Language of document : ECLI:EU:C:2017:147

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 1o marzo 2017(1)

Causa C60/16

Mohammad Khir Amayry

contro

Migrationsverket

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Kammarrätten i Stockholm – Migrationsöverdomstolen (Corte amministrativa d’appello di Stoccolma competente in materia di immigrazione, Svezia)]

«Rinvio pregiudiziale – Regolamento (UE) n. 604/2013 – Determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo – Articolo 28 – Trattenimento dell’interessato ai fini del suo trasferimento verso lo Stato membro competente – Termine entro il quale il trasferimento deve avvenire – Calcolo del termine – Normativa nazionale che consente il trattenimento dell’interessato e il prolungamento di quest’ultimo per una durata superiore a due mesi – Ammissibilità»






 I.      Introduzione

1.        Nella presente causa la Corte è chiamata ad interpretare le disposizioni dell’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento (UE) n. 604/2013 (2) al fine di determinare i termini applicabili alla procedura di trasferimento di un richiedente la protezione internazionale, trattenuto in attesa del suo trasferimento nello Stato membro competente per l’esame della sua domanda.

2.        Al fine di garantire l’esecuzione di tale trasferimento, il legislatore dell’Unione consente agli Stati membri di trattenere la persona interessata quando appaia, sulla base di una valutazione individuale, che essa rischi di sottrarsi alla procedura di trasferimento, e ciò soltanto nella misura in cui tale trattenimento sia proporzionale e qualora non possano essere applicate altre misure meno coercitive.

3.        Per assicurare che la durata di detto trattenimento sia la più breve possibile, il legislatore ha stabilito i termini applicabili alla procedura di determinazione dello Stato membro competente e all’esecuzione materiale della procedura di trasferimento all’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento Dublino III – la cui interpretazione è qui richiesta – facendo applicazione dei principi di necessità e di proporzionalità.

4.        Con le sue questioni pregiudiziali il giudice del rinvio si interroga sulle modalità di calcolo di tali termini, in un’ipotesi non prevista dal legislatore dell’Unione.

5.        Infatti, il richiedente è stato trattenuto non già in una fase iniziale della procedura, come è espressamente previsto dall’articolo 28, paragrafo 3, di tale regolamento – vale a dire prima che lo Stato membro richiedente presenti la propria richiesta di (ri)presa in carico del richiedente allo Stato membro che esso ritiene competente –, bensì in una fase successiva di tale procedura, quando quest’ultimo ha accettato detta richiesta e restano dunque da disciplinare soltanto le modalità pratiche di esecuzione del trasferimento.

6.        Sebbene la risposta alle questioni sollevate dal giudice del rinvio non derivi dal testo dell’articolo 28, paragrafo 3, di detto regolamento, essa può nondimeno essere desunta, anzitutto, dall’economia generale di tale articolo e, in particolare, dai principi di proporzionalità e di necessità sui quali si basano i termini applicabili alla procedura di trasferimento di un richiedente trattenuto, inoltre, dagli obiettivi perseguiti dal legislatore dell’Unione in tale contesto e, infine, dalla giurisprudenza della Corte.

7.        Alla fine della mia analisi, proporrò alla Corte di dichiarare che, in una situazione come quella di cui trattasi, gli Stati membri interessati dispongono di un termine di sei settimane, a partire dal trattenimento del richiedente, per procedere all’esecuzione del trasferimento di quest’ultimo.

8.        Spiegherò inoltre che, nel caso in cui il richiedente abbia proposto ricorso avverso la decisione di trasferimento o abbia chiesto la revisione di quest’ultima, tale termine decorre nuovamente dal momento in cui detto ricorso o detta revisione non hanno più effetto sospensivo, sia che la sospensione sia di fatto, sia che essa sia stata disposta dai giudici nazionali competenti, sia che essa sia stata chiesta dall’interessato, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, del regolamento Dublino III.

9.        Infine, esporrò le ragioni per le quali ritengo che, tenuto conto di tale interpretazione, l’articolo 28, paragrafo 3, di detto regolamento osti ad una normativa nazionale come quella di cui trattasi, che consente il trattenimento di un richiedente ai fini del suo trasferimento per una durata superiore a sei settimane e ammette il suo prolungamento fino a una durata di dodici mesi, per motivi che non soddisfano i requisiti di chiarezza e di prevedibilità che si impongono all’adozione di misure restrittive della libertà.

