Language of document : ECLI:EU:C:2012:90

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PEDRO CRUZ VILLALÓN

presentate il 16 febbraio 2012 (1)

Causa C‑523/10

Wintersteiger AG

contro

Products 4U Sondermaschinenbau GmbH

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dall’Oberster Gerichtshof (Austria)]

«Cooperazione giudiziaria in materia civile — Competenza giurisdizionale — Regolamento n. 44/2001 — Violazione del diritto di marchio in conseguenza dell’iscrizione, da parte di un concorrente, di un segno identico al marchio d’impresa, presso un prestatore di servizi che gestisce un motore di ricerca in Internet — Iscrizione di una “parola chiave” — Tutela nazionale del marchio in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata registrata la “parola chiave” — Determinazione del luogo in cui è avvenuto o può avvenire l’evento dannoso»





1.        L’Oberster Gerichtshof (Corte suprema austriaca) ha sottoposto alla Corte di giustizia due questioni pregiudiziali riguardanti la determinazione della competenza giurisdizionale internazionale dei giudici austriaci nel caso della presunta contraffazione di un marchio austriaco operata attraverso Internet. In particolare, l’asserita contraffazione denunciata dalla ricorrente, titolare di un marchio austriaco, è stata commessa in Germania, dato che la convenuta, concorrente stabilita in quest’ultimo paese, ha registrato il nome della ricorrente, «Wintersteiger», come «parola chiave» nel servizio di AdWord offerto da Google nel suo dominio di primo livello corrispondente alla Germania.

2.        La presente causa offre alla Corte di giustizia l’opportunità di far luce su una questione che riguarda tanto l’interpretazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (2) – che stabilisce la competenza giurisdizionale per decidere sulle azioni di responsabilità extracontrattuale per danni –, quanto il diritto di proprietà intellettuale. Si tratta sostanzialmente di conciliare le difficoltà derivanti dal carattere territoriale-nazionale di un marchio e il carattere potenzialmente ubiquitario di una violazione commessa attraverso la rete, ma a partire da un altro Stato membro.

I –    Ambito normativo

3.        Ai sensi dell’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001, una persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro può essere convenuta in un altro Stato membro «in materia di illeciti civili dolosi o colposi dinanzi al giudice del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire».

II – Fatti, procedimento dinanzi al giudice nazionale e questioni pregiudiziali

4.        La Wintersteiger AG è un’impresa che produce e distribuisce in tutto il mondo macchinari per la messa a punto di sci e snowboard, con pezzi di ricambio e accessori. Tale impresa ha sede in Austria, dove è titolare del marchio austriaco «Wintersteiger» dal 1993. Sebbene il giudice del rinvio indichi che tale marchio è stato registrato solamente in Austria, l’impresa titolare ha reso noto, nelle osservazioni scritte, che il suo marchio è tutelato anche in altri Stati membri, compresa la Germania.

5.        La Products 4U Sondermaschinenbau GMBH (in prosieguo: la «Products 4U») è un’impresa avente sede in Germania, paese dal quale produce e distribuisce in tutto il mondo macchinari per la messa a punto di sci e snowboard. Tra gli altri prodotti essa vende accessori per macchinari prodotti dalla Wintersteiger. Dal fascicolo emerge che la Wintersteiger non fornisce i suoi prodotti alla Products 4U né autorizza quest’ultima a venderli. Ciononostante, detta impresa tedesca ha registrato, dal 1º dicembre 2008, la «parola chiave» «Wintersteiger» nel motore di ricerca con annunci pubblicitari offerti da Google, sebbene limitando la registrazione alle ricerche effettuate da un dominio di primo livello tedesco («.de»).

6.        Secondo quanto indica il giudice del rinvio, detta registrazione della «parola chiave» implica che, ogniqualvolta si inserisce il termine «Wintersteiger» nel motore di ricerca Google corrispondente al dominio di primo livello «.de», sul margine destro appare, oltre ad un link alla pagina web dell’impresa Wintersteiger, un’inserzione pubblicitaria all’interno della rubrica «Annuncio». Il testo di tale annuncio riporta espressioni come le seguenti: «Accessori di laboratorio per lo sci», «macchinari per sci e snowboard», «manutenzione e riparazione». Cliccando sul link dell’annuncio, l’utente accede ad una sezione della pagina web della Products 4U, intitolata «Accessori Wintersteiger».

