Language of document : ECLI:EU:F:2011:99

ORDINANZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA
DELL’UNIONE EUROPEA (Terza Sezione)

30 giugno 2011 (*)

«Funzione pubblica – Funzionari – Previdenza sociale – Infortunio – Procedura di accertamento d’invalidità parziale ai sensi dell’art. 73 dello Statuto – Durata della procedura – Ricorso per risarcimento danni – Ricorso manifestamente infondato in diritto – Art. 94 del regolamento di procedura»

Nella causa F‑14/10,

avente ad oggetto un ricorso proposto ai sensi dell’art. 270 TFUE, applicabile al Trattato CEEA ai sensi del suo art. 106 bis,

Luigi Marcuccio, funzionario della Commissione europea, residente in Tricase, rappresentato dall’avv. G. Cipressa,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata dal sig. J. Currall e dalla sig.ra C. Berardis‑Kayser, in qualità di agenti, assistiti dall’avv. A. Dal Ferro,

convenuta,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA
(Terza Sezione),

composto dal sig. P. Mahoney (relatore), presidente, dalla sig.ra I. Boruta e dalla sig.ra M.I. Rofes i Pujol, giudici,

cancelliere: sig.ra W. Hakenberg

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        Con atto introduttivo pervenuto alla cancelleria del Tribunale il 25 febbraio 2010 tramite telefax (il deposito dell’originale è stato effettuato il successivo 3 marzo), il sig. Marcuccio chiede, in sostanza, la condanna della Commissione europea a risarcirgli il danno di natura patrimoniale e non patrimoniale che avrebbe subito a causa della durata irragionevole della procedura diretta al riconoscimento, ai sensi dell’art. 73 dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto»), di un’invalidità permanente parziale derivante da un infortunio nell’ambito della vita privata da lui subito in data 12 settembre 2003.

 Contesto normativo

2        L’art. 73 dello Statuto così recita:

«1. Alle condizioni fissate da una regolamentazione adottata di comune accordo dalle istituzioni delle Comunità, previo parere del comitato dello Statuto, il funzionario è coperto sin dal giorno della sua entrata in servizio contro i rischi di malattia professionale e i rischi d’infortunio (…)».

3        L’art. 18 della regolamentazione relativa alla copertura dei rischi di incidente e di malattia professionale (in prosieguo: la «regolamentazione di copertura»), adottata in applicazione dell’art. 73 dello Statuto, dispone, nella versione applicabile alla presente controversia:

«Le decisioni relative al riconoscimento dell’origine infortunistica di un avvenimento, ivi compresa la sua qualifica come infortunio sul lavoro o infortunio nell’ambito della vita privata, oppure al riconoscimento dell’origine professionale della malattia, nonché alla determinazione del grado di invalidità permanente, sono adottate dall’autorità che ha il potere di nomina con la procedura prevista dall’articolo 20:

–        in base alle conclusioni formulate dal medico o dai medici designati dalle istituzioni,

–        e, se l’assicurato lo richiede, previa consultazione della commissione medica di cui all’articolo 22».

4        Ai sensi dell’art. 19, n. 3, prima frase, della regolamentazione di copertura, la decisione che fissa il grado di invalidità è adottata dopo che le lesioni subite dall’assicurato si sono consolidate.

5        L’art. 20, n. 1, della regolamentazione di copertura così recita:

«Prima di adottare una decisione ai sensi dell’art. 18, l’autorità che ha il potere di nomina notifica all’assicurato o ai suoi aventi diritto il progetto di decisione, unitamente alle conclusioni del medico o dei medici designati dall’istituzione. L’assicurato o i suoi aventi diritto possono chiedere che la relazione medica completa sia trasmessa al loro medico di fiducia o che sia loro comunicata».

 Fatti

6        Il 12 settembre 2003, il ricorrente subiva un infortunio nell’ambito della vita privata: cadeva e si feriva al ginocchio sinistro. Il 16 settembre successivo denunciava l’infortunio per beneficiare delle prestazioni previste dall’art. 73 dello Statuto, con nota ricevuta dall’Ufficio «Gestione e liquidazione dei diritti individuali» (PMO).

7        Il 30 gennaio 2004, l’unità «Assicurazione infortuni e malattie professionali » del PMO (in prosieguo: il «PMO 3») dichiarava che la caduta del 12 settembre 2003 costituiva un infortunio ai sensi dell’art. 73 dello Statuto.

8        Il 21 luglio 2004 il ricorrente inviava al PMO 3 un certificato medico di consolidamento delle sue lesioni.

9        Con lettera del 18 agosto 2004, il PMO 3 informava il ricorrente che il medico designato dall’istituzione intendeva esaminarlo, e lo invitava a contattare il segretariato dei medici, di cui indicava il numero di telefono.

