Language of document : ECLI:EU:C:2013:694

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

WAHL

presentate il 24 ottobre 2013 (1)

Causa C‑82/12

Transportes Jordi Besora, S.L.

contro

Tribunal Económico Administrativo Regional de Cataluña (TEARC)

Generalitat de Catalunya

[Domanda di pronuncia pregiudiziale del Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Sala de lo Contencioso Administrativo) (Spagna)]

«Direttiva 92/12/CEE – Accise – Oli minerali – Articolo 3, paragrafo 2 – Finalità specifica – Rispetto dell’economia generale dell’accisa o dell’IVA – Imposta nazionale riscossa sulla vendita al dettaglio di taluni idrocarburi – Limitazione degli effetti temporali di una sentenza»





1.        La presente causa verte sulla corretta interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 92/12/CEE (in prosieguo: la «direttiva sulle accise») (2). Detta disposizione riconosce il diritto degli Stati membri di introdurre o mantenere imposizioni indirette su prodotti già soggetti a norme armonizzate in materia di accise. Detto diritto è tuttavia soggetto a due condizioni: (i) che l’imposta di cui trattasi abbia una finalità specifica e (ii) che rispetti le regole di imposizione applicabili ai fini delle accise o (3) dell’IVA per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l’esigibilità e il controllo dell’imposta.

2.        Con la sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il Tribunal Superior de Justicia de Cataluña (Corte suprema della Catalogna, Spagna) chiede se un’imposta specifica indiretta sulle vendite al dettaglio di determinati idrocarburi (Impuesto sobre las Ventas Minoristas de Determinados Hidrocarburos, in prosieguo: l’«IVMDH»), riscossa sul consumo di tali prodotti, sia compatibile con l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise. Segnatamente, il giudice del rinvio chiede chiarimenti su due punti: cosa costituisca una «finalità specifica» ai sensi di tale disposizione e quali siano i requisiti affinché un’imposta indiretta sia considerata conforme all’economia generale delle norme applicabili ai fini delle accise o dell’IVA. In considerazione delle conseguenze finanziarie che ne discendono, la causa solleva anche la questione se gli effetti di un’eventuale dichiarazione di incompatibilità debbano essere limitati nel tempo.

3.        In prosieguo spiegherò perché non ritengo che l’IVMDH sia compatibile con l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise. Esporrò anche le ragioni per le quali non reputo opportuno limitare gli effetti di un accertamento di incompatibilità nelle circostanze della fattispecie in esame.

I –    Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione europea

4.        A norma dell’articolo 1, paragrafo 1, l’obiettivo della direttiva sulle accise è quello di stabilire «il regime dei prodotti sottoposti alle accise e ad altre imposte indirette gravanti, direttamente o indirettamente, sul consumo di questi prodotti, ad esclusione dell’imposta sul valore aggiunto e delle imposte stabilite [dall’Unione europea]».

5.        Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, la direttiva si applica, inter alia, agli oli minerali. L’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva dispone:

«I prodotti di cui al paragrafo 1 possono formare oggetto di altre imposizioni indirette aventi finalità specifiche, nella misura in cui esse rispettino le regole di imposizione applicabili ai fini delle accise o dell’IVA per la determinazione della base imponibile, il calcolo, l’esigibilità e il controllo dell’imposta».

6.        L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva è così formulato:

«L’accisa diviene esigibile all’atto dell’immissione in consumo o della constatazione degli ammanchi che dovranno essere soggetti ad accisa ai sensi dell’articolo 14, paragrafo 3.

Si considera immissione in consumo di prodotti soggetti ad accisa:

a) lo svincolo (…) da un regime sospensivo;

b) la fabbricazione (…) dei prodotti in questione al di fuori di un regime sospensivo;

c) l’importazione (…) dei prodotti in questione, quando essi non sono vincolati a un regime sospensivo».

B –    Diritto spagnolo

7.        L’IVMDH è stata introdotta in Spagna con la legge nazionale n. 24/2001 (4), il cui articolo 9 è così formulato:

«Con effetti a decorrere dal 1° gennaio 2002 è istituita una nuova imposta sulle vendite al dettaglio di taluni idrocarburi, che sarà disciplinata dalle seguenti disposizioni:

1. Caratteristiche

1.      L’imposta sulle vendite al dettaglio di taluni idrocarburi è un’imposta indiretta che grava sul consumo di questi ultimi ed è assolta singolarmente sulle vendite al dettaglio dei prodotti annoverati nel suo ambito oggettivo di applicazione (…).

(...)

3.      Gli importi provenienti da detta imposta saranno totalmente destinati al finanziamento di spese sanitarie, secondo criteri obiettivi fissati a livello nazionale. Fermo restando quanto precede, la parte di risorse derivante dalle aliquote d’imposta delle Comunità autonome potrà essere destinata al finanziamento di interventi nel settore dell’ambiente, che dovranno basarsi sul medesimo tipo di criteri.

(…)

3. Ambito di applicazione

1.      I seguenti idrocarburi rientrano nell’ambito di applicazione della presente imposta: benzina, diesel, nafta e cherosene, non utilizzati come combustibile per riscaldamento (…).

(…)

5. Fatto imponibile

1.      L’imposta riguarda le vendite al dettaglio dei prodotti annoverati nel suo ambito oggettivo di applicazione, nonché le operazioni che implicano l’uso privato dei prodotti oggetto di imposizione da parte dei soggetti passivi dell’imposta.

(...)

7. Soggetti passivi

I soggetti passivi sono i proprietari dei prodotti soggetti ad imposizione che, con riferimento ad essi, effettuano operazioni cui si applica l’imposta.

(...)

8. Esigibilità

1.      L’imposta diviene esigibile al momento della messa a disposizione dei prodotti inclusi nell’ambito oggettivo di applicazione nei confronti degli acquirenti o, se del caso, all’atto del loro autoconsumo, purché sia stato appurato il regime di sospensione (…) relativo alle accise.

(...)

9. Base imponibile

1.      La base dell’imposta sarà costituita dal volume dei prodotti soggetti ad imposizione, espresso in migliaia di litri (...).

(...).

10. Aliquote.

1.      L’aliquota applicabile a ciascun prodotto soggetto ad imposta sarà data dalla somma delle aliquote statale e delle Comunità autonome.

