Language of document : ECLI:EU:C:2015:446

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

NILS WAHL

presentate l’8 luglio 2015 (1)

Causa C‑346/13

Città di Mons

contro

Base Company SA, già KPN Group Belgium SA,

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla cour d’appel de Mons (Belgio)]

«Rinvio pregiudiziale – Reti e servizi di comunicazione elettronica – Direttiva “autorizzazioni” – Articolo 13 – Contributo per la concessione di diritti di installare strutture – Ambito di applicazione – Normativa comunale che assoggetta al pagamento di un’imposta i proprietari di piloni e di tralicci di diffusione per la telefonia mobile»





1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, che verte sull’interpretazione dell’articolo 13 della direttiva 2002/20/CE (2), disposizione che ha un effetto diretto ai sensi della giurisprudenza della Corte (3), rivela la sussistenza di alcuni dubbi con riguardo alle conseguenze dell’armonizzazione europea relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica sull’esercizio, da parte degli Stati membri, della loro competenza in materia di fiscalità diretta.

2.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Base Company SA, già KPN Group Belgium SA (in prosieguo: la «Base Company»), uno dei tre operatori attivi nel mercato belga della telefonia mobile e la città di Mons riguardo alle imposte applicate a detta impresa per i suoi piloni e per i suoi tralicci di diffusione installati nel territorio della predetta città.

3.        Va sottolineato che la causa si inserisce nell’ambito di un copioso contenzioso (4) relativo alle imposte richieste da alcuni comuni e da alcune province belghe, in virtù dell’autonomia fiscale che la costituzione conferisce loro (5), agli operatori di telefonia mobile e invita, segnatamente, a stabilire se la giurisprudenza di cui alla sentenza Mobistar e Belgacom Mobile (C‑544/03 e C‑545/03, EU:C:2005:518), relativa all’interpretazione dell’articolo 11 della direttiva 97/13/CE (6), possa essere applicata al caso di specie. La causa induce la Corte, più in generale, a fornire alcuni chiarimenti sull’impostazione da seguire riguardo agli oneri finanziari imposti ai fornitori di reti e servizi di comunicazione elettronica.

I –    Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione

4.        La direttiva 97/13 aveva stabilito una disciplina comune in materia di autorizzazioni generali e di licenze individuali nel settore dei servizi di telecomunicazione al fine di liberalizzare quest’ultimo e di agevolare l’ingresso di nuovi operatori nel mercato. Essa si inseriva nell’ambito delle misure adottate per la liberalizzazione completa dei servizi e delle infrastrutture di telecomunicazione prevista per il 1° gennaio 1998.

5.        In tale prospettiva, la direttiva 97/13 prevedeva, oltre ad alcune norme riguardo alle procedure di concessione delle autorizzazioni e al contenuto di queste ultime, alcune norme sugli oneri pecuniari (diritti e oneri) connessi alle predette procedure, che gli Stati membri potevano imporre alle imprese del settore delle telecomunicazioni.

6.        Ai sensi dell’articolo 6 della direttiva 97/13, rubricato «Diritti e oneri per le procedure di autorizzazione generali»:

«Fatti salvi i contributi finanziari per la prestazione del servizio universale secondo l’allegato, gli Stati membri fanno sì che i diritti richiesti alle imprese per le procedure di autorizzazione siano intesi a coprire esclusivamente i costi amministrativi connessi al rilascio, alla gestione, al controllo e all’attuazione del relativo sistema di autorizzazione generale. Tali diritti sono pubblicati in maniera opportuna e dettagliata, affinché si possa accedere agevolmente a tali informazioni».

7.        L’articolo 11 della direttiva 97/13, rubricato «Diritti e oneri per le licenze individuali», recitava come segue:

«1.      Gli Stati membri fanno sì che i diritti richiesti alle imprese per le procedure di autorizzazione siano esclusivamente intesi a coprire i costi amministrativi sostenuti per il rilascio, la gestione, il controllo e l’esecuzione delle relative licenze individuali. I diritti per le licenze individuali sono proporzionati al lavoro che esse comportano e sono pubblicati in maniera appropriata e sufficientemente dettagliata perché possano essere facilmente accessibili.

2.      In deroga al paragrafo 1, quando siano impiegate risorse rare, gli Stati membri possono permettere all’autorità di regolamentazione nazionale di imporre diritti che riflettono la necessità di assicurare l’uso ottimale di tali risorse. I diritti devono essere non discriminatori e tener particolare conto della necessità di incoraggiare lo sviluppo di servizi innovativi e la concorrenza».

8.        La direttiva 97/13 è stata abrogata dall’articolo 26 della direttiva 2002/21/CE (7).

9.        L’articolo 2 della direttiva quadro prevede:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

e)      “risorse correlate”, le risorse correlate ad una rete di comunicazione elettronica e/o ad un servizio di comunicazione elettronica che permettono e/o supportano la fornitura di servizi attraverso tale rete e/o servizio, ivi compresi i sistemi di accesso condizionato e le guide elettroniche ai programmi;

(...)».

10.      L’articolo 1 della direttiva «autorizzazioni», rubricato «Finalità e ambito di applicazione», dispone quanto segue:

«1.      Obiettivo della presente direttiva è la realizzazione di un mercato interno delle reti e dei servizi di comunicazione elettronica mediante l’armonizzazione e la semplificazione delle norme e delle condizioni di autorizzazione al fine di agevolarne la fornitura in tutta la Comunità.

2.     La presente direttiva si applica alle autorizzazioni per la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica».

