Language of document : ECLI:EU:C:2019:975

Edizione provvisoria

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 14 novembre 2019 (1)

Causa C616/18

Cofidis SA

contro

YU,

ZT

(domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Tribunal d’instance d’Épinal [Francia])

Causa C679/18

OPR-Finance s.r.o.

contro

GK

(domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Okresní soud v Ostravě [Tribunale circoscrizionale di Ostrava, Repubblica ceca])


«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 2008/48 – Contratti di credito ai consumatori – Controllo precontrattuale del merito creditizio del consumatore da parte del creditore – Obblighi di informazione del creditore all’atto della conclusione del contratto – Sanzioni in caso di inadempimento – Applicazione d’ufficio – Normativa nazionale che vieta ai giudici nazionali, decorso il termine di decadenza, di rilevare e sanzionare, d’ufficio o a seguito di un’eccezione sollevata dal consumatore, eventuali violazioni degli obblighi»






I.      Introduzione

1.        Le cause Cofidis (C‑616/18) e OPR-Finance (C‑679/18) si basano sulle domande di pronuncia pregiudiziale francese e ceca relative all’interpretazione della direttiva in materia di credito ai consumatori (2). Le questioni fondamentali mirano a stabilire in quale misura i termini di decadenza e prescrizione sanciti dalla normativa nazionale ostino a una verifica d’ufficio delle violazioni degli articoli 8 e 10 della direttiva in materia di credito ai consumatori da parte di un giudice nazionale e fino a che punto i giudici siano tenuti a sanzionare d’ufficio le violazioni rilevate.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

2.        L’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva in materia di credito ai consumatori, stabilisce quanto segue:

«Gli Stati membri provvedono affinché, prima della conclusione del contratto di credito, il creditore valuti il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso e, ove necessario, ottenute consultando la banca dati pertinente. Gli Stati membri la cui normativa prevede già una valutazione del merito creditizio del consumatore consultando una banca dati pertinente possono mantenere tale obbligo».

3.        L’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva in materia di credito ai consumatori elenca le informazioni che devono figurare «in modo chiaro e conciso» nel contratto di credito, tra cui, in particolare, il tasso annuo effettivo globale e l’importo totale che il consumatore è tenuto a pagare (lettera g), nonché le informazioni inerenti a taluni diritti del consumatore.

4.        L’articolo 23 della direttiva in materia di credito ai consumatori impone agli Stati membri di «stabilire le norme relative alle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate a norma della presente direttiva e prendere tutti i provvedimenti necessari per garantirne l’attuazione». Le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive.

B.      Normativa nazionale

1.      Normativa francese

5.         ha recepito le disposizioni della direttiva in materia di credito ai consumatori nella normativa francese modificando le disposizioni del codice del consumo in forza della «loi n. 2010-737 du 1er juillet 2010 portant réforme du crédit à la consommation» (legge n. 2010-737 del 1° luglio 2010 sulla riforma del credito ai consumatori) (3).

6.        Le disposizioni del Code de la consommation (codice del consumo) rilevanti ai fini della decisione di rinvio pregiudiziale, nella versione applicabile ai fatti di causa, sono, da un lato, l’articolo L. 311-91(4), il quale dispone che, prima della conclusione del contratto di credito, il creditore valuti il merito creditizio del mutuatario sulla base di un numero sufficiente di informazioni, incluse quelle fornite dal mutuatario su richiesta del creditore. Dall’altro lato, l’articolo L. 311-18, paragrafo 2 (5), autorizza a stabilire, tramite decreto, le informazioni che devono figurare nel contratto. Sulla base di detta autorizzazione è stato adottato il décret no 2011-136 du 1er février 2011 (decreto n. 2011-136 del 1° febbraio 2011), che a sua volta è stato codificato nell’articolo R. 311-5 del codice del consumo (6). Il paragrafo 1 di tale articolo recita come segue: «Il contratto di credito di cui all’articolo L. 311-18 deve essere scritto con caratteri di dimensioni non inferiori a 8 punti. Esso contiene, in una forma chiara e leggibile» una serie di informazioni essenziali.

7.        L’articolo L. 311-48 del codice del consumo disciplina le conseguenze giuridiche dell’inadempimento degli obblighi del creditore. La violazione dell’obbligo di informazione di cui all’articolo L. 311-18 è sanzionata, in forza dell’articolo L. 311-48, paragrafo 1, con la decadenza dal diritto agli interessi. Tale sanzione è altresì comminata, ai sensi dell’articolo L. 311-48, paragrafo 2, in caso di violazione dell’obbligo di verifica del merito creditizio ai sensi dell’articolo L. 311-9, nel qual caso il giudice può limitare la sanzione a una parte del diritto agli interessi.

8.        Le controversie derivanti dall’applicazione delle disposizioni del codice del consumo concernenti i crediti ai consumatori sono soggette a diversi termini di decadenza e prescrizione. Le domande di pagamento conseguenti a mora del debitore devono essere presentate ai sensi dell’articolo L. 311-52 del codice del consumo entro un termine di decadenza di due anni decorrenti dall’evento alla base della controversia. Alle azioni proposte dal consumatore trova applicazione l’articolo L. 110-4, paragrafo 1, del Code de commerce (codice di commercio), secondo il quale gli obblighi derivanti da transazioni commerciali tra commercianti o tra commercianti e non commercianti si prescrivono dopo cinque anni, a meno che non siano soggette a speciali termini di prescrizione più brevi. L’articolo 2224 del Code civil (codice civile) dispone inoltre, in generale, che le azioni personali o mobiliari si prescrivono in cinque anni a decorrere dal giorno in cui il titolare di un diritto ha conosciuto o avrebbe dovuto conoscere i fatti che gli consentono di esercitarlo.

2.      Repubblica ceca (causa OPRFinance)

9.         ceca ha recepito nella normativa ceca, con effetto dal 1° dicembre 2016, la direttiva in materia di credito ai consumatori tramite lo Zákon č. 257/2016 Sb., o spotřebitelském úvěru (legge n. 257/2016 sui contratti di credito al consumo; in prosieguo: la «legge sui contratti di credito al consumo»).

10.      L’articolo 86 della legge sui contratti di credito al consumo disciplina la valutazione del merito creditizio del consumatore nel modo seguente:

«1.      Il creditore, prima della conclusione di un contratto di credito al consumo o della modifica di un’obbligazione derivante da tale contratto consistente in un aumento significativo dell’importo totale del credito di consumo, valuta il merito creditizio del consumatore sulla base delle informazioni necessarie, attendibili, sufficienti e proporzionate da lui fornite, e, ove necessario, ottenute da una banca dati che consenta di valutare il merito creditizio del consumatore o da altre fonti. Il creditore eroga il credito al consumo soltanto se dai risultati della valutazione del merito creditizio del consumatore emerge che non sussistono ragionevoli dubbi quanto alla capacità del creditore di rimborsare il credito al consumo. (…)».

11.      Come conseguenza della violazione dell’obbligo di valutazione del merito creditizio, l’articolo 87 della legge sui contratti di credito al consumo dispone quanto segue:

«1.      Il contratto è nullo se il creditore eroga il credito al consumatore in violazione dell’articolo 86, paragrafo 1, secondo periodo. Il consumatore può eccepire la nullità entro un termine di decadenza triennale decorrente dalla data di conclusione del contratto. Il consumatore è tenuto a rimborsare il capitale del credito al consumo concesso entro un termine ragionevole rispetto alle proprie possibilità».

