Language of document : ECLI:EU:C:2015:93

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 12 febbraio 2015 (1)

Causa C‑106/14

Fédération des entreprises du commerce et de la distribution (FCD)

e

Fédération des magasins de bricolage et de l’aménagement de la maison (FMB)

contro

Ministre de l’Écologie, du Développement durable et de l’Énergie

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Francia)]

«Regolamento (CE) n. 1907/2006 (regolamento REACH) – Registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche (REACH) – Nozione di articolo – Articolo composto da più articoli – Obblighi di comunicare informazioni in caso di uso di sostanze estremamente problematiche – Identificazione della concentrazione – Produzione, importazione e fornitura»





I –    Introduzione

1.        Nel caso in cui un articolo contenga oltre lo 0,1% di una sostanza estremamente problematica, il regolamento REACH (2) prevede taluni obblighi di comunicare informazioni all’Agenzia europea per le sostanze chimiche (in prosieguo: l’«ECHA») e ai destinatari e consumatori dell’articolo.

2.        Diversi Stati membri e la Commissione europea discutono sulle modalità di calcolo del limite di concentrazione nel caso in cui un articolo sia composto da più componenti che costituiscono, a loro volta, articoli. La Commissione, con il sostegno della maggior parte degli Stati membri, ritiene in particolare che la percentuale di sostanza preoccupante deve essere calcolata rispetto all’articolo assemblato. Alcuni Stati membri – la maggior parte degli intervenienti nel presente procedimento – ritengono invece che sia sufficiente che la percentuale sia raggiunta nei singoli componenti. In tal caso, gli obblighi di comunicare informazioni insorgerebbero molto più di frequente.

3.        La presente controversia assume evidentemente un significato importante per la libera circolazione dei prodotti in quanto può comportare che essi siano soggetti a requisiti diversi nei differenti Stati membri. Si rende pertanto necessario un chiarimento da parte della Corte.

II – Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione

1.      Il regolamento REACH

4.        È necessario ricordare i seguenti considerando del regolamento REACH:

«(1)      Il presente regolamento dovrebbe assicurare un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente, nonché la libera circolazione delle sostanze in quanto tali o in quanto componenti di preparati e articoli, rafforzando nel contempo la competitività e l’innovazione. Il presente regolamento dovrebbe inoltre promuovere lo sviluppo di metodi alternativi per la valutazione dei pericoli che le sostanze comportano.

(…)

(3)      Nell’attuare il ravvicinamento delle legislazioni riguardanti le sostanze occorrerebbe assicurare un elevato grado di protezione della salute umana e di tutela dell’ambiente, al fine di pervenire ad uno sviluppo sostenibile. Tali legislazioni dovrebbero essere applicate in modo non discriminatorio, sia che gli scambi commerciali delle sostanze avvengano nel mercato interno, sia che abbiano luogo a livello internazionale, in conformità agli impegni internazionali della Comunità.

(…)

(29)      Poiché i fabbricanti e gli importatori di articoli dovrebbero essere responsabili dei loro articoli, è opportuno imporre un obbligo di registrazione per le sostanze che sono destinate a essere rilasciate da articoli e che non sono state registrate per tale uso. Nel caso di sostanze estremamente problematiche che sono presenti in articoli in quantitativi o concentrazioni superiori ai limiti previsti, qualora l’esposizione alla sostanza non possa essere esclusa e qualora la sostanza non sia stata registrata da una persona per tale uso, è opportuno che l’Agenzia ne sia informata. È inoltre opportuno che essa abbia la facoltà di esigere la presentazione di una registrazione se ha motivo di sospettare che il fatto che il rilascio di una sostanza dall’articolo possa presentare un rischio per la salute umana o l’ambiente e che la sostanza sia presente in tali articoli in quantitativi superiori ad 1 tonnellata all’anno per produttore o importatore. L’Agenzia dovrebbe esaminare la possibilità di imporre una restrizione se ritiene che l’uso di tali sostanze in articoli presenti un rischio per la salute umana o per l’ambiente che non è adeguatamente controllato.

(…)

(56)      La gestione dei rischi delle sostanze implica per i fabbricanti o gli importatori la comunicazione di informazioni sulle medesime ad altri operatori quali gli utilizzatori a valle o i distributori. Inoltre, i produttori o gli importatori di articoli dovrebbero fornire informazioni sull’uso sicuro di articoli agli utilizzatori industriali e professionali e ai consumatori su richiesta. Tale importante obbligo dovrebbe applicarsi altresì a tutta la catena di approvvigionamento, per consentire a tutti gli attori di assolvere i loro obblighi per quanto concerne la gestione dei rischi derivanti dall’uso delle sostanze.

(…)

(117) I cittadini dell’Unione europea dovrebbero avere accesso alle informazioni riguardanti le sostanze chimiche a cui possono essere esposti, per poter decidere con cognizione di causa dell’uso di tali sostanze. (…)

(…)».

5.        L’articolo 1 del regolamento REACH definisce le sue finalità e la sua portata:

«1.      Il presente regolamento ha lo scopo di assicurare un elevato livello di protezione della salute umana e dell’ambiente inclusa la promozione di metodi alternativi per la valutazione dei pericoli che le sostanze comportano, nonché la libera circolazione di sostanze nel mercato interno rafforzando nel contempo la competitività e l’innovazione.

(…)

3.      Il presente regolamento si basa sul principio che ai fabbricanti, agli importatori e agli utilizzatori a valle spetta l’obbligo di fabbricare, immettere sul mercato o utilizzare sostanze che non arrecano danno alla salute umana o all’ambiente. Le sue disposizioni si fondano sul principio di precauzione».

6.        L’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento REACH contiene una disposizione che disciplina quando un articolo non è più considerato tale:

«I rifiuti (…) non sono considerati né sostanze, né preparati, né articoli a norma dell’articolo 3 del presente regolamento».

7.        L’articolo 3 del regolamento REACH definisce diverse nozioni che assumono rilievo nel caso di specie:

«3)      articolo: un oggetto a cui sono dati durante la produzione una forma, una superficie o un disegno particolari che ne determinano la funzione in misura maggiore della sua composizione chimica;

4)      produttore di un articolo: ogni persona fisica o giuridica che fabbrica o assembla un articolo all’interno della Comunità;

(…)

11)      importatore: ogni persona fisica o giuridica stabilita nella Comunità responsabile dell’importazione;

12)      immissione sul mercato: l’offerta o la messa a disposizione di terzi, contro pagamento o gratuita. (…);

(…)

33)      fornitore di un articolo: ogni produttore o importatore di un articolo, distributore o altro attore della catena di approvvigionamento che immette un articolo sul mercato;

(…)».

8.        L’articolo 7 del regolamento REACH prevede determinati obblighi di comunicare all’ECHA informazioni sui prodotti:

«2.      Ogni produttore o importatore di articoli notifica all’Agenzia (…) se una sostanza soddisfa i criteri di cui all’articolo 57 ed è identificata a norma dell’articolo 59, paragrafo 1, se sono soddisfatte le due seguenti condizioni:

a)      la sostanza è contenuta in tali articoli in quantitativi complessivamente superiori ad 1 tonnellata all’anno per produttore o importatore;

b)      la sostanza è contenuta in tali articoli in concentrazione superiore allo 0,1% in peso/peso.

3.      Il paragrafo 2 non si applica se il produttore o l’importatore può escludere l’esposizione di persone o dell’ambiente in condizioni d’uso normali o ragionevolmente prevedibili, anche in fase di smaltimento. In tali casi il produttore o l’importatore fornisce istruzioni adeguate al destinatario dell’articolo.

(…)

5.      L’Agenzia può assumere decisioni che prescrivono ai produttori o agli importatori di articoli di presentare una registrazione, a norma del presente titolo, per ogni sostanza contenuta in tali articoli, se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a)      la sostanza è contenuta in tali articoli in quantitativi complessivamente superiori a 1 tonnellata all’anno per produttore o importatore;

b)      l’Agenzia ha motivo di sospettare che:

i)      la sostanza sia rilasciata dagli articoli; e

ii)      il rilascio della sostanza dagli articoli presenti un rischio per la salute umana o per l’ambiente;

c)      la sostanza non è soggetta al paragrafo 1.

La domanda di registrazione è accompagnata dal pagamento della tariffa richiesta a norma del titolo IX.

