Language of document : ECLI:EU:F:2012:173

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA DELL’UNIONE EUROPEA (Terza Sezione)

5 dicembre 2012 (*)

«Funzione pubblica – Retribuzione – Indennità di dislocazione – Condizione prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto – Periodo decennale di riferimento – Dies a quo – Dies ad quem – Neutralizzazione dei periodi di servizio svolti per un’organizzazione internazionale – Applicazione in via analogica delle disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII allo Statuto»

Nella causa F‑76/11,

avente ad oggetto un ricorso proposto ai sensi dell’art. 270 TFUE, applicabile al Trattato CEEA ai sensi dell’articolo 106 bis di quest’ultimo,

Diana Grazyte, agente temporaneo della Commissione europea, residente in Utena (Lituania), rappresentata da R. Guarino, avvocato,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da D. Martin, in qualità di agente, assistito da A. Dal Ferro, avvocato, successivamente da V. Joris, in qualità di agente, assistito da A. Dal Ferro,

convenuta,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA (Terza Sezione),

composto dal sig. S. Van Raepenbusch, presidente, dalla sig.ra I. Boruta (relatore) e dal sig. E. Perillo, giudici,

cancelliere: sig.ra W. Hakenberg

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 maggio 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con atto introduttivo pervenuto presso la cancelleria del Tribunale il 1° agosto 2011, la sig.ra Grazyte ha proposto il presente ricorso, da considerare diretto sostanzialmente all’annullamento della decisione dell’Ufficio di gestione e liquidazione dei diritti individuali (PayMaster’s Office; in prosieguo: il «PMO»), del 25 agosto 2010, che ha negato alla ricorrente il godimento dell’indennità di dislocazione.

 Contesto normativo

2        Ai sensi dell’articolo 20 del Regime applicabile agli altri agenti dell’Unione europea (in prosieguo: il «RAA») e dell’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1922/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, che istituisce un Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (European institute for gender equality; in prosieguo: lo «EIGE») (GU L 403, pag. 9), gli agenti temporanei di detto Istituto possono godere di un’indennità di dislocazione.

3        L’articolo 69 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto») così recita:

«L’indennità di dislocazione è pari al 16% dell’ammontare complessivo dello stipendio base, dell’assegno di famiglia e dell’assegno per figli a carico ai quali il funzionario ha diritto».

4        Le condizioni per la concessione dell’indennità di dislocazione sono precisate dall’articolo 4, paragrafi 1 e 2, dell’allegato VII allo Statuto, ai sensi del quale:

«1. Un’indennità di dislocazione pari al 16% dell’ammontare complessivo dello stipendio base, dell’assegno di famiglia e dell’assegno per figli a carico versati al funzionario, è concessa:

a)      Al funzionario:

–        che non ha e non ha mai avuto la nazionalità dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio e,

–        che non ha, abitualmente, abitato o svolto la sua attività professionale principale sul territorio europeo di detto Stato durante il periodo di cinque anni che scade sei mesi prima della sua entrata in servizio. Per l’applicazione della presente disposizione, non si tiene conto delle situazioni risultanti da servizi effettuati per un altro Stato o per un’organizzazione internazionale.

b)      Al funzionario che, avendo o avendo avuto la cittadinanza dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio, ha abitato, durante il periodo di dieci anni che scade al momento della sua entrata in servizio, fuori del territorio europeo di detto Stato per motivi diversi dall’esercizio di funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale.

(…)

2. Il funzionario che, non avendo e non avendo mai avuto la nazionalità dello Stato sul cui territorio è situata la sua sede di servizio, non soddisfa alle condizioni di cui al paragrafo 1 ha diritto a un’indennità di espatrio pari a un quarto dell’indennità di dislocazione».

5        L’articolo 2 della decisione della Commissione del 6 novembre 2002, che istituisce l’Ufficio di gestione e liquidazione dei diritti individuali (GU 2003, L 183, pag. 30), prevede che il PMO assicuri la fissazione, la liquidazione e il pagamento dei diritti pecuniari del personale impiegato dalle istituzioni dell’Unione come pure del personale esterno e che esso possa esercitare le sue funzioni su richiesta e per conto di un altro organismo, organo o agenzia istituiti dai trattati o in base ad essi e previo accordo del comitato direttivo.

