Language of document : ECLI:EU:C:2006:408

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

15 giugno 2006 (*)

«Agricoltura – Lotta contro l’afta epizootica – Direttiva 85/511/CEE – Direttiva 90/425/CEE – Esami per rilevare l’afta epizootica effettuati da un laboratorio non menzionato nell’allegato della direttiva 85/511/CEE – Valutazione discrezionale delle autorità nazionali – Principio di proporzionalità – Principio del rispetto dei diritti della difesa»

Nel procedimento C-28/05,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dal College van Beroep voor het bedrijfsleven (Paesi Bassi), con decisione 18 gennaio 2005, pervenuta alla Corte il 28 gennaio 2005, nel procedimento

G.J. Dokter,

Maatschap Van den Top,

W. Boekhout

contro

Minister van Landbouw, Natuur en Voedselkwaliteit,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta dal sig. A. Rosas, presidente di sezione, dai sigg. J. Malenovský (relatore), A. Borg Barthet, U. Lõhmus e A. Ó Caoimh, giudici,

avvocato generale: sig. M. Poiares Maduro

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito alla trattazione orale dell’8 dicembre 2005,

viste le osservazioni scritte presentate:

–        per G.J. Dokter, dal sig. N.W.A. Tollenaar, advocaat;

–        per il governo olandese, dalle sig.re H. Sevenster e C. ten Dam, in qualità di agenti;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. T. van Rijn, dal sig. F. Erlbacher e dalla sig.ra M. van Heezik, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 19 gennaio 2006,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’interpretazione della direttiva del Consiglio 18 novembre 1985, 85/511/CEE, che stabilisce misure comunitarie di lotta contro l’afta epizootica (GU L 315, pag. 11), come modificata dalla direttiva del Consiglio 26 giugno 1990, 90/423/CEE (GU L 224, pag. 13; in prosieguo: la «direttiva 85/511»).

2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra G.J. Dokter, Maatschap Van den Top e W. Boekhout (in prosieguo: i «ricorrenti nella causa principale») e il Minister van Landbouw, Natuur en Voedselkwaliteit, in merito all’abbattimento degli animali appartenenti ai ricorrenti nella causa principale.

 Contesto normativo

3        Ai sensi dell’art. 2, secondo comma, lett. da c) a e), della direttiva 85/511, si intende per:

«c)      animale infetto da afta epizootica: ogni animale delle specie sensibili:

–        sul quale siano stati constatati sintomi clinici o lesioni post mortem riconducibili all’afta epizootica,

         ovvero

–        sul quale la presenza della malattia sia stata ufficialmente constatata mediante esame di laboratorio;

d)      animale sospetto di essere infetto da afta epizootica: qualsiasi animale delle specie sensibili che presenti sintomi clinici o lesioni post mortem tali da far sospettare in modo fondato la presenza di afta epizootica;

e)      animale sospetto di essere contaminato: ogni animale delle specie sensibili che, in base alle informazioni epizootologiche raccolte, possa essere stato esposto direttamente o indirettamente al contatto del virus dell’afta».

4        Secondo l’art. 4, n. 1, di tale direttiva:

«Gli Stati membri provvedono affinché, qualora in un’azienda si trovino uno o più animali sospetti di essere infetti da afta epizootica o sospetti di esserne contaminati, si faccia immediatamente ricorso ai mezzi d’indagine ufficiali atti a confermare o ad escludere la presenza della malattia e, in particolare, che il veterinario ufficiale effettui o faccia effettuare adeguati prelevamenti in vista degli esami di laboratorio.

(…)».

5        In base all’art. 5 della medesima direttiva, gli «Stati membri provvedono affinché, una volta confermata la presenza in un’azienda di uno o più degli animali di cui all’articolo 2, lettera c)», l’autorità competente ordini che tutti gli animali delle specie sensibili dell’azienda siano abbattuti in loco, sotto controllo ufficiale ed in modo da evitare ogni rischio di diffusione del virus dell’afta epizootica.

6        L’art. 11, n. 1, della direttiva in parola dispone quanto segue:

«Gli Stati membri provvedono affinché:

–        gli esami di laboratorio destinati a rivelare la presenza di afta epizootica siano effettuati da un laboratorio nazionale indicato all’allegato. L’allegato può essere modificato o completato secondo la procedura di cui all’articolo 17. Ove necessario, tali esami di laboratorio devono comportare la precisazione, in particolare alla prima apparizione della malattia, del tipo, sottotipo ed eventualmente della variante del virus di cui trattasi. Il tipo o sottotipo ed eventualmente la variante del virus di cui trattasi possono esser confermati, se necessario, da un laboratorio di riferimento designato dalla Comunità;

(…)».

7        Secondo la formulazione dell’art. 13, nn. 1 e 2, della stessa direttiva:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché:

(…)

–        la manipolazione dei virus dell’afta a fini di ricerca, diagnostica e/o fabbricazione di vaccini sia effettuata solo negli stabilimenti e nei laboratori riconosciuti enumerati negli elenchi figuranti negli allegati A e B,

(…)

–        gli stabilimenti e laboratori di cui al secondo trattino siano riconosciuti solo se soddisfano le norme minime raccomandate dalla FAO [Food and Agriculture Organization] per i laboratori che lavorano su virus dell’afta in vitro ed in vivo.

2.      Taluni esperti veterinari della Commissione, in collaborazione con le autorità competenti degli Stati membri, effettuano controlli mediante sondaggi per verificare se i sistemi di sicurezza applicati negli stabilimenti e nei laboratori di cui agli allegati A e B siano conformi alle norme minime della FAO.

La Commissione procede almeno una volta all’anno ai detti controlli (…)

(…)».

8        All’allegato B della direttiva intitolato «Laboratori nazionali autorizzati a manipolare virus vivi dell’afta epizootica» compare, sotto la rubrica «Paesi Bassi», il «Centraal Diergeneeskundig Instituut, Lelystad».

9        L’elenco dei laboratori enumerati in tale allegato viene aggiornato, ai sensi dell’art. 13, n. 2, secondo comma, della direttiva 85/511, secondo una procedura di comitologia prevista all’art. 17 di tale direttiva. Nell’ambito di tale procedura la Commissione presenta un progetto delle misure da adottare al comitato veterinario permanente composto da rappresentanti degli Stati membri, e, se del caso, al Consiglio dell’Unione europea.