12.      L’articolo 586 dello Zákon č. 89/2012 Sb., občanský zákoník (legge n. 89/2012, codice civile) disciplina, in generale, nel modo seguente, la cosiddetta nullità relativa, come prevista, in particolare, dall’articolo 87, paragrafo 1, della legge sui contratti di credito al consumo:

«1.      Se la nullità di un atto giuridico è prevista per tutelare gli interessi di una determinata persona, l’eccezione di nullità può essere sollevata esclusivamente da tale persona.

2.      Se la persona legittimata non eccepisce la nullità dell’atto giuridico, questo si presume valido».

III. Fatti, procedimento principale e domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa Cofidis

A.      Fatti e procedimento principale

13.      In data 5 maggio 2013, la Cofidis, ricorrente nel procedimento principale, concludeva con i resistenti nel procedimento principale in qualità di consumatori un contratto di raggruppamento dei crediti di importo pari a EUR 20 600,00 (7). La Cofidis, in data 20 dicembre 2017, dichiarava risolto il contratto e, il 29 marzo 2018, intimava ai consumatori di pagare le rate residue.

14.      Con il ricorso notificato il 9 maggio 2018, la Cofidis chiedeva di condannare i resistenti in solido al pagamento e di dichiarare la sentenza provvisoriamente esecutiva. All’udienza del 21 giugno 2018, il presidente esaminava d’ufficio sia l’eventuale inadempimento dell’obbligo di proporre un’offerta di contratto contenente informazioni chiare e leggibili, sia l’eventuale inadempimento dell’obbligo di verificare il merito creditizio dei debitori, nonché le relative sanzioni (nullità, prescrizione totale o paziale del diritto agli interessi), invitando le parti a prendere posizione su di essi. La Cofidis riteneva, al contrario, che i mezzi difensivi rilevati d’ufficio fossero prescritti, in quanto il giudice li avrebbe introdotti oltre il termine di cinque anni dalla conclusione del contratto.

B.      Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

15.      Con ordinanza del 20 settembre 2018, depositata il 1° ottobre 2018, il Tribunal d’instance d’Épinal (Tribunale circoscrizionale di Épinal, Francia) ha pertanto sottoposto alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

Se la tutela garantita ai consumatori dalla direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE, osti a una disposizione nazionale che, in un’azione promossa da un professionista nei confronti di un consumatore e basata su un contratto di credito stipulato tra loro, vieta al giudice nazionale, alla scadenza di un termine di prescrizione di cinque anni che inizi a decorrere dalla conclusione del contratto, di rilevare e di sanzionare, d’ufficio o a seguito di un’eccezione sollevata dal consumatore, una violazione delle disposizioni relative all’obbligo di verificare il merito creditizio del consumatore, previste all’articolo 8 della direttiva, di quelle relative alle informazioni che devono figurare, in modo chiaro e conciso, nei contratti di credito previste agli articoli 10 e seguenti della direttiva e, più in generale, del complesso delle disposizioni sulla tutela dei consumatori previste da detta direttiva.

16.      Nel procedimento pregiudiziale dinanzi alla Corte la Cofidis, nella qualità di ricorrente nel procedimento principale, la Repubblica francese, la Repubblica ceca e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Le stesse parti erano rappresentate anche all’udienza del 4 settembre 2019.

IV.    Fatti, procedimento principale e domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa OPRFinance

A.      Fatti e procedimento principale

17.      In data 21 aprile 2017, la OPR‑Finance, ricorrente nel procedimento principale, concedeva alla resistente nel procedimento principale, in qualità di consumatrice, un credito rotativo dell’importo totale pari a CZK 4 900,00 (8). A seguito della mancata restituzione delle rate di mutuo scadute, la OPR‑Finance chiedeva, con ricorso pervenuto al giudice in data 7 giugno 2018, il pagamento dell’importo di CZK 7 839,00 (9), oltre agli interessi legali a decorrere dal 1° ottobre 2017.

18.      Nel corso del procedimento, la OPR‑Finance non ha sostenuto né provato di aver verificato il merito creditizio della resistente prima della conclusione del contratto. La resistente, a sua volta, non faceva valere la nullità del contratto di credito derivante dall’omessa verifica del proprio merito creditizio da parte della ricorrente.

B.      Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

19.      Con ordinanza del 25 ottobre 2017, depositata il 5 novembre 2018, l’Okresní soud v Ostravě (Tribunale circoscrizionale di Ostrava, Repubblica ceca) ha sottoposto alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, le seguenti questioni pregiudiziali:

1)      Se l’articolo 8, in combinato disposto con l’articolo 23 della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE, osti ad una normativa nazionale che per la violazione, da parte del creditore, dell’obbligo ad esso incombente di valutare, prima della conclusione del contratto di credito, il merito creditizio del consumatore preveda una sanzione consistente nella nullità del contratto di credito associata all’obbligo del consumatore di rimborsare al creditore il capitale prestato entro un termine commisurato alle proprie possibilità, ma tale sanzione (di nullità del contratto di credito) si applichi solo nel caso in cui il consumatore la invochi entro un termine di prescrizione triennale.

2)      Nel caso in cui la Corte risponda in senso affermativo a detta questione:

Se l’articolo 8, in combinato disposto con l’articolo 23 della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE, stabilisca l’obbligo, per il giudice nazionale, di applicare d’ufficio (quindi anche nel caso in cui il consumatore non la invochi attivamente) la sanzione prevista dalla normativa nazionale per la violazione, da parte del creditore, dell’obbligo ad esso incombente di valutare il merito creditizio del consumatore.

20.      Nel procedimento pregiudiziale dinanzi alla Corte hanno presentato osservazioni scritte la Repubblica ceca, la Repubblica portoghese e la Commissione europea. Le stesse parti erano rappresentate anche all’udienza del 4 settembre 2019.

V.      Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa Cofidis

21.      Il governo francese fa valere anzitutto l’irricevibilità del rinvio nella causa Cofidis. Esso ritiene che si tratterebbe di una questione giuridica di natura ipotetica, in quanto le citate norme francesi in materia di prescrizione non sarebbero affatto applicabili nella causa principale.

22.      Tale obiezione, a mio avviso, non può essere accolta.

23.      Al riguardo va osservato che – come esposto dallo stesso governo francese – secondo costante giurisprudenza della Corte, le domande di pronuncia pregiudiziale vertenti sull’interpretazione del diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza (10). Invero, il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione o l’esame di validità richiesto relativamente ad una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono sottoposte (11). Tale non può essere il caso nella fattispecie in esame. Infatti, come ha esposto lo stesso governo francese, l’applicabilità della normativa francese in materia di prescrizione di cui all’articolo L. 110-4 del codice del commercio e all’articolo 2224 del Code civil in fattispecie come quelle alla base del procedimento principale è tuttavia valutata in maniera diversa dai giudici nazionali. In tale contesto, va accolta la posizione del giudice del rinvio rispetto alle norme nazionali applicabili e, in linea di principio, va ritenuta pertinente la questione pregiudiziale.

24.      Tuttavia, ove la questione pregiudiziale verta su una fattispecie in cui la sanzione per violazione di obblighi sia imposta a seguito di un’eccezione sollevata dal consumatore, va considerato che non sussiste un’eccezione del genere nel procedimento principale. Pertanto tale aspetto della questione non è pertinente per la specifica controversia ed è dunque di natura ipotetica.

