Language of document : ECLI:EU:C:2014:333

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 15 maggio 2014 (1)

Causa C‑318/13

X

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein hallinto‑oikeus (Finlandia)]

«Direttiva 79/7/CEE – Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza sociale – Articolo 4, paragrafo 1 – Assicurazione per i lavoratori contro gli infortuni sul lavoro – Diritto nazionale – Risarcimento forfettario in caso di danni permanenti da infortunio sul lavoro – Determinazione del quantum del risarcimento – Risarcimento di importo diverso tra uomini e donne sulla base di una diversa aspettativa di vita statistica tra i sessi – Responsabilità dello Stato membro – Violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione»





I –    Introduzione

1.        È noto che le donne, dal punto di vista statistico, hanno un’aspettativa di vita maggiore rispetto agli uomini. Ma è corretto che gli uomini, unicamente per tale motivo e senza un concreto esame del singolo caso, ricevano una prestazione inferiore rispetto alle donne ove un’assicurazione per i lavoratori contro gli infortuni sul lavoro accordi, mediante un pagamento una tantum forfettario, un risarcimento a fronte di problemi di salute destinati ad avere effetti per tutta la vita?

2.        Tale questione è al centro della causa in esame. Essa offre alla Corte l’occasione, a seguito della sentenza «Test‑Achats» (2), di precisare, nel quadro di un’altra fattispecie caratterizzata da aspetti di diritto assicurativo, la propria giurisprudenza sul principio di diritto dell’Unione della parità di trattamento tra uomini e donne.

3.        Nel caso di specie occorre, anzitutto, esaminare se tale principio osti a disposizioni di diritto nazionali che, in sede di determinazione dell’entità dell’indennizzo assicurativo, si basino su parametri fondati in modo determinante sull’aspettativa di vita statisticamente diversa tra uomini e donne. In secondo luogo, nel caso in cui la normativa nazionale dovesse risultare contraria al diritto dell’Unione, si pone la questione della responsabilità dello Stato membro e, eventualmente, in terzo luogo, quella di una limitazione temporale degli effetti della sentenza.

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.      Direttiva 79/7 (3)

4.        A norma del suo articolo 3, la direttiva 79/7 trova applicazione, inter alia, ai regimi legali che assicurano una protezione contro l’invalidità, gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali».

5.        Il successivo articolo 4 stabilisce quanto segue:

«1.      Il principio della parità di trattamento implica l’assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso (…), specificamente per quanto riguarda:

–        (…)

–        (…)

–        il calcolo delle prestazioni (...), nonché le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni.

2.      Il principio della parità di trattamento non pregiudica le disposizioni relative alla protezione della donna a motivo della maternità».

2.      Direttiva 2004/113 (4)

6.        Prima di essere dichiarato invalido (5), l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2004/113 ammetteva, a determinate condizioni, una disparità di trattamento sulla base del sesso nei seguenti termini:

«Fatto salvo il paragrafo 1, gli Stati membri possono decidere anteriormente al 21 dicembre 2007 di consentire differenze proporzionate nei premi e nelle prestazioni individuali ove il fattore sesso sia determinante nella valutazione dei rischi, in base a pertinenti e accurati dati attuariali e statistici (...)».

3.      Direttiva 2006/54 (6)

7.        L’articolo 5 della direttiva 2006/54, intitolato «Divieto di discriminazione» stabilisce, per i regimi professionali di sicurezza sociale, quanto segue (7):

«Fermo restando quanto disposto dall’articolo 4 [(8)], nei regimi professionali di sicurezza sociale è vietata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta fondata sul sesso, specificamente per quanto riguarda

(…)

c)      il calcolo delle prestazioni (...), nonché le condizioni relative alla durata e al mantenimento del diritto alle prestazioni».

8.        Il successivo articolo 9, paragrafo 1, così dispone:

«Nelle disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento sono da includere quelle che si basano direttamente o indirettamente sul sesso per:

(…)

h)      fissare livelli differenti per le prestazioni, salvo se necessario per tener conto di elementi di calcolo attuariale che sono differenti per i due sessi nel caso di regimi a contribuzione definita; nel caso di regimi a prestazioni definite, finanziate mediante capitalizzazione, alcuni elementi possono variare sempreché l’ineguaglianza degli importi sia da attribuire alle conseguenze dell’utilizzazione di fattori attuariali che variano a seconda del sesso all’atto dell’attuazione del finanziamento del regime;

(…)».

B –    Diritto nazionale

9.        In base alle informazioni fornite dal governo finlandese, i datori di lavoro finlandesi sono tenuti ex lege ad assicurare i propri lavoratori presso compagnie assicurative private contro il rischio di danni permanenti alla salute dovuti a infortuni sul lavoro.

10.      In caso di sinistro, le prestazioni assicurative vengono erogate sotto forma di pagamenti periodici o di indennità forfettaria (in prosieguo: il «risarcimento dell’infortunio sul lavoro», o anche: il «risarcimento dell’infortunio»). In presenza di danni meno gravi, l’indennità deve essere liquidata necessariamente mediante versamento di una somma una tantum forfettaria (9).

11.      Il quantum della suddetta indennità forfettaria dipende dall’aspettativa di vita media del danneggiato. Determinanti sono, a tal riguardo, da un lato, l’età del danneggiato e, dall’altro, ai fini della determinazione dell’aspettativa di vita residua, il suo sesso. Dato che statisticamente si presume per gli uomini un’aspettativa di vita inferiore, le donne percepiscono, in base al diritto finlandese, in fattispecie altrimenti analoghe, un’indennità superiore rispetto agli uomini.

