Language of document : ECLI:EU:C:2018:930

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 21 novembre 2018 (1)

Causa C558/17 P

OZ

contro

Banca europea per gli investimenti (BEI)

«Impugnazione – Funzione pubblica – Personale della BEI – Molestie sessuali – Denuncia – Inchiesta condotta nell’ambito del programma “Dignity at work” – Rigetto della denuncia – Domanda di annullamento della decisione del presidente della BEI di respingere la denuncia – Domanda di risarcimento del danno causato dal comportamento della BEI»






I.      Introduzione

1.        Le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione europea sono tenuti a tutelare il loro personale contro ogni forma di intimidazione e di molestie sul luogo di lavoro. A tal fine, la Banca europea per gli investimenti (in prosieguo: la «BEI») ha adottato una normativa interna detta «politica in materia di dignità sul luogo di lavoro».

2.        Nella fattispecie, la ricorrente in sede di impugnazione ha presentato una «denuncia» in forza di tale normativa presso la BEI, a seguito di asserite molestie sessuali da lei subite da parte del suo superiore gerarchico a partire dall’anno 2011 sino al suo mutamento di mansioni nel corso dell’anno 2012. Secondo la ricorrente, il procedimento interno di indagine che era stato avviato in seguito alla deposito della sua denuncia era viziato da parecchi errori che, in ultima analisi, hanno portato al rigetto della sua denuncia.

3.        Oltre ad una violazione dei suoi diritti procedurali, la ricorrente fa valere in particolare l’illiceità della presa in considerazione di elementi rientranti nella sua vita privata al solo fine di mettere in discussione la sua credibilità.

4.        La difficoltà di fornire la prova di molestie è inerente alla natura e al modus operandi di tale tipo di comportamento. Una decisione amministrativa diretta a sancire l’effettiva esistenza delle molestie asserite, adottata a seguito di una procedura di indagine, si baserà quindi sempre, almeno in una certa misura, su opinioni o valutazioni relative ad aspetti della vita privata delle persone interessate. Di conseguenza, il rispetto delle norme procedurali che regolano il processo decisionale riveste un’importanza particolare.

5.        La presente impugnazione offre alla Corte l’occasione di occuparsi, per la prima volta, della questione di stabilire quali condizioni procedurali debba soddisfare una procedura amministrativa di indagine per molestie. La presente controversia solleva pertanto la questione della fondatezza di una giurisprudenza costante del Tribunale della funzione pubblica e del Tribunale, secondo la quale, nell’ambito di una denuncia per molestie, i diritti procedurali che debbono essere riconosciuti alla persona accusata di molestie si distinguono da quelli, più limitati, di cui dispone l’autore di una denuncia che ritenga di essere vittima di molestie (2).

II.    Contesto normativo

A.      Lo Statuto dei funzionari dell’Unione europea

6.        L’articolo 24, paragrafo 1, dello Statuto dei funzionari dell’Unione europea, quale modificato dal regolamento (UE, Euratom) n. 1023/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2013, che modifica lo statuto dei funzionari dell’Unione europea e il regime applicabile agli agenti dell’Unione europea (in prosieguo: lo «Statuto dei funzionari») (3), recita:

«L’Unione assiste il funzionario, in particolre nei procedimenti a carico di autori di minacce, oltraggi, ingiurie, diffamazioni, attentati contro la persona o i beni di cui il funzionario o i suoi familiari siano oggetto, a motivo della sua qualità e delle sue funzioni».

B.      Il regolamento del personale della BEI

7.        Il regolamento del personale della BEI, adottato il 20 aprile 1960 dal consiglio di amministrazione della BEI, prevede, nella sua versione rivista con decisione del consiglio di amministrazione della BEI del 4 giugno 2013, entrata in vigore il 1o luglio 2013, al suo articolo 41:

«Tutte le controversie di carattere individuale tra la Banca e i membri del suo personale sono sottoposte alla Corte di giutizia dell’Unione europea. Ogni azione di un membro del personale contro un provvedimento della Banca che possa recargli pregiudizio dev’essere intentata entro tre mesi.

Oltre all’azione dinanzi alla Corte di giustizia (…) e prima della proposizione della stessa, le controversie diverse da quelle derivanti dalla contestazione di provvedimenti previsti all’articolo 38, sono sottoposte a una procedura di composizione amichevole dinanzi alla commissione di conciliazione della Banca.

La domanda di conciliazione dev’essere proposta entro tre mesi [a partire] dal verificarsi dei fatti o dalla notifica dei provvedimenti che formano oggetto della controversia (…)».

C.      La politica della BEI in materia di rispetto della dignità della persona sul luogo di lavoro

8.        La normativa della BEI sulla politica in materia di rispetto della dignità della persona sul luogo di lavoro (in prosieguo: «politica in materia di dignità sul luogo di lavoro»), adottata dalla BEI il 18 novembre 2003 (4), prevede:

«Procedimento d’inchiesta

(…)

Il procedimento d’inchiesta comprende le seguenti disposizioni:

(…)

–        viene formato un comitato d’inchiesta composto da tre persone indipendenti[…]

–        il comitato d’inchiesta tiene una serie di audizioni per sentire separatamente le due parti, eventuali testimoni e ogni altra persona che esso intenda interrogare,

–        le due parti hanno il diritto di essere sentite dal comitato d’inchiesta,

–        le due parti hanno il diritto di essere rappresentate o accompagnate,

–        le audizioni e le deliberazioni del comitato d’inchiesta portano ad una raccomandazione sottoposta al presidente,

–        il presidente decide sulle misure da adottare.

Compiti e composizione del comitato d’inchiesta

Il compito del comitato sarà quello di prevedere una struttura che garantisca un’indagine obiettiva e indipendente su uno o più incidenti e che si concluda con una raccomandazione al presidente il quale deciderà sulle misure da adottare.

(…)

Il procedimento

(…)

2.      Il direttore generale della direzione del personale, d’accordo con i rappresentanti del personale, propone al presidente la composizione del comitato e fissa una data per l’avvio dell’inchiesta, che deve aver luogo entro 30 giorni di calendario dal ricevimento della denuncia.

3.      Il direttore generale della direzione del personale accusa immediatamente ricezione della nota dell’agente interessato, confermando l’avvio di un procedimento d’inchiesta (…)

4.      Ricevuto il memorandum del denunciante il direttore generale della direzione del personale:

(…)

d.      precisa che l’inchiesta inizierà entro 30 giorni di calendario dalla data di deposito ufficiale della denuncia presso il direttore generale della direzione del personale e che le due parti saranno informate della data, dell’ora e della sede della loro audizione individuale, del loro diritto di essere rappresentate o accompagnate e della composizione del comitato.

(…)

L’audizione

L’audizione persegue lo scopo di stabilire precisamente quanto accaduto e di raccogliere i fatti che consentiranno di redigere una raccomandazione motivata. Le parti non hanno il diritto di controinterrogatorio poiché vengono sentite separatamente. Esse non sono obbligate a ripetere dettagli sgradevoli o per loro imbarazzanti se ciò non è assolutamente necessario. A tutte le parti interessate dall’inchiesta e dalle audizioni, compresi gli astanti e i testimoni, sarà ricordato che esse sono vincolate da un dovere di riservatezza.

(…)

Il comitato può decidere le modalità con cui procedere che considera adeguate. Di norma, l’audizione si presenta come una serie di colloqui separati, effettuati nel seguente ordine:

–        anzitutto, il denunciante;

–        i testimoni eventualmente citati dal denunciante;

–        il presunto molestatore;

–        i testimoni eventualmente citati dal presunto molestatore;

–        se il comitato lo ritiene necessario, entrambe le parti possono essere chiamate per nuove audizioni separate.

Se necessario, il comitato può altresì interrogare nuovamente le persone coinvolte ed eventualmente convocare altri membri del personale o richiedere informazioni o copie di documenti se, collegialmente, esso lo ritiene giustificato e rilevante. In caso di incertezza, il presidente ha l’ultima parola su questioni riguardanti l’accesso a documenti e dati o il ricorso ad altri metodi di investigazione, se necessario, dopo aver consultato il delegato alla protezione dei dati personali. In caso di ulteriori investigazioni il comitato ne darà comunicazione al denunciante.

Esito dell’inchiesta

Dopo aver sentito tutte le parti e aver effettuato tutte le altre eventuali indagini appropriate, il comitato dovrebbe essere nelle condizioni di pronunciarsi e di proporre una raccomandazione motivata. Esso non ha potere decisionale.

Il comitato può emanare diverse raccomandazioni dirette a che:

–        il caso sia archiviato ove le due parti abbiano potuto chiarire la situazione e trovare una soluzione per il futuro, accettabile per entrambe le parti;

–        il caso non sia considerato rientrante in una fattispecie di intimidazione o di molestie, ma come un conflitto di lavoro da sottoporre ad un esame più approfondito o a controllo;

–        la denuncia sia respinta;

–        siano adottate le misure necessarie nel caso in cui il comitato dimostri che la denuncia è infondata e malevola,

–        sia avviato il procedimento disciplinare.

La raccomandazione scritta dal comitato è redatta entro cinque giorni dalla fine dell’inchiesta e indirizzata al presidente ai fini della decisione.

Decisione del presidente

(…)

Al più tardi entro cinque giorni lavorativi dall’invio della raccomandazione del comitato al presidente, le due parti vengono informate per iscritto della decisione motivata del presidente a cui viene allegata la raccomandazione del comitato».

III. Fatti e procedimento dinanzi al Tribunale

9.        Il 1o dicembre 2008, la ricorrente, OZ, è stata assunta dalla BEI, ove ella ha lavorato, a partire dalla fine dell’anno 2009, in una direzione in cui M.F. svolgeva la funzione di coordinatore del personale. Nel settembre del 2012, la ricorrente ha cambiato mansioni. Nel gennaio 2014, la ricorrente ha riferito al suo capo divisione che tale mutamento di mansioni era connesso a molestie sessuali che ella riteneva di aver subito a partire dall’anno 2011 da parte di M.F.