6.      I paragrafi da 1 a 5 non si applicano alle sostanze che sono già state registrate per tale uso.

(…)».

9.        L’articolo 33 del regolamento REACH specifica gli obblighi di comunicare informazioni ai destinatari e ai consumatori collegati a prodotti:

«1.      Il fornitore di un articolo contenente una sostanza che risponde ai criteri di cui all’articolo 57 ed è stata identificata a norma dell’articolo 59, paragrafo 1, in concentrazioni superiori allo 0,1% in peso/peso fornisce al destinatario dell’articolo informazioni, in possesso del fornitore, sufficienti a consentire la sicurezza d’uso dell’articolo e comprendenti, quanto meno, il nome della sostanza.

2.      Su richiesta di un consumatore, il fornitore di un articolo contenente una sostanza che risponde ai criteri di cui all’articolo 57 ed è stata identificata a norma dell’articolo 59, paragrafo 1, in concentrazioni superiori allo 0,1% in peso/peso fornisce al consumatore informazioni, in possesso del fornitore, sufficienti a consentire la sicurezza d’uso dell’articolo e comprendenti, quanto meno, il nome della sostanza.

Le informazioni in questione sono comunicate gratuitamente entro 45 giorni dal ricevimento della richiesta».

10.      Gli obiettivi delle disposizioni sulle sostanze estremamente problematiche sono illustrati all’articolo 55 del regolamento REACH:

«Il presente titolo ha lo scopo di garantire il buon funzionamento del mercato interno, assicurando nel contempo che i rischi che presentano le sostanze estremamente problematiche siano adeguatamente controllati e che queste sostanze siano progressivamente sostituite da idonee sostanze o tecnologie alternative, ove queste siano economicamente e tecnicamente valide. A tale fine, tutti i fabbricanti, importatori e utilizzatori a valle che richiedono autorizzazioni analizzano la disponibilità di alternative e ne considerano i rischi ed esaminano la fattibilità tecnica ed economica di una sostituzione».

11.      Le sostanze estremamente problematiche sono definite nell’articolo 57 del regolamento REACH:

«Le sostanze seguenti possono essere incluse nell’allegato XIV secondo la procedura di cui all’articolo 58:

a)      le sostanze che rispondono ai criteri di classificazione nella classe di pericolo cancerogenicità, categoria 1A o 1B, di cui al punto 3.6 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008;

b)      le sostanze che rispondono ai criteri di classificazione nella classe di pericolo mutagenicità sulle cellule germinali, categoria 1A o 1B, di cui al punto 3.5 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008;

c)      le sostanze che rispondono ai criteri di classificazione nella classe di pericolo tossicità per la riproduzione, categoria 1A o 1B, effetti nocivi sulla funzione sessuale e la fertilità o sullo sviluppo di cui al punto 3.7 dell’allegato I del regolamento (CE) n. 1272/2008;

d)      le sostanze che sono persistenti, bioaccumulabili e tossiche, secondo i criteri di cui all’allegato XIII del presente regolamento;

e)      le sostanze che sono molto persistenti e molto bioaccumulabili, secondo i criteri di cui all’allegato XIII del presente regolamento;

f)      le sostanze come quelle aventi proprietà che perturbano il sistema endocrino o quelle aventi proprietà persistenti, bioaccumulabili e tossiche o molto persistenti e molto bioaccumulabili, che non rispondono ai criteri di cui alle lettere d) o e), per le quali è scientificamente comprovata la probabilità di effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente che danno adito ad un livello di preoccupazione equivalente a quella suscitata dalle altre sostanze di cui alle lettere da a) a e), e che sono identificate in base ad una valutazione caso per caso secondo la procedura di cui all’articolo 59».

12.      Nell’articolo 59 del regolamento REACH è illustrata la procedura in base alla quale l’ECHA può includere le sostanze che presentano le caratteristiche dell’articolo 57 nel cosiddetto «elenco delle sostanze candidate» per l’introduzione dell’obbligo di autorizzazione.

2.      Guida dell’Agenzia per le sostanze chimiche

13.      La questione controversa è affrontata nella «Guida dell’Agenzia per le sostanze chimiche alle prescrizioni in materia di sostanze contenute in articoli (Versione: 2) del 1° aprile 2011» (3). La suddetta guida indica, nella sezione 4.4, che la concentrazione delle sostanze estremamente problematiche, nel caso di articoli assemblati, deve essere determinata rispetto all’intero articolo:

«Una SVHC inclusa nell’elenco delle sostanze candidate può essere contenuta a concentrazioni differenti in componenti diversi dello stesso articolo, per esempio una concentrazione nello chassis di un computer portatile e un’altra concentrazione nel trasformatore. Perché possano essere applicati gli obblighi secondo l’articolo 7, paragrafo 2, e 33, la concentrazione di questa sostanza SVHC deve superare lo 0,1% (p/p) nell’intero articolo (…)».

B –    Il diritto francese

14.      Il procedimento principale riguarda la validità dell’«avviso agli operatori economici dell’obbligo di comunicare informazioni sulle sostanze presenti negli articoli di cui agli articoli 7, paragrafo 2, e 33 del regolamento (CE) n. 1907/2006 (REACH) – Interpretazione della soglia dello 0,1% (peso/peso) citata dagli articoli 7, paragrafo 2, e 33» (in prosieguo: l’«avviso del Ministro»), emanato l’8 giugno 2011 dal ministre de l’écologie, du développement durable, des transports et du logement (Ministro francese dell’Ecologia, dello Sviluppo sostenibile, dei Trasporti e dell’Edilizia sociale).

15.      In base alle informazioni del giudice del rinvio ivi si afferma quanto segue:

«Con riferimento alla pubblicazione del 1° aprile 2011, sul sito dell’Agenzia europea dei prodotti chimici (…) della guida riveduta concernente l’applicazione del regolamento Reach alle sostanze contenute negli articoli, e più precisamente alla nota del direttore esecutivo allegata a tale guida che segnala che essa non è stata oggetto di consenso da parte di tutti gli Stati membri dell’Unione europea/Spazio economico europeo, le Autorità francesi con il presente avviso informano gli operatori economici dell’interpretazione adottata in Francia ai fini dell’applicazione degli articoli 7.2 e 33 del regolamento Reach. Esse precisano che la nozione di articolo si intende come relativa ad ogni oggetto rispondente alla definizione di articolo ai sensi del Reach, vale a dire “a cui sono dati durante la produzione una forma, una superficie o un disegno particolari che ne determinano la funzione in misura maggiore della sua composizione chimica” (articolo 3.3). Pertanto, un articolo può essere composto da uno o più oggetti rispondenti alla definizione di articolo, e le disposizioni previste dagli articoli 7.2 e 33 si applicano allora a ciascuno di essi».

III – Procedimento principale e domanda di pronuncia pregiudiziale

16.      Nel procedimento principale due federazioni francesi di società commerciali si oppongono all’avviso del Ministro. Il Conseil d’État (Consiglio di Stato) francese, chiamato a pronunciarsi sulla controversia, sottopone alla Corte la seguente questione:

Se gli obblighi derivanti dal paragrafo 2 dell’articolo 7 e dall’articolo 33 del regolamento n. 1907/2006 (Reach) si applichino, qualora un «articolo» ai sensi di tale regolamento sia composto da più elementi rispondenti a loro volta alla definizione di «articolo» ivi contenuta, solamente nei confronti dell’articolo assemblato o nei confronti di ciascuno degli elementi che risponde alla definizione di «articolo».

17.      Hanno presentato osservazioni scritte la Fédération des entreprises du commerce et de la distribution (federazione delle società del commercio e della distribuzione) insieme alla Fédération des magasins de bricolage et de l’aménagement de la maison (Federazione dei negozi di hobbistica e di arredamento) (in prosieguo: la «FCD» e la «FMB»), la Repubblica francese, il Regno del Belgio, il Regno di Danimarca, la Repubblica federale di Germania, l’Irlanda, la Repubblica ellenica, la Repubblica d’Austria, il Regno di Svezia, il Regno di Norvegia e la Commissione europea. Ad esclusione della Grecia e dell’Austria, tali parti hanno anche presenziato all’udienza dell’8 gennaio 2015.