6        L’articolo 15, paragrafo 3, di questa stessa decisione così recita:

«In applicazione dell’articolo 90 dello Statuto, le domande e i reclami relativi all’esercizio dei poteri conferiti al direttore [del PMO] in virtù dell’articolo 11 della presente decisione sono presentati alla [direzione generale del] Personale e [dell’]Amministrazione. I ricorsi in questi settori vengono diretti contro la Commissione [europea]».

 Fatti

7        La ricorrente, cittadina lituana, si è stabilita in Italia nel settembre 1998, dove ha sposato un cittadino italiano nel dicembre dello stesso anno. Dopo essere stata riconosciuta residente in Italia a partire dal gennaio 1999, ella ha ottenuto la cittadinanza italiana il 30 marzo 2004.

8        La ricorrente ha seguito una formazione presso l’Università Robert Schumann a Strasburgo (Francia) dal 2000 al 2001 e presso l’Università di Ginevra (Svizzera) dal 2001 al 2003. Durante il suo soggiorno in Svizzera ha altresì lavorato come segretaria dall’8 febbraio al 10 luglio 2002. Inoltre, dal 1° ottobre 2004 al 6 gennaio 2006 essa è tornata nel suo paese di origine, la Lituania, per un periodo di tirocinio presso il Comitato per lo sviluppo della società dell’informazione, presso il governo lituano.

9        Al termine del suo tirocinio in Lituania la ricorrente è tornata in Italia, dove ha lavorato dal 1° aprile 2006 al 31 maggio 2007 per la Fondazione europea per la formazione (European Training Foundation; in prosieguo: l’«ETF») a Torino.

10      Il 26 ottobre 2006, la ricorrente ha proposto un reclamo avverso una decisione dell’ETF di non concederle l’indennità di dislocazione. Con decisione comunicata alla ricorrente in data 7 febbraio 2007, detto reclamo è stato respinto in quanto la ricorrente, essendo cittadina italiana prima della sua entrata in funzione, non soddisfaceva le condizioni previste dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto.

11      Tra il 1° giugno 2007 e il 15 agosto 2010 la ricorrente ha lavorato per l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (European Food Safety Authority; in prosieguo: l’«EFSA») a Parma.

12      La ricorrente è stata assunta a partire dal 16 agosto 2010 per lavorare presso l’EIGE a Vilnius (Lituania) in qualità di agente temporaneo nel gruppo di funzioni degli assistenti (in prosieguo: gli «AST») di grado AST 4.

13      Con lettera datata 25 agosto 2010, il PMO ha informato la ricorrente che essa non aveva diritto all’indennità di dislocazione prevista dall’articolo 4 dell’allegato VII allo Statuto.

14      Il 24 novembre 2010, la ricorrente ha ricevuto copia di un messaggio di posta elettronica nel quale uno degli interlocutori confermava che essa non aveva diritto all’indennità di dislocazione, in quanto i funzionari o gli agenti che abbiano la cittadinanza dello Stato della sede di servizio possono aver diritto all’indennità di dislocazione solo qualora non abbiano risieduto in tale Stato nel periodo di riferimento previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto. Orbene, in detto messaggio di posta elettronica si rilevava che la ricorrente aveva soggiornato, durante il periodo di riferimento, in Lituania per più di un anno.

15      Il 25 novembre 2010 la ricorrente ha proposto un reclamo avverso la decisione del 25 agosto 2010. In sostanza, ella affermava di avere diritto all’indennità di dislocazione in quanto aveva abitato in Italia dal 1998 al 2010. A suo parere, le formazioni da lei seguite all’estero in questi anni, in particolare il tirocinio svolto in Lituania, erano irrilevanti ai fini del diritto all’indennità di dislocazione, poiché tali formazioni erano di natura temporanea ed erano state effettuate senza che essa avesse intenzione di stabilirsi fuori d’Italia, dove aveva mantenuto la propria residenza.

16      La ricorrente ha integrato il proprio reclamo del 25 novembre 2010 con un messaggio di posta elettronica del 15 dicembre 2010.