10.      Il 20 maggio 2015, la ricorrente ha presentato una denuncia presso il direttore generale della direzione del personale della BEI, nella quale affermava di essere stata vittima di molestie sessuali da parte di M.F.

11.      Il 18 giugno 2015, il direttore generale della direzione del personale ha informato la ricorrente che, in seguito alla sua denuncia, un procedimento formale d’inchiesta (in prosieguo: il «procedimento d’inchiesta») era stato avviato ai sensi della normativa interna sulla politica in materia di dignità sul luogo di lavoro.

12.      Il 26 giugno 2015, il comitato d’inchiesta è stato ufficialmente nominato e la ricorrente è stata informata del fatto che le audizioni si sarebbero tenute il 20 luglio successivo.

13.      Il 17 settembre 2015, il comitato d’inchiesta ha consegnato la sua relazione al presidente della BEI (in prosieguo: la «relazione del comitato d’inchiesta»).

14.      Nella sua relazione, il comitato esponeva i risultati della sua inchiesta nei seguenti termini: le accuse della ricorrente non avevano potuto essere confermate in mancanza di testimoni che avessero assisitito agli atti asseriti. Per contro, tutti i testimoni erano concordi sul fatto che vi era motivo per preoccuparsi della salute della ricorrente. Ella aveva vissuto una rottura traumatica del rapporto col suo ex compagno e in seguito sarebbe molto dimagrita. La ricorrente sarebbe inoltre impaziente di progredire nella sua carriera e avrebbe un carattere manipolatore tale da causare gravi problemi alle vite di altre persone. Ella avrebbe anche difficoltà ad accettare qualsiasi forma di critica. Infine, il comitato aveva raccomandato alla ricorrente di imparare a maturare un miglior spirito di squadra e di ritrovare un atteggiamento positivo.

15.      Il 16 ottobre 2015, il presidente della BEI ha deciso di respingere la denuncia presentata dalla ricorrente basandosi sulle raccomandazioni del comitato d’inchiesta (in prosieguo: la «decisione del presidente della BEI»); la relazione del comitato d’inchiesta è stata allegata a detta decisione.

16.      Dopo aver adottato la decisione, il presidente della BEI ha ancora chiesto chiarimenti al comitato d’inchiesta ai fini dell’eventuale avvio di un procedimento disciplinare, e il comitato ha consegnato le sue osservazioni finali il 12 gennaio 2016. Successivamente, la ricorrente ha presentato una domanda di conciliazione ai sensi dell’articolo 41 del regolamento del personale della BEI.

17.      Il 29 giugno 2016, conformemente alle conclusioni della commissione di conciliazione del 22 aprile 2016, il presidente della BEI ha constatato il fallimento della procedura di conciliazione.

18.      Il 22 luglio 2016, la ricorrente ha presentato un ricorso dinanzi al Tribunale al fine di ottenere, in particolare, l’annullamento della decisione del presidente della BEI nonché della relazione del comitato d’inchiesta e la condanna della BEI a versarle una somma di EUR 2 000 a titolo di risarcimento del preteso danno morale da lei subito oltre ad una somma di EUR 977 (IVA compresa) e una provvisionale di EUR 5 850 a titolo di pagamento delle spese mediche sostenute in conseguenza del detto danno.

19.      A sostegno del suo ricorso in primo grado, la ricorrente faceva valere, in sostanza, due motivi. Il primo motivo era fondato su una violazione delle norme del procedimento d’inchiesta nonché dei diritti procedurali della ricorrente ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novenbre 1950 (in prosieguo: la «CEDU») e dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta») per il fatto che diverse fasi del procedimento d’inchiesta non sarebbero state rispettate. Il secondo motivo era fondato su una violazione dell’articolo 8 della CEDU nonché dell’articolo 7 della Carta per il fatto che la relazione del comitato d’inchiesta come pure la decisione del presidente della BEI conterrebbero elementi di giustificazione rientranti nella vita privata della ricorrente, in particolare relativamente alle sue condizioni psicologiche, che erano privi di pertinenza nei confronti dell’oggetto dell’inchiesta. La ricorrente riteneva che tali illeciti fossero di natura tale da giustificare l’annullamento della decisione del presidente della BEI nonché l’insorgere della responsabilità extracontrattuale di quest’ultima.

20.      Nella sua sentenza del 13 luglio 2017 (in prosieguo: la «sentenza impugnata») (5), il Tribunale ha innanzitutto respinto le conclusioni risarcitorie della ricorrente nel loro complesso ritenendo che nessuna delle censure dedotte dalla ricorrente configurasse un illecito imputabile alla BEI. Successivamente, dato che la ricorrente sosteneva che gli illeciti asseriti ai fini delle conclusioni di annullamento corrispondevano ai comportamenti contestati alla BEI ai fini delle conclusioni risarcitorie, il Tribunale ha concluso che si dovevano parimenti respingere le conclusioni di annullamento.

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

21.      Con memoria del 22 settembre 2017, la ricorrente ha proposto la presente impugnazione contro la sentenza del Tribunale.

22.      La ricorrente chiede che la Corte voglia:

–        annullare in toto la sentenza impugnata;

–        annullare la decisione del presidente della BEI del 16 ottobre 2015 di non dar seguito alla denuncia per molestie sessuali presentata dalla ricorrente e annullare la relazione del comitato d’inchiesta della BEI del 14 settembre 2015 (ivi compresa l’espurgazione della relazione come descritto più estesamente in prosieguo);

–        condannare la BEI a versarle, a fronte delle spese mediche sostenute a seguito del danno subito, un risarcimento dell’ammontare i) di EUR 977 (IVA compresa) alla data attuale e ii) di un importo provvisorio di EUR 5 850 per le spese mediche future;

–        condannare la BEI a versarle, per il danno morale subito, un risarcimento dell’ammontare di EUR 20 000;

–        condannare la BEI al rimborso delle spese sostenute nell’ambito del presente procedimento, spese pari a EUR 35 100 (IVA compresa);

–        condannare la BEI al rimborso delle spese del presente procedimento in appello e dinanzi al Tribunale;

–        disporre il rinvio della causa al fine di ottenere la riapertura del procedimento a norma della politica in materia di dignità sul luogo di lavoro da parte della BEI, e/o una nuova decisione del presidente della BEI.

23.      La BEI. dal canto suo, chiede che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione;

–        condannare la ricorrente alle spese.

24.      La ricorrente come pure la BEI sono state rappresentate all’udienza del 26 settembre 2018.

V.      Valutazione in diritto

25.      La ricorrente deduce, a sostegno della sua impugnazione, tre motivi fondati, in primo luogo, sulla violazione dell’articolo 47 della Carta nonché dell’articolo 6 della CEDU, in secondo luogo, sulla violazione dell’articolo 7 della Carta nonché dell’articolo 8 della CEDU, e, in terzo luogo, su un diniego di giustizia.

26.      Il primo motivo verte, in sostanza, sulla valutazione operata dal Tribunale in ordine allo svolgimento del procedimento d’inchiesta alla luce delle prescrizioni della politica in materia di dignità sul luogo di lavoro e dei diritti procedurali della ricorrente in forza dell’articolo 47 della Carta e dell’articolo 6 della CEDU. Tale motivo è suddiviso in quattro parti riguardanti diversi errori imputati al Tribunale: l’errata determinazione della portata dei diritti procedurali di cui dispone l’autore di una denuncia, l’assenza di conseguenze dell’inosservanza dei termini che disciplinano il procedimento d’inchiesta, la valutazione errata della corretta composizione del comitato d’inchiesta e il rigetto degli argomenti con cui la ricorrente ha contestato la trattazione riservata della sua denuncia.

27.      Il secondo e il terzo motivo riguardano il rigetto, da parte del Tribunale, degli argomenti della ricorrente diretti a dimostrare l’illegittimità, in particolare alla luce dell’articolo 7 della Carta e dell’articolo 8 della CEDU, di parecchi elementi contenuti nella relazione del comitato d’inchiesta sui quali la decisione del presidente della BEI si sarebbe fondata al fine di respingere la denuncia in quanto infondata.

A.      Sulla ricevibilità

28.      In primo luogo, occorre rilevare che il ricorso dinanzi al Tribunale contro la decisione del presidente della BEI del 16 ottobre 2015, pur essendo stato presentato il 22 luglio 2016, ossia più di nove mesi dopo l’adozione di tale decisione, non era irricevibile (6). Infatti, risulta dalla giurisprudenza che il termine di tre mesi previsto dall’articolo 41, primo comma, del regolamento del personale della BEI (7) per la proposizione di un ricorso dinanzi al Tribunale era interrotto per la durata della procedura di conciliazione avviata in forza dell’articolo 41, terzo comma, dello stesso regolamento (8). Benché tale procedura non sia obbligatoria, il ricorso a quest’ultima non può pregiudicare il diritto dell’interessato di adire il giudice dell’Unione (9). Questo è il motivo per cui si deve ritenere che il termine per la proposizione del ricorso decorra solo dalla data della decisione finale che accerta il fallimento della procedura di conciliazione, nella fattispecie il 29 giugno 2016.

29.      In secondo luogo, la BEI solleva due eccezioni di irricevibilità nei confronti dell’impugnazione. Essa sostiene, in primis, che l’impugnazione non si riferisce ad alcun punto preciso della sentenza impugnata, e, in secondo luogo, che essa si limita, per l’essenziale, a riprodurre argomenti già esposti nel ricorso di primo grado.