IV – Analisi

18.      Per una maggiore comprensione della domanda di pronuncia pregiudiziale è opportuno anzitutto inquadrare la questione pregiudiziale nel contesto normativo del regolamento REACH (v., sul punto, infra sub A). In seguito devono essere analizzate la nozione di articolo (v., sul punto, infra sub B), gli obblighi di notifica all’ECHA dei produttori e degli importatori ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, (v., sul punto, infra sub C, punti 1 e 2) e gli obblighi dei fornitori di comunicare informazioni ai destinatari e ai consumatori ai sensi dell’articolo 33 (v. infra sub C, punto 3).

A –    Sul contesto normativo della questione pregiudiziale

19.      La questione pregiudiziale si collega alle disposizioni del regolamento REACH sulle cosiddette «sostanze estremamente problematiche», le cui caratteristiche sono definite all’articolo 57. Le sostanze in parola mettono a rischio la salute poiché provocano il cancro, modificano il patrimonio genetico o pregiudicano la riproduzione [articolo 57, lettere a), b), e c)]. Esse possono anche ledere l’ambiente in quanto persistenti, bioaccumulabili e tossiche oppure molto persistenti e molto bioaccumulabili [articolo 57, lettere d) ed e)]. Caso per caso sono sufficienti anche caratteristiche equivalenti [articolo 57, lettera f)].

20.      Mediante decisione della Commissione, adottata a seguito di una procedura di comitatologia, tali sostanze possono essere incluse nell’allegato XIV del regolamento REACH che, a seguito della più recente modifica (4), comprende 31 sostanze (5). A norma dell’articolo 56 l’uso delle sostanze incluse in tale elenco necessita di norma di un’autorizzazione che la Commissione rilascia ai sensi degli articoli da 60 a 64.

21.      Le disposizioni da esaminare nella fattispecie riguardano tuttavia già sostanze inserite in un cosiddetto elenco delle sostanze candidate ai fini dell’inclusione nell’allegato. L’ECHA può identificare tali sostanze mediante la procedura indicata nell’articolo 59 quando esse presentano le caratteristiche di sostanze estremamente problematiche. Tra le sostanze dell’elenco delle sostanze candidate vengono scelte quelle la cui inclusione nell’allegato XIV deve essere esaminata più nel dettaglio. A fronte di una domanda in tal senso, le parti hanno inoltre dichiarato concordemente in udienza che le suddette sostanze candidate continuano a restare inserite nell’elenco delle sostanze candidate anche dopo l’inclusione nell’allegato XIV.

22.      Nell’elenco delle sostanze candidate si trovavano da ultimo 155 sostanze (6). È possibile che ci siano altre sostanze con le caratteristiche in parola (7), ma fintantoché esse non sono incluse nell’elenco delle sostanze candidate non sono interessate dalla presente questione (8).

23.      A norma dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH, ogni produttore o importatore di articoli informa l’ECHA se tali articoli contengono una sostanza dell’elenco delle sostanze candidate in quantitativi complessivamente superiori ad 1 tonnellata all’anno per produttore o importatore o in concentrazione superiore allo 0,1% in peso/peso.

24.      L’articolo 33, paragrafo 1, del regolamento REACH prevede inoltre che il fornitore di un articolo contenente una sostanza candidata in concentrazioni superiori allo 0,1% in peso/peso fornisce al destinatario dell’articolo le informazioni in suo possesso, sufficienti a consentire la sicurezza d’uso dell’articolo e comprendenti, quanto meno, il nome della sostanza. A norma del paragrafo 2, il fornitore fornisce le stesse informazioni ai consumatori, su loro richiesta.

25.      La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda l’applicazione del limite di concentrazione dello 0,1% in peso/peso nell’articolo. Nel caso di articoli composti a loro volta da più articoli, occorre chiarire se il limite in parola debba essere applicato all’intero articolo o alle rispettive parti di articolo.

26.      Numerosi Stati membri illustrano la questione ricorrendo all’esempio di una bicicletta le cui impugnature del manubrio in plastica contengono plastificanti inseriti nell’elenco delle sostanze candidate per sostanze estremamente problematiche. È possibile che la percentuale limite sia raggiunta per le impugnature del manubrio in quanto tali, ma verosimilmente non rispetto all’intera bicicletta. Altri esempi sono i sedili la cui fodera contiene sostanze candidate o gli interi aeroplani in cui tali sedili siano stati montati.

B –    Sulla nozione di articolo ai sensi dell’articolo 3, punto 3, del regolamento REACH

27.      La maggior parte degli Stati membri coinvolti si fonda sulla definizione di cui all’articolo 3, punto 3, del regolamento REACH. In base a tale disposizione per «articolo» si intende un oggetto a cui sono dati durante la produzione una forma, una superficie o un disegno particolari che ne determinano la funzione in misura maggiore della sua composizione chimica.

28.      Diversamente da quanto indicato dall’Irlanda, la funzione non deve avere natura autonoma, ovvero competere all’oggetto a prescindere da altri oggetti. Nel tenore letterale non si rinviene alcun elemento in tal senso e, così facendo, si limiterebbe eccessivamente la portata della nozione di articolo. Molti oggetti possono infatti esplicare la loro funzione solo combinati con altri oggetti, sostanze o miscele. Accanto alle citate impugnature del manubrio e fodere dei sedili, andrebbero citate le viti. Gli oggetti in parola vengono comunque immessi in commercio affinché altri possano utilizzarli per produrre articoli più complessi, ad esempio biciclette, sedili o aeroplani.

29.      Un lingotto di piombo o il granulato plastico (9) non sono invece articoli ma sostanze, ovvero elementi chimici e i loro composti ai sensi dell’articolo 3, punto 1, del regolamento REACH. La loro funzione non è determinata in misura maggiore dalla loro forma, superficie o disegno particolari, ma dalla loro composizione chimica. Ai sensi dell’articolo 3, punto 2, esistono inoltre anche miscele di diverse sostanze, quali, ad esempio, i colori liquidi o le pitture.

30.      Per completezza, si osserva che gli obblighi di notifica all’ECHA (articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH) e di comunicare informazioni ai destinatari e ai consumatori (articolo 33) che devono essere qui esaminati non si applicano, ai sensi dell’articolo 2, paragrafi 5 e 6, ai prodotti alimentari.

31.      Dalla definizione non si può desumere che una parte di articolo cessi di essere un articolo quando è combinata con altre parti di articolo al fine di formare un intero articolo.

32.      Come sottolineano, ad esempio, il Belgio e la Norvegia, solo l’articolo 2, paragrafo 2, del regolamento REACH disciplina espressamente quando gli articoli non possono più essere considerati tali, vale a dire quando diventano un rifiuto ai sensi del diritto dell’Unione.

33.      Diversamente da quanto sostenuto dall’Irlanda, una parte di articolo non perde necessariamente la sua funzione neppure quando è assemblata nell’intero articolo. Come già osservato, una parte di articolo realizza spesso le sue funzioni soltanto attraverso l’assemblaggio in un intero articolo. La funzione della citata impugnatura del manubrio consiste così nell’essere impiegata come componente di una bicicletta.

34.      Tuttavia una parte di articolo può, con l’assemblaggio, conseguire una forma, una superficie o un disegno particolari che modificano la sua funzione. Si pensi ai tessuti che potrebbero essere impiegati per realizzare articoli diversi. Tale potenziale di impiego viene notevolmente limitato quando – come nell’esempio belga – il tessuto è trasformato nella fodera di un sedile. Tuttavia, anche una parte di articolo così limitata nella sua funzione, mantiene di norma una funzione autonoma che la distingue da altre parti di articolo impiegate per realizzare l’intero articolo. Una fodera di un sedile ha una funzione diversa dalle altre parti di articolo utilizzate, quali l’imbottitura, le piume eventualmente impiegate e la struttura del sedile.

35.      Solo quando un articolo, con l’assemblaggio all’interno dell’intero articolo, perde ogni forma, superficie o disegno particolari propri, che ne determinano la funzione in misura maggiore della sua composizione chimica, non è più possibile identificare una parte di articolo. Dal punto di vista pratico tali casi dovrebbero avere tuttavia scarsa rilevanza. Qualora vi siano esempi in tal senso occorre valutare se originariamente si trattava di articoli e non di sostanze.

36.      Una parte di articolo, fintantoché mantiene, malgrado l’assemblaggio in un intero articolo, una propria forma, superficie o disegno particolari che ne determinano la funzione in misura maggiore della sua composizione chimica, deve quindi continuare a essere considerata come un articolo. La nozione di articolo in quanto tale indica quindi che, nel calcolare la concentrazione di determinate sostanze, occorre far riferimento alla parte di articolo piuttosto che all’intero articolo.