25.      Inoltre, a mio avviso, è corretta l’obiezione della Cofidis, secondo la quale il rinvio sarebbe irricevibile nella parte in cui si chiede alla Corte di pronunciarsi in merito all’esistenza di una facoltà dei giudici nazionali, in generale, di rilevare e sanzionare, d’ufficio, le violazioni delle sole disposizioni della direttiva in materia di credito ai consumatori volte alla tutela dei consumatori. Invero, non si evince dal rinvio quali siano le altre disposizioni che il giudice nazionale specificamente applicherebbe d’ufficio nella controversia principale. Pertanto, la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per risolvere in modo utile tale aspetto della questione.

26.      Non vi è dunque alcun dubbio in merito alla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale nella causa Cofidis, nella misura in cui sia volta a chiarire la facoltà del giudice nazionale, a prescindere da una diversa normativa nazionale in materia di prescrizione, di esaminare d’ufficio e, se del caso, di sanzionare le violazioni degli obblighi del creditore derivanti dall’articolo 8 e dall’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva in materia di credito ai consumatori.

VI.    Valutazione nel merito delle questioni pregiudiziali

27.      Nella causa Cofidis il giudice francese chiede se esso sia tenuto a rilevare e sanzionare, d’ufficio, una violazione delle disposizioni della direttiva in materia di credito ai consumatori – nello specifico, dell’obbligo di verificare il merito creditizio del consumatore di cui all’articolo 8, nonché di fornire nei contratti di credito, in modo chiaro e conciso, le informazioni previste all’articolo 10 della suddetta direttiva, sebbene vi osti una normativa nazionale in materia di prescrizione.

28.      Nella causa OPR‑Finance, con entrambe le sue domande pregiudiziali, il giudice ceco chiede in sostanza se la direttiva in materia di credito ai consumatori imponga di sanzionare d’ufficio l’omessa verifica del merito creditizio del consumatore, nonostante che il regime sanzionatorio di diritto interno riservi al consumatore la possibilità di far valere la violazione dell’obbligo (seconda questione pregiudiziale) e preveda altresì a tal fine un termine triennale di decadenza (prima questione pregiudiziale).

29.      Entrambe le cause sollevano dunque la questione volta a stabilire in quale misura il giudice nazionale sia tenuto a rilevare e, se del caso, a sanzionare d’ufficio l’omessa osservanza, da parte del creditore, di obblighi derivanti dalla direttiva in materia di credito ai consumatori, a prescindere dalla normativa nazionale in materia di termini di decadenza e prescrizione. Sembra dunque opportuna la trattazione comune di entrambe le cause.

30.      Chiarirò anzitutto che i giudici nazionali sono tenuti ad esaminare d’ufficio tali violazioni, in seguito analizzerò l’effetto dei rispettivi termini e infine mi occuperò della sanzione delle violazioni.

A.      Sull’obbligo dei giudici nazionali di esaminare d’ufficio l’osservanza, da parte del creditore, degli obblighi derivanti dalla direttiva in materia di credito ai consumatori (seconda questione pregiudiziale nella causa OPRFinance)

31.      Secondo consolidata giurisprudenza della Corte, la garanzia dell’effetto utile di diversi strumenti di tutela del consumatore disposti dal diritto dell’Unione impone che il giudice nazionale possa ovvero debba verificarne d’ufficio l’osservanza (12). In tale contesto va anzitutto segnalato che i motivi a favore del riconoscimento di un siffatto obbligo di verifica (v al riguardo infra sub 1.) siano i medesimi alla base degli obblighi previsti dalla direttiva in materia di credito ai consumatori, pertinenti nella fattispecie in esame (v. al riguardo infra sub 2.).

1.      La motivazione dellesame dufficio nella tutela del consumatore

32.      Occorre prendere le mosse dalla giurisprudenza relativa alla direttiva sulle clausole abusive (13), la quale si riferisce in primo luogo alla facoltà (14) e quindi all’obbligo (15) dei giudici nazionali di esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola, purché essi dispongano degli elementi di diritto e di fatto necessari.

33.      La Corte si è pronunciata anche in materia di contratti negoziati al di fuori dei locali commerciali nel senso che un giudice nazionale possa esaminare d’ufficio una violazione dell’obbligo di fornire informazioni sul recesso ai sensi dell’articolo 4 della direttiva 85/577/CEE (16)(17).

34.      Tale approccio si è altresì esteso, attraverso la causa Faber, alla normativa in materia di vendita di beni di consumo. In detta causa la Corte ha riconosciuto un obbligo dei giudici nazionali di verificare d’ufficio la qualità di consumatore nell’ambito di applicazione della direttiva 1999/44/CE (18)(19).

35.      Nella normativa in materia di credito ai consumatori la Corte, nella causa Rampion e Godard (20), ha già riconosciuto la facoltà del giudice nazionale di verificare d’ufficio il rispetto della tutela garantita dall’articolo 11, paragrafo 2, della direttiva 87/102/CEE (21) nell’ambito di contratti di credito collegati. Nella causa Radlinger e Radlingerová, riguardante, inter alia, l’obbligo di informazione di cui all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva in materia di credito ai consumatori, la Corte ha precisato che il giudice nazionale deve esaminare d’ufficio e, se del caso, sanzionare il rispetto di tale obbligo di informazione (22).

36.      L’obbligo incombente al giudice nazionale di esaminare d’ufficio la violazione di talune norme dell’Unione relative alla tutela dei consumatori, viene menzionato, in costante giurisprudenza, come una misura necessaria al raggiungimento dell’obiettivo della tutela del consumatore perseguito dalle rispettive direttive (23). Ciò è fondato sull’idea che il consumatore si trovi in una situazione di inferiorità rispetto al professionista, per quanto riguarda sia il potere nelle trattative sia il grado di informazione (24). Peraltro, esiste un rischio non trascurabile che, soprattutto per ignoranza, il consumatore non faccia valere la norma giuridica intesa a tutelarlo (25). L’obbligo dei giudici nazionali di procedere d’ufficio all’esame delle violazioni delle norme a tutela dei consumatori sorge conseguentemente al fine di riequilibrare la situazione di disuguaglianza del consumatore rispetto al professionista mediante un intervento positivo, esterno al rapporto contrattuale, del giudice nazionale (26).

37.      Il riconoscimento di un siffatto obbligo del giudice nazionale presuppone tuttavia un’accurata analisi della posizione sistematica e dell’obiettivo della norma, il cui rispetto deve essere verificato d’ufficio. Contrariamente a quanto asserito dalla Commissione, non è sufficiente rinviare genericamente a motivi di «coerenza» nell’ambito della tutela dei consumatori (27).

38.      Pertanto, la Corte ha precisato, anche di recente, che non ogni obbligo stabilito da direttive e relativo allo status dei consumatori si presta ad essere verificato d’ufficio. Nella causa Bankia (28), la Corte ha spiegato la mancata estensione all’ambito delle pratiche commerciali sleali dei principi relativi all’obbligo di esame invocando, ad esempio, la differenza concettuale tra la direttiva sulle pratiche commerciali sleali (29) e la direttiva sulle clausole abusive. Quest’ultima vieta l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori e disciplina, nel contempo, anche la conseguenza giuridica di una siffatta inserzione – segnatamente l’esclusione del loro carattere vincolante. Di contro, sebbene la direttiva sulle pratiche commerciali sleali vieti talune pratiche, essa lascia però agli Stati membri la determinazione delle misure di contrasto necessarie a tal fine.

