Language of document : ECLI:EU:C:2019:4

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 9 gennaio 2019 (1)

Causa C668/17 P

Viridis Pharmaceutical Ltd

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO)

«Impugnazione – Marchio dell’Unione europea – Procedimento di decadenza – Marchio denominativo Boswelan – Dichiarazione di decadenza – Uso di un marchio nel contesto di una sperimentazione clinica»






I.      Introduzione

1.        Con la sua impugnazione, la Viridis Pharmaceutical Ltd (in prosieguo: la «ricorrente») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 15 settembre 2017, Viridis Pharmaceutical/EUIPO – Hecht-Pharma (Boswelan) (2), con la quale quest’ultimo ha respinto il suo ricorso diretto all’annullamento della decisione della quinta commissione di ricorso dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO) del 29 febbraio 2016 (procedimento R 2837/2014-5), relativa ad un procedimento di decadenza tra la Hecht-Pharma GmbH e la ricorrente (in prosieguo: la «decisione controversa»). Tale procedimento riguardava la decadenza di un marchio registrato, in particolare, per medicinali destinati alla cura della sclerosi a placche.

2.        Nell’ambito di tale procedimento, la ricorrente ha fatto valere che l’uso effettivo del marchio contestato, registrato per medicinali la cui commercializzazione e la cui pubblicità erano vietate sino all’autorizzazione all’immissione in commercio (in prosieguo: l’«AIC»), avveniva nel contesto di una sperimentazione clinica, effettuata al fine di integrare la domanda di AIC. In subordine, essa ha addotto il fatto che, a partire dalla presentazione della domanda per procedere ad una sperimentazione clinica di detti medicinali, la realizzazione di tale sperimentazione clinica costituiva quanto meno un motivo legittimo per il mancato uso del marchio.

3.        Il Tribunale ha respinto il ricorso, considerando che la ricorrente non poteva sostenere di utilizzare in maniera effettiva il marchio contestato o di vantare un motivo legittimo per il suo mancato uso.

4.        Con la sua impugnazione, la ricorrente contesta, in sostanza, le considerazioni del Tribunale relative all’uso effettivo di un marchio.

5.        Le questioni di diritto che si pongono nella presente causa vertono quindi sull’interpretazione delle nozioni di «uso effettivo» e di «motivo legittimo per il mancato uso» ai sensi dei regolamenti (CE) n. 207/2009 (3) e (UE) 2017/1001 (4) nel contesto di un procedimento di decadenza vertente su un marchio registrato per medicinali.

II.    Contesto normativo

6.        Il considerando 10 del regolamento n. 207/2009 è così formulato:

«È giustificato tutelare i marchi [dell’Unione europea], nonché, nei loro confronti, i marchi registrati che siano anteriori, soltanto nella misura in cui siano effettivamente utilizzati».

7.        L’articolo 15 del regolamento n. 207/2009, dal titolo «Uso del marchio [dell’Unione europea]», dispone quanto segue, al paragrafo 1, primo comma:

«Se entro cinque anni dalla registrazione il marchio [dell’Unione europea] non ha formato oggetto da parte del titolare di un uso effettivo [nell’Unione] per i prodotti e servizi per i quali è stato registrato, o se tale uso è stato sospeso per un periodo ininterrotto di cinque anni, il marchio [dell’Unione europea] è sottoposto alle sanzioni previste nel presente regolamento, salvo motivo legittimo per il mancato uso».

8.        Le sanzioni di cui all’articolo 15, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 207/2009 sono specificate all’articolo 51, dal titolo «Cause di decadenza», di tale regolamento. Al suo paragrafo 1, lettera a), tale articolo dispone:

«1.      Il titolare del marchio [dell’Unione europea] è dichiarato decaduto dai suoi diritti su domanda presentata all’[EUIPO] o su domanda riconvenzionale in un’azione per contraffazione:

a)      se il marchio, per un periodo ininterrotto di cinque anni, non ha formato oggetto di un uso effettivo [nell’Unione] per i prodotti o i servizi per i quali è stato registrato, e non vi sono ragioni legittime per la mancata utilizzazione; tuttavia, nessuno può far valere che il titolare è decaduto dai suoi diritti se, tra la scadenza di detto periodo e la presentazione della domanda o della domanda riconvenzionale, è iniziata o ripresa l’utilizzazione effettiva del marchio; peraltro, l’inizio o la ripresa dell’utilizzazione del marchio, qualora si collochi nei tre mesi precedenti la presentazione della domanda o della domanda riconvenzionale, a condizione che il periodo di tre mesi cominci non prima dello scadere del periodo ininterrotto di cinque anni di mancata utilizzazione, non vengono presi in considerazione qualora si effettuino preparativi per l’inizio o la ripresa dell’utilizzazione del marchio solo dopo che il titolare abbia appreso che la domanda o la domanda riconvenzionale potrà essere presentata;

( …)».

9.        Il regolamento (CE) n. 207/2009 è stato abrogato e sostituito con il regolamento 2017/1001. Secondo la tavola di concordanza che figura all’allegato III di quest’ultimo regolamento, gli articoli 15 e 51 del regolamento n. 207/2009 corrispondono, rispettivamente, agli articoli 18 e 58 del regolamento 2017/1001 (5).

III. Procedimento dinanzi all’EUIPO

10.      La ricorrente è avente causa di una società che ha presentato presso l’EUIPO, il 30 settembre 2003, una domanda di registrazione del segno denominativo Boswelan in quanto marchio dell’Unione europea, per prodotti farmaceutici e prodotti per la salute rientranti nella classe 5 dell’accordo di Nizza riguardante la classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, del 15 giugno 1957, quale rivisto e modificato (in prosieguo: l’«accordo di Nizza»). La registrazione del marchio è avvenuta il 24 aprile 2007.

11.      Il 24 ottobre 2010 la ricorrente ha presentato una domanda di sperimentazione clinica relativa ad un medicinale, destinato alla cura della sclerosi a placche, appartenente alla più ampia categoria dei prodotti farmaceutici e dei prodotti per la salute. La data precisa di conclusione di detta sperimentazione non è stata determinata.

12.      Il 18 novembre 2013 la Hecht-Pharma ha presentato una domanda di decadenza del marchio contestato per tutti i prodotti per i quali era stato registrato in quanto esso non avrebbe formato oggetto di uso effettivo per un periodo ininterrotto di cinque anni prima della presentazione di detta domanda.

13.      Con decisione del 26 settembre 2014, la divisione di annullamento dell’EUIPO ha dichiarato decaduta dai suoi diritti la ricorrente per tutti i prodotti registrati.

14.      Il 6 novembre 2014 la ricorrente ha presentato un ricorso presso la commissione di ricorso dell’EUIPO contro la decisione della divisione di annullamento.

15.      Con la decisione controversa, la quinta commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto tale ricorso.

16.      La commissione di ricorso ha considerato, in primo luogo, che gli elementi forniti dalla ricorrente non erano tali da dimostrare un uso effettivo del marchio contestato in seno all’Unione europea e, in secondo luogo, che nella fattispecie la realizzazione di una sperimentazione clinica non era, da sola, un motivo indipendente dalla volontà della ricorrente tale da giustificare il mancato uso del marchio contestato.

IV.    Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

17.      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 30 maggio 2016, la ricorrente ha proposto un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa in quanto quest’ultima ha dichiarato decaduto il marchio contestato riguardo ai medicinali per la cura della sclerosi a placche, che sono compresi nella più ampia categoria dei «prodotti farmaceutici e dei prodotti per la salute». Nell’ambito di tale ricorso la ricorrente ha fatto valere tre motivi fondati, il primo, su una violazione dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in quanto la commissione di ricorso avrebbe considerato a torto che i fatti e le prove presentati non fossero sufficienti per dimostrare un uso effettivo del marchio contestato per i medicinali destinati alla cura della sclerosi a placche, il secondo, su una violazione dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009, in quanto la commissione di ricorso avrebbe considerato a torto che i fatti e le prove presentati non fossero sufficienti per dimostrare un motivo legittimo per il mancato uso di detto marchio per quanto riguardava gli stessi medicinali e, il terzo, su una violazione dell’articolo 83 del regolamento n. 207/2009 e, più in particolare, del principio di tutela del legittimo affidamento, in quanto la commissione di ricorso si sarebbe scostata dalle direttive relative all’esame dinanzi all’EUIPO.

18.      Nel prosieguo della motivazione della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto integralmente il ricorso.

V.      Conclusioni delle parti

19.      Nella sua impugnazione, la ricorrente chiede alla Corte di annullare la sentenza impugnata, di rinviare la causa dinanzi al Tribunale e di condannare l’EUIPO alle spese o, in subordine, di riservare la decisione sulle spese.

20.      L’EUIPO e la Hecht-Pharma chiedono alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare la ricorrente alle spese.