C –    Sul collegamento con gli obblighi di informazione ai sensi degli articoli 7, paragrafo 2, e 33 del regolamento REACH

37.      La definizione di articolo trova tuttavia applicazione in collegamento con obblighi specifici che riguardano i produttori o gli importatori (articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH) o i fornitori di un articolo (articolo 33).

38.      La Commissione sostiene che tali persone fabbricano, importano o forniscono non parti di articolo, ma il rispettivo intero articolo. Anche la concentrazione delle sostanze candidate dovrebbe quindi essere valutata con riferimento ad esso.

39.      In base all’avviso francese, impugnato nel procedimento principale, e secondo l’opinione di molti altri Stati membri la percentuale limite deve invece essere calcolata rispetto alle singole parti di articolo.

40.      Tale diversità di opinioni deve tuttavia essere analizzata separatamente rispetto al produttore, all’importatore e al fornitore di articoli.

1.      Sul produttore di articoli ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH

41.      L’obbligo di notifica all’ECHA ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH riguarda anzitutto il produttore di articoli. A norma dell’articolo 3, punto 4, il produttore di un articolo è ogni persona fisica o giuridica che fabbrica o assembla un articolo all’interno dell’Unione europea.

42.      Quando un produttore fabbrica o assembla un intero articolo combinando parti di articolo diverse, ciò non significa che esso abbia prodotto o assemblato anche tali parti di articolo. In un’economia caratterizzata dalla suddivisione del lavoro è molto più probabile che il produttore di un intero articolo acquisti, in parte o interamente, le componenti necessarie da altri produttori. Lo chiariscono perfettamente gli esempi citati – biciclette, sedili, aerei e auto.

43.      Non sarebbe però compatibile con il significato letterale della nozione di «produttore» imputare al produttore di un intero articolo anche la produzione delle parti di articolo da lui utilizzate nella misura in cui queste ultime sono state effettivamente prodotte o assemblate da altri produttori. Egli può essere il produttore delle parti di articolo solo se le ha esso stesso prodotte o assemblate (mediante altri parti di articolo).

44.      Di conseguenza, il produttore di un intero articolo, composto da parti di articolo, che nonostante il loro assemblaggio in un intero articolo mantengono una propria forma, superficie o disegno particolari, ma che sono state prodotte o assemblate da altri produttori, è soggetto all’obbligo di notifica all’ECHA se l’intero articolo contiene una sostanza che risponde ai criteri di cui all’articolo 57 ed è stata identificata a norma dell’articolo 59, paragrafo 1, in concentrazioni superiori allo 0,1% in peso/peso.

45.      Contro l’opinione, ad esempio, di Francia e Germania, non è tuttavia necessario obbligare il produttore alla notifica delle sostanze candidate presenti nelle parti di articolo impiegate. Come anche altre parti riconoscono, l’ECHA ottiene infatti tali informazioni senza che venga chiamato in causa il produttore dell’intero articolo. Se esse sono prodotte all’interno dell’Unione o vengono importate nell’Unione, l’obbligo di comunicare informazioni grava infatti sul produttore o, come vedremo, sull’importatore delle parti di articolo.

2.      Sull’importatore degli articoli ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH

46.      In secondo luogo, a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH, l’obbligo di notifica all’ECHA sussiste in capo all’importatore degli articoli.

47.      A norma dell’articolo 3, punto 11, del regolamento REACH, l’importatore è ogni persona fisica o giuridica stabilita nell’Unione europea responsabile dell’importazione, vale a dire dell’introduzione fisica nel territorio doganale dell’Unione (articolo 3, punto 10).

48.      In base al tenore letterale della definizione in parola, l’importatore di un intero articolo, composto da parti di articolo, che nonostante il loro assemblaggio in un intero articolo mantengono una propria forma, superficie o disegno particolare, è anche importatore delle parti di articolo. Quale altra persona fisica o giuridica dovrebbe essere responsabile dell’introduzione fisica delle suddetti parti di articolo nel territorio doganale dell’Unione.

49.      Anche l’interpretazione elaborata supra della nozione di produttore depone nel senso di vedere nell’importatore di un intero articolo anche l’importatore delle parti di articolo ivi contenute. In tale interpretazione infatti le nozioni di produttore e di importatore si integrano l’un l’altra e assicurano che l’ECHA riceva informazioni complete. Quest’ultima riceverebbe le informazioni necessarie sull’uso di sostanze inserite nell’elenco delle sostanze candidate all’interno di parti di articolo dagli effettivi produttori delle parti di articolo nell’Unione o dagli importatori, che si tratti degli importatori delle parti di articolo o degli importatori dell’intero articolo contenente parti di articolo.

50.      Le eccezioni sollevate dalla Commissione, dalla FCD e dalla FMB nonché da Irlanda e Grecia non sono d’altronde convincenti.

a)      Sulla mancanza di una disciplina chiara

51.      La Commissione sostiene che il legislatore, se avesse voluto introdurre un obbligo di notifica a carico dell’importatore rispetto alle parti di articolo, l’avrebbe previsto in modo più chiaro nell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH. Ciò risulterebbe, ad esempio, dalle restrizioni previste in base all’allegato XVII, punto 23 e punti da 5 a 7 e all’allegato XVII, punto 61, dove sono ugualmente previsti limiti di concentrazione che si applicano espressamente ad articoli «o componenti» di essi. Nel corso dell’iter legislativo sarebbero state persino presentate diverse proposte per una formulazione corrispondente (10), che non avrebbero però trovato accoglimento.

52.      La Danimarca e la Germania osservano tuttavia correttamente che il parallelo con l’allegato XVII non è convincente. Quantomeno le restrizioni per il cadmio di cui al punto 23 sono state recepite dalla direttiva 76/769/CEE (11) nella quale non si fa ricorso alla nozione di articolo. L’inclusione dei componenti necessiterebbe pertanto di un’espressa disciplina. Il fatto che il legislatore in successive integrazioni dell’allegato XVII, come ad esempio nel caso delle restrizioni per il dimetilfumarato al punto 61, si sia orientato verso tale prassi normativa, non ha un particolare significato ai fini dell’interpretazione di disposizioni del regolamento REACH che non sono immediatamente collegate con tale allegato.

53.      I rimandi alle proposte presentate nel corso dell’iter normativo attestano che l’inserimento delle parti di articolo avrebbe potuto essere disciplinata in modo più chiaro nell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH. Tuttavia, un tale inserimento non è stato neppure escluso. La mancanza di una disciplina precisa può quindi anche significare che le proposte di precisazione sono state reputate superflue o che non poteva essere raggiunto un accordo su una delle due possibili varianti interpretative. Anche questo argomento non impone pertanto di interpretare la nozione di importatore in modo così restrittivo come propone la Commissione.

b)      Sulla certezza del diritto

54.      Detta conclusione non può essere rimessa in discussione neppure dal richiamo dell’Irlanda alla certezza del diritto. Secondo il principio generale della certezza del diritto, che costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione una normativa deve essere segnatamente chiara e precisa, affinché i singoli possano conoscere senza ambiguità i propri diritti e obblighi e regolarsi di conseguenza (12).

55.      Il principio della certezza del diritto non esige però che una norma sia immune da qualsiasi dubbio interpretativo. Piuttosto, occorre stabilire se l’atto giuridico di cui trattasi sia viziato da un’ambiguità tale da rendere impossibile dissipare, con sufficiente certezza, eventuali dubbi quanto alla portata o al senso della disposizione (13). Ciò però è possibile nel caso di specie e non è messo in discussione neppure dall’Irlanda.

56.      Non è invece chiaro per quale ragione, in base al principio della certezza del diritto, si dovrebbe privilegiare una delle due possibili varianti interpretative dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH rispetto all’importatore.

57.      Interpreto l’argomento succitato piuttosto nel senso che le difficoltà connesse all’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH potrebbero essere eliminate ove si riconoscesse alla guida dell’ECHA effetto vincolante. Occorre quindi esaminare immediatamente tale aspetto.

c)      Sulla guida dell’ECHA

58.      L’avviso francese controverso nel procedimento principale e l’opinione dei più tra gli Stati membri coinvolti si pone infatti in contrasto con la guida che l’ECHA ha pubblicato con il consenso della maggior parte degli Stati membri (14). In base a tale guida occorre fare riferimento alla concentrazione nell’intero articolo.