III – Fatti all’origine della controversia principale e questioni pregiudiziali

12.      Nel 2005, a seguito di un infortunio sul lavoro avvenuto nel 1991, il sig. X percepiva dall’ente assicurativo competente un risarcimento sotto forma di somma forfettaria una tantum. In circostanze altrimenti analoghe, una donna avrebbe ottenuto, in ragione del solo sesso e della sua aspettativa di vita statisticamente superiore, EUR 278,89 in più rispetto a quanto liquidato al sig. X (10).

13.      Il ricorso proposto dal sig. X, con cui questi chiedeva che il proprio risarcimento venisse parimenti quantificato sulla base dei più favorevoli criteri, vigenti per le donne, veniva respinto, con efficacia di giudicato, nel 2008 dal Tribunale competente in materia di sicurezza sociale chiamato a decidere della causa in qualità di giudice di ultima istanza.

14.      Con ricorso presentato nel 2009, il sig. X chiede ora allo Stato finlandese un risarcimento del danno nella misura della differenza non riconosciutagli oltre interessi.

15.      Il giudice del rinvio ha sottoposto alla Corte in via pregiudiziale le seguenti questioni:

1)         Se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7 debba essere interpretato nel senso che osti ad una normativa nazionale per effetto della quale la differenza di aspettativa di vita tra uomini e donne venga presa in considerazione quale fattore attuariale ai fini del calcolo delle prestazioni di sicurezza sociale stabilite ex lege, dovute in ragione di un infortunio sul lavoro, laddove il ricorso a tale fattore implichi che la somma risarcitoria una tantum spettante ad un uomo sia inferiore a quella che percepirebbe una donna di pari età e in una situazione, per il resto, analoga.

2)         In caso di risposta affermativa alla prima questione, se nel caso di specie sussista, quale presupposto della responsabilità di uno Stato membro, una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione, tenuto conto in particolare del fatto:

–        che la Corte non si è espressamente pronunciata, nella propria giurisprudenza, sul punto se, ai fini della determinazione delle prestazioni dei regimi legali di sicurezza sociale ricompresi nella sfera di applicazione della direttiva 79/7/CEE, possano essere presi in considerazione fattori attuariali fondati sul sesso;

–        che nella sentenza pronunciata nella causa C‑236/09, Association belge des Consommateurs Test‑Achats e a., la Corte ha dichiarato invalido l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2004/113, il quale consentiva che venissero presi in considerazione tali fattori, fissando peraltro un periodo transitorio sino all’entrata in vigore dell’invalidità; e

–        che il legislatore dell’Unione ha ammesso, nelle direttive 2004/113 e 2006/54 (direttiva riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego), a determinate condizioni, che vengano presi in considerazione fattori attuariali fondati sul sesso ai fini del calcolo delle prestazioni previste dalle direttive medesime, ove, per tale ragione, legislatore nazionale ha presunto che detti fattori potessero essere presi in considerazione anche nell’ambito dei regimi legali di sicurezza sociale qui in esame.

IV – Analisi

A –    Prima questione pregiudiziale

16.      Con la sua prima questione pregiudiziale il giudice del rinvio chiede, essenzialmente, se l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7 osti a disposizioni di diritto nazionale per effetto delle quali gli uomini, in caso di risarcimenti forfettari riconosciuti per infortuni sul lavoro, vengano trattati in modo meno favorevole rispetto alle donne per il solo fatto che per essi si presume statisticamente un’aspettativa di vita inferiore.

17.      Occorre esaminare, in limine, se la direttiva 79/7 che, in base al suo articolo 3, paragrafo 1, lettera a), trova applicazione ai regimi legali per la tutela contro il rischio d’invalidità nonché i rischi di infortuni sul lavoro e di malattie professionali, sia pertinente nel caso di specie. Solo in tale ipotesi, infatti, è possibile rispondere in maniera sensata alla prima questione pregiudiziale. In caso contrario essa non presenterebbe nessun contatto con l’effettività della controversia oggetto del procedimento principale.

1.      Ambito di applicazione ratione materiae e ratione temporis della direttiva 79/7

a)      Ambito di applicazione ratione temporis

18.      Il governo finlandese afferma che la direttiva 79/7 non sarebbe applicabile ratione temporis, dal momento che l’incidente controverso sarebbe avvenuto nel 1991 e, quindi, prima dell’adesione della Repubblica di Finlandia nel 1995. Pertinente ai fini della definizione del procedimento principale sarebbe, pertanto, il contesto normativo vigente nel 1991. Tale contesto non potrebbe essere esaminato alla luce della direttiva 79/7, in quanto quest’ultima non si applicherebbe a fattispecie anteriori all’adesione della Repubblica di Finlandia.

19.      Il riconoscimento del risarcimento dell’infortunio sul lavoro è tuttavia volto a compensare i futuri effetti di un incidente subìto nel 1991. Nel caso di specie non si tratta, pertanto, di valutare una fattispecie già definitivamente conclusa prima dell’adesione dello Stato membro (11).

20.      Secondo costante giurisprudenza, gli effetti futuri di una situazione creatasi quando era in vigore la norma precedente si valutano però in base al quadro normativo successivamente vigente (12). Lo stesso deve valere anche per gli effetti futuri di una situazione venutasi a creare ancor prima dell’adesione di uno Stato membro ma i cui ulteriori effetti si producono per il periodo successivo ad essa.