10      Poiché il ricorrente non dava seguito alla lettera del 18 agosto 2004, il PMO 3, con lettera raccomandata in data 7 febbraio 2005, lo invitava nuovamente a fissare un appuntamento con il medico incaricato della sua pratica designato dall’istituzione. In tale lettera veniva altresì comunicato al ricorrente che in mancanza di risposta da parte sua prima dell’8 maggio 2005, si sarebbe desunto che non fosse più interessato alla prosecuzione della procedura avviata ai sensi dell’art. 73 dello Statuto.

11      Con nota del 10 marzo 2005 il ricorrente rispondeva che, pur dicendosi «completamente a disposizione del medico designato», non intendeva prendere contatto per telefono con l’amministrazione come gli era stato richiesto, giudicando tale chiamata «inopportuna tenuto conto della massima riservatezza con la quale debbono essere trattati dati di carattere medico».

12      Con lettera raccomandata in data 29 luglio 2005, il PMO 3 invitava nuovamente il ricorrente a fissare un appuntamento con il medico designato dall’istituzione.

13      Con nota datata 15 settembre 2005, il ricorrente rinnovava la sua adesione formale a proseguire nella procedura avviata ai sensi dell’art. 73 dello Statuto, confermando però il suo rifiuto di comunicare per telefono con l’amministrazione, in quanto l’art. 18 della regolamentazione di copertura non prevedeva espressamente un contatto telefonico tra l’assicurato e l’amministrazione.

14      Con nota del 15 novembre 2005 il ricorrente chiedeva al PMO 3 di comunicargli le generalità del medico designato dall’istituzione nonché la data e l’ora del relativo esame medico, precisando che non avrebbe mancato di sottoporvisi.

15      Con lettera raccomandata recante la data del 15 febbraio 2007, che il ricorrente asserisce aver ricevuto solo il 19 marzo seguente, il PMO 3 invitava il ricorrente a presentarsi ad una visita presso il medico designato dall’istituzione, fissata per il 19 aprile 2007 a Bruxelles (Belgio).

16      Il ricorrente, residente in Italia, rispondeva con nota del 31 marzo 2007, inviata per telefax il 2 aprile 2007 e per lettera raccomandata con ricevuta di ritorno pervenuta al suo destinatario il 12 aprile 2007, di non potersi presentare all’appuntamento fissato, in quanto aveva iniziato un trattamento medico che gli impediva di intraprendere lunghi viaggi.

17      Con nota del 7 gennaio 2008 veniva allora indirizzata al ricorrente una nuova convocazione per le date del 31 gennaio e del 1° febbraio seguenti. La visita medica del ricorrente aveva effettivamente luogo in quelle date.

18      Il 27 marzo 2008 il medico designato dall’istituzione presentava le sue conclusioni. Il 28 aprile 2008 l’autorità che ha il potere di nomina (in prosieguo: l’«APN»), sulla base di tali conclusioni, adottava un progetto di decisione che riconosceva al ricorrente un grado di invalidità permanente del 2% (in prosieguo: il «progetto di decisione 28 aprile 2008»).

19      Il progetto di decisione 28 aprile 2008 perveniva al ricorrente il 14 maggio 2008. Con telefax e lettera raccomandata con ricevuta di ritorno del 20 giugno seguente il ricorrente comunicava il suo accordo sul progetto di decisione 28 aprile 2008, rinviando il formulario predisposto a tal fine dal PMO 3. Tale formulario precisava, segnatamente, che il pagamento della somma concessa sarebbe stato effettuato entro circa sei settimane dal rinvio del formulario all’amministrazione.

20      Con nota del 9 settembre 2008 il PMO 3 comunicava al ricorrente di non poter effettuare il versamento della somma dovuta, in quanto mancavano i codici SWIFT e BIC della sua banca. Il PMO 3 chiedeva pertanto al ricorrente di fornirgli tali informazioni il più rapidamente possibile.

21      Il versamento dell’indennità dovuta al ricorrente veniva effettuato alla fine del mese di settembre 2008.

22      Il 30 gennaio 2009 il ricorrente presentava, ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto, una domanda di risarcimento della totalità dei danni che lamentava essergli stati causati dalla durata irragionevole della procedura ex art. 73 dello Statuto.

23      Con nota datata 25 maggio 2009, il capo sezione del PMO 3 respingeva la domanda del ricorrente, comunicandogli che le cause del ritardo che lamentava gli erano in tutto e per tutto imputabili. Il ricorrente asserisce di non aver ricevuto detta lettera.

24      Il 20 luglio 2009 il ricorrente proponeva un reclamo contro la decisione tacita di rigetto derivante dal silenzio dell’amministrazione in merito alla sua domanda di risarcimento danni del 30 gennaio 2009, la quale decisione sarebbe intervenuta il 30 maggio 2009.

25      Con decisione 6 novembre 2009, che il ricorrente asserisce aver ricevuto il 16 dicembre 2009, il direttore della direzione «Statuto: politica, gestione e consulenza» della direzione generale (DG) «Personale e amministrazione», nella sua qualità di APN respingeva il reclamo del ricorrente. La lettera del capo sezione del PMO 3 in data 25 maggio 2009 era allegata a tale decisione di rigetto del reclamo.