39.      Anche nella causa Salvoni (30), la Corte si è rifiutata di estendere la giurisprudenza sviluppata in merito all’obbligo di esame delle clausole abusive alla verifica del rispetto delle regole sulla competenza relativa ai consumatori in base al regolamento Bruxelles I (31), sottolineando la diversità della materia regolata dai due atti.

40.      Pertanto occorre esaminare la questione volta a stabilire se l’obbligo del giudice nazionale, già riconosciuto dalla Corte, di verificare d’ufficio il rispetto dell’obbligo di informazioni incombente al creditore in forza dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva in materia di credito ai consumatori, trovi applicazione anche in ordine al principio di trasparenza del pari vigente nell’ambito dell’articolo 10, paragrafo 2, nonché in relazione all’obbligo precontrattuale di verifica del merito creditizio del consumatore di cui all’articolo 8.

2.      Sulla necessità di una verifica dufficio circa il rispetto da parte del creditore degli obblighi di cui agli articoli 8 e 10 della direttiva in materia di credito ai consumatori

41.      Il giudice del rinvio nella causa Cofidis non nutre dubbi in merito alla necessità di una verifica d’ufficio della questione se il creditore abbia rispettato i propri obblighi derivanti dalle norme di trasposizione della direttiva in materia di credito ai consumatori. Al contrario, il giudice del rinvio nella causa OPR‑Finance, con la sua seconda questione pregiudiziale, chiede se sussista una tale necessità anche quando un regime sanzionatorio di diritto interno consenta esclusivamente al consumatore di far valere eventuali violazioni degli obblighi del creditore.

42.      Il governo ceco si esprime, in linea di principio, in senso negativo al riconoscimento di un obbligo del giudice del rinvio di verificare d’ufficio il rispetto degli obblighi del creditore in questione (32). Analogamente a quanto affermato dalla Corte nella causa Bankia (33), esso deduce al riguardo una diversità concettuale, intercorrente stavolta però tra la direttiva in materia di credito ai consumatori e la direttiva sulle clausole abusive: mentre la carenza di vincolatività di una clausola abusiva sul piano del diritto dell’Unione sarebbe prescritta dall’articolo 6 della direttiva sulle clausole abusive, l’articolo 23 della direttiva in materia di credito ai consumatori lascerebbe agli Stati membri il compito di determinare, per proprio conto, le conseguenze giuridiche di una violazione di obblighi derivanti da quest’ultima direttiva. Una siffatta autonomia operativa degli Stati membri consentirebbe loro di rinunciare a sanzioni di diritto privato in cambio di sanzioni comminate da autorità di regolamentazione, purché esse siano efficaci, dissuasive e proporzionate.

43.      Tuttavia, non sono convinta da siffatti argomenti.

44.      È certamemte corretto che l’articolo 23 della direttiva in materia di credito ai consumatori lasci agli Stati membri il potere di determinare le sanzioni in caso di violazione delle rispettive norme di trasposizione, mentre la direttiva sulle clausole abusive stabilisce che le clausole abusive sono inefficaci. A tal riguardo sussiste un parallelismo con l’identico articolo 13 della direttiva sulle pratiche commerciali sleali, oggetto della sentenza Bankia. In ragione di tale autonomia operativa, gli Stati membri sono di fatto liberi di sanzionare siffatte violazioni con mezzi di diritto privato o pubblico, in particolare della normativa di regolamentazione, a condizione che il regime sanzionatorio applicato sia effettivo, dissuasivo e proporzionato.

45.      Ciò non esclude, tuttavia, l’obbligo di esaminare d’ufficio le violazioni della direttiva in materia di credito ai consumatori.

46.      Da un lato, la normativa ceca e quella francese fanno discendere da tali violazioni conseguenze giuridiche favorevoli al consumatore interessato, cui il giudice può dare attuazione sulla base di un esame d’ufficio.

47.      Dall’altro lato, la sentenza Bankia non riconosce un fondamento di diritto dell’Unione alla facoltà dei giudici nazionali di controllare, se del caso, d’ufficio la sussistenza di pratiche commerciali vietate nell’ambito della valutazione della validità di un titolo esecutivo, alla luce del sistema e degli obiettivi della direttiva sulle pratiche commerciali sleali applicabile al caso di specie. Inoltre, ai sensi del considerando 9 di detta direttiva, essa non pregiudica, in particolare, i ricorsi individuali proposti da soggetti che sono stati lesi da una pratica commerciale sleale e non pregiudica neppure l’applicazione delle disposizioni dell’Unione e nazionali relative al diritto contrattuale, comprese, come risulta espressamente dall’articolo 3, paragrafo 2, di tale direttiva, le norme sulla validità, formazione o efficacia di un contratto (34). Ne consegue che, sulla sola base delle disposizioni della suddetta direttiva, una clausola contrattuale non può essere dichiarata nulla, quand’anche sia stata concordata tra le parti del contratto sulla base di una pratica commerciale sleale (35). L’effetto utile di tale direttiva non impone dunque che i giudici nazionali, in procedimenti vertenti sull’efficacia di siffatti contratti, controllino d’ufficio se i contratti siano fondati su pratiche commerciali sleali (36).

48.      Per contro, la Corte ha già stabilito nella causa Radlinger e Radlingerová che il rispetto dell’obbligo di informazione di cui all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva in materia di credito ai consumatori debba essere eventualmente verificato d’ufficio (37). Al riguardo essa si è basata sulla situazione di inferiorità del consumatore, per quanto riguarda sia il potere nelle trattative sia il grado di informazione, nonché sul rischio che, soprattutto per ignoranza, egli non faccia valere la norma giuridica intesa a tutelarlo (38).

49.      Tali considerazioni valgono nella stessa misura con riguardo all’obbligo precontrattuale del creditore di verificare il merito creditizio del consumatore, oggetto di entrambe le presenti cause, e al principio di trasparenza nell’ambito dell’obbligo di informazione di cui all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva in materia di credito ai consumatori.

50.      Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2008/48, gli Stati membri provvedono affinché, prima della conclusione del contratto di credito, il creditore valuti il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate, se del caso fornite dal consumatore stesso e, ove necessario, ottenute consultando la banca dati pertinente.

51.      Tale obbligo di valutare la solvibilità del consumatore è volto a responsabilizzare il creditore e ad evitare che questi conceda un finanziamento a consumatori non solvibili (39). Esso mira a tutelare i consumatori dal rischio del sovrindebitamento e dell’insovenza. Così esso contribuisce alla realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla direttiva in materia di credito ai consumatori che consiste nel garantire un livello elevato ed equivalente di tutela dei loro interessi e nel facilitare il sorgere di un efficiente mercato interno del credito al consumo (40).

52.      Alla luce dell’importanza dell’obbligo di valutare il merito creditizio e dello squilibrio tra creditore e consumatore, descritto supra al paragrafo 36, è necessario che il giudice nazionale verifichi d’ufficio il rispetto di detto obbligo. Inoltre, una sistematica verifica in via giudiziaria dell’adempimento dell’obbligo contribuisce a garantire condizioni di concorrenza uniformi («level playing-field») per i creditori. D’altro canto, il consumatore potrebbe in pratica assicurarsi del rispetto di tale obbligo solo con grande difficoltà.