11.      L’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni», rubricato «Contributi per la concessione di diritti d’uso e di diritti di installare strutture», è così formulato:

«Gli Stati membri possono consentire all’autorità competente di riscuotere contributi sui diritti d’uso delle frequenze radio o dei numeri o sui diritti di installare strutture su proprietà pubbliche o private, al di sopra o sotto di esse al fine di garantire l’impiego ottimale di tali risorse. Gli Stati membri fanno sì che tali contributi siano trasparenti, obiettivamente giustificati, proporzionati allo scopo perseguito e non discriminatori e tengano conto degli obiettivi dell’articolo 8 della [direttiva quadro]».

B –    Il diritto belga

12.      Il 5 marzo 2007 il consiglio comunale della città di Mons ha adottato un regolamento tributario che ha istituito un’imposta sui piloni e sui tralicci di diffusione per la telefonia mobile (in prosieguo: il «regolamento tributario») applicabile agli esercizi 2007 e seguenti.

13.      L’articolo 1 del regolamento tributario prevede che tale imposta si applica ai «piloni di diffusione o ai tralicci di una certa rilevanza che costituiscono strutture in un sito proprio, esistenti durante l’esercizio d’imposta, destinate a supportare i vari tipi di antenne necessarie al buon funzionamento della rete di telecomunicazione mobile che non sia stato possibile collocare su un sito già esistente (tetto, chiesa, ecc.)».

14.      Ai sensi dell’articolo 3, primo comma, di detto regolamento tributario, «[l]’imposta [controversa] è dovuta da qualsiasi persona fisica o giuridica proprietaria del bene di cui all’articolo 1 [di detto regolamento tributario]».

15.      L’articolo 4 del regolamento tributario prevede che l’importo dell’imposta dovuta per ciascun pilone o traliccio di diffusione per la telefonia mobile è pari ad EUR 2 500.

II – Fatti all’origine del procedimento principale, questione pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

16.      Dagli elementi presentati alla Corte emerge che la Base Company è un operatore di telefonia mobile e, in quanto tale, è proprietaria e sfrutta una rete di piloni che supportano alcune antenne di telecomunicazione per la telefonia mobile nel territorio della città di Mons.

17.      Le autorità della città di Mons hanno inviato alla Base Company, ai sensi del regolamento tributario, tre avvisi-estratti dal ruolo aventi ad oggetto l’assoggettamento all’imposta controversa per l’esercizio d’imposta 2008 per un importo complessivo pari a EUR 7 500. Detti avvisi-estratti dal ruolo sono stati oggetto di reclamo dinanzi al Consiglio comunale della città di Mons. Poiché quest’ultimo è stato respinto, detti avvisi sono stati oggetto di ricorso dinanzi al giudice di primo grado di Mons (Belgio), che li ha annullati.

18.      La città di Mons ha proposto appello avverso tale sentenza dinanzi al giudice di appello di Mons che, nutrendo dubbi quanto all’applicabilità nel procedimento principale dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni», ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 13 della direttiva [“autorizzazioni”] vieti agli enti locali di tassare, per motivi di bilancio o di altro tipo, l’attività economica degli operatori di telecomunicazioni che si manifesta nel loro territorio con la presenza di piloni, tralicci o antenne GSM destinati a tale attività».

19.      Le parti del procedimento principale e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte.

20.      Il 13 maggio 2015 si è tenuta un’udienza alla quale hanno partecipato le parti del procedimento principale, il governo belga e la Commissione.

III – Analisi

21.      Il giudice del rinvio intende sapere, in sostanza, se un’imposta istituita da un’autorità pubblica nazionale che si applica, in particolare, ai piloni e ai tralicci impiegati per la telefonia mobile rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» e, in caso affermativo, se detto articolo osti a un’imposta del genere.

22.      A tale questione, a priori semplice, è stato suggerito di rispondere in modo molto diverso.

23.      La città di Mons, appoggiata dal governo belga, sostiene che l’imposta in questione non possa essere vietata dalla direttiva «autorizzazioni». Essa sottolinea, in particolare, che la Corte ha già statuito, nella sentenza Mobistar e Belgacom Mobile (C‑544/03 e C‑545/03, EU:C:2005:518), per quanto concerne l’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 97/13 – disposizione la cui formulazione è molto simile a quella dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» –, che le direttive relative all’autorizzazione a fornire reti e servizi di telecomunicazione non potrebbero applicarsi ad imposte il cui fatto generatore non sia la concessione di una licenza. Essa rileva, peraltro, che detta imposta deve essere assolta da qualsiasi persona proprietaria di un pilone o di un traliccio che non sia stato possibile collocare su un sito già esistente e che essa non è affatto connessa, come richiederebbe l’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni», alla concessione di un diritto d’uso di frequenze radio o di un diritto di installare strutture e, in definitiva, quale corrispettivo di qualsiasi servizio.

24.      La Base Company sostiene, dal canto suo, che l’imposta controversa, il cui fatto generatore consiste nell’installazione, da parte degli operatori che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica, di infrastrutture che possono essere qualificate «strutture» ai sensi di tale disposizione, rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni». Inoltre, essa sostiene che detta imposta forfettaria, in quanto segnatamente discriminatoria, non proporzionata e non obiettivamente giustificata, non soddisferebbe le condizioni cumulative enunciate in tale disposizione.

