Language of document : ECLI:EU:C:2007:510

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

13 settembre 2007 (*)

«Ricorso contro una pronuncia del Tribunale di primo grado – Direttiva 2001/18/CE – Decisione 2003/653/CE – Deliberata emissione nell’ambiente di organismi geneticamente modificati – Art. 95, n. 5, CE – Disposizioni nazionali che derogano a una misura di armonizzazione giustificate da nuove prove scientifiche nonché da uno specifico problema di uno Stato membro – Principio del contraddittorio»

Nelle cause riunite C‑439/05 P e C‑454/05 P,

aventi ad oggetto due ricorsi contro una pronuncia del Tribunale di primo grado, proposti a norma dell’art. 56 dello Statuto della Corte di giustizia, rispettivamente, in data 7 e 16 dicembre 2005,

Land Oberösterreich, rappresentato dal sig. G. Hörmanseder, in qualità di agente, assistito dall’avv. F. Mittendorfer, Rechtsanwalt,

Repubblica d’Austria, rappresentata dal sig. H. Dossi e dalla sig.ra A. Hable, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrenti,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dal sig. U. Wölker e dalla sig.ra M. Patakia, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. J. Klučka (relatore), J.N. Cunha Rodrigues, U. Lõhmus e A. Ó Caoimh, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig. B. Fülöp, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale del 24 gennaio 2007,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 maggio 2007,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con i presenti ricorsi, il Land Oberösterreich e la Repubblica d’Austria chiedono l’annullamento della sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità europee 5 ottobre 2005, cause riunite T‑366/03 e T‑235/04, Land Oberösterreich e Repubblica d’Austria/Commissione (Racc. pag. II‑4005; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con cui sono stati respinti i loro ricorsi diretti all’annullamento della decisione della Commissione 2 settembre 2003, 2003/653/CE, relativa alle disposizioni nazionali sul divieto di impiego di organismi geneticamente modificati nell’Austria Superiore, notificate dalla Repubblica d’Austria a norma dell’articolo 95, paragrafo 5, del Trattato CE (GU L 230, pag. 34; in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Il contesto normativo

2        Il trattato di Amsterdam, entrato in vigore il 1° maggio 1999, ha modificato sostanzialmente l’art. 100 A del Trattato CE attribuendogli la nuova numerazione di art. 95 CE. L’art. 95, nn. 4‑6, così recita:

«4.       Allorché, dopo l’adozione da parte del Consiglio o della Commissione di una misura di armonizzazione, uno Stato membro ritenga necessario mantenere disposizioni nazionali giustificate da esigenze importanti di cui all’articolo 30 o relative alla protezione dell’ambiente o dell’ambiente di lavoro, esso notifica tali disposizioni alla Commissione precisando i motivi del mantenimento delle stesse.

5.      Inoltre, fatto salvo il paragrafo 4, allorché, dopo l’adozione da parte del Consiglio o della Commissione di una misura di armonizzazione, uno Stato membro ritenga necessario introdurre disposizioni nazionali fondate su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell’ambiente o dell’ambiente di lavoro, giustificate da un problema specifico a detto Stato membro insorto dopo l’adozione della misura di armonizzazione, esso notifica le disposizioni previste alla Commissione precisando i motivi dell’introduzione delle stesse.

6.      La Commissione, entro sei mesi dalle notifiche di cui ai paragrafi 4 e 5, approva o respinge le disposizioni nazionali in questione dopo aver verificato se esse costituiscano o no uno strumento di discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata nel commercio tra gli Stati membri e se rappresentino o no un ostacolo al funzionamento del mercato interno.

In mancanza di decisione della Commissione entro detto periodo, le disposizioni nazionali di cui ai paragrafi 4 e 5 sono considerate approvate.

Se giustificato dalla complessità della questione e in assenza di pericolo per la salute umana, la Commissione può notificare allo Stato membro interessato che il periodo di cui al presente paragrafo può essere prolungato per un ulteriore periodo di massimo sei mesi».

3        La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/18/CE, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE (GU L 106, pag. 1), è stata emanata sulla base dell’art. 95 CE. Essa mira, a termini del suo art. 1, al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri e alla tutela della salute umana e dell’ambiente, da un lato, quando vengono deliberatamente emessi nell’ambiente organismi geneticamente modificati (in prosieguo: gli «OGM») a scopo diverso dall’immissione in commercio all’interno della Comunità europea e, dall’altro, quando vengono immessi in commercio all’interno della Comunità OGM come tali o contenuti in prodotti.

4        La detta direttiva istituisce un regime di notificazioni e di autorizzazioni, precedute, a termini dell’art. 4, n. 3, della medesima, da una valutazione, caso per caso, dei potenziali effetti negativi, sia diretti che indiretti, sulla salute umana e sull’ambiente, eventualmente provocati dal trasferimento di un gene dall’OGM ad un altro organismo.

5        Le autorizzazioni concesse, anteriormente al 17 ottobre 2002, sulla base della direttiva del Consiglio 23 aprile 1990, 90/220/CE, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati (GU L 117, pag. 15), ai fini dell’immissione in commercio di OGM come tali o contenuti in prodotti possono essere rinnovate, prima del 17 ottobre 2006, in base alla procedura semplificata di cui all’art. 17, nn. 2‑9, della direttiva 2001/18.