7.        Come ha rilevato il giudice del rinvio, nonostante il fatto che Google sfrutti un dominio di primo livello austriaco («.at»), la pagina Internet www.google.de è accessibile in Austria.

8.        La Wintersteiger ha esercitato un’azione inibitoria dinanzi ai giudici austriaci, ed ha presentato congiuntamente una domanda di provvedimenti urgenti, affinché venga vietato alla Products 4U l’impiego del marchio «Wintersteiger» quale «parola chiave» nel motore di ricerca di google.de. In primo grado, la domanda della ricorrente è stata dichiarata irricevibile per incompetenza giurisdizionale internazionale, poiché, trattandosi di una «parola chiave» limitata a google.de, si è ritenuto che non esistesse un nesso sufficiente con il territorio austriaco. L’Oberlandsgericht Linz, giudice d’appello, ha respinto tale valutazione, affermando la competenza dei giudici austriaci, ma ha rigettato la domanda di provvedimenti urgenti nel merito. La sentenza di appello è stata impugnata dinanzi all’Oberster Gerichtshof, il quale, alla luce dei fatti, ha espresso dubbi circa la propria competenza giurisdizionale ed ha quindi sottoposto alla Corte di giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, in caso di asserita lesione di un marchio dello Stato del foro, da parte di un soggetto stabilito in un altro Stato membro, operata mediante l’utilizzo, in un motore di ricerca internet che offre i propri servizi attraverso diversi domini di primo livello, specifici per ciascuno Stato, di una parola chiave (AdWord) identica al predetto marchio - l’espressione “luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire”, contenuta nell’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento (CE) n. 44/2001 (…), debba essere interpretata nel senso che:

1.1.      la competenza è fondata solo quando la parola chiave viene utilizzata nel sito Internet del motore di ricerca il cui dominio di primo livello è quello dello Stato del foro;

1.2.      la competenza è fondata per il solo fatto che il sito Internet del motore di ricerca, nel quale viene utilizzata la parola chiave, è accessibile nello Stato del foro;

1.3.      la competenza dipende dalla presenza di ulteriori requisiti, oltre all’accessibilità del sito Internet;

2)      in caso di soluzione positiva della questione sub 1.3:

in base a quali criteri si debba determinare se è fondata la competenza di cui all’articolo 5, paragrafo 3, del regolamento [n. 44/2001] in caso di utilizzo di un marchio dello Stato del foro quale AdWord sul sito Internet di un motore di ricerca avente un dominio nazionale di primo livello diverso da quello dello Stato del foro».

9.        Hanno presentato osservazioni scritte la ricorrente e la convenuta nel procedimento principale, i governi di Austria, Spagna, Regno Unito e Italia nonché la Commissione.

III – Analisi delle questioni pregiudiziali

A –    Considerazioni preliminari

10.      In via preliminare, è necessario esaminare alcuni aspetti che condizioneranno l’analisi di merito delle presenti questioni pregiudiziali.

11.      Come ho già accennato, l’Oberster Gerichtshof nutre dubbi riguardo all’interpretazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001, applicato ad un’azione di cessazione della turbativa esercitata nei confronti di un comportamento in rete asseritamente lesivo di un marchio nazionale. A tal fine il giudice del rinvio formula due questioni: la prima, a sua volta articolata in tre parti, che riflettono ciascuna le diverse interpretazioni ammesse dalla citata disposizione. Ciononostante, ritengo che, invece di analizzare e di proporre una soluzione per ognuna delle questioni in parola, la Corte di giustizia offrirebbe una soluzione perfettamente utile limitandosi ad esprimere i criteri che, eventualmente, potrebbero giustificare la competenza internazionale di un giudice nazionale in un caso come quello di specie. Pertanto, esaminerò la presente causa riformulando le varie questioni come una sola.

12.      Proseguendo è quindi opportuno porre in evidenza altresì che la società Wintersteiger, ricorrente nel procedimento principale, in primo grado ha chiesto non solo una pronuncia giurisdizionale di merito, ma anche l’adozione di una misura cautelare. Il giudice del rinvio si riferisce a tale circostanza in varie occasioni, sebbene i suoi quesiti si limitino strettamente all’interpretazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001.