25.      La Commissione ritiene che, tenuto conto del criterio che sembra essere stato individuato nella sentenza Mobistar e Belgacom Mobile (C‑544/03 e C‑545/03, EU:C:2005:518), ossia la sussistenza di un nesso diretto tra l’imposta in questione e la concessione a un operatore di un’autorizzazione a fornire reti e servizi di comunicazione elettronica, l’unica conclusione possibile è che l’imposta controversa non rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni». La Commissione definisce, tuttavia, «deludente» tale sentenza e invita la Corte ad accogliere una soluzione opposta nel caso di specie. Essa ritiene, infatti, che l’imposta controversa, che verte su «risorse correlate», ai sensi dell’articolo 2, lettera e), della direttiva quadro, è stata verosimilmente concepita per essere assolta quale corrispettivo per l’installazione di strutture necessarie per la fornitura di tali reti e servizi e può, di conseguenza, essere qualificata «contributo» ai sensi dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni». Qualora si accogliesse quest’ultima conclusione, spetterebbe, pertanto, al giudice del rinvio garantire che tutte le condizioni stabilite da quest’ultima disposizione siano soddisfatte.

26.      Come ho menzionato nell’introduzione delle presenti conclusioni, la causa è indicativa della tensione che indubbiamente sussiste tra l’armonizzazione derivante dagli obiettivi perseguiti dalla direttiva «autorizzazioni» e l’intenzione di talune autorità nazionali di mantenere la possibilità, per ragioni sostanzialmente di bilancio (8), di tassare alcuni operatori in ragione dell’attività che essi esercitano e della loro presenza in un dato territorio.

27.      Sebbene non sia la prima volta che la Corte è investita di tale problematica, è pur vero che sono attesi alcuni chiarimenti, tenuto conto degli insegnamenti più recenti della giurisprudenza.

28.      Tali necessari chiarimenti vertono, a mio avviso, su due aspetti che esaminerò di seguito: il primo aspetto, che non è direttamente evocato dalla questione sollevata, ma che costituisce un parametro chiave di analisi delle imposte dovute da coloro che sfruttano servizi e reti di telecomunicazione, si riferisce alla questione se gli Stati membri possano imporre taluni contributi al di fuori dell’ambito di applicazione dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni». Quanto al secondo aspetto, esso verte sugli elementi di cui si deve tener conto per considerare che il contributo in questione rientri effettivamente nel predetto ambito di applicazione ed eventualmente per determinare se quest’ultimo soddisfi le condizioni enunciate da tale disposizione.

A –    Se gli Stati membri possono imporre contributi al di fuori dell’ambito di applicazione della direttiva «autorizzazioni»

29.      Sebbene la questione relativa alla misura in cui le autorità nazionali possano imporre contributi che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» non sia direttamente evocata dalla presente domanda di pronuncia pregiudiziale, va rilevato che essa è indirettamente sollevata dal giudice del rinvio, come risulta dal fascicolo presentato alla Corte.

30.      Infatti, dalla decisione di rinvio emerge che, da una parte, il giudice del rinvio è partito dal presupposto che l’imposta controversa non fosse né un contributo ai sensi dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni», né un diritto amministrativo ai sensi dell’articolo 12 della medesima direttiva e, dall’altra, quest’ultimo si interroga sulla pertinenza e sulla portata della giurisprudenza secondo cui «gli Stati membri non possono riscuotere tasse o contributi sulla fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica diversi da quelli previsti da questa direttiva» (9).

31.      Orbene, con riferimento a tale primo aspetto, e sebbene ciò possa essere stato oggetto di discussione con riguardo, in particolare, alla sentenza Albacom e Infostrada (10), per quanto concerne l’interpretazione dell’articolo 11 della direttiva 97/13, è, a mio avviso, unicamente «nell’ambito della direttiva “autorizzazioni”» che gli Stati membri non possono riscuotere tasse o contributi sulla fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica diversi da quelli previsti da questa direttiva (11).

32.      L’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni», direttiva che è stata adottata sulla base dell’articolo 95 CE (divenuto articolo 114 TFUE), non limita totalmente la sovranità fiscale degli Stati membri, ma copre unicamente le imposte il cui fatto generatore sia, in un modo o nell’altro, connesso alla procedura di autorizzazione generale o alla concessione di diritti d’uso. In altri termini, sembra che l’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» non preveda un elenco esaustivo di tutte le imposte e di tutti i contributi che possono essere richiesti agli operatori di comunicazioni elettroniche, ma mira a disciplinare quelli che possono essere richiesti nell’ambito delle «autorizzazioni per la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica» (v. articolo 1, paragrafo 2, della direttiva «autorizzazioni»). Solo quando gli Stati membri decidono di imporre oneri fiscali ad alcuni operatori di telefonia mobile, che sono titolari di un’autorizzazione, essi sono tenuti a rispettare le disposizioni di detta direttiva.

33.      Due elementi confermano tale conclusione.

34.      Innanzitutto, detta interpretazione si inserisce agevolmente nel solco dell’orientamento accolto dalla Corte, per quanto concerne i diritti amministrativi di cui all’articolo 12 della direttiva «autorizzazioni», indipendentemente dal fatto che la stessa sia stata investita di un ricorso per inadempimento (12) o di una domanda di pronuncia pregiudiziale (13).

35.      Inoltre, e soprattutto, mi sembra che tale orientamento sia stato recentemente confermato dalla Corte nell’ambito di una domanda di pronuncia pregiudiziale intesa segnatamente a interpretare l’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» con riguardo alle imposte richieste dalla provincia di Anversa a due fornitori di reti e servizi di comunicazione elettronica. Infatti, nella sentenza Belgacom e Mobistar, la Corte ha statuito che l’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» non riguarda tutti i contributi cui sono assoggettati coloro che sfruttano reti e servizi di comunicazione elettronica. Per giungere a una siffatta conclusione, essa si basava sui termini utilizzati agli articoli 1, paragrafo 2, e 13 della direttiva «autorizzazioni» (14).