VI.    Analisi

A.      Osservazione preliminare quanto all’applicazione temporale dei regolamenti sul marchio dell’Unione europea

21.      Rilevo che, nella sua impugnazione, la ricorrente afferma che i suoi motivi sono fondati sulla violazione delle disposizioni del regolamento 2017/1001. Essa ritiene che, conformemente all’articolo 211 di tale regolamento, alla data in cui la sentenza impugnata è stata pronunciata, e cioè il 15 settembre 2017, il regolamento n. 207/2009 era stato abrogato e sostituito dal regolamento 2017/1001. D’altro canto, nella sua comparsa di risposta, la Hecht-Pharma fa riferimento anche alle disposizioni di quest’ultimo regolamento. Per contro, l’EUIPO fa valere le disposizioni del regolamento n. 207/2009.

22.      A tal riguardo, occorre rilevare che la ricorrente non formula alcun motivo con cui contesti al Tribunale il fatto di aver pronunciato la sentenza impugnata basandosi su un fondamento giuridico erroneo o di aver applicato disposizioni transitorie del regolamento 2017/1001 in maniera non corretta. In ogni caso, la sentenza impugnata è stata adottata il 15 settembre 2017, vale a dire dopo la data di entrata in vigore del regolamento 2017/1001 (6 luglio 2017), ma prima della data della sua applicabilità (1o ottobre 2017) (6). Pertanto, era l’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 che si applicava al momento della pronuncia della sentenza impugnata (7).

23.      D’altro canto, l’articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001, menzionato nell’ambito dell’impugnazione, corrisponde all’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009. Analogamente, l’articolo 18, paragrafo 1, primo comma, del regolamento 2017/1001 ribadisce la formulazione letterale dell’articolo 15, paragrafo 1, primo comma, del regolamento n. 207/2009 (8). Tali due disposizioni introducono l’obbligo di uso del marchio e, in mancanza di un motivo legittimo, rinviano alle disposizioni di tali regolamenti quanto alle conseguenze del mancato uso. Vino vecchio in bottiglie nuove (9).

24.      Pertanto, l’analisi riguardante le disposizioni del regolamento n. 207/2009 è, a mio modo di vedere, trasponibile alle disposizioni del regolamento 2017/1001. Per questo motivo, farò riferimento, nelle presenti conclusioni, alle pertinenti disposizioni del regolamento n. 207/2009 e alle loro equivalenti del regolamento 2017/1001. Analogamente, considererò i riferimenti alle disposizioni del regolamento 2017/1001, operati dalla ricorrente e dalla Hecht-Pharma, come operati anche nei confronti delle corrispondenti disposizioni del regolamento n. 207/2009.

B.      Sull’impugnazione

25.      La ricorrente deduce due motivi nell’ambito della sua impugnazione.

26.      Il primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001], è suddiviso in due parti. Con la prima parte, la ricorrente contesta l’affermazione del Tribunale secondo cui un uso appropriato al mantenimento dei diritti per un medicinale potrebbe esistere solo qualora un’AIC di un medicinale per la quale il marchio era stato registrato sia stata ottenuta dal titolare di tale marchio. Con la seconda parte, la ricorrente censura la sentenza impugnata in quanto il Tribunale ha considerato che l’uso di un marchio nell’ambito di una sperimentazione clinica non costituiva un uso effettivo.

27.      È importante rilevare che le due parti riguardano situazioni diverse. La seconda parte riguarda soltanto l’uso di un marchio nell’ambito di una sperimentazione clinica, mentre la prima parte riguarda, in maniera più generale, l’uso anteriore all’AIC. Ciò premesso, secondo le valutazioni del Tribunale, riassunte al punto 40 della sentenza impugnata, la ricorrente non è stata in grado di far valere atti diversi da quelli attinenti alla procedura della sperimentazione clinica.

28.      Con il secondo motivo, la ricorrente contesta al Tribunale il fatto di aver violato l’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001] escludendo l’esistenza di un motivo legittimo per il mancato uso del marchio contestato nel caso in cui il prodotto per il quale il marchio è stato registrato formi oggetto di una sperimentazione clinica.

C.      Sulla ricevibilità dei motivi

29.      Nella sua comparsa di risposta, la Hecht-Pharma asserisce che i motivi dedotti dalla ricorrente nell’impugnazione sono diretti ad ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle circostanze del caso di specie. Tali motivi sarebbero, pertanto, manifestamente irricevibili.

30.      Vero è che, in un’impugnazione che ha dato luogo all’ordinanza Martín Osete/EUIPO (10), una ricorrente contestava al Tribunale il fatto di aver adottato una definizione eccessivamente restrittiva della nozione di «motivi legittimi per il mancato uso» ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, del regolamento n. 207/2009. Più precisamente, la ricorrente asseriva che talune normative rendevano eccessivamente difficile la commercializzazione dei profumi per i quali il marchio era stato registrato.

31.      La Corte ha considerato in tale ordinanza che, con il pretesto di un errore di interpretazione della nozione di «motivi legittimi per il mancato uso», la ricorrente mirava, in realtà, a rimettere in discussione le valutazioni di fatto operate dal Tribunale. Di conseguenza, la Corte ha respinto il motivo di cui trattasi in quanto manifestamente irricevibile. Infatti, nella sua impugnazione, la ricorrente si era soprattutto concentrata, a mio modo di vedere, sugli elementi di prova al fine di mettere in rilievo che l’esistenza di motivi legittimi era, a suo dire, chiaramente dimostrata (11).

32.      Tuttavia, nella presente controversia, la ricorrente prende in considerazione l’interpretazione – in quanto tale – delle nozioni di «uso effettivo» e di «motivi legittimi per il mancato uso» ai sensi del regolamento n. 207/2009 [regolamento 2017/1001] nel contesto di un procedimento di decadenza vertente sul marchio registrato per un medicinale ad uso umano, la cui commercializzazione e la cui pubblicità erano vietati sino all’AIC. Pertanto, l’esame dei motivi di impugnazione impone di interpretare le disposizioni del regolamento n. 207/2009 [regolamento 2017/1001] alla luce della disciplina dei medicinali ad uso umano in seno all’Unione.

33.      Ritengo di conseguenza che i motivi della presente impugnazione non siano diretti ad ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle circostanze del caso di specie, ma sollevino questioni di diritto. Essi sono, pertanto, ricevibili.

D.      Nel merito

1.      Sul primo motivo

a)      Sulla prima parte del primo motivo

1)      Posizioni delle parti

34.      Con la prima parte del primo motivo, la ricorrente contesta al Tribunale, in primo luogo, di aver posto, al punto 36 della sentenza impugnata, un principio secondo il quale un uso appropriato al mantenimento dei diritti conferiti da un marchio registrato per un medicinale può esistere solo quando l’AIC è stata ottenuta. Secondo la giurisprudenza della Corte, la questione di stabilire se un uso sia sufficiente dipende da una valutazione caso per caso (12).

35.      Criticando il principio asseritamente posto dal Tribunale, la ricorrente fa valere, in secondo luogo, che gli atti posti in essere nel contesto delle sperimentazioni cliniche, che costituiscono una parte della procedura di AIC, erano legittimi (13).

36.      Infine, in terzo luogo, la ricorrente sostiene che, tenuto conto delle caratteristiche particolari del settore farmaceutico, un periodo di cinque anni dev’essere qualificato troppo breve.

37.      Per contro, l ’EUIPO e, ammesso che il primo motivo sia ricevibile, la Hecht-Pharma ritengono che la prima parte di tale motivo sia infondata.

38.      L ’EUIPO sostiene in particolare che, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, il Tribunale non ha considerato l’acquisizione dell’AIC in forza della legislazione sui prodotti farmaceutici come condizione indispensabile ai fini dell’esistenza di un uso effettivo.

39.      La Hecht-Pharma, dal canto suo, ritiene in particolare che il marchio contestato debba formare oggetto di uso per i prodotti per i quali è stato registrato. Nella fattispecie, occorrerebbe quindi valutare se tale marchio fosse utilizzato per un medicinale destinato alla cura della sclerosi a placche. Un uso effettivo per siffatto medicinale potrebbe essere dimostrato soltanto se il prodotto in questione fosse effettivamente un medicinale. Orbene, solo in esito alla sperimentazione clinica realizzata dalla ricorrente sarebbe possibile determinare se il prodotto esaminato costituisca un medicinale ai sensi di tale definizione. L’utilizzazione di tale prodotto nel contesto della sperimentazione clinica non può dunque costituire un uso effettivo del marchio contestato per un medicinale.

2)      Valutazione

40.      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’argomento della ricorrente con il quale essa contesta al Tribunale il fatto di aver stabilito un principio secondo cui un uso appropriato al mantenimento dei diritti può esistere soltanto quando l’AIC è stata ottenuta, ritengo, al pari dell’EUIPO, che esso sia fondato su una lettura errata della sentenza impugnata.

41.      Certo, al punto 36 della sentenza impugnata, il Tribunale ha affermato che solo l’acquisizione dell’AIC era tale da consentire un uso pubblico e rivolto verso l’esterno del marchio contestato.

