Language of document : ECLI:EU:T:2018:66

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

5 febbraio 2018 (*)

«Accesso ai documenti – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Documento in possesso dell’EMA e trasmesso nell’ambito di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale Translarna – Decisione di concedere ad un terzo l’accesso al documento – Eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali – Assenza di presunzione generale di riservatezza»

Nella causa T‑718/15,

PTC Therapeutics International Ltd, con sede a Dublino (Irlanda), rappresentata inizialmente da C. Thomas, barrister, G. Castle, B. Kelly, H. Billson, solicitors, e M. Demetriou, QC, e successivamente da Thomas, Demetriou, Castle e Kelly,

ricorrente,

sostenuta da

European Confederation of Pharmaceutical Entrepreneurs (Eucope), rappresentata da D. Scannell, barrister, e S. Cowlishaw, solicitor,

interveniente,

contro

Agenzia europea per i medicinali(EMA), rappresentata da T. Jabłoński, A. Spina, S. Marino, A. Rusanov e N. Rampal Olmedo, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda fondata sull’articolo 263 TFUE e diretta all’annullamento della decisione EMA/722323/2015 dell’EMA, del 25 novembre 2015, che concede a un terzo, in forza del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), l’accesso a un documento contenente le informazioni trasmesse nell’ambito di una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del medicinale Translarna,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto da M. Prek, presidente, F. Schalin (relatore) e M.J. Costeira, giudici,

cancelliere: P. Cullen, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 luglio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        La ricorrente, PTC Therapeutics International Ltd, è una società farmaceutica specializzata nello sviluppo di combinazioni di piccole molecole destinate a correggere o a compensare alcune anomalie genetiche. Tale società ha inventato l’ataluren, che è il principio attivo di un medicinale, che la ricorrente vende con il marchio Translarna, utilizzato nel trattamento di una malattia denominata «distrofia muscolare di Duchenne».

2        Nell’ottobre del 2012, la ricorrente ha presentato all’Agenzia europea per i medicinali (EMA) una domanda di autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) (in prosieguo: la «domanda di AIC») del medicinale Translarna, nell’ambito della procedura centralizzata, per il trattamento della distrofia muscolare di Duchenne, precisando che la presenza di una mutazione nonsenso del gene delle distrofia doveva essere determinata attraverso un’analisi genetica. Nel gennaio del 2014 il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) ha espresso parere contrario alla concessione dell’AIC, in ragione del fatto che non era stato dimostrato che i benefici del medicinale Translarna fossero superiori ai rischi legati al suo utilizzo. In seguito ad una domanda di riesame introdotta dalla ricorrente, il CHMP ha raccomandato, nel maggio 2014, la concessione di un’AIC condizionata per il medicinale Translarna, ai sensi del regolamento (CE) n. 507/2006 della Commissione, del 29 marzo 2006, relativo all’autorizzazione all’immissione in commercio condizionata dei medicinali per uso umano che rientrano nel campo d’applicazione del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2006, L 92, pag. 6), il che significava, in particolare, che il medicinale Translarna rispondeva ad un bisogno medico non soddisfatto per i pazienti che soffrono di una malattia letale, ma che non erano ancora disponibili dati clinici completi. Il 31 luglio 2014 l’AIC richiesta è stata concessa.

3        Il 13 ottobre 2015 l’EMA ha informato la ricorrente che una società farmaceutica le aveva rivolto, il 29 luglio 2015, una domanda basata sul regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), e diretta ad ottenere l’accesso ad una relazione sullo studio clinico contenuto nel fascicolo della domanda di AIC del medicinale Translarna (in prosieguo: «la relazione controversa»). Si tratta di uno studio sull’efficacia e sulla sicurezza di fase 2 B con placebo relativo all’ataluren su soggetti che presentano una mutazione nonsenso di Duchenne e una distrofia muscolare di Becker. Tale documento costituisce il principale studio clinico realizzato prima della concessione dell’AIC condizionata per il medicinale Translarna.

4        Ottenuta una proroga del termine, il 30 ottobre 2015 la ricorrente ha chiesto all’EMA di considerare riservata la relazione controversa nel suo complesso.

5        Il 5 novembre 2015 l’EMA ha respinto la domanda della ricorrente volta ad ottenere che la relazione controversa fosse considerata riservata nel suo complesso.

6        Nella risposta del 12 novembre 2015, la ricorrente ha ribadito la propria posizione secondo cui la relazione controversa doveva essere considerata come riservata nel suo complesso, rifiutandosi così di cancellarne alcuni passaggi.

7        Il 25 novembre 2015 l’EMA ha adottato la decisione EMA/722323/2015 concedendo ad un terzo, in forza del regolamento n. 1049/2001, l’accesso alla relazione controversa nel suo complesso, salvi alcuni omissis (in prosieguo: la «decisione impugnata»).

8        A sostegno della decisione impugnata, l’EMA ha indicato di aver deciso di concedere al richiedente l’accesso alla relazione controversa nel suo complesso, salvo alcune cancellazioni che aveva effettuato di propria iniziativa, come i riferimenti alle discussioni sull’elaborazione di protocolli con la U.S. Food and Drug Administration (Agenzia per gli alimenti e i farmaci, Stati Uniti), i numeri dei lotti, i materiali e la strumentazione, le analisi esplorative, la descrizione quantitativa e qualitativa della metodologia per misurare la concentrazione del medicinale, nonché le date di inizio e di fine del trattamento e altre date che potevano permettere l’identificazione dei pazienti.

9        L’EMA ha risposto anche alle osservazioni della ricorrente formulate nell’ambito della consultazione ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001. A tal riguardo, l’EMA ha fatto riferimento all’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, in base al quale l’accesso all’intero documento richiesto poteva essere negato unicamente qualora fossero applicabili a tutto il suo contenuto una o più eccezioni previste dal suddetto articolo 4. Orbene, la ricorrente non avrebbe fornito alcuna prova che dimostrasse che ogni elemento del contenuto della relazione controversa costituiva un’informazione commerciale riservata. In tale contesto, l’EMA ha parimenti sottolineato che una parte del contenuto della relazione controversa era già di dominio pubblico. La divulgazione della relazione controversa, inoltre, sarebbe stata in linea con i requisiti previsti dall’articolo 39, paragrafo 3, dell’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPS), del 15 aprile 1994 (GU 1994, L 336, pag. 214; in prosieguo: l’«accordo TRIPS»), che costituisce l’allegato 1 C dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) (GU 1994, L 336, pag. 3), in quanto il titolare di un’AIC gode di un periodo di esclusiva sui dati in forza dell’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1), e, pertanto, una tutela da usi commerciali sleali.

10      Quanto alla critica della ricorrente relativa al termine concessole per presentare osservazioni, l’EMA ha ricordato che l’articolo 7 del regolamento n. 1049/2001 imponeva all’EMA di rispondere alle domande di accesso entro quindici giorni. Ciò implicherebbe necessariamente anche un limite temporale per la procedura di consultazione dei terzi.

11      Quanto alle cause che sono sfociate nelle ordinanze del 25 luglio 2014, Deza/ECHA (T‑189/14 R, non pubblicata, EU:T:2014:686), e del 1o settembre 2015, Pari Pharma/EMA (T‑235/15 R, EU:T:2015:587), invocate dalla ricorrente, l’EMA ha indicato che le stesse non avevano dato luogo a decisioni sul merito e che, in ogni caso, andavano tenute distinte dalla domanda di accesso alla relazione controversa, poiché le relazioni oggetto delle suddette cause avevano un contenuto diverso da quello della relazione controversa.

12      A termini della decisione impugnata, inoltre, la divulgazione delle relazioni sugli studi clinici sarebbe conforme al regolamento n. 1049/2001, alla politica di trasparenza dell’EMA e all’accordo TRIPS.

13      Infine l’EMA, nella decisione impugnata, ha affermato che la decisione di concedere un’AIC condizionata era già stata adottata, cosicché l’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 non era applicabile e, in ogni caso, bisognava dimostrare un pregiudizio grave al processo decisionale, di modo che il semplice fatto che una «relazione regolamentare» fosse in corso non era sufficiente.

 Procedimento e conclusioni delle parti

14      La ricorrente ha proposto il presente ricorso con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 9 dicembre 2015. Con atto separato dello stesso giorno, la ricorrente ha depositato una domanda di provvedimenti provvisori volta ad ottenere la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata.

15      Con ordinanza del 20 luglio 2016, PTC Therapeutics International/EMA (T‑718/15 R, non pubblicata, EU:T:2016:425), il presidente del Tribunale ha ordinato la sospensione dell’esecuzione della decisione impugnata. Con ordinanza del 1o marzo 2017, EMA/PTC Therapeutics International [C‑513/16 P(R), non pubblicata, EU:C:2017:148], il vicepresidente della Corte ha respinto l’impugnazione dell’EMA avverso l’ordinanza del 20 luglio 2016, PTC Therapeutics International/EMA (T‑718/15 R, non pubblicata, EU:T:2016:425).