 Procedimento e conclusioni delle parti

26      Il ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione tacita di rigetto della domanda proposta il 30 gennaio 2009;

–        annullare, nella misura del necessario, l’atto, comunque formatosi, di rigetto del reclamo datato 20 luglio 2009;

–        annullare, nella misura del necessario, la nota del 6 novembre 2009, firmata dal direttore della direzione «Statuto: politica, gestione e consulenza» della DG (Personale e amministrazione)»;

–        accertare, nella misura del necessario, che la procedura volta a che il ricorrente ottenesse le guarentigie di legge, ex art. 73 dello Statuto, in relazione ad un infortunio da lui subito in data 12 settembre 2003, si è protratta per più di cinque anni;

–        dichiarare, nella misura del necessario, che la durata della procedura di cui trattasi ha ecceduto quella ragionevole;

–        condannare la Commissione a risarcire il danno patrimoniale e non patrimoniale, ingiustamente subito dal ricorrente in relazione all’irragionevole durata della procedura di cui trattasi, versandogli la somma di EUR 10 000, ovvero quella somma maggiore ovvero minore che il Tribunale riterrà giusta ed equa;

–        condannare la Commissione a versare al ricorrente, a decorrere dal giorno successivo a quello in cui la domanda datata 30 gennaio 2009 è pervenuta alla Commissione e fino all’effettivo pagamento della somma di EUR 10 000, gli interessi su detta somma, nella misura del 10% all’anno, con capitalizzazione annuale;

–        condannare la Commissione a rimborsargli tutte le spese del procedimento.

27      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare il ricorso infondato;

–        condannare il ricorrente al pagamento delle spese ai sensi dell’art. 87, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale.

 In diritto

28      Ai sensi dell’art. 76 del regolamento di procedura, quando il ricorso è, in tutto o in parte, manifestamente irricevibile o manifestamente infondato in diritto, il Tribunale può, senza proseguire il procedimento, statuire con ordinanza motivata.

29      Nella specie, il Tribunale ritiene di essere sufficientemente edotto dagli atti di causa e decide, ai sensi di tali disposizioni, di statuire senza proseguire il procedimento.

 Sull’oggetto della controversia

30      Non occorre statuire autonomamente sulle conclusioni dirette all’annullamento della decisione di rigetto della domanda di risarcimento, poiché, secondo costante giurisprudenza, la decisione di un’istituzione che respinge una domanda di risarcimento è parte integrante del procedimento amministrativo che precede un ricorso per responsabilità proposto dinanzi al Tribunale e, di conseguenza, tali conclusioni dirette all’annullamento non possono essere valutate autonomamente rispetto alle conclusioni dirette all’accertamento della responsabilità (v., in particolare, sentenze del Tribunale di primo grado 18 dicembre 1997, causa T‑90/95, Gill/Commissione, punto 45; 6 marzo 2001, causa T‑77/99, Ojha/Commissione, punto 68, e 5 dicembre 2002, causa T‑209/99, Hoyer/Commissione, punto 32).

31      Non occorre neppure statuire autonomamente sulle conclusioni dirette all’annullamento della decisione di rigetto del reclamo. Infatti, secondo costante giurisprudenza, la domanda di annullamento di una decisione di rigetto di un reclamo comporta che il giudice dell’Unione sia chiamato a conoscere dell’atto arrecante pregiudizio che è stato oggetto del reclamo (sentenza della Corte 17 gennaio 1989, causa 293/87, Vainker/Parlamento, punto 8; sentenze del Tribunale di primo grado 23 marzo 2004, causa T‑310/02, Theodorakis/Consiglio, punto 19, e 9 giugno 2005, causa T‑80/04, Castets/Commissione, punto 15).

32      Infine, per quanto riguarda le conclusioni dirette ad accertare che la procedura ex art. 73 dello Statuto dura da oltre cinque anni e quelle dirette a far dichiarare che la durata di tale procedura deve essere considerata irragionevole, occorre rilevare che tali conclusioni sono in realtà dirette a far riconoscere al Tribunale la fondatezza dei motivi dedotti dal ricorrente a sostegno delle sue conclusioni dirette al risarcimento del danno. Orbene, non spetta al Tribunale, nel contesto del suo controllo di legittimità fondato sull’art. 91 dello Statuto, fare dichiarazioni in diritto. Dette conclusioni, pertanto, devono essere dichiarate irricevibili (v., in tal senso, sentenza del Tribunale di primo grado 30 novembre 1993, causa T‑15/93, Vienne/Parlamento, punto 13).

 Sulle conclusioni dirette al risarcimento danni

33      Il ricorrente chiede la condanna della Commissione a versargli la somma di EUR 10 000 in risarcimento del danno risultante dalla durata, a suo dire eccessiva, della procedura ex art. 73 dello Statuto. Inoltre, chiede il versamento di interessi, con capitalizzazione, sulla detta somma, a partire dalla data della sua domanda di risarcimento, cioè il 30 gennaio 2009.