30.      Per quanto riguarda la prima eccezione di irricevibilità, basta constatare che la censura è carente in fatto in quanto l’atto di impugnazione si riferisce invece, nelle note a pié di pagina, a punti precisi della sentenza impugnata. Inoltre, e in ogni caso, l’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte non impone l’obbligo formale di citare punti numerati della sentenza impugnata. Basta che gli argomenti contenuti nell’atto di impugnazione permettano alla Corte di individuare il ragionamento del Tribunale che sarebbe viziato da errori di diritto in maniera tale che essa possa esercitare la funzione che le incombe nell’ambito considerato e procedere al suo sindacato di legittimità (10).

31.      Per quanto riguarda la seconda eccezione di irricevibilità, si deve rilevare che la maggior parte degli argomenti addotti dalla ricorrente riguardano essenzialmente la valutazione in diritto operata dal Tribunale. Orbene, risulta dalla giurisprudenza della Corte che, qualora una parte contesti l’interpretazione o l’applicazione del diritto dell’Unione effettuata dal Tribunale, i punti di diritto esaminati in primo grado possono essere di nuovo discussi nel corso di un’impugnazione (11).

32.      Diverso è il caso degli argomenti della ricorrente riguardanti il rigetto, da parte del Tribunale, della censura relativa alla composizione del comitato d’inchiesta e alla trattazione riservata della denuncia (terza e quarta parte del primo motivo). Al riguardo, la ricorrente si limita a ripetere gli argomenti di ordine fattuale già esposti in primo grado. Ella ribadisce in particolare la sua critica secondo cui le persone nominate non disponevano delle qualificazioni e dell’imparzialità necessarie, cercando così di rimettere in discussione la valutazione dei fatti da parte del Tribunale senza per questo farne valere uno snaturamento. Pertanto, tali argomenti devono essere respinti in quanto irricevibili, conformemente all’articolo 256, paragrafo 1, secondo comma, TFUE e all’articolo 58 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea ai sensi del quale il sindacato di legittimità effettuato dalla Corte nell’ambito dell’impugnazione è limitato alle questioni di diritto.

33.      Per quanto riguarda, in terzo luogo, la domanda della ricorrente diretta all’espurgazione degli elementi ritenuti illegittimi dalla relazione del comitato d’inchiesta, basta constatare che il Tribunale ha giustamente dichiarato, ai punti 22 e 23 della sentenza impugnata, che i giudici dell’Unione non hanno competenza a rivolgere ingiunzioni alle istituzioni (12). Per giunta, la ricorrente non ha impugnato tale parte della sentenza nel suo atto di impugnazione. Pertanto, tale capo della domanda dev’essere subito respinto in quanto irricevibile.

34.      Analogamente, anche se l’annullamento della sentenza del Tribunale nonché, se del caso, della decisione del presidente della BEI può certo dar luogo all’avvio di un eventuale nuovo procedimento d’inchiesta in seno alla BEI, non spetta tuttavia alla Corte ingiungerne il riavvio, dato che spetta all’amministrazione adottare i provvedimenti che l’esecuzione di una sentenza della Corte comporta (13). Ne consegue che l’ultimo capo della domanda in sede di impugnazione è anch’esso irricevibile.

B.      Nel merito

35.      La ricorrente chiede alla Corte sia l’annullamento della sentenza del Tribunale sia l’annullamento della decisione del presidente della BEI e il riconoscimento della responsabilità extracontrattuale di quest’ultima.

36.      Occorre pertanto verificare, in un primo tempo, se gli errori di diritto imputati al Tribunale siano tali da giustificare l’annullamento della sentenza impugnata (sub 1 e 2). In caso affermativo, occorrerà porsi, in un secondo tempo, la questione se la causa sia in condizione di essere decisa e se gli errori imputati alla BEI giustifichino eventualmente l’annullamento della decisione del presidente della BEI nonché il riconoscimento della responsabilità extracontrattuale di quest’ultima (sub 3).

1.      Sull’impugnazione

a)      Sul primo motivo

37.      Col suo primo motivo, la ricorrente contesta al Tribunale il fatto di aver concluso, dopo aver esaminato lo svolgimento del procedimento d’inchiesta, che le irregolarità fatte valere dalla ricorrente non costituivano una violazione dei suoi diritti procedurali in forza dell’articolo 47 della Carta e dell’articolo 6 della CEDU e non giustificavano quindi né l’annullamento della decisione del presidente della BEI, né il riconoscimento della responsabilità extracontrattuale di quest’ultima.

1)      Sulla prima parte del primo motivo, relativa ad una determinazione erronea della portata dei diritti procedurali della ricorrente

38.      La ricorrente contesta al Tribunale di aver violato i suoi diritti derivanti dall’articolo 47 della Carta e dall’articolo 6 della CEDU dichiarando, al punto 52 della sentenza impugnata, che i diritti dell’autore della denuncia in un procedimento d’inchiesta per molestie sessuali sono più limitati di quelli di cui dispone l’accusato. Basandosi su tale premessa erronea, il Tribunale avrebbe a torto escluso gli illeciti procedurali fatti valere dalla ricorrente.

39.      Più precisamente, la ricorrente sostiene, in primo luogo, che il Tribunale ha violato il principio della parità delle armi, il principio del contraddittorio nonché i diritti della difesa della ricorrente ritenendo che fosse legittimo che il comitato d’inchiesta non le avesse comunicato le dichiarazioni della persona accusata di molestie e delle persone sentite nel corso dell’inchiesta che sono servite da fondamento alla decisione di respingere la denuncia.

40.      In secondo luogo, la ricorrente contesta al Tribunale il fatto di aver commesso un errore di diritto ritenendo che fosse sufficiente che il comitato d’inchiesta sentisse soltanto due sugli undici testimoni proposti dalla ricorrente per il motivo che esso non era per nulla tenuto a sentire tutti i testimoni proposti da una delle parti del procedimento.

41.      In terzo luogo, la ricorrente contesta al Tribunale di aver commesso un errore di diritto nel dichiarare legittima l’esclusione, da parte del comitato d’inchiesta, dei referti medici forniti dalla ricorrente a sostegno della sua denuncia in quanto tali referti erano stati redatti dopo il verificarsi dei fatti controversi. Limitando così le sue possibilità di apportare elementi di prova, il Tribunale avrebbe violato il diritto della ricorrente di essere sentita e i suoi diritti della difesa.

42.      La risposta del Tribunale alle censure dedotte dalla ricorrente in primo grado in base alla violazione dei suoi diritti da parte della BEI nel corso del procedimento d’inchiesta si fonda su una giurisprudenza del Tribunale della funzione pubblica (14), confermata dal Tribunale (15), secondo la quale la situazione dell’autore della denuncia nell’ambito di un procedimento d’indagine per molestie psicologiche non può essere equiparata a quella della persona che forma oggetto della denuncia e, di conseguenza, l’autore della denuncia non può far valere gli stessi diritti procedurali della persona accusata.

43.      Poiché tale giurisprudenza è stata elaborata in relazione a fattispecie rientranti nell’ambito di applicazione dallo Statuto dei funzionari, occorre, innanzitutto, ricordare le principali caratteristiche della procedura che viene avviata a seguito di una domanda di assistenza in forza di detto Statuto nonché quelle del procedimento d’inchiesta di cui trattasi nel caso di specie (sub i). Successivamente, ne trarrò le conclusioni quanto ai diritti procedurali che devono essere riconosciuti alle varie persone coinvolte nell’ambito di tale procedimento (sub ii). Infine, verificherò se tali prescrizioni siano state rispettate nel caso di specie (sub iii).

i)      Le procedure amministrative d’indagine per molestie in seno alle istituzioni dell’Unione

44.      L’obbligo dell’amministrazione dell’Unione di intervenire a sostegno di un membro del personale che si ritenga vittima di molestie o di qualsiasi altra forma di intimidazione discende dall’obbligo di assistenza della detta amministrazione previsto, per quanto riguarda i rapporti di impiego disciplinati dallo Statuto dei funzionari dell’Unione, dall’articolo 24 dello stesso Statuto. La presentazione di una domanda di assistenza statutaria è seguita da un’indagine amministrativa diretta ad accertare i fatti e a trarne, con cognizione di causa, le adeguate conseguenze. Ne consegue che l’indagine amministrativa non è diretta a sanzionare un comportamento, ma mira innanzitutto a stabilire se l’amministrazione sia tenuta ad intervenire a sostegno di un funzionario (16). A tal fine, basta che sia fornito un principio di prova della fondatezza delle accuse senza che per questo sia anticipato l’esito di un eventuale procedimento disciplinare successivamente avviato (17).

45.      In maniera analoga, la politica della BEI in materia di dignità sul luogo di lavoro prevede, per i rapporti di impiego disciplinati dal regolamento del personale della BEI, un procedimento formale nell’ambito del quale la pretesa vittima ha la possibilità di presentare ufficialmente una denuncia che fa avviare il procedimento d’inchiesta. Si deve tuttavia rilevare che tale procedimento si distingue dalla procedura d’indagine avviata a seguito di una domanda di assistenza statutaria (18). Il procedimento di cui trattasi nel caso di specie prevede infatti come suo esito non soltanto il rigetto della denuncia o l’avvio di un procedimento disciplinare contro la persona accusata di molestie, ma anche l’avvio di un siffatto procedimento nei confronti della pretesa vittima se la denuncia viene giudicata infondata o malevola. Al riguardo, esso va quindi oltre la procedura prevista a seguito di una domanda di assistenza statutaria.

ii)    Sui diritti procedurali degli interessati in un procedimento d’indagine per molestie

46.      Il Tribunale ha recentemente avuto l’occasione di ricordare il contesto nel quale la giurisprudenza relativa alle domande di assistenza statutaria, citata al paragrafo 42 delle presenti conclusioni, è stata elaborata, come pure di precisarne la portata (19).