16      Il 17 marzo 2016 l’EMA ha presentato il controricorso.

17      La replica è stata depositata presso la cancelleria del Tribunale il 30 maggio 2016.

18      Con atto depositato presso la cancelleria del Tribunale il 29 marzo 2016, l’interveniente, la European Confederation of Pharmaceutical Entrepreneurs (Eucope) ha chiesto di intervenire nel presente procedimento a sostegno delle conclusioni della ricorrente. Con ordinanza del 17 giugno 2016, il presidente della Quarta Sezione del Tribunale ha ammesso tale intervento.

19      Essendo stata modificata la composizione delle sezioni del Tribunale, a norma dell’articolo 27, paragrafo 5, del regolamento di procedura del Tribunale, il giudice relatore è stato assegnato alla Seconda Sezione, alla quale, di conseguenza, è stata attribuita la presente causa.

20      La controreplica è pervenuta alla cancelleria del Tribunale il 12 luglio 2016.

21      La memoria d’intervento è stata depositata presso la cancelleria del Tribunale il 19 agosto 2016.

22      Le parti hanno svolto le proprie difese e risposto ai quesiti orali del Tribunale all’udienza del 14 luglio 2017.

23      La ricorrente chiede, nell’ultima versione delle proprie memorie, che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione impugnata;

–        condannare l’EMA all’integralità delle spese connesse al presente procedimento.

24      L’EMA chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

25      L’interveniente chiede che il Tribunale voglia annullare la decisione impugnata.

 In diritto

26      A sostegno del ricorso, la ricorrente invoca cinque motivi: il primo motivo verte sul fatto che la relazione controversa è tutelata dall’articolo 4, paragrafo 2 o 3, del regolamento n. 1049/2001 in virtù di una presunzione generale di riservatezza; il secondo verte sul fatto che la relazione controversa costituisce nel suo complesso un’informazione commerciale riservata tutelata dall’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001; il terzo verte sul fatto che la divulgazione della relazione controversa arrecherebbe pregiudizio al processo decisionale dell’EMA; il quarto verte sul fatto che l’EMA non ha effettuato il bilanciamento stabilito per legge, e il quinto verte sul fatto che un bilanciamento appropriato, come stabilito per legge, avrebbe condotto alla decisione di non divulgare alcuna parte della relazione controversa.

 Sul primo motivo, vertente sulla tutela della relazione controversa ex articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, oppure ex articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, in virtù di una presunzione generale di riservatezza

27      Nell’ambito del primo motivo di ricorso, la ricorrente invita il Tribunale a riconoscere la sussistenza di una presunzione generale in virtù della quale l’EMA può rifiutare l’accesso alle relazioni sugli studi clinici contenuti in un fascicolo di domanda di AIC.

28      Secondo la ricorrente, l’EMA ha errato nel non applicare una presunzione generale di riservatezza alla relazione controversa, come esigerebbe un’applicazione corretta dell’articolo 4, paragrafo 2 o 3, del regolamento n. 1049/2001, letto in combinato disposto con i regolamenti nn. 726/2004, 141/2000 concernente i medicinali orfani (GU 2000, L 18, pag. 1) e 507/2006, nonché con l’accordo TRIPS.

29      È opinione della ricorrente che i regolamenti menzionati al precedente punto 28 prevedano un regime di divulgazione e di trasparenza ad hoc per il settore dei prodotti farmaceutici, nell’ambito del quale il legislatore ha bilanciato gli interessi pubblici e privati in gioco al fine di determinare il livello di divulgazione che definisca in termini generali il giusto equilibrio nel settore della salute pubblica e, segnatamente, nel settore particolarmente sensibile dei medicinali orfani.

30      In tale contesto, la ricorrente, sostenuta dall’interveniente, afferma che:

–        allorché l’accesso a documenti detenuti dall’EMA è sollecitato in un contesto economico o regolamentare che rientra in un regime speciale con obiettivi differenti, il Tribunale deve adoperarsi per garantire un’applicazione coerente dell’insieme della normativa, a meno che tra le disposizioni rilevanti non sia inclusa una norma che stabilisce espressamente il primato di un corpo normativo sull’altro;

–        la definizione, da parte di un regolamento settoriale speciale, del proprio regime di divulgazione crea una «presunzione generale» che i documenti debbano essere divulgati unicamente in applicazione e nelle circostanze previste da tale normativa e che essi debbano peraltro essere trattati come riservati ai fini sia dell’articolo 4, paragrafo 2, sia dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, salva la possibilità di dimostrare, in funzione delle circostanze concrete del caso di specie, che un determinato documento sfugge alla presunzione o che la sua divulgazione, in applicazione dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento 1049/2001 è comunque giustificata da «un interesse pubblico prevalente»;

–        un siffatto approccio è già stato avvallato dalla giurisprudenza;

–        nel caso di specie, il regolamento n. 726/2004 contiene, insieme ad altri regolamenti rilevanti, disposizioni concrete e dettagliate sulle informazioni a disposizione dell’EMA che devono o meno essere messe a disposizione del pubblico;

–        nel contesto di un’industria farmaceutica altamente competitiva e innovativa, caratterizzata da investimenti importanti, il regolamento n. 726/2004 e gli altri regolamenti rilevanti creano un equilibrio molto delicato tra l’interesse alla trasparenza, considerazioni legittime d’interesse generale e l’opportunità di evitare la duplicazione delle attività di ricerca, da un lato, e, dall’altro lato, la necessità di incoraggiare adeguatamente le società ad investire nella ricerca e nello sviluppo senza il timore che i concorrenti siano in grado di trarre profitto senza alcuna contropartita dalle loro innovazioni, i vantaggi della stimolazione di molteplici filoni di ricerca, e il funzionamento corretto e aperto di un sistema di valutazione delle domande di AIC, tale da non scoraggiare le società dal produrre tutte le informazioni rilevanti in maniera completa e fedele;

–        costituisce peraltro caratteristica essenziale del regime dell’AIC il fatto che tutti i documenti prodotti per costituire il fascicolo di una domanda di AIC e, in particolare, gli studi clinici e non clinici, tra cui la relazione controversa, meritino di essere tutelati attraverso la presunzione generale di riservatezza stabilita dall’articolo 4, paragrafo 2 o 3, del regolamento n. 1049/2001;

–        la presunzione generale di riservatezza deve essere applicata per tutta la durata e anche oltre il periodo di esclusiva dei dati commerciali e non può scadere dopo l’adozione della decisione di AIC; qualsiasi diversa interpretazione sarebbe incompatibile con l’efficacia del regolamento n. 726/2004;

–        inoltre, nel caso di specie, è stata concessa soltanto un’AIC condizionata; ciò implica che il processo decisionale relativo alla concessione di un’AIC di pieno diritto non è ancora concluso; pertanto, qualsiasi studio (relazioni periodiche di aggiornamento sulla sicurezza) deve essere mantenuto segreto, per lo meno fino alla concessione di un’AIC di pieno diritto o al rifiuto definitivo di un’AIC condizionata in corso, affinché l’EMA possa esaminare la sicurezza e l’efficacia del medicinale in questione senza interferenze esterne;

–        i regolamenti nn. 1049/2001, 726/2004, 141/2000 e 507/2006 devono essere interpretati alla luce delle condizioni poste dall’accordo TRIPS e, in particolare, del suo articolo 39, paragrafo 3, che avvalora la conclusione secondo cui la relazione controversa deve godere di una presunzione generale;

–        il compito di cancellare linea per linea previsto dall’EMA è estremamente gravoso dal punto di vista amministrativo, circostanza che rafforza l’opinione secondo cui, in forza di un’interpretazione che preservi l’efficacia del regolamento n. 726/2004, l’EMA potrebbe basarsi su una presunzione generale di riservatezza dei documenti che le sono forniti per completare i fascicoli di domanda di AIC, ivi comprese le relazioni sugli studi clinici;

–        i motivi invocati dall’EMA a sostegno del rigetto della presunzione generale di riservatezza della relazione controversa sono insufficienti.

31      L’EMA contesta tali argomenti.

32      Nell’ambito del primo motivo di ricorso, la ricorrente sostiene, in sostanza, che le presunzioni generali di riservatezza che si applicano a certe categorie di documenti riguarderebbero anche la relazione controversa presentata nell’ambito della procedura di AIC relativa al medicinale Translarna, prevista dai regolamenti nn. 141/2000, 726/2004 e 507/2006, e, pertanto, che la divulgazione di tale relazione in linea di principio arrecherebbe pregiudizio agli interessi commerciali. La presunzione generale di riservatezza invocata dalla ricorrente si fonda quindi sull’eccezione riguardante la tutela dei suoi interessi commerciali, di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

33      Occorre rammentare che, in applicazione dell’articolo 2, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001, le disposizioni relative all’accesso del pubblico ai documenti dell’EMA si applicano a tutti i documenti detenuti da tale agenzia, cioè a tutti i documenti da essa redatti o ricevuti e in suo possesso, in tutti i suoi settori di attività. Pur se detto regolamento è diretto a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni il più ampio possibile, tale diritto è assoggettato a taluni limiti fondati su ragioni di interesse pubblico o privato (sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punto 85).

34      Va anche rilevato che la Corte ha riconosciuto che le istituzioni e le agenzie interessate possono basarsi su presunzioni di carattere generale che si applicano a determinate categorie di documenti, in quanto a domande di divulgazione riguardanti documenti della stessa natura possono applicarsi considerazioni di ordine generale analoghe (sentenze del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau, C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punto 54; del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 72, e del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 45; v. anche, in tal senso, sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 50).