34      Secondo costante giurisprudenza, la fondatezza di un ricorso per risarcimento danni proposto ai sensi dell’art. 270 TFUE presuppone il sussistere di un complesso di condizioni per quanto riguarda l’illegittimità del comportamento ascritto alle istituzioni, l’effettività del danno e l’esistenza di un nesso causale fra il comportamento e il pregiudizio asserito (sentenze della Corte 1° giugno 1994, causa C‑136/92 P, Commissione/Brazzelli Lualdi e a., punto 42, e 21 febbraio 2008, causa C‑348/06 P, Commissione/Girardot, punto 52). Queste tre condizioni sono cumulative. La mancanza di una di esse è sufficiente per respingere richieste risarcitorie.

35      Nel caso di specie, occorre esaminare in primo luogo la condizione riguardante l’illegittimità del comportamento rimproverato all’istituzione, e ciò alla luce dei tre motivi dedotti dal ricorrente, vertenti, il primo, sulla violazione dell’obbligo di motivazione, il secondo, sulla violazione di legge, il terzo, sulla violazione degli obblighi di sollecitudine e di buona amministrazione.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione

 Argomenti delle parti

36      Il ricorrente sostiene che la sua domanda di risarcimento danni è stata oggetto di una decisione tacita di rigetto, per sua natura priva di qualsiasi motivazione. Inoltre egli ritiene che, anche se la decisione di rigetto del reclamo può sanare il vizio di motivazione che colpisce una decisione che respinge tacitamente una domanda, ciò non avvenga nel caso di specie. Infatti, la motivazione della decisione 6 novembre 2009 che respinge il suo reclamo sarebbe «irragionevole e priva di pertinenza».

37      La Commissione replica che la domanda di risarcimento danni del ricorrente è stata respinta non con una decisione tacita ma con una decisione esplicita contenuta nella lettera del capo sezione del PMO 3 in data 25 maggio 2009 (in prosieguo: la «decisione 25 maggio 2009») che sarebbe sufficientemente motivata. Inoltre, la Commissione aggiunge che anche qualora la decisione 25 maggio 2009 non fosse pervenuta al ricorrente in occasione del suo primo invio, come lo stesso asserisce, egli ne avrebbe comunque avuto conoscenza in quanto essa sarebbe stata allegata alla decisione di rigetto del reclamo.

 Giudizio del Tribunale

38      Secondo costante giurisprudenza la violazione dell’obbligo di motivazione non fa sorgere la responsabilità extracontrattuale dell’Unione (sentenza della Corte 15 settembre 1982, causa 106/81, Kind/CEE, punto 14; sentenze del Tribunale di primo grado 12 settembre 2007, causa T‑259/03, Nikolau/Commissione, punto 271, e giurisprudenza ivi citata, e 2 dicembre 2008, cause riunite T‑362/05 e T‑363/05, punto 90).

39      Pertanto, il presente motivo, dedotto a sostegno delle conclusioni per il risarcimento, dev’essere respinto in quanto inconferente.

40      In ogni modo, il motivo dev’essere respinto come manifestamente infondato.

41      Infatti, la domanda di risarcimento danni del 30 gennaio 2009 non è stata respinta con una decisione tacita intervenuta quattro mesi più tardi, cioè il 30 maggio 2009, ma con la decisione 25 maggio 2009. Orbene, in tale decisione è chiaramente indicato che la domanda di risarcimento danni del ricorrente non può essere accolta in quanto il ritardo che egli lamenta nella procedura ex art. 73 dello Statuto gli è in tutto e per tutto imputabile, il che costituisce una motivazione sufficiente della decisione di cui trattasi.

42      Per quanto riguarda l’argomento del ricorrente secondo cui la decisione 25 maggio 2009 non gli sarebbe pervenuta, occorre constatare che l’interessato è venuto a conoscenza dei motivi del rigetto della sua domanda al più tardi attraverso la notificazione della decisione di rigetto del suo reclamo, poiché la decisione 25 maggio 2009 vi era allegata.

43      Orbene, si può rimediare a un eventuale vizio di motivazione attraverso una motivazione adeguata fornita allo stadio della risposta al reclamo, la quale deve coincidere con la motivazione della decisione contro cui è stato esperito il reclamo (sentenza del Tribunale della funzione pubblica 23 novembre 2010, causa F‑75/09, Wenig/Commissione, punto 36, e giurisprudenza ivi citata).

44      Da quanto precede risulta che il motivo di ricorso vertente sulla violazione dell’obbligo di motivazione deve essere respinto.