13.      Come è noto, l’adozione di una misura cautelare in un contesto transnazionale europeo implica l’applicazione dell’articolo 31 del citato regolamento e fa sorgere problemi specifici. Tuttavia, sebbene sembri che tale questione sia stata esaminata nei vari stadi del procedimento principale, è pur vero che la questione che ci viene posta nel presente procedimento pregiudiziale è strettamente circoscritta all’azione di cessazione della turbativa e, di conseguenza, all’interpretazione del menzionato articolo 5, punto 3. Pertanto, nelle presenti conclusioni mi atterrò scrupolosamente all’oggetto della questione pregiudiziale, lasciando da parte la problematica relativa alle misure cautelari che sembra sussistere nel procedimento principale (3).

14.      Infine, è anche opportuno chiarire un punto che potrebbe alterare la prospettiva necessaria per risolvere la causa. Il giudice a quo ci informa che la ricorrente è titolare di un marchio austriaco e dall’ordinanza di rinvio si evince che questo è l’unico titolo di proprietà industriale che attualmente tutela il marchio «Wintersteiger». Orbene, nelle osservazioni scritte la ricorrente contesta apertamente tale descrizione dei fatti e indica di essere titolare di «vari marchi internazionali che contengono l’elemento verbale “Wintersteiger”». A tal fine la ricorrente si riferisce ai «marchi internazionali 615.770 WINTERSTEIGER (WB) e 992.008 WINTERSTEIGER (WB), tutelati in diversi paesi, tra i quali la Germania».

15.      Benché sia vero che tale circostanza, qualora venisse confermata, cambierebbe la portata del procedimento principale, non possiamo ignorare il fatto che il giudice del rinvio ci interroga unicamente in merito all’interpretazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001, in un contesto in cui risulta registrato soltanto un marchio in Austria. Approfondire altre situazioni di fatto implicherebbe spingersi su un terreno sul quale nessuna delle parti, salvo la ricorrente, si è pronunciata. Pertanto, nei paragrafi che seguono, mi limiterò a rispondere alla questione sollevata, così come l’ha formulata il giudice a quo.

B –    Sull’interpretazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001

1.      Il luogo in cui è avvenuto l’evento dannoso ai sensi dell’articolo 5, punto 3, applicato ad un comportamento idoneo a ledere un marchio nazionale attraverso Internet

16.      Nella presente causa, il punto di interpretazione problematico consiste nel determinare il luogo o i luoghi in cui l’evento dannoso è avvenuto o poteva avvenire ai sensi del citato articolo 5, punto 3, e ciò in un contesto in cui l’attività asseritamente lesiva di un marchio nazionale viene esercitata attraverso un mezzo come Internet.

17.      In via preliminare, si deve ricordare che, quando esiste un’unità di fatto ma l’origine del danno ed il luogo dove il danno si materializza sono diversi, l’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001, come è stato interpretato dalla Corte di giustizia a partire dalla sentenza Handelskwekerij Bies (in prosieguo: «Miniere di potassio»), deve essere inteso nel senso che avalla la competenza di due diverse giurisdizioni: quella del luogo in cui si produce effettivamente il danno e quella del luogo in cui avviene l’evento causale, lasciando al ricorrente la scelta del foro più conveniente per i suoi interessi (4). Tale soluzione salvaguarda l’efficacia nella pratica della norma enunciata nella menzionata disposizione e, al contempo, conferisce alla vittima del danno un potere decisionale che, in tal modo, assicura la connessione tra il foro ed i fatti rilevanti della controversia. La questione fondamentale che dobbiamo esaminare nel caso presente consiste, in definitiva, nel proiettare tale dottrina in situazioni in cui il fatto generatore dell’asserito danno è realizzato per mezzo di Internet. A tal fine si devono tuttavia aggiungere alcune considerazioni complementari.

18.      La regola stabilita con la sentenza Miniere di potassio ammette alcune eccezioni, in particolare quando la stessa vittima subisce un danno in Stati diversi. Ciò accade quando la lesione riguarda i diritti della personalità. In tali casi, con la sentenza Shevill e a., la Corte di giustizia ha introdotto un limite alla portata della competenza del giudice adito (5). In forza di tale sentenza è stata introdotta la cosiddetta regola del «principio del mosaico», secondo cui il ricorrente può adire i giudici dello Stato di origine del danno per far valere quest’ultimo interamente, oppure i giudici degli Stati dove effettivamente si produce il danno, ma solo al fine di far valere i danni sofferti sul territorio di questi ultimi.