 II.      Contesto normativo

 A.      Il diritto dell’Unione

 1.      La direttiva 2013/33/UE

10.      L’articolo 8, paragrafo 3, lettera f), della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, (3) precisa quanto segue:

«Un richiedente può essere trattenuto soltanto:

(…)

f)      conformemente all’articolo 28 del regolamento [Dublino III]».

11.      L’articolo 9, paragrafo 1, di tale direttiva, rubricato «Garanzie per i richiedenti trattenuti», così recita:

«Un richiedente è trattenuto solo per un periodo il più breve possibile ed è mantenuto in stato di trattenimento soltanto fintantoché sussistono i motivi di cui all’articolo 8, paragrafo 3.

Gli adempimenti amministrativi inerenti ai motivi di trattenimento di cui all’articolo 8, paragrafo 3, sono espletati con la debita diligenza. I ritardi nelle procedure amministrative non imputabili al richiedente non giustificano un prolungamento del trattenimento».

 2.      Il regolamento Dublino III

12.      Il considerando 20 di tale regolamento prevede quanto segue:

«Il trattenimento dei richiedenti dovrebbe essere regolato in conformità del principio fondamentale per cui nessuno può essere trattenuto per il solo fatto di chiedere protezione internazionale. Il trattenimento dovrebbe essere quanto più breve possibile e dovrebbe essere soggetto ai principi di necessità e proporzionalità. In particolare, il trattenimento dei richiedenti deve essere conforme all’articolo 31 della convenzione di Ginevra[del 28 luglio 1951, relativa allo status dei rifugiati]. Le procedure previste dal presente regolamento con riguardo alla persona trattenuta dovrebbero essere applicate in modo prioritario, entro i termini più brevi possibili».

13.      L’articolo 27 di detto regolamento, intitolato «Mezzi di impugnazione», così dispone:

«1.      Il richiedente (…) ha diritto a un ricorso effettivo avverso una decisione di trasferimento, o a una revisione della medesima, in fatto e in diritto, dinanzi a un organo giurisdizionale.

(…)

3.      Ai fini di ricorsi avverso decisioni di trasferimento o di revisioni delle medesime, gli Stati membri prevedono nel proprio diritto nazionale:

a)      che il ricorso o la revisione conferisca all’interessato il diritto di rimanere nello Stato membro interessato in attesa dell’esito del ricorso o della revisione; o

b)      che il trasferimento sia automaticamente sospeso e che tale sospensione scada dopo un determinato periodo di tempo ragionevole durante il quale un organo giurisdizionale ha adottato, dopo un esame attento e rigoroso, la decisione di concedere un effetto sospensivo al ricorso o alla revisione; o

c)      che all’interessato sia offerta la possibilità di chiedere, entro un termine ragionevole, all’organo giurisdizionale di sospendere l’attuazione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito del ricorso o della revisione della medesima. Gli Stati membri assicurano un ricorso effettivo sospendendo il trasferimento fino all’adozione della decisione sulla prima richiesta di sospensione. La decisione sulla sospensione dell’attuazione della decisione di trasferimento è adottata entro un termine ragionevole, permettendo nel contempo un esame attento e rigoroso della richiesta di sospensione. La decisione di non sospendere l’attuazione della decisione di trasferimento deve essere motivata.

4.      Gli Stati membri possono disporre che le autorità competenti possano decidere d’ufficio di sospendere l’attuazione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito del ricorso o della revisione».

14.      L’articolo 28 del regolamento Dublino III, che rientra nella sezione V di quest’ultimo, intitolata «Trattenimento ai fini del trasferimento», è formulato come segue:

«1.      Gli Stati membri non possono trattenere una persona per il solo motivo che sia oggetto della procedura stabilita dal presente regolamento.