36.      In sintesi, la direttiva «autorizzazioni» si applica alle autorizzazioni per la fornitura di reti e servizi di comunicazione. Gli Stati membri non possono riscuotere tasse sulla predetta fornitura diverse da quelle espressamente previste da questa direttiva.

37.      Essi mantengono, invece, una certa libertà per la fissazione di imposte che non riguardano tale fornitura. Sottolineo «certa», giacché, indipendentemente dal settore di intervento dell’autorità competente in materia fiscale, quest’ultima deve sempre rispettare i requisiti derivanti dal diritto dell’Unione. Invero, anche in presenza di contributi che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni», il giudice deve sempre garantire che essi non siano tali da compromettere l’efficacia della direttiva «autorizzazioni», creando in particolare ostacoli all’ingresso di nuovi operatori nel mercato e, più in generale, controllare che gli stessi non violino le disposizioni e i principi del diritto dell’Unione, come quelli che garantiscono la libertà di stabilimento e la parità di trattamento degli operatori del settore.

38.      Ciò precisato, affronterò la problematica che il giudice del rinvio mi ha specificamente sottoposto e riguardo alla quale si è cristallizzato il dibattito nel procedimento principale, vale a dire se l’imposta controversa possa rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» e, in caso affermativo, se essa soddisfi le condizioni imposte da tale disposizione.

39.      Cercherò, dapprima, di esporre gli insegnamenti che, a mio avviso, devono essere tratti dalla giurisprudenza sviluppata fino ad ora dalla Corte, per affrontare, poi, il caso dell’imposta controversa.

B –    Gli insegnamenti della giurisprudenza dopo la sentenza Mobistar e Belgacom Mobile fino alla sentenza Belgacom e Mobistar: verso una rimessa in discussione del rilascio di un’autorizzazione (o di una licenza) quale criterio esclusivo di applicazione dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni»

40.      Mi sembra che tutte le parti convengano nell’affermare che le cause che hanno dato luogo alla sentenza Mobistar e Belgacom Mobile (C‑544/03 e C‑545/03, EU:C:2005:518) trovano origine in controversie molto simili al caso di specie.

41.      Ricordo che, in tali cause riunite, alcuni operatori di telefonia mobile avevano richiesto l’annullamento di regolamenti tributari imposti da alcuni comuni belgi a taluni proprietari di antenne, tralicci e piloni destinati alla telefonia mobile.

42.      Se è pur vero che l’articolo 11 della direttiva 97/13 era stato invocato in tali cause solo in via subordinata nella discussione (15) – posto che le questioni pregiudiziali riguardavano solo l’articolo 49 CE (divenuto articolo 56 TFUE) e la direttiva 90/388/CEE (16) –, la Corte ha cionondimeno indicato che «il fatto generatore delle imposte sulle infrastrutture di telecomunicazioni non [era] il rilascio di una licenza» e che «[p]ertanto, la direttiva 97/13, che [era] stata invocata dalla Mobistar nel corso dell’udienza, [era] inapplicabile ai fatti di causa» (17).

43.      Pronunciandosi in tal modo, sembra che la Corte abbia reso il «rilascio di una licenza» il criterio decisivo che consente di distinguere i contributi che ricadono nell’ambito di applicazione della direttiva 97/13 da quelli che non rientrano in detto ambito.

44.      Tale considerazione è ben lungi dall’essere isolata, giacché la Corte sembra avere successivamente confermato l’importanza che doveva essere attribuita al fatto generatore delle varie imposte e dei vari contributi, ossia che tale fatto fosse o meno connesso alla concessione di un’autorizzazione, al fine di stabilire se talune tasse o taluni contributi rientrassero nell’ambito di applicazione degli articoli 12 e 13 della direttiva «autorizzazioni».

45.      Così, nella causa che ha dato luogo alla sentenza Commissione/Francia (18), che riguardava un’imposta addizionale richiesta agli operatori titolari di un’autorizzazione generale che fornivano i loro servizi nel mercato delle comunicazioni elettroniche agli utenti finali, la Corte ha ritenuto che un’imposta il cui fatto generatore non fosse connesso alla procedura di autorizzazione generale che consentiva di accedere al mercato dei servizi di comunicazione elettronica, ma che fosse connesso all’attività dell’operatore consistente nella fornitura di servizi di comunicazione elettronica agli utenti finali in Francia, non rientrava nell’ambito di applicazione dell’articolo 12 della direttiva «autorizzazioni».

46.      Analogamente, la Corte ha statuito, nella sentenza Vodafone Malta e Mobisle Communications (19), che l’articolo 12 della direttiva «autorizzazioni» non ostava a una normativa nazionale che imponeva un diritto cosiddetto «di accisa», dovuto dagli operatori che offrivano servizi di telefonia mobile e che corrispondeva a una percentuale dei pagamenti che questi ultimi percepivano dagli utenti di tali servizi, purché il fatto generatore di tale diritto fosse connesso non alla procedura di autorizzazione generale che consentiva di accedere al mercato dei servizi di comunicazione elettronica, ma all’uso dei servizi di telefonia mobile forniti dagli operatori e purché ricadesse in definitiva sull’utente di tali servizi.

47.      Com’è stato sottolineato durante il presente procedimento, sebbene la formulazione dell’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 97/13 differisca dall’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni», posto che quest’ultimo articolo è indubbiamente più preciso quanto all’oggetto dei contributi previsti (prima frase dell’articolo 13) e alle condizioni che questi ultimi devono soddisfare (seconda frase dell’articolo 13), sembra che gli obiettivi perseguiti da entrambe tali disposizioni siano identici.