 Fatti

6        Il 13 marzo 2003 la Repubblica d’Austria notificava alla Commissione un progetto di legge del 2002 del Land Oberösterreich sul divieto di utilizzo delle tecniche di ingegneria genetica (Oberösterreichisches Gentechnik-Verbotsgesetz; in prosieguo: la «misura notificata»). Tale progetto di legge mirava a vietare la coltivazione di sementi e di materiale di propagazione contenenti OGM o costituiti da essi nonché la riproduzione e l’emissione nell’ambiente di animali transgenici a fini di caccia o pesca. La notifica era volta alla concessione di una deroga ex art. 95, n. 5, CE alle disposizioni della direttiva 2001/18. Essa si fondava su una relazione intitolata «GVO-freie Bewirtschaftungsgebiete: Konzeption und Analyse von Szenarien und Umsetzungsschritten» (Zone agricole esenti da OGM: concezione e analisi degli scenari e delle fasi di realizzazione), redatta dal sig. W. Müller (in prosieguo: la «relazione Müller»).

7        L’autorità europea per la sicurezza alimentare (in prosieguo: l’«EFSA»), cui la Commissione aveva chiesto di esaminare il carattere probatorio degli elementi scientifici prodotti dalla Repubblica d’Austria, emanava in data 4 luglio 2003 un parere nel quale giungeva alla conclusione, sostanzialmente, che tali elementi non racchiudevano alcuna nuova prova scientifica idonea a giustificare il divieto di OGM nel Land Oberösterreich.

8        Ciò premesso, la Commissione emanava la decisione controversa, ai sensi della quale la Repubblica d’Austria non ha fornito nuove prove scientifiche né ha dimostrato che, nel Land Oberösterreich, si fosse posto un problema specifico, sorto successivamente all’adozione della direttiva 2001/18, che rendesse necessaria l’introduzione della misura notificata. Ritenendo non soddisfatti i requisiti prescritti dall’art. 95, n. 5, CE, la Commissione respingeva la domanda di deroga presentata dalla Repubblica d’Austria.

 Il procedimento dinanzi al Tribunale e la sentenza impugnata

9        Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 3 novembre 2003, il Land Oberösterreich proponeva ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa. Tale ricorso veniva registrato con il numero di ruolo T‑366/03.

10      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 13 novembre seguente, la Repubblica d’Austria proponeva ricorso parimenti diretto all’annullamento della decisione controversa. Tale ricorso veniva registrato con il numero di ruolo C‑492/03.

11      Con ordinanza della Corte 8 giugno 2004, la causa C‑492/03 veniva rinviata dinanzi al Tribunale, presso il quale veniva registrata con il numero di ruolo T‑235/04.

12      Con decisione del presidente della Quarta Sezione del Tribunale 22 febbraio 2005, sentite le parti, le cause T‑366/03 e T‑235/04 venivano riunite ai fini della fase orale e della sentenza, conformemente all’art. 50 del regolamento di procedura del Tribunale.

13      Con la sentenza impugnata il Tribunale ha, in primo luogo, considerato ricevibile il ricorso proposto dal Land Oberösterreich, ritenendo che il detto Land fosse individualmente interessato dalla decisione controversa, atteso che questa pregiudicava un atto che promanava dal Land stesso, impedendo al medesimo di esercitare a sua discrezione le competenze proprie attribuitegli dall’ordinamento costituzionale austriaco. Il Tribunale affermava parimenti che il Land Oberösterreich era direttamente interessato dalla decisione controversa, sulla base del rilievo che, sebbene la decisione stessa fosse stata indirizzata alla Repubblica d’Austria, lo Stato membro medesimo non aveva esercitato alcun potere discrezionale al momento della sua comunicazione al Land medesimo.

14      In secondo luogo, il Tribunale respingeva i quattro motivi dedotti dai ricorrenti sulla base del seguente ragionamento.

15      Quanto al primo motivo, relativo alla violazione del principio del contraddittorio, il Tribunale ha ritenuto, segnatamente, che il ragionamento accolto dalla Corte nella sentenza 20 marzo 2003, causa C‑3/00, Danimarca/Commissione (Racc. pag. I‑2643), per giustificare la mancata applicazione del principio del contraddittorio alla procedura prevista dall’art. 95, n. 4, CE, potesse essere trasposto alla procedura di cui al n. 5 del medesimo articolo. Il Tribunale ha affermato che quest’ultima procedura è parimenti applicabile alla domanda di uno Stato membro diretta all’approvazione di disposizioni nazionali di deroga a una misura di armonizzazione adottata a livello comunitario. Il Tribunale ha aggiunto che le due procedure previste all’art. 95, nn. 4 e 5, CE vengono avviate dallo Stato membro notificante, che ha libertà di esprimersi sulla decisione di cui richieda l’adozione, e che le procedure medesime devono essere concluse rapidamente, nell’interesse sia dello Stato membro notificante sia del buon funzionamento del mercato interno.

16      Ai punti 41‑44 della sentenza impugnata, il Tribunale ha precisato quanto segue:

«41      Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il fatto che la procedura di cui all’art. 95, n. 5, CE riguardi misure nazionali ancora allo stadio di progetto non consente di differenziarla dalla procedura prevista dal n. 4 dello stesso articolo al punto di considerare ad essa applicabile il principio del contraddittorio. Al riguardo, i ricorrenti non possono validamente sostenere che le esigenze imperative di celerità sarebbero minori nel caso di esame di una misura nazionale non ancora entrata in vigore, dimodoché la Commissione possa agevolmente prorogare il termine di sei mesi previsto dall’art. 95, n. 6, CE al fine di procedere ad un contraddittorio.

