporta una restrizione ai sensi dell’articolo 49 TFUE.

56.      Ai sensi della dottrina Gebhard, le restrizioni devono soddisfare quattro condizioni per essere compatibili con il diritto dell’Unione: esse devono applicarsi in modo non discriminatorio, essere giustificate da motivi imperativi di interesse pubblico, essere idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il raggiungimento di questo (45).

57.      Il regime di autorizzazione catalano non è discriminatorio (almeno non apertamente), in quanto non comporta una limitazione della libertà di operatori economici stabiliti in altri Stati membri di creare agenzie o altri stabilimenti in Catalogna (46). Pertanto, l’unica questione che si pone è se sia giustificato e proporzionato.

58.      In relazione a ciò, il Tribunal Supremo fa riferimento al preambolo del decreto n. 45/2010 (47). Partendo dall’idea che l’obiettivo di aumentare la sicurezza stradale non può giustificare, di per se stesso, la predisposizione dei requisiti impugnati, tale giudice si chiede se altri motivi imperativi possano fornire una giustificazione sufficiente (48) e se tali requisiti osservino il principio di proporzionalità.

59.      Ad eccezione dell’OCA, del governo svedese e – per quanto riguarda i requisiti impugnati – della Commissione, le parti comparse dinanzi alla Corte sembrano essere dell’idea che la sicurezza stradale possa da sola giustificare le norme catalane in esame.

60.      Non vi sono dubbi che la sicurezza stradale, nella giurisprudenza della Corte, costituisca una ragione imperativa di interesse generale (49). Ciò vale anche per gli obiettivi di un’elevata qualità del servizio per i destinatari (50) e di una concorrenza non falsata che mira, in definitiva, a tutelare i consumatori (51). Quanto all’obiettivo di garantire una copertura e una distribuzione territoriale adeguate di un particolare prodotto o servizio, ritengo che esso sia un mezzo piuttosto che un fine, nella misura in cui è il prodotto o il servizio in questione a dover presentare caratteristiche di vitale importanza (52).

61.      Orbene, poiché si può presumere che il CTV in generale contribuisce alla sicurezza stradale (53), il regime di autorizzazione catalano deve essere considerato in primo luogo e principalmente da tale punto di vista.

62.      Ciò posto, la valutazione di proporzionalità del regime di autorizzazione controverso in relazione all’obiettivo perseguito non può essere effettuata in astratto, bensì dipende dalle particolari condizioni connesse al regime (54). E così, sebbene la decisione finale spetti al giudice del rinvio, la Corte può offrire indicazioni al fine di consentire a tale giudice di statuire (55). Passo pertanto ad esaminare più da vicino i requisiti impugnati.

2.      Compatibilità dei requisiti impugnati con l’articolo 49 TFUE

63.      Innanzitutto, devo rilevare che la Corte ha a sua disposizione solo poche informazioni sulla situazione precedente e successiva alla riforma che ha avuto luogo in Catalogna con l’adozione della legge n. 12/2008 e dei decreti impugnati. Invero, tutto ciò che emerge dalle poche informazioni sparse nell’ordinanza di rinvio (56) (e dall’udienza) è che il regime catalano di CTV era in precedenza fondato sul sistema della concessione nei confronti di talune imprese «storiche» e che l’attuale regime comporta l’attribuzione di autorizzazioni amministrative in seguito ad una procedura di gara. Tuttavia, l’ordinanza di rinvio non descrive il materiale di gara, i criteri di aggiudicazione e il loro peso, né divulga alcun dato rilevante (ad esempio relativo al numero di autorizzazioni). Ciò invariabilmente compromette la qualità della soluzione ricercata dal giudice del rinvio e rende ancora più rilevanti le osservazioni generali di cui sopra relative alla questione 3 (57). Inoltre, tale confusione fa sì che taluni paradossi non vengano chiariti.

64.      Un primo paradosso è costituito dall’idea che sia in qualche modo più facile raggiungere l’obiettivo della sicurezza stradale tramite l’imposizione di requisiti di autorizzazione, compresa la distanza minima tra i centri di CTV. Tali requisiti limiterebbero piuttosto l’accesso ai centri di CTV e pertanto si porrebbero in contrasto con l’obiettivo della sicurezza stradale. Un secondo paradosso è costituito dal fatto che, viste le successive osservazioni, una pianificazione centralizzata sia in qualche modo preferibile rispetto a condizioni di mercato aperte quando si tratta di disciplinare un’attività economica quale il CTV. Un terzo paradosso è costituito dal fatto che i requisiti sono presumibilmente concepiti per agevolare l’accesso degli utenti al CTV e pertanto per incentivare e aumentare il rispetto dello stesso da parte dei titolari. Tuttavia, garantire il rispetto – in altri termini, attuare le norme applicabili – non è una questione che spetta ai titolari, bensì alle autorità. Risolvere tale problema, del quale sono responsabili le sole autorità, limitando l’accesso alle attività di CTV sembra illogico.