47.      Da queste precisazioni discende che la giurisprudenza del Tribunale non è diretta né a limitare i diritti procedurali dell’autore della denuncia in un procedimento d’indagine per molestie in quanto tali, né ad accordargli, a priori, una posizione meno favorevole di quella dell’accusato, presunto molestatore (20). Si tratta invece di operare la distinzione tra, da una parte, il procedimento amministrativo di indagine avviato con la domanda di assistenza statutaria e, dall’altra, il procedimento disciplinare che viene eventualmente promosso successivamente (21). Mentre il procedimento amministrativo sarebbe regolato, secondo il Tribunale, in linea di massima, sulla base dei diritti derivanti dall’articolo 41 della Carta, i diritti della difesa propriamente detti sarebbero applicabili soltanto nella fase del procedimento disciplinare (22).

48.      Certo, il Tribunale riconosce che, secondo una costante giurisprudenza, il rispetto dei diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso contro una persona e idoneo a sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione che dev’essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma disciplinante la procedura di cui trattasi (23). Tuttavia, dato che il ruolo della persona che ha presentato una domanda di assistenza consiste essenzialmente nella sua collaborazione alla buona conduzione dell’indagine al fine di accertare i fatti, il Tribunale ne conclude che tale procedura non può essere considerata come promossa contro tale persona (24). Per contro, il Tribunale riconosce che la persona accusata di molestie dev’essere in grado, sin dall’inizio della procedura, di difendersi contro le accuse che la riguardano (25). Pertanto, in ragione dei rispettivi ruoli nell’ambito di una procedura di indagine, il Tribunale ha dichiarato, in parecchie sentenze, che i diritti procedurali delle persone interessate si differenziavano.

49.      A tal riguardo, è tuttavia importante constatare che, in ogni caso, l’articolo 41 della Carta si applica ad ogni procedimento amministrativo indipendentemente dal suo carattere accusatorio o inquisitorio e sancisce in particolare il diritto di ogni persona di essere sentita prima dell’adozione di un provvedimento sfavorevole nei suoi confronti. Inoltre, occorre ricordare che il principio del contraddittorio si applica anche ad ogni procedimento che possa sfociare in una decisione che incida in maniera sensibile sugli interessi di una persona (26). Non è, pertanto, necessario risolvere in maniera definitiva la questione se un procedimento amministrativo di indagine, sia esso disciplinato dalle norme dello Statuto o da quelle della politica in materia di dignità sul luogo di lavoro della BEI, rientri nell’ambito di applicazione degli articoli 47 e 48 della Carta (27).

50.      Anche se è certamente vero che la persona accusata di molestie corre il rischio dell’adozione di un provvedimento pregiudizievole ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 2, della Carta, e cioè la decisione di dar seguito alla domanda di assistenza, sin dall’inizio del procedimento, è altresì importante rilevare che il procedimento di indagine può altresì recare pregiudizio alla persona che ha presentato tale domanda. Ciò vale, in particolare, nel caso in cui si riveli, nel corso del procedimento, che la domanda di assistenza sarà respinta (28). Pertanto, così come la persona accusata di molestie dev’essere in grado di difendersi contro le accuse che la riguardano, il che giustifica che essa possa essere sentita, eventualmente a più riprese, nell’ambito dell’indagine, allo stesso modo l’autore della denuncia dev’essere sentito sui motivi che l’amministrazione intende far valere, se del caso, a sostegno del rigetto della sua domanda (29). Peraltro, ciò è stato anche riconosciuto nella giurisprudenza del Tribunale (30).

51.      Poiché l’amministrazione è tenuta ad offrire ad ogni soggetto leso la possibilità di far conoscere utilmente (31) il suo punto di vista, ciò implica, a nostro modo di vedere, che l’autore della denuncia dev’essere in grado di contestare ogni elemento sul quale l’autorità competente intenda fondare la sua decisione di rigetto, si tratti delle dichiarazioni rilasciate da testimoni o di altre fonti, e di fornire ogni elemento probatorio al riguardo. Come risulta dalla giurisprudenza del Tribunale a questo proposito, non si può in particolare ritenere che la sola presa in considerazione della denuncia iniziale o delle osservazioni anteriori basti già per concludere che sia stato rispettato il diritto dell’autore della denuncia di essere sentito. Può in particolare rivelarsi necessario dare all’autore della denuncia la possibilità di far valere le sue osservazioni su un progetto di relazione di indagine (32).

52.      Tali considerazioni, valide per ogni indagine amministrativa per molestie, valgono a fortiori per il procedimento d’inchiesta avviato in forza della normativa interna della BEI poiché esso prevede infatti la possibilità di adottare diverse decisioni recanti pregiudizio all’autore della denuncia ai sensi dell’articolo 41, paragrafo 2, della Carta, tra cui la sua messa in causa personale.

iii) Sul rispetto dei diritti procedurali della ricorrente nel caso di specie

–       Sul diritto della ricorrente di essere sentita sulle dichiarazioni dell’accusato e dei testimoni

53.      Discende da quanto precede che al più tardi a partire dal momento in cui si rivela che la denuncia sarà respinta, l’autore della stessa deve disporre, in forza dell’articolo 41 della Carta, degli stessi diritti procedurali di cui dispone la persona accusata di molestie (33). L’autore della denuncia può pertanto pretendere, così come la persona accusata di molestie, di essere sentito, eventualmente a più riprese, sui fatti che lo riguardano, in particolare qualora l’autorità competente esprima una valutazione sul suo personale comportamento.

54.      Pertanto, e contrariamente a quanto il Tribunale ha dichiarato al punto 52 della sentenza impugnata, la situazione dell’autore della denuncia nell’ambito di un procedimento di indagine può, a seconda delle circostanze del caso di specie, essere pienamente equiparata a quella della persona accusata di molestie. Tuttavia, il Tribunale ha dichiarato che senza commettere illeciti il comitato d’inchiesta aveva rifiutato di comunicare alla ricorrente il contenuto delle dichiarazioni della persona accusata di molestie nonché di quelle dei testimoni perché ella potesse formulare osservazioni. A tal proposito, il Tribunale si è in particolare basato sul fatto che la politica in materia di dignità sul luogo di lavoro non prevede la comunicazione all’autore della denuncia delle dichiarazioni della persona accusata di molestie (34). Orbene, la politica in materia di dignità sul luogo di lavoro non può derogare ai principi del diritto dell’Unione ricordati al paragrafo 48 delle presenti conclusioni. Pronunciandosi in tal modo, il Tribunale ha quindi tenuto in non cale il contenuto del diritto della ricorrente ad essere sentita nell’ambito del procedimento d’inchiesta nonché il principio del contraddittorio.

55.      Con ogni evidenza, il Tribunale non ha considerato il fatto che il rigetto della denuncia è, in sé e per sé, un atto sfavorevole che pregiudica la ricorrente, per dedurne che sarebbe stato necessario comunicare alla ricorrente le dichiarazioni dei testimoni e della persona accusata di molestie su cui il presidente della BEI intendeva fondare la sua decisione. Tale omessa considerazione è tanto più sorprendente in quanto il Tribunale della funzione pubblica aveva tuttavia già ripetutamente sottolineato che l’eventuale riconoscimento da parte dell’amministrazione dell’esistenza di molestie può di per sé stesso avere un effetto benefico nel processo terapeutico di ripresa della persona molestata, di modo che l’amministrazione deve utilmente sentire la persona interessata prima di rigettarne la denuncia (35). Ciò vale a maggior ragione nel caso della ricorrente, in cui il rigetto della denuncia era per giunta accompagnato da raccomandazioni in cui le veniva rimproverato di essere ella stessa all’origine dei problemi constatati in mancanza di un atteggiamento positivo.

56.      A tal riguardo, risulta dai punti 48 e 49 nonché dai punti 69 e 71 della sentenza impugnata che il Tribunale ha ammesso che le dichiarazioni della persona accusata di molestie e dei testimoni in ordine alle prestazioni lavorative della ricorrente, alle sue condizioni di salute (psicologiche) e ai suoi problemi privati sono state decisive nell’infirmare la credibilità della ricorrente, conducendo, alla fine, al rigetto della denuncia da parte del presidente della BEI. Orbene, poiché la ricorrente non ha naturalmente potuto conoscere tali elementi al momento della presentazione della sua denuncia e della sua audizione, e non ha neppure potuto prenderne conoscenza in seguito, non si può ritenere che ella sia stata sentita utilmente prima del rigetto della sua denuncia.

57.      Ne consegue che il Tribunale ha commesso un errore di diritto non ammettendo, in siffatte circostanze, il diritto della ricorrente di conoscere le osservazioni dell’accusato nonché il contenuto delle testimonianze al fine di presentare le sue osservazioni o nuovi elementi a sostegno delle sue accuse. Ciò vale a maggior ragione in quanto il Tribunale ha rilevato al punto 48 della sentenza impugnata che l’oggetto dell’inchiesta era effettivamente cambiato nel corso del procedimento poiché il presidente della BEI progettava l’adozione di provvedimenti disciplinari contro la ricorrente, senza che ella fosse stata sentita sui fatti che giustificavano tale capovolgimento.

58.      Il fatto che il procedimento disciplinare non sia stato alla fine intentato non può rimettere in discussione tale constatazione. Contrariamente a quanto sostenuto dal rappresentante della BEI all’udienza, è il rigetto della denuncia che reca pregiudizio alla ricorrente ai sensi dell’articolo 41 della Carta, e non soltanto l’avvio di un successivo procedimento disciplinare.

59.      In ogni caso, il Tribunale non ha neppure rilevato circostanze che permettano di ammettere che la BEI agisse per lo scrupolo di impedire un rischio di condizionamento dei testimoni da parte della ricorrente o che altre ragioni di riservatezza abbiano potuto eventualmente giustificare la restrizione dell’accesso di quest’ultima alle dichiarazioni dei testimoni (36). Del resto, se ciò si fosse verificato, sarebbe bastato comunicare alla ricorrente solo il contenuto delle dichiarazioni dei testimoni oppure una sintesi degli elementi presi in considerazione ai fini della relazione di inchiesta senza divulgare l’identità delle persone all’origine di tali testimonianze.