42      Innanzi tutto, tale argomento contrasta con la lettera dell’art. 95, n. 6, CE. Da un lato, questo si applica indistintamente alle domande di deroga relative a misure nazionali vigenti, previste dall’art. 95, n. 4, CE, e alle domande relative a misure allo stadio di progetto, alle quali si applica l’art. 95, n. 5, CE. Dall’altro, la facoltà di prorogare il termine semestrale per la decisione previsto dal n. 3 di tale disposizione può essere esercitata dalla Commissione solo se richiesto dalla complessità della questione sottoposta e in assenza di pericolo per la salute umana. Risulta quindi che l’art. 95, n. 6, terzo comma, CE non consente alla Commissione di prorogare il termine semestrale per la decisione al solo scopo di poter sentire lo Stato membro che l’ha investita di una domanda di deroga ai sensi dell’art. 95, n. 5, CE.

43      In secondo luogo, l’argomento dei ricorrenti non è conforme alla ratio dell’art. 95, n. 5, CE. La circostanza che tale disposizione riguardi una misura nazionale non ancora in vigore non diminuisce l’interesse a che la Commissione statuisca rapidamente sulla domanda di deroga di cui è stata investita. Infatti, la rapida conclusione di tale procedimento è stata voluta dagli autori del Trattato al fine di tutelare l’interesse dello Stato membro richiedente all’individuazione delle norme ad esso applicabili nonché nell’interesse del buon funzionamento del mercato interno.

44      Relativamente a quest’ultimo punto, occorre sottolineare che, per evitare di pregiudicare il carattere vincolante e l’applicazione uniforme del diritto comunitario, le procedure di cui all’art. 95, nn. 4 e 5, CE sono entrambe intese a garantire che nessuno Stato membro applichi una normativa nazionale che deroga alle regole armonizzate senza avere ottenuto la previa autorizzazione della Commissione. Ora, da tale punto di vista, il regime applicabile alle misure nazionali notificate ai sensi dell’art. 95, n. 4, CE non si differenzia significativamente da quello applicabile alle misure nazionali ancora allo stadio di progetto e notificate ai sensi dell’art. 95, n. 5, CE. In entrambe le procedure, infatti, le misure in questione sono inapplicabili fintantoché la Commissione non ha adottato la sua decisione relativamente alla concessione di una deroga. Nell’ambito dell’art. 95, n. 5, CE, tale situazione deriva dalla natura stessa delle misure di cui trattasi, ancora allo stadio di progetto. Per quanto riguarda l’art. 95, n. 4, CE, tale situazione deriva dall’oggetto della procedura da esso prevista. Infatti, la Corte ha ricordato che le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri finalizzate all’instaurazione e al funzionamento del mercato interno verrebbero rese inoperanti se gli Stati membri conservassero la facoltà di applicare unilateralmente una disciplina nazionale derogatoria. Pertanto, uno Stato membro è autorizzato ad applicare le disposizioni nazionali notificate ai sensi dell’art. 95, n. 4, CE solo dopo aver ottenuto una decisione di approvazione da parte della Commissione (v., per analogia con la procedura di cui all’art. 100 A, n. 4, del Trattato CE, sentenze della Corte 17 maggio 1994, causa C‑41/93, Francia/Commissione, Racc. pag. I‑1829, punti 29 e 30, e 1º giugno 1999, causa C‑319/97, Kortas, Racc. pag. I‑3143, punto 28)».

17      Per quanto attiene al secondo motivo, relativo alla violazione dell’obbligo di motivazione, il Tribunale ha rilevato, in particolare, che la Commissione aveva sviluppato il proprio ragionamento in maniera particolareggiata e circostanziata, consentendo al destinatario della decisione controversa di prendere conoscenza della sua motivazione in fatto e in diritto e al Tribunale di esercitare il suo sindacato di legittimità.

18      A tal riguardo, al punto 56 della sentenza impugnata, il Tribunale ha aggiunto quanto segue:

«56      Infatti, la Commissione si è fondata su tre elementi principali per respingere la domanda della Repubblica d’Austria. Innanzi tutto, essa ha dichiarato che tale Stato membro non aveva dimostrato che la misura notificata era giustificata alla luce di nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell’ambiente (‘considerando’ 63-68 della decisione [controversa]). Inoltre, la Commissione ha ritenuto che la misura notificata non fosse giustificata da un problema specifico alla Repubblica d’Austria (‘considerando’ 70 e 71 della decisione [controversa]. Infine, la Commissione ha respinto le argomentazioni delle autorità austriache dirette a giustificare le misure nazionali tramite il ricorso al principio di precauzione, ritenendole troppo generiche e prive di consistenza (‘considerando’ 72 e 73 della decisione [controversa])».