17      Con decisione del 29 aprile 2011, la Commissione europea ha respinto il reclamo della ricorrente in quanto la stessa non avrebbe potuto avvalersi dei dieci anni di residenza fuori dello Stato della sede di servizio di cui essa ha avuto la cittadinanza, come richiesto dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto. Infatti, secondo la Commissione, il periodo decennale di riferimento, di cui tenere conto per determinare se un funzionario o un agente in possesso della cittadinanza dello Stato della sede di servizio possa avere diritto all’indennità di dislocazione, terminerebbe alla data in cui l’interessato abbia lavorato per la prima volta al servizio dell’Unione europea. Orbene, la ricorrente, giunta in Italia nel 1998, ha lavorato per la prima volta per un’agenzia europea, l’ETF a Torino, il 1° agosto 2006.

 Conclusioni delle parti e procedimento

18      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione della Commissione, del 29 aprile 2011, recante rigetto del reclamo da essa proposto in data 25 novembre 2010, conformemente all’articolo 90, paragrafo 2, dello Statuto;

–        di conseguenza, dichiarare che essa ha diritto all’indennità di dislocazione;

–        condannare la Commissione al pagamento di tale indennità nonché degli interessi compensatori;

–        condannare la Commissione alle spese.

19      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso in quanto infondato;

–        condannare la ricorrente alle spese.

20      Durante l’udienza, le parti hanno dibattuto sulle conseguenze che avrebbe, ai fini della determinazione del periodo di riferimento, una neutralizzazione dei periodi di attività svolti dalla ricorrente per conto di uno Stato o di un’organizzazione internazionale. Inoltre, la ricorrente è stata invitata a presentare le sue osservazioni in merito a un’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione nel suo controricorso, nei confronti del primo motivo, per discordanza con i motivi dedotti durante la fase precontenziosa.

 Sull’oggetto e sulla ricevibilità delle conclusioni

21      In primo luogo, per quanto concerne la domanda diretta all’annullamento della decisione della Commissione del 29 aprile 2011, recante rigetto del reclamo proposto dalla ricorrente, occorre ricordare che una domanda di annullamento formalmente diretta avverso il rigetto di un reclamo ha l’effetto di investire il Tribunale dell’esame dell’atto avverso il quale è stato presentato il reclamo (v. sentenza del Tribunale del 25 febbraio 2010, Pleijte/Commissione, F‑91/08, punto 28), salvo il caso in cui il rigetto del reclamo abbia una portata diversa da quella dell’atto avverso il quale detto reclamo è stato proposto (v., in tal senso, sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 21 settembre 2011, Adjemian e a./Commissione, T‑325/09 P, punto 32).

22      Nel caso di specie, la ricorrente ha presentato una domanda di annullamento della decisione del 29 aprile 2011, recante rigetto del suo reclamo, senza con ciò impugnare la decisione del 25 agosto 2010, che le ha negato il godimento dell’indennità di dislocazione. Alla luce della citata giurisprudenza e della portata della decisione datata 29 aprile 2011 con cui la Commissione ha respinto il reclamo – decisione che ha confermato la decisione del 25 agosto 2010, senza procedere a un riesame della posizione della ricorrente alla luce di fatti che sarebbero nuovi – occorre giudicare che il Tribunale è investito dell’esame della decisione del 25 agosto 2010.

23      Tale constatazione non è rimessa in discussione dalla circostanza che la decisione del 29 aprile 2011, recante rigetto del reclamo, menziona per la prima volta la motivazione della decisione del PMO, del 25 agosto 2010, con cui è stato negato alla ricorrente il godimento dell’indennità di dislocazione. Infatti occorre precisare che, quando la decisione recante rigetto del reclamo menziona per la prima volta la motivazione di una decisione pecuniaria, si presume che tale motivazione coincida con quella della decisione iniziale (sentenza del Tribunale di primo grado del 18 settembre 2003, Lebedef e a./ Commissione, T‑221/02, punto 62).