 Sul secondo motivo vertente sulla violazione di legge


 Argomenti delle parti

45      La violazione di legge invocata dal ricorrente consiste nella durata, a suo giudizio irragionevole, della procedura svoltasi, ai sensi dell’art. 73 dello Statuto, in seguito alla sua denuncia di incidente in data 16 settembre 2003. Il ricorrente ritiene che il progetto di decisione 28 aprile 2008 sarebbe intervenuto con un notevole ritardo interamente imputabile alla Commissione. Il ricorrente rileva, segnatamente, in primo luogo che la Commissione, informata dell’infortunio nel settembre 2003, ha aspettato circa 18 mesi prima di adottare i provvedimenti necessari per avviare la procedura di cui trattasi; in secondo luogo, che la Commissione era a conoscenza del fatto che il suo stato di salute si era consolidato fin dal mese di luglio 2004; in terzo luogo, che tra il momento in cui la Commissione è stato informata dell’accordo del ricorrente sul progetto di decisione 28 aprile 2008 e l’effettivo versamento della somma dovuta sono trascorsi altri tre mesi, allorché nel formulario prestampato sul quale aveva indicato il suo accordo con il progetto di decisione 28 aprile 2008 era indicato che il versamento della somma di cui trattasi sarebbe stato effettuato al più tardi entro sei settimane dalla notifica dell’accordo alla Commissione.

46      La Commissione replica che se è vero che il ricorrente avrebbe formalmente manifestato il suo interesse nella prosecuzione della procedura ex art. 73 dello Statuto, tuttavia, nella sostanza, avrebbe rifiutato di collaborare con i servizi competenti dell’istituzione, rifiutando in particolare di contattarli telefonicamente per fissare la data di una visita medica.

 Giudizio del Tribunale

47      L’obbligo di osservare un termine ragionevole nello svolgimento dei procedimenti amministrativi costituisce un principio generale del diritto dell’Unione il cui rispetto è assicurato dal giudice e che è ripreso come elemento costitutivo del diritto ad una buona amministrazione dall’art. 41, n. 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (sentenza del Tribunale di primo grado 11 aprile 2006, causa T‑394/03, Angeletti/Commissione, punto 162).

48      Occorre quindi valutare se, nelle circostanze della fattispecie, la durata della procedura di accertamento di un’invalidità parziale sia stata irragionevole al punto da arrecare un danno al ricorrente.

49      A tale proposito, si deve rammentare che la durata ragionevole del procedimento amministrativo si valuta sulla scorta delle circostanze specifiche di ciascuna pratica e, in particolare, del contesto della stessa, delle varie fasi procedurali espletate dall’istituzione, della condotta delle parti nel corso del procedimento, della complessità della pratica, nonché degli interessi delle parti nella contesa (sentenza del Tribunale di primo grado 22 ottobre 1997, cause riunite T‑213/95 e T‑18/96, SCK e FNK/Commissione, punto 57; v. altresì, per analogia, a proposito del procedimento giurisdizionale, sentenze della Corte 17 dicembre 1998, causa C‑185/95 P, Baustahlgewebe/Commissione, punto 29, e 16 luglio 2009, causa C‑385/07 P, Der Grüne Punkt-Duales System Deutschland/Commissione, punti 181‑188).

50      In materia di funzione pubblica si è quindi deciso che l’istituzione è responsabile della rapidità dei lavori dei medici che designa per emettere le conclusioni previste dagli artt. 19 e 21 della regolamentazione di copertura (sentenza del Tribunale della funzione pubblica 1° luglio 2010, causa F‑97/08, Füller-Tomlinson/Parlamento, punto 167, che è oggetto di un’impugnazione dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, causa T‑390/10 P). Tuttavia, qualora si accerti che un ritardo è imputabile ad un comportamento dilatorio, o addirittura ostruzionistico, del funzionario, l’istituzione non deve essere ritenuta responsabile di tale ritardo (v. sentenza Angeletti/Commissione, cit., punto 154).

51      In via preliminare, occorre rammentare che, in forza dell’art. 19, n. 3, prima frase, della regolamentazione di copertura, la decisione che stabilisce il grado di invalidità interviene dopo il consolidamento delle lesioni dell’assicurato. Di conseguenza, occorrerà considerare come punto di partenza della procedura non la denuncia di incidente in data 16 settembre 2003, ma la dichiarazione di consolidamento effettuata dal ricorrente il 21 luglio 2004.

52      Nella fattispecie, sono trascorsi oltre quattro anni tra la dichiarazione di consolidamento del 21 luglio 2004 e la liquidazione, avvenuta alla fine del mese di settembre 2008, dell’indennità dovuta ai sensi dell’art. 73 dello Statuto.

53      Tale durata di oltre quattro anni non appare, prima facie, ragionevole. Ciò a maggior ragione in quanto, in primo luogo, la decisione dell’APN è stata adottata alla luce delle conclusioni del medico designato dall’istituzione, e quindi senza coinvolgere la commissione medica, e in secondo luogo, in quanto la pratica del ricorrente non appariva particolarmente complicata.

54      Tuttavia, l’esame dettagliato delle diverse fasi della procedura ex art. 73 dello Statuto dimostra che tale durata, che di primo acchito appare irragionevole, non può essere imputata ad un comportamento illecito della Commissione.