19      Per quanto attiene al terzo motivo, relativo alla violazione dell’art. 95, n. 5, CE, ai punti 65‑67 della sentenza impugnata il Tribunale ha affermato quanto segue:

«65      Nella decisione [controversa], la Commissione ha respinto gli argomenti addotti dalla Repubblica d’Austria diretti a provare l’esistenza di un problema specifico, ai sensi dell’art. 95, n. 5, CE, in quanto dalla notifica emergeva chiaramente che le piccole dimensioni delle aziende agricole, lungi dall’essere specifiche al Land Oberösterreich, erano una caratteristica comune, presente in tutti gli Stati membri. La Commissione ha anche fatto proprie le conclusioni dell’AESA, in particolare quelle secondo cui, da un lato, “le prove scientifiche presentate non contengono informazioni scientifiche nuove o di carattere specificamente locale riguardanti l’impatto sull’ambiente o sulla salute umana di colture o animali geneticamente modificati già esistenti o che potranno esistere in futuro”, e, dall’altro, non sono state fornite “prove scientifiche che dimostrino che questa zona dell’Austria [presentasse] ecosistemi particolari o eccezionali, tali da richiedere un’apposita valutazione dei rischi, distinta da quella effettuata per l’Austria nel suo insieme o per altre analoghe regioni europee” (‘considerando’ 70 e 71 della decisione [controversa]).

66      È giocoforza constatare che i ricorrenti non hanno prodotto elementi probatori che consentano di dubitare della fondatezza di tali valutazioni relative all’esistenza di un problema specifico, ma si sono limitati a sottolineare le piccoli dimensioni delle aziende agricole e l’importanza dell’agricoltura biologica nel Land Oberösterreich.

67      In particolare, i ricorrenti non hanno addotto elementi diretti a confutare le conclusioni dell’AESA secondo le quali la Repubblica d’Austria non ha provato che il territorio del Land Oberösterreich contiene ecosistemi particolari o eccezionali, tali da richiedere un’apposita valutazione dei rischi, distinta da quella effettuata per l’Austria nel suo insieme o per altre analoghe regioni europee. I ricorrenti, invitati in udienza a pronunciarsi sulla portata del problema posto dagli OGM nel territorio del Land Oberösterreich, non sono stati neppure in grado di affermare se la presenza di tali organismi fosse stata quanto meno rilevata. Il Land Oberösterreich ha precisato che l’adozione della misura notificata era dovuta al timore di dover subire la presenza di OGM a causa dell’annunciata scadenza di un accordo in forza del quale gli Stati membri si erano temporaneamente impegnati a non concedere più autorizzazioni relative a tali organismi. Tali considerazioni, a causa del loro carattere di ordine generale, non sono idonee a infirmare le valutazioni concrete figuranti nella decisione [controversa]».

20      Al successivo punto 69 della sentenza impugnata il Tribunale ha precisato quanto segue:

«69      Essendo le condizioni previste dall’art. 95, n. 5, CE cumulative, basta che una sola di esse non sia soddisfatta perché la domanda di deroga sia respinta (…). Poiché i ricorrenti non sono riusciti a provare la sussistenza di uno dei presupposti prescritti dall’art. 95, n. 5, CE, si deve respingere il terzo motivo, senza che occorra statuire sulle altre censure e sugli ulteriori argomenti».

21      Per quanto attiene al quarto motivo, relativo alla violazione del principio di precauzione, il Tribunale ha rilevato che tale motivo era ininfluente, atteso che la Commissione era stata adita con domanda ex art. 95, n. 5, CE e aveva ritenuto che non sussistessero i requisiti necessari ai fini dell’applicazione di tale disposizione. Il Tribunale, avendo rilevato, in esito all’esame del terzo motivo, che la decisione controversa non era viziata da errori, ha quindi ritenuto, al punto 71 della sentenza impugnata, che la Commissione non potesse che respingere la domanda di cui era stata investita.

 Sulle impugnazioni

22      Con ordinanza del presidente della Corte 29 giugno 2006, i due ricorsi sono stati riuniti ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza.

23      A sostegno dei ricorsi, il Land Oberösterreich e la Repubblica d’Austria deducono due motivi di annullamento attinenti, sostanzialmente, l’uno al mancato rispetto del principio del contraddittorio e, l’altro, alla violazione dell’art. 95, n. 5, CE.

 Sul motivo relativo alla portata del principio del contraddittorio

 Argomenti delle parti

24      I ricorrenti contestano al Tribunale di aver ripreso la soluzione accolta dalla Corte nella sentenza Danimarca/Commissione, cit. supra, con riguardo all’art. 95, n. 4, CE, secondo la quale non si applica il principio del contraddittorio, laddove la controversia in esame riguarderebbe, invece, il n. 5 di tale articolo. Vi sarebbe una differenza tra una disposizione nazionale per la quale venga richiesta una deroga ai sensi del n. 4 del detto articolo – disposizione già in vigore e, quindi, quantomeno potenzialmente, pregiudizievole per il mercato interno – e quella ancora allo stadio di progetto, per la quale venga richiesta una deroga ai sensi del successivo n. 5.

25      Da un lato, i ricorrenti osservano che, al punto 44 della sentenza impugnata, il Tribunale rinvia a una giurisprudenza riguardante l’art. 100 A del Trattato CE. Essi precisano che tale norma non opererava distinzioni tra il mantenimento di disposizioni nazionali esistenti e l’adozione di disposizioni nazionali nuove, laddove una siffatta distinzione viene ormai operata ai nn. 4 e 5 dell’art. 95 CE.