21.      Poiché con l’adesione della Repubblica di Finlandia la direttiva 79/7 è divenuta applicabile nel territorio della medesima (13), tale direttiva è determinante, dal punto di vista del suo ambito di applicazione ratione temporis, per il riconoscimento del risarcimento dell’infortunio qui in esame.

b)      Ambito di applicazione ratione materiae

22.      Dubbi circa la pertinenza ratione materiae della direttiva 79/7 potrebbero inoltre sussistere in considerazione del fatto che la direttiva di cui trattasi trova applicazione soltanto ai «regimi legali» nell’ambito della sicurezza sociale, mentre nel caso di specie, in base alle informazioni fornite dal governo finlandese, il risarcimento viene accordato attraverso determinate compagnie assicurative private, cui è stato affidato l’adempimento dei compiti delle assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni.

23.      È ben vero che il risarcimento dell’infortunio sul lavoro previsto dal regime finlandese non viene, quindi, versato direttamente dall’amministrazione statale competente in materia, ma da compagnie assicurative private nel quadro del regime legale di assicurazione obbligatoria. Tuttavia, le modalità di concessione di una prestazione non sono decisive per la sua qualificazione ai sensi della direttiva 79/7. Rileva piuttosto il fatto che una prestazione prevista in una disposizione di legge sia direttamente ed effettivamente connessa alla protezione contro uno qualsiasi dei rischi elencati nell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva (14). Così è nel caso del risarcimento dell’infortunio sul lavoro previsto dal regime finlandese erogato direttamente al danneggiato, la cui concessione è stabilita in base alla legge sull’assicurazione infortuni.

24.      Le disposizioni di legge finlandesi di cui trattasi devono pertanto essere considerate quale regime legale per la tutela contro i rischi d’invalidità e, come tale, da valutare in base alla direttiva 79/7. Non sono invece pertinenti le direttive 2004/113 e 2006/54, la prima poiché, in base al suo articolo 3, paragrafo 4, non si applica «a questioni riguardanti l’impiego e l’occupazione» e la seconda poiché, in base al suo articolo 2, paragrafo 1, lettera f), disciplina i regimi pensionistici professionali specifici per le imprese, ma non è applicabile a una disciplina nazionale dell’assicurazione contro gli infortuni.

25.      Poiché l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7 dispone, per il calcolo della prestazione, «l’assenza di qualsiasi discriminazione direttamente o indirettamente fondata sul sesso», occorre poi verificare se il ricorso a criteri attuariali integri una disparità di trattamento fondata sul sesso (infra sub 2) ed, eventualmente, se siano ravvisabili dei motivi di giustificazione per una tale disparità (infra sub 3).

2.      Disparità di trattamento mediante parametri attuariali collegati alla diversa aspettativa di vita statistica dei sessi

26.      La diversa quantificazione del risarcimento forfettario dell’infortunio si ricollega direttamente al sesso del beneficiario e alla sua aspettativa di vita statistica.

27.      Tuttavia, secondo il governo finlandese, nel caso di specie non si ravvisa nessun trattamento sfavorevole dei beneficiari di sesso maschile. La differenziazione in base al sesso si renderebbe invece necessaria per non svantaggiare le donne rispetto agli uomini. Da un punto di vista statistico, le donne avrebbero un’aspettativa di vita superiore agli uomini cosicché l’indennità diretta a compensare forfettariamente il danno patito per i rispettivi e probabili anni di vita rimanenti dovrebbe essere maggiore per le donne rispetto agli uomini.

28.      Non sussisterebbe pertanto una disparità di trattamento tra uomini e donne ma ciascuno si vedrebbe riconosciuto l’importo spettantegli in base a un calcolo attuariale.

29.      Tuttavia una tale osservazione potrebbe tutt’al più giustificare la disparità di trattamento tra uomini e donne in caso di concessione di una prestazione forfettaria, non però negare tout court che uomini e donne sono trattati in modo differente secondo le disposizioni di legge finlandesi.

30.      Occorre esaminare in prosieguo possibili motivi di giustificazione.

3.      Motivi di giustificazione della disparità di trattamento

31.      Nell’esaminare quali fattori vengano presi in considerazione come motivi di giustificazione di una disparità di trattamento in caso di risarcimento dell’infortunio, occorre esaminare, anzitutto, la direttiva 79/7.

a)      Motivi di giustificazione rilevanti ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 79/7

32.      L’articolo 4 della direttiva contiene una disciplina inequivocabile e compiuta prevedendo che, fatta salva la problematica della maternità, in sede di concessione delle prestazioni non sia ammissibile, in termini generali, nessuna differenziazione in base al sesso.

33.      Non sarebbe quindi possibile giustificare il governo finlandese già per il solo fatto che esso – in spregio al principio della parità di trattamento sancito nella direttiva – introduce, con l’aspettativa di vita basata sul sesso, un criterio di differenziazione che, secondo l’intenzione del legislatore dell’Unione, non può valere per la direttiva 79/7.

34.      Il fatto che la direttiva non vieti espressamente una valutazione statistica dell’aspettativa di vita basata sul sesso non può infatti essere interpretato nel senso di ritenere che, per tale motivo, il legislatore finlandese fosse libero di introdurre il suddetto criterio nell’ambito della concessione delle prestazioni. In senso contrario depone, oltre al tenore letterale della direttiva 79/7, un confronto con il programma normativo delle direttive 2004/113 e 2006/54. In queste due ultime direttive il legislatore dell’Unione ha valutato, a determinate condizioni, come non problematica l’ammissibilità di «fattori attuariali» diversi a seconda del sesso (15) o di fattori «attuariali» (16), ma ha ritenuto necessaria un’espressa previsione in tal senso. Data l’assenza di una siffatta clausola di salvaguardia specifica nella direttiva 79/7, appare ovvio a contrario che, già in base alla volontà del legislatore dell’Unione, nella direttiva 79/7 non dovevano trovare spazio considerazioni di carattere attuariale fondate sul sesso.