60.      Risulta da quanto precede che dichiarando, in siffatte circostanze, che il comitato d’inchiesta non era tenuto a comunicare alla ricorrente il contenuto delle dichiarazioni della persona accusata di molestie e dei testimoni sulle quali esso intendeva fondare le sue raccomandazioni, il Tribunale ha commesso un errore di diritto. La prima censura della prima parte del primo motivo deve pertanto essere accolta.

–       Sul diritto della ricorrente di pretendere la convocazione dei testimoni proposti

61.      La ricorrente contesta ancora al Tribunale di aver dichiarato che il rispetto del suo diritto di essere sentita e il principio del contraddittorio non imponevano la convocazione di tutti i testimoni da lei proposti.

62.      A questo proposito, si deve rilevare che, secondo la giurisprudenza del Tribunale della funzione pubblica citata al punto 55 della sentenza impugnata, un comitato d’inchiesta non è certo tenuto a convocare tutti i testimoni proposti dall’autore di una denuncia, dato il suo potere discrezionale per quanto riguarda la conduzione dell’inchiesta (37). Tuttavia, tale potere discrezionale è anche limitato dal principio di buona amministrazione e dai diritti procedurali degli interessati sanciti dall’articolo 41 della Carta. Pertanto, le decisioni del comitato d’inchiesta per quanto riguarda lo svolgimento dell’inchiesta non sfuggono a priori a qualsiasi sindacato giurisdizionale. Quindi, il comitato d’inchiesta non può, in particolare, astenersi, senza alcuna motivazione e giustificazione, dal sentire i testimoni proposti, ma deve far sì che le parti siano sentite in maniera equa al fine di garantire il loro diritto di essere sentite.

63.      In tale ottica, il Tribunale della funzione pubblica ha riconosciuto giustificato il fatto di non aver convocato ulteriori testimoni in una causa in cui il comitato d’inchiesta aveva già convocato quindici dei diciotto testimoni proposti dall’interessato nonché altri venti (38). Se ne può dedurre che non può esistere un obbligo di convocare tutti i testimoni proposti da una parte qualora il comitato d’inchiesta si ritenga sufficientemente edotto sui fatti e qualora gli interessati siano già stati sentiti in maniera adeguata. Analogamente, in un’altra causa, il Tribunale della funzione pubblica si è basato sul fatto che l’inquirente disponeva di elementi sufficienti agli atti per confermare la decisione di tale inquirente di convocare solo dodici dei 52 testimoni proposti dalla ricorrente (39).

64.      Tuttavia, nella sentenza impugnata, il Tribunale non si è posto la questione se il comitato d’inchiesta fosse già sufficientemente edotto o se la ricorrente fosse già stata sentita in maniera adeguata. Risulta invece dall’atto di impugnazione, da un lato, che solo una minoranza dei testimoni proposti dalla ricorrente è stata convocata, e dall’altro che ella non ne era stata neppure avvertita,. In tali circostanze, limitandosi a constatare che il comitato d’inchiesta non era per nulla tenuto a convocare tutti i testimoni della ricorrente, il Tribunale ha quindi commesso un errore di diritto.

65.      Ne consegue che anche la seconda censura della prima parte del primo motivo dev’essere accolta.

–       Sul rigetto dei certificati medici

66.      Il Tribunale ha considerato, al punto 58 della sentenza impugnata, che la BEI ha potuto giustamente respingere i certificati medici presentati dalla ricorrente come prove dell’esistenza di atti configuranti molestie, dato che le persone che li avevano redatti non avevano assistito ai pretesi atti controversi.

67.      In tale contesto, si deve rilevare che siffatti certificati medici possono certamente fornire un chiarimento sull’esistenza o sulla natura di un danno subito dalla pretesa vittima di molestie in relazione al loro contenuto e alla data della loro redazione. Ciò è stato del resto riconosciuto dal Tribunale al punto 58 della sentenza impugnata. Non si può, invece, attribuire ad un certificato medico la stessa efficacia probatoria della testimonianza diretta di una persona che abbia assistito all’atto di cui trattasi. Poiché l’oggetto dell’inchiesta è però quello di accertare la sussistenza di atti precisi asseriti dall’autore della denuncia e valutarli alla luce della definizione di molestia sessuale, il Tribunale ha con ragione dichiarato che i certificati medici forniti dalla ricorrente non potevano essere utilizzati per stabilire che tali eventi si erano verificati (40).

iv)    Conclusione parziale

68.      Risulta da quanto precede che il Tribunale ha commesso un errore di diritto dichiarando che i diritti che la ricorrente poteva far valere nell’ambito dell’inchiesta erano meno estesi di quelli di cui disponeva la persona accusata di molestie e che la ricorrente stessa, di conseguenza, non aveva il diritto a che le fosse comunicato il contenuto delle dichiarazioni della persona accusata nonché dei testimoni e di precisare le sue osservazioni al riguardo o pretendere la convocazione degli ulteriori testimoni in quanto ciò fosse stato necessario ai fini del rispetto del suo diritto di essere sentita.

2)      Sulla seconda parte del primo motivo, relativa all’assenza di conseguenze dell’inosservanza dei termini relativi al procedimento d’inchiesta

69.      La seconda parte del primo motivo ha per oggetto la valutazione da parte del Tribunale delle conseguenze dell’inosservanza di taluni termini previsti dalla politica in materia di dignità sul luogo di lavoro. Il Tribunale ha dichiarato, ai punti da 47 a 49 della sentenza impugnata, che, malgrado l’inosservanza dei detti termini, nessun illecito può essere imputato alla BEI dato che la convocazione all’audizione come pure la decisione erano pervenute alla ricorrente entro un termine ragionevole e che la BEI aveva agito con diligenza. La ricorrente, per contro, è del parere che il Tribunale avrebbe dovuto concludere nel senso della perentorietà dei termini di cui trattasi.

70.      Innanzitutto, occorre constatare che la politica in materia di dignità sul luogo di lavoro presenta, come normativa interna della BEI, un carattere giuridico vincolante, peraltro riconosciuto dal Tribunale al punto 33 della sentenza impugnata (41). Pertanto, e contrariamente a quanto il Tribunale sembra invece sostenere al punto 47 della sentenza impugnata, i termini previsti da tale normativa non vanno considerati come meri obiettivi indicativi di buona amministrazione destinati a favorire lo svolgimento del procedimento entro un termine ragionevole (42).

71.      Tuttavia, discende da una giurisprudenza costante che persino la violazione di un termine perentorio non giustifica di per sé in tutti i casi l’annullamento dell’atto adottato in esito al procedimento controverso (43). Di conseguenza, giustamente il Tribunale è partito, al punto 47 della sentenza impugnata, dalla premessa che le conseguenze dell’inosservanza di un termine possono essere valutate solo in relazione alle particolari circostanze della controversa.

72.      Al riguardo, si deve rilevare che la politica in materia di dignità sul luogo di lavoro subordina le varie fasi del procedimento d’inchiesta a termini molto brevi, talora di soli cinque giorni lavorativi. Tenuto conto dell’incidenza potenzialmente grave dell’inchiesta sui rapporti in seno alla compagine di lavoro e della posizione esposta dall’autore della denuncia, così come dell’interesse della persona accusata di molestie di discolparsi da ogni accusa diretta nei suoi confronti al più presto, tali termini mirano ad evitare qualsiasi protrazione di una situazione di incertezza. Ne consegue che la finalità perseguita dai termini che disciplinano il procedimento d’inchiesta non si limita alla delimitazione temporale di tale procedimento ma è invece quella di tutelare gli interessi delle persone interessate.

73.      Tale finalità non giustifica però l’annullamento di una decisione adottata fuori termine. Al contrario invece, l’annullamento della decisione per il semplice motivo che essa sia stata adottata fuori termine equivarrebbe appunto a far perdurare lo stato di incertezza che i termini mirano ad evitare.

74.      In ogni caso, discende parimenti da una giurisprudenza costante che il mancato rispetto di un termine può dar diritto ad un risarcimento. In tale contesto, il giudice dell’Unione deve procedere ad una valutazione globale della situazione che si presenta al fine di determinare se la durata di un procedimento fosse irragionevole (44). Nella fattispecie, è giocoforza constatare che il Tribunale, ponendosi la questione di stabilire se la convocazione all’audizione e la comunicazione della decisione del presidente della BEI fossero state emanate entro un termine ragionevole in considerazione delle circostanze in essere, ha applicato correttamente tale giurisprudenza. Esso ha in particolare preso in considerazione, da un lato, riguardo al termine per l’avvio dell’inchiesta, il fatto che la ricorrente fosse stata informata più volte sullo stato attuale della sua denuncia (punto 36 della sentenza impugnata) e, dall’altro, riguardo al termine per la comunicazione della decisione del presidente della BEI, che l’oggetto dell’inchiesta era cambiato nel corso del procedimento, il che rendeva necessarie ulteriori informazioni (punti 48 e 49 della sentenza impugnata).

75.      Al di là di tali constatazioni, la conclusione del Tribunale secondo la quale il periodo di tempo trascorso tra la presentazione della denuncia il 20 maggio 2015 e la decisione del presidente della BEI del 16 ottobre 2015 non era irragionevolmente lungo rientra nel suo potere insindacabile di valutazione dei fatti. Pertanto, tale conclusione non può essere più contestata in sede di impugnazione.