65.      Orbene, guardando più da vicino, in primo luogo, il requisito della distanza, la tematica in esame sembra essere piuttosto diversa da quella delle cause in cui la Corte ha statuito che i requisiti di distanza minima sono compatibili con la libertà di stabilimento. Come detto sopra al paragrafo 60, la Corte sembra aver ritenuto validi i requisiti di distanza minima solo ove essi garantissero l’accesso ad un prodotto o ad un servizio che presentava caratteristiche di vitale importanza.

66.      Per utilizzare la sentenza Venturini (58) come esempio, in tale causa la Corte ha accolto una norma ai sensi della quale solo le farmacie stabilite all’interno della «pianta organica nazionale» (che prevedeva un requisito di distanza minima tra di esse) avevano il diritto di vendere medicinali soggetti a prescrizione medica, compresi quelli non rimborsabili. In caso contrario, presumibilmente le farmacie potrebbero non aver voluto stabilirsi in aree remote all’interno della pianta organica, a causa della forte concorrenza per una quota del mercato redditizio dei medicinali non rimborsabili soggetti a prescrizione medica da parte di farmacie e parafarmacie non stabilite all’interno della pianta organica. Ciò, a sua volta, avrebbe potuto causare un vuoto nell’accesso al mercato non altrettanto redditizio dei medicinali rimborsabili soggetti a prescrizione medica. In altri termini, la causa comportava un fallimento di mercato con riferimento ad un mercato più vitale che poteva – almeno in parte – essere risolto tramite regolamentazione.

67.      Per contro, nella questione in esame, l’uso dei servizi generati dalle attività di CTV è, per legge, obbligatorio (se si vuole che il veicolo possa effettivamente continuare ad essere utilizzato) e periodico (59). Ciò significa che la domanda può agevolmente essere calcolata dagli operatori dei centri di CTV senza l’intervento dello Stato. Potrebbe anche essere redditizio in aree isolate o scarsamente abitate – a condizione che il bacino di utenza sia abbastanza ampio. Pertanto non vi sono indicazioni di un fallimento di mercato. Infatti, non è stata fornita alla Corte alcuna informazione rilevante che suggerisca che, in assenza di un siffatto requisito di distanza, nessun operatore sceglierebbe di situarsi in una siffatta area. Ciò trova supporto nel fatto che, come dichiarato all’udienza, le autorità catalane non possono imporre agli operatori dei centri di CTV di stabilirsi in aree scarsamente popolate.

68.      Dall’altra parte, non escluderei che un requisito di distanza potrebbe, talvolta, ampliare l’area di accesso degli utenti ai centri di CTV e aumentare la possibilità di conformità. In tal senso esso potrebbe, almeno parzialmente, essere utile per l’incremento della sicurezza stradale. Tuttavia, poiché agli operatori dei centri di CTV non può essere imposto di stabilirsi in zone meno redditizie, dubito che un requisito di distanza garantirà effetti positivi. In ogni caso, non sono state fornite informazioni attendibili in relazione a tale tematica.

69.      All’udienza, la Generalidad ha fatto l’esempio di una divisione amministrativa locale (in prosieguo: la «comarca») che in precedenza aveva solo un centro di CTV a sua disposizione. È stata poi concessa un’ulteriore autorizzazione ad un secondo operatore in seguito ad una procedura di gara, in tal modo comportando un maggiore tasso di conformità del CTV per tale comarca. Per quanto ciò possa essere lodevole, ci si chiede perché dovrebbe essere meglio sostituire un mercato che presenta molte carenze di regolamentazione con uno che ne presenta di meno. Viste le sopracitate caratteristiche del CTV, non vedo come l’aver operato senza una siffatta pianificazione – vale a dire, avendo optato per un mercato senza limiti di accesso – non potrebbe aver raggiunto lo stesso scopo, in modo meno oneroso.