35.      Secondo il governo finlandese, la diversa entità della prestazione è invece comunque giustificata poiché, nel caso delle indennità forfettarie, essa è frutto, quale caratteristica insita nel sistema, dell’aspettativa di vita differenziata in base al sesso. Le donne, statisticamente più longeve, risulterebbero altrimenti svantaggiate rispetto agli uomini, atteso che con il pagamento di una somma una tantum è volto a compensare le conseguenze dell’infortunio per il resto della vita.

36.      Il governo finlandese replica così alle eccezioni oppostegli e sostiene, per così dire, di essere obbligato in base al diritto primario a riconoscere agli uomini, all’atto della concessione di un’indennità forfettaria, un importo inferiore rispetto alle donne.

37.      Tuttavia, come illustrato in prosieguo, questa affermazione in definitiva sembra non essere convincente.

b)      Motivi di giustificazione rilevanti in base al diritto primario

38.      Alla luce del diritto primario, una disparità di trattamento a carattere diretto fondata sul sesso è ammessa – prescindendo dal caso di specifiche misure dirette a favorire gli appartenenti a una categoria di persone svantaggiate – soltanto qualora sia possibile constatare con certezza l’esistenza di rilevanti differenze tra uomini e donne, le quali esigano un simile trattamento diversificato (17).

i)      Sulla nozione di rilevanti differenze

39.      La presenza di rilevanti differenze tra uomini e donne, idonee a ripercuotersi sulla concessione delle prestazioni dell’assicurazione contro gli infortuni, può forse essere riconosciuta quando, nel singolo caso concreto, si può inconfutabilmente presumere, in ragione del solo sesso, che ricorrano o manchino determinate circostanze rilevanti ai fini dell’erogazione della prestazione (18). Tuttavia, sotto il profilo giuridico, tali differenze sarebbero rilevanti solo ove la differenziazione di cui trattasi fosse compatibile con i principi fondanti dell’ordinamento giuridico dell’Unione (19).

40.      Il governo finlandese presume, senza eccezioni, che le donne statisticamente abbiano un’aspettativa di vita superiore rispetto agli uomini e ritiene pertanto che il sesso degli assicurati sia un fattore rilevante ai fini delle prestazioni forfettarie collegate alla durata della vita.

41.      Tale previsione, diversa in ragione del sesso, non ricomprende tuttavia tutti gli aspetti dell’aspettativa di vita. Da un lato, essa risulta pertanto, già in base ad una mera valutazione di fatto, troppo generica e conduce a risultati non ponderati. Dall’altro, anche valutazioni normative attinenti al diritto primario depongono contro l’ammissione dell’appartenenza a un genere come criterio rilevante ai fini dell’erogazione della prestazione.

42.      Occorre quindi analizzare in primis le eccezioni di fatto e poi le eccezioni di diritto che depongono contro la rilevanza della valutazione prognostica sulla base del sesso ai fini dell’erogazione delle prestazioni.

ii)    Eccezioni di fatto contro la rilevanza della valutazione prognostica sulla base del sesso

43.      Contrariamente a quanto sostenuto dal governo finlandese, per quanto attiene alla concessione del risarcimento dell’infortunio, non è possibile affermare con certezza neppure che un’assicurata avrebbe sempre un’aspettativa di vita superiore rispetto a un assicurato della stessa età.

44.      Infatti, il governo finlandese già non tiene sufficientemente conto di come le circostanze concrete alla base dell’infortunio incidano sull’ulteriore aspettativa di vita: in presenza di determinate patologie difficilmente si può ritenere che le donne possano avere un’aspettativa di vita superiore rispetto agli uomini in una situazione equiparabile.

45.      Un criterio legato meramente al genere per stabilire l’aspettativa di vita è inoltre insufficiente anche perché trascura altri aspetti – accanto alle conseguenze dell’infortunio, ad esempio, la provenienza geografica e il luogo di residenza abituale della persona interessata (20), le sue abitudini di vita, nonché circostanze economiche e sociali rilevanti – e rispecchia le realtà in modo solo distorto.

46.      Ne consegue che l’appartenenza ad un sesso non può, di per sé, giustificare, neppure sulla base di una valutazione astratta, una differenza rilevante rispetto alla concessione della prestazione.

47.      Che la mera valutazione prognostica sulla base del sesso non rappresenti un approccio corretto per la determinazione del risarcimento forfettario diviene ancor più evidente ove si considerino i singoli casi concreti degli assicurati e si osservi che, in base alla logica immanente del governo finlandese – e come ha ammesso il governo finlandese in udienza –, anche una donna affetta da una malattia mortale, a prescindere dalla sua concreta aspettativa di vita più ridotta, percepirebbe, in ragione del suo solo sesso, un risarcimento maggiore rispetto a un uomo della stessa età ma in condizioni di salute nettamente migliori. Se, per casi come questi, il diritto finlandese non prevede un regolamento adatto alla fattispecie specifica, ma si limita a fondarsi distrattamente sul sesso, quest’ultimo non può essere un criterio rilevante per la quantificazione del risarcimento forfettario dell’infortunio.

48.      A prescindere dalle suddette remore di fatto contro il criterio del sesso, contro la sua ammissibilità depongono anche talune eccezioni di carattere normativo esaminate in prosieguo.

iii) Eccezioni di carattere normativo contro la rilevanza della valutazione prognostica sulla base del sesso

49.      Il criterio finlandese dell’aspettativa di vita differenziata in base al sesso deve essere esaminato alla luce di parametri normativi tratti dal diritto primario dell’Unione. Tra tali principi fondamentali rientra, in base all’articolo 2 TUE, tra l’altro, il principio della parità tra uomini e donne che è altresì sancito, a livello di diritti fondamentali, nell’articolo 21 della Carta.