53.      Anche il rispetto del principio di trasparenza conformemente all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva in materia di credito ai consumatori, deve essere controllato d’ufficio. Ai sensi di detta disposizione, il creditore deve fornire nel contratto di credito, in modo chiaro e conciso, le informazioni ivi elencate.

54.      Nella sentenza Radlinger und Radlingerová (41) la Corte ha sottolineato l’importanza fondamentale dell’obbligo di fornire informazioni al consumatore, poiché quest’ultimo «in base a tali informazioni (…) decide se desidera vincolarsi alle condizioni preventivamente redatte dal professionista». Tuttavia, come afferma anche il considerando 31 della direttiva in materia di credito ai consumatori, tale decisione informata non postula soltanto la comunicazione di tutte le informazioni di cui all’articolo 10, paragrafo 2. Anzi, è altresì necessario rispettare il principio di trasparenza, ivi del pari previsto, per garantire che il consumatore possa effettivamente essere a conoscenza delle pertinenti informazioni. Il principio di trasparenza non si limita ai requisiti formali di leggibilità delle informazioni, ma comprende anche requisiti sostanziali per la loro comprensibilità.

3.      Conclusione intermedia

55.      Un giudice nazionale è quindi, in linea di principio, tenuto a verificare d’ufficio il rispetto degli obblighi del creditore derivanti dalla legislazione nazionale di trasposizione degli articoli 8 e 10, paragrafo 2, della direttiva in materia di credito ai consumatori. Di conseguenza, l’articolo 8, in combinato disposto con l’articolo 23 della direttiva medesima, osta ad una disposizione sanzionatoria nazionale relativa alla violazione dell’obbligo di verificare il merito creditizio del consumatore, la quale presuppone che il consumatore invochi attivamente la pertinente violazione degli obblighi.

B.      Sui termini di prescrizione ovvero di decadenza sanciti dalla normativa nazionale (prima parte della questione nella causa Cofidis e prima questione nella causa OPRFinance)

56.      Nei procedimenti principali, tuttavia, i giudici nazionali si vedono impediti nel rilevare e, se del caso, sanzionare il rispetto degli articoli 8 e 10, paragrafo 2, della direttiva in materia di credito ai consumatori, in quanto, nell’ambito delle procedure nazionali di esecuzione, analoghi diritti sono soggetti ad un termine di prescrizione ovvero di decadenza di tre o cinque anni. Ciò solleva la questione dell’ammissibilità di tali normative sul piano del diritto dell’Unione.

57.      La direttiva in materia di credito ai consumatori non disciplina la prescrizione o la preclusione di diritti derivanti da un contratto di credito al consumo. Pertanto tali normative sono rimesse, in linea di principio, all’autonomia procedurale degli Stati membri, la quale è però limitata dai principi di equivalenza e di effettività.

58.      Dato che sia il termine di decadenza fissato dalla normativa ceca, sia la prescrizione sancita da quella francese si applicano nello stesso modo a diritti stabiliti sul piano del diritto interno e dell’Unione, non vi sono preoccupazioni in merito al principio di equivalenza.

59.      Al contrario, occorre sottoporre ad un approfondito esame la questione della compatibilità delle pertinenti normative in materia di decadenza e prescrizione con il principio di effettività.

60.      A mio avviso, tale non è il caso.

61.      Il requisito di effettività osta a che gli Stati membri rendano praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio di diritti conferiti dal diritto dell’Unione. Ciò dev’essere esaminato tenendo conto del ruolo sistematico della norma in questione, nonché della sua finalità (42).

62.      È vero che la fissazione di termini di ricorso ragionevoli sotto forma di termini di decadenza tiene conto del principio fondamentale della certezza del diritto (43). Un termine di decadenza nazionale può quindi essere compatibile con il principio di effettività, in particolare nel caso in cui si garantisca che il termine non inizi a decorrere o addirittura scada senza che il consumatore sia a conoscenza dei propri diritti (44).

63.      Tuttavia, deve valere un principio diverso laddove i termini di decadenza ovvero di prescrizione sanciti dalla normativa nazionale comportino un’asimmetria nelle possibilità di ricorso, vale a dire quando un creditore possa far valere i propri diritti al pagamento per un periodo più lungo di quanto possa fare il consumatore con l’inefficacia del contratto. Il giudice deve, ad esempio, esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola nonostante la scadenza del termine, altrimenti il professionista può eludere la tutela del consumatore prevista dalla direttiva sulle clausole abusive semplicemente attendendo la scadenza del termine per proporre, in seguito, un ricorso diretto ad ottenere l’esecuzione delle clausole abusive dal medesimo predisposte (45).

64.      Nei casi in questione, è pur vero che la mera previsione da parte delle normative nazionali di termini di decadenza di tre anni ovvero di termini di prescrizione di cinque anni non costituisca, di per sé, alcuna violazione del principio di effettività. Infatti, il periodo di tre o di cinque anni può rappresentare per i consumatori, in linea di massima, un tempo sufficientemente lungo per far valere, in caso di alterazione del rapporto contrattuale, diritti attraverso la presentazione di un ricorso dinanzi ad un giudice civile nazionale. Non può tuttavia valere lo stesso principio nel caso in cui il consumatore non faccia valere ovvero non possa far valere il mancato rispetto degli obblighi del creditore a causa dello squilibrio descritto supra al paragrafo 36 se non altro come argomento difensivo nell’ambito di una domanda di pagamento diretta contro lo stesso consumatore.

65.      In un siffatto contesto va preso in considerazione il fatto che i contratti di credito al consumo fanno sorgere, di consueto, obblighi a lungo termine. I termini di prescrizione e decadenza, i quali iniziano a decorrere dalla conclusione del contratto, possono avere l’effetto di ostare ad un esame – avviato su richiesta del consumatore o d’ufficio – in merito al rispetto da parte del creditore dei propri obblighi derivanti dalle norme di trasposizione della direttiva in materia di credito ai consumatori. Ciò desta particolare preoccupazione in considerazione del fatto che tale esame, di norma, viene effettuato solo in caso di inadempimento e pertanto, eventualmente, solo dopo la scadenza del termine di prescrizione ovvero di decadenza (applicabile al consumatore). C’è dunque il rischio che il consumatore perda i propri diritti al riguardo, senza esserne stato mai a conoscenza.

66.      D’altra parte, il creditore potrà regolarmente far valere i diritti al pagamento, dopo la scadenza di siffatti termini, in quanto tali diritti sorgono alla scadenza della rata che il debitore è tenuto a versare e quindi i termini di prescrizione iniziano a decorrere solo da tale momento. Il consumatore corre in tal modo il rischio di essere condannato al pagamento degli importi concordati per contratto senza che potesse essere verificato e, se del caso, sanzionato il rispetto degli obblighi del creditore. Tale asimmetria – analogamente alla situazione di cui alla precedente sentenza Cofidis (46) – può compromettere l’effettività della tutela garantita dalla direttiva in materia di credito ai consumatori. I fatti di cui alla presente causa Cofidis rendono evidente il rischio menzionato: il creditore ha citato in giudizio il consumatore alcuni giorni dopo la scadenza del periodo di prescrizione quinquennale.

67.      Alla luce di tale squilibrio, le sanzioni di diritto civile, limitate da termini di decadenza o di prescrizione, non sarebbero efficaci, dissuasive e proporzionate neanche ai sensi dell’articolo 23 della direttiva in materia di credito ai consumatori.