48.      Esse prevedono, infatti, la possibilità che gli Stati membri istituiscano, in presenza di determinate condizioni, alcuni contributi tenendo conto della necessità di garantire l’impiego ottimale delle risorse rare. Tali disposizioni mirano entrambe, in definitiva, a promuovere la concorrenza, lo sviluppo del mercato interno o gli interessi del cittadino dell’Unione europea (v., in particolare, articolo 8 della direttiva quadro).

49.      Ne deriva che non sussiste alcun elemento che consenta, a priori, di discostarsi dagli insegnamenti della sentenza Mobistar e Belgacom Mobile (C‑544/03 e C‑545/03, EU:C:2005:518, punto 37).

50.      Ci si chiede se ciò comporti che il criterio inerente alla concessione di una licenza è rilevante solo al fine di stabilire se un’imposta ricada o meno nell’ambito di applicazione dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni».

51.      Non ritengo sia così per numerose ragioni.

52.      Innanzitutto, non va dimenticato che nella causa che ha dato luogo alla sentenza Mobistar e Belgacom Mobile (C‑544/03 e C‑545/03, EU:C:2005:518) l’applicazione della direttiva 97/13 era stata invocata solo in via subordinata e incidentale. Lo dimostra la brevità del passaggio dedicato all’applicabilità della direttiva 97/13.

53.      Poi, l’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» si riferisce, come emerge chiaramente dalla sua formulazione, alle modalità con cui vengono richiesti i contributi per i diritti d’uso delle frequenze radio o dei numeri, o per il diritto di installare strutture su proprietà pubbliche o private. A tal riguardo la Corte ha precisato che, dal momento che la procedura di assegnazione dei diritti d’uso delle frequenze radio e la procedura di rinnovo di detti diritti sono assoggettate alla stessa disciplina, l’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» deve essere applicato nello stesso modo in entrambe le procedure (20).

54.      Ne consegue inevitabilmente che, anche al di là della questione se il fatto generatore dell’imposta sia direttamente connesso alla concessione di un’autorizzazione (o di una licenza), dovrebbero essere altresì previsti i contributi il cui fatto generatore risiede nella concessione dei diritti d’uso delle frequenze radio o dei numeri nonché dei diritti di installare strutture considerate in senso ampio. Non sembra opportuno attenersi alla soluzione, apparentemente restrittiva, accolta dalla Corte nella sentenza Mobistar e Belgacom Mobile (C‑544/03 e C‑545/03, EU:C:2005:518). A mio avviso, se è pur vero che la concessione di una licenza o di diritti specifici nell’ambito di una procedura di autorizzazione generale è indubbiamente una condizione sufficiente per ritenere applicabile la direttiva «autorizzazioni», essa non può costituire una condizione necessaria per una siffatta applicabilità.

55.      In tali circostanze, mi sembra che il criterio di applicazione della direttiva «autorizzazioni» ad alcuni contributi debba essere chiarito. Si tratta non tanto della questione se tali contributi siano direttamente connessi alla concessione di una licenza o di un’autorizzazione, quanto piuttosto di stabilire se questi stessi si inseriscano inevitabilmente nel contesto di una procedura di autorizzazione, come quelle che prevedono, ai sensi della formulazione dell’articolo 13 di tale direttiva, l’installazione di strutture necessarie al funzionamento della rete di telefonia mobile.

C –    L’applicazione della griglia di analisi effettuata dall’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» nel procedimento principale

56.      Come aveva sottolineato l’avvocato generale Sharpston nelle sue conclusioni nella causa Vodafone España e France Telecom España, l’esame della conformità di un’imposta finanziaria nazionale con l’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» richiede, anche alla luce del testo di tale disposizione, un esame in due fasi (21).

57.      Inoltre, dopo aver esaminato se l’imposta controversa possa rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» – ciò che, a mio avviso, accade nel caso di specie –, affronterò brevemente la questione se tale imposta soddisfi le condizioni enunciate dalla seconda frase di tale disposizione.

1.      Se l’imposta controversa ricada nell’ambito di applicazione dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni»

58.      Nel procedimento principale, tra le tre categorie di contributi menzionati nell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni», ossia, rispettivamente, quelli per i diritti d’uso delle frequenze radio, quelli per i diritti d’uso dei numeri e quelli per il diritto di installare strutture su proprietà pubbliche o private, al di sopra o sotto di esse, solo questi ultimi sono previsti dal giudice del rinvio.

59.      A mio avviso, i contributi che si riferiscono ai diritti di installare strutture devono essere valutati alla luce della direttiva «autorizzazioni». Per stabilire se una data imposta rientri nell’ambito di applicazione della direttiva «autorizzazioni» occorre concentrarsi sull’oggetto di quest’ultima.

60.      A tal riguardo la Corte ha ricordato che i termini «strutture» e «installare», impiegati nell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni», rinviano, rispettivamente, alle infrastrutture materiali che consentono la fornitura di servizi e reti di comunicazione elettronica nonché alla loro installazione materiale sulla proprietà pubblica o privata interessata (22).

61.      Orbene, tutto mi induce a ritenere che l’imposta controversa presenti le caratteristiche di un contributo sul diritto a installare strutture su proprietà pubbliche o private, al di sopra o sotto di esse, che rientra effettivamente nell’ambito di applicazione dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni».

62.      Innanzitutto, tale imposta è esclusivamente dovuta in ragione dell’installazione di piloni o tralicci che, ai sensi del regolamento tributario, sono strutture «destinate a supportare i diversi tipi di antenne necessarie per il buon funzionamento della rete di telecomunicazione mobile». Detti piloni e tralicci sono indubbiamente infrastrutture materiali che consentono la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica. L’imposta controversa colpisce quindi il diritto di installare strutture nel territorio della città di Mons e non già, come nella causa che ha dato luogo alla sentenza Vodafone España e France Telecom España (C‑55/11, C‑57/11 e C‑58/11, EU:C:2012:446), unicamente l’uso delle predette strutture.