70.      Pertanto, nonostante l’ampio potere discrezionale di cui godono gli Stati membri quanto alla questione se una misura va oltre quanto strettamente necessario per garantire la sicurezza stradale (60), confesso di nutrire dubbi quanto alla questione se un requisito di distanza minima quale quello in esame sia del tutto adatto per conseguire tale obiettivo. A tale riguardo, occorre ricordare che una normativa nazionale è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito solo se risponde realmente all’intento di raggiungere il medesimo in modo coerente e sistematico (61). Tuttavia, vista la carenza di informazioni di cui al precedente paragrafo 63, non penso che la Corte sia nella posizione di statuire su tale questione. Ritengo che il giudice del rinvio sia più adatto a statuire sulla proporzionalità di tale requisito di autorizzazione, tenuto debito conto della modalità secondo la quale gli operatori dei centri di CTV sono selezionali nella prassi.

71.      Tuttavia, passando ora alla soglia massima della quota di mercato del 50%, tale requisito mira presumibilmente a disincentivare l’eccessiva concentrazione dell’offerta di servizi di CTV, poiché essa può rischiare di provocare il deterioramento della qualità dei servizi di CTV, vista la loro natura obbligatoria – o almeno questo è quanto si afferma.

72.      L’OCA e il governo svedese affermano che il requisito relativo alla titolarità della quota di mercato persegue un obiettivo puramente economico che, secondo la giurisprudenza costante, non può costituire un motivo imperativo di interesse generale (62). Il giudice del rinvio e l’OCA richiamano qui una relazione redatta dall’Autorità catalana garante della concorrenza (63), secondo la quale si può sostenere che la normativa in esame comporta ostacoli non giustificati all’entrata di nuovi operatori di mercato.

73.      Per essere molto chiari, non vedo come una soglia massima della quota di mercato promuova la sicurezza stradale. Il nesso tra i due semplicemente non esiste. La questione vera invece sembra essere se il tetto della quota di mercato miri effettivamente a garantire un elevato livello di qualità del servizio per i clienti e i consumatori – che costituisce un motivo imperativo (v. supra, paragrafo 60) – o sia piuttosto economicamente motivato dalla volontà di tutelare i piccoli commercianti da acquisizioni su larga scala. La giurisprudenza recente mostra che la Corte, giustamente, diffida degli Stati membri che interferiscono con la libertà di stabilimento disciplinando nel dettaglio una data struttura di mercato o situazione di concorrenza, tra l’altro con il pretesto di garantire un’elevata qualità del servizio per i clienti e i consumatori (64).

74.      Nella sentenza Commissione/Spagna, le norme che applicavano soglie massime attinenti al livello d’insediamento e all’incidenza sugli esercizi commerciali preesistenti, al di là delle quali è impossibile aprire grandi esercizi commerciali e/o esercizi commerciali di medie dimensioni, non erano giustificata né per garantire la tutela dell’ambiente, né a fini di pianificazione, né per garantire la tutela dei consumatori, bensì perseguivano considerazioni di natura puramente economica (65). Nella sentenza Attanasio Group, la Corte ha censurato un requisito di distanza applicabile ai nuovi impianti che ostacolava l’accesso di nuovi operatori sul mercato e non accordava alcun beneficio (evidente) ai consumatori (66). Infine, nella sentenza Commissione/Portogallo, la Corte ha censurato, tra l’altro, il requisito di un capitale sociale minimo di EUR 100 000 per aprire un centro di CTV (67).

75.      Anche presumendo che la misura di cui trattasi garantisca effettivamente un’elevata qualità del servizio per i clienti e i consumatori, si deve rilevare che il contenuto della procedura di CTV – vale a dire il servizio di base acquistato dai clienti e dai consumatori – è oggetto di armonizzazione a livello dell’Unione (68). Fatte salve le variazioni consentite dalla stessa direttiva 2009/40, i clienti e i consumatori hanno il diritto di aspettarsi lo stesso elevato livello di qualità, a prescindere dal centro di CTV in questione (69). Può pertanto essere paragonato ad un’obbligazione di produrre uno specifico risultato («obbligazione di risultato»). Pertanto, nel caso in cui taluni operatori dei centri di CTV diminuiscano la qualità dei loro servizi, tale questione dovrebbe essere affrontata ex post dallo Stato nell’ambito della sua funzione di sorveglianza. Comunque, un siffatto requisito ex ante di quota di mercato massima presuppone, di fatto, che gli operatori al di sopra di tale soglia massima non forniscano un servizio che sia all’altezza della direttiva. Questa situazione è insostenibile.