(...)

3.      L’aliquota della Comunità autonoma sarà quella che viene approvata dalla Comunità autonoma, conformemente alla [legge sulle misure fiscali e amministrative per il nuovo sistema di finanziamento delle Comunità autonome e delle città]. In caso di mancata approvazione da parte di quest’ultima, l’aliquota dell’onere sarà solo quella statale».

II – Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

8.        La Transportes Jordi Besora S.L. (in prosieguo: la «TJB») è un’impresa di trasporti avente sede nella Comunidad Autónoma de Cataluña. Per garantire il funzionamento dei propri veicoli, acquista un’ingente quantità di combustibile. Tra il 2005 e il 2008 detti acquisti erano soggetti all’IVMDH ed un importo totale di EUR 45 632,38 è stato ripercosso sulla TJB.

9.        Il 30 novembre 2009, la TJB chiedeva all’Oficina Gestora de Impuestos Especiales (ufficio tributi competente per le accise) il rimborso dell’IVMDH pagata tra il 2005 e il 2008, considerando detta imposta contraria all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise. La domanda della TJB veniva tuttavia respinta con decisione del 1° dicembre 2009.

10.      La TJB esperiva ricorso avverso detta decisione dinanzi al Tribunal Económico Administrativo Regional de Cataluña (organo amministrativo paragiurisdizionale in ambito fiscale della Comunità autonoma di Catalogna; in prosieguo: il «TEARC»). L’azione veniva respinta con decisione del 10 giugno 2010.

11.      La TJB impugnava successivamente la sentenza dinanzi al giudice del rinvio, che chiede adesso una pronuncia pregiudiziale sulle seguenti questioni:

«1)      Con riferimento all’articolo 3, paragrafo 2, della [direttiva sulle accise] e, in particolare, all’esigenza di una “finalità specifica” di una determinata imposta:

a)      se detta disposizione debba essere interpretata nel senso che esige che lo scopo perseguito non possa essere realizzato mediante un’altra imposta armonizzata;

b)      se detta disposizione debba essere interpretata nel senso che sussistono finalità puramente di bilancio qualora una determinata imposta sia stabilita in concomitanza con il trasferimento di talune competenze alle Comunidades Autónomas, a cui, a loro volta, sono devoluti i gettiti derivanti dalla riscossione dell’imposta al fine di sostenere, parzialmente, i costi generati dalle competenze trasferite, potendo venire in essere aliquote dell’onere diverse fra loro, a seconda del territorio di ciascuna Comunità autonoma;

c)      in caso di risposta negativa alla questione precedente, se la nozione di “finalità specifica” debba essere interpretata nel senso che il relativo obiettivo debba essere unico o se, al contrario, sia possibile il conseguimento di più scopi differenti, tra i quali figura anche quello di puro bilancio, volto a ottenere il finanziamento di determinate competenze;

d)      qualora la risposta alla questione precedente ammetta il conseguimento di più scopi, quale sia il grado di rilevanza che, ai fini dell’articolo 3, paragrafo 2, della [direttiva sulle accise], deve caratterizzare un determinato scopo affinché l’imposta risponda a una “finalità specifica”, ai sensi della giurisprudenza della [Corte], nonché quali siano i criteri per delimitare le finalità principali da quelle secondarie.

2)      Relativamente all’articolo 3, paragrafo 2, della [direttiva sulle accise] e, in particolare, al rispetto delle regole di imposizione applicabili ai fini delle accise o dell’IVA per la determinazione dell’esigibilità:

a)      se alla summenzionata disposizione sia contraria un’imposta indiretta non armonizzata (come l’IVMDH), esigibile all’atto della vendita al dettaglio del carburante nei confronti del consumatore finale, diversamente dall’imposta armonizzata (imposta sugli oli minerali [(5)], riscuotibile nel momento in cui i prodotti escono dall’ultimo deposito fiscale) o dall’IVA (che, pur essendo riscossa anche all’atto della vendita al dettaglio finale, è esigibile in ogni fase del processo di produzione e di distribuzione), in quanto non rispetterebbe – ai sensi della sentenza [EKW e Wein & Co cit. (punto 47)] – l’economia generale dell’una o dell’altra di queste tecniche d’imposizione, così come sono organizzate dalla normativa [dell’Unione europea];

b)      in caso di risposta negativa alla questione precedente, se occorra intendere che detta condizione di rispetto è soddisfatta senza la necessità di coincidenze ai fini dell’esigibilità, semplicemente in quanto l’imposta indiretta non armonizzata (in questo caso l’IVMDH) non interferisca – nel senso che non lo ostacola né impedisce – con il normale funzionamento dell’esigibilità delle accise o dell’IVA».

12.      Osservazioni scritte sono state presentate dalla TJB, dalla Generalitat de Catalunya, dai governi spagnolo, greco e portoghese, nonché dalla Commissione. All’udienza del 26 giugno 2013 la TJB, la Generalitat de Catalunya, i governi spagnolo e francese e la Commissione hanno svolto argomenti orali.

III – Analisi

A –    Osservazioni preliminari

13.      Il giudice del rinvio ha diviso le sue due questioni in alcune sotto questioni. Tuttavia, mi sembra che le questioni siano anzitutto dirette a stabilire se l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise osti ad un’imposta indiretta come l’IVMDH nella fattispecie in esame.

14.      Posto che il rispetto dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise impone che siano soddisfatti entrambi i requisiti di cui al precedente paragrafo 1 [ossia (i) che l’imposta abbia una «finalità specifica» e (ii) che sia in linea con l’economia generale delle accise o dell’IVA], esaminerò separatamente ciascuna di queste condizioni. Tuttavia, prima di considerare in cosa consista una finalità specifica, commenterò brevemente la natura dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise, nel contesto del sistema stabilito da quest’ultima.

15.      Occorre ricordare che la proposta originaria della Commissione per una direttiva sulle accise prevedeva che i prodotti rientranti nella direttiva fossero «gravati solo da accisa e dall’imposta sul valore aggiunto» (6). Tuttavia, il Consiglio ha insistito affinché gli Stati membri mantenessero un potere impositivo residuo. Ciò era giustificato dalla differenza nell’approccio alle accise e al ruolo delle imposte indirette nell’attuazione delle politiche non di bilancio negli Stati membri. L’inserimento dell’articolo 3, paragrafo 2, nella direttiva sulle accise riflette la posizione assunta dal Consiglio su quello che considerava essere il giusto livello di armonizzazione in materia (7).