55      In primo luogo, poco dopo la dichiarazione di consolidamento in data 21 luglio 2004, il PMO 3 ha informato il ricorrente, con lettera 18 agosto 2004, che il medico designato dall’istituzione intendeva esaminarlo e lo ha invitato a contattare la segreteria dei medici, di cui indicava il numero telefonico. Poiché il ricorrente non aveva accolto tale invito, il PMO 3 lo invitava nuovamente, con lettera raccomandata in data 7 febbraio 2005, a fissare un appuntamento con il medico incaricato della sua pratica. Così, l’amministrazione, di fronte alla mancanza di reazione del ricorrente ad una normale lettera, gli ha inviato un sollecito con lettera raccomandata, comportandosi conformemente al principio di buona amministrazione. È certamente vero che tra l’invio della normale lettera e quello della lettera raccomandata sono trascorsi oltre cinque mesi. Tuttavia, tale periodo non può essere considerato, nel caso di specie, irragionevole, in particolare alla luce del fatto che l’incidente denunciato dal ricorrente non era di particolare gravità (ferita al ginocchio sinistro).

56      In secondo luogo, in seguito all’invio da parte della Commissione della lettera raccomandata in data 7 febbraio 2005, il ricorrente ha effettivamente manifestato il suo interesse alla prosecuzione del procedimento svolto ai sensi dell’art. 73 dello Statuto, ma in modo puramente formale. Di fatto, si è rifiutato di collaborare con i servizi competenti dell’istituzione comunicando che non intendeva contattarli per telefono per fissare la data di una visita medica.

57      Infatti, nella sua lettera recante la data del 10 marzo 2005, il ricorrente, pur dichiarandosi «completamente a disposizione del medico designato», ha informato la Commissione della sua intenzione di non contattare per telefono la segreteria di tale medico come gli era stato richiesto, giudicando tale chiamata «inopportuna tenuto conto della massima riservatezza con la quale debbono essere trattati dati di carattere medico».

58      Orbene, è evidente che la chiamata telefonica che la Commissione invitava il ricorrente a effettuare non poteva in alcuna caso compromettere la riservatezza dei dati medici dell’interessato, poiché a quest’ultimo veniva semplicemente chiesto di chiamare il numero telefonico indicato e di comunicare la sua disponibilità al fine di essere sottoposto alla visita medica.

59      Il ricorrente non si è mostrato pronto a cooperare allorché, in seguito ad un’altra lettera raccomandata del PMO 3 in data 29 luglio 2005, che lo invitava a fissare un appuntamento a propria convenienza con il medico designato dall’istituzione, ha, con lettera datata 15 settembre 2005, rinnovato la sua adesione formale a continuare la procedura ex art. 73 dello Statuto, ma ha rifiutato in sostanza di collaborare con l’istituzione, ribadendo di non avere l’intenzione di contattare per telefono l’amministrazione, poiché l’art. 18 della regolamentazione di copertura non prevedeva espressamente tale tipo di contatto.

60      A tale proposito occorre rammentare che gli amministrati, quando si rivolgono all’autorità, devono rispettare un obbligo di informazione e di lealtà verso le istituzioni (sentenza del Tribunale della funzione pubblica 20 gennaio 2011, causa F‑121/07, Strack/Commissione, punto 86, e giurisprudenza ivi citata). Ciò a maggior ragione in quanto, essendo il ricorrente un funzionario, tale obbligo di leale cooperazione trova anche un fondamento nel dovere più generale di lealtà contenuto nell’art. 11, primo comma, dello Statuto (sentenza Strack/Commissione, cit., punto 90).

61      In considerazione dell’obbligo di leale cooperazione a carico del funzionario, non si può ritenere eccessivo che l’istituzione chieda al suo funzionario di telefonare ad un segretariato per fissare un appuntamento medico secondo la propria disponibilità. Al contrario, tale pratica appare conforme al principio di buona amministrazione, giacché evita la convocazione per iscritto del funzionario per una data per cui potrebbe non essere disponibile.

62      Dato il rifiuto del ricorrente di contattare l’amministrazione per telefono, il PMO 3, con lettera raccomandata in data 15 febbraio 2007, ha fissato di propria iniziativa la data della visita medica presso il medico designato dall’istituzione al 19 aprile 2007, invitando l’interessato a presentarsi.

63      Tra quest’ultima lettera e la lettera di sollecito inviata con raccomandata il 29 luglio 2005 è effettivamente trascorso oltre un anno e mezzo.

64      Tuttavia, alla data del 29 luglio 2005 la Commissione aveva già espletato tutte le formalità richieste a questo stadio del procedimento di accertamento d’invalidità ai sensi dell’art. 73 dello Statuto, poiché aveva invitato il ricorrente, con lettere raccomandate del 7 febbraio e del 29 luglio 2005, a contattare il segretariato dei medici. Quindi si può ritenere che, nonostante la mancanza di cooperazione del ricorrente, la Commissione, convocandolo questa volta per una data stabilita, gli abbia offerto un’altra possibilità di essere sottoposto alla visita medica prevista dalla regolamentazione di copertura. Pertanto non si può censurare la Commissione per aver convocato il ricorrente solo il 15 febbraio 2007.