42.      Tuttavia, ai punti da 37 a 39 della sentenza impugnata, il Tribunale ha effettuato un esame della situazione della ricorrente, nonostante il fatto che essa non avesse ottenuto l’AIC. Pertanto, il Tribunale non ha per nulla considerato che, in mancanza di tale AIC, un marchio registrato per un medicinale non potesse formare oggetto di un «uso effettivo» ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001]. D’altro canto, nella seconda parte del primo motivo vengono criticate le considerazioni del Tribunale, dedicate principalmente al punto 39 della sentenza impugnata. Pertanto, l’esame di tale parte darà l’occasione di valutare la validità del principio asseritamente stabilito dal Tribunale, quanto meno nei limiti in cui tale principio riguardi l’uso di un marchio nell’ambito di sperimentazioni cliniche.

43.      In secondo luogo, quanto alla legittimità degli atti compiuti nel corso di sperimentazioni cliniche, basta constatare che la legittimità degli atti nell’ambito dei quali interviene un marchio non trasforma automaticamente tali atti in atti di uso effettivo di tale marchio (14).

44.      In terzo luogo, ritengo che neppure l’argomento della ricorrente relativo all’insufficienza del termine di cinque anni possa essere accolto.

45.      Il termine di cinque anni, quale previsto dall’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001], si applica indipendentemente dal settore economico in cui rientrano i prodotti o i servizi per i quali un marchio è stato registrato. Tuttavia, si tiene conto delle caratteristiche particolari di un settore economico quando si tratta della valutazione delle circostanze che configurano (o meno) un uso effettivo in relazione al mercato dei prodotti o dei servizi interessati. In ogni caso, affronterò tale problematica nell’ambito dell’esame dedicato alla seconda parte del primo motivo. Inoltre, le circostanze nelle quali il termine di cinque anni diventerebbe insufficiente per iniziare l’uso effettivo di un marchio possono essere prese in considerazione nell’ambito dell’esame dei motivi che giustificano il mancato uso, ai quali farò riferimento nell’ambito dell’esame vertente sul secondo motivo dell’impugnazione.

46.      Pertanto, ritengo che la prima parte del primo motivo dell’impugnazione sia infondata.

b)      Sulla seconda parte del primo motivo

1)      Posizioni delle parti

47.      Con la seconda parte del primo motivo, la ricorrente contesta al Tribunale il fatto di aver considerato, al punto 39 della sentenza impugnata, che l’utilizzazione di un marchio nell’ambito di una sperimentazione clinica costituisce un uso puramente interno e che atti di uso del genere non possono, in ogni caso, essere considerati come uso effettivo ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001].

48.      La ricorrente aggiunge che l’obbligo di uso di un marchio registrato non è fine a sé stesso e che il requisito dell’uso ha l’obiettivo di non appesantire il registro con marchi non utilizzati. L’interpretazione della nozione di «uso» dovrebbe pertanto formare oggetto di una certa elasticità, come testimonierebbero l’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001] e il considerando 25 del regolamento 2017/1001 (15), che precisano che l’uso di un marchio sotto una forma che differisca da quella sotto la quale esso è stato registrato dovrebbe bastare a conservare i diritti conferiti.

49.      L’EUIPO e la Hecht-Pharma contestano la fondatezza della seconda parte del primo motivo.

50.      L’EUIPO asserisce che l’uso effettivo dev’essere escluso dato che, come il Tribunale ha giustamente dichiarato, le disposizioni della normativa sui prodotti farmaceutici vietano di fare la pubblicità di un medicinale che non sia stato ancora autorizzato e rendono così impossibile, in diritto, un uso che consenta di ottenere una quota di mercato. Secondo l’EUIPO, gli altri elementi menzionati dal Tribunale, e cioè la cerchia ristretta dei partecipanti e la natura interna dell’uso, non sono stati decisivi. Pertanto, gli argomenti addotti dalla ricorrente a tal riguardo non sono accoglibili.

51.      La Hecht-Pharma aggiunge, in particolare, che una sperimentazione clinica costituisce una sperimentazione preparatoria alla domanda di AIC di un prodotto in quanto medicinale. Una siffatta sperimentazione preparatoria non ha né per oggetto né per scopo quello di difendere o conquistare quote di mercato, ma mira esclusivamente a dimostrare l’efficacia del prodotto. Dato che la sperimentazione è realizzata in maniera aleatoria, in doppio cieco e controllata attraverso placebo, i partecipanti stessi non sanno né di quale prodotto né di quale marchio si tratti.

52.      Inoltre, la Hecht-Pharma precisa che la nozione di «uso effettivo» non può formare oggetto di una certa elasticità. Infatti, il considerando 25 del regolamento 2017/1001 verterebbe su una questione diversa.

2)      Valutazione

i)      Osservazioni preliminari

53.      Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il punto 39 della sentenza impugnata non è fondato sulla premessa secondo la quale l’uso di un marchio nel contesto di una sperimentazione clinica è di natura interna e, per questa ragione, non può essere considerato effettivo per il solo motivo che riguarda un numero limitato di destinatari. Infatti, secondo il Tribunale, l’utilizzazione del marchio contestato nell’ambito di una sperimentazione clinica nei confronti di terzi non poteva essere equiparata a un’immissione in commercio e neppure ad un atto preparatorio diretto anche perché essa si svolgeva al di fuori di ogni concorrenza, e senza mirare ad ottenere o a conservare quote di mercato.

54.      Pertanto, ritengo che, con la seconda parte del primo motivo, la ricorrente cerchi di dimostrare, in sostanza, che si deve dare risposta affermativa alla questione di stabilire se l’uso di un marchio registrato per un medicinale nell’ambito di una sperimentazione clinica vertente su tale medicinale possa essere qualificato, contrariamente a quanto concluso dal Tribunale al punto 39 della sentenza impugnata, come uso effettivo ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001].

55.      Tale questione è già stata sollevata in dottrina, dove ha ricevuto risposta. Più precisamente, è stato asserito in particolare che la realizzazione di sperimentazioni cliniche preliminari all’AIC non costituisce un uso effettivo, dato che tali sperimentazioni non hanno un carattere esterno (16). Del resto, mi sembra che questa sia anche l’interpretazione delle disposizioni che traspongono le direttive relative al sistema dei marchi nazionali adottata dai giudici nazionali (17). Tuttavia, a quanto mi risulta, la Corte non ha ancora avuto l’occasione di pronunciarsi su una tale problematica.

ii)    Natura dell’uso effettivo alla luce della giurisprudenza

56.      Risulta dalla giurisprudenza che un marchio forma oggetto di uso effettivo quando è utilizzato, anzitutto, al fine di creare o conservare uno sbocco per prodotti o servizi per i quali esso è stato registrato, ad esclusione di usi di carattere simbolico aventi come unico scopo il mantenimento dei diritti conferiti dal marchio, e, poi, conformemente alla sua funzione essenziale (18).

57.      I requisiti relativi, in primo luogo, alla ragion d’essere commerciale del marchio e, in secondo luogo, alla sua funzione essenziale sono cumulativi.

58.      Da un lato, la tutela del marchio non potrebbe perdurare se il marchio perdesse la sua ragion d’essere commerciale, consistente nel creare o nel conservare uno sbocco per i prodotti o i servizi recanti il segno che lo costituisce, rispetto ai prodotti o ai servizi provenienti da altre imprese (19). Dall’altro lato, la circostanza secondo la quale un marchio è utilizzato al fine di creare o di conservare uno sbocco per i prodotti o i servizi per i quali esso è stato registrato e non al solo scopo di mantenere i diritti conferiti dal marchio non basta per concludere per l’esistenza di un «uso effettivo». È altrettanto indispensabile che l’utilizzazione del marchio avvenga conformemente alla sua funzione essenziale, che consiste nel garantire al consumatore o all’utilizzatore finale l’identità di origine di un prodotto o di un servizio, consentendogli di distinguere senza possibile confusione tale prodotto o tale servizio da quelli di provenienza diversa (20).

59.      Un uso consistente nel creare o nel conservare uno sbocco per i prodotti o i servizi deve, per sua natura, essere diretto verso l’esterno. Lo stesso vale quando si tratta dell’esercizio da parte del marchio della sua funzione essenziale. L’esercizio di tale funzione presuppone la presenza del marchio sul mercato e, di conseguenza, l’esposizione del pubblico a tale marchio.

60.      Occorre rilevare che da tali considerazioni non può dedursi che la commercializzazione dei prodotti o dei servizi per i quali il marchio è stato registrato sia indispensabile per concludere nel senso dell’esistenza di un uso effettivo.

61.      Infatti, come risulta dalla sentenza Ansul (21), l’uso effettivo di un marchio registrato può configurarsi in due casi, e cioè quello in cui i prodotti siano già in commercio e quello in cui la loro commercializzazione sia imminente. Un siffatto uso, anteriore alla commercializzazione in quanto tale, deve consistere in preparativi condotti ai fini della conquista di una clientela.