50.      Come ho già esposto nelle mie conclusioni nella causa Association belge des Consommateurs Test‑Achats e a., in linea con il grande valore riconosciuto al suddetto principio della parità tra uomini e donne e alla luce del sistema di valori del diritto dell’Unione, non è possibile ricorrere, in base a una generalizzazione statistica, al sesso come, per così dire, criterio sostitutivo di altri elementi di differenziazione difficilmente identificabili, ma in definitiva realmente rilevanti a fini assicurativi.

51.      Se determinate caratteristiche sono effettivamente rilevanti ai fini dell’aspettativa di vita (21), esse devono invece essere accertate in quanto tali, valutate adeguatamente e ricondotte a specifici gruppi di persone a prescindere dal sesso. Esse non possono quindi essere imputate in modo schematico a un determinato sesso, salvo che non si tratti di caratteristiche invariabili specifiche dal punto di vista biologico. In caso contrario, singoli interessati, per i quali la specifica caratteristica non vale, sarebbero svantaggiati o avvantaggiati in ragione del solo sesso e senza un valido motivo.

52.      Inoltre, in sede di valutazione normativa dei criteri attuariali legati al genere, occorre considerare che l’articolo 21 della Carta cita il divieto di discriminazione sulla base del sesso, per così dire, insieme al divieto di discriminazione sulla base della razza, del colore della pelle e dell’origine etnica.

53.      Pertanto, in base al programma di valori del legislatore dell’Unione, le regolamentazioni direttamente collegate all’appartenenza a un sesso sono – a parte indubbie specificità biologiche, quali la maternità – tanto inaccettabili quanto quelle fondate sulla razza o sul colore della pelle e non sono pertanto ammissibili nell’ambito della normativa in materia di sicurezza sociale a prescindere da eventuali considerazioni di carattere statistico (22).

54.      Diversamente, se ai fini della valutazione prognostica venissero considerati in definitiva in modo schematico dati statistici estranei alla fattispecie, al posto di criteri materiali effettivamente pertinenti, sussisterebbe, da un lato, il rischio di uno svuotamento, mascherato da considerazioni di carattere statistico, dei divieti di discriminazione sanciti dalla Carta e, dall’altro, il rischio di pervenire nel singolo caso a risultati inopportuni.

iv)    Conclusione interlocutoria sulla prima questione pregiudiziale

55.      Né dalla direttiva 79/7, né dal diritto primario si possono pertanto trarre motivi di giustificazione rilevanti per una disparità di trattamento fondata su statistiche specifiche in base al sesso.

56.      L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7 deve quindi essere interpretato nel senso che osta a disposizioni di diritto nazionale secondo cui la differente aspettativa di vita tra uomini e donne viene presa in considerazione quale fattore attuariale ai fini del calcolo delle prestazioni di sicurezza sociale stabilite dalla legge dovute in ragione di un infortunio sul lavoro, quando il ricorso a tale fattore comporta che la prestazione indennitaria una tantum spettante a un uomo sia inferiore all’indennità che percepirebbe una donna della medesima età e in una situazione per il resto analoga.

57.      Alla luce delle suesposte considerazioni, nell’ambito del procedimento in materia di sicurezza sociale, i giudici finlandesi avrebbero in realtà dovuto – in ogni caso nella misura in cui tale procedimento era diretto contro un ente statale o contro un organismo a esso equiparabile – disapplicare la disposizione discriminatoria e, in assenza di una disciplina nazionale non discriminatoria, riconoscere invece al sig. X il maggiore importo riservato, in base al diritto finlandese, alle donne (23).

58.      Ciò però non è accaduto.

59.      Posto che il procedimento in materia di sicurezza sociale si è nel frattempo concluso con efficacia di giudicato, quantomeno nella misura in cui il giudizio dinanzi alla Corte nella presente causa non costituisce una causa di riapertura del procedimento (24) idonea a permettere ai tribunali finlandesi di giudicare in modo conforme al diritto dell’Unione il sig. X, si pone ora la questione se lo Stato finlandese debba oggi rispondere della differenza di importo, maggiorata di interessi, che il diritto finlandese non ha riconosciuto al sig. X in violazione del diritto dell’Unione.

B –    Seconda questione pregiudiziale

60.      Con la seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede essenzialmente se, in considerazione della normativa in materia di risarcimento forfettario degli infortuni in contrasto con il diritto dell’Unione, possa essere imputata alla Repubblica di Finlandia una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione atta a fondarne la responsabilità.

61.      Secondo il giudice del rinvio, in senso contrario alla sussistenza di una violazione depongono chiaramente l’assenza di giurisprudenza pertinente per la direttiva 79/7, il periodo transitorio previsto nella sentenza «Test‑Achats» oltre alla circostanza che il legislatore nazionale avrebbe ritenuto, alla luce delle direttive 2004/113 e 2006/54, che considerazioni attuariali collegate al sesso non sarebbero censurabili dal punto di vista giuridico (supra sub 2).

62.      Prima di valutare nel dettaglio tali aspetti, occorre tuttavia chiarire (infra sub 1) a qual momento occorra far riferimento riguardo all’eventuale violazione del diritto dell’Unione da parte della Repubblica di Finlandia. Tale aspetto è importante al fine di stabilire il contesto di diritto dell’Unione secondo il quale occorre valutare la sussistenza di una violazione qualificata.