16.      Inoltre, interpretando l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise, occorre ricordare che detta disposizione costituisce una deroga al sistema generale delle accise armonizzate. Di conseguenza, essa deve essere interpretata restrittivamente (8).

B –    Prima condizione: esistenza di una «finalità specifica» non di bilancio

17.      La giurisprudenza della Corte, e segnatamente la sentenza EKW e Wein & Co, contiene elementi dai quali si può desumere una risposta alla questione posta dal giudice del rinvio.

18.      Riguardo alla questione di cosa costituisca una «finalità specifica», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise, la Corte ha statuito che essa si deve intendere come uno scopo «che non sia puramente di bilancio» (9). Essa ha anche dichiarato che il rafforzamento dell’autonomia comunale mediante il riconoscimento di un potere di prelievo fiscale costituisce un obiettivo puramente di bilancio, il quale non può, di per sé solo, rientrare nell’ambito di applicazione della deroga di cui all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise (10). È importante rilevare, pertanto, che, al fine di rispettare detta disposizione, l’imposta indiretta di cui trattasi dovrebbe avere una finalità non solo di bilancio.

19.      A questo riguardo, dai documenti presentati alla Corte emerge che l’IVMDH è stata introdotta nel momento in cui talune competenze nel settore sanitario sono state trasferite alle Comunità autonome. È comunemente accettato che la finalità perseguita dall’IVMDH era quella di coprire parte delle spese sostenute a seguito del trasferimento di dette competenze. Confermando questo punto nelle sue osservazioni scritte, la Generalitat de Catalunya ammette che l’obiettivo della creazione dell’IVMDH era quello di garantire alle Comunità autonome risorse sufficienti per sostenere le spese relative alla sanità ad esse imposte a seguito del trasferimento delle competenze nel settore sanitario. In udienza è stato ulteriormente chiarito che il gettito dell’IVMDH è stato utilizzato, inter alia, per costruire nuovi ospedali.

20.      Ciò premesso, si solleva la seguente questione: se un’imposta indiretta finalizzata (almeno in parte) ad un obiettivo di bilancio, nel senso che finanzia le competenze trasferite nel settore sanitario, possa ciononostante essere considerata compatibile con l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise.

21.      Sebbene spetti al giudice del rinvio accertare gli elementi di fatto ed applicare ai fatti della causa il contesto interpretativo fornito dalla Corte, devo confessare che ho qualche difficoltà ad accettare che un’imposta indiretta come l’IVMDH possa perseguire una «finalità specifica» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise. Secondo il giudice a quo, l’IVMDH persegue lo stesso obiettivo dell’accisa armonizzata (l’«IH»), ossia quello di ridurre i costi sociali (sanitari e ambientali) generati dal consumo di idrocarburi.

22.      È vero che non si può escludere che un’imposta che – oltre a perseguire un obiettivo di bilancio – è specificamente intesa a tutelare la sanità pubblica o l’ambiente possa perseguire una «finalità specifica», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2 (11). A mio avviso, tuttavia, il fatto che gli obiettivi delle leggi che introducono l’IVMDH e l’IH coincidano esclude a priori la possibilità di invocare l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise. Infatti, a causa di questa sovrapposizione, non si può affermare che l’IVMDH persegua una finalità specifica ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise (12). Siffatta interpretazione pregiudicherebbe semplicemente gli sforzi di armonizzare il regime delle accise e creerebbe un’accisa supplementare, contrariamente all’obiettivo medesimo della direttiva sulle accise di eliminare le rimanenti barriere sul mercato interno. Infatti, nonostante l’obiettivo genericamente formulato vertente sulla tutela della sanità pubblica e dell’ambiente, entrambi gli strumenti sembrano perseguire, in ultima analisi, il medesimo obiettivo di bilancio di sopperire alle esigenze generali della spesa pubblica in un determinato settore (13).

23.      Inoltre – anche ammesso che non esista una sovrapposizione degli obiettivi sopra descritti – credo che possano essere applicati due criteri per determinare se un’imposta indiretta, come l’IVMDH nella fattispecie, persegua una «finalità specifica» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise. Questi sono: (i) la struttura dell’imposta stessa (e, segnatamente, le sue modalità di calcolo) o (ii) l’impiego del gettito dell’imposta per promuovere il raggiungimento di una finalità specifica (non di bilancio) (14). Ritengo che il punto (ii) sia secondario rispetto al punto (i) e svolga un ruolo solo se non si può stabilire sulla base del primo criterio se l’imposta in questione persegua una finalità specifica.

24.      In primo luogo, la struttura di un’imposta indiretta può costituire un’indicazione particolarmente utile circa la finalità non di bilancio di un’imposta. Mi sembra infatti che la «struttura» offra lo strumento principale per identificare una «finalità specifica». Ciò perché un’imposta di rado sfugge ai vincoli di un obiettivo di bilancio, a meno che la sua struttura non confermi l’esistenza di un’altra finalità non di bilancio.

25.      In particolare, un obiettivo non di bilancio può essere individuato allorché un’imposta è fissata a un livello tale da scoraggiare o incoraggiare un determinato comportamento. Ciò avviene, segnatamente, se il livello dell’imposta varia a seconda degli effetti negativi per la salute o per l’ambiente del prodotto tassato (15). Un punto importante da rilevare è che, nella misura in cui la struttura dell’imposta mostra che essa serve uno scopo specifico, il gettito ottenuto può essere impiegato per qualsiasi finalità ritenuta idonea. A questo proposito – e nonostante il fatto che l’obiettivo dichiarato dell’IVMDH sia quello di ridurre gli effetti negativi del consumo di idrocarburi – osservo che la Corte non ha ricevuto informazioni nel senso che la struttura dell’IVMDH sia di fatto concepita per scoraggiare specificamente il consumo di idrocarburi o, eventualmente, per incoraggiare l’uso di qualche altro tipo di prodotto ritenuto meno dannoso sotto il profilo della sanità pubblica o dell’ambiente (16).