26      I ricorrenti sottolineano, d’altro canto, che la fattispecie contemplata dall’art. 95, n. 5, CE differisce da quella oggetto del precedente n. 4, considerato che, trattandosi di una misura nazionale allo stato di progetto, l’interesse al buon funzionamento del mercato interno non richiederebbe alcuna rapidità particolare del procedimento, ragion per cui la Commissione potrebbe agevolmente prorogare il termine di sei mesi previsto dall’art. 95, n. 6, CE e procedere ad un dibattito in contraddittorio.

27      La Commissione replica che, con il rinvio alla giurisprudenza indicata al punto 44 della sentenza impugnata, il Tribunale ha solamente richiamato un aspetto di tale giurisprudenza, riguardante i nn. 4 e 5 dell’art. 95 CE, vale a dire che, nei due casi ivi contemplati, uno Stato membro non può derogare a una misura di armonizzazione senza previa autorizzazione della Commissione. Inoltre, la Commissione ritiene che, anche quando una legge non abbia oltrepassato lo stadio di progetto, possa sussistere un interesse a che un chiarimento intervenga il più rapidamente possibile.

 Giudizio della Corte

28      A termini dell’art. 95 CE, successivamente all’adozione di misure di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri, questi hanno l’obbligo di notificare alla Commissione le disposizioni nazionali derogatorie alle misure medesime ai fini della loro approvazione. Il n. 4 del detto articolo contempla l’ipotesi del mantenimento di disposizioni nazionali preesistenti alle misure di armonizzazione e il successivo n. 5 l’ipotesi di disposizioni nazionali derogatorie che lo Stato membro intenda adottare.

29      Le procedure previste al detto articolo s’iniziano con la notifica da parte dello Stato membro alla Commissione delle disposizioni nazionali derogatorie, continuano con una fase nel corso della quale la Commissione procede ad una valutazione degli elementi del fascicolo destinata ad accertare se siano soddisfatte le condizioni richieste e si concludono con la decisione finale che autorizza o vieta le dette disposizioni nazionali. La Commissione ha il compito di decidere solo dopo aver verificato che le disposizioni nazionali non costituiscano uno strumento di discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata del commercio tra Stati membri (v. sentenza 21 gennaio 2003, causa C‑512/99, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑845, punto 44).

30      Inoltre, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, alla luce delle specificità della procedura prevista dall’art. 95, n. 4, CE, il principio del contraddittorio non si applica alla medesima (v. sentenza Danimarca/Commissione, cit. punto 50).

31      Per quanto attiene alla procedura prevista al n. 5 del medesimo articolo, l’introduzione di disposizioni nazionali nuove deve essere fondata su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell’ambiente o dell’ambiente di lavoro, giustificate da un problema specifico a detto Stato membro sorto dopo l’adozione della misura di armonizzazione (v., in tal senso, sentenza Danimarca/Commissione, cit., punto 57).

32      L’esigenza di apportare nuove prove scientifiche a sostegno della domanda può conseguentemente indurre la Commissione, nell’ambito della valutazione della fondatezza della domanda stessa, a ricorrere a periti esterni al fine di raccogliere il loro parere in ordine a tali prove, parere che costituirà il fondamento della decisione finale.

33      In tal senso, la Commissione stessa ha riconosciuto di non essere stata in grado, nella specie, di procedere da sola alla valutazione degli elementi scientifici contenuti nella relazione Müller e ha fatto presente di aver dovuto conseguentemente richiede un parere all’EFSA prima di poter decidere ai sensi dell’art. 95, n. 5, CE.

34      Orbene, occorre verificare se, in un caso di tal genere, il principio del contraddittorio avrebbe dovuto essere applicato, come sostengono i ricorrenti, ovvero se, come affermato nella citata sentenza Danimarca/Commissione, con riguardo all’art. 95, n. 4, CE, il principio del contraddittorio non trovasse applicazione.

35      A tal proposito, il principio del contraddittorio, di cui la Corte garantisce il rispetto, impone all’autorità pubblica di sentire gli interessati prima dell’adozione di una decisione che li riguarda (sentenze 10 luglio 2001, causa C-315/99 P, Ismeri Europa/Corte dei conti, Racc. pag. I-5281, punto 28, e Danimarca Commissione, cit., punto 45).

36      Secondo la giurisprudenza della Corte, il principio del rispetto del diritto di difesa, al quale il principio del contraddittorio è strettamente connesso, si applica non soltanto agli amministrati, ma anche agli Stati membri. Per quanto riguarda questi ultimi, il detto principio è stato riconosciuto nell’ambito di procedimenti avviati da un’istituzione comunitaria avverso lo Stato membro interessato (v., segnatamente, sentenza Danimarca/Commissione, cit., punto 46). È stato affermato che il rispetto del diritto di difesa, in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo, costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario e dev’essere garantito anche in mancanza di una specifica normativa (v., segnatamente, sentenze 12 febbraio 1992, cause riunite C‑48/90 e C‑66/90, Paesi Bassi e a./Commissione, Racc. pag. I‑565, punto 44; 5 ottobre 2000, causa C‑288/96, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑8237, punto 99, e 9 giugno 2005, causa C‑287/02, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑5093, punto 37).

37      Tuttavia, dal tenore dell’art. 95, n. 5, CE non emerge, anzitutto, che la Commissione sia tenuta a sentire lo Stato membro notificante prima di decidere in merito all’approvazione o al rigetto delle disposizioni nazionali di cui trattasi. Alla luce delle peculiarità di tale procedura, il legislatore comunitario ha solamente indicato, all’art. 95 CE, i requisiti necessari per ottenere una decisione della Commissione, i termini entro i quali l’istituzione deve emanare la propria decisione di approvazione o di rigetto nonché le eventuali proroghe dei termini.