63.      Tale imposta è poi dovuta dai proprietari di tali strutture, che, con ogni probabilità, sono altresì fornitori di reti o servizi di comunicazione elettronica. Se il regolamento tributario in questione non assoggetta coloro che sfruttano tali reti o servizi in quanto tali, sembra, in mancanza di informazioni contrarie, che solo gli operatori che dispongono dell’autorizzazione a fornire reti o servizi che servono per la telefonia mobile sono proprietari di piloni o di tralicci di diffusione necessari al loro buon funzionamento.

64.      Infine, l’imposta controversa nel procedimento principale, sebbene giustificata da considerazioni di bilancio, può essere concepita come un contributo dovuto dagli operatori a fronte della possibilità offerta loro di installare, su proprietà pubbliche o private, strutture necessarie per la fornitura di reti e di servizi di comunicazione elettronica e mira all’impiego ottimale di strutture. Infatti, detta imposta si applica, ai sensi dell’articolo 1 del regolamento tributario, a strutture «che non sia stato possibile collocare su un sito già esistente (tetto, chiesa, ecc.)» (23). Come ha osservato la Commissione, tale imposta prende quindi in considerazione l’impatto dell’installazione dei piloni e dei tralicci sulla disponibilità del settore pubblico o privato. L’imposta controversa è stata istituita per colpire ogni struttura che si trovi in proprietà pubbliche o private e che quindi riduca la disponibilità di queste ultime per altri fini o usi. Si tratta di garantire l’impiego ottimale dei terreni disponibili.

65.      Va precisato, con riguardo a tale aspetto, che l’uso che intendono fare gli Stati membri degli introiti di quest’ultima è irrilevante (24). Inoltre, a rischio di compromettere l’effetto utile della direttiva «autorizzazioni», i motivi perseguiti con l’istituzione di talune imposte non dovrebbero essere determinanti. In caso contrario, si correrebbe il rischio che gli Stati membri possano eludere l’applicazione delle norme enunciate dalla direttiva «autorizzazioni» in funzione degli obiettivi di bilancio o ambientali che essi intendono perseguire.

66.      In tali condizioni, sembra che sussista un nesso diretto tra la concessione del diritto di installare strutture ai sensi della direttiva «autorizzazioni» e l’imposta controversa. Se è vero che, come menzionato dalla città di Mons, l’assolvimento di tale imposta non costituisce una condizione preliminare per accedere al mercato della fornitura di servizi e reti di telecomunicazione, ciò non toglie che gli operatori che intendono usare le strutture di cui sono proprietari nel territorio della città sono tenuti a versare tale imposta ogni anno.

67.      Concludendo, sembra che il contributo controverso colpisca gli operatori di reti e comunicazioni elettroniche che beneficiano dei diritti conferiti dall’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» e, pertanto, ricada nell’ambito di applicazione di tale disposizione.

68.      Occorre precisare che l’imposta controversa presenta caratteristiche diverse dall’imposta richiesta dalla provincia di Anversa, oggetto della causa che ha dato luogo alla sentenza Belgacom e Mobistar (C‑256/13 e C‑264/13, EU:C:2014:2149).

69.      Ricordo che, per concludere che l’imposta oggetto di tale causa non rientrava nell’ambito di applicazione della direttiva «autorizzazioni», la Corte ha rilevato che detta imposta era dovuta da ogni persona giuridica di diritto belga o straniera che possedeva uno stabilimento situato nel territorio della provincia di Anversa che veniva da essa utilizzato o riservato all’uso, qualunque fosse la natura dello stabilimento e qualunque fosse l’attività del soggetto passivo tenuto al versamento di tale imposta. L’importo di quest’ultima dipendeva dalla superficie occupata dagli stabilimenti. I soggetti passivi di tale imposta non erano, pertanto, solo gli operatori che fornivano reti o servizi di comunicazione elettronica o quelli che beneficiavano dei diritti previsti dall’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» (25).

70.      Nel procedimento principale, invece, l’imposta comunale in questione non è un’imposta generale, nel senso che essa non colpisce ogni operatore economico che sia soggetto all’imposta delle società e che possieda uno o più stabilimenti nel territorio comunale, indipendentemente dal fatto che si tratti di piloni e tralicci destinati a supportare i diversi tipi di antenne necessarie al buon funzionamento della rete di telecomunicazione mobile o di altre superfici, come previsto dal regolamento tributario della provincia di Anversa.

71.      Invero, l’imposta in questione nella presente causa è stata istituita per tener conto dell’occupazione di una parte di un settore eventualmente a danno di altri utenti. In altri termini, qualora si dimostri che l’imposta in questione mira a garantire un impiego ottimale delle risorse destinate alla fissazione di un livello adeguato che rispecchi il valore di tali risorse (26), essa rientra nell’ambito di applicazione della direttiva «autorizzazioni».

72.      Occorrono, tuttavia, due precisazioni finali sulla lettura della sentenza pronunciata nella causa Belgacom e Mobistar (C‑256/13 e C‑264/13, EU:C:2014:2149).

73.      In primo luogo, l’accertamento della questione se l’imposta prevista rientri o meno nell’ambito di applicazione dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» non può limitarsi a un esame puramente formale dei termini utilizzati, dal legislatore o dall’autorità di regolamentazione competente a livello nazionale, per designare l’imposta in questione. Infatti, sarebbe sufficiente che le autorità nazionali designassero un’imposta in termini analoghi a quelli utilizzati dal Consiglio della provincia di Anversa nella formulazione dei regolamenti tributari in questione in tale causa, per sfuggire all’applicazione dell’articolo 13 della predetta direttiva e ciò anche qualora risulti che, concretamente, l’imposta in questione sia sostanzialmente dovuta da coloro che sfruttano reti e comunicazioni di telefonia mobile, titolari di autorizzazioni allo sfruttamento e che intendono installare strutture nell’ambito della loro attività.