10      Ai sensi del terzo ‘considerando’ della direttiva 90/423:

«da uno studio della Commissione (…) risulta che (…) esistono pericoli sia nella manipolazione di virus in laboratorio, in quanto potrebbero venirne infettati animali locali sensibili alla malattia, sia nell’impiego del vaccino, qualora i procedimenti di inattivazione non fossero sufficienti a garantirne l’innocuità».

11      L’art. 10, n. 1, della direttiva del Consiglio 26 giugno 1990, 90/425/CEE, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno (GU L 224, pag. 29), così recita:

«Ogni Stato membro segnala immediatamente agli altri Stati membri e alla Commissione, oltre all’insorgere nel suo territorio delle malattie contemplate dalla direttiva 82/894/CEE [direttiva del Consiglio 21 dicembre 1982, concernente la notifica delle malattie degli animali nella Comunità, (GU 378, pag. 58)], il manifestarsi di casi di zoonosi, malattie o fenomeni che possano comportare gravi rischi per gli animali o la salute umana.

Lo Stato membro di spedizioni mette immediatamente in vigore le misure di lotta o di prevenzione previste dalla normativa comunitaria, segnatamente la determinazione delle zone di protezione ivi previste, o adotta qualsiasi altra misura che ritenga appropriata.

(…)».

12      Ai sensi del punto 4 dei motivi della decisione della Commissione 27 marzo 2001, 2001/246/CE, che stabilisce le condizioni di lotta e di eradicazione dell’afta epizootica nei Paesi Bassi in applicazione dell’articolo 13 della direttiva 85/511/CEE (GU L 88, pag. 21):

«Oltre alle misure previste nel quadro della direttiva 85/511/CEE, i Paesi Bassi applicano a titolo precauzionale l’abbattimento preventivo degli animali sensibili detenuti nelle aziende situate nelle immediate vicinanze di aziende infette o sospette, tenendo conto della situazione epidemiologica e dell’alta densità di animali sensibili in talune parti del territorio».

13      Ai sensi dell’art. 1 della medesima decisione:

«Ai fini della presente decisione si applicano le definizioni seguenti:

1)      Per “abbattimento preventivo” si intende l’abbattimento degli animali sensibili detenuti nelle aziende situate entro un certo raggio dalle aziende sottoposte alle restrizioni stabilite agli articoli 4 o 5 della direttiva 85/511/CEE.

(…)

2)      Per “vaccinazione soppressiva” si intende la vaccinazione d’emergenza degli animali delle specie sensibili di determinate aziende situate in una zona definita, la cosiddetta zona di vaccinazione; tale vaccinazione è effettuata esclusivamente in combinazione con l’abbattimento preventivo descritto al paragrafo 1.

(…)».

14      Secondo l’art. 2, n. 1, della summenzionata decisione:

«Fatta salva la direttiva 85/511/CEE del Consiglio, in particolare gli articoli 4, 5 e 9, i Paesi Bassi possono decidere di ricorrere alla vaccinazione soppressiva alle condizioni stabilite nell’allegato».

15      Tale allegato precisa in particolare che «i limiti della zona geografica in cui dev’essere attuata la vaccinazione soppressiva» corrispondono a una zona che si estende per un raggio massimo di due chilometri intorno ad un’azienda soggetta alle restrizioni di cui agli artt. 4 o 5 della direttiva 85/511. Inoltre, la zona di vaccinazione dev’essere situata nelle parti del territorio dei Paesi Bassi che figurano nell’allegato I della decisione della Commissione 21 marzo 2001, 2001/223/CE, recante misure di protezione contro l’afta epizootica nei Paesi Bassi (GU L 82, pag. 29), e cioè le province di Gelderland, d’Overijsel, di Flevoland e del Noord-Brabant.

 Causa principale e questioni pregiudiziali

16      Poiché l’amministrazione olandese era stata informata di un sospetto di afta epizootica nell’azienda agricola Teunissen, che si trova a meno di due chilometri dalle aziende dei ricorrenti nella causa principale, un gruppo di specialisti del Rijksdienst voor de keuring van Vee en Vlees (servizio nazionale di ispezione del bestiame e della carne; in prosieguo: l’«RVV») ha effettuato, il 20 e il 22 marzo 2001, un’ispezione di tale azienda, nel corso della quale sono stati prelevati numerosi campioni che sono stati inviati per l’analisi al laboratorio ID‑Lelystad BV (in prosieguo: l’«ID-Lelystad»). Tale gruppo ha anche effettuato esami clinici, ha abbattuto quattordici animali e, il 27 marzo 2001, ha disposto l’evacuazione dell’azienda in questione.

17      Il 28 marzo 2001, l’ID-Lelystad ha inviato un fax all’RVV in cui gli comunicava che i campioni prelevati nell’azienda agricola Teunissen risultavano positivi.

18      Di conseguenza, il direttore dell’RVV ha dichiarato l’azienda Teunissen contaminata e, con decisioni 29 marzo 2001, ha informato i ricorrenti nella causa principale del fatto che tutti gli animali artiodattili presenti nelle loro aziende dovevano essere considerati come sospetti di essere contaminati, poiché un caso di afta epizootica era stato accertato in prossimità di essi. In seguito a tali decisioni, contro le quali i detti ricorrenti hanno proposto una domanda di provvedimenti provvisori che è stata respinta, sono stati adottati dei provvedimenti per lottare contro il virus nelle loro aziende, e cioè, in un primo tempo, la vaccinazione degli animali e, in un secondo tempo, l’abbattimento degli stessi.

19      Contro le decisioni impugnate i ricorrenti nella causa principale hanno proposto dei reclami dinanzi al direttore dell’RVV, che li ha respinti. Essi hanno allora proposto un ricorso contro tali decisioni di rigetto dinanzi al giudice del rinvio.