35      La sussistenza di una tale presunzione non esclude il diritto, per l’interessato, di dimostrare che un dato documento di cui viene chiesta la divulgazione non è coperto dalla suddetta presunzione (sentenza del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 103).

36      Ciononostante, va sottolineato che la sussistenza di una presunzione generale di riservatezza per certe categorie di documenti costituisce un’eccezione all’obbligo, imposto dal regolamento n. 1049/2001 all’istituzione interessata, di esaminare in maniera concreta e individuale ciascuno dei documenti oggetto di una domanda di accesso al fine di determinare se ad essi si applichi una delle eccezioni previste, in particolare, dall’articolo 4, paragrafo 2, di detto regolamento. Così come la giurisprudenza impone che le eccezioni alla divulgazione di cui alla summenzionata disposizione devono essere interpretate ed applicate in senso restrittivo, dal momento che esse derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti detenuti dalle istituzioni dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 75, e del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 48), il riconoscimento e l’applicazione di una presunzione generale di riservatezza devono avvenire in maniera restrittiva (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 81).

37      Il giudice dell’Unione ha pertanto enucleato in più sentenze determinati criteri per il riconoscimento di una presunzione generale di riservatezza in base al tipo di causa.

38      Innanzitutto, da un lato, emerge dalla giurisprudenza che, affinché una presunzione generale di riservatezza sia validamente opposta alla persona richiedente l’accesso a documenti in base al regolamento n. 1049/2001, è necessario che i documenti richiesti facciano parte della stessa categoria di documenti o siano della stessa natura (v., in tal senso, sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 50, e del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 72).

39      Dall’altro lato, secondo la giurisprudenza citata al precedente punto 38, l’applicazione delle presunzioni generali è essenzialmente dettata dall’esigenza imperativa di garantire il corretto funzionamento delle procedure di cui trattasi e di garantire che non ne vengano compromessi gli obiettivi. Quindi, il riconoscimento di una presunzione generale può trovare fondamento nell’incompatibilità dell’accesso ai documenti di talune procedure con il buono svolgimento delle stesse e nel rischio di un pregiudizio alle medesime, posto che le presunzioni generali consentono di preservare l’integrità dello svolgimento della procedura limitando l’ingerenza dei terzi (v., in tal senso, conclusioni dell’avvocato generale Wathelet nelle cause riunite LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:528, paragrafi 66, 68, 74 e 76).

40      Inoltre, in tutte le cause che hanno dato origine al riconoscimento di una presunzione generale di riservatezza, il diniego di accesso di cui trattasi riguardava una serie di documenti chiaramente circoscritti dalla loro comune appartenenza a un fascicolo afferente a un procedimento amministrativo o giurisdizionale in corso (v., in tal senso, sentenze del 29 giugno 2010, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau, C‑139/07 P, EU:C:2010:376, punti da 12 a 22; del 21 settembre 2010, Svezia e a./API e Commissione, C‑514/07 P, C‑528/07 P e C‑532/07 P, EU:C:2010:541, punto 75, e del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punti 69 e 70).

41      Infine, il giudice dell’Unione considera che l’applicazione di norme ad hoc previste da un atto giuridico relativo ad una procedura svolta dinanzi a un’istituzione dell’Unione, per le cui esigenze sono stati prodotti i documenti richiesti, è uno dei criteri atti a giustificare il riconoscimento di una presunzione generale (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2015, McCullough/Cedefop, T‑496/13, non pubblicata, EU:T:2015:374, punto 91, e le conclusioni dell’avvocato generale Cruz Villalón nella causa Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:325, paragrafo 75).

42      Le eccezioni al diritto di accesso ai documenti che figurano all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 non possono, quindi, essere interpretate senza tener conto delle norme specifiche che disciplinano l’accesso ai documenti in parola, previste dai regolamenti di cui trattasi.

43      In tal senso, la Corte ha rilevato che, nell’ambito di un procedimento di applicazione dell’articolo 101 TFUE, talune disposizioni del regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2003, L 1, pag. 1), nonché del regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione, del 7 aprile 2004, relativo ai procedimenti svolti dalla Commissione a norma degli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 2004, L 123, pag. 18), disciplinavano in maniera restrittiva l’uso dei documenti compresi nel fascicolo relativo a detto procedimento, in quanto prevedevano che le parti di un procedimento di applicazione dell’articolo 101 TFUE non disponevano di un diritto di accesso illimitato ai documenti compresi nel fascicolo della Commissione e che i terzi, ad eccezione dei denuncianti, non disponevano, nell’ambito di un procedimento siffatto, del diritto di accesso ai documenti del fascicolo della Commissione. La Corte ha stimato che autorizzare un accesso generalizzato, sulla base del regolamento n. 1049/2001, ai documenti compresi in un fascicolo relativo all’applicazione dell’articolo 101 TFUE avrebbe posto in pericolo l’equilibrio che il legislatore dell’Unione aveva voluto garantire con i regolamenti nn. 1/2003 e 773/2004 tra l’obbligo per le imprese interessate di comunicare alla Commissione informazioni commerciali eventualmente sensibili, al fine di consentire a quest’ultima di scoprire l’esistenza di un cartello e valutarne la compatibilità col predetto articolo, da un lato, e la garanzia di una tutela rafforzata collegata, in forza del segreto d’ufficio e del segreto commerciale, alle informazioni trasmesse a tale titolo alla Commissione, dall’altro lato. Da ciò la Corte ha concluso che la Commissione, ai fini dell’applicazione delle eccezioni di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo e terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, aveva il diritto di presumere, senza procedere ad un esame concreto e individuale di ciascun documento compreso in un fascicolo relativo ad un procedimento di applicazione dell’articolo 101 TFUE, che la divulgazione di tali documenti arrecasse pregiudizio, in linea di principio, alla tutela degli interessi commerciali delle imprese coinvolte in un procedimento del genere (v., in tal senso, sentenza del 27 febbraio 2014, Commissione/EnBW, C‑365/12 P, EU:C:2014:112, punti 86, 87, 90 e 93).

44      È anche in funzione del criterio menzionato al precedente punto 41 che il Tribunale ha ritenuto, per contro, che nessuna presunzione generale di riservatezza risultasse dalle disposizioni del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU 2006, L 396, pag. 1), poiché detto regolamento non disciplinava in maniera restrittiva l’uso dei documenti contenuti nel fascicolo relativo ad una procedura di autorizzazione per l’uso di una sostanza chimica, a differenza delle situazioni per le quali la Corte e il Tribunale avevano ammesso che si applicassero le presunzioni generali di diniego di accesso ai documenti (v., in tal senso, sentenza del 13 gennaio 2017, Deza/ECHA, T‑189/14, EU:T:2017:4, punto 39).

45      Nel caso di specie, la ricorrente ha chiesto, il 29 ottobre 2012, un’AIC condizionata per il farmaco Translarna, conformemente all’articolo 14, paragrafo 7, del regolamento n. 726/2004. Il procedimento amministrativo relativo a tale domanda si è concluso, il 31 luglio 2014, con la concessione dell’AIC richiesta. La domanda di accesso basata sul regolamento n. 1049/2001 è intervenuta solamente il 29 luglio 2015 e la decisione impugnata è datata 25 novembre 2015. La relazione controversa, pertanto, non riguarda un procedimento amministrativo in corso. Ne consegue che, anche a voler ritenere che la giurisprudenza citata al precedente punto 39, secondo cui l’applicazione di una presunzione generale potrebbe essere giustificata dall’esigenza imperativa di garantire il corretto funzionamento del procedimento di cui trattasi, si applichi nell’ambito di una procedura di AIC, la divulgazione della relazione controversa non può alterare detto procedimento.

46      Allo stesso modo, a differenza delle situazioni per le quali la Corte e il Tribunale hanno ammesso l’applicazione delle presunzioni generali di diniego di accesso ai documenti, i regolamenti nn. 141/2000 e 726/2004 non disciplinano in maniera restrittiva l’uso dei documenti compresi nel fascicolo relativo ad una procedura di AIC di un farmaco. Essi non limitano l’accesso agli atti alle «parti interessate» o ai «denuncianti».

47      Più precisamente, il regolamento n. 141/2000 non contiene nessuna disposizione ad hoc relativa all’accesso ai documenti.

48      Quanto al regolamento n. 726/2004, esso prevede, all’articolo 73, che ai documenti detenuti dall’EMA si applichi il regolamento n. 1049/2001 e che il consiglio di amministrazione di quest’ultima agenzia adotti disposizioni per l’attuazione del suddetto regolamento. Nessun’altra disposizione del medesimo regolamento potrebbe essere intesa come rivelatrice dell’intenzione del legislatore dell’Unione di creare un regime di accesso ristretto ai documenti attraverso una presunzione generale di riservatezza degli stessi.