59.      Come altre guide dell’ECHA, anche questo testo è utile per comprendere le disposizioni applicabili, in particolare nella misura in cui documenta il parere unanime della Commissione e degli Stati membri. In base all’articolo 77, paragrafo 2, lettera g), il segretariato dell’ECHA ha anche il compito di fornire orientamenti tecnici e scientifici per l’applicazione dell’articolo 7 da parte dei produttori e degli importatori di articoli. L’articolo 77, paragrafo 2, lettera k), prevede inoltre la preparazione di informazioni esplicative sul regolamento. Tuttavia un orientamento non può fornire un’interpretazione vincolante delle disposizioni di diritto dell’Unione (15).

60.      Tale conclusione non è messa in discussione neppure dall’ampio margine di discrezionalità, sottolineato dalla Grecia, riconosciuto agli organi dell’Unione nella valutazione di questioni complesse sotto il profilo scientifico o tecnico. Tale margine deve essere in effetti riconosciuto anche all’ECHA, ad esempio quando si tratta di inserire le sostanze nell’elenco delle sostanze candidate ai sensi dell’articolo 59 del regolamento REACH (16). Nel caso di specie non si discute tuttavia di una valutazione di fatto, ma dell’interpretazione del diritto dell’Unione. Questa resta riservata alla Corte anche in caso di questioni di diritto complesse.

61.      Ciò risulta peraltro chiaro alla luce di un corrispondente avviso contenuto nell’impressum della guida: «Ad ogni modo, si ricorda agli utenti che il testo del regolamento REACH è l’unico riferimento legale autentico e che le informazioni contenute nel presente documento non costituiscono un parere legale».

62.      La guida dell’ECHA non è quindi vincolante.

d)      Sul mercato interno

63.      Riferendosi alla guida dell’ECHA, la Commissione menziona anche un ostacolo al funzionamento del mercato interno. Un tale ostacolo è ipotizzabile se gli Stati membri interpretano l’obbligo di notifica di cui all’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH in modo non uniforme e alcuni di essi mettono in dubbio, in caso di mancata notifica, la possibilità degli articoli di circolare ai sensi dell’articolo 5.

64.      I suddetti rischi per il mercato interno sottolineano di certo la necessità di rispondere alla questione sollevata nella domanda di pronuncia pregiudiziale, ma non sono un argomento a supporto di una determinata interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH.

e)      Sulla proporzionalità

65.      La Commissione ritiene tuttavia che un obbligo di notifica per le sostanze candidate presenti in parti di articolo sia sproporzionato.

66.      Il principio di proporzionalità vincola l’Unione ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, secondo periodo, e paragrafo 4, del TUE e rientra tra i principi fondamentali generali del diritto dell’Unione. In base ad esso, gli atti delle istituzioni dell’Unione non possono superare i limiti di ciò che è idoneo e necessario al conseguimento degli obiettivi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (17).

67.      Un obbligo per gli importatori di informare l’ECHA in merito alle sostanze candidate presenti, nei quantitativi previsti, nelle parti di articolo contenute negli interi articoli importati è idoneo a conseguire gli obiettivi dell’obbligo di informazione. La notifica permette all’ECHA di tener conto dei corrispondenti quantitativi di sostanza e del loro impiego nel compiere, ai sensi dell’articolo 58, paragrafo 3, del regolamento REACH, la scelta delle sostanze per le quali la Commissione introduce un obbligo di autorizzazione. La notifica permette inoltre all’ECHA di richiedere, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 5, una registrazione di tali sostanze o di valutare una proposta relativa a restrizioni ai sensi dell’articolo 69, come previsto nel considerando 29.

68.      L’obbligo di notifica è anche necessario al raggiungimento dei suddetti obiettivi. Senza la notifica sussisterebbe il pericolo che l’ECHA non venga informata dell’impiego negli articoli di considerevoli quantitativi – più di una tonnellata per importatore l’anno – di sostanze estremamente problematiche.

69.      In tale contesto occorre respingere l’argomento della Commissione nonché della FCD e della FMB secondo cui l’inclusione delle parti di articolo non sarebbe necessaria in quanto le restrizioni, l’obbligo di autorizzazione o le misure di protezione degli Stati membri ai sensi dell’articolo 129 del regolamento REACH garantirebbero a sufficienza la tutela dell’ambiente e della salute. La notifica all’ECHA deve infatti proprio contribuire a chiarire la necessità di restrizioni o di un obbligo di autorizzazione. Non sembra essere neppure escluso che le misure di protezione degli Stati membri possano trarre origine dalla notifica all’ECHA.

70.      L’argomento della Commissione mira tuttavia a sostenere che gli inconvenienti connessi dell’obbligo di notifica per quanto riguarda le parti di articolo sono spropositati rispetto agli obiettivi perseguiti.

71.      Essa si basa, a tal proposito, sulle difficoltà incontrate dagli importatori nel ricevere le informazioni necessarie dai fornitori di paesi terzi. Questi spesso non sarebbero a conoscenza dell’eventuale presenza di sostanze candidate negli articoli poiché le relative informazioni nei paesi terzi non sarebbero trasmesse lungo la catena di approvvigionamento. In parte, tali informazioni sarebbero trattate anche come segreti aziendali.

72.      La FCD e la FMB sottolineano, corrispondentemente, i costi dell’esame degli articoli diretto a verificare la presenza e la concentrazione di sostanze candidate. Il costo dell’esame di una scarpa si attesterebbe tra EUR 2 200 ed EUR 2 400, mentre se si volessero esaminare le parti di articolo contenute in una scarpa, tali costi ammonterebbero a EUR 22 800.

73.      Come osservato ad esempio dalla Germania, non è tuttavia chiaro se una limitazione degli obblighi di notifica all’intero articolo garantirebbe effettivamente l’auspicato sgravio. Ogni intero articolo dovrebbe infatti continuare ad essere esaminato in base alla concentrazione di sostanze candidate. A tal fine l’ECHA propone, con l’approvazione della maggioranza degli Stati membri, che l’importatore determini prima la concentrazione in tutte parti di articolo contenute e quantifichi poi, sulla base di tali valori, la concentrazione nell’intero articolo (18).

74.      Se la concentrazione nelle parti di articolo deve essere comunque determinata, non è dato comprendere perché la notifica all’ECHA delle informazioni disponibili dovrebbe essere collegata a inconvenienti eccessivi. Al contrario, come sostenuto da alcuni Stati membri, quando l’informazione si riferisce a parti di articolo, l’onere è anche più contenuto dal momento che la concentrazione non deve essere determinata in modo preciso. È sufficiente stabilire se siano stati superati il limite di concentrazione e il quantitativo complessivo di una tonnellata per importatore e all’anno. Inoltre, ai fini della notifica ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, lettera f), del regolamento REACH, deve essere determinata la fascia di tonnellaggio della sostanza, ad esempio da 1 a 10 o da 10 a 100 tonnellate (all’anno).

75.      Le posizioni della FCD e della FMB, dell’Irlanda nonché della Commissione possono piuttosto essere comprese soltanto se gli importatori non seguono rigorosamente la guida dell’ECHA ma si fondano invece su stime più o meno precise per escludere la notifica. Per i casi chiari la Commissione ha proposto, in modo addirittura esplicito in udienza, un tale modus operandi che non trova nessun fondamento nella guida dell’ECHA.

76.      Tuttavia, gli oneri derivanti dall’obbligo di notifica ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH possono essere adeguatamente valutati soltanto nel loro contesto normativo.

77.      A tal proposito occorre anzitutto osservare che sono evitati almeno determinati doppi oneri, in quanto l’obbligo di notifica viene meno, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 6, del regolamento REACH, quando la sostanza candidata in parola è stata già registrata dall’importatore stesso o da altri per tale uso (19).

78.      Se non vi è stata registrazione, la notifica ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), del regolamento REACH è necessaria solo quando la sostanza è contenuta in tali articoli in quantitativi complessivamente superiori a 1 tonnellata all’anno per importatore. Si tratta quindi di quantitativi importanti di sostanze candidate che presentano le caratteristiche di sostanze estremamente problematiche. Si deve quindi anche ipotizzare che gli importatori in parola importino un numero relativamente elevato di articoli contenenti la sostanza di cui trattasi o pochi articoli con una concentrazione relativamente alta.