76.      Quanto agli elementi circostanti il servizio di CTV di base che può essere soggetto a modulazione qualitativa, ad esempio in relazione ai tempi di attesa, si tratta di una questione meritevole di considerazione (70). Tuttavia, gli Stati membri non dispongono dello stesso potere discrezionale di cui al precedente paragrafo 70 con riferimento a restrizioni che mirano a garantire un’elevata qualità del servizio per i clienti e i consumatori. La giurisprudenza infatti suggerisce che la giustificazione deve essere corredata di un’analisi dell’opportunità e della proporzionalità della misura restrittiva, nonché di elementi probatori effettivi (71). Inoltre, ritardi e altre analoghe carenze qualitative dovrebbero essere trattate ex post in base a specifiche condizioni di autorizzazione per aree ad alta concentrazione, invece che con l’imposizione di un’indiscriminata e piuttosto inesplicabile soglia massima di quota di mercato (72).

77.      Pertanto, ritengo che la soglia massima di quota di mercato violi l’articolo 49 TFUE.

78.      Sulla base di ciò, propongo che la Corte risponda alle questioni 3 e 4 nel senso che spetta al giudice del rinvio stabilire, ai sensi dell’articolo 49 TFUE, se un regime di autorizzazione stabilito per legge quale quello descritto nel procedimento principale che disciplina l’accesso all’attività di operatore di centro di CTV sia adeguato per conseguire l’obiettivo della sicurezza stradale e non vada oltre quanto necessario. Tuttavia, tale disposizione preclude un requisito di autorizzazione stabilito per legge che stabilisce uno specifico limite alla quota di mercato che gli operatori privati di centri di controllo tecnico dei veicoli possono detenere.

3.      Considerazione finale

79.      Infine, nel caso in cui la Corte non convenga con me sulla questione se i servizi di CTV debbano essere caratterizzati come «servizi nel settore dei trasporti» e, allo stesso modo, sulla questione dell’applicabilità della direttiva sui servizi (73), a mio avviso ciò non influirebbe in modo apprezzabile sull’esito del presente procedimento.

80.      Non è necessario discutere sulla portata dell’armonizzazione che la direttiva sui servizi comporta (74). È sufficiente dire che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della stessa, i requisiti di autorizzazione nazionale che vanno oltre quanto consentito ai sensi dell’articolo 49 TFUE – come suggerito sopra – non possono sfuggire alla censura con il pretesto che sono conformi a tale direttiva. Inoltre, per le stesse ragioni di cui sopra, neanche la deroga dei pubblici poteri di cui all’articolo 2, paragrafo 2, lettera i) della direttiva sarebbe applicabile.

81.      Di conseguenza, in una tale eventualità, proporrei alla corte di statuire, per il resto, allo stesso modo indicato supra ai paragrafi da 50 a 78.

IV – Conclusione

82.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di risolvere come segue le questioni sollevate nella causa C‑168/14 dal Tribunal Supremo spagnolo:

–        Né la direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno né l’articolo 56 TFUE si applicano alla fornitura di servizi di controllo tecnico dei veicoli. Tuttavia, le attività di controllo tecnico dei veicoli rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 49 TFUE.

–        La possibilità per gli operatori di centri privati di controllo tecnico dei veicoli di disporre il blocco dei veicoli che presentino carenze di sicurezza tali che la loro circolazione comporterebbe un pericolo imminente non comporta l’esercizio di pubblici poteri ai sensi dell’articolo 51 TFUE in circostanze in cui il diritto nazionale impone l’emanazione di un siffatto blocco come conseguenza del controllo tecnico e, in ogni caso, ove l’applicazione di misure coercitive dirette alla rimozione del veicolo sia riservata alle autorità di polizia.

–        Spetta al giudice del rinvio stabilire, ai sensi dell’articolo 49 TFUE, se un regime di autorizzazione stabilito per legge quale quello descritto nel procedimento principale che disciplina l’accesso all’attività di operatore di un centro di controllo tecnico dei veicoli sia adeguato per conseguire l’obiettivo della sicurezza stradale e non vada oltre quanto necessario. Tuttavia, tale disposizione preclude un requisito di autorizzazione stabilito per legge che stabilisce uno specifico limite alla quota di mercato che gli operatori privati di centri di controllo tecnico dei veicoli possono detenere.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Libro bianco della Commissione, del 28 marzo 2011 (COM(2011) 144 definitivo), «Tabella di marcia verso uno spazio unico europeo dei trasporti - Per una politica dei trasporti competitiva e sostenibile», sezione 2.5, paragrafo 9.