49      Il regolamento n. 726/2004 impone, infatti, all’EMA, all’articolo 11, all’articolo 13, paragrafo 3, all’articolo 36, all’articolo 38, paragrafo 3, e all’articolo 57, paragrafi 1 e 2, la divulgazione di tre documenti, vale a dire la relazione pubblica europea di valutazione (in prosieguo: l’«EPAR»), il riassunto delle caratteristiche dei medicinali interessati e il foglietto illustrativo per l’utilizzatore, una volta eliminate da essi tutte le informazioni commerciali a carattere riservato. Tali disposizioni menzionano le informazioni minime che l’EMA, attraverso i tre documenti summenzionati, è chiamata a mettere proattivamente a disposizione del pubblico. L’obiettivo del legislatore dell’Unione è, da un lato, che siano indicate nel modo più intellegibile possibile al personale sanitario le caratteristiche del medicinale in oggetto e le modalità di prescrizione ai pazienti e, dall’altro, che il pubblico non professionista sia informato, in un linguaggio comprensibile, del modo ottimale di utilizzo del medicinale e degli effetti di quest’ultimo. Tale regime di divulgazione proattiva di un minimo di informazioni non costituisce, dunque, un regime ad hoc di accesso ai documenti da interpretare nel senso che tutti i dati e le informazioni non contenuti nei tre documenti summenzionati debbano presumersi riservati.

50      L’articolo 11, l’articolo 12, paragrafo 3, l’articolo 36 nonché l’articolo 37, paragrafo 3, del regolamento n. 726/2004 traducono parimenti la volontà del legislatore che la procedura di AIC sia trasparente anche qualora essa non dia luogo ad una decisione o sfoci in una decisione di rifiuto di AIC. Tali disposizioni prevedono, infatti, che sia le informazioni relative a una domanda di AIC che il richiedente ha ritirato prima che l’EMA si sia pronunciata, sia quelle che riguardano una domanda di AIC che è stata rifiutata debbano essere accessibili al pubblico.

51      Quanto al regolamento n. 507/2006, il quale trova la sua base giuridica nel regolamento n. 726/2004, anch’esso traduce la volontà del legislatore che la procedura di AIC sia trasparente. Per di più, le disposizioni del regolamento n. 507/2006, alle quali la ricorrente fa riferimento, prevedono la divulgazione di determinate informazioni quali gli obblighi specifici del titolare di un’AIC condizionata e il calendario per soddisfarli (articolo 5, paragrafo 3, di detto regolamento), il rapporto del CHMP prodotto nell’ambito di una domanda di rinnovo di un’AIC condizionata (articolo 6, paragrafo 3, di detto regolamento) e la chiara menzione, nel foglietto illustrativo destinato al paziente, del carattere condizionato dell’AIC (articolo 8 di detto regolamento). Tali disposizioni – che esattamente al pari di quelle del regolamento n. 726/2004, come rilevato al precedente punto 49, hanno come unico obiettivo quello d’imporre all’EMA un obbligo di divulgazione proattiva di tali informazioni – non riguardano il regime di accesso ai documenti presentati nell’ambito di una domanda di AIC e non potrebbero in nessun caso essere interpretate come costitutive di un regime ad hoc in tale ambito.

52      Ne deriva che il principio preminente nei regolamenti nn. 726/2004 e 1049/2001 è quello dell’accesso del pubblico alle informazioni e che le eccezioni a tale principio sono quelle previste all’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, tra cui l’eccezione riguardante le informazioni commerciali riservate. Tenuto conto del requisito d’interpretazione restrittiva richiamato al precedente punto 36, si deve ritenere che il legislatore dell’Unione abbia implicitamente stimato che l’integrità della procedura di AIC non fosse compromessa in mancanza di una presunzione di riservatezza.

53      In considerazione di quanto sopra esposto, si deve concludere che non esiste alcuna presunzione generale di riservatezza dei documenti contenuti in un fascicolo depositato nell’ambito della domanda di AIC di un medicinale e, in particolare, delle relazioni sugli studi clinici, risultante dall’applicazione del combinato disposto dei regolamenti nn. 141/2000, 1049/2001, 726/2004 e 507/2006. Non si può, quindi, ritenere che le relazioni sugli studi clinici godano di una presunzione generale di riservatezza per la ragione implicita che manifestamente ricadrebbero, in linea di principio e nel loro complesso, nell’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali dei richiedenti AIC. Spetta quindi all’EMA verificare, attraverso un esame concreto ed effettivo di ciascuno dei documenti del fascicolo della domanda di AIC, se ogni documento è coperto in particolare dal segreto commerciale, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

54      Va anche aggiunto, peraltro, che, in applicazione dell’articolo 73 del regolamento (CE) n. 726/2004, l’EMA ha adottato le disposizioni per l’attuazione del regolamento n. 1049/2001, intitolate «Norme di attuazione del regolamento (CE) n. 1049/2001 sull’accesso ai documenti dell’EMA». Allo stesso modo, al fine di rafforzare la propria politica relativa all’accesso ai documenti, essa ha adottato, il 30 novembre 2010, il documento EMA/110196/2006 intitolato «[P]olitica dell’[EMA] sull’accesso ai documenti (relativi ai farmaci per uso umano o veterinario)». In tale documento si sottolinea che, ferma restando una tutela adeguata delle informazioni commerciali riservate, dei dati personali e di altri interessi specifici, l’accesso a un documento è negato unicamente se si ritiene applicabile una delle eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001.

55      È opportuno parimenti rilevare che, in applicazione della propria politica sull’accesso ai documenti, l’EMA ha redatto il documento EMA/127362/2006, nel quale sono riportati i risultati della propria politica sull’accesso ai documenti relativi ai medicinali per uso umano e veterinario. Tale documento contiene una tabella dei risultati che viene completata in funzione dell’esperienza acquisita dall’EMA in materia di domanda di accesso ai documenti. Detta tabella è stata completata, da un lato, dal documento EMA/484118/2010 relativo alle raccomandazioni dei direttori delle Agenzie per i medicinali sulla trasparenza e, dall’altro, dalla guida comune dell’EMA e dei direttori delle Agenzie per i medicinali relativa all’identificazione delle informazioni commerciali riservate e dei dati personali nell’ambito di una procedura di AIC, che potevano essere rese pubbliche dopo l’adozione di una decisione. Emerge da tale tabella che, per quanto riguarda le relazioni sugli studi clinici, l’EMA le considera pubbliche e le rende pubbliche non appena si concluda la procedura di AIC di un medicinale. Allo stesso modo, emerge dal punto 3.2 della summenzionata guida comune che, «(…) [i]n generale, i dati contenuti nelle relazioni sugli studi relativi alla sperimentazione clinica sono considerati dati che possono essere divulgati, poiché essi non sono considerati come informazioni commerciali riservate o dati personali che devono essere tutelati» e che «in casi eccezionali e motivati, in particolare allorché siano utilizzati metodi d’analisi o piani di studio innovativi, sarà prevista la necessità di eliminare le informazioni».

56      Occorre rilevare, del resto, che il regolamento (UE) n. 536/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, sulla sperimentazione clinica di medicinali per uso umano e che abroga la direttiva 2001/20/CE (GU 2014, L 158, pag. 1), pur non essendo applicabile nel caso di specie, costituisce nondimeno un indice del fatto che il legislatore non ha voluto una presunzione generale di riservatezza. Tale regolamento muove infatti dal principio, come risulta dal suo considerando 68, che le relazioni sugli studi clinici sono in linea di principio accessibili al pubblico «se l’[AIC] è già stata concessa».

57      Ne consegue che il motivo di ricorso vertente sulla sussistenza di una presunzione generale di riservatezza dei documenti presentati nell’ambito di una domanda di AIC e, in particolare, delle relazioni sugli studi clinici, deve essere respinto.

58      Nessuno degli argomenti addotti dalla ricorrente può rimettere in discussione tale conclusione.

59      In primo luogo, la ricorrente afferma, invano, che costituisce caratteristica essenziale del regime dell’AIC la necessità di tutelare, attraverso la presunzione generale di riservatezza stabilita dall’articolo 4, paragrafo 2 o 3, del regolamento n. 1049/2001, tutti i documenti prodotti per costituire il fascicolo di una domanda di AIC e, in particolare, gli studi clinici e non clinici, e che in senso analogo deporrebbe la giurisprudenza del giudice dei procedimenti sommari e quella risultante dalla sentenza del 23 gennaio 1997, Biogen (C‑181/95, EU:C:1997:32). Innanzitutto, tale affermazione non è minimamente comprovata. Non risulta, inoltre, che gli studi clinici e non clinici siano di per sé riservati (v. punto 53 supra). Essi possono, infatti, limitarsi a rispondere al modello regolamentare prescritto dall’EMA senza contenere alcun elemento innovativo. Va sottolineato, poi, che la trasparenza del processo seguito dall’EMA e la possibilità di ottenere l’accesso ai documenti utilizzati dagli esperti di tale agenzia per procedere alla loro valutazione scientifica contribuiscono a conferire a tale autorità una maggiore legittimità agli occhi dei destinatari dei suoi atti e ad aumentare la fiducia di questi ultimi verso detta autorità, nonché ad accrescere la responsabilità di quest’ultima verso i cittadini in un sistema democratico (v., in tal senso e per analogia, sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth e PAN Europe/EFSA, C‑615/13 P, EU:C:2015:489, punto 56). Non sarebbe possibile, infine, desumere dalla sentenza del 23 gennaio 1997, Biogen (C‑181/95, EU:C:1997:32), e dalle ordinanze del 25 aprile 2013, AbbVie/EMA (T‑44/13 R, non publicata, EU:T:2013:221), e del 1o settembre 2015, Pari Pharma/EMA (T‑235/15 R, EU:T:2015:587), invocate dalla ricorrente, alcun riconoscimento della sussistenza di una presunzione generale di riservatezza delle relazioni sugli studi clinici. Come sottolineato a giusto titolo dall’EMA, non si può dedurre una simile conclusione dalle ordinanze del giudice dei procedimenti sommari. Quanto alla sentenza del 23 gennaio 1997, Biogen (C‑181/95, EU:C:1997:32), oltre al fatto che è stata pronunciata prima dell’adozione del regolamento n. 1049/2001, dalla stessa non risulta che la Corte abbia confermato il carattere riservato delle informazioni contenute in una domanda di AIC nel loro complesso.