20      Anzitutto, essi hanno fatto valere che il direttore dell’RVV non poteva fondare le decisioni 29 marzo 2001 esclusivamente sul contenuto del fax inviato dalla ID-Lelystad che annunciava i risultati degli esami di laboratorio. Infatti, egli avrebbe dovuto richiedere il fascicolo del laboratorio, esaminarlo e verificare se il laboratorio aveva effettuato tali esami correttamente. Inoltre, fondando le decisioni 29 marzo 2001 sull’analisi effettuata dall’ID-Lelystad, il detto direttore avrebbe violato la direttiva 85/511, poiché l’ID-Lelystad non è menzionato nell’allegato B di tale direttiva e non è quindi un laboratorio ai sensi degli artt. 11, n. 1, primo trattino, e 13, n. 1, secondo trattino, della medesima direttiva. In tale allegato comparirebbe il Centraal Diergeneeskundig Instituut, Lelystadt (in prosieguo: il «CDI»), che sarebbe diverso dall’ID-Lelystad, il cui nome e la cui forma giuridica sono differenti.

21      Il direttore dell’RVV sosteneva, da parte sua, di essere stato vincolato dai risultati del laboratorio e di non aver potuto verificarne l’esattezza. Egli non disponeva quindi di alcun potere discrezionale per quanto riguarda la dichiarazione del contagio di afta epizootica nell’azienda. Di conseguenza, egli era tenuto ad adottare i provvedimenti di lotta contro tale malattia non appena la presenza del virus fosse stata rilevata dal laboratorio. Inoltre egli aveva ritenuto che l’allegato B della direttiva 85/511 dovesse essere interpretato nel senso che esso comprendeva anche l’ID-Lelystad. Infatti, la trasformazione del CDI in ID-Lelystad sarebbe stata esclusivamente dovuta a una modifica della forma giuridica. Dal 1995 si tratterebbe dello stesso laboratorio, stabilito allo stesso indirizzo, dotato delle stesse apparecchiature e incaricato degli stessi compiti.

22      Pertanto, il College Van Beroep voor het bedrijfsleven ha deciso di sospendere la decisione e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’obbligo incombente agli Stati membri, in base al combinato disposto dell’art. 11, n. 1, primo trattino, e dell’art. 13, n. 1, secondo trattino, della direttiva del Consiglio 18 novembre 1985, 85/511/CEE (…) di provvedere affinché gli esami di laboratorio destinati a rivelare la presenza di afta epizootica siano effettuati da un laboratorio nazionale indicato nell’allegato B di tale direttiva, abbia effetto diretto.

2)      a)     Se l’art. 11, n. 1, della direttiva 85/511 debba essere interpretato nel senso che la circostanza che la presenza di afta epizootica sia accertata da un laboratorio non menzionato nell’allegato B di tale direttiva comporti conseguenze giuridiche.

2)      b)     Nel caso in cui la questione 2a sia risolta in senso affermativo:

                  Se l’art. 11, n. 1, della direttiva 85/511 miri alla tutela degli interessi dei soggetti di diritto, quali [i ricorrenti nella causa principale]. In caso di soluzione negativa, se tali soggetti di diritto possano invocare un’eventuale violazione degli obblighi derivanti da tale disposizione per le autorità degli Stati membri.

2)      c)     Nel caso in cui la soluzione fornita alla questione 2b comporti che i soggetti di diritto possono invocare l’art. 11, n. 1, della direttiva 85/511:

                  Quali conseguenze giuridiche debbano essere collegate all’accertamento della presenza di afta epizootica da parte di un laboratorio diverso da quelli indicati nell’allegato B di tale direttiva.

3)      Se l’allegato B della direttiva 85/511, alla luce di quanto disposto negli artt. 11 e 13 di essa, debba essere interpretato nel senso che la menzione nell’allegato B della direttiva stessa del “Centraal Diergeneeskundig Instituut, Lelystad” possa riferirsi anche all’ID-Lelystad BV.

4)      Nel caso in cui dalle soluzioni fornite per le questioni sopra indicate risulti che la presenza di afta epizootica possa venire accertata da un laboratorio non menzionato nell’allegato B della direttiva 85/511, o che tale allegato della direttiva debba essere interpretato nel senso che la menzione del “Centraal Diergeneeskundig Instituut, Lelystad” possa riferirsi anche all’ID-Lelystad BV:

         Se la direttiva 85/511 debba essere interpretata nel senso che essa dispone che l’organo amministrativo competente a decidere è vincolato dai risultati di un esame effettuato da un laboratorio iscritto nell’allegato B di tale direttiva – ovvero, nel caso in cui la risposta alla questione 2a comporti che l’organo amministrativo possa basare i suoi provvedimenti volti alla lotta contro l’afta epizootica anche sui risultati ottenuti da un laboratorio che non è iscritto nell’allegato B della direttiva, che tale organo è vincolato ai risultati di quest’ultimo laboratorio – oppure se la determinazione di tale potere rientri nell’autonomia procedurale dello Stato membro e il giudice dinanzi al quale è pendente la causa principale debba controllare se le norme in materia si applichino indipendentemente dal fatto che l’esame di laboratorio sia effettuato in base a un obbligo procedurale comunitario o nazionale, nonché se l’applicazione del regime della procedura giudiziaria nazionale non renda estremamente difficile o praticamente impossibile tale applicazione delle norme comunitarie.

5)      Nel caso in cui la soluzione fornita per la questione 4 comporti che il vincolo delle autorità nazionali al risultato di laboratorio è disciplinato dalla direttiva 85/511:

         Se le autorità nazionali siano vincolate incondizionatamente dal risultato di un esame volto all’individuazione dell’afta epizootica eseguito da un laboratorio. In caso di soluzione negativa, quale sia il potere discrezionale che la direttiva 85/511 concede alle autorità nazionali».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima, seconda e terza questione

23      Con tali questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in sostanza, da un lato, quali modifiche delle coordinate di un laboratorio menzionato all’allegato B della direttiva 85/511, non intervenute in conformità della procedura prevista all’art. 17 della medesima direttiva, facciano perdere a tale laboratorio lo statuto di laboratorio previsto in tale allegato e, dall’altro lato, se l’autorità nazionale competente possa fondare provvedimenti di lotta contro l’afta epizootica sul risultato di analisi effettuate da un laboratorio che non ha tale statuto. Inoltre, il giudice del rinvio chiede se tale direttiva osti a che uno Stato membro adotti, in circostanze come quelle di cui alla causa principale, i provvedimenti di lotta contro l’afta epizootica sulla base di risultati di un laboratorio che non è menzionato nel detto allegato, se i soggetti di diritto potessero far valere successivamente tale violazione delle norme della direttiva 85/511 dinanzi al giudice nazionale, e se tale violazione comportasse delle conseguenze giuridiche.