3 – Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU L 376, pag. 36).


4 – Direttiva 2009/40/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, concernente il controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (rifusione) (GU L 141, pag. 12).


5 – Direttiva 96/96/CE del Consiglio, del 20 dicembre 1996, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al controllo tecnico dei veicoli a motore e dei loro rimorchi (GU L 46, pag. 1).


6 – Legge 12/2008, del 31 luglio 2008, sulla sicurezza industriale, BOE n. 204 del 23 agosto 2008.


7 – Decreto 30/2010, del 2 marzo 2010, recante approvazione del regolamento di esecuzione della legge 12/2008, del 31 luglio 2008, sulla sicurezza industriale, DOGC n. 5582 dell’8 marzo 2010.


8 – Decreto 45/2010, del 30 marzo 2010, di applicazione ed esecuzione del precedente, recante approvazione del piano territoriale per nuovi centri di CTV in Catalogna per il periodo 2010-2014, DOGC n. 5600 del 1° aprile 2010.


9 – Ai sensi dell’articolo 36, lettera b), della legge n. 12/2008, la nozione di «impresa o gruppo di imprese», ai fini di tale legge, è stabilita altrove nella normativa spagnola. Il giudice del rinvio non ha ritenuto necessario fornire alla Corte la definizione di tale nozione ai sensi del diritto nazionale.


10 – La quota di mercato di un operatore è determinata in funzione del numero di linee di controllo autorizzate per centri di CTV fissi detenute da ciascun titolare rispetto al totale di tali linee esistenti in Catalogna (v. articolo 74, paragrafo 2, del decreto n. 30/2010).


11 – Tali distanze – in termini generali – sono 4 km in comuni con oltre 30 000 abitanti; 20 km nel resto del territorio della Catalogna; 10 km in situazioni miste. Per i centri già operanti al momento di entrata in vigore del decreto 45/2010, tali distanze possono essere ridotte fino a un massimo del 20%.


12 – Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva sui servizi – che codifica il principio secondo cui le fonti di rango inferiore devono essere interpretate conformemente alle fonti di rango superiore (v., in tal senso, sentenza Ordre des barreaux francophones et germanophone e a., C‑305/05, EU:C:2007:383, punto 28) – l’articolo 2, paragrafo 2, lettera d) deve essere interpretato conformemente all’articolo 58, paragrafo 1, TFUE.


13 – V. sentenza Yellow Cab Verkehrsbetriebs (C‑388/09, EU:C:2010:814), punto 30.


14 – V. sentenza Commissione/Francia (167/73, EU:C:1974:35), punto 25.


15 – V. sentenza Commissione/Portogallo (C‑438/08, EU:C:2009:651), punto 26. Il corsivo è mio.


16 – V., mutatis mutandis, sentenza Yellow Cab Verkehrsbetriebs (C‑338/09, EU:C:2010:814), punti 31 e 32.


17 – Nelle sue conclusioni nella causa Commissione/Grecia (C‑251/04, EU:C:2006:565, paragrafi 28 e 29), l’avvocato generale Sharpston sembra aver accolto l’idea che la nozione di «servizi nel settore dei trasporti» deve essere intesa in senso restrittivo. Per un approccio più globale, v. le conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Yellow Cab Verkehrsbetriebs (C‑338/09, EU:C:2010:568), nota 10. In caso di indecisione, v. Barnard, C., «Unravelling the Services Directive», 45 C.M.L.Rev. [2008] 2, pag. 341.


18 – Direttiva 2014/45/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 aprile 2014, relativa ai controlli tecnici periodici dei veicoli a motore e dei loro rimorchi e recante abrogazione della direttiva 2009/40/CE (GU L 127, pag. 51).


19 – V. regolamento (CE) n. 561/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativo all’armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada e che modifica i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 3821/85 e (CE) n. 2135/98 e abroga il regolamento (CEE) n. 3820/85 del Consiglio (GU L 102, pag. 1).


20 – V. regolamento (CE) n. 1/2005 del Consiglio, del 22 dicembre 2004, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate che modifica le direttive 64/432/CEE e 93/119/CE e il regolamento (CE) n. 1255/97 (GU L 3, pag. 1). Tale regolamento è stato adottato ai sensi dell’articolo 37 del Trattato CE.