1.      Momento rilevante e contesto normativo ai fini della valutazione della sussistenza di una violazione del diritto dell’Unione

63.      Rilevano a tal fine la data dell’infortunio sul lavoro (1991), quella della concessione del risarcimento dell’infortunio da parte dell’ente assicurativo (2005) e quella del rigetto del ricorso dotata di efficacia di giudicato da parte del Tribunale competente in materia di sicurezza sociale (2008).

64.      Al riguardo va osservato, in limine, che la violazione del diritto dell’Unione a danno del sig. X si è concretizzata solo nel 2008 con la decisione con efficacia di giudicato del giudice finlandese.

65.      Si deve rilevare, in secondo luogo, che a tale epoca non vi era alcuna giurisprudenza sulla questione se considerazioni di carattere attuariale fondate sul sesso fossero ammissibili nel quadro della direttiva 79/7, tant’è che la Commissione non ha neppure ritenuto necessario avviare un procedimento di inadempimento contro la Repubblica di Finlandia.

66.      È significativo inoltre come, nel 2004 e nel 2006, il legislatore dell’Unione abbia ammesso, a determinate condizioni e in contesti connessi con la direttiva 79/7 e riferiti alla materia del diritto assicurativo, ossia quelli di cui alle direttive 2004/113 e 2006/54, considerazioni di carattere attuariale fondate sul sesso e come la Commissione abbia sostenuto con veemenza tale punto di vista ancora nel 2010 nella causa Association belge des Consommateurs Test‑Achats e a. Un profondo cambio di orientamento sembra essere intervenuto soltanto nell’ambito di tale causa, nella quale però la sentenza è stata pronunciata solo nel 2011 – vale a dire circa tre anni dopo la sentenza con efficacia di giudicato del Tribunale competente in materia di sicurezza sociale finlandese.

67.      Ciò considerato, occorre ora verificare se si debba ipotizzare una violazione qualificata del diritto dell’Unione commessa nel 2008 e idonea a fondare una responsabilità.

2.      Sussistenza di una violazione sufficientemente qualificata

68.      I danni arrecati a un singolo da violazioni del diritto dell’Unione devono essere risarciti se, in primo luogo, la disposizione violata è preordinata a conferire diritti ai singoli, in secondo luogo, se si tratta di una violazione sufficientemente qualificata e, in terzo luogo, se esiste un nesso causale diretto tra la violazione dell’obbligo incombente allo Stato e il danno subito dai soggetti lesi (25).

69.      Il giudice del rinvio chiede lumi solo in merito alla seconda delle succitate condizioni di responsabilità. Si tratta quindi soltanto di chiarire cosa debba intendersi per violazione «sufficientemente qualificata» e se una tale violazione debba essere ravvisata nel caso di specie.

a)      Nozione di violazione sufficientemente qualificata

70.      Rispetto alla questione sottoposta al giudice nazionale adito, ossia se si possa ravvisare una violazione del diritto dell’Unione sufficientemente qualificata idonea a fondare una responsabilità, il giudice nazionale deve, nel quadro di una valutazione complessiva, considerare anzitutto il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, in secondo luogo, l’ampiezza del potere discrezionale che tale norma consente alle autorità nazionali o dell’Unione, in terzo luogo, il carattere intenzionale o involontario della trasgressione commessa o del danno causato, in quarto luogo, la scusabilità o l’inescusabilità di un eventuale errore di diritto, e in quinto luogo la circostanza che i comportamenti adottati da un’istituzione dell’Unione abbiano potuto concorrere all’omissione, all’adozione o al mantenimento in vigore di provvedimenti o di prassi nazionali contrari al diritto dell’Unione (26).

71.      Tali aspetti devono essere esaminati in prosieguo e devono essere ricondotti a una valutazione complessiva insieme agli aspetti tematizzati nell’ambito della seconda questione pregiudiziale.

b)      Violazione sufficientemente qualificata dell’articolo 4 della direttiva 79/7 da parte della Repubblica di Finlandia

72.      Mentre i primi due aspetti citati al paragrafo 70 depongono, nel caso di specie, nel senso di una violazione sufficientemente qualificata, i successivi tre vanno piuttosto in senso contrario.

73.      Infatti, benché il tenore letterale e il contesto normativo della direttiva 79/7 escludano con sufficiente chiarezza e precisione – e senza accordare al legislatore nazionale alcun potere discrezionale – considerazioni di carattere attuariale collegate al sesso dell’interessato, al legislatore finlandese e alla giustizia finlandese non può essere addebitata, nel 2008, una violazione di legge intenzionale e del tutto inescusabile.

74.      La mancanza di una giurisprudenza pertinente o di un procedimento per inadempimento con cui siano state contestate le corrispondenti violazioni del divieto di discriminazione, da un lato, e la tendenza mostrata dal legislatore dell’Unione a partire dal 2004 ad ammettere ampiamente considerazioni di carattere attuariale, indicavano piuttosto che, quantomeno nel 2008 – quindi prima della sentenza «Test‑Achats» – la normativa finlandese, malgrado il tenore inequivocabile della direttiva 79/7, non risultava con tale evidenza contraria al diritto dell’Unione da potersi imputare alle autorità finlandesi un errore di diritto intenzionale e del tutto inescusabile.

75.      È vero che l’avvio di un procedimento per inadempimento rientra nella discrezionalità della Commissione. Tuttavia, ove penda un procedimento per inadempimento in materia, già per tale motivo sussistono buone ragioni per ritenere che uno Stato membro, in caso di una violazione continuata, metta forse implicitamente in conto delle violazioni del diritto dell’Unione. Al contrario, in mancanza di un procedimento per inadempimento, lo Stato membro, pur non essendo per ciò stesso esente da responsabilità, non può vedersi contestato di aver consapevolmente lasciato persistere eventuali violazioni del diritto dell’Unione.