24      In via preliminare, occorre rilevare che, il 27 marzo 2001, e quindi due giorni prima delle decisioni nazionali controverse, la Commissione ha adottato la decisione 2001/246, fondata sugli artt. 10 della direttiva 90/425 e 13, n. 3, della direttiva 85/511. Con tale decisione, la Commissione ha autorizzato la vaccinazione soppressiva e l’abbattimento preventivo di animali, provvedimento quest’ultimo che comporta, ai sensi dell’art. 1 della decisione in parola, l’abbattimento degli animali sensibili nelle aziende situate entro un determinato raggio intorno alle aziende sottoposte alle restrizioni stabilite all’art. 4 o all’art. 5 della direttiva 85/511. Secondo il punto 4 dei motivi della detta decisione, oltre alle misure previste nel quadro della direttiva 85/511, il Regno dei Paesi Bassi aveva cominciato ad applicare, a titolo precauzionale, l’abbattimento preventivo degli animali sensibili detenuti nelle aziende situate nelle immediate vicinanze di aziende «infette o sospette» (v. sentenza 10 marzo 2005, cause riunite C‑96/03 e C‑97/03, Tempelman e van Schaijk, Racc. pag. I‑1895, punti 37 e 38).

25      In forza della decisione 2001/246, letta in combinato disposto con gli artt. 10 della direttiva 90/425, nonché 4 e 2, lett. d) ed e), della direttiva 85/511, le competenti autorità olandesi erano autorizzate a procedere, dopo una vaccinazione soppressiva, all’abbattimento degli animali sensibili nelle aziende situate nel raggio di due chilometri intorno a un’azienda in cui trovava un animale sospetto di essere infetto, e cioè un animale che presenta sintomi clinici o lesioni post mortem tali da far sospettare in modo fondato la presenza di afta epizootica, o di un animale sospetto di essere contaminato, e cioè un animale che, in base alle informazioni epizootologiche raccolte, possa essere stato esposto direttamente o indirettamente al contatto del virus dell’afta.

26      Orbene, la decisione 2001/246 non richiede che tali informazioni, relative all’azienda in cui si trova un animale sospetto di essere infetto o contaminato si fondino esclusivamente sui risultati dei laboratori menzionati nell’allegato B della direttiva 85/511. Così, la circostanza che tali informazioni siano state fornite da un laboratorio che non ha un tale statuto è priva di rilevanza per quanto riguarda la conformità di tali provvedimenti al diritto comunitario.

27      D’altronde, al punto 40 della citata sentenza Tempelman e van Schaijk, la Corte ha dichiarato che la direttiva 85/511 non può essere interpretata nel senso che i provvedimenti che essa prevede non potrebbero essere completati da provvedimenti comunitari o nazionali adottati sulla base della direttiva 90/425. Orbene, la decisione 2001/246 costituisce una misura comunitaria fondata, in particolare, sull’art. 10 di quest’ultima direttiva.

28      È compito del giudice del rinvio valutare, alla luce dei fatti esposti al punto 16 della presente sentenza, se le autorità nazionali abbiano adottato i provvedimenti in discussione nella causa principale alle condizioni previste dalla decisione 2001/246. Se ciò avviene, risulta da quanto precede che i ricorrenti nella causa principale non possono invocare la violazione degli artt. 11, n. 1, e 13, n. 1, della direttiva 85/511, e che il diritto comunitario non osterebbe quindi a tali provvedimenti.

29      Inoltre occorre verificare se gli stessi ricorrenti potessero fondarsi su tali disposizioni nel caso in cui la decisione delle autorità olandesi di dichiarare gli animali artiodattili che si trovavano nelle loro aziende sospetti di essere infetti, in seguito all’individuazione di un caso di afta epizootica nell’azienda Teunissen, e di ordinare l’abbattimento di tutti questi animali, non poteva essere fondata sulla decisione 2001/246.

30      Secondo gli artt. 11, n. 1, primo trattino, e 13 n. 1, secondo trattino, della direttiva 85/511, gli Stati membri sono tenuti ad assicurare che la manipolazione dei virus dell’afta a fini di diagnostica sia effettuata solo nei laboratori riconosciuti enumerati negli elenchi figuranti nell’allegato B di tale direttiva.

31      I soli dati che il detto allegato menziona per identificare tali laboratori sono, in linea di principio, il loro nome e la città in cui hanno la loro sede, per quanto riguarda i Paesi Bassi, «Centraal Diergeneeskundig Instituut» e «Lelystad». La medesima direttiva prevede, d’altra parte, all’art. 17, un’unica procedura per qualsiasi modifica di tali dati.

32      Tale procedura, come le menzionate disposizioni degli artt. 11 e 13 trovano la loro giustificazione, come precisa anche il terzo ‘considerando’ della direttiva 90/423, nella circostanza che esistono pericoli nella manipolazione di virus in laboratorio, in quanto potrebbero venirne infettati animali locali sensibili alla malattia. D’altronde, tale conclusione è confermata dal punto 1 dei motivi della decisione della Commissione 10 gennaio 2003, 2003/11/CE, che modifica la direttiva 85/511 (GU L 7, pag. 82), in base al quale «[l]a sospensione della vaccinazione sistematica contro il virus dell’afta epizootica nella Comunità nel 1991 ha reso più sensibile il patrimonio zootecnico comunitario a tale malattia. È pertanto essenziale garantire che i laboratori che manipolano il virus operino in condizioni di sicurezza, onde evitare la diffusione di virus pericolosi per il patrimonio zootecnico comunitario».

33      Così la diagnosi della malattia deve essere effettuata dai laboratori responsabili, fermo restando che la loro affidabilità deve essere valutata prima della loro inclusione nel detto allegato e, eventualmente, al momento dell’iscrizione in esso dei cambiamenti che li riguardano.