62.      Tali due situazioni presentano punti in comune. In particolare, la Corte ha considerato, al punto 37 della sentenza Ansul (22), che l’«uso effettivo» del marchio presuppone un’utilizzazione di quest’ultimo sul mercato dei prodotti o dei servizi tutelati dal marchio stesso e non solamente in seno all’impresa interessata. La Corte ha successivamente precisato tali considerazioni nella sentenza Verein Radetzky-Orden (23), distinguendo due fattispecie: un uso dei marchi per identificare e promuovere i suoi prodotti o i suoi servizi presso il grande pubblico, da una parte, e un uso limitato ad un uso interno dei marchi, dall’altra.

63.      Mi sembra sintomatico che, nella sentenza Ansul (24), la Corte abbia fornito come esempio l’uso di un marchio nell’ambito di campagne pubblicitarie per dimostrare un uso anteriore alla commercializzazione dei prodotti o dei servizi per i quali esso era stato registrato. Infatti, tale esempio dimostra sì un uso anteriore, ma dimostra anche un uso effettivo. Di conseguenza, l’avviamento di campagne pubblicitarie, nell’ambito delle quali interviene un marchio, non implica automaticamente l’esistenza di un uso effettivo. Tuttavia, tale esempio mette in rilievo che, anche in una fase anteriore alla commercializzazione di prodotti o di servizi, gli atti di uso debbono avere carattere esterno e, nello stesso tempo, produrre effetti per il futuro pubblico di tali prodotti o di tali servizi (25).

64.      Pertanto, ogni uso effettivo è, sostanzialmente, diretto verso l’esterno. Per contro, dalle considerazioni precedenti non risulta che ciascun uso esterno di un marchio costituisca un uso effettivo. Il solo fatto che un marchio sia utilizzato nei confronti di terzi non implica l’esistenza di un uso effettivo. Al fine di determinare l’esistenza di un uso siffatto, è necessario, come ho già detto ai paragrafi da 56 a 59 delle presenti conclusioni, verificare se un atto di uso esterno consista nella creazione o nella conservazione di uno sbocco per i prodotti o i servizi per i quali il marchio è stato registrato. Nell’ambito di tale esame, occorre effettuare un’analisi che tenga conto, in particolare, del mercato dei prodotti o dei servizi interessati.

iii) Presa in considerazione delle caratteristiche particolari di un settore economico

65.      Risulta dalla giurisprudenza della Corte che, nel verificare il carattere effettivo dell’uso di un marchio, occorre prendere in considerazione tutti i fatti e le circostanze che possono provare la realtà del suo sfruttamento commerciale, segnatamente gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per mantenere o trovare quote di mercato per le merci ovvero i servizi contrassegnati dal marchio (26). La valutazione delle circostanze del caso di specie può pertanto giustificare la presa in considerazione, in particolare, della natura del prodotto o del servizio controverso, delle caratteristiche del mercato interessato,  della portata e della frequenza dell’uso del marchio (27).

66.      Pertanto, la presa in considerazione delle caratteristiche particolari di un settore economico nel quale un marchio interviene è stata riconosciuta dalla Corte nella sua giurisprudenza. A tal riguardo, mi sembra opportuno presentare alcune osservazioni sulla disciplina del settore dei medicinali ad uso umano in seno all’Unione. Vero è che le nozioni di tale disciplina non hanno necessariamente lo stesso senso delle nozioni del diritto dei marchi d’impresa. Tuttavia, detta disciplina crea il quadro entro il quale gli operatori di tale settore possono impegnarsi negli atti relativi a medicinali per i quali siano stati registrati marchi ed è pacifico che, al fine di accertare l’uso effettivo di un marchio, quest’ultimo dev’essere stato utilizzato sul mercato dei prodotti o dei servizi interessati (28).

iv)    La disciplina dei medicinali per uso umano

67.      Il nocciolo duro del sistema della disciplina dell’Unione relativa al settore dei medicinali per uso umano è costituito dalla direttiva 2001/83/CE (29) e dal regolamento (CE) n. 726/2004 (30). Tali atti legislativi dell’Unione introducono un principio secondo il quale non possono essere immessi in commercio medicinali senza che un’AIC sia stata rilasciata dall’autorità competente (31). D’altro canto, i medicinali non possono formare oggetto di qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali», in particolare, presso il pubblico nonché presso persone autorizzate a prescriverli o a fornirli (32).

68.      In tale sistema, una sperimentazione clinica costituisce essenzialmente un’indagine, condotta segnatamente al fine di determinare o di verificare gli effetti, compresi quelli indesiderabili, di un medicinale e per stabilire l’efficacia e la sicurezza del suo uso (33). I risultati di tale sperimentazione, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, lettera i), della direttiva 2001/83, devono essere allegati alla domanda di AIC. Pertanto, la realizzazione di sperimentazioni cliniche è, in linea di principio, preliminare alla commercializzazione e alla pubblicità dei medicinali di cui all’articolo 6 della direttiva 2001/83.

69.      Inoltre, una sperimentazione clinica è in linea di principio, soggetta ad un esame scientifico ed etico e dev’essere previamente autorizzata (34). Analogamente, modifiche sostanziali nel corso di una sperimentazione clinica sono soggette al controllo degli Stati membri (35). D’altro canto, il promotore di una sperimentazione clinica è responsabile del suo avviamento e della sua gestione, curandone altresì il relativo finanziamento (36).

70.      Per riassumere questa parte della mia analisi, ritengo che il legislatore dell’Unione abbia adottato un orientamento che limita l’accesso dei consumatori e degli utilizzatori finali a medicinali non autorizzati al fine di limitare i rischi relativi all’uso di tali medicinali.

71.      Inoltre, l’uso di un marchio registrato per un medicinale nel corso delle sperimentazioni cliniche può, di conseguenza, essere considerato solo come un uso anteriore alla commercializzazione di tale medicinale ai sensi della sentenza Ansul (37). Analogamente, è accertato, come risulta dal punto 38 della sentenza impugnata, che la situazione della ricorrente corrisponde a quella di un uso preliminare alla commercializzazione. I prodotti per i quali il marchio è stato registrato, vale a dire i medicinali per la cura della sclerosi a placche, non sono stati commercializzati, dato che la loro commercializzazione è stata vietata durante il periodo pertinente (38).

v)      I marchi registrati per medicinali per uso umano

72.      La classe 5 dell’accordo di Nizza, di cui fanno parte i prodotti farmaceutici e i prodotti per la salute, comprende, come osservato dalla dottrina, un numero particolarmente elevato di registrazioni (39). Inoltre, se si presta fede ai commenti della dottrina, gli operatori del settore farmaceutico tendono a presentare domande di registrazione dei marchi per medicinali nel corso della fase iniziale del loro sviluppo (40). Una fretta del genere si spiegherebbe con una volontà di sensibilizzare cerchie influenti, poiché esisterebbe un rischio che, nel corso della fase di sviluppo di un medicinale, i medici e gli specialisti si concentrino più sul suo nome generico che sul marchio (41).

73.      È importante precisare, in tale contesto, che il legislatore dell’Unione ha preso in considerazione tale comportamento degli operatori del settore dei medicinali per uso umano. Infatti, la direttiva 2001/83 riconosce, quanto meno in una certa misura, il ruolo svolto dai marchi in tale settore. Dall’articolo 1, punto 20, di tale direttiva risulta che la denominazione del medicinale può essere una denominazione comune o scientifica corredata di un marchio. Inoltre, conformemente all’articolo 89, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2001/83, la pubblicità, che è autorizzata solo nei confronti dei medicinali autorizzati, deve comprendere, in particolare, le loro denominazioni.

74.      Risulta dalle summenzionate disposizioni che, in taluni casi, un marchio registrato per un medicinale può confondersi con la denominazione di tale medicinale. Pertanto, un marchio del genere può essere utilizzato nella strategia di comunicazione del titolare solo quando l’AIC di detto medicinale è stata ottenuta.

vi)    Conclusione parziale sull’uso di un marchio nel corso delle sperimentazioni cliniche

75.      Alla luce delle considerazioni che precedono, rilevo, come risulta dal paragrafo 70 delle presenti conclusioni, che il legislatore dell’Unione mira a limitare l’accesso dei consumatori e degli utilizzatori finali a medicinali non autorizzati. Nel sistema della disciplina dei medicinali per uso umano, le sperimentazioni cliniche possono essere equiparate ad un’operazione di vagliatura, che impedisce l’accesso al mercato dei medicinali non autorizzati.

76.      Analogamente, a seguito del ruolo svolto dai marchi registrati per siffatti medicinali in tale sistema, l’obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione è quello di limitare anche gli interventi di tali marchi sul mercato interessato. Pertanto, l’esposizione del pubblico ad un marchio registrato per un medicinale non (ancora) autorizzato è anch’essa limitata qualitativamente e quantitativamente, quanto meno nei limiti in cui tale marchio potrebbe intervenire sul mercato concorrenziale dei medicinali.

77.      Occorre rilevare che, nel corso delle sperimentazioni cliniche, medicinali non autorizzati sono disponibili per i partecipanti, nonché per altre persone coinvolte in tali sperimentazioni. Non escludo che le persone appartenenti a tali due categorie possano associare il medicinale e la sua denominazione e, pertanto, il marchio registrato per tale medicinale con il suo titolare. D’altro canto, esse possono scegliere e decidere di essere o meno coinvolte in una sperimentazione.