21 – A tal proposito, ricordo che il legislatore dell’Unione dispone di un ampio margine di discrezionalità in relazione all’adozione di norme comuni adeguate nel settore dei trasporti. L’orario di lavoro dei trasportatori è stato ritenuto rientrare in tale margine: v. sentenza Spagna e Finlandia/Parlamento e Consiglio (C‑184/02 e C‑223/02, EU:C:2004:497), punti 29 e 30, da 33 a 36 e da 39 a 41.


22 – C‑133/00, EU:C:2001:514, punti da 38 a 40.


23 – Il corsivo è mio. Sviluppando tale tematica, il Manuale della Commissione per l’attuazione della direttiva sui servizi (2007), pag. 11, afferma che «[l]’esclusione dei servizi di trasporto non comprende i servizi che non costituiscono servizi di trasporto, quali i servizi di scuola guida, i servizi di trasloco, i servizi di noleggio di auto, i servizi di pompe funebri o i servizi di fotografia aerea, né le attività commerciali presso i porti o gli aeroporti quali negozi e ristoranti».


24 – L’ordinanza di rinvio afferma che può essere disposto il blocco di un veicolo ove esso presenti carenze di sicurezza (v., in relazione a ciò, articoli 7, paragrafo 2, lettera c) e 9, paragrafo 3, della direttiva 2014/45).


25 – V., in particolare, considerando 33 della direttiva sui servizi e articolo 25, paragrafo 1, lettera b), della stessa.


26 – V., in tal senso, sentenza Yellow Cab Verkehrsbetriebs (C‑338/09, EU:C:2010:814), punto 33. V., inoltre, sentenza Ottica New Line, C‑539/11, EU:C:2013:591), punti da 17 a 23.


27 – V. sentenza Attanasio Group (C‑384/08, EU:C:2010:133), punto 36.


28 – V. sentenza Airport Shuttle Express (C‑162/12 e C‑163/12, EU:C:2014:74), punti da 41 a 43 e giurisprudenza citata.


29 – V. le mie conclusioni nelle cause riunite Venturini (da C‑159/12 a C‑161/12, EU:C:2013:529), paragrafo 33.


30 – V. sentenze Attanasio Group (C‑384/08, EU:C:2010:133), punto 24; Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300), punti 39 e 40; Venturini (da C‑159/12 a C‑161/12, EU:C:2013:791), punto 26; e Susisalo e a. (C‑84/11, EU:C:2012:374), punti da 18 a 22.


31 – V., in tal senso, sentenza Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti (C‑451/03, EU:C:2006:208), punto 45 e giurisprudenza citata.


32 – V., in tal senso, sentenza Peñarroja Fa (C‑372/09 e 373/09, EU:C:2011:156), punto 42 e giurisprudenza citata.


33 – V., tra le altre, sentenze Commissione/Austria (C‑393/05, EU:C:2007:722); Commissione/Germania (C‑404/05, EU:C:2007:723); e Soa Nazionale Costruttori (C‑327/12, EU:C:2013:827).


34 – V. sentenza Soa Nazionale Costruttori (C‑327/12, EU:C:2013:827), punto 53 e giurisprudenza citata.


35 – V., in tal senso, sentenza Commissione/Portogallo (C‑438/08, EU:C:2009:651), punti da 38 a 45.


36 – Ai sensi del considerando 15 della direttiva 2014/45, «[i] controlli tecnici sono una prerogativa delle autorità pubbliche e dovrebbero essere quindi effettuati dagli Stati membri o da organismi incaricati, pubblici o privati, sotto la loro supervisione. Gli Stati membri dovrebbero conservare la responsabilità dei controlli tecnici in ogni caso anche se il sistema nazionale consente di autorizzare a effettuare controlli tecnici soggetti privati, compresi quelli che effettuano anche riparazioni di veicoli» (il corsivo è mio).


37 – Diversamente dalla direttiva 2014/45; v., in particolare, articolo 14 («Supervisione dei centri di controllo») della stessa, nonché l’allegato V alla stessa.


38 – Quali gli articoli 4 e 5 («Eccezioni») e, in particolare, l’articolo 3, paragrafo 1, che è formulato come segue: «Gli Stati membri adottano i provvedimenti che ritengono necessari perché si possa dimostrare che il veicolo è stato sottoposto, con esito positivo, a un controllo tecnico che sia conforme almeno alle disposizioni della presente direttiva».