34      Tale obbligo di iscrizione dei laboratori deve essere tuttavia considerato alla luce dello scopo fondamentale della direttiva 85/511, che consiste in una lotta efficace contro l’afta epizootica (v. sentenza Tempelman e van Schaijk, cit., punto 35), che implica, in particolare, che siano adottati dei provvedimenti non appena tale malattia si manifesta. A tale proposito, occorre rilevare che l’efficacia di tale lotta richiede che le autorità pubbliche dispongano in tempo utile, in particolare, della possibilità di far effettuare una diagnosi per individuare tale malattia.

35      Orbene, se la mancata iscrizione nell’allegato B della direttiva 85/511 di modifiche riguardanti un laboratorio menzionato nel detto allegato avesse sempre la conseguenza di fargli perdere il suo statuto di laboratorio iscritto, le autorità nazionali sarebbero tenute, in considerazione degli artt. 11 e 13, a non far più effettuare gli esami da tale laboratorio fino al momento in cui vi sia iscritta la modifica di cui trattasi. Tale requisito si risolverebbe in un formalismo tale da impedire alle dette autorità di disporre di un laboratorio situato nelle vicinanze al fine di individuare il virus in tempo utile, il che contrasterebbe con l'obiettivo di una lotta efficace contro l’afta epizootica.

36      Pertanto, il requisito dell’iscrizione di tali modifiche non deve andare oltre quanto necessario per la tutela degli interessi che intende garantire, e cioè la prevenzione del rischio di diffusione del virus al momento degli esami di laboratorio.

37      Occorre quindi valutare in ogni caso di specie se i cambiamenti intervenuti possono avere ripercussioni sulla sicurezza del laboratorio di cui si tratta in modo tale da aumentare il rischio di contagio di animali locali sensibili. Se ciò non accade, il laboratorio interessato non può perdere, malgrado le modifiche delle sue coordinate, lo statuto di laboratorio iscritto sulla lista dell’allegato B della direttiva 85/511.

38      Tale soluzione vale, in particolare, quando i cambiamenti apportati al nome o alla forma giuridica del summenzionato laboratorio hanno un carattere puramente formale e non incidono sulla sua sicurezza e affidabilità, segnatamente quando il personale, i locali e l’attrezzatura del medesimo sono rimasti invariati nell’essenziale.

39      A tale riguardo, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti nella causa principale, è di scarsa rilevanza la circostanza che, in forza delle norme nazionali, il laboratorio costituisca un ente giuridicamente distinto da quello iscritto sulla lista di cui all’allegato B, in considerazione delle modifiche che ha subito.

40      Nella fattispecie, è pacifico che l’ID-Lelystad è stato creato a partire dal CDI in seguito ad una serie di fusioni e di successioni. I ricorrenti nella causa principale affermano quindi che l’ID-Lelystad non può essere assimilato al CDI ai fini dell’applicazione della direttiva 85/511, in particolare per il fatto che si tratterebbe di due soggetti di diritto diversi che non hanno la stessa forma giuridica, che il CDI sarebbe tenuto, contrariamente all’ID-Lelystad, a pubblicare i documenti interni relativi alle questioni trattate e che, a differenza dell’ID-Lelystad, il CDI sarebbe sotto la responsabilità del ministro competente.

41      Anche se spetta al giudice nazionale, nel contesto di un rinvio pregiudiziale, accertare, alla luce delle considerazioni esposte ai punti 30‑39 della presente sentenza, se, malgrado le modifiche, l’ID-Lelystad deve essere considerato come un laboratorio ai sensi degli artt. 11, n. 1, e 13, n. 1, della direttiva 85/511, la Corte, chiamata a dare al giudice nazionale risposte utili, è competente a fornire delle indicazioni, tratte dal fascicolo della causa principale come pure dalle osservazioni scritte ed orali sottopostele, idonee a mettere il giudice nazionale in grado di decidere (v., in tal senso, sentenze 7 marzo 1996, causa C‑278/93, Freers e Speckmann, Racc. pag. I‑1165, punto 24, e 11 settembre 2003, causa C‑77/02, Steinecke, Racc. pag. I‑9027, punto 59).

42      A tale riguardo, sarà compito del giudice del rinvio valutare anche l’atteggiamento della Commissione, poiché essa è autorizzata, ai sensi dell’art. 13, n. 2, della direttiva 85/511, ad effettuare controlli periodici per verificare i sistemi di sicurezza applicati dai laboratorio menzionati all’allegato B ed essa ha, altresì, una responsabilità particolare nell’ambito della procedura prevista all’art. 17 di tale direttiva, che è diretta per l’appunto a valutare l’affidabilità di un laboratorio ai fini dell’applicazione della direttiva medesima.

43      Orbene, la Commissione ha affermato, sia nelle sue osservazioni scritte sia nel corso dell’udienza, di non aver mai avuto dubbi circa l’identità del laboratorio ID-Lelystad e di aver sempre ritenuto che le modifiche intervenute tra il CDI e l’ID-Lelystad fossero di natura puramente formale.

44      D’altronde, occorre constatare che, nelle circostanze della controversia di cui alla causa principale, il solo fatto che, in seguito a fusioni o successioni dell’ente iniziale, quest’ultimo diventi un ente diverso dal punto di vista giuridico, non significa che il livello di sicurezza di tale laboratorio sia da quel momento in poi inferiore in relazione al rischio di diffusione del virus.

45      Analogamente, occorre rilevare che non esiste un nesso tra il rischio di diffusione del virus e l’obbligo che incombe ad un laboratorio di rendere pubblici i documenti interni relativi alle questioni trattate.

46      Al contrario, per quanto riguarda la circostanza che il laboratorio non fosse più sotto la responsabilità delle autorità pubbliche, che non fosse più tenuto a seguire le loro istruzioni e che non potesse quindi essere efficacemente costretto a rispettare gli obblighi derivanti dalla direttiva 85/511, la Corte non può escludere a priori che tale modifica abbia ripercussioni sulla sicurezza in relazione al rischio di diffusione del virus e, di conseguenza, la perdita eventuale dello statuto di laboratorio iscritto all’allegato B di tale direttiva. Sarà compito del giudice nazionale valutare, alla luce delle circostanze del caso di specie, se tale modifica abbia avuto ripercussioni sulla sicurezza del laboratorio di cui trattasi nella causa principale.