2.      Ove sussista un rischio notevole di fuga[(4)], gli Stati membri possono trattenere l’interessato al fine di assicurare le procedure di trasferimento a norma del presente regolamento, sulla base di una valutazione caso per caso e solo se il trattenimento è proporzionale e se non possano essere applicate efficacemente altre misure alternative meno coercitive.

3.      Il trattenimento ha durata quanto più breve possibile e non supera il tempo ragionevolmente necessario agli adempimenti amministrativi previsti da espletare con la dovuta diligenza per eseguire il trasferimento a norma del presente regolamento.

Qualora una persona sia trattenuta a norma del presente articolo, il periodo per presentare una richiesta di presa o di ripresa in carico non può superare un mese dalla presentazione della domanda. Lo Stato membro che esegue la procedura a norma del presente regolamento chiede una risposta urgente in tali casi. Tale risposta è fornita entro due settimane dal ricevimento della richiesta. L’assenza di risposta entro due settimane equivale all’accettazione della richiesta e comporta l’obbligo di prendere in carico o di riprendere in carico la persona, compreso l’obbligo di adottare disposizioni appropriate all’arrivo della stessa.

Qualora una persona sia trattenuta a norma del presente articolo, il trasferimento di tale persona dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente deve avvenire non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei settimane dall’accettazione implicita o esplicita della richiesta da parte di un altro Stato membro di prendere o di riprendere in carico l’interessato o dal momento in cui il ricorso o la revisione non hanno più effetto sospensivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3.

Quando lo Stato membro richiedente non rispetta i termini per la presentazione di una richiesta di presa o ripresa in carico o qualora il trasferimento non avvenga entro il termine di sei settimane di cui al terzo comma, la persona non è più trattenuta. Gli articoli 21, 23, 24 e 29 continuano ad applicarsi di conseguenza.

4.      Per quanto riguarda le condizioni per il trattenimento delle persone e le garanzie applicabili alle persone trattenute, al fine di assicurare le procedure di trasferimento verso lo Stato membro competente, si applicano gli articoli [da 9 a 11] della direttiva [2013/33]».

15.      L’articolo 29, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, che è inserito nella sezione VI intitolata «Trasferimenti», dispone quanto segue:

«Il trasferimento del richiedente (…) dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente avviene conformemente al diritto nazionale dello Stato membro richiedente, previa concertazione tra gli Stati membri interessati, non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi a decorrere dall’accettazione della richiesta di un altro Stato membro di prendere o riprendere in carico l’interessato, o della decisione definitiva su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3.

(…)».

 B.      Il diritto svedese

16.      L’utlänningslagen (legge sugli stranieri) del 29 settembre 2005 (5) dispone, al capo 1, articolo 8, che la legge deve essere applicata, in ciascun caso concreto, in modo da non limitare la libertà dell’interessato più del necessario.

17.      Essa precisa, al capo 1, articolo 9, che le disposizioni relative all’obbligo di lasciare il territorio e all’espulsione si applicano anche, mutatis mutandis, alle decisioni di trasferimento basate sul regolamento Dublino III.

18.      Le disposizioni che disciplinano il trattenimento e la custodia degli stranieri figurano al capo 10 di tale legge.

19.      L’articolo 1, secondo comma, punto 3, di tale capo consente il trattenimento degli stranieri di età pari o superiore a 18 anni al fine di preparare l’esecuzione di una decisione di espulsione o di procedere a tale esecuzione.

20.      Ai sensi del capo 10, articolo 1, terzo comma, di detta legge, la decisione di trattenimento può essere adottata soltanto qualora sussista il rischio che l’interessato compia in Svezia attività sanzionate penalmente, si dia alla fuga, si sottragga all’esecuzione della decisione di trasferimento o la ostacoli in altro modo.

21.      Ai sensi del capo 10, articolo 4, secondo comma, della legge sugli stranieri, uno straniero non può essere trattenuto ai fini di un trasferimento per un periodo superiore a due mesi, a meno che non sussistano motivi seri che giustifichino un trattenimento più lungo. Qualora sussistano motivi di tal genere, lo straniero non può essere trattenuto per più di tre mesi. Qualora sia probabile che l’esecuzione di una decisione di trasferimento richieda un tempo più lungo a causa della mancanza di collaborazione da parte dello straniero o qualora occorra tempo per ottenere i documenti necessari, tale durata massima è estesa a dodici mesi.