78.      Orbene, come discende dal paragrafo 64 delle presenti conclusioni, ciascun uso esterno di un marchio non costituisce automaticamente un uso effettivo. L’esposizione a tale marchio, in grado di creare uno sbocco per prodotti per i quali esso è stato registrato sul mercato interessato, deve necessariamente avvenire in seno a tale mercato.

79.      Non penso che ciò avvenga nel caso di un marchio utilizzato nel contesto di una sperimentazione clinica.

80.      In primo luogo, nel contesto delle sperimentazioni cliniche, medicinali non autorizzati non formano oggetto, in linea di principio, di una distribuzione o di pubblicità dirette a penetrare nel mercato dei prodotti commercializzati rientranti nella loro stessa classe. Analogamente, una sperimentazione clinica, che costituisce un’indagine sui rischi relativi all’uso di un medicinale, alle condizioni soggette all’autorizzazione preliminare, non è, e non dovrebbe essere, una forma di sfruttamento commerciale di un marchio registrato per tale medicinale consistente nella creazione o nella conservazione di uno sbocco per detto medicinale. Pertanto, una sperimentazione clinica non può essere equiparata addirittura ad un atto preparatorio della commercializzazione ai sensi della sentenza Ansul (42).

81.      In quest’ordine di idee, non penso che sperimentazioni cliniche di un medicinale su grande scala possano costituire un uso effettivo di un marchio registrato per un medicinale sperimentato. Come risulta dal considerando 10 della direttiva 2001/83, l’intenzione del legislatore è quella di evitare sperimentazioni non necessarie (43). Infatti, la scala di una sperimentazione clinica è determinata non da considerazioni commerciali ma dalla necessità scientifica. Inoltre, tale scala è soggetta all’autorizzazione di uno Stato membro (44). Ritengo pertanto che la mancanza di uso effettivo risulti più dalle caratteristiche qualitative dell’uso di un marchio nell’ambito delle sperimentazioni cliniche che dalle sue caratteristiche quantitative.

82.      In secondo luogo, l’esposizione al marchio, nonché la scelta effettuata dai partecipanti e da altre persone coinvolte in una sperimentazione clinica attengono principalmente non alle caratteristiche del prodotto, alla sua provenienza o persino alla strategia commerciale del titolare, ma alla volontà di partecipare ad un’indagine relativa a tale medicinale. Mi sembra sintomatico in tale contesto che, come ha affermato il Tribunale al punto 59 della sentenza impugnata, nella fattispecie, l’investimento finanziario svolga un ruolo decisivo riguardo al reclutamento dei partecipanti e di altre persone coinvolte nella sperimentazione clinica. Peraltro, in circostanze come quelle della causa principale, il marchio contestato è stato registrato per prodotti rientranti nella classe 5 dell’accordo di Nizza, e cioè prodotti farmaceutici e prodotti per la salute. Pertanto, tale marchio doveva creare uno sbocco non per ricerche scientifiche, ma per prodotti appartenenti a tale classe.

83.      Infine, tali considerazioni non possono essere rimesse in discussione dall’argomento della ricorrente secondo il quale l’interpretazione della nozione di «uso effettivo» dovrebbe formare oggetto di una certa elasticità in quanto, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [articolo 18, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001], il legislatore dell’Unione ammette l’uso di un marchio sotto una forma che differisce da quella sotto la quale esso è stato registrato. Lo scopo di tali disposizioni è quello di consentire ad un titolare di un marchio registrato di apportare al segno, in occasione del suo sfruttamento commerciale, le variazioni che, senza alterarne il carattere distintivo, consentono di adattarlo meglio alle esigenze di commercializzazione e di promozione dei prodotti o dei servizi interessati (45). Anche se una certa elasticità quanto alla forma di un marchio è ammessa, essa non può tuttavia riguardare le caratteristiche relative al carattere effettivo dell’uso. Un uso del genere deve, in ogni caso, soddisfare i requisiti descritti ai paragrafi da 56 a 59 delle presenti conclusioni.

84.      Per riassumere, ritengo che l’uso di un marchio registrato per un medicinale esaminato nell’ambito delle sperimentazioni cliniche non costituisca un uso effettivo di tale marchio. Ciò premesso, non penso che, in mancanza di AIC, un marchio registrato per un medicinale sottoposto a sperimentazione clinica non possa, in nessun caso, essere utilizzato in maniera effettiva.

vii) Eccezioni per confermare la regola

85.      A titolo illustrativo, rilevo che, ai sensi dell’articolo 83, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 726/2004, in deroga all’articolo 6 della direttiva 2001/83, gli Stati membri possono mettere a disposizione, per uso compassionevole, un medicinale non autorizzato ad un gruppo di pazienti affetti da una malattia cronica o gravemente invalidante o la cui malattia sia considerata potenzialmente letale, non curabile in modo soddisfacente con un medicinale autorizzato. Una possibilità del genere esiste in particolare nei confronti di un medicinale esaminato nell’ambito di una sperimentazione clinica. Altri aspetti dell’uso compassionevole sono, in generale, disciplinati sul piano nazionale.

86.      Pertanto, a causa di una certa libertà degli Stati membri quanto alla disciplina dell’uso compassionevole, non posso escludere immediatamente che un uso siffatto di un medicinale per il quale un marchio sia stato registrato implichi un uso effettivo di tale marchio.

87.      In primo luogo, poco importa che, secondo le disposizioni nazionali persistenti, eventualmente, la messa a disposizione di un siffatto medicinale per uso compassionevole non persegua fini di lucro. Come risulta dalla giurisprudenza della Corte, la circostanza che un titolare del marchio non persegua fini di lucro non esclude che egli possa avere l’obiettivo di creare e, successivamente, conservare uno sbocco per i suoi prodotti o i suoi servizi (46).

88.      In secondo luogo, non è necessario che l’uso sia quantitativamente rilevante per essere qualificato come «effettivo». Anche se minimo, l’uso può essere sufficiente per ricevere tale qualificazione a condizione che sia considerato giustificato nel settore economico interessato (47). In quest’ottica, un medicinale non autorizzato, idoneo a formare oggetto di uso compassionevole, può essere concepito per la sua commercializzazione futura presso persone affette da una malattia invalidante, cronica o grave, o da una malattia considerata potenzialmente letale. Quindi, tale mercato è ristretto e, pertanto, gli atti che configurano un uso effettivo possono anch’essi essere quantitativamente limitati.

89.      In terzo luogo, ritengo che l’uso compassionevole di un medicinale per il quale un marchio è stato registrato non possa collocare il suo titolare in una situazione sfavorevole rispetto agli altri operatori del mercato dei medicinali commercializzati. Di fatto, l’intervento sul mercato di un marchio registrato per un medicinale che forma oggetto di uso compassionevole potrebbe avvenire in circostanze analoghe a quelle della commercializzazione di un medicinale autorizzato.

90.      Infine, in quarto luogo, un’interpretazione che non escluda sistematicamente l’esistenza di un uso effettivo nel contesto di un uso compassionevole mi pare corroborata dall’interpretazione sistematica delle disposizioni del regolamento n. 726/2004 e della direttiva 2001/83. Da un lato, l’articolo 6 della direttiva 2001/83, che sancisce il principio secondo il quale medicinali non autorizzati non possono essere immessi in commercio, apre il titolo III, intitolato «Immissione in commercio», di tale direttiva. Dall’altro lato, l’articolo 83, paragrafo 1, del regolamento n. 726/2004 prevede esplicitamente una deroga all’articolo 6 della direttiva 2001/83. Nell’ipotesi in cui la messa a disposizione di un medicinale alle condizioni enunciate all’articolo 83, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 726/2004 non costituisse un’immissione in commercio, tale deroga sarebbe priva di senso.

91.      Per concludere, non escludo che un marchio registrato per prodotti farmaceutici e prodotti per la salute, rientranti nella classe 5 dell’accordo di Nizza, e, più precisamente, per un medicinale rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/83, possa, in taluni casi, formare oggetto di un uso effettivo prima che sia stata ottenuta l’AIC di tale medicinale. La questione di stabilire se un uso sia sufficiente fa parte di una valutazione caso per caso. Ciò premesso, ritengo che l’uso di un marchio del genere nel contesto di sperimentazioni cliniche non possa costituire un uso effettivo ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001]. Infatti, nel contesto di una sperimentazione clinica, un marchio non è utilizzato al fine di creare o di conservare uno sbocco per i prodotti o i servizi per i quali esso è stato registrato.

92.      Alla luce delle osservazioni che precedono, ritengo che la seconda parte del primo motivo di impugnazione sia infondata.