47      Nel caso in cui si dovesse concludere che, alla luce delle considerazioni precedentemente esposte, l’ID-Lelystad ha perso lo statuto di laboratorio iscritto nell’allegato B della direttiva 85/511, il giudice del rinvio chiede anche se tale direttiva osti a che uno Stato membro adotti, in circostanze analoghe a quelle di cui alla causa principale, le misure di lotta contro l’afta epizootica sulla base dei risultati di un laboratorio che non è iscritto nel detto allegato, se i soggetti di diritto potessero successivamente far valere tale violazione delle norme della direttiva 85/511 dinanzi al giudice nazionale e se tale violazione comportasse conseguenze giuridiche.

48      Nel contesto della causa principale, è importante ricordare che gli Stati membri possono, sul fondamento dell’art. 10, n. 1, della direttiva 90/425, adottare misure di lotta contro l’afta epizootica complementari rispetto a quelle previste dalla direttiva 85/511 e, in particolare, come nella fattispecie, disporre l’abbattimento di animali di un’azienda vicina o che si trovano in un raggio determinato intorno ad un’azienda che comprende animali infetti (sentenza Tempelman e van Schaijk, cit., punto 52).

49      Tuttavia, gli Stati possono adottare tali misure cautelari soltanto nel rispetto del diritto comunitario ed è loro compito quindi rispettare gli obiettivi previsti dalla normativa comunitaria in vigore, tra i quali, in particolare, quelli enunciati dalla direttiva 85/511 (v., in tal senso, sentenza Tempelman et van Schaijk, cit., punto 52).

50      A proposito di quest’ultima direttiva, occorre anzitutto rilevare che, secondo l’art. 5, della medesima, letto in combinato disposto con l’art. 2, secondo comma, lett. c), è compito delle autorità competenti adottare le misure elencate in tale disposizione – in particolare, di abbattere tutti gli animali delle specie sensibili – in qualsiasi azienda in cui è confermata la presenza di uno o più animali delle specie sensibili:

–        sul quale siano stati constatati sintomi clinici o lesioni post mortem riconducibili all’afta epizootica, ovvero

–        sul quale la presenza della malattia sia stata ufficialmente constatata mediante esame di laboratorio.

51      In considerazione dell’obiettivo di una lotta efficace contro l’afta epizootica, tali mezzi di diagnosi devono essere interpretati estensivamente.

52      Orbene, il detto art. 2, secondo comma, lett. c), utilizza il termine «laboratorio» senza ulteriori precisazioni e la sua formulazione non implica quindi che le misure possano essere adottate solo sulla semplice base del risultato di un laboratorio iscritto nella lista dell’allegato B della direttiva 85/511.

53      Per giunta, la stessa disposizione esige che siano anche adottate misure di lotta contro tale malattia non appena siano stati constatati su un animale sintomi clinici o lesioni post mortem che «possano» essere imputabili all’afta epizootica. Tuttavia, una conclusione in merito alla presenza del virus fondata su tale metodo appare, per definizione, avere un’efficacia probatoria inferiore dell’esame da parte di un laboratorio, e ciò anche quando quest’ultimo non è stato riconosciuto dalla Commissione, nell’ambito della procedura dell’art. 17 della direttiva 85/511, come laboratorio autorizzato a manipolare tale virus.

54      Inoltre, se le autorità competenti hanno il potere, in forza dell’art. 10, n. 1, della direttiva 90/425, di adottare misure di lotta contro l’afta epizootica complementari a quelle previste dalla direttiva 85/511, tale carattere complementare implica che le summenzionate autorità possono adottare misure analoghe a quelle previste all’art. 5 della direttiva 85/511 sulla base dello stesso risultato di laboratorio di quello su cui sono state adottate queste ultime misure e, di conseguenza, anche sulla base del risultato di un laboratorio che non è menzionato all’allegato B della direttiva 85/511.

55      Infine, occorre rilevare che, contrariamente a quanto asseriscono i ricorrenti nella causa principale, le disposizioni degli artt. 11, n. 1, primo trattino, e 13, n. 1, secondo trattino, della direttiva 85/511 non sono tali da inficiare tale conclusione.

56      Infatti, occorre ricordare che tali disposizioni impongono agli Stati membri l’obbligo di ricorrere, per la diagnosi, ai laboratori elencati nel summenzionato allegato B in quanto la manipolazione di virus in altri laboratori presenta un rischio di diffusione del virus.

57      Orbene, tale obbligo è indipendente da quello di non utilizzare, per adottare misure di lotta contro l’afta epizootica, un risultato di laboratorio che è stato precedentemente fornito in violazione del primo obbligo, e quindi a rischio di diffusione del virus da parte di un laboratorio non menzionato in tale allegato. E, se le autorità competenti possono violare la direttiva 85/511 non rispettando il primo obbligo, tale violazione non rimette in discussione le considerazioni esposte ai punti 50‑54 della presente sentenza, alla luce dei quali gli Stati membri possono ricorrere al risultato di un laboratorio non menzionato in tale allegato per adottare le dette misure.

58      Pertanto, non occorre interrogarsi sulla questione se i soggetti di diritto possano far valere dinanzi al giudice del rinvio, in circostante come quelle di cui alla causa principale, una violazione della direttiva 85/511 derivante dall’impiego da parte delle autorità pubbliche del risultato di un laboratorio non menzionato nel detto allegato, e se tale violazione comporti conseguenze giuridiche.

59      Alla luce di quanto precede, occorre risolvere la prima, la seconda e la terza questione dichiarando che la direttiva 85/511 deve essere interpretata nel senso che le modifiche delle coordinate di un laboratorio menzionato all’allegato B della medesima, che non erano state iscritte secondo la procedura prevista all’art. 17 di tale direttiva, comportano che tale laboratorio perda lo statuto di laboratorio previsto nel detto allegato solo se tali modifiche possono avere ripercussioni sulla sicurezza del laboratorio rispetto al rischio di diffusione del virus dell’afta epizootica in occasione di esami da esso effettuati e se le dette modifiche aumentano in tal modo il rischio di contagio di animali locali sensibili. Inoltre, la direttiva 85/511 non osta a che uno Stato membro adotti le misure di lotta contro l’afta epizootica previste dall’art. 10, n. 1, della direttiva 90/425, sulla base del risultato di un esame effettuato da un laboratorio che non è menzionato nell’allegato B della stessa direttiva 85/511.