74.      Orbene, a mio avviso, qualora accada che, malgrado la generalità dei termini utilizzati per designare un’imposta, i soggetti passivi di tale imposta siano, in concreto, solo gli operatori che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica o coloro che beneficiano dei diritti previsti dall’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni», si deve ritenere che detta imposta rientri nell’ambito di applicazione di tale disposizione.

75.      In secondo luogo, nel caso in cui la Corte non condividesse la mia conclusione secondo cui l’imposizione di contributi come quella oggetto del procedimento principale rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni», occorrerebbe ancora stabilire, come ho precedentemente indicato (v. paragrafo 37 delle presenti conclusioni), se un’imposta siffatta non sia tale da compromettere l’efficacia della direttiva «autorizzazioni» nonché le disposizioni e i principi del diritto dell’Unione.

76.      Devo ancora stabilire in quale misura l’imposta controversa nel procedimento principale soddisfi le condizioni enunciate nel secondo periodo dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni».

2.      Se l’imposta controversa soddisfi le condizioni enunciate nell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni»

77.      Nel caso in cui la Corte condivida la conclusione secondo cui l’imposta controversa rientra effettivamente nell’ambito di applicazione dell’articolo 13 della direttiva «autorizzazioni» e una volta acclarato che il contributo ha lo scopo «di tener conto della necessità di garantire un impiego ottimale delle risorse», occorrerà decidere, tenuto conto di tutte le circostanze del caso di specie, se esso soddisfi, da una parte, la condizione secondo cui esso deve avere lo scopo di «tener conto della necessità di garantire un impiego ottimale delle risorse» e, dall’altra, la condizione secondo cui i contributi devono essere «trasparenti, obiettivamente giustificati, proporzionati allo scopo perseguito e non discriminatori». Va precisato che si tratta di condizioni cumulative.

78.      Mentre tale compito spetta, chiaramente, solo al giudice del rinvio, occorre fornire alcuni chiarimenti sul significato di tali condizioni.

79.      Per quanto concerne, in primo luogo, l’obiettivo perseguito dall’imposizione dell’imposta controversa, spetterà al giudice del rinvio stabilire anzitutto se, indipendentemente dall’obiettivo chiaramente di bilancio perseguito dal regolamento tributario (27), si sia debitamente tenuto conto della necessità di garantire un impiego ottimale delle risorse.

80.      In secondo luogo, per quanto concerne le caratteristiche che deve presentare l’imposta in questione, occorrerà, anzitutto, esaminare il carattere obiettivamente giustificato del contributo. Con riguardo a tale aspetto, spetterà al giudice del rinvio verificare se l’importo del contributo sia connesso all’intensità dell’impiego della «risorsa rara» e al valore attuale e futuro di tale impiego. Detta valutazione esige di prendere in considerazione la situazione economica e tecnologica del mercato interessato (28). Spetterà, a tal riguardo, al giudice del rinvio garantire che detto contributo sia stato calcolato sulla base di parametri connessi alla necessità di garantire un impiego ottimale delle risorse, quali l’intensità, la durata e il valore dell’utilizzo della proprietà in parola da parte dell’impresa, o gli usi alternativi cui la proprietà può essere destinata (29). Senza voler interferire nella valutazione che sarà in definitiva accolta nel procedimento principale, mi sembra che un esame del genere non sia stato compiuto. Non è stato, in tal senso, affatto sostenuto che l’importo dell’imposta controversa, di natura forfettaria, sia stato fissato sulla base di criteri connessi all’intensità di impiego delle risorse o al valore di tale impiego.

81.      Poi, per quanto concerne la trasparenza del contributo, spetta al giudice nazionale garantire che l’imposta sia stata fissata in modo chiaro e comprensibile con un atto accessibile. Tale condizione, che non è stata del resto oggetto di discussione, sembra soddisfatta nella fattispecie.

82.      Inoltre, per quanto concerne l’esame del carattere proporzionato del contributo controverso, spetterà al giudice del rinvio garantire che il contributo sia stato fissato a un livello adeguato, tenuto conto della necessità di garantire un impiego delle risorse rare. Ancora, senza voler anticipare la valutazione del giudice del rinvio, sussiste qui il rischio, tenuto conto della sua natura puramente forfettaria dell’imposta, di un difetto di proporzionalità della stessa.

83.      Infine, occorrerà verificare se il contributo sia stato fissato in modo non discriminatorio, ossia se esso non comporti che situazioni simili siano trattate in modo diverso. Spetta pertanto al giudice del rinvio stabilire se coloro che sfruttano reti e comunicazioni elettroniche, che si trovano in situazioni simili, siano assoggettati a un onere finanziario di pari livello.

IV – Conclusione

84.      Alla luce delle precedenti considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sottoposta dalla cour d’appel de Mons nel seguente modo:

L’articolo 13 della direttiva 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «autorizzazioni»), deve essere interpretato nel senso che esso prevede un contributo specifico il cui fatto generatore consiste nell’installazione di strutture ai sensi di tale disposizione, quali piloni e tralicci necessari per le reti e i servizi di comunicazione elettronica, cui sono assoggettati gli operatori di tali servizi e reti, titolari di un’autorizzazione, che siano proprietari di dette strutture.