2.      Sul secondo motivo

a)      Posizioni delle parti

93.      Con il secondo motivo di impugnazione, che riguarda principalmente i punti 60 e 61 della sentenza impugnata, la ricorrente contesta al Tribunale il fatto di aver violato l’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001] escludendo l’esistenza di un motivo legittimo per il mancato uso del marchio contestato. Più precisamente, la ricorrente asserisce che a torto il Tribunale ha escluso l’esistenza di un motivo legittimo per il mancato uso nel caso in cui, in primo luogo, la domanda riguardante detta sperimentazione sia presentata molto tempo dopo la registrazione del marchio ed in cui, in secondo luogo, i mezzi finanziari impegnati non siano quelli che sarebbero stati necessari per poter concludere lo studio clinico il più rapidamente possibile.

94.      A sostegno di tale motivo, la ricorrente asserisce, in primo luogo, che, addebitandole il fatto di aver chiesto l’autorizzazione di sperimentazione clinica molto tempo dopo la registrazione del marchio, il Tribunale ha reso privo di significato il termine di grazia di cinque anni. Infatti, il marchio di un medicinale il cui termine di grazia venisse a scadere diventerebbe, di fatto, inutilizzabile, in quanto solo la presentazione di una domanda di AIC sarebbe tale da giustificare il mancato uso.

95.      In secondo luogo, alla luce della presa in considerazione da parte del Tribunale degli investimenti finanziari nella valutazione dell’esistenza di un motivo legittimo per il mancato uso, imprese finanziariamente solide avrebbero maggior facilità per tutelare i loro investimenti in maniera adeguata attraverso il diritto dei marchi rispetto ad imprese finanziariamente più deboli. In ogni caso, il Tribunale non può fondarsi sul postulato astratto secondo il quale una maggiore quantità di investimenti avrebbe permesso di realizzare più rapidamente la sperimentazione clinica di cui trattasi nel caso di specie.

96.      L’EUIPO e, ammesso che il secondo motivo sia ricevibile, la Hecht-Pharma considerano tale motivo infondato.

97.      Secondo l’EUIPO, la conclusione secondo cui gli atti posti in essere dalla ricorrente si situavano nella sua sfera d’influenza e la sperimentazione clinica non poteva costituire un motivo legittimo per il mancato uso nella fattispecie sarebbe basata su una valutazione globale che tiene conto, oltre al decorso del tempo e agli investimenti realizzati, in particolare, del fatto che nessun elemento da cui risulti un esito di tale sperimentazione è stato prodotto, che la sperimentazione clinica in questione è soggetta alle norme nazionali e costituisce solo una tappa verso la commercializzazione di un medicinale per la cura della sclerosi a placche e, infine, che non esiste alcun obbligo giuridico che imponga di designare un medicinale nel corso di una sperimentazione clinica.

98.      La Hecht-Pharma ammette che una procedura di autorizzazione di un medicinale anormalmente lunga potrebbe costituire un motivo legittimo per il mancato uso. Tuttavia, per quanto riguarda la presente causa, la Hecht-Pharma asserisce, in particolare, che la ricorrente ha lasciato trascorrere tre anni tra la registrazione del marchio contestato e la domanda di autorizzazione per realizzare una sperimentazione clinica e che, ad oggi, essa non ha presentato una domanda di AIC.

b)      Valutazione

99.      Nella sentenza Häupl (48), la Corte ha affermato che tre condizioni cumulative devono ricorrere per giustificare il mancato uso di un marchio. L’ostacolo deve, in primo luogo, essere indipendente dalla volontà del titolare di tale marchio, in secondo luogo, presentare un rapporto sufficientemente diretto con il marchio, e, in terzo luogo, essere di natura tale da rendere impossibile o irragionevole l’uso di detto marchio.

100. Ciò premesso, le considerazioni del Tribunale con le quali quest’ultimo ha negato l’esistenza di un motivo legittimo per il mancato uso riguardavano solo la prima condizione, relativa al fatto che l’ostacolo sia indipendente dalla volontà del titolare. Ricordo che, al punto 61 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che, anche se la realizzazione di una sperimentazione clinica potesse effettivamente costituire un motivo per il mancato uso di un marchio, gli atti e gli eventi citati dalla ricorrente nel caso di specie si collocavano entro la sua sfera di influenza e rientravano nell’ambito della sua responsabilità, di modo che essi non riguardavano ostacoli indipendenti dalla sua volontà.

101. Per giungere a tali considerazioni, il Tribunale ha preso in considerazione svariati criteri, e cioè, da una parte, il decorso di tempo tra la registrazione del marchio – risultante non da un obbligo di legge ma da autonoma scelta della ricorrente – e l’inizio della sperimentazione clinica (la cui data precisa di conclusione non era determinabile (49)), nonché, dall’altra, il carattere adeguato degli investimenti realizzati dalla ricorrente (50).

102. Pertanto, senza che io voglia pronunciarmi su questioni relative all’esistenza di un rapporto sufficientemente diretto tra l’ostacolo e il marchio contestato, nonché all’impatto di tale ostacolo sulla possibilità o sulla ragionevolezza dell’uso di tale marchio, che non sono state decise dal Tribunale nella sentenza impugnata, si deve esaminare la questione di stabilire se, nel caso in cui sussista un ostacolo per ragioni relative all’avviamento e al finanziamento di una sperimentazione clinica di un medicinale per il quale detto marchio è stato registrato, tale ostacolo sia (o meno) indipendente dalla volontà di un titolare (51).

103. Nella sentenza Häupl (52) la Corte ha affermato che l’articolo 19, paragrafo 1, dell’accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (53), può costituire un elemento interpretativo della nozione di motivi legittimi, quale utilizzata nel diritto dell’Unione. Infatti, tale disposizione cita come esempi le restrizioni alle importazioni o le altre prescrizioni dei pubblici poteri che riguardano i prodotti o i servizi designati da un marchio. Pertanto, un ostacolo di natura giuridica può anch’esso costituire un motivo legittimo per il mancato uso.

104. Vero è che, secondo la mia analisi del primo motivo di impugnazione, nel sistema istituito, in particolare, dalla direttiva 2001/83 e dal regolamento n. 726/2004, l’uso effettivo di un marchio registrato per un medicinale non autorizzato è possibile solo in casi eccezionali e il suo uso effettivo nell’ambito delle sperimentazioni cliniche è impossibile (54).

105. Tuttavia, in primo luogo, non può sostenersi che ogni restrizione giuridica direttamente legata al marchio e che renda il suo uso impossibile costituisce un ostacolo automaticamente qualificabile come motivo legittimo per il mancato uso. Ogni attività commerciale dev’essere esercitata conformemente a determinate disposizioni legislative. Ricordo in tale contesto che la Corte ha già dichiarato che non può conferirsi una portata troppo ampia alla nozione di «motivo legittimo» (55). Di conseguenza, ritengo che il solo fatto che esista un ostacolo all’uso di un marchio, come la necessità di conformarsi alla normativa dell’Unione per commercializzare i prodotti a cui tale marchio si riferisce, non basti per giustificare il mancato uso di tale marchio (56).

106. In secondo luogo, nel contesto dei marchi dell’Unione europea e indipendentemente dalle considerazioni relative al ruolo delle sperimentazioni cliniche nella disciplina dei medicinali per uso umano, la realizzazione di una sperimentazione clinica di un medicinale per il quale un marchio è stato registrato costituisce, per il suo titolare, un atto con il quale quest’ultimo cerca di eliminare un ostacolo all’uso effettivo di tale marchio.

107. Infatti, nel caso in cui il titolare possa esercitare atti idonei ad eliminare un ostacolo all’uso del marchio o, quanto meno, a ridurre la sua durata, non può ritenersi che tale ostacolo sia pienamente indipendente dalla sua volontà. Fermo restando ciò, non escludo che, qualora tali atti richiedano dal titolare di sottoporsi ad una procedura specifica, quest’ultimo possa imbattersi in altri ostacoli causati dalle autorità incaricate di condurre tale procedura. Tendo a ritenere che siffatti ostacoli possano costituire motivi legittimi per il mancato uso. Per quanto riguarda, ad esempio, la situazione del titolare di un marchio registrato per un medicinale, potrebbe verificarsi che le autorità responsabili per l’autorizzazione preliminare di una sperimentazione clinica non abbiano esaminato, entro il termine loro impartito, la domanda di autorizzazione presentata da tale titolare.

108. Tali considerazioni sono corroborate dalla giurisprudenza della Corte secondo la quale la nozione di «motivi legittimi» si riferisce, in sostanza, a circostanze esterne al titolare del marchio (57).

109. Vero è che una sperimentazione clinica nonché le modifiche sostanziali che vi sono apportate devono essere preliminarmente autorizzate da uno Stato membro (58). Tuttavia, autorizzazioni del genere sono concesse conformemente ai criteri sanciti nella legislazione pertinente, i quali sono, di conseguenza, prevedibili per un titolare che agisca in quanto promotore di una sperimentazione clinica. Infatti, il promotore si assume la responsabilità di avviare e gestire la sperimentazione clinica, curandone altresì il relativo finanziamento (59).