 Sulla quarta e quinta questione

60      Con tali questioni, che è opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede in quale misura l’autorità competente ad adottare le misure di lotta contro l’afta epizootica sia vincolata dal risultato degli esami fornito da un laboratorio che ha lo statuto di laboratorio iscritto nell’allegato B della direttiva 85/511, e in quale misura sia vincolata dal risultato fornito da un laboratorio che non ha tale statuto, in particolare da quello che lo abbia eventualmente perduto per i motivi esposti al punto 46 della presente sentenza.

61      In primo luogo, occorre riflettere sull’ipotesi in cui il risultato sia stato fornito da un laboratorio che possiede tale statuto.

62      Dall’art. 5 della direttiva 85/511 risulta che le autorità nazionali competenti sono tenute ad adottare senza indugio le misure ivi previste non appena è confermato che in un’azienda si trovano uno o più animali su cui, in seguito ad un esame di laboratorio, è stata ufficialmente constatata la presenza dell’afta epizootica.

63      Inoltre, altre disposizioni, come l’art. 2 della decisione 2001/246 e l’art. 10, n. 1, della direttiva 90/425, autorizzano tali autorità ad adottare misure complementari.

64      Per giunta, occorre ricordare che la lotta contro l’afta epizootica esige che le misure appropriate siano adottate rapidamente ed efficacemente.

65      A tal fine, la direttiva 85/511 assoggetta, in particolare all’art. 13, i laboratori iscritti nell’allegato B a requisiti rigorosi per quanto riguarda i loro sistemi di sicurezza nonché a controlli periodici da parte di esperti veterinari della Commissione e da parte delle autorità competenti degli Stati membri. Pertanto, l’organizzazione delle analisi da parte dei summenzionati laboratori può offrire garanzie tali che l’autorità incaricata di lottare contro l’afta epizootica può fare affidamento, in linea di principio, sui risultati degli stessi.

66      Alla luce di quanto precede, occorre constatare che l’autorità competente è tenuta a dar seguito a tali risultati e ad adottare, in linea di principio, le misure previste dalla direttiva 85/511 o qualsiasi altra misura adeguata tenuto conto della necessità di lottare rapidamente ed efficacemente contro l’afta epizootica.

67      Solo nel caso in cui l’autorità competente disponga di indizi che consentono di mettere seriamente in dubbio l’affidabilità dei risultati di tali laboratori essa può astenersi dall’adottare immediatamente le dette misure. In tal caso, essa può ricorrere, in particolare, ad un’altra diagnosi che confermerebbe o confuterebbe il risultato.

68      In secondo luogo, occorre esaminare l’ipotesi in cui il risultato sarebbe stato fornito da un laboratorio che non ha lo statuto di laboratorio iscritto all’allegato B della direttiva 85/511.

69      Dal punto 54 della presente sentenza risulta che l’autorità competente non può astenersi dall’adottare le opportune misure per il solo motivo che la presenza dell’afta epizootica è stata rilevata in un’azienda da un laboratorio che non ha lo statuto di laboratorio iscritto nell’allegato B della direttiva 85/511.

70      In considerazione del carattere altamente infettivo dell’afta epizootica e della necessità di lottare rapidamente ed efficacemente contro la medesima, l’autorità competente è tenuta a prendere in considerazione il risultato fornito da tale laboratorio per adottare, se del caso, le misure opportune, previste dalla normativa comunitaria. Tuttavia, poiché tale laboratorio non offre più necessariamente le stesse garanzie di affidabilità di un laboratorio che ha lo statuto di laboratorio iscritto nell’allegato B della direttiva 85/511, l’autorità competente deve verificare l’affidabilità di tale risultato prima di adottare le opportune misure.

71      Inoltre, occorre rilevare in tale contesto che, comunque, indipendentemente dal fatto di accertare se il risultato degli esami è stato fornito da un laboratorio che ha lo statuto di laboratorio iscritto nell’allegato B della direttiva 85/511, l’autorità competente può adottare tali misure solo nel rispetto dei principi generali del diritto comunitario, tra i quali, in particolare, il principio di proporzionalità e i diritti fondamentali (v., in tal senso, sentenza Tempelman e van Schaijk, cit., punto 31).

72      A tale riguardo, occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il principio di proporzionalità esige che gli strumenti creati da una disposizione comunitaria siano idonei a realizzare lo scopo perseguito e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerlo (sentenze 14 dicembre 2004, causa C‑434/02, Arnold André, Racc. pag. I‑11825, punto 45; causa C‑210/03, Swedish Match, Racc. pag. I‑11893, punto 47, e 6 dicembre 2005, cause riunite C-453/03, C-11/04, C-12/04 e C-194/04, ABNA e a., Racc. pag. I‑10423, punto 68).

73      Per quanto riguarda la tutela dei diritti fondamentali, i ricorrenti nella causa principale affermano, in particolare, che le autorità nazionali hanno adottato le misure in discussione nella causa principale in violazione del principio del rispetto dei diritti della difesa.

74      Risulta da giurisprudenza anch’essa costante che il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e idoneo a sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario, che dev’essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma disciplinante la procedura. Tale principio impone che i destinatari di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di far conoscere utilmente il proprio punto di vista sugli elementi addebitati a loro carico per fondare la decisione impugnata (v., ad esempio, sentenze 24 ottobre 1996, causa C‑32/95 P, Commissione/Lisrestal e a., Racc. pag. I‑5373, punto 21; 21 settembre 2000, causa C‑462/98 P, Mediocurso/Commissione, Racc. pag. I‑7183, punto 36, e 9 giugno 2005, causa C‑287/02, Spagna/Commissione, Racc. pag. I‑5093, punto 37). Orbene, tenuto conto delle conseguenze importanti che comportano per gli allevatori le decisioni adottate sulla base degli artt. 5 della direttiva 85/511, 2 della decisione 2001/246 e 10, n. 1, della direttiva 90/425, tale principio esige, in materia di lotta contro l’afta epizootica, che i destinatari di tali decisioni siano, in linea di principio, messi in condizione di presentare efficacemente il loro punto di vista riguardo agli elementi considerati per fondare le misure controverse.