26.      In secondo luogo, sebbene la struttura non indichi l’esistenza di una «finalità specifica» vera e propria, l’imposta in questione può comunque essere considerata come rientrante nella deroga prevista all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise. Ciò avviene nel caso in cui il gettito dell’imposta venga usato per finanziare misure specifiche, che contribuiscono direttamente al raggiungimento di una finalità non di bilancio specifica (riguardante, ad esempio, la tutela della sanità pubblica o l’ambiente). Ai sensi di questa seconda ipotesi secondaria, ritengo che sia particolarmente importante – al fine di rispettare il fatto che l’articolo 3, paragrafo 2 costituisce un’eccezione alla norma generale – stabilire un nesso sufficientemente stretto tra l’impiego del gettito dell’imposta, da un lato, e il raggiungimento della finalità specifica (non di bilancio) dell’imposta, dall’altro.

27.      Ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, terzo comma, della legge n. 24/2001, il gettito dell’IVMDH deve essere utilizzato per provvedimenti di tutela della sanità e dell’ambiente (sebbene il finanziamento di provvedimenti ambientali sembri essere opzionale). Esso è dunque indubbiamente assegnato ad una finalità predeterminata. Tuttavia, detta finalità a mio avviso resta puramente di bilancio. Nelle circostanze della specie, l’uso del gettito è definito molto genericamente: le misure finanziate dall’IVMDH non sono affatto limitate a quelle di cui si può sostenere che presentino uno stretto collegamento con l’obiettivo di combattere gli effetti dannosi dell’uso dei prodotti tassati.

28.      È importante operare una distinzione tra l’obiettivo dell’imposta – su cui verte la questione in esame – e i possibili usi per i quali è impiegato il gettito della medesima. Contrariamente all’ipotesi che si configura in relazione al criterio della «struttura», menzionato al paragrafo 24 supra (nella quale i fondi ottenuti possono essere usati come ritenuto opportuno), la questione di come sia impiegato il gettito acquista qui particolare significato. Ciò perché, al fine di stabilire un nesso tra l’uso del gettito e la finalità specifica dell’imposta in questione, è imperativo che l’uso per cui sono impiegati i fondi contribuisca al raggiungimento della finalità non di bilancio dell’imposta di cui trattasi (nella fattispecie: la riduzione dei costi sociali attinenti al consumo di idrocarburi).

29.      In sintesi, accettare che l’osservanza dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise richiederebbe soltanto che il gettito dell’imposta sia assegnato ad una finalità predeterminata (o, eventualmente, a finalità predeterminate, come avviene nella fattispecie) priverebbe semplicemente la direttiva della sua efficacia. Infatti, siffatta interpretazione aprirebbe la deroga a qualsiasi finalità, di bilancio o non di bilancio, purché il gettito di cui trattasi sia impiegato in un modo specifico per far fronte a determinati costi sopportati dalle autorità. Inoltre, essa consentirebbe agli Stati membri di invocare diversi obiettivi concorrenti predeterminati al fine di giustificare la necessità di introdurre altre imposte indirette su prodotti disciplinati dalla direttiva.

30.      A mio avviso, la mera circostanza che le entrate di un’imposta vengano destinate a misure sanitarie e ambientali in generale non è sufficiente a provare che l’imposta persegue una finalità non di bilancio, come richiesto dall’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise. Nella fattispecie in esame, non è stato stabilito un nesso diretto tra le misure finanziate con il gettito dell’IVMDH, da un lato, e l’obiettivo di eliminare o ridurre l’impatto negativo associato con il consumo degli idrocarburi, d’altro lato.

31.      Di fatto, nulla nei documenti presentati alla Corte suggerisce che il gettito dell’IVMDH debba essere destinato a misure specifiche concernenti la sanità o l’ambiente che possano a loro volta confermare l’esistenza di una finalità non di bilancio. Come sopra menzionato, il gettito ottenuto dall’IVMDH è stato utilizzato per far fronte a spese (di natura generale) connesse, segnatamente, alla sanità, un settore trasferito alle Comunità autonome insieme all’introduzione dell’IVMDH. Per rientrare nella deroga di cui all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise, le norme nazionali devono specificare, per lo meno, quale sia la destinazione del gettito dell’imposta (promuovere la finalità non di bilancio dell’imposta). Inoltre, laddove sono adottati diversi livelli di imposizione, le norme che fissano detti livelli devono anche contenere criteri oggettivi sui quali possa fondarsi siffatta differenziazione.

32.      Alla luce di quanto sopra, non credo che un’imposta indiretta come l’IVMDH possa essere considerata come avente una «finalità specifica» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise. Ciò premesso, non è necessario considerare la seconda questione (rispetto dell’economia generale delle accise o dell’IVA). Qualora tuttavia la Corte intendesse procedere a detta valutazione, osservo quanto segue.

C –    Seconda condizione: osservanza dell’economia generale delle regole applicabili alle accise o all’IVA

33.      Ricordo anzitutto che, ai fini dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise, è sufficiente, come sottolineato dal giudice a quo, che un’imposta indiretta, che persegue una finalità specifica, rispetti le regole di imposizione applicabili per le accise o per l’IVA per quanto concerne (i) la determinazione della base imponibile, (ii) il calcolo dell’imposta, (iii) l’esigibilità (iv) e il controllo (17). Il giudice del rinvio non è certo se ciò avvenga per quanto riguarda l’IVMDH.

34.      L’incertezza del giudice a quo riguardo alla seconda condizione verte essenzialmente sulla questione dell’esigibilità (18). A questo riguardo, nella sentenza EKW e Wein & Co, la Corte ha statuito che l’imposta in questione in quel procedimento non rispettava «le regole relative all’esigibilità delle accise, in quanto essa è esigibile solo nella fase della vendita al consumatore, e non all’atto dell’immissione in consumo» (il corsivo è mio) (19).

35.      Tale conclusione è direttamente trasponibile nella fattispecie in esame.

36.       In realtà, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva sulle accise, l’accisa diviene esigibile «all’atto dell’immissione in consumo» (20). Ciò avviene quando il prodotto esce dall’ultimo deposito fiscale. Contrariamente a detta disposizione, il fascicolo processuale mostra che l’IVMDH è riscossa in occasione della vendita al dettaglio di siffatti prodotti (che avviene dopo l’«immissione in consumo», ai sensi della direttiva sulle accise).