24      In secondo luogo, per quanto riguarda la domanda diretta a che il Tribunale dichiari che la ricorrente ha diritto all’indennità di dislocazione, per dichiararla irricevibile basta ricordare che non spetta al Tribunale, nella cornice del suo controllo di legalità ex articolo 91 dallo Statuto, formulare dichiarazioni in diritto (sentenza della Corte del 13 luglio 1989, Jaenicke Cendoya/Commissione, 108/88, punti 8 e 9; sentenze del Tribunale di primo grado del 3 marzo 1993, Peroulakis/Commissione, T‑69/91, punto 14; del 30 novembre 1993, Vienne/Parlemento, T‑15/93, punto 13, e del 16 maggio 2006, Magone/Commissione, T‑73/05, punto 15), fermo restando che, qualora il Tribunale pronunci l’annullamento dell’atto di un’istituzione, l’istituzione interessata è soggetta all’obbligo generale, enunciato dall’articolo 266 TFUE, di prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza che pronuncia l’annullamento comporta (v. sentenza del Tribunale di primo grado del 28 ottobre 2004, Meister/UAMI, T‑76/03, punto 38).

25      In terzo luogo, per quanto concerne la domanda diretta alla condanna della Commissione al versamento dell’indennità di dislocazione nonché degli interessi compensatori, è giocoforza constatare che, alla luce della natura pecuniaria della presente controversia, tale domanda dev’essere considerata come avente lo stesso oggetto di quella che investe il Tribunale dell’esame della decisione del 25 agosto 2010, poiché nelle controversie di carattere pecuniario la competenza estesa anche al merito, attribuita al giudice comunitario dall’articolo 91, paragrafo 1, dello Statuto, attribuisce al medesimo il compito di formulare una soluzione globale per le controversie di cui è investito, ossia, in particolare, di statuire sul complesso dei diritti e degli obblighi dell’agente, salvo il rinvio all’istituzione in questione, e sotto il suo controllo, dell’esecuzione di siffatta parte della sentenza nel rispetto delle esatte condizioni da esso stabilite (sentenza della Corte del 18 dicembre 2007, Weißenfels/Parlamento, C‑135/06 P, punto 67).

26      Da quanto sin qui esposto discende che occorre unicamente statuire sulla domanda di annullamento, che dev’essere considerata come diretta avverso la decisione del 25 agosto 2010, con cui è stato negato alla ricorrente il godimento dell’indennità di dislocazione, ed eventualmente condannare la Commissione a versare alla ricorrente un importo corrispondente a quello dell’indennità di dislocazione che essa avrebbe dovuto percepire a partire dal 25 agosto 2011, più gli interessi compensatori.

 In diritto

 Argomenti delle parti

27      A sostegno della sua domanda di annullamento, la ricorrente deduce due motivi formalmente presentati come relativi, da un lato, «al travisamento di fatti e circostanze con riferimento ai motivi che hanno portato la ricorrente a risiedere al di fuori del paese di origine al momento della sua entrata in servizio presso l’ETF e/o alla conseguente violazione e/o falsa interpretazione di legge con riferimento all’articolo 4 dell’allegato VII dello Statuto» e, dall’altro, «ad un travisamento dei fatti con riferimento alla natura del soggiorno in Lituania della ricorrente nel 2004‑2006 e/o conseguente violazione e/o falsa interpretazione di legge con riferimento all’articolo 4 dell’allegato VII dello Statuto».

28      In sostanza, la ricorrente dirige il suo primo motivo avverso la motivazione dedotta dalla Commissione, in sede di rigetto del reclamo, per negarle il godimento dell’indennità di dislocazione, ossia che essa, durante il periodo di riferimento, non avrebbe risieduto dieci anni fuori della Lituania.

29      Per confutare tale motivazione, la ricorrente sostiene anzitutto che il periodo di riferimento decennale da prendere in considerazione per valutare se essa soddisfacesse i requisiti previsti dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto, sarebbe scaduto alla data della sua entrata in servizio come agente temporaneo in seno all’EIGE, il 16 agosto 2010, dato che sarebbe a titolo di tale contratto che essa chiederebbe l’indennità di dislocazione.

30      Essa poi sostiene che l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto dovrebbe essere interpretato nel senso che impone due requisiti distinti per godere dell’indennità di dislocazione, ossia, da un lato, avere abbandonato il proprio Stato d’origine per motivi diversi dall’esercizio di funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale e, dall’altro, avere stabilito la propria residenza per almeno dieci anni fuori del territorio del proprio Stato d’origine. Pertanto, una volta che un funzionario o un agente, che ha o ha avuto la cittadinanza dello Stato sul cui territorio è situato il luogo della sua sede di servizio, abbandona quest’ultimo per ragioni diverse dall’esercizio di funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale, la circostanza che quest’ultimo abbia lavorato per periodi limitati al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale non sarebbe rilevante.