79.      L’obbligo di notifica ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento REACH non si applica inoltre se il produttore o l’importatore può escludere l’esposizione di persone o dell’ambiente in condizioni d’uso normali o ragionevolmente prevedibili, anche in fase di smaltimento. In tali casi il produttore o l’importatore fornisce poi istruzioni adeguate al destinatario dell’articolo.

80.      Anche calcolando la concentrazione rispetto alle singole parti di articolo, l’obbligo di notifica sussiste quindi soltanto se non è possibile escludere l’esposizione di persone o dell’ambiente a notevoli quantitativi di sostanze che presentano le caratteristiche di sostanze estremamente problematiche.

81.      In tale caso, l’obiettivo di un elevato livello di tutela della salute dell’uomo e dell’ambiente e il principio di precauzione impongono l’obbligo di notifica all’ECHA, affinché questa possa eventualmente adottare le misure di protezione necessarie ai sensi del regolamento REACH. A tali obiettivi si richiamano l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, e i considerando 1, 3, 9 e 69 del regolamento REACH; essi si ricavano però anche dagli articoli 9, 11 e 191, paragrafo 2, del TFUE e dagli articoli 35 e 37 della Carta dei diritti fondamentali.

82.      A ciò corrisponde l’obbligo degli importatori ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, del regolamento REACH, di garantire che le sostanze da essi immesse in commercio e utilizzate non arrechino danno alla salute umana o all’ambiente. Alla luce dei rischi illustrati e della limitazione della notifica all’importazione di quantitativi relativamente grandi della sostanza, può pertanto essere loro imposto di reperire le informazioni necessarie e di procedere alla notifica all’ECHA.

83.      Vi è motivo di ritenere, infatti, che i produttori di paesi terzi che intendono produrre quantitativi importanti di articoli per il mercato europeo comunicheranno agli importatori le informazioni necessarie sulla presenza di sostanze candidate nelle parti di articolo. Nei limiti in cui il produttore dovesse servirsi di informazioni provenienti dalla propria catena di approvvigionamento in paesi terzi, l’obbligo di notifica diffonderebbe addirittura gli standard del regolamento REACH al di fuori dell’Unione.

84.      Non è quindi sproporzionato, bensì necessario, valutare l’obbligo di notifica degli importatori ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH sulla base della concentrazione delle sostanze candidate nelle parti di articolo.

f)      Sull’asserita discriminazione degli importatori

85.      In tale contesto viene anche eccepita un’asserita disparità di trattamento tra gli importatori e i produttori dell’Unione, dal momento che i produttori potrebbero ottenere chiaramente con maggiore facilità le informazioni dai fornitori dell’Unione.

86.      Una limitazione dell’obbligo di notifica agli interi articoli nei quali viene raggiunto il limite di concentrazione, non elimina tuttavia tale disparità di trattamento, ma riduce tutt’al più il numero dei casi di applicazione.

87.      Una restrizione degli obblighi di notifica ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH agli interi articoli danneggerebbe inoltre i produttori dell’Unione. I produttori e gli importatori di parti di articolo sarebbero tenuti, in base alla disposizione in parola, a effettuare la notifica e a riaddebitare i costi corrispondenti ai loro destinatari, i produttori dell’intero articolo. Sarebbe quindi meno interessante produrre anziché importare l’intero articolo all’interno dell’Unione.

88.      La Corte ha inoltre già stabilito che gli importatori devono essere soggetti agli stessi obblighi imposti ai produttori all’interno dell’Unione o (almeno) a obblighi simili che conducono a un adeguamento dei costi al fine di garantire una concorrenza effettiva nell’Unione (20). Anche la tutela del fabbricante dell’Unione dinanzi agli svantaggi concorrenziali che potrebbero risultare dalla diversa situazione creata per gli importatori costituisce un obiettivo legittimo del legislatore dell’Unione (21).

89.      Gli effetti a carico degli importatori e produttori nell’Unione non depongono quindi contro un obbligo di notifica sulla base della concentrazione di sostanze candidate nelle parti di articolo.

g)      Conclusione intermedia

90.      Ne consegue che l’importatore di un intero articolo composto da parti di articolo che, nonostante il loro assemblaggio in un intero articolo mantengono una propria forma, superficie o disegno particolare, è soggetto all’obbligo di notifica all’ECHA se una parte di articolo contiene una sostanza che risponde ai criteri di cui all’articolo 57 del regolamento REACH ed è stata identificata a norma dell’articolo 59, paragrafo 1, del medesimo regolamento in concentrazioni superiori allo 0,1% in peso/peso.

3.      Sui fornitori di articoli ai sensi dell’articolo 33 del regolamento REACH

91.      Ai sensi dell’articolo 33 del regolamento REACH, il fornitore di un articolo contenente una sostanza candidata in concentrazioni superiori allo 0,1% in peso/peso fornisce al destinatario dell’articolo e, su sua richiesta, al consumatore, le informazioni in suo possesso – del fornitore – sufficienti a consentire la sicurezza d’uso dell’articolo e comprendenti, quanto meno, il nome della sostanza.

92.      L’articolo 3, punto 33, del regolamento REACH definisce la nozione di fornitore di un articolo in modo molto ampio. Esso comprende il produttore o l’importatore ma anche il distributore o altri attori della catena di approvvigionamento che immettono sul mercato l’articolo. L’articolo 3, punto 12, contiene una definizione altrettanto ampia di immissione sul mercato; essa comprende infatti l’offerta o la messa a disposizione di terzi, contro pagamento o gratuita.

93.      Le suddette ampie definizioni depongono a favore di un’interpretazione nel senso che il fornitore di un intero articolo è anche fornitore delle parti di articolo ivi contenute che nonostante il loro assemblaggio in un intero articolo mantengono una propria forma, superficie o disegno particolare. Per poter valutare gli obblighi del fornitore solo sulla base della concentrazione di sostanze candidate nell’intero articolo, le definizioni dovrebbero invece essere interpretate in senso restrittivo.

94.      Anche l’interpretazione sviluppata supra dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH in relazione agli importatori depone, in linea di principio, nel senso di valutare gli obblighi di comunicare informazioni gravanti sui fornitori sulla base della concentrazione di sostanze candidate presenti nelle parti di articolo.

a)      Sulle differenze tra l’articolo 33 e l’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH

95.      L’obbligo di comunicare informazioni ai sensi dell’articolo 33 del regolamento REACH si distingue tuttavia in alcuni punti importanti dall’obbligo di notifica ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2.

96.      Una differenza centrale consiste nel fatto che le informazioni sulle sostanze candidate non sono comunicate all’ECHA ma ai destinatari o ai consumatori degli articoli. È possibile quindi che questi ultimi, in ragione della presenza di una sostanza estremamente preoccupante scelgano di non acquistare il prodotto. Non si può escludere, in particolare nel caso dei consumatori, che una tale decisione si fondi su un’errata valutazione del rischio connesso con la sostanza.

97.      La comunicazione delle informazioni al consumatore non rappresenta tuttavia un inconveniente dell’obbligo di comunicare informazioni che possa essere considerato sproporzionato. Essa risponde piuttosto all’elevato livello di tutela del consumatore che deve essere perseguito a norma dell’articolo 38 della Carta dei diritti fondamentali e dell’articolo 169, paragrafo 1, TFUE e che ricomprende, in base alla disposizione da ultimo citata, segnatamente, il diritto del consumatore all’informazione. I considerando 56 e 117 del regolamento REACH lo riconoscono esplicitamente. I fornitori devono evitare eventuali errori di valutazione da parte del consumatore mediante un’adeguata spiegazione dei rischi delle sostanze presenti.

98.      La Germania sottolinea inoltre, correttamente, che lo stimolo, dato dall’obbligo di comunicare informazioni, a rinunciare, ove possibile, a sostanze estremamente problematiche, risponde agli obiettivi delle normative che disciplinano tali sostanze. L’articolo 55 del regolamento REACH indica espressamente che l’obiettivo di tali disposizioni è che queste sostanze siano progressivamente sostituite da idonee sostanze o tecnologie alternative, ove queste siano economicamente e tecnicamente valide.

99.      Rispetto all’informazione dei destinatari devono valere le medesime considerazioni esposte per l’informazione dei consumatori, potendo questi ultimi ottenere informazioni solo se esse sono state prima trasferite lungo la catena di approvvigionamento.