37.      È pur vero, tuttavia, che la giurisprudenza della Corte chiarisce che l’osservanza dell’economia generale delle norme sulle accise (o sull’IVA) non richiede che l’imposta indiretta rispetti tutte le regole relative alle accise quanto alla determinazione della base imponibile, al calcolo, all’esigibilità e al controllo dell’imposta. È sufficiente invece che le imposizioni indirette siano conformi, su detti quattro punti, all’economia generale dell’una o dell’altra di queste tecniche d’imposizione così come sono organizzate dalla normativa comunitaria (21). Infatti, come sottolineato dall’avvocato generale Saggio, la totale coincidenza tra le due discipline non solo farebbe venir meno l'effetto utile dell'articolo 3, paragrafo 2, ma rischierebbe di determinare forme addizionali di accisa, in contrasto con il principio dell'unicità dell’accisa (22).

38.      Seguendo questo ragionamento, sembra che, se uno Stato membro intende introdurre un’imposta indiretta, con una finalità specifica collegata alla tutela della sanità pubblica (e dell’ambiente), su taluni tipi di oli minerali, esso possa procedervi soltanto nella misura in cui detta imposta rispetti tutte le norme dell’Unione europea relative alla pertinente categoria di prodotti con riguardo o all’accisa o all’IVA, ma non dovrebbe anche rispettare alla lettera tutte le regole specifiche – ammesso che siffatte regole esistano – relative ad una particolare sottocategoria di siffatti prodotti (23).

39.      Resta tuttavia la questione di quando un’imposta rispetti l’economia generale di una di dette tecniche impositive. Ed inoltre, se possa desumersi un’incompatibilità dalla circostanza che le imposte di cui trattasi non divengono esigibili nello stesso momento.

40.      A mio avviso, la risposta a tali questioni può ravvisarsi nella ratio che sottende la direttiva sulle accise. La Corte ha dichiarato che la direttiva mira ad evitare che le imposizioni indirette supplementari ostacolino indebitamente gli scambi. Tale sarebbe in particolare il caso se gli operatori economici fossero assoggettati a formalità diverse da quelle previste dalla normativa dell’Unione europea relativa alle accise o all’IVA (24). Se l’imposta indiretta di cui trattasi interferisce con questo obiettivo, essa non può essere compatibile con nessuno dei menzionati sistemi impositivi. Il criterio rilevante è dunque se l’imposta interferisca o meno con il corretto funzionamento del mercato interno, e non, come sostengono la Generalitat de Catalunya e il governo spagnolo, se essa interferisca con il corretto funzionamento del sistema introdotto dalla direttiva sulle accise (o dalla direttiva IVA) (25).

41.      Infatti, mentre la direttiva sulle accise non opera una distinzione esplicita tra i quattro criteri (base imponibile, calcolo dell’imposta, controllo ed esigibilità) relativamente al rispettivo ordine di importanza ai fini di stabilire se l’imposta in questione rispetti l’economia generale del sistema delle accise o dell’IVA, la direttiva attribuisce comunque particolare importanza all’esigibilità. Ciò a causa del suo significato per il corretto funzionamento del mercato interno (26).

42.      Un punto da non trascurare è che la discrepanza relativa all’esigibilità avrà un impatto sulla durata del regime sospensivo (sebbene la differenza di tempo possa dipendere dalla natura dei prodotti di cui trattasi). Ai sensi della direttiva sulle accise, il controllo del prodotto cessa nel momento in cui questo esce dal deposito fiscale. Nelle circostanze in esame, l’IVMDH esige ciononostante che il controllo continui sino a quando il prodotto è venduto all’utente finale. In udienza è anche emersa l’esistenza di ulteriori discrepanze tra l’IVMDH e il sistema introdotto dalla direttiva sulle accise: ciò avviene, segnatamente, relativamente all’obbligo di dichiarare l’imposta di cui trattasi e il metodo di calcolo della medesima (27).

43.      Riguardo all’IVA, basti osservare che, ai sensi della sentenza della Corte nella causa EKW e Wein & Co, è giurisprudenza costante che un’imposta indiretta non armonizzata come l’IVMDH, che viene percepita unicamente nella fase della vendita al consumo e non, come avviene per l’IVA, in ogni fase del processo di produzione e di distribuzione, non può essere considerata come compatibile con l’economia generale del regime dell’IVA (28).

44.      In sintesi, l’introduzione di un’imposta supplementare che diviene esigibile in un momento diverso dall’accisa (il che significa anche che i soggetti passivi possono essere diversi per le due imposte) crea formalità supplementari per gli operatori economici, ai sensi della giurisprudenza della Corte. Di conseguenza, siffatta imposta è vietata dall’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise.

45.      Infine, con riguardo alla questione se l’IVMDH (ammesso che persegua una finalità specifica) possa essere interpretata, nonostante l’interpretazione sopra suggerita, nel senso che essa è compatibile con l’articolo 3, paragrafo 2, soltanto perché essa non impedisce o ostacola il corretto funzionamento dell’esigibilità delle accise e dell’IVA, come sembra suggerire il giudice a quo nella seconda parte della seconda questione, rinvio alle mie osservazioni al paragrafo 40 supra.

46.      Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise osti ad un’imposta indiretta come l’IVMDH, su cui verte il procedimento a quo, laddove il giudice nazionale accerti che siffatta imposta non persegue una finalità specifica non di bilancio e non rispetta l’economia generale delle norme che disciplinano le accise o l’IVA, per quanto concerne la determinazione dell’esigibilità.

D –    Se nella fattispecie in esame sia opportuno limitare gli effetti temporali della sentenza della Corte

47.      Il governo spagnolo ha chiesto alla Corte di limitare gli effetti temporali della sua sentenza ove dichiarasse che l’IVMDH è incompatibile con l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise. In considerazione dell’approccio adottato nelle presenti conclusioni, occorre considerare se siffatta limitazione sia giustificata nella fattispecie. Sebbene dagli argomenti (29) avanzati dal governo spagnolo emerga che non devono essere sottovalutate le conseguenze finanziarie di una dichiarazione di incompatibilità, non ritengo opportuno nelle circostanze del caso limitare gli effetti temporali di una dichiarazione di incompatibilità.