75      Tuttavia, occorre ricordare che i diritti fondamentali, quale il rispetto dei diritti della difesa, non si configurano come prerogative assolute, ma possono soggiacere a restrizioni, a condizione che queste rispondano effettivamente ad obiettivi di interesse generale perseguiti dalla misura di cui trattasi e non costituiscano, rispetto allo scopo perseguito, un intervento sproporzionato ed inaccettabile, tale da ledere la sostanza stessa dei diritti così garantiti. Nel novero degli obiettivi che possono giustificare siffatte restrizioni rientra la tutela della salute (v., in tal senso, sentenze 8 aprile 1992, causa C‑62/90, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑2575, punto 23, e 17 ottobre 1995, causa C-44/94, Fishermen’s Organisations e a., Racc. pag. I‑3115, punto 55).

76      In tale contesto occorre constatare che, se l’autorità competente non potesse adottare le misure opportune contro l’afta epizootica senza che tutte le persone potenzialmente interessate siano state precedentemente informate dei fatti e documenti su cui tali misure sono fondate e senza che esse abbiano preso posizione in merito a tali fatti e documenti, a tale autorità potrebbe essere impedito di agire rapidamente ed efficacemente. Pertanto, la tutela della salute giustifica, in linea di massima, che tale autorità adotti le misure in parola anche senza sentire preliminarmente il punto di vista degli interessati in merito agli elementi considerati per giustificare le medesime. Inoltre tale restrizione potrebbe costituire un intervento sproporzionato e inaccettabile, che violerebbe l’essenza stessa dei diritti della difesa, solo se gli interessati fossero stati privati della possibilità di contestare tali misure in un procedimento successivo, e di far utilmente valere il loro punto di vista nel contesto del medesimo.

77      D’altronde, tenuto conto della necessità di agire rapidamente contro l’afta epizootica, il principio del rispetto dei diritti della difesa non esige necessariamente una sospensione dell’esecuzione di tali misure fino alla conclusione di tale procedimento.

78      Infine, se nel corso di tale procedimento risulta che l’autorità incaricata di lottare contro l’afta epizootica poteva adottare le misure previste dalle direttive 85/511 e 90/425 o dalla decisione 2001/246 sul solo fondamento del risultato del laboratorio quale le era stato comunicato per fax, il principio del rispetto dei diritti della difesa non osta a che il giudice che statuisce in tale procedimento fondi la sua decisione esclusivamente su tale documento, poiché le parti hanno potuto discuterne utilmente.

79      Alla luce di quanto precede, occorre risolvere la quarta e la quinta questione nel senso che l’autorità competente è tenuta a dar seguito ai risultati degli esami forniti da un laboratorio che ha lo statuto di laboratorio iscritto nell’allegato B della direttiva 85/511 e ad adottare, in linea di principio, le misure previste da tale direttiva o qualsiasi altra misura che si impone, tenuto conto della necessità di lottare rapidamente ed efficacemente contro l’afta epizootica. L’autorità competente è tenuta a prendere in considerazione anche il risultato fornito da un laboratorio che non ha tale statuto per adottare, se del caso, le opportune misure previste dal diritto comunitario. Tuttavia, poiché tale laboratorio non offre più necessariamente le stesse garanzie di affidabilità di un laboratorio che ha lo statuto di laboratorio iscritto nel summenzionato allegato B, l’autorità competente, prima di adottare le opportune misure, deve accertarsi dell’affidabilità del detto risultato. In ogni caso, tale autorità può adottare le misure di lotta contro l’afta epizootica solo nel rispetto dei principi generali del diritto comunitario, tra i quali, in particolare, il principio di proporzionalità e i diritti fondamentali.

 Sulle spese

80      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1)      La direttiva del Consiglio 18 novembre 1985, 85/511/CEE, che stabilisce misure comunitarie di lotta contro l’afta epizootica, come modificata dalla direttiva del Consiglio 26 giugno 1990, 90/423/CEE, deve essere interpretata nel senso che le modifiche delle coordinate di un laboratorio menzionato all’allegato B della medesima, che non erano state iscritte secondo la procedura prevista all’art. 17 di tale direttiva, comportano che tale laboratorio perda lo statuto di laboratorio previsto nel detto allegato solo quando tali modifiche possono avere ripercussioni sulla sicurezza del laboratorio rispetto al rischio di diffusione del virus dell’afta epizootica in occasione di esami da esso effettuati e se le dette modifiche aumentano in tal modo il rischio di contagio di animali locali sensibili. Inoltre, la direttiva 85/511 non osta a che uno Stato membro adotti le misure di lotta contro l’afta epizootica previste dall’art. 10, n. 1, della direttiva del Consiglio 26 giugno 1990, 90/425/CEE, relativa ai controlli veterinari e zootecnici applicabili negli scambi intracomunitari di taluni animali vivi e prodotti di origine animale, nella prospettiva della realizzazione del mercato interno, sulla base del risultato di un esame effettuato da un laboratorio che non è menzionato nell’allegato B della stessa direttiva 85/511.

2)      L’autorità competente è tenuta a dar seguito ai risultati degli esami forniti da un laboratorio che ha lo statuto di laboratorio iscritto nell’allegato B della direttiva 85/511 e ad adottare, in linea di principio, le misure previste da tale direttiva o qualsiasi altra misura che si impone, tenuto conto della necessità di lottare rapidamente ed efficacemente contro l’afta epizootica. L’autorità competente è tenuta a prendere in considerazione anche il risultato fornito da un laboratorio che non ha tale statuto per adottare, se del caso, le opportune misure previste dal diritto comunitario. Tuttavia, poiché tale laboratorio non offre più necessariamente le stesse garanzie di affidabilità di un laboratorio che ha lo statuto di laboratorio iscritto nel summenzionato allegato B, l’autorità competente, prima di adottare le opportune misure, deve accertarsi dell’affidabilità del detto risultato. In ogni caso, tale autorità può adottare le misure di lotta contro l’afta epizootica solo nel rispetto dei principi generali del diritto comunitario, tra i quali, in particolare, il principio di proporzionalità e i diritti fondamentali.

Firme


* Lingua processuale: l'olandese.