60      In secondo luogo, non essendo applicabile una presunzione generale di riservatezza, non è pertinente l’argomento secondo cui, per garantire l’efficacia del regolamento n. 726/2004, l’asserita presunzione generale di riservatezza dovrebbe applicarsi per tutta la durata e anche oltre il periodo di esclusiva dei dati commerciali e non dovrebbe scadere dopo l’adozione della decisione di AIC.

61      In terzo luogo, non può essere accolto l’argomento secondo cui l’interpretazione dei regolamenti nn. 1049/2001, 726/2004, 141/2000 e 507/2006 alla luce delle condizioni poste dall’accordo TRIPS e, più specificamente, il suo articolo 39, paragrafo 3, avvalorerebbe la tesi del riconoscimento di una presunzione generale.

62      Va sottolineato che, sebbene l’articolo 39 dell’accordo TRIPS non possa essere invocato in quanto tale per invalidare la decisione impugnata, i regolamenti nn. 1049/2001, 726/2004, 141/2000 e 507/2006 devono comunque essere interpretati in modo da garantire la loro conformità al contenuto di tale disposizione. Infatti, le disposizioni dell’accordo TRIPS, che fa parte degli accordi dell’OMC, firmati dalla Comunità europea e successivamente approvati dalla decisione 94/800/CE del Consiglio, del 22 dicembre 1994, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (GU 1994, L 336, pag. 1), costituiscono parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione. Qualora in un settore disciplinato dall’accordo TRIPS esista una normativa dell’Unione, trova applicazione il diritto dell’Unione; ciò implica l’obbligo di operare, nella misura del possibile, un’interpretazione conforme a tale accordo, senza che tuttavia possa essere riconosciuta alla disposizione in questione dell’accordo suddetto un’efficacia diretta (v. sentenza dell’11 settembre 2007, Merck Genéricos – Produtos Farmacêuticos, C‑431/05, EU:C:2007:496, punto 35 e la giurisprudenza ivi citata).

63      Occorre rammentare che l’articolo 39, paragrafo 2, dell’accordo TRIPS prevede che le informazioni che hanno un valore commerciale siano protette dall’uso e dalla divulgazione da parte di terzi se sono segrete, vale a dire se non sono, nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi, generalmente note o facilmente accessibili a persone che normalmente si occupano del tipo di informazioni in questione. Il paragrafo 3 di tale articolo impone agli Stati membri di garantire la tutela dei dati relativi a prove o di altri dati segreti da usi commerciali sleali, qualora l’autorizzazione alla commercializzazione di prodotti farmaceutici implicanti l’uso di nuove sostanze chimiche sia subordinata alla presentazione di tali dati, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno.

64      Dall’articolo 39, paragrafi 2 e 3, dell’accordo TRIPS non si può tuttavia far discendere un obbligo assoluto di far prevalere la tutela accordata ai diritti di proprietà intellettuale sul principio della divulgazione delle informazioni presentate nell’ambito di una domanda di AIC per un medicinale orfano. In tal senso, l’approccio difeso dalla ricorrente volto a caratterizzare come riservate tutte le informazioni da essa presentate significa non tenere conto dell’equilibrio creato dai regolamenti nn. 1049/2001, 726/2004, 141/2000 e 507/2006 e non applicare il meccanismo che prevede, in sostanza, la divulgazione delle informazioni, ad eccezione di quelle commerciali riservate, relative ai medicinali oggetto di una procedura di autorizzazione. Un siffatto approccio non può essere accolto, in quanto esso porta in realtà a mettere in discussione la legittimità di tali disposizioni alla luce dell’articolo 39, paragrafi 2 e 3, dell’accordo TRIPS.

65      Inoltre, è sufficiente ricordare, nonostante gli argomenti della ricorrente lascino intendere che non esiste alcun meccanismo di tutela della proprietà intellettuale, che, da un lato, i titolari dei dati beneficiano di un periodo in cui tali dati sono tutelati in forza dell’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004. Dall’altro lato, essi godono, in applicazione delle eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, di una tutela delle informazioni commerciali riservate contenute nel fascicolo della domanda di AIC, tra cui sono ricomprese quelle relative alla fabbricazione del prodotto e alle specifiche industriali e tecniche dei processi di qualità applicate per fabbricare la sostanza.

66      In quarto luogo, quanto all’affermazione secondo cui il compito di cancellare i dati riservati è, sia per l’EMA sia per il terzo autore, estremamente gravoso dal punto di vista amministrativo – circostanza che rafforzerebbe ulteriormente la tesi della sussistenza di una presunzione generale di riservatezza – è sufficiente osservare che un simile approccio è in contrasto con la lettera e lo spirito del regolamento n. 1049/2001. A tal proposito, va rammentato che l’accesso ai documenti delle istituzioni costituisce la regola generale, mentre la possibilità di rifiuto è l’eccezione. Ai fini della determinazione della portata di detto diritto, in linea di principio, non sono rilevanti considerazioni sul carico di lavoro che l’esercizio del diritto di accesso comporta e sull’interesse del richiedente. In altri termini, emerge dalla giurisprudenza che il carico di lavoro amministrativo generato dalla concessione al pubblico di un accesso ai documenti non può costituire una giustificazione valida per rifiutare tale accesso (v., in tal senso, sentenze del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punti da 103 a 108, e del 10 settembre 2008, Williams/Commissione, T‑42/05, non pubblicata, EU:T:2008:325, punto 86). Inoltre, per analogia, la mole di lavoro che grava su un autore terzo per determinare quale parte del documento richiesto sia coperta da una qualsiasi delle eccezioni all’articolo 4, paragrafo 1 o 2, del regolamento n. 1049/2001 non può essere presa in considerazione nel momento in cui si determina se un documento o parti di esso possano o meno essere divulgati. Peraltro, è nell’interesse stesso dell’autore terzo consultato fornire giustificazioni che aiutino l’istituzione, alla quale è stata presentata una domanda di accesso, ad applicare, se del caso, le eccezioni appropriate.

67      In quinto luogo, la ricorrente eccepisce all’EMA di non aver sufficientemente motivato, nella decisione impugnata, le ragioni per cui riteneva che la relazione controversa non godesse di una presunzione generale di riservatezza e contesta i motivi volti a giustificare tale considerazione.

68      Nei limiti in cui la ricorrente censura l’EMA per aver violato l’obbligo di motivazione della decisione impugnata, siffatta censura deve essere respinta. Infatti, da un lato, laddove aveva eseguito un esame concreto della relazione controversa, l’EMA non era tenuta a menzionare i motivi per cui escludeva la sussistenza di una presunzione generale di riservatezza dei documenti richiesti. Dall’altro lato, risultano in maniera chiara dalla decisione impugnata, riassunta ai precedenti punti da 8 a 13, le ragioni per cui l’EMA ha ritenuto che non fosse possibile concedere la riservatezza a tutti i documenti richiesti. Allo stesso modo, emerge dalla decisione impugnata che l’EMA ha risposto, in maniera circostanziata, alle osservazioni formulate dalla ricorrente nell’ambito della consultazione prevista dall’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento n. 1049/2001. Più specificamente, quanto all’affermazione relativa alla sussistenza di un rischio di uso sleale dei dati, emerge dalla decisione impugnata che l’EMA ha rilevato che i dati presentati nell’ambito di una domanda di AIC erano tutelati da un periodo di esclusiva dei dati previsto dall’articolo 14, paragrafo 11, del regolamento n. 726/2004. La decisione impugnata indica, inoltre, che, conformemente all’articolo 16 del regolamento n. 1049/2001, la decisione dell’EMA di concedere l’accesso ai documenti non pregiudica i diritti di proprietà intellettuale che possono esistere sui documenti o sul loro contenuto e non può essere interpretata come un’autorizzazione esplicita o implicita o una licenza che permette al richiedente accesso di utilizzare, riprodurre, pubblicare, divulgare o sfruttare in altro modo i documenti e il loro contenuto. L’EMA indica, inoltre, che il rischio di un uso elusivo dei documenti che aggiri l’esclusiva dei dati in violazione dei regolamenti nn. 726/2004 e 1049/2001 non può costituire un motivo di diniego d’accesso ai documenti, e che l’approccio opposto comporterebbe praticamente una paralisi quasi totale delle attività legate all’accesso ai documenti dell’EMA. Tale approccio sarebbe in contrasto con le disposizioni sulla trasparenza contenute nel Trattato FUE e nel regolamento n. 1049/2001. L’EMA rileva, infine, che sussiste sempre il rischio di un uso illegale dei documenti rilasciati conformemente al regolamento n. 1049/2001 e che le altre normative europee e quelle nazionali prevedono le corrispondenti misure correttive. I motivi riportati nella decisione impugnata soddisfano, pertanto, l’obbligo di motivazione dell’articolo 296 TFUE.