19.      La dottrina della sentenza Shevill e a. è stata recentemente adattata alle caratteristiche peculiari della rete. Nella causa eDate Advertising y Martinez (6), la Corte di giustizia ha statuito che, quando si ledono diritti della personalità su Internet, la lesione presenta un carattere particolarmente grave a causa dell’impatto geografico dell’informazione dannosa. Di conseguenza, i criteri di collegamento enunciati nella sentenza Shevill sono stati ampliati, sebbene limitatamente ai casi riguardanti le lesioni dei diritti della personalità. Oltre ai criteri enunciati nel paragrafo precedente, la sentenza eDate e Martinez consente alla presunta vittima di far valere la totalità dei danni subiti dinanzi ai giudici dello Stato in cui essa possiede il proprio «centro di interessi».

20.      Orbene, la dottrina elaborata nelle sentenze Shevill e a. e eDate Advertising e Martinez non è applicabile al caso di specie. Difatti, entrambe le decisioni si riferiscono a lesioni dei diritti della personalità, che si distinguono sensibilmente dai diritti della proprietà industriale, i quali godono di una tutela territoriale ed hanno ad oggetto lo sfruttamento commerciale di un bene (7). Pertanto, i criteri di collegamento previsti dall’articolo 5, punto 3, non possono essere applicati indistintamente a situazioni come quelle alla base delle dette sentenze e al caso presente, dovendosi invece effettuare un’interpretazione della citata disposizione adattata alle circostanze particolari del diritto della protezione industriale.

21.      Nell’ambito di tale contesto specifico occorre premettere che, nel caso in cui si verifichi un comportamento potenzialmente lesivo di un marchio nazionale, il regolamento n. 44/2001 concede al ricorrente, a titolo di regola generale, la possibilità di adire sia il giudice del domicilio del convenuto, in virtù della regola sul foro generale prevista dall’articolo 2, sia il giudice del luogo in cui avviene o può avvenire l’evento dannoso, ai sensi del citato articolo 5, punto 3. La modulabilità di tale regola si mostra quando il danno è stato provocato in uno Stato e si è concretizzato in un altro, caso in cui si applica il criterio introdotto nella menzionata sentenza Miniere di potassio. Così, allorché un marchio nazionale austriaco è stato leso attraverso la produzione, in Germania, di merci contraffatte destinate al mercato austriaco, oltre che al foro del convenuto, nulla impedisce al titolare del marchio di invocare l’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001 al fine di investire della causa i giudici in Germania (luogo di origine del fatto generatore del danno) o in Austria (luogo in cui si materializza il danno) (8).

22.      Siffatta soluzione diventa problematica quando il comportamento lesivo viene messo in atto attraverso Internet. In tale caso si potrebbe ritenere che il mero fatto di poter accedere all’informazione lesiva generi un danno, con la conseguenza che si moltiplicano i giudici adibili in tutti gli Stati dell’Unione. Analogamente, la persona che mettesse in circolazione nella rete un’informazione pregiudizievole agirebbe come autore del danno, provocando quindi un’atomizzazione del luogo di origine dell’infrazione (9).

23.      Per tali motivi, benché in circostanze estranee al diritto della proprietà industriale, la Corte di giustizia ha ripetutamente escluso che la mera accessibilità o la semplice circolazione in rete di un’informazione pregiudizievole, siano di per sé sufficienti per giustificare l’applicazione delle disposizioni sulla competenza giurisdizionale contenute nel regolamento n. 44/2001 (10).

24.      Si deve pertanto ricordare che, al fine di determinare il territorio in cui l’evento dannoso avviene o può avvenire quando si realizza attraverso Internet, l’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001 deve essere interpretato in conformità alla citata giurisprudenza Miniere di potassio, nel senso che legittima la competenza tanto dei giudici del luogo in cui si produce il fatto generatore del danno, quanto dei giudici del luogo in cui il danno si materializza, in base ad alcuni criteri che mi accingo a illustrare.

25.      Per quanto riguarda il luogo in cui il danno si concretizza, ho già accennato in precedenza che questo sarà sempre e comunque lo Stato di registrazione del marchio, poiché il pregiudizio sorge unicamente laddove esiste una posizione giuridicamente tutelata. Orbene, l’esistenza di un’informazione pregiudizievole in Internet non basta per ammettere la competenza del giudice dello Stato di registrazione. Affinché ciò sia possibile, a mio parere, è necessario che l’informazione controversa sia idonea a provocare una lesione effettiva del marchio di cui trattasi.