39 – Faccio riferimento, in particolare, all’articolo 79, paragrafo 1, lettera c), del decreto n. 30/2010, citato dall’OCA nelle sue osservazioni. Nella sua risposta alla Corte per chiarimenti, il Tribunal Supremo dichiara che l’autorità locale richiamata in tale disposizione (l’Agenzia catalana per la sicurezza industriale) non è mai venuta in essere e pertanto non ha predisposto linee guida. Tuttavia, il giudice del rinvio fa riferimento al manuale citato nella successiva nota, predisposto dall’amministrazione centrale spagnola.


40 – V. Manual de procedimento de inspección de las estaciones I.T.V., gennaio 2012, pag. 11, che stabilisce che «[q]ualora, nel corso di un controllo tecnico negativo, il veicolo presenti carenze tali che il suo uso creerebbe un pericolo per i suoi occupanti e per gli altri utenti delle strade pubbliche, il centro di CTV qualifica la carenza come molto grave (CMG) e il controllo come non superato» (il corsivo è mio).


41 – EU:C:2009:651, punto 26.


42 – V., in tal senso, sentenza Nasiopulos (C‑575/11, EU:C:2013:430), punto 20 e giurisprudenza citata. V. anche, per analogia, sentenza Commissione/Italia (C‑110/05, EU:C:2009:66), punto 61.


43 – V. sentenza Soa Nazionale Costruttori (C‑327/12, EU:C:2013:827), punto 45 e giurisprudenza citata.


44 – V. sentenza Ottica New Line (C‑539/11, EU:C:2013:591), punto 26 e giurisprudenza citata.


45 V. sentenza Gebhard (C‑55/94, EU:C:1995:411), punto 37 e giurisprudenza citata e, in tal senso, sentenza Commissione/Portogallo (C‑438/08, EU:C:2009:651), punto 46.


46 – V., in tal senso, sentenza Yellow Cab Verkehrsbetriebs (C‑338/09, EU:C:2010:814), punto 34.


47 – Tale preambolo afferma: «(...) È necessario adeguare l’offerta del servizio di [CTV] alle esigenze correnti, sia in termini di copertura di aree geografiche attualmente carenti, per ottenere un ravvicinamento del servizio agli utenti, sia per ridurre il deficit di servizio esistente in aree coperte da centri di [CTV] più saturi e con tempi di attesa superiori (…) Nel servizio di [CTV], per le sue caratteristiche territoriali, conviene evitare che, per ragioni puramente di redditività del servizio, l’offerta si concentri eccessivamente in una determinata zona, a scapito di altre zone del territorio che, per il fatto di avere un parco di veicoli più ridotto, rimangono prive di copertura, con conseguente pregiudizio per gli utenti. D’altro lato, nelle zone in cui la domanda è maggiore a causa della densità di veicoli, un’elevata concentrazione di centri potrebbe condurre a una tendenza degli operatori a competere abbassando il livello di requisiti e, di conseguenza, a una minore qualità del servizio».


48 – L’ordinanza di rinvio cita nello specifico l’esigenza di garantire una copertura territoriale adeguata, un’elevata qualità del servizio e una concorrenza effettiva, ma richiama l’attenzione anche alla giurisprudenza della Corte relativa alla protezione della saluta pubblica, alla tutela dell’ambiente e alla tutela dei consumatori.


49 – V. sentenza Commissione/Portogallo (C‑438/08, EU:C:2009:651), punto 48 e giurisprudenza citata.


50 – V., in tal senso, sentenza Servizi Ausiliari Dottori Commercialisti (C‑451/03, EU:C:2006:208), punto 38 e giurisprudenza citata.


51 – V., in tal senso, sentenza Essent e a. (da C‑105/12 a C‑107/12, EU:C:2013:677), punto 58 e giurisprudenza citata.


52 – V., con riferimento a stabilimenti sanitari e fornitori di medicinali e di farmaci, tra le altre le sentenze Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300), punto 70, e Venturini (da C‑159/12 a C‑161/12, EU:C:2013:791), punto 46. V., più cauta, con riferimento agli ottici, la sentenza Ottica New Line (C‑539/11, EU:C:2013:591), punto 43. Per contro, la Corte non ha autorizzato requisiti di popolazione minima con riferimento a grandi esercizi commerciali: v. sentenza Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172), punti da 80 a 83. Nella sentenza Attanasio Group (C‑384/08, EU:C:2010:133), era stato chiesto un requisito di distanza tra impianti per motivi di sanità pubblica (v. punti 47 e da 52 a 54). Anche questo non è stato autorizzato.