100. Come osservano diversi Stati membri, sarebbe un risultato insoddisfacente interrompere il trasferimento delle informazioni in parola lungo la catena di approvvigionamento solo perché una parte di articolo è stato assemblato in un intero articolo e il limite di concentrazione dello 0,1% in peso/peso non è ormai più raggiunto all’interno di quest’ultimo. Nemmeno l’onere a carico dei fornitori verrebbe in tal modo ridotto in maniera significativa.

101. Esistono tuttavia anche differenze rispetto all’obbligo di notifica ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH, che possono comportare un aumento considerevole degli oneri collegati con l’obbligo di comunicare informazioni ai sensi dell’articolo 33.

102. Manca anzitutto la soglia di tonnellaggio di una tonnellata all’anno per fornitore prevista nell’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), del regolamento REACH. Un obbligo di comunicare informazioni può quindi insorgere già in presenza di fatturati molto ridotti. Ciò assume particolare rilievo nel caso dell’importazione di articoli. Mentre nel caso di quantitativi più ingenti è del tutto plausibile che il produttore o il fornitore nei paesi terzi mettano a disposizione le informazioni necessarie, ciò è tanto più dubbio quanto più sono ridotti i quantitativi importati.

103. L’obbligo di comunicare informazioni non viene meno inoltre quando il fornitore può escludere l’esposizione di persone o dell’ambiente in condizioni d’uso normali o ragionevolmente prevedibili, anche in fase di smaltimento, come previsto invece nell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento REACH per la notifica all’ECHA. L’onere legato all’obbligo di informazione potrebbe insorgere anche quando non ci si attende un’esposizione.

104. Infine, l’obbligo di comunicare informazioni ai sensi dell’articolo 33 del regolamento REACH sussiste, da ultimo, a prescindere dal fatto che la corrispondente sostanza candidata sia stata registrata per tale uso. È possibile che in taluni casi non sia necessario, ai fini degli obiettivi dell’articolo 7, paragrafo 2, chiarire se un articolo contenga effettivamente una sostanza candidata, in quanto la possibilità di un uso in tali articoli è già stata in linea di principio registrata. L’articolo 33 renderebbe tuttavia necessario un tale accertamento.

105. Tali aspetti sarebbero presi in considerazione in modo solo indiretto mediante una limitazione dell’obbligo di comunicare informazioni ai casi in cui il limite di concentrazione è raggiunto nell’intero articolo.

106. Da un lato, anche per l’obbligo di comunicare informazioni ai sensi dell’articolo 33 del regolamento REACH, la guida dell’ECHA esige in linea di principio che la concentrazione sia calcolata sull’intero articolo sulla base della concentrazione nelle parti di articolo ivi contenute. Se il fornitore segue tale approccio, il fatto di informare il destinatario sulle sostanze candidate presenti nelle parti di articolo difficilmente comporterebbe oneri eccessivi.

107. Dall’altro, è anche possibile che interi articoli che raggiungono il limite di concentrazione vengano importati solo in quantitativi ridotti o che per tali articoli possa essere escluso un rischio di esposizione. Non è dato comprendere perché in tali casi, l’obbligo di comunicare informazioni dovrebbe essere più appropriato rispetto a quanto lo sarebbe per le parti di articolo.

108. L’effetto essenziale dell’interpretazione sostenuta dalla Commissione e dall’Irlanda consiste nel fatto che i suddetti inconvenienti si verificherebbero in pochi casi. Tuttavia può accadere che la medesima parte di articolo comporti l’obbligo di comunicare informazioni, se è fornita come articolo distinto, mentre non è più necessario fornire l’informazione dopo il suo assemblaggio nell’intero articolo. Nel caso in cui il fornitore dell’intero articolo avesse ricevuto le informazioni necessarie dal fornitore delle parti di articolo e sarebbe quindi ragionevole un inoltro delle informazioni ai destinatari o ai consumatori dell’intero articolo si tratterebbe di un risultato particolarmente insoddisfacente.

b)      Sull’interpretazione dell’articolo 33 del regolamento REACH alla luce del principio di proporzionalità

109. È tuttavia possibile interpretare l’articolo 33 del regolamento REACH in linea con il principio dell’informazione lungo la catena di approvvigionamento nel senso che devono essere evitati obblighi eccessivi di comunicare informazioni.

110. A norma dell’articolo 33 del regolamento REACH, il fornitore mette a disposizione sia dei destinatari che dei consumatori le informazioni in suo possesso sufficienti a consentire la sicurezza d’uso dell’articolo e comprendenti, quanto meno, il nome della sostanza.

111. Di primo acchito, la disposizione viene letta, almeno sulla base di talune versioni linguistiche quali quella tedesca e inglese, nel senso che il fornitore dovrebbe in ogni caso – anche quando tale informazione non è in suo possesso – comunicare almeno il nome della sostanza candidata considerata. Se il fornitore non può ottenere dal proprio fornitore sufficienti informazioni al riguardo, egli dovrebbe in linea di principio verificare per l’articolo se siano presenti sostanze candidate nella relativa concentrazione.

112. Un tale obbligo di indagine risulta problematico soprattutto nel caso in cui può essere esclusa un’esposizione, ma anche nel caso di quantitativi particolarmente ridotti di articoli forniti.

113. Tuttavia, interrogate sul punto, tutte le parti hanno confermato in linea di principio un’interpretazione siffatta. Esse si fondavano, al riguardo, sulla considerazione che un fornitore dovrebbe disporre delle informazioni necessarie per adempiere quanto previsto nell’articolo 33 del regolamento REACH e se le dovrebbe, all’occorrenza, procurare.

114. Oneri eccessivi a carico dei fornitori sarebbero tuttavia evitati se anche la comunicazione del nome della sostanza fosse prevista a condizione che il fornitore disponga di tale informazione. Il tenore letterale dell’articolo 33 del regolamento REACH non osta a un’interpretazione siffatta. È invece possibile interpretare l’indicazione del nome come una sottocategoria delle informazioni volte a consentire la sicurezza d’uso dell’articolo. Tali informazioni dovrebbero essere comunicate solo se disponibili. Sulla base della versione francese si siffatta interpretazione sarebbe addirittura più convincente che quella secondo cui si dovrebbe esigere la comunicazione del nome della sostanza anche quando esso non sia noto.

115. In caso di osservanza dell’articolo 7, paragrafo 2, e dell’articolo 33 del regolamento REACH nella catena di approvvigionamento, il fornitore di articoli sarebbe a conoscenza del nome della sostanza se l’ECHA è stata informata della sua presenza.

116. In caso di mancata applicazione dell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH, i fornitori dovrebbero disporre delle informazioni sulle sostanze candidate anche nel caso di articoli prodotti nell’Unione. I produttori dovrebbero infatti sapere se sono presenti sostanze candidate nella concentrazione necessaria. Le informazioni in parola potrebbero quindi essere fornite ai destinatari e ai consumatori senza difficoltà.

117. Al contrario, si può presumere che gli importatori di piccole quantità di articoli spesso non dispongano di dati sulle sostanze candidate.

118. Le suddette informazioni non sarebbero inoltre necessariamente disponibili nel caso in cui non si sia proceduto alla notifica all’ECHA ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3 o 6, del regolamento REACH all’atto dell’importazione, in quanto l’importatore poteva escludere un’esposizione o la sostanza candidata era già stata registrata per un uso in siffatti articoli. In tali casi, ai fini dell’applicazione dell’articolo 7, paragrafo 2, non è assolutamente necessario chiarire se la sostanza sia effettivamente presente nell’articolo.

119. Prima facie si può temere che una siffatta interpretazione dell’articolo 33 del regolamento REACH leda sensibilmente l’efficacia pratica della disposizione in questione. È vero che i fornitori di articoli importati sarebbero in un primo momento esonerati in misura potenzialmente ampia dagli obblighi di comunicare informazioni sulla presenza delle sostanze candidate.

120. Tuttavia, tale esonero non potrebbe essere tanto ampio da permettere ai fornitori, privi di informazioni sulla presenza di siffatte sostanze candidate, di sostenere che gli articoli non ne contengono. Essi dovrebbero quantomeno ammettere di non avere ricevuto tali informazioni sulla suddetta presenza.