31      Secondo la ricorrente, questa interpretazione dello Statuto deriverebbe dalla finalità dell’indennità di dislocazione la quale, in base alla giurisprudenza, sarebbe quella di compensare gli oneri e gli svantaggi particolari derivanti dall’obbligo, per i funzionari o gli agenti dell’Unione che entrano in servizio, di trasferire la propria residenza nel paese della sede di servizio. Infatti, quando un funzionario o un agente abbandona il proprio Stato di origine per esercitare funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale, egli non potrebbe essere considerato come una persona che abbia stretto legami duraturi con il paese della sede di servizio, a causa del carattere temporaneo del suo distacco in tale paese. Ebbene, la circostanza che una persona che abbia già legami duraturi con uno Stato lavori temporaneamente per questo Stato o per un’organizzazione internazionale non comporterebbe la rottura dei legami duraturi con il paese dove risiede e dove avrebbe il centro principale dei propri interessi.

32      La ricorrente afferma che, poiché l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto dovrebbe essere interpretato in questo modo, essa avrebbe diritto all’indennità di dislocazione. Infatti, da un lato, essa avrebbe abbandonato il proprio Stato d’origine per motivi diversi dall’esercizio di funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale, poiché essa è arrivata in Italia per costituire una famiglia, e, dall’altro, avrebbe stabilito la propria residenza per almeno dieci anni fuori della Lituania, tra il 16 agosto 2000 e il 15 agosto 2010. Indubbiamente durante tale periodo essa ha lavorato in Italia per l’ETF o per l’EFSA, ma tale circostanza non avrebbe avuto l’effetto di privarla del diritto all’indennità di dislocazione, poiché essa non avrebbe abbandonato la Lituania per lavorare per tali agenzie, ma sarebbe stata assunta dalle stesse una volta installatasi in Italia.

33      Infine, in udienza la ricorrente ha negato che i periodi di attività durante i quali essa aveva lavorato per conto di uno Stato o di un’organizzazione internazionale possano essere neutralizzati ai fini della determinazione del periodo di riferimento, poiché una siffatta neutralizzazione non sarebbe prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto.

34      Il secondo motivo dedotto dalla ricorrente è diretto avverso la motivazione illustrata dall’amministrazione nel messaggio di posta elettronica datato 24 novembre 2010 al fine di negarle l’indennità di dislocazione, motivazione che si basa sul fatto che la ricorrente ha dimorato nello Stato di cui essa ha avuto la cittadinanza durante il periodo di riferimento. Infatti, la ricorrente ritiene sostanzialmente che, perché una persona sia privata del godimento dell’indennità di dislocazione, l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto richiederebbe non che essa abbia semplicemente risieduto nello Stato di cui essa ha acquisito la cittadinanza, ma che essa abbia in esso trasferito il centro dei propri interessi. Ebbene, la Commissione non potrebbe ritenere, senza commettere un errore manifesto di valutazione, che tra il 1° ottobre 2004 e il 6 gennaio 2006 la ricorrente abbia avuto il centro dei propri interessi in Lituania. Indubbiamente, essa ha soggiornato in tale paese per seguire un tirocinio, ma non per questo ritiene di avere ivi trasferito la propria dimora abituale. Anzitutto, essa è rimasta iscritta nei registri dello stato civile in Italia, dove possiede una casa e dove risiede il proprio coniuge. Poi, la circostanza che essa abbia seguito un tirocinio a carattere temporaneo non significava che avesse avuto l’intenzione di ritornare nel proprio paese natale, e ciò tanto più per il fatto che la sua famiglia era rimasta in Italia. Infine, l’ETF ha riconosciuto che la sua residenza era in Italia quando essa ha lavorato per quest’ultima.

35      A sua difesa, la Commissione afferma che il primo motivo dedotto dalla ricorrente, relativo in particolare a un’errata interpretazione delle disposizioni dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto, è irricevibile, in quanto non dedotto durante la fase precontenziosa.