26.      Analogamente, l’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001 consente di fondare la competenza dei giudici dello Stato in cui si verifica il fatto generatore del danno. Ritengo che, nel contesto specifico della proprietà industriale, si tratti del luogo in cui sono stati utilizzati i mezzi necessari per produrre la lesione effettiva del marchio. Tale criterio non riguarda l’intenzione dell’autore della violazione né il centro di interessi della vittima, bensì l’utilizzo dei citati mezzi nel momento in cui si produce una lesione effettiva del marchio in un altro Stato membro attraverso Internet. È vero che nella maggioranza dei casi tale luogo coinciderà con il domicilio del convenuto, ma si deve altresì porre in rilievo che possono verificarsi situazioni in cui tale domicilio ed il luogo di origine del fatto generatore del danno non si trovano nello stesso Stato.

27.      Per determinare sia il luogo di origine del fatto generatore del danno sia il luogo di concretizzazione di quest’ultimo, è necessario prendere in considerazione una serie di criteri che ci indicheranno il luogo preciso di entrambi gli eventi. Come si osserverà di seguito, i criteri che mi accingo ad elencare sono altrettanto utili per determinare il luogo del fatto generatore del danno e il luogo di concretizzazione di quest’ultimo poiché si riferiscono a circostanze di fatto applicabili ad entrambi gli aspetti del caso.

28.      Il fattore o elemento fondamentale da stabilire è se l’informazione divulgata attraverso Internet sia effettivamente destinata ad avere un impatto sul territorio in cui è stato registrato il marchio (11). Non basta che il contenuto dell’informazione comporti un rischio di violazione del marchio, ma è necessario constatare l’esistenza di elementi oggettivi che consentano di individuare un comportamento che, di per se stesso, abbia una vocazione extraterritoriale. A tal fine possono essere utili diversi criteri, come la lingua in cui viene espressa l’informazione o la presenza commerciale del convenuto nel mercato protetto del marchio nazionale.

29.      È altrettanto necessario determinare lo spazio territoriale del mercato in cui opera la società convenuta e dal quale l’informazione è stata immessa in rete (12). A tal fine si devono prendere in considerazione circostanze come, tra le altre, il primo livello del dominio, il domicilio o altri dati di localizzazione figuranti nella pagina web, o il luogo in cui si trova il centro operativo dell’attività in rete del responsabile dell’informazione.

30.      In esito a tale esame, l’organo giurisdizionale competente stabilirà se siano stati utilizzati i mezzi necessari per produrre a priori una lesione effettiva del marchio in un altro Stato membro attraverso Internet. In tal modo sarà possibile individuare tanto il luogo di origine del fatto generatore del danno quanto il luogo di concretizzazione di quest’ultimo. Siffatta soluzione è coerente con il carattere territoriale del marchio nazionale, poiché in nessun momento trascura la circostanza che l’effetto lesivo si è prodotto nello Stato in cui il titolo è protetto. Tale soluzione consente inoltre all’attore di proporre ricorso negli Stati in cui esiste una stretta connessione tra i fatti dannosi e la giurisdizione, senza tuttavia incorrere in un’atomizzazione della competenza, che metterebbe a rischio il senso del regolamento n. 44/2001. Alle precedenti considerazioni si aggiunga che si tratta di una soluzione adattata alle particolari caratteristiche della proprietà intellettuale, ma pur sempre conforme allo spirito che ha ispirato la giurisprudenza della Corte di giustizia fino ad oggi.

31.      Evidentemente, tale analisi implica un apprezzamento dei fatti che somiglia ad un giudizio sul merito della causa, ma i due piani sono diversi ed è necessario non confonderli (13). Il criterio dei mezzi necessari, che si limita alla fase relativa alla determinazione della competenza giurisdizionale, non riguarda la violazione che è stata commessa e i suoi effetti, bensì il potenziale lesivo legato ad un determinato comportamento. Tale differenza tra i due piani è evidente nella presente causa: è opportuno ricordare che il giudice austriaco investito della controversia in secondo grado si è dichiarato competente e, successivamente, ha respinto il ricorso nel merito.

2.      Il criterio proposto alla luce delle circostanze del caso presente

32.      Una volta definito il criterio di interpretazione dell’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001, e al fine di fornire una risposta utile al giudice a quo, esaminerò le conseguenze della mia proposta alla luce delle circostanze specifiche del caso presente.