53 – Ai sensi del considerando 2 della direttiva 2009/40, «[n]ell’ambito della politica comune dei trasporti, la circolazione di alcuni tipi di veicoli nello spazio comunitario deve svolgersi nelle migliori condizioni, (...) sul piano della sicurezza [stradale]».


54 – V., in tal senso, sentenza Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172), punti 75 e 76.


55 – V., in tal senso, sentenza Ottica New Line (C‑539/11, EU:C:2013:591), punti 48 e 49 e giurisprudenza citata.


56 – L’ordinanza di rinvio fa riferimento, tra l’altro, all’articolo 37, paragrafo 2, della legge n. 12/2008, ai sensi del quale nel caso in cui il governo catalano limiti il numero dei centri di CTV e di linee di controllo, si deve indire un procedimento ad evidenza pubblica. Dall’ordinanza di rinvio emerge altresì che il Tribunal Superior de Justicia ha annullato talune disposizione del decreto n. 30/2010, in quanto l’attribuzione alle imprese «storiche» senza che queste partecipino alla gara costituiva discriminazione nei confronti dei nuovi concorrenti.


57 – Nelle sue osservazioni scritte, la Commissione ha infatti dichiarato che l’ordinanza di rinvio non era sufficientemente precisa da consentire una valutazione della compatibilità del regime catalano di CTV con l’articolo 49 TFUE. Tuttavia, all’udienza la Commissione ha successivamente affermato che tale regime non osservava tale disposizione.


58 – Da C‑159/12 a C‑161/12, EU:C:2013:791.


59 – V. articolo 1, paragrafo 2 e allegato I della direttiva 2009/40.


60 – V., in tal senso, sentenza Commissione/Italia (C‑110/05, EU:C:2009:66), punti 65 e 66. V. anche sentenza Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172), punto 75.


61 – V. sentenza Sokoll-Seebacher, C‑367/12, EU:C:2014:68, punto 39 e giurisprudenza citata.


62 – V. sentenza Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172), punto 75 e giurisprudenza citata.


63 – Relazione n. IR 7/2010 del 31 maggio 2010.


64 – V. sentenza Attanasio Group (C‑384/08, EU:C:2010:133), punto 55, dove la Corte sembra aver ritenuto l’obiettivo di «razionalizzazione del servizio reso agli utenti» di ordine puramente economico. Cionondimeno, una restrizione può essere giustificata qualora sia dettata da motivi di ordine economico che perseguono un obiettivo d’interesse generale: v. sentenza Essent e a. (da C‑105/12 a C‑107/12, EU:C:2013:677), punto 52 e giurisprudenza citata.


65 – EU:C:2011:172, punti da 95 a 98. V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2010:588), paragrafi 84 e 85.


66 – EU:C:2010:133, punto 56.


67 – EU:C:2009:651, punto 53. È vero che il Portogallo non ha proposto alcun argomento convincente a propria difesa, v. punto 49.


68 – V. allegato II alla direttiva 2009/40 e articolo 1, paragrafo 2, della stessa.


69 – V. considerando 24 della direttiva 2009/40, ai sensi del quale «[g]li Stati membri, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze, devono accertarsi della qualità e delle modalità di effettuazione del controllo tecnico dei veicoli». Il considerando 5 descrive la qualità come «minima».


70 – Il considerando 4 della direttiva 2009/40 stabilisce che «[i] controlli (…) dovrebbero essere relativamente semplici, rapidi e poco costosi».


71 – V., in tal senso, sentenza Commissione/Spagna (C‑400/08, EU:C:2011:172), punto 83 e giurisprudenza citata.


72 – V., in tale senso, sentenza Attanasio Group (C‑384/08, EU:C:2010:133), punto 54.


73 – Qualora il CTV non possa essere qualificato come servizio nel settore dei trasporti, allora rientrerebbe nella nozione di «servizio» (e l’operatore di un centro di CTV in quella di «prestatore») come definita dall’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva sui servizi («Definizioni»). Pertanto, tale direttiva sarebbe applicabile ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della stessa.


74 – Faccio qui riferimento alle conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Rina Services e a. (C‑593/13, EU:C:2015:159), paragrafo 23.