69      Va constatato che, in realtà, la ricorrente contesta all’EMA di aver applicato l’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001 e di aver dato, in tal modo, accesso parziale alla relazione controversa, rifiutando quindi di riconoscere la sussistenza di una presunzione generale. Tuttavia, nei limiti in cui verte sui motivi stessi di tale conclusione, la contestazione della ricorrente non può essere accolta. A tal proposito, risulta dal precedente punto 57 che è stato già escluso il riconoscimento di una siffatta presunzione.

70      Emerge, peraltro, dalla giurisprudenza risultante dalla sentenza del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione (C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punti 66 e 67), che l’istituzione interessata non è tenuta a fondare la propria decisione su una presunzione generale, ove questa sussista. Essa può sempre procedere a un esame concreto dei documenti menzionati nella domanda di accesso e fornire una motivazione che risulti da un siffatto esame concreto.

71      Inoltre, il requisito di cui all’accordo TRIPS relativo alla tutela dei documenti forniti all’EMA da usi commerciali sleali è soddisfatto per le ragioni richiamate ai precedenti punti da 61 a 65. A tal proposito, la ricorrente afferma a torto che l’iniziativa dell’EMA presuppone necessariamente che tutti i suoi concorrenti rispettino sempre la legge e che non possano ottenere alcun vantaggio economico dall’uso della relazione controversa. Infatti, da un lato, la tutela dei dati prevista dal regolamento n. 726/2004 è volta precisamente ad impedire ai concorrenti di utilizzare gli studi presenti in un fascicolo di domanda di AIC. Dall’altro, la riservatezza di certi dati, garantita dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, costituisce un baluardo contro l’uso sleale di dati commercialmente sensibili.

72      La ricorrente afferma parimenti che l’EMA ha previsto alcune condizioni per un uso proattivo dei documenti, così ammettendo l’eventualità di un loro uso sleale. A suo parere, l’EMA declina qualsiasi responsabilità circa il rispetto di dette condizioni da parte degli interessati, il che equivale a confessare che tali condizioni non permettono di impedire ai concorrenti di ottenere vantaggi ingiusti. Tali argomenti devono essere respinti in ragione del fatto che essi presuppongono che i dati che possono essere sfruttati in modo sleale sono da considerare riservati. Non si può, in effetti, garantire un’assenza assoluta di rischi di uso sleale dei dati. È dunque normale che l’EMA declini ogni sua responsabilità al riguardo. Tale motivo, in aggiunta, non permette di concludere che tutti i documenti presentati nell’ambito di una domanda di AIC debbano godere di una presunzione di riservatezza.

73      La ricorrente sostiene, inoltre, che esistono molti modi in cui i concorrenti potrebbero utilizzare le conoscenze acquisite dalla relazione controversa per trarne un vantaggio concorrenziale a suo danno. Ciò non prova in alcun modo, tuttavia, che tutte le informazioni meritino di essere tutelate attraverso una presunzione generale di riservatezza.

74      La circostanza, infine, che un’AIC condizionata sia stata concessa alla ricorrente, non influisce sul riconoscimento di una presunzione generale di riservatezza dei documenti presentati nell’ambito di una domanda di AIC fondata sull’eccezione relativa alla tutela degli interessi commerciali, di cui all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

75      Da quanto precede emerge dunque che il primo motivo di ricorso va respinto.

 Sul secondo motivo, vertente sul fatto che la relazione controversa costituisce nel suo complesso un’informazione commerciale riservata tutelata dall’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001

76      Nell’ambito del secondo motivo di ricorso, la ricorrente, sostenuta dall’interveniente, afferma quanto segue:

–        concedere l’accesso alla relazione controversa potrebbe concretamente ed effettivamente arrecare pregiudizio agli interessi commerciali della ricorrente, dato che i concorrenti potrebbero utilizzare, per varie ragioni e a proprio vantaggio, le informazioni e i dati contenuti in detta relazione, che quindi procurerebbero loro una «tabella di marcia» per ottenere una AIC a loro nome per un medicinale simile; perciò, l’EMA ha commesso un errore di diritto nel concludere che tale relazione non presentava globalmente un carattere di riservatezza commerciale;

–        inoltre, la relazione controversa va considerata riservata nel suo complesso, anche se parti di tale relazione sono state divulgate nell’EPAR, poiché l’intero è più della somma delle parti; orbene, nella relazione controversa sono stati messi insieme, seguendo una strategia innovatrice, i dati relativi all’esperimento, la programmazione dello studio, l’analisi e la presentazione delle informazioni non cliniche; pertanto, detta relazione costituisce un «insieme inscindibile che assume un valore economico» ai sensi della giurisprudenza risultante dalle ordinanze del 25 luglio 2014, Deza/ECHA (T‑189/14 R, non pubblicata, EU:T:2014:686, punto 54), e del 1o settembre 2015, Pari Pharma/EMA (T‑235/15 R, EU:T:2015:587, punto 56);

–        l’EMA mantiene dunque invano la propria posizione secondo cui la ricorrente deve dimostrare che «ciascuno degli elementi» di tale documento è riservato sul piano commerciale;

–        quanto all’argomento dell’EMA secondo cui il rischio di un uso improprio della relazione controversa da parte di un concorrente non costituisce un motivo per considerare un’informazione riservata ai sensi del regolamento n. 1049/2001, è sufficiente rinviare agli argomenti esposti nell’ambito del primo motivo di ricorso; orbene, l’accordo TRIPS esige che i documenti forniti all’EMA siano tutelati da sleali usi commerciali e non ne autorizza la divulgazione a meno che non siano adottate misure di protezione contro uno sfruttamento di questo tipo.

77      L’EMA confuta tutti questi argomenti.

78      Occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 15, paragrafo 3, TFUE, qualsiasi cittadino dell’Unione e qualsiasi persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione, secondo i principi e alle condizioni da definire in conformità con la procedura legislativa ordinaria. Il regolamento n. 1049/2001, come indicato dal considerando 4 e dall’articolo 1 dello stesso, mira a dare la massima attuazione al diritto di accesso del pubblico ai documenti delle istituzioni.

79      Il principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti è, tuttavia, soggetto a taluni limiti fondati su ragioni di interesse pubblico o privato. Infatti, il regolamento n. 1049/2001, segnatamente al considerando 11 e all’articolo 4, prevede un sistema di eccezioni che impone alle istituzioni e agli organismi di non divulgare taluni documenti, qualora tale divulgazione arrechi pregiudizio a uno di tali interessi (v., in tal senso, sentenze del 28 giugno 2012, Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 111; del 28 giugno 2012, Commissione/Agrofert Holding, C‑477/10 P, EU:C:2012:394, punto 53, e del 14 novembre 2013, LPN e Finlandia/Commissione, C‑514/11 P e C‑605/11 P, EU:C:2013:738, punto 40).

80      Dal momento che le eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti, esse devono essere interpretate ed applicate in senso restrittivo (sentenze del 1o febbraio 2007, Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 63; del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 36, e del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 75).

81      Tuttavia, il solo fatto che un documento riguardi un interesse tutelato da un’eccezione al diritto di accesso prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 non può essere sufficiente a giustificare l’applicazione di quest’ultima (sentenze del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 51, e del 13 aprile 2005, Verein für Konsumenteninformation/Commissione, T‑2/03, EU:T:2005:125, punto 69).

82      Infatti, da un lato, l’istituzione interessata, qualora decida di negare l’accesso a un documento che le è stato chiesto di comunicare, deve, in linea di principio, spiegare come l’accesso a tale documento possa arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato dall’eccezione prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 che essa invoca. Inoltre, il rischio di un siffatto pregiudizio dev’essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (v. sentenza del 21 luglio 2011, Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punto 76 e giurisprudenza ivi citata).

83      Dall’altro lato, quando un’istituzione applica una delle eccezioni previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, deve procedere al bilanciamento tra l’interesse specifico da tutelare mediante la non divulgazione del documento in questione e, in particolare, l’interesse generale a che tale documento sia reso accessibile, alla luce dei vantaggi che derivano – come sottolineato dal considerando 2 del citato regolamento – da un’accresciuta trasparenza, ossia una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale, nonché una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 45; del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 32, e del 3 luglio 2014, Consiglio/in ’t Veld, C‑350/12 P, EU:C:2014:2039, punto 53).

84      Quanto alla nozione di interessi commerciali, emerge dalla giurisprudenza che non si può ritenere che tutte le informazioni relative ad una società e alle sue relazioni commerciali ricadano sotto la tutela che deve essere garantita agli interessi commerciali conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, salvo vanificare l’applicazione del principio generale che consiste nel conferire al pubblico il più ampio accesso possibile ai documenti detenuti dalle istituzioni (sentenze del 15 dicembre 2011, CDC Hydrogene Peroxide/Commissione, T‑437/08, EU:T:2011:752, punto 44, e del 9 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, T‑516/11, non pubblicata, EU:T:2014:759, punto 81). Va peraltro precisato che la guida comune dell’EMA e dei direttori delle Agenzie per i medicinali relativa all’identificazione delle informazioni commerciali riservate e dei dati personali nell’ambito di una procedura di AIC definisce l’«informazione riservata sotto il profilo commerciale» come qualsiasi informazione non di dominio pubblico né accessibile al pubblico e la cui divulgazione può pregiudicare gli interessi economici o la posizione concorrenziale del suo proprietario.