Per essere autorizzato, un siffatto contributo deve tener conto della necessità di garantire un impiego ottimale delle risorse e dev’essere obiettivamente giustificato, trasparente, non discriminatorio e proporzionato. Spetta al giudice nazionale garantire, alla luce delle circostanze proprie del caso di specie e tenuto conto degli elementi obiettivi che gli sono stati presentati, che dette condizioni siano soddisfatte.


1 – Lingua originale: il francese.


2–      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva «autorizzazioni») (GU L 108, pag. 21).


3–      Sentenza Vodafone España e France Telecom España (C‑55/11, C‑57/11 e C‑58/11, EU:C:2012:446, punto 39).


4–      Ne sono testimonianza non solo le numerose sentenze adottate dai giudici amministrativi e ordinari belgi a tal riguardo, ma anche le cause sottoposte alla Corte e, in particolare, le cause Belgacom (C‑454/13), e Belgacom (C‑517/13), attualmente pendenti dinanzi alla Corte.


5–      Va segnalato che, contemporaneamente al contenzioso sulle disposizioni del diritto dell’Unione, la Corte costituzionale belga è stata investita di alcuni ricorsi, attualmente pendenti, che sollevano questioni relative all’individuazione delle autorità competenti ad applicare le imposte di cui trattasi. Occorre altresì sottolineare che detta Corte si è già pronunciata, nella sentenza n. 189/2011, del 15 dicembre 2011 (Moniteur belge del 7 marzo 2012, pag. 14181), sulla costituzionalità di tali imposte. Detta giurisprudenza è stata menzionata dalla Corte di cassazione belga nelle sentenze pronunciate il 30 marzo 2012.


6–      Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 10 aprile 1997, relativa ad una disciplina comune in materia di autorizzazioni generali e di licenze individuali nel settore dei servizi di telecomunicazione (GU L 117, pag. 15).


7–      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva quadro) (GU L 108, pag. 33; in prosieguo: la «direttiva quadro»).


8–      Per un quadro degli aspetti finanziari locali, si rinvia segnatamente ai vari studi pubblicati in Revue de fiscalité régionale et locale, 2014/2, pagg. da 93 a 106.


9–      Il giudice del rinvio fa riferimento alla sentenza Vodafone España e France Telecom España (C‑55/11, C‑57/11 e C‑58/11, EU:C:2012:446, punto 28), nonché al rinvio operato da detta sentenza alle sentenze Nuova società di telecomunicazioni (C‑339/04, EU:C:2006:490, punto 35), e Telefónica Móviles España (C‑85/10, EU:C:2011:141, punto 21).


10–      C‑292/01 e C‑293/01, EU:C:2003:480. Ai sensi del punto 42 di detta sentenza «le disposizioni della direttiva 97/13 (…) vietano agli Stati membri di imporre alle imprese titolari di licenze individuali nel settore dei servizi di telecomunicazione, per il solo fatto che detengono tali licenze, prestazioni pecuniarie come quelle in esame nelle cause principali, diverse e supplementari rispetto a quelle consentite da tale direttiva».


11–      Sentenza Vodafone España e France Telecom España (C‑55/11, C‑57/11 e C‑58/11, EU:C:2012:446, punti 28 e 29).


12–      Sentenza Commissione/Francia (C‑485/11, EU:C:2013:427).


13–      Sentenza Vodafone Malta e Mobisle Communications (C‑71/12, EU:C:2013:431).


14–      C‑256/13 e C‑264/13, EU:C:2014:2149, punti 34 e 35.


15–      V. conclusioni dell’avvocato generale Léger nelle cause riunite Mobistar e Belgacom Mobile (C‑544/03 e C‑545/03, EU:C:2005:203, paragrafo 14).


16–      Direttiva della Commissione, del 28 giugno 1990, relativa alla concorrenza nei mercati dei servizi di telecomunicazioni (GU L 192, pag. 10), come modificata dalla direttiva 96/2/CE della Commissione, del 16 gennaio 1996 (GU L 20, pag. 59).


17–      Sentenza Mobistar e Belgacom Mobile (C‑544/03 e C‑545/03, EU:C:2005:518, punto 37).


18–      C‑485/11, EU:C:2013:427, punti 31 e 34.


19–      C‑71/12, EU:C:2013:431, punti 24 e 25.


20–      V. sentenza Belgacom e a. (C‑375/11, EU:C:2013:185, punto 39).


21–      C‑55/11, C‑57/11 e C‑58/11, EU:C:2012:162, punti da 47 a 49 e 73.


22–      V., in tal senso, sentenze Belgacom e Mobistar (C‑256/13 e C‑264/13, EU:C:2014:2149, punto 33), nonché Vodafone España e France Telecom España (C‑55/11, C‑57/11 e C‑58/11, EU:C:2012:446, punto 32).


23–      Il corsivo è mio.


24–      Sulla questione dell’uso dell’introito del contributo, v., per analogia, sentenza Telefónica Móviles España (C‑85/10, EU:C:2011:141, punto 25).


25–      Sentenza Belgacom e Mobistar (C‑256/13 e C‑264/13, EU:C:2014:2149, punto 36).


26–      V., a tal riguardo, sentenza Belgacom e a. (C‑375/11, EU:C:2013:185, punto 51).


27–      La motivazione del regolamento tributario indica, infatti «che bisogna provvedere allo stato delle finanze comunali».


28–      V., in tal senso, sentenza Belgacom e a. (C‑375/11, EU:C:2013:185, punto 51 e la giurisprudenza ivi citata).


29–      Conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Vodafone España e France Telecom España (C‑55/11, C‑57/11 e C‑58/11, EU:C:2012:162, paragrafo 77).