65      In terzo luogo, occorre rammentare che in seguito alla convocazione del 15 febbraio 2007 per un appuntamento con il medico designato dall’istituzione il 19 aprile seguente, il ricorrente, con telefax in data 31 marzo 2007 e lettera raccomandata con ricevuta di ritorno pervenuta al suo destinatario il 12 aprile 2007, ha informato il PMO 3 che non poteva presentarsi a tale appuntamento, poiché un trattamento medico in corso gli impediva di intraprendere lunghi viaggi. Il PMO 3 ha quindi dovuto convocare il ricorrente ad un’altra visita medica. La convocazione per le date del 31 gennaio e del 1° febbraio successivo è stata inviata con lettera in data 7 gennaio 2008.

66      È vero che oltre otto mesi sono trascorsi tra la risposta del ricorrente alla prima convocazione con cui comunicava che non poteva recarsi alla visita medica fissata per il 19 aprile 2007 e la nuova convocazione che gli è stata inviata il 7 gennaio 2008.

67      Tuttavia, non è accertato, e neppure affermato, che nel corso di tale periodo il ricorrente abbia fornito una qualsiasi informazione alla Commissione sulla fine eventuale del trattamento medico che gli aveva impedito di recarsi alla visita medica prevista per il 19 aprile 2007. Pertanto, il PMO 3 ha potuto legittimamente ritenere che tale trattamento fosse ancora in corso, impedendo al ricorrente di mettersi in viaggio per Bruxelles e, di conseguenza, aspettare il 7 gennaio 2008 per indirizzargli la nuova convocazione.

68      In quarto luogo, occorre constatare che la visita medica del ricorrente è effettivamente avvenuta tra il 31 gennaio e il 1° febbraio 2008, che il medico designato dall’istituzione ha presentato le sue conclusioni il 27 marzo 2008, che l’APN ha adottato il suo progetto di decisione il 28 aprile 2008, e che il progetto di decisione 28 aprile 2008 è pervenuto al ricorrente il 14 maggio 2008. Non si può quindi censurare alcun ritardo nella procedura tra la visita medica e la notifica del progetto di decisione 28 aprile 2008 al ricorrente.

69      Tuttavia, il ricorrente asserisce che il versamento, avvenuto solo alla fine del mese di settembre 2008, dell’indennità che gli era dovuta sarebbe stato effettuato con ritardo. In effetti, sarebbero trascorsi tre mesi tra il momento in cui la Commissione è stata informata, il 20 giugno 2008, del suo accordo sul progetto di decisione 28 aprile 2008 e il versamento effettivo della somma dovuta. Orbene, sul formulario con cui il ricorrente ha comunicato il suo accordo sarebbe espressamente menzionato che il versamento di detta somma sarebbe stato effettuato entro sei settimane dalla notifica dell’accordo alla Commissione.

70      A tale proposito, si deve rammentare che con nota del 9 settembre 2008 il PMO 3 ha comunicato al ricorrente di non poter procedere al versamento della somma dovuta, in quanto non disponeva dei codici SWIFT e BIC della sua banca. Il PMO 3 chiedeva pertanto al ricorrente di fornirgli al più presto tali informazioni.

71      Orbene, il formulario predisposto dal PMO 3 indicava espressamente che, per versamenti in paesi diversi dal Belgio, il richiedente doveva fornire «i codici SWIFT e IBAN» della sua banca.

72      Poiché il ricorrente aveva compilato detto formulario omettendo di indicare il codice SWIFT della sua banca, il «ritardo» di alcune settimane nel versamento dell’indennità che egli denuncia deve essere attribuito alla sua negligenza.

73      Dal complesso delle considerazioni che precedono risulta che la durata della procedura ex art. 73 dello Statuto non può essere addebitata ad un comportamento illegittimo della Commissione, e deve, per molte ragioni, essere ricondotta alla mancanza di cooperazione del ricorrente con l’amministrazione, cioè al comportamento ostruzionistico del medesimo.

74      Di conseguenza, il secondo motivo vertente sul carattere irragionevole della procedura ex art. 73 dello Statuto deve essere respinto come infondato.

 Sul terzo motivo, vertente sulla violazione degli obblighi di sollecitudine e di buona amministrazione

 Argomenti delle parti

75      Il ricorrente lamenta che la Commissione avrebbe omesso di prendere debitamente in considerazione i suoi interessi, violando gli obblighi di sollecitudine e di buona amministrazione posti a suo carico.

76      La Commissione rammenta di aver fatto prova, nel caso di specie, di uno spirito di cooperazione e di servizio, non lesinando alcuno sforzo per giungere ad una rapida conclusione della procedura ex art. 73 dello Statuto.