48.      Anzitutto, ricordo che un’interpretazione fornita dalla Corte di una norma di diritto dell’Unione europea mira a chiarire e definire il significato e la portata di detta norma così come avrebbe dovuto essere intesa ed applicata sin dal momento della sua entrata in vigore. Ne consegue che la disposizione – come interpretata dalla Corte – deve essere applicata a tutti i rapporti giuridici, compresi quelli sorti e costituitisi prima della pronuncia della sentenza che statuisce sull’interpretazione (30). In linea di principio, la Corte può dunque limitare gli effetti temporali delle sue sentenze soltanto in circostanze eccezionali (31).

49.      La Corte ha in precedenza accettato la limitazione degli effetti temporali di una sentenza in presenza di due condizioni (cumulative). Da un lato, occorre stabilire un «rischio di gravi ripercussioni economiche» dovute, in particolare, all’elevato numero di rapporti giuridici costituiti in buona fede sulla base della normativa ritenuta validamente vigente. D’altro lato, il comportamento non conforme al diritto doveva essere il risultato dell’esistenza di un’oggettiva e rilevante incertezza circa l’interpretazione e la portata delle disposizioni di diritto dell’Unione di cui trattasi. A questo riguardo, la Corte ha attribuito particolare importanza ai comportamenti tenuti da altri Stati membri e dalla Commissione, che possono aver contribuito al comportamento non conforme controverso (32).

50.      Nella fattispecie, il governo spagnolo ha avanzato tre argomenti a giustificazione della limitazione degli effetti temporali dell’accertamento di incompatibilità. In primo luogo, esso sostiene che l’applicazione retroattiva di una siffatta sentenza comporterebbe serie conseguenze finanziarie per la Spagna e per le sue Comunità autonome, in quanto i rimborsi dovuti in caso di dichiarazione di incompatibilità ammonterebbero, secondo la stima del governo spagnolo, a circa 13 miliardi di EURO (ossia l’1,25% del prodotto nazionale lordo spagnolo nel 2011) (33). In secondo luogo, esso sostiene che un obbligo di rimborsare le imposte indebitamente percepite pregiudicherebbe gravemente il finanziamento del sistema della sanità pubblica nel territorio delle Comunità autonome. In terzo luogo, il governo spagnolo afferma che la Commissione ha contribuito con il suo comportamento alla violazione di cui trattasi.

51.      In udienza, la Commissione e la TJB hanno messo in discussione, segnatamente, le stime prodotte dal governo spagnolo riguardo all’entità del rischio finanziario coinvolto. A loro avviso, le regole di prescrizione nazionali escluderebbero automaticamente i ricorsi risalenti a oltre 4 anni prima. Inoltre, in considerazione dell’elevato numero di ricorsi già pendenti, la Commissione ha anche messo in discussione l’effetto pratico della limitazione dell’applicazione retroattiva di una dichiarazione di incompatibilità.

52.      Anche supponendo che le obiezioni siano fondate, non ho dubbi, come sopra menzionato, che gli importi coinvolti restino considerevoli. Di fatto, tenendo conto, segnatamente, della precaria situazione finanziaria che la Spagna e le sue Comunità autonome si trovano attualmente ad affrontare, non si può escludere che siffatti importi comportino il rischio di «gravi ripercussioni economiche», ai sensi della giurisprudenza della Corte (34).

53.      Inoltre, in considerazione dell’elevato numero di rapporti giuridici coinvolti (sebbene sembri probabile che i rimborsi saranno richiesti, anzitutto, da imprese come la TJB), è ipotizzabile che una dichiarazione di incompatibilità avrà serie ripercussioni sul sistema che contribuisce al finanziamento delle Comunità autonome. Non si può neppure escludere confusione e perturbazione del finanziamento regionale dell’assistenza sanitaria, data l’importanza dell’IVMDH ai fini del finanziamento delle misure adottate dalle Comunità autonome in questo settore. In base a questi fattori, sembra che il primo requisito nella fattispecie sia soddisfatto.

54.      Tuttavia, il (semplice) fatto che una pronuncia pregiudiziale possa avere conseguenze finanziarie significative per uno Stato membro di norma non basta a giustificare la limitazione degli effetti temporali di una sentenza. (35). Qualsiasi altra conclusione avrebbe la paradossale conseguenza di riconoscere alle violazioni di maggiore gravità e più lunga durata il trattamento più favorevole (36). Questo è il motivo per il quale deve essere soddisfatta anche la seconda condizione, relativa all’incertezza quanto al significato e alla portata delle pertinenti disposizioni di diritto dell’Unione europea.

55.      Nella fattispecie non sembra configurarsi alcuna incertezza. Infatti, la fattispecie in esame deve essere distinta dalla causa EKW e Wein & Co, in cui la Corte ha accettato la limitazione dell’effetto retroattivo della sentenza. Ciò è stato considerato giustificato in quanto, in primo luogo, l’articolo 3, paragrafo 2, non era stato precedentemente oggetto di una pronuncia pregiudiziale e di indicazioni interpretative ad opera della Corte. In secondo luogo, la Corte ha considerato che il comportamento della Commissione poteva ragionevolmente indurre il governo austriaco a credere che la normativa in questione fosse conforme al diritto dell’Unione europea (37).

56.      Per contro, quando è stata adottata l’IVMDH la Corte aveva già fornito elementi atti ad interpretare l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise e, cosa più importante, aveva già emesso una sentenza sull’incompatibilità di un’imposta analoga nella causa EKW e Wein & Co (38). Non sono neppure convinto dagli argomenti del governo spagnolo, nel senso che esso avrebbe agito in buona fede quando ha adottato l’IVMDH. Infatti, dai documenti presentati alla Corte non emerge alcun elemento atto a suggerire che la Commissione avesse indotto in errore il governo spagnolo relativamente alla legittimità dell’IVMDH. Essa aveva invece chiaramente indicato di considerare illegittima detta imposta.