68.      Infine, anche la certezza del diritto e, in particolare, il rischio che i consumatori possano chiedere per periodi relativamente lunghi la risoluzione oppure l’adeguamento dei contratti non postulano la fissazione di termini di prescrizione e decadenza. Infatti, è proprio con la violazione dei propri obblighi sanciti dal diritto dell’Unione che il creditore ha causato detto rischio (47).

69.      Tuttavia, la tutela del consumatore verso termini di decadenza e prescrizione incontra un limite nel caso in cui il creditore non possa più far valere i diritti derivanti dal contratto di credito. Non vi è, infatti, alcun motivo evidente per continuare a tutelare il consumatore dopo l’integrale esecuzione del contratto. Ove tali termini non potessero essere applicati neanche allora, si genererebbe piuttosto uno squilibrio a favore del consumatore, il che potrebbe indurre ad abusi.

70.      Quindi, fintantoché il creditore potrà far valere nei confronti del consumatore i propri diritti derivanti dal contratto di credito, i termini di decadenza e di prescrizione stabiliti dalla normativa nazionale non possono ostare all’esame e alla sanzione della violazione degli articoli 8 e 10, paragrafo 2, della direttiva in materia di credito ai consumatori.

C.      Sulle conseguenze giuridiche della violazione degli articoli 8 e 10, paragrafo 2, della direttiva in materia di credito ai consumatori (secondo quesito nella causa Cofidis e seconda questione pregiudiziale nella causa OPR-Finance, nella parte in cui riguarda il profilo giuridico sostanziale del regime sanzionatorio).

71.      Occorre distinguere tra la questione dell’accertamento di una violazione e la questione delle conseguenze giuridiche di un siffatto accertamento (48).

72.      Una possibile conseguenza dell’accertamento di una violazione dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva in materia di credito ai consumatori è rappresentata dal diritto di recesso. Ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 1, lettera b), il periodo di recesso inizia a decorrere solo dal giorno in cui il consumatore riceve le condizioni contrattuali e le informazioni di cui all’articolo 10. Tuttavia, non è necessario approfondire ulteriormente tale questione nei presenti procedimenti, in quanto il diritto di recesso non è oggetto delle domande di pronuncia pregiudiziale, presumibilmente perché nei procedimenti principali non vi è stata alcuna dichiarazione di recesso.

73.      Inoltre, il diritto degli Stati membri determina le conseguenze giuridiche delle violazioni sia del principio di trasparenza nella comunicazione delle informazioni contrattuali obbligatorie, sia dell’obbligo di verificare il merito creditizio del consumatore. Infatti, ai sensi dell’articolo 23 della direttiva in materia di credito ai consumatori, gli stessi Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni. Le sanzioni previste devono essere per tale motivo, ma anche in forza della lealtà all’Unione (49), efficaci, proporzionate e dissuasive. La severità delle sanzioni deve essere dunque adeguata alla gravità delle violazioni che esse reprimono e comportare, in particolare, un effetto realmente deterrente, fermo restando il rispetto del principio generale di proporzionalità (50).

1.      Sulla valutazione del carattere efficace, dissuasivo e proporzionato dei regimi sanzionatori in questione

a)      Sulla causa Cofidis

74.      La questione pregiudiziale nella causa Cofidis mira anzitutto a stabilire se la normativa nazionale in materia di prescrizione vieti al giudice del rinvio di rilevare d’ufficio e, se del caso, di sanzionare eventuali violazioni degli obblighi del creditore. Non è stato chiesto alla Corte se il pertinente regime sanzionatorio nazionale, il quale prevede la totale o parziale decadenza dal diritto agli interessi (51), sia peraltro efficace, proporzionato e dissuasivo. Tuttavia, al fine di fornire una risposta utile alla questione pregiudiziale, deve essere affrontato anche tale aspetto.

75.      I regimi sanzionatori in questione nella causa Cofidis lasciano al giudice nazionale un margine di discrezionalità in ordine alla determinazione della sanzione, in quanto detto giudice, ove sia stata omessa la valutazione del merito creditizio, si pronuncia sulla decadenza totale o parziale dal diritto agli interessi. A tal riguardo, va sottolineato che l’esercizio di tale discrezionalità deve aver luogo nel rispetto del principio di proporzionalità, come si evince dall’articolo 23 della direttiva in materia di credito ai consumatori. In concreto, il giudice nazionale, nella scelta della sanzione, dovrebbe garantire che, in considerazione di tutte le circostanze del caso di specie, essa sia proporzionata alla gravità della violazione ovvero delle violazioni e alla situazione personale del consumatore inadempiente. Nelle circostanze della fattispecie da prendere in considerazione rientra senza dubbio anche il periodo intercorso tra la violazione dell’obbligo da parte del creditore e il mancato pagamento.

76.      Gli stessi criteri devono essere stabiliti dal giudice nazionale con riguardo alla decadenza totale dal diritto agli interessi prevista dalla normativa francese in caso di violazione del principio di trasparenza.

b)      Sulla causa OPRFinance

77.      Tali considerazioni possono essere estese anche al regime sanzionatorio previsto dalla normativa ceca di cui trattasi nella causa OPR‑Finance. La nullità disposta dall’articolo 87, paragrafo 1, della legge sui contratti di credito al consumo in caso di violazione dell’obbligo di verifica del merito creditizio può essere dichiarata d’ufficio, fatto salvo il solo rispetto dei requisiti di cui all’articolo 23 della direttiva in materia di credito ai consumatori.

78.      Per effetto della nullità del contratto di credito, il creditore perde i propri diritti al pagamento degli interessi pattuiti e delle spese, mentre il consumatore deve rimborsare in ogni caso l’importo del prestito. A tal riguardo, l’articolo 87, paragrafo 1, della legge sui contratti di credito al consumo consente di fissare il periodo del rimborso conformemente alle effettive possibilità del consumatore (52). La Commissione rammenta giustamente che la Corte ha già interpretato l’articolo 23 della direttiva in materia di credito ai consumatori nelle cause Home Credit Slovakia (53) e LCL Le Crédit Lyonnais (54) in relazione a regimi sanzionatori nazionali, i quali del pari comportano la perdita del diritto agli interessi. Pertanto può farsi riferimento alle considerazioni formulate dalla Corte nelle sentenze menzionate.

79.      Ritengo che non sia convincente l’argomento dedotto dal governo ceco laddove sostiene che il rispetto di tali requisiti vada valutato alla luce di tutti i regimi sanzionatori previsti dal diritto interno e dunque prendendo in considerazione anche le sanzioni amministrative stabilite dalle legislazioni nazionali tramite la vigilanza degli enti creditizi nel caso di concessione di credito in violazione dell’obbligo di verifica del merito creditizio del consumatore.

80.      Da un lato, è necessario tenere conto di altre disposizioni del diritto nazionale solo in caso di dubbio circa l’efficacia o il carattere dissuasivo del pertinente regime sanzionatorio basato sul diritto privato. Tuttavia, alla luce delle suddette sentenze e in considerazione del fatto che l’obbligo di rimborso del consumatore può essere prorogato nel tempo, non sussistono dubbi sotto il profilo giuridico sostanziale.