36      Ad ogni modo, la Commissione ritiene che il primo motivo sia infondato poiché, alla data in cui la ricorrente ha lavorato per la prima volta per un’agenzia europea, ossia il 1° aprile 2006, per l’ETF, essa non aveva cumulato dieci anni di residenza fuori della Lituania. Infatti, il periodo di riferimento decennale da prendere in considerazione scadrebbe a partire dalla prima entrata in servizio presso un’istituzione o un’agenzia dell’Unione europea e non a partire dalla data dell’assunzione a titolo della quale viene chiesta l’indennità di dislocazione.

37      Secondo la Commissione, quest’interpretazione sarebbe conforme alla giurisprudenza in materia di fissazione del periodo di riferimento, la quale preciserebbe che, per entrata in servizio ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto, si deve intendere la prima entrata in servizio presso l’Unione europea e non le eventuali successive entrate in servizio.

38      Ad ogni modo, la Commissione afferma che, per giudicare se, durante il periodo di riferimento previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto, la ricorrente abbia risieduto fuori della Lituania, occorre neutralizzare i periodi durante i quali quest’ultima ha lavorato presso un’organizzazione internazionale. Di conseguenza, quand’anche il periodo di riferimento da prendere in considerazione fosse scaduto alla data di entrata in servizio della ricorrente come agente temporaneo presso l’EIGE, il 16 agosto 2010, si dovrebbe ciò nondimeno constatare che il momento iniziale di tale periodo di riferimento è anteriore alla data in cui la ricorrente ha risieduto per la prima volta fuori della Lituania, poiché quest’ultima ha lavorato diversi anni per l’ETF e l’EFSA, e che, di conseguenza, essa non soddisferebbe i requisiti posti dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto.

39      Per quanto riguarda il secondo motivo, la Commissione sostiene che esso sarebbe ininfluente, poiché, anche ammettendo che, come sostiene la ricorrente, il periodo di tirocinio in Lituania non abbia comportato la perdita per essa del godimento dell’indennità di dislocazione, ciò non di meno, per gli stessi motivi illustrati dalla Commissione in risposta al primo motivo, essa non ha risieduto dieci anni fuori della Lituania.

40      In subordine, la Commissione ricorda che altri due motivi giustificano il fatto che la ricorrente non abbia diritto all’indennità di dislocazione. Da un lato, l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto prevede che la circostanza di aver esercitato funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale priverebbe l’interessato del diritto all’indennità di dislocazione. Ebbene, la ricorrente ha lavorato per due agenzie dell’Unione europea durante il periodo di riferimento. Dall’altro, l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto richiederebbe un’interruzione totale, per i dieci anni del periodo di riferimento, dei legami tra l’interessato e lo Stato di cui esso ha avuto la cittadinanza e, nel caso di specie, la ricorrente ha soggiornato in Lituania per quindici mesi durante il periodo di riferimento.

 Giudizio del Tribunale

41      Le condizioni per la concessione dell’indennità di dislocazione sono stabilite dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto, il quale prevede due casi, ossia, alla lettera a), quello del funzionario «che non ha e non ha mai avuto la nazionalità dello Stato sul cui territorio è situata la sede di servizio» e, alla lettera b), quello del funzionario «che [ha] o che [ha] avuto» tale cittadinanza. Questi requisiti sono applicabili agli agenti temporanei dell’EIGE in forza dell’articolo 20 del RAA e dell’articolo 19, paragrafo 1, del regolamento n. 1922/2006.

42      Nel caso di specie, la ricorrente possiede la doppia cittadinanza italiana e lituana. Essa chiede di godere dell’indennità di dislocazione a titolo della sua assunzione quale agente temporaneo, a partire dal 16 agosto 2010, presso l’EIGE. Poiché l’EIGE ha sede a Vilnius, il caso della ricorrente è disciplinato quindi dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto.

43      Ai sensi di tale disposizione, il funzionario interessato deve dimostrare di avere «abitato, durante il periodo di dieci anni che scade al momento della sua entrata in servizio, fuori del territorio europeo [dello] Stato [in cui si trova la sua sede di servizio], per motivi diversi dall’esercizio di funzioni al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale».