33.      Poiché la ricorrente nella causa principale è titolare del marchio «Wintersteiger» in Austria, i criteri precedentemente esposti consentono di invocare l’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001 per giustificare la competenza dei giudici austriaci. Difatti, una volta accertato che sono stati utilizzati i mezzi necessari per, eventualmente, produrre una lesione effettiva del marchio, si conferma tanto la competenza della giurisdizione del luogo del fatto generatore del danno quanto la competenza dei giudici del luogo in cui si è concretizzato il danno, che si trovano nel territorio in cui il marchio in questione è tutelato: in questo caso, i giudici austriaci.

34.      Come risulta dagli atti, la Products 4U è un’impresa domiciliata in Germania che svolge la propria attività in tutto il mondo. Tuttavia, essa ha stabilito il proprio centro operativo in Germania e determinate attività pubblicitarie da essa svolte sono limitate a detto territorio, come è il caso della registrazione di alcune «parole chiave» presso Google. La registrazione della «parola chiave» «Wintersteiger» richiesta dalla convenuta è stata circoscritta ai servizi di ricerca offerti da Google attraverso un dominio di primo livello delimitato territorialmente e corrispondente alla Germania (.de).

35.      La potenzialità della violazione del marchio austriaco è lampante.

36.      Come ha affermato la Corte di giustizia nella causa Google France e Google – una questione pregiudiziale che, lo ricordiamo, si riferiva alla violazione sostanziale di un marchio e non alla competenza giurisdizionale –, la funzione di un marchio può risultare pregiudicata «allorché, a partire da una parola chiave identica a un marchio, è mostrato agli utenti di Internet un annuncio di un terzo, quale un concorrente del titolare di tale marchio» (14). È pur vero che, di seguito, la sentenza Google France ha aggiunto che la violazione dipende, tuttavia, dal modo in cui l’annuncio viene presentato. Ma in ogni caso la funzione di indicazione di origine del marchio risulta pregiudicata «quando l’annuncio non consente o consente soltanto difficilmente all’utente di Internet normalmente informato e ragionevolmente attento di sapere se i prodotti o i servizi a cui l’annuncio si riferisce provengano dal titolare del marchio ovvero da un’impresa economicamente collegata a quest’ultimo o, piuttosto, da un terzo» (15).

37.      Si deve ricordare che la giurisprudenza poc’anzi citata si riferisce alle violazioni effettivamente realizzate attraverso la registrazione di «parole chiave». Invece, nel nostro caso, che riguarda unicamente la determinazione della competenza giurisdizionale, dobbiamo riferirci soltanto al potenziale lesivo, come ho già indicato al paragrafo 31 di queste conclusioni. In tale ottica, sembra chiaro che la registrazione della «parola chiave» limitata al dominio di primo livello «.de», che si esprime in lingua tedesca ed è accessibile in Austria, paese confinante con la Germania, sia suscettibile di configurare a priori una violazione effettiva del marchio austriaco.

38.      Infatti, come ha constatato la ricorrente nelle osservazioni scritte, il fatto che la registrazione della «parola chiave» abbia tendenzialmente una dimensione geografica limitata alla Germania non impedisce minimamente ai clienti del marchio Wintersteiger che si trovano in Austria di accedere al servizio di ricerca di google.de dall’Austria o dalla Germania. Il fatto che il mercato della ricorrente sia internazionale e che la sua concorrente tedesca operi da uno Stato confinante e attraverso un mezzo, come Google.de, il cui accesso è libero in Austria, e che si esprime nella stessa lingua, costituisce una circostanza che rivela con estrema chiarezza l’impatto oggettivo del comportamento della convenuta sul marchio «Wintersteiger» in Austria.

39.      Allo stesso modo, il fatto che la «parola chiave» «Wintersteiger» contenga un link che rinvia direttamente l’utente alla pagina web della convenuta, senza accennare al fatto che si tratta di un marchio nazionale appartenente ad un’impresa austriaca, costituisce un altro fattore che può oggettivamente indurre l’utente, che può trovarsi in Austria ed accedere senza restrizioni a Google.de, a confondere tali due imprese concorrenti nel mercato interno europeo.

40.      Di conseguenza, ritengo che, nelle circostanze del presente caso, la convenuta abbia utilizzato i mezzi necessari affinché effettivamente possa prodursi una lesione effettiva del marchio registrato in Austria. Si può quindi affermare che, ai sensi del disposto di cui all’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001, si deve considerare come luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto non soltanto la Germania, luogo di origine del fatto generatore del danno, ma anche l’Austria, in quanto la convenuta ha messo in atto un comportamento idoneo a priori a cagionare un danno al marchio austriaco.