81.      Dall’altro lato, anche se si dovesse far riferimento ad altri regimi sanzionatori previsti dalla normativa nazionale, la loro valutazione dipenderà in ultima analisi dalla loro effettiva attuazione nella prassi. Tale aspetto resta in gran parte vago, nonostante una specifica richiesta iin tal senso formulata  in udienza. La Commissione ha sostenuto, senza essere contraddetta, che l’autorità di vigilanza competente, vale a dire la Banca nazionale ceca, non aveva comunicato alcuna decisione di imporre sanzioni pecuniarie per violazione dell’obbligo di verifica del merito creditizio. A mio avviso, il riferimento generico fatto dal governo ceco ai controlli in corso e alla presenza di una metodologia di valutazione non può essere sufficiente.

82.      È in ogni caso discutibile se la mera possibilità di imporre sanzioni di tipo regolamentare in caso di violazione degli obblighi del creditore sia sufficiente a soddisfare i requisiti di cui all’articolo 23 della direttiva in materia di credito ai consumatori. Infatti, tali sanzioni non offrono un mezzo sufficientemente effettivo per realizzare la tutela prevista dall’articolo 8 della direttiva medesima, tenuto conto della natura dell’esame del merito creditizio, che implica anche la protezione dell’individuo. In effetti, le misure regolamentari generali non sono utili in concreto al consumatore interessato.

2.      Sui limiti dellapplicazione dufficio di regimi sanzionatori di diritto interno

83.      Nell’ambito del processo civile nazionale assume un particolare rilievo, di norma, il principio dispositivo, vale a dire la signoria delle parti sull’oggetto della controversia. L’esame d’ufficio di possibili violazioni degli obblighi del creditore non dovrebbe pertanto determinare un ampliamento dell’ambito della controversia. Alla luce dei molteplici regimi sanzionatori che gli Stati membri possono prevedere in forza della loro libertà operativa, è altresì opportuno evitare che il giudice nazionale applichi d’ufficio una sanzione che equivalga ad una domanda riconvenzionale. Ciò si verificherebbe nel caso in cui il giudice accordi un risarcimento danni al consumatore senza una sua richiesta in tal senso.

84.      Mi sembra invece possibile imporre d’ufficio sanzioni nell’interesse del danneggiato, quando sia in tal modo evitabile un ricorso. Un siffatto approccio non solleva obiezioni da parte della dottrina dell’oggetto della controversia.

85.      Tuttavia, anche in tale contesto devono essere rispettate le garanzie del contraddittorio e, in particolare, il diritto di essere ascoltati (55). Quest’ultimo costituisce un elemento essenziale dei diritti di difesa sanciti dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali. Il giudice nazionale deve pertanto ascoltare le parti prima di decidere la causa sulla base di un elemento rilevato d’ufficio.

86.      Inoltre, deve essere necessariamente presa in considerazione un’eventuale volontà contraria del consumatore (56). Di conseguenza, il consumatore è libero – anche nella causa OPR‑Finance con riguardo alla cosiddetta nullità relativa del contratto di credito – di opporsi ad una dichiarazione di nullità nel caso in cui egli sia interessato al mantenimento del contratto.

VII. Conclusione

87.      Nella causa Cofidis (C‑616/18) propongo alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale come segue:

La tutela garantita ai consumatori dalla direttiva 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori, osta a una disposizione nazionale che, in un’azione promossa da un professionista nei confronti di un consumatore e basata su un contratto di credito stipulato tra loro, vieta al giudice nazionale, alla scadenza di un termine di prescrizione di cinque anni che inizi a decorrere dalla conclusione del contratto, di rilevare d’ufficio una violazione delle disposizioni relative all’obbligo di verificare il merito creditizio del consumatore, previste all’articolo 8 della direttiva, oppure di quelle relative alle informazioni che devono figurare, in modo chiaro e conciso, nei contratti di credito previste all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva e di trarre le conseguenze che, secondo il diritto nazionale, derivano da una violazione di detti obblighi. Nel sanzionare una siffatta violazione, il giudice nazionale deve esaminare, in considerazione di tutte le circostanze del caso di specie, se le rispettive sanzioni siano efficaci, dissuasive e proporzionate.

88.      Mentre nella causa OPR‑Finance (C‑679/18) propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziale nel modo seguente:

1)      L’articolo 8 della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori osta ad una normativa nazionale che, in un’azione promossa da un professionista nei confronti di un consumatore e basata su un contratto di credito stipulato tra loro, vieta al giudice nazionale di verificare d’ufficio se il creditore abbia adempiuto al suo obbligo di valutare il merito creditizio del consumatore nel caso in cui il consumatore non l’abbia invocato entro il termine di decadenza di tre anni oppure detto termine sia scaduto.

2)      Il giudice nazionale, qualora abbia rilevato d’ufficio una violazione dell’articolo 8 della direttiva 2008/48, è tenuto, salva l’eventuale volontà contraria del consumatore, a trarre tutte le conseguenze che, secondo il diritto nazionale, derivano da detto accertamento, senza attendere una richiesta del consumatore in tal senso e, se del caso, a prescindere dalla scadenza di un termine di decadenza, a condizione che le sanzioni contemplate da detto diritto siano efficaci, dissuasive e proporzionate.


1      Lingua originale: il tedesco.


2      Direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio (GU 2008, L 133, pag. 66), in prosieguo: la «direttiva in materia di credito ai consumatori».


3      JORF del 2 luglio 2010, pag. 12001.


4      Ora articolo L. 312-16 del codice del consumo.


5      Ora articolo L. 312-28, paragrafo 2, del codice del consumo.


6      Ora articolo R. 312-10 del codice del consumo.


7      Secondo le informazioni fornite dal giudice del rinvio è stato concordato un tasso debitore del 10,86% (tasso annuo effettivo globale 11,42%). Il prestito poteva essere rimborsato in 84 rate mensili di EUR 351,23.


8      Equivalenti a circa EUR 190,00.


9      Secondo le informazioni fornite dal giudice del rinvio, tale credito è composto dall’importo totale del credito (CZK 4 900,00), dalle spese di concessione del credito (CZK 980,00), dagli interessi (CZK 3 696,00), nonché da una penale (CZK 363,00), dedotto l’importo dei rimborsi già effettuati (CZK 2 100,00).


10      V., in particolare, sentenze del 7 febbraio 2018, American Express (C‑304/16, EU:C:2018:66, punto 32), del 29 maggio 2018, Liga van Moskeeën en Islamitische Organisaties Provincie Antwerpen e a. (C‑426/16, EU:C:2018:335, punto 31), e del 25 luglio 2018, Confédération paysanne e a. (C‑528/16, EU:C:2018:583, punto 73).


11      Sentenza del 28 marzo 2019, Verlezza e a. (cause riunite da C‑487/17 a C‑489/17, EU:C:2019:270, punto [32]) e la giurisprudenza ivi citata.


12      V., ad esempio, sentenze del 27 giugno 2000, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (cause riunite da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 26), del 4 giugno 2009, Pannon GSM (C‑243/08, EU:C:2009:350, punto 32), del 4 giugno 2015, Faber (C‑497/13, EU:C:2015:357, punto 42), e del 13 settembre 2018, Profi Credit Polska (C‑176/17, EU:C:2018:711, punto 42).


13      Direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).


14      In tal senso, ancora sentenza del 27 giugno 2000, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (cause riunite da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 28). V. anche sentenza del 21 novembre 2002, Cofidis (C‑473/00, EU:C:2002:705, punto 36).


15      V. anzitutto sentenza del 26 ottobre 2006, Mostaza Claro (C‑168/05, EU:C:2006:675, punto 38). Più chiaramente: sentenze del 4 giugno 2009, Pannon GSM (C‑243/08, EU:C:2009:350, punto 32), del 14 giugno 2012, Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 43), e del 21 febbraio 2013, Banif Plus Bank (C‑472/11, EU:C:2013:88, punto 23).