121. La mancanza di informazioni sulle sostanze candidate non significa inoltre che i fornitori possono ignorare eventuali rischi. Come osservato dalla Commissione, esistono infatti altre disposizioni in materia di sicurezza degli articoli ‑ ad esempio, per i prodotti di consumo la direttiva 2001/95/CE relativa alla sicurezza generale dei prodotti (22). Nel garantire la qualità in base a tali ulteriori disposizioni, i fornitori dovrebbero ridurre al minimo i rischi derivanti dalla presenza di sostanze candidate ed eventualmente acquisire le informazioni corrispondenti che essi sono tenuti a trasferire nella catena di approvvigionamento. Quando invece l’eventuale presenza di sostanze candidate non presenta alcun profilo di rischio, è accettabile rinunciare a tali informazioni. La presa in considerazione delle succitate ulteriori disposizioni in materia di sicurezza dei prodotti permette quindi di orientarsi sulla base di eventuali rischi – come sottolineato da più parti – per i quali non sussistono i presupposti dell’obbligo di comunicare informazioni.

122. In base alla suddetta interpretazione, l’obbligo di comunicare informazioni ai sensi dell’articolo 33 del regolamento REACH sarebbe sì più esteso rispetto all’obbligo di notifica cui all’articolo 7, paragrafo 2, ma non insorgerebbero oneri eccessivi, dal momento che le rispettive informazioni non dovrebbero essere raccolte specificamente ai fini dell’obbligo di comunicare informazioni, ma sarebbero già disponibili.

c)      Conclusione intermedia

123. Il fornitore di un intero articolo composto da parti di articolo che nonostante il loro assemblaggio in un intero articolo mantengono una propria forma, superficie o disegno particolari è tenuto quindi a informare i destinatari e, su richiesta, i consumatori a sensi dell’articolo 33 del regolamento REACH su una sostanza che risponde ai criteri di cui all’articolo 57 ed è stata identificata a norma dell’articolo 59, paragrafo 1, quando essa è presente in una parte di articolo in concentrazioni superiori allo 0,1% in peso/peso e i fornitori dispongono delle relative informazioni.

V –    Conclusioni

124. Propongo, pertanto, alla Corte di rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale nei seguenti termini:

1.      Ove siano soddisfatte le altre condizioni previste nell’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento REACH

a)      il produttore di un intero articolo composto da parti di articolo che nonostante il loro assemblaggio in un intero articolo mantengono una propria forma, superficie o disegno particolare, ma che sono state prodotte o assemblate da altri produttori, è soggetto all’obbligo di notifica all’ECHA se l’intero articolo contiene una sostanza che risponde ai criteri di cui all’articolo 57 ed è stata identificata a norma dell’articolo 59, paragrafo 1, in concentrazioni superiori allo 0,1% in peso/peso, e

b)      l’importatore di un intero articolo composto da parti di articolo che, nonostante il loro assemblaggio in un intero articolo mantengono una propria forma, superficie o disegno particolari, è soggetto all’obbligo di notifica all’ECHA se una parte di articolo contiene una sostanza che risponde ai criteri di cui all’articolo 57 ed è stata identificata a norma dell’articolo 59, paragrafo 1, in concentrazioni superiori allo 0,1% in peso/peso.

2.      Il fornitore di un intero articolo composto da parti di articolo che nonostante il loro assemblaggio in un intero articolo mantengono una propria forma, superficie o disegno particolari è tenuto quindi a informare i destinatari e, su richiesta, i consumatori a sensi dell’articolo 33 del regolamento REACH su una sostanza che risponde ai criteri di cui all’articolo 57 ed è stata identificata a norma dell’articolo 59, paragrafo 1, quando essa è presente in una parte di articolo in concentrazioni superiori allo 0,1% in peso/peso e i fornitori dispongono delle relative informazioni.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – Regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH), che istituisce un’Agenzia europea per le sostanze chimiche, che modifica la direttiva 1999/45/CE e che abroga il regolamento (CEE) n. 793/93 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 1488/94 della Commissione, nonché la direttiva 76/769/CEE del Consiglio e le direttive della Commissione 91/155/CEE, 93/67/CEE, 93/105/CE e 2000/21/CE (GU L 396, pag. 1), modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. 895/2014 della Commissione, del 14 agosto 2014 (GU L 244, pag. 6).


3 – http://echa.europa.eu/documents/10162/13632/articles_it.pdf.


4 – Regolamento (UE) n. 895/2014 della Commissione, del 14 agosto 2014, recante modifica dell’allegato XIV del regolamento (CE) n. 1907/2006 (GU L 244, pag. 6).


5 – Il 1° settembre 2014 l’Agenzia europea per le sostanze chimiche ha pubblicato la bozza di una raccomandazione per l’inclusione di altre 22 sostanze nell’allegato XIV del regolamento (CE) n. 1907/2006 (Draft results of the 6th prioritisation of the SVHCs on the Candidate List with the objective to recommend priority substances for inclusion in Annex XIV, http://echa.europa.eu/documents/10162/13640/prioritisation_results_6th_rec_en.pdf, visitata il 27 novembre 2014).


6 – http://echa.europa.eu/candidate-list-table, aggiornata al 16 giugno 2014, visitata il 27 novembre 2014.


7 – Diverse ONG redigono elenchi di altre sostanze estremamente problematiche che potrebbero essere incluse in futuro nell’elenco delle sostanze candidate. La cosiddetta SIN List dell’International Chemical Secretariat contiene così 830 sostanze (sinlist.chemsec.org, visitata il 1° dicembre 2014); un elenco della Confederazione europea dei sindacati del 2010 conteneva 334 sostanze (http://www.etuc.org/press/reach-etuc-updates-its-priority-list-authorisation, visitata il 1° dicembre 2014).


8 – V. sentenza Rütgers Germany e a./ECHA (T‑96/10, EU:T:2013:109, punto 34).


9 – http://de.wikipedia.org/wiki/Kunststoffgranulat.


10 – La Commissione si riferisce evidentemente alla proposta dei Paesi Bassi documentata nel punto 39 del documento del Consiglio 13788/2/04 REV 2, alla proposta della Svezia documentata nel punto 57 del documento del Consiglio 5579/2/05 REV 2 e alla proposta di modifica 38 della raccomandazione per la seconda lettura del Parlamento, documento A6-0352/2006 del 13 ottobre 2006.


11 – Direttiva del Consiglio, del 27 luglio 1976, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alle restrizioni in materia di ammissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi (GU L 262, pag. 201).


12 – Sentenze IATA e ELFAA (C‑344/04, EU:C:2006:10, punto 68), e Intertanko e a. (C‑308/06, EU:C:2008:312, punto 69).


13 – Sentenza Belgio/Commissione (C‑110/03, EU:C:2005:223, punto 31).


14 – V., supra, paragrafo 13.


15 – V. ad esempio sentenze Rohm Semiconductor (C‑666/13, EU:C:2014:2388, punto 25, e la giurisprudenza ivi citata) sulle note esplicative della nomenclatura combinata elaborate dalla Commissione; Fish Legal und Shirley (C‑279/12, EU:C:2013:853, punto 38) sulla Convenzione di Aarhus, guida all’applicazione, ed Expedia (C‑226/11, EU:C:2012:795, punti 23 e seg.) sulla comunicazione della Commissione relativa agli accordi di importanza minore che non determinano restrizioni sensibili della concorrenza ai sensi dell’articolo 81 [CE].


16 – Rispettivamente punto 25 delle ordinanze Rütgers Germany e a./ECHA (C‑290/13 P, EU:C:2014:2174); Cindu Chemicals e a./ECHA (C‑289/13 P, EU:C:2014:2175), e Rütgers Germany e a./ECHA (C‑288/13 P, EU:C:2014:2176).


17 – Sentenze Jippes e a. (C‑189/01, EU:C:2001:420, punto 81); S.P.C.M. e a. (C‑558/07, EU:C:2009:430, punto 41); Afton Chemical (C‑343/09, EU:C:2010:419, punto 45), e Schaible (C‑101/12, EU:C:2013:661, punto 29).


18 – V. la guida citata al paragrafo 13, sezione 4.4.


19 – V. la guida citata al paragrafo 13, sezione 6.4.


20 – Sentenza S.P.C.M. e a. (C‑558/07, EU:C:2009:430, punto 60).


21 – Sentenza S.P.C.M. e a. (C‑558/07, EU:C:2009:430, punto 57).


22 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 dicembre 2001 (GU 2002, L 11, pag. 4).