110. Per quanto riguarda la presente impugnazione, si deve osservare che i criteri accolti dal Tribunale nella sentenza impugnata e criticati con il secondo motivo di impugnazione rientrano nella responsabilità della ricorrente così definita (60). Del resto, nulla fa ritenere che la ricorrente abbia fatto valere altri elementi di fatto idonei a dimostrare che ostacoli non rientranti nella sua responsabilità abbiano avuto influenza sull’inizio o sulla realizzazione della sperimentazione clinica. In ogni caso, la valutazione di tali elementi di fatto non rientrerebbe nella competenza della Corte, investita di un’impugnazione diretta contro la sentenza del Tribunale.

111. Dopo tutto, ritengo che, qualora la ricorrente faccia valere elementi di fatto, si debba valutare caso per caso se, in pendenza del termine previsto dall’articolo 51, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 207/2009 [articolo 58, paragrafo 1, lettera a), del regolamento 2017/1001], un cambiamento della strategia d’impresa diretto ad eludere l’ostacolo avrebbe potuto, con una probabilità non trascurabile, rendere possibile l’uso del marchio contestato prima della scadenza di tale termine. Se così non fosse, si dovrebbe ritenere che esistesse un motivo per il mancato uso. In caso contrario, un titolare non potrebbe far valere l’esistenza di un motivo legittimo per il mancato uso.

112. Tenuto conto delle osservazioni che precedono, ritengo che il secondo motivo sia infondato.

VII. Conclusione

113. Alla luce di tutto quanto precede, propongo alla Corte di respingere l’impugnazione e di condannare la ricorrente alle spese.


1      Lingua originale: il francese.


2      T‑276/16, in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2017:611.


3      Regolamento del Consiglio del 26 febbraio 2009 sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1).


4      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 giugno 2017 sul marchio dell’Unione europea (GU 2017, L 154, pag. 1).


5      Sull’equivalenza di tali disposizioni, v. paragrafo 23 delle presenti conclusioni.


6      Del resto, è vero che la domanda di decadenza che ha dato luogo al procedimento nell’ambito del quale sono state adottate le decisioni dell’EUIPO e la sentenza impugnata era stata presentata il 18 novembre 2013, ossia in vigenza del regolamento n. 207/2009. Tuttavia, in una situazione analoga, riguardante il coordinamento tra il regolamento (CE) n. 40/94 del Consiglio, del 20 dicembre 1993, sul marchio comunitario (GU 1994, L 11, pag. 1), e il regolamento n. 207/2009, la Corte ha fatto riferimento alle disposizioni del regolamento n. 207/2009, applicabile al momento dell’adozione delle decisioni dell’EUIPO, e, pertanto, al momento dell’adozione della sentenza impugnata, mentre il procedimento di decadenza di cui trattasi era stato avviato in vigenza del regolamento n. 40/94. V. sentenza del 26 settembre 2013, Centrotherm Systemtechnik/centrotherm Clean Solutions, C‑609/11 P, EU:C:2013:592. Al riguardo la Corte ha dichiarato, al punto 31 di tale sentenza: «Avendo [il regolamento n. 207/2009] tuttavia effettuato una codificazione del regolamento n. 40/94 e dato che le disposizioni pertinenti del medesimo non hanno subito modifiche a seguito della menzionata codificazione, nel prosieguo della presente sentenza si farà esclusivamente riferimento alle disposizioni del regolamento n. 207/2009». V., altresì, conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nelle cause Centrotherm Systemtechnik/centrotherm Clean Solutions (C‑609/11 P e C‑610/11 P, EU:C:2013:308, paragrafo 4).


7      V., per analogia, sentenza del 21 febbraio 2018, Repower/EUIPO – repowermap.org (REPOWER) (T‑727/16, EU:T:2018:88, punto 27).


8      Inoltre, lo stesso vale per quanto riguarda l’articolo 18, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento 2017/1001 che è pressoché identico all’articolo 15, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento n. 207/2009. La sola differenza è l’aggiunta, alla fine di tale disposizione del regolamento 2017/1001, dei seguenti termini: «a prescindere dal fatto che il marchio sia o no registrato nella forma in cui è usato a nome del titolare». Inoltre, il considerando 25 del regolamento 2017/1001 non ha equivalenti nel regolamento n. 207/2009. Esso è così formulato: «Per ragioni di equità e di certezza del diritto l’uso del marchio UE in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio d’impresa, nella forma in cui esso è stato registrato, dovrebbe essere sufficiente per preservare i diritti conferiti, a prescindere dal fatto che il marchio d’impresa sia anche registrato nella forma in cui è usato». Orbene, la situazione della ricorrente non corrisponde a quella esposta in tale considerando. Nulla fa ritenere che la ricorrente abbia utilizzato il marchio contestato in una forma che differisca da quella in cui esso è stato registrato.


9      Pertanto, la presente causa non darà alla Corte l’occasione di pronunciarsi sull’applicabilità, nell’ambito di un procedimento iniziato in vigenza del regolamento n. 207/2009, delle disposizioni del regolamento 2017/1001 che non abbiano il loro equivalente nel regolamento che ha preceduto quest’ultimo. Per quanto riguarda una problematica analoga, v. causa Textilis (C‑21/18, pendente dinanzi alla Corte).


10      Ordinanza del 22 febbraio 2018, Martín Osete/EUIPO (C‑529/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:105).


11      V., in particolare, punto 27 dell’atto di impugnazione che ha dato luogo all’ordinanza del 22 febbraio 2018, Martín Osete/EUIPO (C‑529/17 P, non pubblicata, EU:C:2018:105), in cui la ricorrente ha criticato la considerazione del Tribunale secondo la quale «le prove fornite dalla titolare dei marchi dell’Unione europea riguardanti le restrizioni normative dalla stessa incontrate non hanno dimostrato (in maniera sufficiente) che esistessero motivi legittimi per il mancato uso durante il periodo specificato». Analogamente, al punto 29 di tale atto di impugnazione, la ricorrente ha asserito che «occorre ricordare e sottolineare che l’esistenza di motivi legittimi è tuttavia chiaramente dimostrata dalle numerose prove raccolte».


12      Sentenza del 13 settembre 2007, Il Ponte Finanziaria/UAMI (C‑234/06 P, EU:C:2007:514, punto 73). A titolo di illustrazione di tale orientamento giurisprudenziale, la ricorrente fa valere anche l’ordinanza del 27 gennaio 2004, La Mer Technology (C‑259/02, EU:C:2004:50, punti 21 e 24), e la sentenza del 21 novembre 2013, Recaro/UAMI – Certino Mode (RECARO) (T‑524/12, non pubblicata, EU:T:2013:604, punti 25 e 26).


13      In tale contesto, la ricorrente considera una sperimentazione clinica in quanto tale, nonché gli atti posti in essere nel quadro di tale sperimentazione, e cioè la consegna di oltre 400 000 capsule recanti il marchio Boswelan ad una clinica universitaria, la fatturazione dei prodotti da parte di un’impresa terza agente in qualità di intermediaria nonché l’uso del marchio nel reclutamento di partecipanti alle sperimentazioni e nel contesto dei dati relativi alle dette sperimentazioni accessibili al pubblico.


14      V., in questo senso, conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Ansul (C‑40/01, EU:C:2002:412, paragrafo 49).


15      V. nota 8 delle presenti conclusioni.


16      V., in particolare, Sitko, J.J., «Special Criteria of Trade Mark Protection with Regard to Pharmaceutical Products in the European Union Legal System», International Review of Intellectual Property and Competition Law, 2014, n. 6, pagg. 667 e 668; Trzebiatowski, M., Obowiązek używania znaku towarowego. Studium z prawa polskiego na tle prawnoporównawczym, C.H. Beck, Warszawa 2007, pagg. 147 e 148.


17      Nella sentenza del 24 novembre 1999, I ZB 17/97 (Neue Juristische Wochenschrift 2000, 1487), il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania) ha deciso su una problematica analoga nel contesto dell’interpretazione di una disposizione tedesca che trasponeva nel diritto nazionale l’articolo 10 della direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1). Ai punti 18 e 19 di tale sentenza, tale giudice ha affermato che l’utilizzazione di un marchio nell’ambito di una procedura di rilascio di licenze di medicinali non può essere considerata come un uso effettivo. Tuttavia, esso ha anche affermato che l’esecuzione di una procedura di autorizzazione prevista può, in linea di principio, essere considerata come un motivo legittimo per il mancato uso. Analogamente, taluni giudici francesi hanno riconosciuto che una domanda di AIC, che è il logico seguito delle sperimentazioni cliniche, costituisce un motivo legittimo per il mancato uso di un marchio registrato per un medicinale soggetto alla procedura di autorizzazione [v. sentenza del 1o giugno 1999, Tribunal de grande instance de Paris (Francia), 3a sezione, Almonda Sociedade Gestora de participacoes sociais c/ Opfermann Arzneimittel GmbH, PIBD 1999 682 III‑354]. Pertanto, da tali sentenze si può dedurre che un uso – nell’ambito di sperimentazioni cliniche – di un marchio registrato per un medicinale sottoposto a sperimentazione non costituisce un uso effettivo.


18      V., in tal senso, sentenza dell’8 giugno 2017, W.F. Gözze Frottierweberei e Gözze (C‑689/15, EU:C:2017:434, punto 37).