 Giudizio del Tribunale

77      Il ricorrente invoca i doveri di sollecitudine e il principio di buona amministrazione, ma non espone argomenti diversi da quelli addotti a sostegno del secondo motivo, vertente sul carattere irragionevole della procedura ex art. 73 dello Statuto.

78      Occorre rammentare a tale proposito che il dovere di sollecitudine dell’amministrazione nei confronti dei suoi agenti non può dispensare il richiedente dal suo obbligo di cooperare lealmente con l’amministrazione (sentenza Strack/Commissione, cit., punto 90).

79      Per quanto riguarda il principio di buona amministrazione, che è di applicazione più generale, neanch’esso dispensa l’amministrato dall’obbligo di informazione e di lealtà verso le istituzioni che è posto a suo carico quando si rivolge alle istituzioni (sentenza del Tribunale della funzione pubblica 20 gennaio 2011, causa F‑132/07, Strack/Commissione, punto 79, e giurisprudenza ivi citata).

80      Orbene, dai motivi della presente ordinanza (punti 55‑73) risulta che la Commissione ha agito in conformità del principio di buona amministrazione, allorché è stata messa di fronte al comportamento non cooperativo, o addirittura ostruzionistico, del ricorrente.

81      Pertanto, il terzo motivo deve essere respinto per gli stessi motivi enunciati nella presente ordinanza al fine di escludere il secondo motivo.

82      Alla luce delle considerazioni che precedono e dell’assenza di comportamento illegittimo dell’istituzione, le conclusioni dirette al risarcimento danni, per quanto riguarda il capitale e gli interessi, devono essere respinte in quanto manifestamente prive di qualsiasi fondamento in diritto, senza che occorra neppure esaminare le altre due condizioni cui è subordinata la fondatezza di un ricorso per risarcimento danni.

 Sulle spese

83      Ai sensi dell’art. 87, n. 1, del regolamento di procedura, fatte salve le altre disposizioni del capo VIII del titolo II di tale regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. In forza del n. 2 dello stesso articolo, per ragioni di equità, il Tribunale può decidere che una parte soccombente sia condannata solo parzialmente alle spese, o addirittura che non debba essere condannata a tale titolo.

84      Dai motivi precedentemente esposti risulta che il ricorrente è la parte soccombente. Inoltre, la Commissione, nelle sue conclusioni, ha espressamente chiesto la condanna del ricorrente alle spese. Poiché le circostanze della fattispecie non giustificano l’applicazione delle disposizioni dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, occorre condannare il ricorrente a sopportare, oltre alle proprie spese, le spese esposte dalla Commissione.

 Sull’applicazione dell’art. 94 del regolamento di procedura

85      L’art. 94 del regolamento di procedura così recita:

«Il procedimento dinanzi al Tribunale è gratuito, fatte salve le disposizioni seguenti:

a) se il Tribunale ha dovuto sopportare spese che avrebbero potuto essere evitate, in particolare se il ricorso è manifestamente ingiustificato, esso può condannare la parte che le ha provocate a rimborsarle integralmente o in parte, senza che l’ammontare di tale rimborso possa eccedere la somma di 2 000 euro;

(…)».

86      Nel caso di specie, oltre alla circostanza che il presente ricorso è stato respinto come manifestamente infondato in diritto, occorre rilevare che il Tribunale di primo grado delle Comunità europee, nella sua ordinanza 17 maggio 2006, causa T‑241/03, Marcuccio/Commissione (punto 65), nonché il Tribunale della funzione pubblica, nelle sue ordinanze 6 dicembre 2007, causa F‑40/06, Marcuccio/Commissione (punto 50); 4 novembre 2008, causa F‑133/06, Marcuccio/Commissione (punto 58); 7 ottobre 2009, causa F‑3/08, Marcuccio/Commissione (punto 43), e 25 marzo 2010, causa F‑102/08, Marcuccio/Commissione (punto 45, attualmente oggetto di un’impugnazione pendente dinanzi al Tribunale dell’Unione europea, causa T‑256/10 P), hanno già dichiarato che, in tali procedimenti, il ricorrente aveva prescelto la via contenziosa senza alcuna giustificazione. Orbene, è evidente che il presente procedimento rappresenta la prosecuzione di tale scelta. Pertanto, in considerazione della rilevanza delle spese che il Tribunale ha dovuto sopportare, il ricorrente dev’essere condannato a rimborsare una parte di tali spese al Tribunale per un importo di EUR 1 000.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA
(Terza Sezione)

così provvede:

1)      Il ricorso del sig. Marcuccio è respinto in quanto manifestamente privo di qualsiasi fondamento in diritto.

2)      Il sig. Marcuccio è condannato a sopportare, oltre alle proprie spese, le spese sostenute dalla Commissione europea.

3)      Il sig. Marcuccio è condannato a rimborsare al Tribunale la somma di EUR 1 000 ai sensi dell’art. 94 del regolamento di procedura.

Lussemburgo, 30 giugno 2011

Il cancelliere

 

       Il presidente

W. Hakenberg

 

       P. Mahoney


* Lingua processuale: l’italiano.