76.      Ne consegue che l’argomento della ricorrente secondo il quale il mancato rispetto dei termini previsti dal procedimento d’inchiesta avrebbe dovuto portare all’annullamento della decisione del presidente della BEI e all’insorgere della responsabilità extracontrattuale di quest’ultima dev’essere respinto.

b)      Sul secondo e sul terzo motivo, relativi ad una valutazione erronea circa la legittimità di taluni elementi di giustificazione nella relazione del comitato d’inchiesta alla luce dell’articolo 7 della Carta e dell’articolo 8 della CEDU

77.      Con i suoi motivi secondo e terzo, la ricorrente censura, in sostanza, il Tribunale per non aver esso dichiarato illegittimo il fatto che il presidente della BEI abbia fondato la sua decisione su testimonianze provenienti da persone non qualificate al riguardo, descrivendo la ricorrente come una persona con problemi psicologici, che aveva mal sopportato la rottura del rapporto con l’ex compagno, a seguito della quale ella sarebbe molto dimagrita, che aveva difficoltà ad accettare qualsiasi forma di critica e dal carattere manipolatore, e che aveva lasciato intendere che la sua denuncia era motivata da ragioni diverse dalle molestie sessuali che asseriva di aver subito.

78.      In tale contesto, la ricorrente imputa altresì al Tribunale un errore di motivazione in quanto esso si sarebbe contraddetto dichiarando, al punto 76 della sentenza impugnata, che, malgrado il fatto che la menzione di tali elementi sia stata «tanto superflua quanto incresciosa», essa non configurava un illecito imputabile alla BEI.

79.      Per respingere gli argomenti della ricorrente, il Tribunale si è basato, al punto 71 della sentenza impugnata, sul fatto che il comitato d’inchiesta come pure il presidente della BEI non si sarebbero lasciati andare direttamente a dichiarazioni sulla vita privata o sulle condizioni psicologiche della ricorrente, ma si sarebbero limitati a riportare le dichiarazioni dei testimoni al riguardo. Il Tribunale sembra concludere che tali affermazioni non erano quindi imputabili alla BEI.

80.      Nondimeno, al punto 71 nonché al punto 81 della sentenza impugnata, il Tribunale ha sottolineato che il comitato d’inchiesta si è per l’appunto fondato su queste stesse dichiarazioni per giustificare la sua raccomandazione di respingere la denuncia. In tale contesto, si deve rilevare che tale raccomandazione metteva in discussione più la credibilità della ricorrente in quanto persona che non quella delle sue accuse. Quindi, il comitato d’inchiesta ha fatto della valutazione della personalità della ricorrente, asseritamente operata dai testimoni, il fondamento stesso del rigetto della denuncia. Orbene, non è ammissibile che il comitato d’inchiesta e, di conseguenza, il presidente della BEI fondino la loro decisione recante pregiudizio alla ricorrente su una valutazione da essi non fatta propria. Infatti, è proprio il compito del comitato d’inchiesta quello di accertare i fatti che giustificano la decisione finale. All’udienza, è stato precisato al riguardo che non spettava al presidente della BEI procedere a ulteriori verifiche di fatto. Di conseguenza, il Tribunale avrebbe dovuto concludere che le osservazioni sulla personalità e sul comportamento della ricorrente contenute nella relazione del comitato d’inchiesta erano imputabili alla BEI. A contrario, se il Tribunale fosse pervenuto alla conclusione che il comitato avesse semplicemente riportato – ma non fatto proprie – le valutazioni contenute nelle testimonianze, il Tribunale avrebbe in tal caso dovuto concludere per una carenza di motivazione della decisione del presidente della BEI, che non era basata su nessun altro elemento se non sulla relazione del comitato d’inchiesta e sulle testimonianze riportate da quest’ultima. Il ragionamento seguito dal Tribunale quanto all’imputabilità delle valutazioni contenute nelle dichiarazioni dei testimoni alla BEI è pertanto viziato da errore di diritto.

81.      Inoltre, il Tribunale ha respinto gli argomenti della ricorrente diretti a dimostrare una violazione dell’articolo 7 della Carta facendo valere, ai punti 74 e 75 della sentenza impugnata, che la relazione del comitato d’inchiesta come pure la decisione del presidente della BEI non erano state diffuse e che gli elementi presi in considerazione nella detta relazione non avevano alla fine comportato alcuna conseguenza, segnatamente disciplinare, sulla situazione professionale della ricorrente.

82.      Per quanto riguarda l’ultimo di tali due argomenti, il fatto che la valutazione del comportamento e della personalità della ricorrente non abbia comportato conseguenze disciplinari è privo di pertinenza ai fini dell’esame della questione di stabilire se le dichiarazioni così espresse costituiscano una violazione dell’articolo 7 della Carta ovvero dell’articolo 8 della CEDU.

83.      Pertanto, resta da stabilire se sia corretta la conclusione del Tribunale che una violazione dell’articolo 7 della Carta poteva essere esclusa in quanto la relazione è stata comunicata solo alla persona accusata di molestie e al presidente della BEI.

84.      A questo proposito, si deve rilevare, innanzitutto, che il Tribunale della funzione pubblica ha considerato, in una sentenza riguardante un’inchiesta per molestie psicologiche, che la divulgazione di informazioni atte a suscitare voci negative riguardo alla ricorrente nonché a pregiudicare la sua reputazione e la sua credibilità presso le sole persone accusate di molestie bastava per concludere nel senso di un illecito che dava diritto a risarcimento (45).

85.      Per contro, in una causa riguardante il rigetto di una candidatura ad una promozione da parte della Commissione europea che era accompagnato da commenti offensivi, la Corte ha anche tenuto conto della circostanza aggravante che il documento interssato aveva formato oggetto di diffusione in seno a tutta la divisione (46).

86.      Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (in prosieguo: la «Corte EDU»), la questione di se un commento ritenuto offensivo o tale da screditare la persona interessata sia stato diffuso può certamente essere presa in considerazione al fine di comprovare una violazione del diritto al rispetto della vita privata ai sensi dell’articolo 8 della CEDU, che comprende non soltanto il rispetto della reputazione, ma anche quello dell’onorabilità di una persona (47). Inoltre, la Corte EDU ha dichiarato ripetutamente che l’integrità psicologica rientra anch’essa nel diritto al rispetto della vita privata sancito dall’articolo 8 della CEDU (48). Tuttavia, al fine di accertare una violazione dell’articolo 8 della CEDU devono essere anche prese in considerazione tanto la gravità della dichiarazione (49) quanto la sua finalità (50), nonché eventuali giustificazioni. Ne consegue che una violazione dell’articolo 8 della CEDU non può essere valutata ponendosi unicamente la questione di stabilire se le affermazioni siano state oggetto di diffusione.

87.      Tuttavia, il Tribunale non ha operato una valutazione della gravità dei commenti e del loro effetto sull’integrità psicologica della ricorrente, che quest’ultima aveva cercato di dimostrare mediante certificati medici. Esso non ha neppure verificato se le dichiarazioni potessero utilmente e oggettivamente contribuire ad una valutazione del carattere malevolo o meno della denuncia. Infine, quanto ad un’eventuale giustificazione, il Tribunale avrebbe dovuto chiedersi se l’indagine sugli aspetti della vita privata della ricorrente e la loro menzione nella relazione del comitato d’inchiesta nonché nella decisione del presidente della BEI fossero pertinenti alla luce dell’oggetto dell’inchiesta, e cioè l’accertamento della sussistenza degli atti commessi dalla persona accusata di molestie.

88.      Risulta dall’insieme di tali considerazioni che il ragionamento del Tribunale secondo il quale una violazione dell’articolo 7 della Carta e dell’articolo 8 della CEDU può essere esclusa unicamente a causa delle mancate conseguenze disciplinari delle osservazioni sulla personalità e sul comportamento della ricorrente nonché della mancata divulgazione della relazione in seno alla sua unità, è viziato da errori di diritto.

2.      Sulle conseguenze della fondatezza della prima parte del primo motivo nonché del secondo motivo

89.      La fondatezza della prima parte del primo motivo relativa alla portata dei diritti procedurali della ricorrente giustifica, di per se stessa, un annullamento della sentenza impugnata. È infatti basandosi sull’errata premessa che i diritti procedurali da riconoscere alla ricorrente erano di norma meno estesi di quelli della persona accusata di molestie che il Tribunale ha respinto gli argomenti della ricorrente diretti a dimostrare gli illeciti intervenuti nello svolgimento del procedimento d’inchiesta. Poiché il rigetto delle conclusioni di annullamento e delle conclusioni risarcitorie era stato interamente fondato sull’assenza di illeciti in tale procedimento, la sentenza impugnata deve essere annullata.

90.      Pertanto, non occorre più chiedersi se la fondatezza del secondo motivo relativo agli errori di diritto commessi dal Tribunale nell’ambito della valutazione di una violazione dell’articolo 7 della Carta giustifichi anch’essa l’annullamento della sentenza impugnata. A seguito dell’annullamento della sentenza impugnata, tali considerazioni restano tuttavia pertinenti ai fini della valutazione delle conclusioni risarcitorie fatte valere in primo grado.

3.      Sul ricorso dinanzi al Tribunale

91.      A norma dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, quest’ultima può, in caso di annullamento della sentenza del Tribunale, statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta.

92.      Tale ipotesi si verifica nel caso di specie per quanto riguarda l’annullmento della decisione del presidente della BEI, chiesto dalla ricorrente in primo grado, poiché un’interpretazione corretta della portata dei diritti procedurali della ricorrente da parte del Tribunale avrebbe dovuto condurre all’annullamento della decisone del presidente della BEI.

93.      Certo, secondo una giurisprudenza costante, una violazione dei diritti procedurali, in particolare del diritto di essere sentiti, giustifica l’annullamento di una decisione adottata al termine di un procedimento solo qualora, in assenza di tale irregolarità, tale procedimento potesse avere un esito diverso (51). Ciò non si verifica in particolare qualora l’amministrazione non disponga di alcun margine discrezionale quanto alla decisione da adottare in esito al procedimento.

94.      Orbene, nella fattispecie, non può essere escluso che la decisione del presidente della BEI sarebbe stata diversa se la ricorrente avesse avuto il diritto di contestare le dichiarazioni della persona accusata di molestie e dei testimoni o di produrre elementi nuovi a sostegno della sua denuncia. Ciò è tanto più vero in quanto l’oggetto dell’inchiesta era cambiato rispetto al momento della presentazione della denuncia da parte della ricorrente e si focalizzava, quindi, sul comportamento della ricorrente e sulla sua personalità, aspetti sui quali la ricorrente non aveva ancora avuto occasione di far valere osservazioni.