57.      Infatti, prima dell’introduzione dell’IVMDH, erano state sottoposte alla Commissione alcune questioni preliminari concernenti la compatibilità con il diritto dell’Unione europea di talune soluzioni legali prese in considerazione. A mio avviso la risposta data dalla Commissione, contenuta nel fascicolo, non conferma i reclami del governo spagnolo. Invece di indurre in errore la Spagna, facendole credere che la normativa prevista fosse conforme al diritto dell’Unione europea, mi sembra che la Commissione abbia chiaramente ribadito, facendo riferimento, inter alia, alla sentenza della Corte di giustizia nella causa EKW e Wein & Co, le condizioni che devono essere soddisfatte affinché un’imposta indiretta sia compatibile con il diritto dell’Unione europea. Concludendo la sua valutazione, la Commissione aveva spiegato di non considerare il progetto di legge in esame compatibile con il diritto dell’Unione. L’esercizio del ricorso per inadempimento avverso la Spagna su questa questione conferma ulteriormente l’opinione della Commissione sull’illegittimità dell’IVMDH. Non ritengo dunque opportuno limitare gli effetti temporali della sentenza della Corte nella presente fattispecie.

58.      Ciò premesso, non credo che si possa categoricamente escludere che, in talune circostanze, del tutto eccezionali, in cui l’impatto finanziario della retroattività sarebbe particolarmente drammatico, la Corte potrebbe considerare di limitare gli effetti temporali della sua sentenza, anche se non fosse soddisfatta la seconda condizione relativa alla buona fede. Ciò potrebbe avvenire, segnatamente, laddove le conseguenze finanziarie siano ritenute manifestamente sproporzionate al livello di negligenza riscontrato. Desidero tuttavia invitare ad una certa cautela prima di disapplicare il criterio della buona fede nelle circostanze in esame. Come sopra osservato, sembra che la Spagna abbia assunto consapevolmente il rischio di mantenere la normativa in questione e, di conseguenza, detta normativa è stata applicata per molti anni a detrimento del consumatore e del mercato interno.

IV – Conclusione

59.      Alla luce degli argomenti presentati, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni deferite dal Tribunal Superior de Justicia de Cataluña:

«L’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, osta ad un’imposta indiretta, come l’imposta sulle vendite al dettaglio di taluni idrocarburi (Impuesto sobre las Ventas Minoristas de Determinados Hidrocarburos), su cui verte il procedimento a quo, laddove il giudice nazionale accerti che siffatta imposta non persegue una finalità specifica non di bilancio e non rispetta l’economia generale del regime delle accise o dell’IVA, per quanto concerne la determinazione dell’esigibilità».


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Direttiva 92/12/CEE del Consiglio, del 25 febbraio 1992, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (GU L 76, pag. 1), come modificata. Dal 1° aprile 2010 la direttiva 92/12 è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2008/118/CE del Consiglio, del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise e che abroga la direttiva 92/12/CEE (GU 2009, L 9, pag. 12).


3 –      Il tenore letterale dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva sulle accise ha in precedenza dato adito a confusione. Ciò perché alcune versioni linguistiche si riferiscono ad «accise e IVA», mentre altre contengono l’espressione «accise o IVA». Posto che le disposizioni in materia di accise e IVA sono reciprocamente incompatibili sotto molti profili e che il rispetto di entrambe potrebbe implicare numerose difficoltà pratiche, la Corte ha statuito che basta che l’imposta di cui trattasi sia in linea con l’economia generale delle accise o dell’IVA: v. sentenze del 24 febbraio 2000, Commissione/Francia (C-434/97, Racc. pag. I-1129, punti 24 e 27), e del 9 marzo 2000, EKW e Wein & Co (C-437/97, Racc. pag. I-1157, punti 44 e 47).


4 – Legge nazionale del 27 dicembre 2001, n. 24, recante misure di natura fiscale, amministrativa e sociale. BOE n. 313 del 31 dicembre 2001 (Ley 24/2001, de 27 de diciembre, de Medidas Fiscales, Administrativas y del Orden Social).


5 –      L’Impuesto sobre Hidrocarburos (in prosieguo: l’«IH») è disciplinata con legge n. 38/1992 del 28 dicembre 1992 sulle accise (Ley 38/1992, de 28 de diciembre, de Impuestos Especiales).


6 – Proposta di direttiva del Consiglio relativa al regime generale, alla detenzione e alla circolazione dei prodotti soggetti ad accisa, COM(90) 431 def. (GU C 322, pag. 1), articolo 3, paragrafo 2.


7 – V. sentenza Commissione/Francia, punto 18.


8 – Conclusioni dell’avvocato generale Saggio per la sentenza EKW e Wein & Co, paragrafo 38.


9 – Sentenza EKW e Wein & Co, punto 31. V. anche le sentenze del 10 marzo 2005, Hermann (C-491/03, Racc. pag. I‑2025, punto 16), e Commissione/Francia, punto 19.


10 – Sentenza EKW e Wein & Co, punto 33.


11 – V. sentenza Commissione/Francia, e le conclusioni presentate dall’avvocato generale Saggio nella causa EKW e Wein & Co, paragrafo 39. V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Fennelly per la sentenza del 10 giugno 1999, Braathens (C-346/97, Racc. pag. I‑3419, paragrafo 14).


12 – V., in modo analogo, le conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer per la sentenza Hermann, paragrafo 44.


13 – Sebbene un’accisa, come l’IH, possa essere considerata come un’imposta ambientale, in quanto la produzione e l’uso di oli minerali arrecano indubbiamente danni all’ambiente, ciò non fa venir meno l’obiettivo implicito di raccogliere fondi a sostegno delle funzioni del governo.


14 – V., parimenti, le conclusioni dell’avvocato generale Fennelly per la sentenza Braathens, paragrafo 15, e le conclusioni dell’avvocato generale Saggio nella causa EKW e Wein & Co, paragrafo 40.


15 – V., a questo riguardo, la sentenza Commissione/Francia, che riguardava un’imposta indiretta sull’alcool esigibile per le bevande alcoliche con un tenore di alcool superiore al 25%. V. anche le conclusioni dell’avvocato generale Fennelly per la sentenza Braathens, paragrafo 15, e quelle dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer per la sentenza Hermann, paragrafo 43.