76.      Nel caso di specie risulta inoltre difficile imputare a uno Stato membro una violazione di diritto inescusabile e idonea a fondare una responsabilità quando lo stesso legislatore dell’Unione l’ha commessa in un contesto diverso ma simile, ossia quello della direttiva 2004/113. Sarebbe eccessivo pretendere che gli Stati membri operino, nell’ambito della loro attività interna di legiferazione, in modo ancor più avveduto e scrupoloso dello stesso legislatore dell’Unione. Proprio l’attività legislativa del legislatore dell’Unione nel periodo compreso tra il 2004 e il 2008 può aver ingenerato nel legislatore finlandese la falsa convinzione che i criteri da esso scelti fossero conformi al diritto dell’Unione anche nell’ambito del diritto della sicurezza sociale.

77.      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione pregiudiziale nel senso che la valutazione delle condizioni per la responsabilità dello Stato membro compete ai giudici nazionali, ma nel valutare se sussista una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione occorre in particolare tener conto, a favore dello Stato membro interessato, del fatto

–        che la Corte nella propria giurisprudenza non si è pronunciata espressamente sul fatto se, nel quantificare le prestazioni dei regimi legali di sicurezza sociale rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 79/7, possano essere presi in considerazione fattori attuariali fondati sul sesso;

–        che solo con la sentenza nella causa C‑236/09, Association belge des Consommateurs Test‑Achats e a., la Corte ha dichiarato invalido l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2004/113, che consente di prendere in considerazione di tali fattori, prevedendo altresì un periodo transitorio prima dell’entrata in vigore dell’invalidità, e

–        che nelle direttive 2004/113 e 2006/54 il legislatore dell’Unione ha ammesso che, a determinate condizioni, tali fattori possano essere presi in considerazione ai fini del calcolo delle prestazioni ai sensi delle direttive suddette e il legislatore nazionale ha ritenuto, su tale base, che si potesse tener conto dei fattori controversi anche nell’ambito dei regimi legali di sicurezza sociale ai sensi della presente controversia.

78.      Tanto premesso, occorre stabilire infine se, nel caso di specie, debba prevedersi una limitazione temporale degli effetti della sentenza.

C –    Limitazioni temporali degli effetti della sentenza

79.      A tal proposito occorre anzitutto osservare che la Corte, nell’interpretare una disposizione di diritto dell’Unione, con la sua sentenza chiarisce e precisa il significato e la portata di tale norma, quale avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore. Una limitazione dell’efficacia temporale di una siffatta sentenza costituisce quindi una misura eccezionale la quale presuppone, inter alia, che sussista altrimenti un rischio di gravi ripercussioni economiche (27).

80.      Sul punto le parti del procedimento non hanno dedotto nessuna valida argomentazione.

81.      Contro la sussistenza di gravi ripercussioni economiche depone piuttosto, nel caso di specie, il fatto che la disciplina, contraria al diritto dell’Unione, prevista dalla legge finlandese sull’assicurazione contro gli infortuni si applica, anzitutto, a fattispecie di lieve entità. In tali casi è improbabile che il sistema di sicurezza sociale sia gravato da enormi costi aggiuntivi persino ove, in futuro, si applichi anche agli uomini l’importo forfettario più vantaggioso, riservato ad oggi alle donne.

82.      Dalle suesposte considerazioni discende che non è necessario limitare nel tempo gli effetti della presente sentenza.

V –    Conclusione

83.      Ciò premesso, propongo alla Corte di rispondere a entrambe le questioni pregiudiziali nei seguenti termini:

1)      L’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale, deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale per effetto della quale la differenza di aspettativa di vita tra uomini e donne viene presa in considerazione quale fattore attuariale ai fini del calcolo delle prestazioni di sicurezza sociale stabilite dalla legge dovute a seguito di infortunio sul lavoro, laddove il ricorso a tale fattore implichi che la somma risarcitoria una tantum da versare a un uomo sia inferiore alla somma che percepirebbe una donna della medesima età ed in una situazione, per il resto, analoga.

2)      La valutazione dei requisiti ai fini della sussistenza della responsabilità dello Stato membro compete ai giudici nazionali. Nel valutare se sussista una violazione sufficientemente qualificata del diritto dell’Unione occorre tuttavia tener conto in particolare, a favore dello Stato membro interessato, del fatto

–        che la Corte nella propria giurisprudenza non si è pronunciata espressamente sul fatto se, nel quantificare le prestazioni dei regimi legali di sicurezza sociale rientranti nell’ambito di applicazione della direttiva 79/7, possano essere presi in considerazione fattori attuariali fondati sul sesso;

–        che solo con la sentenza nella causa C‑236/09, Association belge des Consommateurs Test‑Achats e a., la Corte ha dichiarato invalido l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2004/113, che consente di prendere in considerazione di tali fattori, e ha altresì previsto un periodo transitorio prima dell’entrata in vigore dell’invalidità, e

–        che nelle direttive 2004/113 e 2006/54 il legislatore dell’Unione ha ammesso che, a determinate condizioni, tali fattori possano essere presi in considerazione ai fini del calcolo delle prestazioni ai sensi delle direttive suddette e il legislatore nazionale ha ritenuto, su tale base, che si potesse tener conto dei fattori controversi anche nell’ambito dei regimi legali di sicurezza sociale ai sensi della presente controversia.