95.      Occorre pertanto accogliere la domanda di annullamento proposta in primo grado e annullare la decisione del presidente della BEI con cui è stata rigettata la denuncia della ricorrente. Del resto, ove la Corte segua questa proposta e annulli la decisione, spetterà alla BEI adottare gli adeguati provvedimenti che l’esecuzione di tale decisione di annullamento comporta.

96.      Tuttavia, lo stato degli atti non consente la risoluzione della controversia per quanto riguarda la domanda di risarcimento danni (52).

97.      Infatti, risulta dalle considerazioni esposte nell’ambito del secondo motivo (53) che il Tribunale deve nuovamente valutare l’argomento relativo ad una violazione dell’articolo 7 della Carta tenendo conto, in particolare, della gravità e della finalità dei commenti contenuti nella relazione del comitato d’inchiesta nonché della loro eventuale giustificazione. Inoltre, la questione di stabilire se l’insorgere della responsabilità extracontrattuale della BEI possa essere giustificato alla luce del preteso danno subito dalla ricorrente e del suo nesso con gli illeciti fatti valere non è stata ancora esaminata dal Tribunale.

98.      Ne consegue che la causa va rinviata dinanzi al Tribunale perché esso statuisca sulla domanda di risarcimento danni.

C.      Sulle spese

99.      Poiché la causa viene rinviata dinanzi al Tribunale, le spese devono essere riservate.

VI.    Conclusione

100. Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di statuire come segue:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea (Sesta Sezione) del 13 luglio 2017, OZ/BEI (T‑607/16) è annullata.

2)      La decisione del presidente della Banca europea per gli investimenti (BEI), del 16 ottobre 2015, con cui è stata respinta la denuncia della ricorrente per molestie sessuali ai sensi della «politica in materia di rispetto della dignità della persona sul luogo di lavoro» della BEI è annullata.

3)      La causa è rinviata dinanzi al Tribunale perché esso statuisca sulle conclusioni risarcitorie.

4)      Le spese sono riservate.


1      Lingua originale: il francese.


2      V., in particolare, sentenze del Tribunale della funzione pubblica del 16 maggio 2012, Skareby/Commissione (F‑42/10, EU:F:2012:64, punti da 46 a 48); del 23 ottobre 2013, BQ/Corte dei conti (F‑39/12, EU:F:2013:158, punto 72), e del 16 dicembre 2015, De Loecker/SEAE (F‑34/15, EU:F:2015:153, punto 43), nonché sentenza del Tribunale del 23 settembre 2015, Cerafogli/BCE (T‑114/13 P, EU:T:2015:678, punto 40).


3      GU 2013, L 287, pag. 15.


4      Salvo errore da parte nostra, tale documento, prodotto dalla BEI in lingua francese su richiesta della cancelleria della Corte, non è stato pubblicato ed è accessibile solo per via interna.


5      Sentenza del Tribunale del 13 luglio 2017, OZ/BEI (T‑607/16, non pubblicata, EU:T:2017:495).


6      Sulla competenza della Corte a sollevare d’ufficio, per la prima volta nella fase del procedimento di impugnazione, l’irricevibilità del ricorso dinanzi al Tribunale, v. sentenza del 23 aprile 2009, Sahlstedt e a./Commissione (C‑362/06 P, EU:C:2009:243, punto 22).


7      Tale termine è stato aggiunto nel regolamento del personale della BEI a seguito della sentenza del 28 febbraio 2013, Riesame Arango Jaramillo e a./BEI (C‑334/12 RX-II, EU:C:2013:134). Il Tribunale considera tuttavia che tale nuova versione si applica solo qualora il membro del personale sia stato assunto dopo il 2013, v., per esempio, sentenza del 4 ottobre 2018, PD/BEI (T‑615/16, non pubblicata, EU:T:2018:642, punto 48). In ogni caso, dalla citata sentenza della Corte risulta, per quanto riguarda la situazione anteriore al 2013, che anche un ricorso proposto contro un atto imputabile alla BEI oltre un termine di tre mesi non può essere considerato, a priori, come proposto in un termine irragionevole.


8      V., in questo senso, la presa di posizione dell’avvocato generale Mengozzi nella causa Riesame Arango Jaramillo e a./BEI (C‑334/12 RX-II, EU:C:2012:733, punto 51), e sentenze del 6 marzo 2001, Dunnett e a./BEI (T‑192/99, EU:T:2001:72, punto 56), nonché del 10 luglio 2014, CG/BEI (F‑95/11 e F‑36/12, EU:F:2014:188, punto 80).


9      Prima della revisione del regolamento del personale della BEI nel 2013 in seguito alla sentenza del 28 febbraio 2013, Riesame Arango Jaramillo e a./BEI (C‑334/12 RX-II, EU:C:2013:134), il ricorso alla procedura di conciliazione non era obbligatorio.


10      V., in questo senso, ordinanza del 19 giugno 2014, Cartoon Network/UAMI (C‑670/13 P, non pubblicata, EU:C:2014:2024, punti da 42 a 46), e sentenza del 7 novembre 2013, Wam Industriale/Commissione (C‑560/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:726, punto 44). Tale interpretazione dell’articolo 169, paragrafo 2, del regolamento di procedura è del resto confermata dalla formulazione letterale della disposizione in versioni linguistiche diverse da quella francese, come le versioni inglese, polacca e tedesca.


11      V. sentenza del 26 ottobre 2006, Koninklijke Coöperatie Cosun/Commissione (C‑68/05 P, EU:C:2006:674, punto 54) e più precisamente, per quanto riguarda la valutazione dello svolgimento di un procedimento amministrativo, le mie conclusioni nella causa Wunenburger/Commissione (C‑362/05 P, EU:C:2007:104, punto 77) nonché la sentenza del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione (C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punto 92).


12      Sentenza del 23 aprile 2002, Campogrande/Commissione (C‑62/01 P, EU:C:2002:248, punto 43).


13      L’articolo 113, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte dispone che, nell’ambito di un’impugnazione, le conclusioni del ricorrente devono tendere all’annullamento, totale o parziale, della sentenza del Tribunale e, eventualmente, all’accoglimento, totale o parziale, delle conclusioni presentate in primo grado; v. sentenza del 9 settembre 2008, FIAMM e a./Consiglio e Commissione (C‑120/06 P et C‑121/06 P, EU:C:2008:476, punto 205).


14      Sentenza del Tribunale della funzione pubblica del 16 dicembre 2015, De Loecker/SEAE (F‑34/15, EU:F:2015:153, punto 43).


15      Sentenza del Tribunale del 23 settembre 2015, Cerafogli/BCE (T‑114/13 P, EU:T:2015:678, punto 40).


16      V. sentenze del Tribunale del 29 giugno 2018, HF/Parlamento (T‑218/17, EU:T:2018:393, punti 68, 71 e 72), del Tribunale della funzione pubblica del 16 maggio 2012, Skareby/Commissione (F‑42/10, EU:F:2012:64, punto 46), del 23 ottobre 2013, BQ/Corte dei conti (F‑39/12, EU:F:2013:158, punto 72), e del 10 luglio 2014, CG/BEI (F‑103/11, EU:F:2014:185, punto 148). Tale intervento può prendere la forma di un procedimento disciplinare contro il presunto molestatore ma anche di un provvedimento di allontanamento; v. sentenza del Tribunale della funzione pubblica del 9 dicembre 2008, Q/Commissione (F‑52/05, EU:F:2008:161, punti da 207 a 213).


17      V. sentenza del Tribunale della funzione pubblica del 16 dicembre 2015, De Loecker/SEAE (F‑34/15, EU:F:2015:153, punto 41).


18      Il Tribunale ha recentemente sottolineato la differenza per quanto riguarda la terminologia, e cioè la «denuncia» prevista dalle norme applicabili al personale della Banca Centrale Europea (BCE) (regolamento interno della BCE, che assomiglia al riguardo a quello della BEI) e la «domanda di assistenza» in forza dello Statuto nella sentenza del 29 giugno 2018, HF/Parlamento (T‑218/17, EU:T:2018:393, punti 77 e 78).


19      V. sentenza del Tribunale del 29 giugno 2018, HF/Parlamento (T‑218/17, EU:T:2018:393).


20      V. sentenza del Tribunale del 29 giugno 2018, HF/Parlamento (T‑218/17, EU:T:2018:393, punti 69 e 70).


21      V. sentenza del Tribunale del 29 giugno 2018, HF/Parlamento (T‑218/17, EU:T:2018:393, punti 71 e 72).


22      Le analogie tra il procedimento disciplinare e il procedimento penale sono state esposte dall’avvocato generale Roemer nelle sue conclusioni nella causa Van Eick/Commissione (35/67, non pubblicate, EU:C:1968:32, pag. 510), nonché nelle conclusioni dell’avvocato generale Alber nella causa Tzoanos/Commissione (C‑191/98 P, EU:C:1999:127, paragrafo 27).


23      Sentenze del 9 novembre 2006, Commissione/De Bry (C‑344/05 P, EU:C:2006:710, punto 37), e del 14 giugno 2016, Marchiani/Parlamento (C‑566/14 P, EU:C:2016:437, punto 51). Una decisione che pone fine ad un comando non può essere considerata come un procedimento promosso contro la persona interessata ai sensi di tale giurisprudenza, v. sentenza del 29 aprile 2004, Parlamento/Reynolds (C‑111/02 P, EU:C:2004:265, punto 57). Il procedimento disciplinare deve tuttavia essere considerato promosso contro la persona interessata ai sensi di tale giurisprudenza, il che giustifica l’applicabilità dei diritti della difesa quali previsti dall’allegato IX dello Statuto.