85      Al fine di applicare l’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001, è necessario dunque dimostrare che i documenti richiesti contengono elementi idonei, per il fatto di essere divulgati, ad arrecare pregiudizio agli interessi commerciali di una persona giuridica. Ciò vale qualora, segnatamente, i documenti richiesti contengano informazioni commerciali sensibili relative, in particolare, alle strategie commerciali delle imprese di cui trattasi o ai loro rapporti commerciali, oppure qualora essi contengano dati propri dell’impresa che svelino il suo know-how (v., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2014, MasterCard e a./Commissione, T‑516/11, non pubblicata, EU:T:2014:759, punti da 82 a 84).

86      È alla luce delle considerazioni riportate ai precedenti punti da 78 a 85 che devono essere analizzati gli argomenti della ricorrente secondo cui l’EMA, adottando la decisione impugnata, ha violato l’articolo 4, paragrafo 2, primo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

87      In via preliminare, occorre ricordare che l’analisi del primo motivo di ricorso ha rivelato la non sussistenza di una presunzione generale di riservatezza a tutela dei documenti presentati nell’ambito di una domanda di AIC e, in particolare, della relazione controversa nel suo complesso. Di conseguenza, per poter concludere che la relazione controversa presenta globalmente un carattere di riservatezza commerciale, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, è necessario che tutti i dati contenuti in tale relazione costituiscano informazioni commerciali riservate.

88      Tale ipotesi non ricorre nel caso di specie.

89      A tal proposito, in primo luogo, non può essere accolto l’argomento della ricorrente secondo cui, in applicazione della giurisprudenza risultante dalle ordinanze del 25 luglio 2014, Deza/ECHA (T‑189/14 R, non pubblicata, EU:T:2014:686) e del 1o settembre 2015, Pari Pharma/EMA (T‑235/15 R, EU:T:2015:587), la relazione controversa costituisce un «insieme inscindibile che assume un valore economico» meritevole di un trattamento riservato nel suo complesso. L’espressione «insieme inscindibile che assume un valore economico», che appare d’altronde unicamente nell’ordinanza del 1o settembre 2015, Pari Pharma/EMA (T‑235/15 R, EU:T:2015:587), è stata utilizzata nell’ambito dell’esame del motivo di ricorso relativo alla sussistenza di una presunzione generale di riservatezza. Orbene, come emerge dall’esame del primo motivo di ricorso, nelle suddette ordinanze non è stata riconosciuta alcuna presunzione generale di riservatezza per i documenti in possesso dell’EMA nell’ambito delle procedure di AIC di medicinali per uso umano. È, inoltre, pacifico che la relazione controversa contiene un certo numero di informazioni che sono state pubblicate nell’EPAR, che è accessibile al pubblico e contiene dati che provengono direttamente da tale relazione. Di conseguenza, per esigere un trattamento riservato per tutta la relazione controversa, la ricorrente deve dimostrare che completando e combinando i dati accessibili al pubblico con quelli che non lo sono si crea un dato commerciale sensibile, la cui divulgazione pregiudicherebbe i suoi interessi commerciali. Orbene, l’affermazione secondo cui «l’intero è più della somma delle parti» è troppo vaga per dimostrare che la suddetta combinazione di informazioni potrebbe produrre le asserite conseguenze. Spiegazioni precise e concrete si sarebbero rivelate tanto più necessarie in quanto, come è stato ricordato al precedente punto 80, le eccezioni previste all’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti e, quindi, devono essere interpretate e applicate restrittivamente.

90      In secondo luogo, dev’essere parimenti respinto l’argomento secondo cui la divulgazione della relazione controversa fornirebbe a un concorrente una «tabella di marcia» su come completare una domanda di AIC per un prodotto concorrente. La ricorrente non ha dimostrato, infatti, il carattere innovativo dei propri modelli, delle proprie analisi o dei propri metodi. Come sostenuto dall’EMA, i modelli e i metodi utilizzati nello studio clinico di cui trattasi sono basati su conoscenze in materia di selezione, parametri e analisi statistiche ampiamente disponibili nella comunità scientifica e detto studio segue gli orientamenti applicabili e si basa, peraltro, sui principi più recenti. Il documento non contiene, inoltre, alcuna informazione sulla composizione o sulla fabbricazione del medicinale Translarna, dato che l’EMA ha espunto di propria iniziativa i riferimenti alle discussioni relative all’elaborazione di protocolli con la U.S. Food and Drug Administration, il numero del lotto, i materiali e l’attrezzatura, le analisi esplicative, la descrizione quantitativa e qualitativa del metodo di misurazione della concentrazione del medicinale, nonché le date di inizio e di fine del trattamento e le altre date che potrebbero permettere l’identificazione dei pazienti. La divulgazione della relazione controversa, pertanto, non fornirebbe ai concorrenti della ricorrente, a complemento delle informazioni già pubblicamente disponibili sul medicinale Translarna, alcuna informazione utile sulla strategia di sviluppo clinico a lungo termine e su come siano stati concepiti gli studi.

91      In terzo luogo, si deve constatare che il rischio di un uso illecito della relazione controversa da parte di un concorrente non costituisce di per sé un motivo per ritenere un’informazione riservata sul piano commerciale ai sensi del regolamento n. 1049/2001. A tal proposito, va ricordato che, secondo la politica della stessa EMA, quest’ultima non rende pubbliche informazioni commerciali riservate come i dettagli relativi alla qualità e alla fabbricazione dei medicinali. Nel caso di specie, come osservato al precedente punto 90, l’EMA non ha reso pubbliche informazioni di questo tipo. Orbene, si deve constatare che la ricorrente non ha prodotto alcun elemento che permetta di comprendere la ragione per cui gli omissis applicati dall’EMA non sarebbero sufficienti. Inoltre, se anche un’altra società utilizzasse la maggior parte delle informazioni contenute nella relazione controversa nel modo rivendicato dalla ricorrente, essa dovrebbe comunque condurre un proprio studio e i relativi esperimenti nonché sviluppare con successo un proprio medicinale. A ciò si aggiunga che il medicinale Translarna gode, in forza dell’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento n. 141/2000, di un periodo di esclusiva di mercato che impedisce la commercializzazione di un medicinale simile per un periodo di dieci anni dopo la concessione dell’AIC. È perciò infondata in diritto l’affermazione secondo cui la relazione controversa si deve ritenere riservata nel suo complesso, in ragione del fatto che la sua divulgazione potrebbe permettere ad alcuni concorrenti di richiedere un’AIC.

92      Peraltro, il periodo di esclusiva di mercato, impedendo la commercializzazione di un medicinale simile, si prefigge l’obiettivo di permettere all’autore dei dati di recuperare l’investimento fatto per sviluppare il proprio medicinale e la divulgazione della relazione controversa in applicazione del regolamento n. 1049/2001 non contrasterebbe in alcun modo con tale obiettivo. È difficilmente concepibile, d’altro canto, che l’uso di informazioni quasi dieci anni dopo la commercializzazione del medicinale Translarna possa pregiudicare interessi commerciali.

93      Ciononostante, nel caso di medicinali orfani, come nel caso di specie, suddetta esclusiva non si applica più in tre ipotesi eccezionali di cui una, prevista dall’articolo 8, paragrafo 3, lettera c), del regolamento n. 141/2000, prevede che «il secondo richiedente dimostri nella sua domanda che il secondo medicinale, benché simile al medicinale orfano già autorizzato, è più sicuro, più efficace o comunque clinicamente superiore». In un caso simile, il CHMP deve valutare le somiglianze tra i due medicinali e la superiorità del medicinale per il quale è stata introdotta la nuova domanda di AIC. Contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, tuttavia, è importante rammentare che la divulgazione della relazione controversa non basterà ad un concorrente per elaborare una relazione completa sui propri test e risultati basandosi semplicemente sui dati resi pubblici. In quest’ottica, la divulgazione della relazione controversa, oltretutto senza i dati commerciali, non fornisce vantaggi ai concorrenti.

94      Infine, la ricorrente segnala un rischio di perdita immediata del beneficio del periodo di esclusiva dei dati in caso di divulgazione della relazione controversa in ragione del fatto che quest’ultima potrebbe essere utilizzata dai concorrenti in paesi terzi che lo permettano. Tuttavia, oltre al fatto che tale argomento è vago, nulla permette di concludere che il solo accesso alle informazioni contenute nella relazione controversa, le quali non presentano carattere di riservatezza dal punto di vista degli interessi commerciali della ricorrente, renderebbe più facile per un’impresa farmaceutica concorrente ottenere un’AIC in un paese terzo. Ciò è ancora più evidente in considerazione del fatto che i dati rilevanti, come quelli relativi alla descrizione quantitativa e qualitativa del metodo per misurare la concentrazione del medicinale, rimangono riservati. La ricorrente non ha presentato alcun argomento concreto volto a dimostrare la presunta concretezza del pericolo che sussisterebbe in taluni paesi terzi. In più, la non divulgazione di tutti gli studi per impedire alle autorità di un paese terzo di concedere l’accesso al mercato a un fabbricante, senza che questi sia tenuto a presentare studi propri, annienterebbe il diritto del pubblico, riconosciuto dal diritto dell’Unione, di accedere ai documenti che contengono informazioni relative ai medicinali autorizzati.