44      Per valutare la fondatezza del ricorso, occorre determinare anzitutto la data di scadenza del periodo di riferimento. In effetti, le parti controvertono proprio su tale momento. Secondo la ricorrente, il periodo di riferimento scadrebbe il 16 agosto 2010, data in cui ha avuto inizio il suo contratto di agente temporaneo in seno all’EIGE, poiché sarebbe a titolo di tale contratto che essa ha chiesto di godere dell’indennità di dislocazione. Secondo la Commissione, la quale si basa sulla sentenza del Tribunale del 25 settembre 2007, Cavallaro/Commissione (F‑108/05), il periodo di riferimento scadrebbe alla data della prima assunzione della ricorrente presso un’istituzione o un’agenzia dell’Unione europea, ossia il 1° aprile 2006, data in cui quest’ultima ha iniziato a lavorare presso l’ETF.

45      A questo proposito, si deve rilevare che, sebbene, nella citata sentenza Cavallaro/Commissione, il Tribunale abbia dichiarato che la data di scadenza del periodo di riferimento era la data della prima entrata in servizio in seno all’Unione europea, tale soluzione riguardava un funzionario che rimaneva all’interno della Commissione, ma che veniva collocato presso altra sede. Ebbene, questo caso si distingue nettamente da quello di un agente che, come la ricorrente, sia stato in servizio, in tempi successivi, presso diverse agenzie, per di più dotate di una propria personalità giuridica. Infatti, un mutamento di sede di servizio, a differenza di un nuovo contratto concluso con un altro datore di lavoro, presuppone il proseguimento del rapporto di lavoro, di modo che non si può parlare, per il funzionario assegnato a una diversa sede, di una nuova entrata in servizio.

46      Poiché la soluzione individuata nella citata sentenza Cavallaro/Commissione riguardo alla data di scadenza del periodo di riferimento non è pertanto applicabile al caso di specie, al fine di stabilire come determinare la data di scadenza del periodo di riferimento occorre tener presente lo scopo dell’indennità di dislocazione, ossia compensare gli oneri e gli svantaggi particolari derivanti dall’entrata in servizio presso l’Unione per i funzionari o agenti i quali, a causa di ciò, sono obbligati a trasferire la loro residenza dallo Stato del loro domicilio allo Stato della loro sede di servizio e di integrarsi in un nuovo ambiente (v., in particolare, sentenza della Corte del 24 gennaio 2008, Adam/Commissione, C‑211/06 P, punti 38 e 39). Orbene, è pacifico che una persona assunta da un’agenzia, dopo aver lavorato per un’altra agenzia nel territorio di un altro Stato membro, si trova in una condizione di «spaesamento», poiché deve integrarsi in un nuovo ambiente. Alla luce di ciò, occorre interpretare le disposizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto nel senso che, quando una persona che chiede di godere dell’indennità di dislocazione ha lavorato per diverse agenzie distinte, la data di scadenza del periodo di riferimento è quella dell’entrata in servizio di tale persona presso l’agenzia interessata, come previsto dal contratto di agente temporaneo in base al quale viene chiesto il godimento dell’indennità di dislocazione.

47      Ciò è tanto più esatto dal momento che, se si dovesse ritenere che il periodo di riferimento scada alla data della prima entrata in servizio presso l’Unione europea, questo ragionamento porterebbe alla conseguenza che la posizione di una persona riguardo al diritto all’indennità di dislocazione sarebbe determinata una volta per tutte, a prescindere dal percorso professionale che quest’ultima abbia maturato successivamente, e ciò persino qualora, ad esempio, questa persona non abbia più lavorato per l’Unione, in modo generale, da più di dieci anni, circostanza che sarebbe parimenti in contrasto con lo scopo dell’indennità di dislocazione, quale precedentemente ricordato.

48      Viceversa, questa constatazione non è rimessa in discussione dalla citata sentenza Cavallaro/Commissione, nella quale il Tribunale si è basato sul diritto alla mobilità dei funzionari. Infatti, contrariamente ai funzionari, gli agenti non hanno diritto alla mobilità, mancando nel RAA previsioni relative alla procedura di assegnazione degli agenti a una nuova sede, e ciò tanto più quando detti agenti lavorano per un’agenzia europea. Infatti, in mancanza di accordi tra le agenzie europee e poiché ognuna di esse ha una distinta personalità giuridica, un agente non può essere trasferito dall’una all’altra.