38      Inoltre, la procedura prevista all’art. 95, n. 5, CE, al pari d’altronde di quella prevista al precedente n. 4, viene avviata, come già esposto supra al punto 29, non da un’istituzione comunitaria o nazionale, bensì da uno Stato membro, ove la decisione della Commissione viene adottata solamente a seguito di tale iniziativa. Con la sua domanda lo Stato membro ha piena facoltà di esprimere la propria posizione in ordine alle disposizioni nazionali di cui chiede l’introduzione, come emerge espressamente dall’art. 95, n. 5, CE, che obbliga lo Stato membro a indicare i motivi che giustificano la sua domanda.

39      Inoltre, la Commissione dev’essere in grado, nei termini che le sono impartiti, di ottenere le informazioni che si rivelino necessarie, senza essere obbligata a interpellare, prima di adottare la propria decisione, lo Stato membro notificante (v., per quanto riguarda la procedura prevista dall’art. 95, n. 4, CE, soggetta agli stessi termini applicabili alla procedura di cui al n. 5 del medesimo articolo, sentenza Danimarca/Commissione, cit., punto 48).

40      Si deve sottolineare che, a termini dell’art. 95, n. 6, secondo comma, CE, in mancanza di decisione della Commissione entro un determinato termine le disposizioni nazionali derogatorie si considerano approvate. Inoltre, ai sensi del successivo terzo comma, la proroga di tale termine resta esclusa qualora la questione non sia complessa e in caso di pericolo per la salute umana.

41      Il legislatore del Trattato ha voluto che, tanto nell’interesse dello Stato membro notificante quanto nell’interesse del buon funzionamento del mercato interno, la procedura prevista dal detto articolo venga conclusa rapidamente. Tale obiettivo sarebbe difficilmente conciliabile con un obbligo di scambio prolungato di tesi e di informazioni.

42      Si deve infine aggiungere che il Tribunale, laddove al punto 44 della sentenza impugnata ha menzionato la giurisprudenza relativa alla procedura ex art. 100 A, n. 4, del Trattato CE, ha solamente inteso porre l’accento sull’esistenza del requisito incombente sullo Stato membro per poter derogare a una misura di armonizzazione adottata a livello comunitario, vale a dire l’obbligo di ottenere la previa approvazione della Commissione. Tale requisito permane nell’ambito delle disposizioni dell’art. 95, nn. 4 e 5, CE, in quanto grava tanto sullo Stato membro che notifichi una normativa già in vigore ai sensi dell’art. 95, n. 4, CE quanto su quello che notifichi un progetto di legge ai sensi del n. 5 del medesimo articolo. Le misure contemplate dalle due dette disposizioni sono quindi disciplinate, sotto tale profilo, dagli stessi principi, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 85 delle proprie conclusioni.

43      In definitiva, tenuto conto delle peculiarità della procedura prevista dall’art. 95, n. 5, CE, delle analogie tra tale procedura e quella contemplata dal precedente n. 4, nonché dello scopo comune delle due disposizioni, consistente nel consentire agli Stati membri di ottenere deroghe alle misure di armonizzazione, non vi è motivo per accogliere una soluzione differente da quella già accolta con riguardo all’art. 95, n. 4, CE. Pertanto, la Commissione non è tenuta a rispettare il principio del contraddittorio prima di adottare la propria decisione ai sensi dell’art. 95, n. 5, CE (v. in tal senso, per quanto attiene all’art. 95, n. 4, CE, sentenza Danimarca/Commissione, cit., punto 50).

44      Correttamente il Tribunale ha quindi ritenuto che il principio del contraddittorio non dovesse trovare applicazione alla procedura prevista dall’art. 95, n. 5, CE.

45      Il motivo relativo al mancato rispetto del principio del contraddittorio dev’essere conseguentemente respinto.

 Sul motivo relativo alla violazione dell’art. 95, n. 5, CE

 Argomenti delle parti

46      I ricorrenti deducono, anzitutto, che nella sentenza impugnata non sarebbe stato esaminato il motivo relativo alla violazione del Trattato se non sotto il profilo della verifica del requisito attinente alla sussistenza di un problema specifico e che, conseguentemente, il Tribunale avrebbe violato il loro diritto di essere sentiti.

47      La Repubblica d’Austria aggiunge che le nuove prove scientifiche costituiscono un elemento centrale dell’art. 95, n. 5, CE e che, anche nell’ambito della valutazione del requisito relativo alla sussistenza di un problema specifico dello Stato membro, la questione della coesistenza di coltivazioni geneticamente modificate e di coltivazioni naturali, l’insufficienza della valutazione dei rischi nonché il principio di precauzione non avrebbero dovuto essere ignorati dal Tribunale. A suo parere, la Commissione non avrebbe proceduto a un’analisi scientifica completa dei rischi, né avrebbe tenuto conto del diritto di audizione né, infine, avrebbe assolto il proprio obbligo di motivazione.