19      Sentenza del 15 gennaio 2009, Silberquelle (C‑495/07, EU:C:2009:10, punto 18). V. altresì sentenza del 17 luglio 2014, Reber Holding/UAMI (C‑141/13 P, non pubblicata, EU:C:2014:2089, punto 32), in cui la Corte ha affermato che ogni sfruttamento commerciale accertato non può essere automaticamente qualificato come «uso effettivo» del marchio contestato.


20      Sentenza dell’8 giugno 2017, W.F. Gözze Frottierweberei e Gözze (C‑689/15, EU:C:2017:434, punti da 39 a 41). V., altresì, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Pandalis/EUIPO (C‑194/17 P, EU:C:2018:725, paragrafo 65).


21      Sentenza dell’11 marzo 2003 (C‑40/01, EU:C:2003:145).


22      Sentenza dell’11 marzo 2003 (C‑40/01, EU:C:2003:145).


23      Sentenza del 9 dicembre 2008 (C‑442/07, EU:C:2008:696, punto 23).


24      Sentenza dell’11 marzo 2003 (C‑40/01, EU:C:2003:145).


25      V., in questo senso, Trzebiatowski, M., «Pojęcie rzeczywistego używania znaku towarowego (orzecznictwo krajowe na tle orzecznictwa wspólnotowego)», Europejski Przegląd Sądowy, 2010, pag. 22.


26      Sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul (C‑40/01, EU:C:2003:145, punto 38).


27      Sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul (C‑40/01, EU:C:2003:145, punto 39). V., altresì, ordinanza del 27 gennaio 2004, La Mer Technology (C‑259/02, EU:C:2004:50, punto 23).


28      V., in questo senso, sentenza del 15 gennaio 2009, Silberquelle (C‑495/07, EU:C:2009:10, punto 19).


29      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2001, L 311, pag. 67).


30      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1).


31      Ai sensi dell’articolo 6 della direttiva 2001/83, nessun medicinale può esere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’AIC delle autorità competenti di detto Stato membro rilasciata a norma di tale direttiva, oppure senza un’autorizzazione a norma del regolamento n. 726/2004. Analogamente, risulta dall’articolo 76 della direttiva 2001/83 che gli Stati membri prendono qualsiasi misura utile affinché vengano distribuiti sul loro territorio unicamente medicinali per cui è stata rilasciata un’AIC conforme al diritto dell’Unione. Il regolamento n. 726/2004, dal canto suo, dispone, all’articolo 3, paragrafo 1, che nessun medicinale contemplato nel suo allegato può essere immesso in commercio nell’Unione senza un’AIC rilasciata dall’Unione conformemente a tale regolamento. Inoltre, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, dello stesso regolamento, qualsiasi medicinale non contemplato nell’allegato può essere oggetto di AIC rilasciata dall’Unione conformemente a tale regolamento, qualora: a) il medicinale contenga una nuova sostanza attiva che alla data di entrata in vigore di detto regolamento non era autorizzata nell’Unione; oppure b) il richiedente dimostri che tale medicinale costituisce un’innovazione significativa sul piano terapeutico, scientifico o tecnico o che il rilascio di un’autorizzazione secondo il regolamento n. 726/2004 è nell’interesse dei pazienti o della sanità animale a livello dell’Unione.


32      V. articolo 86, paragrafo 1, e articolo 87 della direttiva 2001/83.


33      V. articolo 2, lettera a), della direttiva 2001/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 aprile 2001, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative all’applicazione della buona pratica clinica nell’esecuzione della sperimentazione clinica di medicinali ad uso umano (GU 2001, L 121, pag. 34), nonché allegato I di tale direttiva in quanto esso precisa la nozione di «sperimentazione clinica». V. altresì articolo 2, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (UE) n. 536/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano e che abroga la direttiva 2001/20/CE (GU 2014, L 158, pag. 1).


34      V. articolo 9 della direttiva 2001/20 nonché articolo 4 del regolamento n. 536/2014.


35      V., in particolare, articolo 10 della direttiva 2001/20 e articolo 15 del regolamento n. 536/2014.


36      V., in particolare, articolo 2, lettera e), della direttiva 2001/20 nonché articolo 2, paragrafo 2, punto 14), del regolamento n. 536/2014 che, al fine di definire chiaramente le responsabilità, definiscono un promotore come una persona, una società o un’istituzione oppure un organismo che si assume la responsabilità di avviare e gestire la sperimentazione clinica, curandone altresì il relativo finanziamento.


37      Sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul (C‑40/01, EU:C:2003:145, punto 37). V., altresì, paragrafo 61 delle presenti conclusioni.


38      Analogamente, questo è anche l’orientamento adottato dalla ricorrente nella sua impugnazione. In particolare, al punto 17 dell’atto d’impugnazione la ricorrente asserisce che «è evidente che il diniego di un uso effettivo fondato, essenzialmente, sul solo argomento che il prodotto controverso non può essere né commercializzato né promosso presso il grande pubblico non è corretto». Inoltre, la ricorrente fa valere, per quanto riguarda la seconda parte del primo motivo, che, secondo tale sentenza, l’uso effettivo può esistere qualora la commercializzazione sia in corso di preparazione e imminente. Essa ritiene poi, nell’ambito della seconda parte del primo motivo, che «[i]ndipendentemente dalla questione di stabilire se tali condizioni ricorrano nella fattispecie, la citata sentenza della Corte mostra che un uso effettivo può anche esistere, persino in mancanza di un atto rivolto ad un numero illimitato o, quanto meno, molto ampio di destinatari». Così, è vero che nozioni utilizzate nell’ambito della direttiva 2001/83 non devono necessariamente corrispondere a nozioni utilizzate nel contesto del diritto dei marchi d’impresa. Tuttavia, la ricorrente stessa sembra ritenere che la nozione di «immissione in commercio» ai sensi dell’articolo 6 della direttiva 2001/83 corrisponda alla nozione di «commercializzazione» utilizzata dalla Corte nella sentenza dell’11 marzo 2003, Ansul (C‑40/01, EU:C:2003:145).


39      Sitko, J.J., op. cit., pag. 658.


40      Mosback, H., «Protection of pharmaceutical trade marks in Europe», Journal of Intellectual Property Law Practice, 2013, vol. 8, n. 1, pag. 71, e Sitko, J.J., op. cit., pag. 658.


41      Mosback H., op. cit., pag. 71.


42      Sentenza dell’11 marzo 2003 (C‑40/01, EU:C:2003:145, punto 37).


43      V. altresì, in questo senso, conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Olainfarm (C‑104/13, EU:C:2014:342, paragrafo 25).


44      V. paragrafo 69 delle presenti conclusioni.


45      V. le mie conclusioni nella causa UAMI/Grau Ferrer (C‑597/14 P, EU:C:2016:2, paragrafo 102 e giurisprudenza ivi citata).


46      Sentenza del 9 dicembre 2008, Verein Radetzky-Orden (C‑442/07, EU:C:2008:696, punti 16 e 17).


47      V. ordinanza del 27 gennaio 2004, La Mer Technology (C‑259/02, EU:C:2004:50, punto 24). V., altresì, per quanto riguarda l’uso dei marchi nel settore farmaceutico, la sentenza del 5 luglio 2017 della Cour de cassation, chambre commerciale, n. 13-11513 (Francia).


48      Sentenza del 14 giugno 2007 (C‑246/05, EU:C:2007:340, punti 54 e 55).


49      V. punti da 55 a 58 e 60 della sentenza impugnata.


50      V. punto 59 della sentenza impugnata.


51      D’altro canto, come ho appena spiegato nella parte delle presenti conclusioni relativa alla ricevibilità dei motivi, ritengo che il secondo motivo sia ricevibile, poiché riguarda la natura delle circostanze che possono essere prese in considerazione al fine di accertare che un ostacolo è indipendente dalla volontà del titolare. Mi sembra che un motivo simile sia stato considerato ricevibile dalla Corte nella sentenza del 13 settembre 2007, Il Ponte Finanziaria/UAMI (C‑234/06 P, EU:C:2007:514, punto 99).


52      Sentenza del 14 giugno 2007 (C‑246/05, EU:C:2007:340, punto 48).


53      Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, che figura all’allegato 1 C dell’Accordo di Marrakech che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio, approvato a nome della Comunità europea con la decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU 1994, L 336, pag. 1).


54      V. paragrafo 91 delle presenti conclusioni.


55      Sentenza del 14 giugno 2007, Häupl (C‑246/05, EU:C:2007:340, punto 51).


56      V., in questo senso, sentenza dell’8 giugno 2017, Kaane American International Tobacco/EUIPO – Global Tobacco (GOLD MOUNT) (T‑294/16, non pubblicata, EU:T:2017:382, punto 42).


57      Sentenza del 13 settembre 2007, Il Ponte Finanziaria/UAMI (C‑234/06 P, EU:C:2007:514, punto 102).


58      V. paragrafo 69 delle presenti conclusioni.


59      V. paragrafo 69 delle presenti conclusioni.


60      V. paragrafo 109 delle presenti conclusioni.