16 – Dall’ordinanza di rinvio emerge, tuttavia, che livelli diversi di imposizione sono applicati in talune Comunità autonome. Sebbene l’effetto deterrente possa certamente dipendere da varie circostanze (e possa addirittura essere soggetto a differenze regionali), ciò sembrerebbe suggerire che l’IVMDH è uno strumento puramente di bilancio, nella misura in cui la sua struttura (in pratica il livello dell’imposizione) non è fissata inequivocabilmente ad un livello considerato tanto elevato da scoraggiare l’uso degli oli minerali colpiti da imposta. Inoltre, ricordo che l’introduzione e il mantenimento di livelli diversi di tassazione sono soggetti ad autorizzazione, ai sensi dell’articolo 19 della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità (GU L 283, pag. 51), che si applica agli oli minerali.


17 – V. paragrafo 1 supra. V. anche sentenze Commissione/Francia, punto 27, e EKW e Wein & Co, punti 44 e 47.


18 –      Il giudice del rinvio non ha fornito alla Corte informazioni dettagliate sulle differenze nella base imponibile, nel calcolo dell’imposta e nel suo controllo. In udienza, la TJB ha fornito alla Corte informazioni sulle differenze tra l’IVMDH e i requisiti imposti dalla direttiva sulle accise, mentre il governo spagnolo ha concluso, dopo un dettagliato raffronto tra l’IVMDH e l’accisa e l’IVA riguardo alla base imponibile, al calcolo, all’esigibilità e al controllo, che l’IVMDH non interferisce con alcuno di questi sistemi tributari.


19 – Sentenza EKW e Wein & Co, punto 48.


20 – V. anche l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2003/96, che prevede che «[a]i fini della presente direttiva si intende per "livello di tassazione" l’onere fiscale complessivo derivante dal cumulo di tutte le imposte indirette (eccetto l’IVA), calcolate direttamente o indirettamente sulla quantità di prodotti energetici e di elettricità, all’atto dell’immissione in consumo».


21 – Sentenza EKW e Wein & Co, punto 47.


22 – Conclusioni dell’avvocato generale Saggio per la sentenza EKW e Wein & Co, paragrafo 46.


23 – Di conseguenza – e contrariamente a quanto sostenuto dal governo francese in udienza – non credo che sia rilevante ai fini dell’imposizione degli oli minerali che l’articolo 21, paragrafo 5, della direttiva 2003/96 preveda, relativamente all’elettricità e al gas naturale (che non fanno parte degli oli minerali), che essi diventano imponibili al momento della fornitura da parte del distributore o del ridistributore.


24 – V. sentenze Commissione/Francia, punto 26, e EKW e Wein & Co, punto 46.


25 – Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1).


26 – Il considerando 4 della direttiva sulle accise sottolinea specificamente la necessità di assicurare che l’esigibilità delle accise sia identica in tutti gli Stati membri.


27 – L’IH deve essere inclusa in una dichiarazione fiscale mensile, mentre l’IVMDH figura in una dichiarazione trimestrale. Quanto al calcolo dell’imposta, l’accisa sugli oli minerali è calcolata in base alla loro temperatura di 18 gradi, mentre la temperatura rilevante ai fini dell’IVMDH è la temperatura dell’aria.


28 – Sentenza EKW e Wein & Co, punto 49. Considerando l’imposta su cui verteva detto procedimento incompatibile con il diritto dell’Unione europea, la Corte ha anche messo in rilievo la circostanza che, a differenza dell’IVA, un’imposta indiretta che diventa esigibile soltanto nella fase della vendita al consumo è calcolata senza operare alcuna detrazione dell’imposta a monte. Mentre questa sembra essere la conseguenza diretta del fatto che un’imposta diviene esigibile quando il prodotto è venduto all’utente finale, occorre osservare che anche sotto questo profilo l’IVMDH obbedisce alla medesima logica dell’imposta su cui verteva la causa EKW e Wein & Co.


29 – V. paragrafo 50 infra.


30 – V., ad esempio, sentenza del 10 maggio 2012, FIM Santander Top 25 Euro (da C-338/11 a C-347/11, punto 58, e la giurisprudenza ivi citata).


31 – Ibid., punto 59 e la giurisprudenza ivi citata. V. anche, ad esempio, la sentenza del 6 marzo 2007, Meilicke e a. (C-292/04, Racc. pag. I-1835, punto 36, e la giurisprudenza ivi citata).


32 – V., ad esempio, la sentenza FIM Santander Top 25 Euro, punto 60, e la giurisprudenza ivi citata. Ciò si applica anche nel caso di imposte riscosse dalle autorità nazionali competenti; v. sentenza EKW e Wein & Co, punti da 55 a 60.


33 –      Sebbene siffatto onere straordinario avrebbe indubbiamente conseguenze devastanti per qualsiasi Stato, a mio avviso non si può sottovalutare la gravità degli effetti derivanti per uno Stato membro nella situazione finanziaria della Spagna.


34 – V. le conclusioni dell’avvocato generale Tizzano per la sentenza Meilicke e a., paragrafi 34 e 35. In tale causa, il governo tedesco aveva stimato che la mancata limitazione degli effetti della dichiarazione di incompatibilità avrebbe comportato rimborsi di imposte sino alla concorrenza dello 0,25% del prodotto nazionale lordo tedesco nel 2004. Occorre anche osservare che la Corte non ha seguito il suggerimento dell’avvocato generale di limitare la retroattività in quella fattispecie.


35 – V. sentenza del 15 marzo 2005, Bidar (C-209/03, Racc. pag. I‑2119, punto 68, e la giurisprudenza ivi citata).


36 – V. conclusioni dell’avvocato generale Saggio per la sentenza EKW e Wein & Co, paragrafo 65.


37 – V. sentenza EKW and Wein & Co, punto 58.


38 – V. anche sentenza Commissione/Francia, a proposito della quale occorre osservare che non è stata oggetto di discussione la «finalità specifica» dell’imposta francese di cui trattasi, ma soltanto la sua compatibilità con il regime delle accise o dell’IVA. A mio avviso, ciò perché l’imposta era strutturata in modo idoneo a promuovere l’obiettivo non di bilancio fatto valere dalle autorità francesi.