48      I ricorrenti censurano, inoltre, il punto 67 della sentenza impugnata nella parte in cui fonda l’insussistenza, nella specie, di problemi specifici ai sensi dell’art. 95, n. 5, CE sul fatto che non sia stata fornita la prova che sul territorio del Land Oberösterreich fossero presenti OGM. La sentenza impugnata si porrebbe a tal riguardo in contraddizione con l’obbligo di attenersi ad un livello di protezione elevato nell’emanazione, sulla base del detto art. 95, di disposizioni in materia di salute, di sicurezza, di tutela dell’ambiente e di protezione dei consumatori.

49      La Repubblica d’Austria aggiunge che, interpretando in modo troppo restrittivo i requisiti relativi alla sussistenza di un problema specifico, valutando in misura insufficiente i rischi nonché le nuove prove scientifiche e non tenendo conto del principio di precauzione, la Commissione e il Tribunale avrebbero inciso in modo determinante sulla soluzione della controversia e leso i suoi interessi.

50      La Commissione replica che con la questione se il Tribunale abbia proceduto a una congrua valutazione della presente controversia si intende accertare se esso sia incorso in una violazione del diritto comunitario e non in un’irregolarità procedurale per insufficiente motivazione.

51      La Commissione precisa che la sussistenza di nuove prove scientifiche e la protezione dell’ambiente non integrano gli estremi di un problema specifico bensì sono collocate su un piano di parità con il medesimo, atteso che tutti i requisiti previsti dall’art. 95, n. 5, CE sono cumulativi. Pertanto, correttamente il Tribunale avrebbe respinto il ricorso dopo aver rilevato che il requisito relativo alla sussistenza di un problema specifico non ricorreva.

52      Per quanto attiene al principio di precauzione, la Commissione sostiene che, al punto 71 della sentenza impugnata, il Tribunale ha correttamente esposto le ragioni alla base del rigetto del motivo relativo alla violazione del detto principio e che la Repubblica d’Austria non ha contestato tale profilo della sentenza, quanto meno in termini espliciti e dettagliati.

53      Sempre secondo la Commissione, le considerazioni relative alle sue pretese omissioni nel procedimento di esame della domanda nonché gli argomenti afferenti al principio del rispetto del diritto di difesa non risultano utili ai fini della soluzione della questione se la sentenza impugnata sia viziata da un errore di diritto. Per quanto attiene al rispetto del diritto di difesa, l’argomento sviluppato al riguardo sarebbe irricevibile in quanto non comprovato e, in ogni caso, manifestamente infondato considerato che il diritto di difesa della Repubblica d’Austria non sarebbe stato minimamente leso nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale.

54      I ricorrenti deducono, infine, che il vizio procedurale da essi invocato si fonda su un’erronea valutazione e costituisce pertanto parimenti un motivo relativo alla violazione del diritto comunitario. A loro parere, il termine «specifico» non potrebbe essere considerato sinonimo di «unico». I problemi di cui parla l’art. 95, n. 5, CE dovrebbero essere intesi quali problemi particolari ma in nessun caso quali problemi unici, propri ad un solo Stato membro o a una sola regione. I ricorrenti ritengono che, non interpretando correttamente il significato del termine «specifico», il Tribunale avrebbe illegittimamente omesso di esaminare gli altri requisiti fissati dall’art. 95, n. 5, CE violando conseguentemente il diritto comunitario.

55      La Commissione replica che il Tribunale non era minimamente tenuto a esaminare in dettaglio il requisito relativo alla sussistenza di un problema specifico e ritiene che i ricorrenti non abbiano adempiuto l’onere probatorio loro incombente ai sensi dell’art. 95, n. 5, CE, considerato che essi si sono limitati a fondare il loro ragionamento sulle piccole dimensioni delle aziende agricole e sull’importanza dell’agricoltura biologica. A parere della Commissione, la deroga alla direttiva 2001/18 è giustificata, nell’ambito di un problema specifico, dall’esistenza di un ecosistema particolare o eccezionale che renda necessaria una valutazione dei rischi distinta da quella condotta ai sensi della direttiva medesima. Orbene, la Commissione rileva che i ricorrenti non hanno fornito la prova necessaria al riguardo.

 Giudizio della Corte

56      Si deve anzitutto rilevare che la legittimità delle misure nazionali notificate ex art. 95, n. 5, CE è strettamente connessa alla valutazione delle prove scientifiche dedotte dallo Stato membro notificante.

57      La detta disposizione esige, in effetti, che l’introduzione di disposizioni nazionali in deroga a una misura di armonizzazione sia basata su nuove prove scientifiche inerenti alla protezione dell’ambiente o dell’ambiente di lavoro, resasi necessaria a causa di un problema specifico di detto Stato membro sorto dopo l’adozione della misura di armonizzazione, e che le disposizioni previste nonché i motivi della loro adozione siano notificati alla Commissione (sentenza della Corte 21 gennaio 2003, causa C‑12/99, Germania/Commissione, cit., punto 80).

58      Trattandosi di requisiti cumulativi, essi devono essere tutti soddisfatti pena il rigetto delle disposizioni nazionali derogatorie da parte della Commissione (v. sentenza 21 gennaio 2003, Germania/Commissione, cit., punto 81).

59      Si deve rilevare, a tal riguardo, che il carattere cumulativo non è stato contestato dalle parti nella specie.

60      Inoltre, nei rispettivi ricorsi i ricorrenti hanno contestato la sentenza impugnata segnatamente nella parte in cui il Tribunale ha rigettato i loro argomenti relativi alle valutazioni espresse dalla Commissione circa il requisito dell’esistenza di un problema specifico dello Stato membro notificante.