1 –      Lingua originale: il tedesco.


2 –      Sentenza Association belge des Consommateurs Test‑Achats e a. (C‑236/09, EU:C:2011:100).


3 –      Direttiva 79/7/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1978, relativa alla graduale attuazione del principio di parità di trattamento tra gli uomini e le donne in materia di sicurezza sociale (GU L 6, pag. 24).


4 –      Direttiva 2004/113/CE del Consiglio, del 13 dicembre 2004, che attua il principio della parità di trattamento tra uomini e donne per quanto riguarda l’accesso a beni e servizi e la loro fornitura (GU L 373, pag. 37).


5 –      Sentenza Association belge des Consommateurs Test‑Achats e a. (EU:C:2011:100).


6 –      Direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione) (GU L 204, pag. 23).


7 –      In base all’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2006/54, vi rientrano i regimi «non regolati dalla direttiva 79/7 (...) aventi lo scopo di fornire ai lavoratori, subordinati o autonomi, raggruppati nell’ambito di un’impresa o di un gruppo di imprese, di un ramo economico o di un settore professionale o interprofessionale, prestazioni destinate a integrare le prestazioni fornite dai regimi legali di sicurezza sociale o di sostituirsi ad esse (...)».


8 –      La norma in parola concretizza il principio della parità retributiva.


9 –      Al momento dell’infortunio sul lavoro controverso trovavano applicazione, in particolare, gli articoli 14 (192/1987), 18a (526/1981) e 18b (1642/1992) del Tapaturmavakuutuslaki (608/1948) (in prosieguo: la «legge sull’assicurazione infortuni») e un decreto del Ministero degli affari sociali e della salute del 30 dicembre 1982 sui criteri per il valore capitale delle pensioni di invalidità e di reversibilità delle assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni e sui criteri per il pagamento di un’indennità una tantum al posto dell’indennità sotto forma di pensione. I criteri per il calcolo dell’risarcimento dell’infortunio sotto forma di indennità una tantum sono disciplinati, dal gennaio del 2010, nell’articolo 18e (1639/2009) della legge sull’assicurazione infortuni. Dal punto di vista sostanziale, le sue disposizioni corrispondono, per quanto qui di rilievo, ai criteri di calcolo di cui al citato decreto del Ministero degli affari sociali e della salute.


10 –      Dalla domanda di pronuncia pregiudiziale non si può, tuttavia, desumere se la quantificazione dell’indennità de qua sia stata operata sulla base della situazione giuridica vigente nel 2005 o nel 1991.


11 –      Diversamente quindi rispetto alla sentenza Ynos (C‑302/04, EU:C:2006:9, punti da 35 a 38).


12 –      V. in particolare sentenze Stadt Papenburg (C‑226/08, EU:C:2010:10, punto 46), e Elektrownia Pątnów II (C‑441/08, EU:C:2009:698, punti da 32 a 34).


13 –      V. sul punto l’articolo 166 dell’atto relativo alle condizioni di adesione del Regno di Norvegia, della Repubblica d’Austria, della Repubblica di Finlandia e del Regno di Svezia e agli adattamenti dei trattati sui quali si fonda l’Unione europea (GU 1994, C 241, pag. 21, e GU 1995, L 1, pag. 1), e sentenza Österreichischer Gewerkschaftsbund (C‑195/98, EU:C:2000:655, punti da 52 a 55).


14 –      V. sentenza Atkins (C‑228/94, EU:C:1996:288, punti 11 e 13).


15 –      In tal senso, l’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2004/113, nel frattempo abrogato.


16 –      In tal senso, l’articolo 9, paragrafo 1, lettera h), della direttiva 2006/54.


17 –      V. paragrafi 59 e segg. delle mie conclusioni nella causa Association belge des Consommateurs Test‑Achats e a. (EU:C:2010:564).


18 –      V., sull’«ammissibilità di pratiche legate al genere nel settore delle assicurazioni», le linee direttrici (2012/C 11/01) per l’applicazione della direttiva 2004/113/CE del Consiglio nel settore delle assicurazioni, sulla base della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa C‑236/09 (Test‑Achats) (GU 2012, C 11, pagg. 1, 3 e 4).


19 –      V., sul punto, i paragrafi da 42 a 67 delle mie conclusioni nella causa Association belge des Consommateurs Test‑Achats e a. (EU:C:2010:564).


20 –      Degno di nota è, inoltre, il fatto che, sotto il profilo statistico, l’aspettativa di vita può variare enormemente, da un lato, a livello mondiale, dall’altro però anche tra le singole aree geografiche dello stesso territorio di uno Stato.


21 –      V. paragrafi 66 e 67 delle mie conclusioni nella causa Association belge des Consommateurs Test‑Achats e a. (EU:C:2010:564).


22 –      V. paragrafi da 49 a 51 e da 62 a 67 delle mie conclusioni nella causa Association belge des Consommateurs Test‑Achats e a. (EU:C:2010:564).


23 –      V. sul punto sentenza Jonkman e a. (da C‑231/06 a C‑233/06, EU:C:2007:373, punto 39).


24 –      V. sul punto sentenza Kühne & Heitz (C‑453/00, EU:C:2004:17, punti da 26 a 28).


25 –      V. in particolare sentenza Francovich e a. (C‑6/90 e C‑9/90, EU:C:1991:428) e Brasserie du pêcheur e Factortame (C‑46/93 e C‑48/93, EU:C:1996:79, punto 51).


26 –      Sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame (EU:C:1996:79, punto 57).


27 –      V. al riguardo sentenza Endress (C‑209/12, EU:C:2013:864, punti da 33 a 40).