24      Sentenza del Tribunale del 29 giugno 2018, HF/Parlamento (T‑218/17, EU:T:2018:393, punto 66), che ribadisce la soluzione adottata dalle sentenze del 16 maggio 2012, Skareby/Commissione (F‑42/10, EU:F:2012:64, punti da 46 a 48); del 6 ottobre 2015, CH/Parlamento (F‑132/14, EU:F:2015:115, punto 57), e del 23 ottobre 2013, BQ/Corte dei conti (F‑39/12, EU:F:2013:158, punto 72).


25      Sentenza del 29 giugno 2018, HF/Parlamento (T‑218/17, EU:T:2018:393, punto 69).


26      V. sentenze del 2 dicembre 2009, Commissione/Irlanda e a. (C‑89/08 P, EU:C:2009:742, punto 50) e del 9 marzo 2010, ERG e a. (C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 54), nonché, in materia di funzione pubblica, sentenze del 6 ottobre 1982, Alvarez/Parlamento (206/81, EU:C:1982:333, punto 6) e del 17 novembre 1983, Tréfois/Corte di giustizia (290/82, EU:C:1983:334, punto19). Per quanto riguarda più precisamente il rigetto di una denuncia per molestie, v. sentenza del 23 settembre 2015, Cerafogli/BCE (T‑114/13 P, EU:T:2015:678, punti 35 e 41).


27      Nei limiti in cui la ricorrente contesta, in sostanza, al Tribunale di aver violato il suo diritto di essere sentita nonché il principio del contraddittorio, principi che sono altresì sanciti dall’articolo 41 della Carta, è ininfluente, ai fini della soluzione della presente controversia, che ella colleghi formalmente tali principi all’articolo 47 della Carta nonché all’articolo 6 della CEDU.


28      Sentenza del 29 giugno 2018, HF/Parlamento (T‑218/17, EU:T:2018:393, punto 73).


29      V., in questo senso, sentenza del 9 novembre 2006, Commissione/De Bry (C‑344/05 P, EU:C:2006:710, punti 37 e 38).


30      Sentenze del 24 ottobre 1996, Commissione/Lisrestal e a. (C‑32/95 P, EU:C:1996:402, punto 21); del 22 ottobre 2013, Sabou (C‑267/12, EU:C:2013:678, punto 38); del 14 giugno 2016, Marchiani/Parlamento (C‑566/14 P, EU:C:2016:437, punto 51); inoltre, sentenze del Tribunale del 23 settembre 2015, Cerafogli/BCE (T‑114/13 P, EU:T:2015:678, punto 34), nonché del 29 giugno 2018, HF/Parlamento (T‑218/17, EU:T:2018:393, punti 69 e 74).


31      Sentenze del Tribunale dell’8 dicembre 2005, Reynolds/Parlamento (T‑237/00, EU:T:2005:437, punto 101); dell’8 marzo 2005, Vlachaki/Commissione (T‑277/03, EU:T:2005:83, punto 64), nonché sentenza della Corte del 20 dicembre 2017, PreqùItalia (C‑276/16, EU:C:2017:1010, punto 46). Sulla portata del diritto di far conoscere utilmente il proprio punto di vista, v. conclusioni dell’avvocato generale Poiares Maduro nella causa Commissione/De Bry (C‑344/05 P, EU:C:2006:483, paragrafi 44 e segg.).


32      Il che è stato richiesto anche dal Tribunale nella sua sentenza del 23 settembre 2015, Cerafogli/BCE (T‑114/13 P, EU:T:2015:678, punto 50), e dal Tribunale della funzione pubblica nella sentenza del 23 ottobre 2013, BQ/Corte dei conti (F‑39/12, EU:F:2013:158, punti 73 e 74). Nella sentenza del 29 giugno 2018, HF/Parlamento (T‑218/17, EU:T:2018:393), il Tribunale ha persino dichiarato insufficiente il fatto che l’amministrazione abbia sentito la ricorrente sui motivi giustificativi del rigetto della domanda senza averle dato accesso alla relazione del comitato consultivo in materia di molestie sul luogo di lavoro e relativa prevenzione.


33      V., altresì, in questo senso, sentenza del Tribunale del 29 giugno 2018, HF/Parlamento (T‑218/17, EU:T:2018:393, punto 69).


34      V. punto 54 della sentenza impugnata.


35      V. sentenze del Tribunale della funzione pubblica del 23 ottobre 2013, BQ/Corte dei conti (F‑39/12, EU:F:2013:158, punto 72) e del 16 dicembre 2015, De Loecker/SEAE (F‑34/15, EU:F:2015:153, punto 43); v. ormai anche sentenza del 29 giugno 2018, HF/Parlamento (T‑218/17, EU:T:2018:393, punto 64).


36      Sentenza del Tribunale della funzione pubblica del 23 settembre 2015, Cerafogli/BCE (T‑114/13 P, EU:T:2015:678, punto 45). In tale causa, la ricorrente aveva tuttavia avuto accesso al progetto di relazione del comitato d’inchiesta che riassumeva le dichiarazioni dei testimoni.


37      Sentenze del Tribunale del 13 dicembre 2012, Donati/BCE (F‑63/09, EU:F:2012:193, punto 187), e del 10 luglio 2014, CG/BEI (F‑103/11, EU:F:2014:185, punto 157); v. ormai anche sentenza del Tribunale del 29 giugno 2018, HF/Parlamento (T‑218/17, EU:T:2018:393, punti da 97 a101).


38      Sentenza del Tribunale della funzione pubblica del 13 dicembre 2012, Donati/BCE (F‑63/09, EU:F:2012:193, punto 187).


39      Sentenza del Tribunale della funzione pubblica dell’11 luglio 2013, Tzirani/Commissione (F‑46/11, EU:F:2013:115, punto 125).


40      In tale logica, la Corte ha confermato una sentenza in cui il Tribunale ha dichiarato giustificato il fatto che un comitato d’inchiesta si astenesse dalla convocazione di testimoni che non avevano assistito, né interamente né parzialmente, all’incidente controverso, v. ordinanza del 16 ottobre 1997, Dimitriadis/Corte dei conti (C‑140/96 P, EU:C:1997:493, punto 38).


41      V. altresì sentenza del Tribunale della funzione pubblica dell’11 novembre 2014, De Nicola/BEI (F‑52/11, EU:F:2014:243, punto 143).


42      V., in questo senso, sentenza del Tribunale del 10 maggio 2005, Piro/Commissione (T‑193/03, EU:T:2005:164, punto 78).


43      Sentenza del 20 maggio 2010, Gogos/Commissione (C‑583/08 P, EU:C:2010:287, punto 56).


44      La ragionevolezza dev’essere valutata in ciascun caso di specie in relazione alle circostanze della controversia, v. sentenze del 15 ottobre 2002, Limburgse Vinyl Maatschappij e a./Commissione (C‑238/99 P, C‑244/99 P, C‑245/99 P, C‑247/99 P, da C‑250/99 P a C‑252/99 P e C‑254/99 P, EU:C:2002:582, punti da 229 a 235), e del 28 febbraio 2013, Riesame Arango Jaramillo e a./BEI (C‑334/12 RX-II, EU:C:2013:134, punti 28 e 29).


45      Il Tribunale della funzione pubblica non ha esaminato tale illecito sotto il profilo di una violazione dell’articolo 7 della Carta in maniera esplicita ma ha riconosciuto che esso aveva causato un danno morale alla ricorrente; v. sentenza del 10 luglio 2014, CG/BEI (F‑103/11, EU:F:2014:185, punto 151).


46      V. sentenza del 7 febbraio 1990, Culin/Commissione (C‑343/87, EU:C:1990:49, punti da 27 a 29).


47      Corte EDU, 29 giugno 2004, Chauvy e a./Francia (CE:ECHR:2004:0629JUD006491501, § 70), e Corte EDU, 15 novembre 2007, Pfeifer/Austria (CE:ECHR:2007:1115JUD001255603, § 35).


48      Corte EDU, 9 aprile 2009, A./Norvegia (CE:ECHR:2009:0409JUD002807006, § 64).


49      La dichiarazione dev’essere tale da causare un pregiudizio alla vita privata della persona interessata, v. Corte EDU, 9 aprile 2009, A./Norvegia (CE:ECHR:2009:0409JUD002807006, § 64), Corte EDU, 10 luglio 2014, Axel Springer AG/Germania (CE:ECHR:2012:0207JUD003995408, § 83), e Corte EDU, 16 luglio 2015, Delphi AS/Estonia (CE:ECHR:2015:0616JUD006456909, § 137).


50      In una sentenza del 4 ottobre 2007, Sanchez Cardenas/Norvegia (CE:ECHR:2007:1004JUD001214803, § 37), la Corte EDU ha tenuto conto del fatto che la dichiarazione in questione, nella fattispecie espressa da un giudice nell’ambito di una sentenza, era priva di pertinenza ai fini della soluzione della controversia.


51      V., in questo senso, sentenze del 14 febbraio 1990, Francia/Commissione (C‑301/87, EU:C:1990:67, punto 31); del 1o ottobre 2009, Foshan Shunde Yongjian Housewares & Hardware/Consiglio (C‑141/08 P, EU:C:2009:598, punto 94); del 6 settembre 2012, Storck/UAMI (C‑96/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:537, punto 80); del 10 settembre 2013, G. e R. (C‑383/13 PPU, EU:C:2013:533, punto 38), nonché del 3 luglio 2014, Kamino International Logistics e Datema Hellmann Worldwide Logistics (C‑129/13 et C‑130/13, EU:C:2014:2041, punto 79).


52      Sulla possibilità che la Corte statuisca definitivamente su talune parti della controversia e rinvii la causa dinanzi al Tribunale per il resto, v. sentenza del 14 maggio 1998, Consiglio/de Nil e Impens (C‑259/96 P, EU:C:1998:224).


53      V. paragrafi 83 e segg. delle presenti conclusioni.