16      Direttiva 85/577/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali (GU 1985, L 372, pag. 31).


17      Sentenza del 17 dicembre 2009, Martín Martín (C‑227/08, EU:C:2009:792, punto 29).


18      Direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 maggio 1999, su taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo (GU 1999, L 171, pag. 12).


19      Sentenza del 4 giugno 2015, Faber (C‑497/13, EU:C:2015:357, punto 48).


20      Sentenza del 4 ottobre 2007, Rampion e Godard (C‑429/05, EU:C:2007:575, punto 69). V. inoltre, con riguardo all’obbligo di fornire informazioni sancito dall’articolo 4 della direttiva 87/102/CEE, ordinanza del 16 novembre 2010, Pohotovosť (C‑76/10, EU:C:2010:685, punto 76).


21      Direttiva 87/102/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati Membri in materia di credito al consumo (GU 1987, L 42, pag. 48).


22      Sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová (C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 74). V. da ultimo anche ordinanza del 28 novembre 2018, PKO Bank Polski (C‑632/17, EU:C:2018:963, punto 51).


23      V. anzitutto sentenza del 21 novembre 2002, Cofidis (C‑473/00, EU:C:2002:705, punto 33). V. altresì sentenza del 4 ottobre 2007, Rampion e Godard (C‑429/05, EU:C:2007:575, punto 63).


24      Con riguardo alla direttiva in materia di credito ai consumatori, v. sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová (C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 63) con rinvio alla sentenza del 1° ottobre 2015, ERSTE Bank Hungary (C‑32/14, EU:C:2015:637, punto 39) e la giurisprudenza sulla direttiva sulle clausole abusive ivi citata.


25      Sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová (C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 65). V. anche in precedenza sentenze del 27 giugno 2000, Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (cause riunite da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346. punto 26), del 21 novembre 2002, Cofidis (C‑473/00, EU:C:2002:705, punto 33) e sentenza del 4 ottobre 2007, Rampion e Godard (C‑429/05, EU:C:2007:575, punto 65).


26      Sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová (C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 67).


27      V. in tal senso sentenze del 16 gennaio 2014, Kainz (C‑45/13, EU:C:2014:7, punto 20) e del 2 maggio 2019, Pillar Securitisation (C‑694/17, EU:C:2019:345, punto 35), secondo le quali la necessità di garantire la coerenza tra diversi atti dell’Unione non può, in particolare, condurre a un’interpretazione estranea al sistema e agli obiettivi della normativa.


28      Sentenza del 19 settembre 2018, Bankia (C‑109/17, EU:C:2018:735, punti 31 e segg.).


29      Direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (direttiva sulle pratiche commerciali sleali) (GU 2005, L 149, pag. 22).


30      Sentenza del 4 settembre 2019, Salvoni (C‑347/18, EU:C:2019:661, punto 44).


31      Regolamento (UE) n. 1215/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2012, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU 2012, L 351, pag. 1).


32      La causa OPR-Finance concerne soltanto l’obbligo del creditore di verificare il merito creditizio del consumatore.


33      Sentenza del 19 settembre 2018, Bankia (C‑109/17, EU:C:2018:735).


34      Sentenza del 19 settembre 2018, Bankia (C‑109/17, EU:C:2018:735, punto 32).


35      Sentenza del 19 settembre 2018, Bankia (C‑109/17, EU:C:2018:735, punto 43, v. pure punti 33 e 46).


36      Sentenza del 19 settembre 2018, Bankia (C‑109/17, EU:C:2018:735, punti 34 e 47).


37      Sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová (C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 66).


38      Sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová (C‑377/14, EU:C:2016:283, punti 64 e 65).


39      Sentenze del 18 dicembre 2014, CA Consumer Finance (C‑449/13, EU:C:2014:2464, punto 43) e del 6 giugno 2019, Schyns (C‑58/18, EU:C:2019:467, punto 40). V. pure considerando 26 della direttiva in materia di credito ai consumatori.


40      Sentenza del 6 giugno 2019, Schyns (C‑58/18, EU:C:2019:467, punti 28 e 41). V. pure considerando 7 e 9 della direttiva in materia di credito ai consumatori.


41      Sentenza del 21 aprile 2016, Radlinger e Radlingerová (C‑377/14, EU:C:2016:283, punto 64). Sull’obbligo di informazione precontrattuale v. anche considerando 19 e 24 della direttiva in materia di credito ai consumatori.


42      Sentenze del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones (C‑40/08, EU:C:2009:615, punto 39) e del 21 novembre 2002, Cofidis (C‑473/00, EU:C:2002:705, punto 37). V. pure in tal senso sentenza del 14 dicembre 1995, Peterbroeck (C‑312/93, EU:C:1995:437, punto 14).


43      Sentenze del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones (C‑40/08, EU:C:2009:615, punto 41), del 10 luglio 1997, Palmisani (C‑261/95, EU:C:1997:351, punto 28) e del 16 dicembre 1976, Rewe-Zentralfinanz e Rewe-Zentral (33/76, EU:C:1976:188, punto 5).


44      Sentenza del 6 ottobre 2009, Asturcom Telecomunicaciones (C‑40/08, EU:C:2009:615, punti 45 e seg.).


45      Sentenza del 21 novembre 2002, Cofidis (C‑473/00, EU:C:2002:705, punto 35).


46      Sentenza del 21 novembre 2002, Cofidis (C‑473/00, EU:C:2002:705).


47      In tal senso pure sentenza del 19 dicembre 2013, Endress (C‑209/12, EU:C:2013:864, punto 30).


48      V. conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak nella causa Martín Martín (C‑227/08, EU:C:2009:295, paragrafo 73) con riguardo alla direttiva sulle clausole abusive.


49      Sentenza del 27 marzo 2014, LCL Le Crédit Lyonnais (C‑565/12, EU:C:2014:190, punto 44 e la giurisprudenza ivi citata). V. pure conclusioni dell’avvocato generale Van Gerven nella causa Hansen (C‑326/88, EU:C:1989:609, paragrafo 8): «I termini “dissuasive” e “proporzionali” significano che le sanzioni debbono essere sufficienti ma non sproporzionate quanto al loro rigore, alla luce degli scopi perseguiti».


50      Sentenza del 9 novembre 2016, Home Credit Slovakia (C‑42/15, EU:C:2016:842, punto 63 e la giurisprudenza ivi citata).


51      V. supra, paragrafo 7.


52      All’udienza il governo ceco precisava al riguardo che il periodo di rimborso non è stabilito per legge, cosicché il giudice può provvedere di volta in volta nel caso di specie ad un ragionevole bilanciamento tra tutti gli interessi.


53      Sentenza del 9 novembre 2016, Home Credit Slovakia (C‑42/15, EU:C:2016:842).


54      Sentenza del 27 marzo 2014, LCL Le Crédit Lyonnais (C‑565/12, EU:C:2014:190).


55      Sentenza del 21 febbraio 2013, Banif Plus Bank (C‑472/11, EU:C:2013:88, punti 29 e segg.).


56      Sentenze del 21 febbraio 2013, Banif Plus Bank (C‑472/11, EU:C:2013:88, punto 35) e del 4 giugno 2009, Pannon GSM (C‑243/08, EU:C:2009:350, punto 33).