95      Tenuto conto di tutto quanto precede, si deve respingere il secondo motivo di ricorso.

 Sul terzo motivo, vertente sul fatto che la divulgazione della relazione controversa pregiudicherebbe il processo decisionale dell’EMA

96      A sostegno del terzo motivo di ricorso, la ricorrente afferma che la divulgazione della relazione controversa è in ogni caso prematura dato che l’EMA non ha ancora adottato una decisione finale sull’AIC di pieno diritto e che essa continua a ricevere dati dalla ricorrente nell’ambito degli obblighi incombenti a quest’ultima in forza dell’AIC condizionata. L’EMA avrebbe quindi errato nel considerare, nella decisione impugnata, che la decisione di concedere un’AIC condizionata e la decisione di convertire un’AIC condizionata in un’AIC di pieno diritto sarebbero riconducibili a due processi decisionali diversi. Non si potrebbe escludere, pertanto, che la diffusione prematura della relazione controversa possa essere utilizzata da un concorrente per influenzare l’EMA a proposito della concessione di un’AIC di pieno diritto, ragion per cui la relazione dovrebbe essere coperta dall’eccezione prevista all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001.

97      L’EMA sostiene che tale motivo di ricorso dev’essere respinto.

98      Nell’ambito del terzo motivo di ricorso, la ricorrente afferma, in sostanza, che la divulgazione della relazione controversa pregiudicherebbe il processo decisionale dell’EMA e sarebbe quindi in contrasto con l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001.

99      A termini dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, l’accesso a un documento elaborato per uso interno da un’istituzione o da essa ricevuto, relativo ad una questione su cui la stessa non abbia ancora adottato una decisione, viene rifiutato nel caso in cui la divulgazione del documento pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale dell’istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla sua divulgazione.

100    Nel caso di specie, si deve constatare che la relazione controversa è stata depositata e valutata nell’ambito della domanda di AIC del medicinale Translarna e che, successivamente, l’EMA ha concesso alla ricorrente l’AIC dello stesso per un’indicazione terapeutica precisa. La procedura era quindi conclusa quando è stata presentata, da parte di un terzo, la domanda di accesso a detta relazione, cosicché l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 non è applicabile.

101    Il fatto che, nel caso di specie, sia stata concessa un’AIC condizionata è ininfluente. È soltanto successivamente, sulla base di uno o più studi complementari, e nell’ambito di un processo decisionale separato, che sarà decisa l’eventuale concessione di un’AIC di pieno diritto. In altri termini, si tratta di due processi decisionali distinti che si basano su testi diversi. Orbene, la relazione controversa riguarda palesemente uno studio compiuto, oggetto di un processo decisionale concluso, che non ha alcun impatto sul processo decisionale successivo, relativo alla concessione dell’AIC di pieno diritto, giacché quest’ultima dipende da studi diversi.

102    Per questa ragione, l’affermazione secondo cui i dati clinici prodotti nella domanda di AIC, che è risultata nella concessione dell’AIC condizionata, appartengono ad un «insieme di dati incompleto» non è né corretta, né pertinente. Allo stesso modo, l’argomento secondo cui la relazione controversa potrebbe essere utilizzata da un concorrente per influenzare l’EMA nel suo processo decisionale successivo non può essere accolto. A tal proposito, come spiega l’EMA, non sussiste alcuna differenza sostanziale tra un’AIC condizionata e un’AIC di pieno diritto poiché, in qualsiasi momento, anche dopo la concessione di un’AIC di pieno diritto, qualsiasi persona interessata può depositare informazioni scientifiche pertinenti che possono essere prese in considerazione dall’EMA al fine di assicurare un alto livello di sicurezza ed efficacia dei farmaci, con l’obiettivo di proteggere la salute pubblica.

103    Alla luce di quanto precede, il terzo motivo di ricorso deve essere respinto.

 Sul quarto motivo, vertente sul fatto che l’EMA non ha eseguito il bilanciamento come previsto dalla normativa

104    La ricorrente, sostenuta dall’interveniente, sostiene che incomba all’EMA, in qualità di parte favorevole alla divulgazione, dimostrare la sussistenza di un interesse pubblico prevalente che giustifichi la divulgazione delle informazioni riservate della ricorrente, e contesta all’EMA di non aver esaminato tale aspetto. Più specificamente, l’EMA non avrebbe tenuto conto della rilevanza delle disposizioni speciali del regolamento n. 726/2004 che regolano l’accesso ai documenti trasmessi all’EMA dai richiedenti AIC, degli obblighi che gravano sull’Unione in forza dell’accordo TRIPS, dei diritti fondamentali e del principio di proporzionalità.

105    L’EMA contesta tali argomenti.

106    Risulta dall’articolo 4, paragrafo 2, ultima parte della frase, del regolamento n. 1049/2001, che le istituzioni dell’Unione non rifiutano l’accesso a un documento qualora la sua divulgazione sia giustificata da un interesse pubblico prevalente, ancorché essa possa arrecare pregiudizio alla tutela degli interessi commerciali di una determinata persona fisica o giuridica o alla tutela degli obiettivi delle attività ispettive, di indagine e di revisione contabile delle istituzioni dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 7 ottobre 2014, Schenker/Commissione, T‑534/11, EU:T:2014:854, punto 74).

107    In tale contesto, occorre bilanciare, da un lato, l’interesse specifico che deve essere tutelato impedendo la divulgazione del documento in questione e, dall’altro, in particolare, l’interesse generale all’accessibilità a tale documento, alla luce dei vantaggi che derivano, come precisa il considerando 2 del regolamento n. 1049/2001, da una maggiore trasparenza, consistenti in una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e in una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (sentenza del 21 ottobre 2010, Agapiou Joséphidès/Commissione e EACEA, T‑439/08, non pubblicata, EU:T:2010:442, punto 136).

108    Nel caso di specie, l’EMA, come dalla stessa sottolineato, non ha concluso nel senso che la relazione controversa doveva essere tutelata dalle eccezioni previste all’articolo 4, paragrafo 2 o 3, del regolamento n. 1049/2001. Per questo motivo, essa non aveva l’obbligo di stabilire o valutare l’interesse pubblico alla divulgazione della relazione controversa, né di bilanciarlo con l’interesse della ricorrente a mantenere riservata detta relazione.

109    Ne consegue che gli argomenti della ricorrente sono inoperanti e che il motivo di ricorso in esame va respinto.

 Sul quinto motivo, vertente sul fatto che il risultato di un adeguato bilanciamento, come stabilito dalla normativa, avrebbe condotto alla decisione di non diffondere nessun passaggio della relazione controversa

110    Nell’ambito del quinto motivo di ricorso, la ricorrente sostiene che, in ogni caso, un bilanciamento adeguato degli interessi avrebbe condotto a un risultato che sarebbe stato per essa indubbiamente favorevole. Essa sottolinea che già l’EPAR aveva reso accessibili al pubblico le informazioni indispensabili sulla sicurezza e l’efficacia del medicinale Translarna. A parere della ricorrente, la divulgazione potrebbe nuocere all’interesse pubblico, nei limiti in cui pregiudichi la fiducia dei richiedenti AIC nei confronti della procedura di concessione di tale autorizzazione e della sicurezza delle informazioni commerciali riservate condivise con l’EMA.

111    L’EMA ricorda di aver sottolineato che non era possibile considerare il contenuto della relazione controversa come coperto nel suo complesso dal segreto commerciale e che, quindi, essa non poteva operare alcun bilanciamento tra un interesse prevalente alla divulgazione e un interesse specifico da tutelare attraverso la non divulgazione della relazione controversa.

112    Il quinto motivo di ricorso muove dal presupposto che la relazione controversa o parte di essa è riservata. Orbene, emerge dall’esame dei precedenti motivi di ricorso che l’EMA non ha errato nel concludere nel senso dell’assenza di informazioni riservate ai sensi dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1049/2001, con l’eccezione delle parti cancellate menzionate al precedente punto 8, di modo che essa non doveva procedere ad alcun bilanciamento tra l’interesse specifico alla riservatezza e l’interesse pubblico prevalente che giustifica la divulgazione.

113    Pertanto, deve essere respinto il quinto motivo di ricorso in quanto infondato e, dunque, il ricorso nel suo insieme.

 Sulle spese

114    Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Nella specie, la ricorrente, rimasta soccombente nel procedimento principale, deve essere condannata a sopportare le spese dell’EMA, in conformità alle conclusioni di quest’ultima, comprese quelle relative al procedimento sommario.

115    L’Eucope sopporterà le proprie spese in applicazione dell’articolo 138, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La PTC Therapeutics International Ltd sopporterà, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA), ivi comprese quelle relative al procedimento sommario.

3)      L’European Confederation of Pharmaceutical Entrepreneurs (Eucope) sopporterà le proprie spese.

Prek

Schalin

Costeira

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 febbraio 2018.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.