61      Ai punti 66 e 67 della sentenza impugnata, il Tribunale ha infatti ritenuto che i ricorrenti non avessero fornito elementi probatori che consentissero di dubitare della fondatezza di tali valutazioni, essendosi limitati a sottolineare le piccole dimensioni delle aziende agricole nonché l’importanza dell’agricoltura biologica nel Land Oberösterreich. Il Tribunale ha aggiunto, in particolare, che i ricorrenti non hanno invocato elementi volti a confutare le conclusioni dell’EFSA, secondo cui la Repubblica d’Austria non avrebbe dimostrato che il territorio del Land Oberösterreich contenesse ecosistemi particolari o eccezionali, che necessitassero di una valutazione dei rischi distinta da quelle condotte per l’Austria complessivamente o per altre simili regioni europee. A parere del Tribunale, le considerazioni svolte dai ricorrenti non erano idonee, in considerazione della loro genericità, ad inficiare le valutazioni concrete contenute nella decisione controversa.

62      Nella detta decisione la Commissione ha ritenuto che la Repubblica d’Austria non avesse dimostrato la sussistenza, per il territorio del Land Oberösterreich, di un problema specifico ai sensi dell’art. 95, n. 5, CE, sorto successivamente all’adozione della direttiva 2001/18.

63      Tale decisione faceva seguito al parere dell’EFSA, in cui era stata constatata l’assenza di prove scientifiche che dimostrassero l’esistenza di un problema specifico. L’EFSA aveva rilevato che non era stato dedotto alcun elemento scientifico idoneo a comprovare l’esistenza di ecosistemi particolari o eccezionali che necessitassero di una valutazione dei rischi distinta da quelle condotte per l’Austria complessivamente o per altre regioni europee simili. La detta autorità ha concluso che la relazione Müller non forniva alcuna nuova informazione idonea a inficiare le disposizioni della direttiva 2001/18.

64      A tal riguardo, non risulta che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto laddove ha ricordato che le conclusioni dell’EFSA relative all’assenza di prove scientifiche che dimostrassero l’esistenza di un problema specifico erano state prese in considerazione dalla Commissione.

65      Peraltro, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, il Tribunale non ha erroneamente interpretato il significato del termine «specifico» di cui all’art. 95, n. 5, CE, in quanto esso non ha affermato che, affinché siano soddisfatti i requisiti fissati da tale disposizione, dovesse essere dimostrata solamente l’esistenza di un problema «unico», nozione più restrittiva di quella di problema «specifico».

66      A tal riguardo, nella sentenza impugnata il Tribunale ha ripreso le conclusioni della Commissione nonché quelle dell’EFSA per rilevare che la Repubblica d’Austria non aveva fornito alcun elemento scientifico che dimostrasse, segnatamente, l’esistenza di ecosistemi «particolari».

67      Nel testo tedesco della decisione controversa, che fa fede, viene fatto riferimento ad un «ungewöhnliches Ökosystem» e, nel parere dell’EFSA, redatto in lingua inglese, a «unusual ecosystems», il che esclude qualsivoglia carattere significativo nell’utilizzazione dei termini «einzigartiges» e «unique» rispettivamente nel testo tedesco della decisione controversa e nel parere dell’EFSA.

68      Si deve aggiungere che, ritenendo che i ricorrenti non avessero fornito elementi probatori che consentissero di dubitare della fondatezza delle valutazioni relative all’assenza di prove scientifiche idonee a dimostrare l’esistenza di un problema specifico e ritenendo, quindi, che non ricorresse uno dei requisiti previsti dall’art. 95, n. 5, CE, non risulta neppure che il Tribunale sia incorso in un errore di diritto al riguardo.

69      Infine, dalla giurisprudenza emerge che, in considerazione del loro carattere cumulativo, non occorre esaminare tutti i requisiti previsti dall’art. 95, n. 5, CE qualora si rilevi che uno di essi non è soddisfatto (v., in tal senso, sentenza 21 gennaio 2003, Germania/Commissione, cit., punto 88).

70      Correttamente il Tribunale ha quindi respinto il ricorso – dopo aver rilevato che il requisito relativo all’esistenza di un problema specifico nello Stato membro non era soddisfatto – senza accertare se sussistessero gli altri requisiti.

71      Conseguentemente, gli argomenti dedotti dai ricorrenti in ordine al fatto che il Tribunale si sarebbe limitato ad analizzare il requisito relativo all’esistenza di un problema specifico dello Stato membro, nonché quelli attinenti al diritto di essere sentiti, all’obbligo di motivazione nonché al diritto di difesa, non sono fondati.

72      Ciò premesso, si deve ritenere che, respingendo il ricorso, il Tribunale non ha violato l’art. 95, n. 5, CE.

73      Conseguentemente, il secondo motivo dedotto dai ricorrenti non è fondato e i ricorsi devono essere respinti.

 Sulle spese

74      A termini dell’art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, applicabile al procedimento di impugnazione per effetto dell’art. 118 del regolamento medesimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il Land Oberösterreich e la Repubblica d’Austria, rimasti soccombenti, devono essere pertanto condannati alle spese, conformemente alla domanda della Commissione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara e statuisce:

1)      I ricorsi sono respinti.

2)      Il Land Oberösterreich e la Repubblica d’Austria sono condannati alle spese.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.