IV – Conclusione

41.      Alla luce delle suesposte considerazioni propongo alla Corte di giustizia di rispondere alle questioni poste dall’Oberster Gerichtshof (Austria) dichiarando quanto segue:

42.      «L’articolo 5, punto 3, del regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, deve essere interpretato nel senso che, qualora, attraverso Internet, venga messo in atto un comportamento idoneo a ledere un marchio registrato in uno Stato membro, la competenza giurisdizionale è attribuita:

–        ai giudici dello Stato membro in cui è registrato il marchio,

–        e ai giudici dello Stato membro in cui vengono utilizzati i mezzi necessari per realizzare una violazione effettiva di un marchio registrato in un altro Stato membro».


1 —      Lingua originale: lo spagnolo.


2—      GU 2001, L 12, pag. 1.


3 —      In una data prossima alla lettura di queste conclusioni mi pronuncerò sull’interpretazione dell’articolo 31 del regolamento n. 44/2001 nel contesto della proprietà industriale, in relazione alla causa Solvay (C‑616/10).


4—      Sentenze del 30 novembre 1976, Handelskwekerij Bies, «Mines de potasse d’Alsace» (21/76, pag. 1735, punti 24 e 25); 1º ottobre 2002, Henkel (C‑167/00, Racc. pag. I‑8111, punto 44); 5 febbraio 2004, DFDS, Torline (Racc. pag. I‑1417, punto 40), e del 16 luglio 2009, Zuid‑Chemie (C‑189/08, punto 24).


5—      Sentenza del 7 marzo 1995 (C‑68/93, Racc. pag. I‑415).


6—      Sentenza della Corte del 25 ottobre 2011 (C‑509/09 e C‑161/10, Racc. pag. I‑10269).


7—      V., in tal senso, Virgós Soriano, M., e Garcimartín Alférez, F.J., Derecho Procesal Civil Internacional. Litigación Internacional, 2a ed., Civitas, Madrid, 2007, pagg. 194 e 195, e Heinze, C., «The CLIP Principles on Jurisdiction» in Basedow, J., Kono, T., e Metzger, A. (a cura di), Intellectual Property in the Global Arena. Jurisdiction, Applicable Law, and the Recognition of Judgments in Europe, Japan and the US, MatIPR 49, Ed. Mohr Siebeck, Tubinga, 2010, pagg. 68 e 69.


8 —      Sul potenziale di un comportamento extraterritoriale sotto il profilo della violazione di un diritto di marchio, sebbene in un contesto diverso da quello della competenza giurisdizionale, v. la sentenza del 12 luglio 2011, L’Oreal (C‑324/09, Racc. pag. I‑6011, punto 63).


9 —      V. Moura Vicente, D., La propriété intellectuelle en droit international privé, Ed. Martinus Nijhoff, Leiden-Boston, 2009, pagg. 398‑405.


10—       Sentenza della Corte 7 dicembre 2010 (C-585/08 e C-144/09, Racc. pag. I‑12527). In tal senso, anche la citata sentenza L’Oréal, al punto 64, esclude che la mera accessibilità costituisca un elemento giuridicamente rilevante, sebbene lo faccia nell’ambito dell’analisi di merito della contraffazione di un marchio e non al fine di determinare la competenza giurisdizionale.


11 —      Su questa linea, v., ad esempio, sentenza McBee vs. Delica Co., United States Court of Appeals, 1st Circuit, 417 F.3d 107 (2005), od ordinanza del Tribunal de grande instance di Parigi del 16 maggio 2008, Rueducommerce c. Carrefour Belgium..


12 —      V., ad esempio, sentenza Zippo Manufacturing Company vs. Zippo Dot Com, Inc., United States District Court, W.D. Pennsylvania, 952 F. Supp 1119, o sentenza della Cour de cassation francese dell’11 gennaio 2005, Société Hugo Boss c. Société Reemstma Cigarettenfabriken GmbH.


13—      V. sentenza del 15 maggio 1990, Hagen (C‑365/88, Racc. pag. I‑1845, punti 12 e segg.).


14—      Sentenza del 23 marzo 2010 (da C‑236/08 a C‑238/08, Racc. pag. I-2417, punto 83).


15 —      Sentenza Google France e Google, cit. (punti 84 e 99 nonché punto 1 del dispositivo).