49      Alla luce di quanto sin qui esposto, la data di scadenza del periodo di riferimento decennale previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto dev’essere collocata, nel caso di specie, nel momento in cui la ricorrente è stata assunta presso l’EIGE, ossia il 16 agosto 2010.

50      Per quanto poi concerne il momento iniziale di questo periodo di riferimento, nella citata sentenza Cavallaro/Commissione, che dev’essere considerata rilevante relativamente a tale problema, si è dichiarato che, per quanto riguarda il periodo di riferimento previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto, per analogia con quanto disposto dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), dell’allegato VII allo Statuto, qualsiasi periodo durante il quale una persona ha prestato servizio per uno Stato o un’organizzazione internazionale dev’essere neutralizzato, il che significa che la circostanza di essere stato al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale non priva l’interessato del diritto al godimento dell’indennità di dislocazione, ma che il momento iniziale del periodo di riferimento dev’essere corrispondentemente spostato, al fine di verificare che quest’ultimo abbia effettivamente trascorso dieci anni fuori del territorio europeo dello Stato di cui esso ha o ha avuto la cittadinanza, senza lavorare durante detto periodo decennale al servizio di uno Stato o di un’organizzazione internazionale (sentenza Cavallaro/Commissione, cit., punto 74).

51      Occorre osservare a questo proposito che l’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto non contiene nessuna indicazione che consenta di sostenere, come fa la ricorrente, che, per determinare il dies a quo del periodo di riferimento, non occorra neutralizzare i periodi di attività svolti per conto di uno Stato o di un’organizzazione internazionale e pertanto allungare corrispondentemente il periodo di riferimento.

52      Posto che, nel caso di specie, la ricorrente ha lavorato per quattordici mesi, dal 1° aprile 2006 al 31 maggio 2007, in seno all’ETF, e successivamente, per tre anni, due mesi e quindici giorni, ossia dal 1° giugno 2007 al 15 agosto 2010, per l’EFSA, occorre constatare, senza che occorra nemmeno determinare se il periodo durante il quale la ricorrente ha seguito un tirocinio in seno al Comitato per lo sviluppo della società dell’informazione presso il governo lituano debba essere neutralizzato, che il dies a quo del periodo di riferimento non può essere successivo al 1° aprile 1996. Ebbene, la ricorrente sostiene di aver risieduto fuori della Lituania solo a partire dal 1998. Pertanto, se ne deve dedurre che la ricorrente non ha risieduto fuori della Lituania per almeno un decennio prima della sua entrata in servizio in seno all’EIGE a Vilnius, come richiesto dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), dell’allegato VII allo Statuto.

53      Di conseguenza, senza che occorra esaminare la ricevibilità del primo motivo o determinare quale sia l’incidenza del fatto che la ricorrente ha soggiornato in Lituania durante il periodo di riferimento, occorre constatare che giustamente la Commissione ha negato alla ricorrente il godimento dell’indennità di dislocazione.

 Sulle spese

54      Ai sensi dell’articolo 87, paragrafo 1, del regolamento di procedura, fatte salve le altre disposizioni del capo VIII del titolo II del regolamento medesimo, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai sensi del paragrafo 2 dello stesso articolo, il Tribunale può decidere, per ragioni di equità, che una parte soccombente sia condannata solo parzialmente alle spese, o addirittura che non debba essere condannata a tale titolo.

55      Dalla motivazione sin qui illustrata risulta che la ricorrente è soccombente. Inoltre, nelle sue domande, la Commissione ha espressamente chiesto la condanna della ricorrente alle spese. Poiché le circostanze della fattispecie non giustificano l’applicazione delle disposizioni dell’articolo 87, paragrafo 2, del regolamento di procedura, occorre condannare la ricorrente a sopportare, oltre alle proprie spese, le spese sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA (Terza Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La sig.ra Grazyte sopporta le proprie spese ed è condannata a sopportare le spese sostenute dalla Commissione europea.

Van Raepenbusch

Boruta

Perillo

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 dicembre 2012.

Il cancelliere

 

       Il presidente

W. Hakenberg

 

       S. Van Raepenbusch


* Lingua processuale: l’italiano.