22.      Il capo 12, articolo 13, di detta legge precisa che il Migrationsverket (Ufficio dell’immigrazione, Svezia) può sospendere l’esecuzione delle decisioni di allontanamento in presenza di motivi particolari che lo giustifichino.

 III.      Fatti e questioni pregiudiziali

23.      Il sig. Mohammad Khir Amayry ha presentato una domanda di protezione internazionale in Svezia il 19 dicembre 2014. Da una ricerca nel sistema «Eurodac» è tuttavia risultato che l’interessato era entrato nel territorio italiano alcuni giorni prima, vale a dire il 6 dicembre 2014, e che egli aveva già richiesto una protezione presso le autorità danesi il 17 dicembre 2014. Di conseguenza, in applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 13, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, l’Ufficio dell’immigrazione ha chiesto alle autorità italiane, il 15 gennaio 2015, di riprendere in carico l’interessato.

24.      Le autorità italiane hanno accolto tale richiesta il 18 marzo 2015.

25.      Il 2 aprile 2015, l’Ufficio dell’immigrazione ha quindi respinto la domanda di titolo di soggiorno dell’interessato, ivi compresa la sua domanda di protezione internazionale, e ha deciso di trasferire quest’ultimo verso l’Italia. Inoltre, ritenendo sussistere un rischio non trascurabile che l’interessato si desse alla fuga, l’ufficio dell’immigrazione ha deciso di trattenerlo.

26.      L’interessato ha quindi impugnato tali decisioni dinanzi al Förvaltningsrätten i Stockholm (tribunale amministrativo di Stoccolma, Svezia). A seguito di tale ricorso, l’Ufficio dell’immigrazione ha deciso di sospendere l’esecuzione della decisione di trasferimento a norma del capo 12, articolo 13, della legge sugli stranieri e dell’articolo 27, paragrafo 3, lettera c), del regolamento Dublino III. Detto ricorso è stato respinto il 29 aprile 2015, poiché il Förvaltningsrätten i Stockholm ha ritenuto, in particolare, che sussistesse il rischio che, in caso di rilascio, il sig. Khir Amayry si desse alla fuga, si sottraesse all’esecuzione della decisione di trasferimento o la ostacolasse in altro modo. Quest’ultimo ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio.

27.      L’8 maggio 2015, la decisione di trasferimento è stata eseguita. In seguito, l’interessato è ritornato in Svezia, dove ha presentato una nuova domanda di protezione internazionale il 1o giugno 2015.

28.      Il 30 luglio 2015, il giudice del rinvio ha rifiutato di autorizzare l’appello per quanto riguarda la parte della sentenza relativa al trasferimento, ma ha, invece, ammesso quest’ultimo per quanto concerne la questione del trattenimento.

29.      In tali circostanze, il Kammarrätten i Stockholm – Migrationsöverdomstolen (Corte amministrativa d’appello di Stoccolma competente in materia di immigrazione, Svezia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Qualora il richiedente [la protezione internazionale] non sia trattenuto nel momento in cui lo Stato membro responsabile accetta di prenderlo in carico, ma sia trattenuto in un momento successivo – in base al motivo che soltanto allora si è ritenuto che sussista il significativo rischio che la persona interessata si dia alla fuga – se, in tale situazione, il termine di sei settimane di cui all’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento [Dublino III] possa essere calcolato dal giorno in cui la persona è trattenuta, oppure se debba essere calcolato a partire da un’altra data e, in tal caso, a partire da quale data.

2)      Se l’articolo 28 del regolamento [Dublino III] escluda, nella situazione in cui il richiedente [la protezione internazionale] non è trattenuto nel momento in cui lo Stato membro responsabile accetta di prenderlo in carico, l’applicazione delle disposizioni nazionali che, in Svezia, comportano che l’immigrato non possa essere trattenuto in pendenza dell’esecuzione [del trasferimento] per un periodo superiore a due mesi qualora non vi sia un serio motivo per trattenerlo per un periodo più lungo, e che, qualora tali seri motivi sussistano, l’immigrato possa essere trattenuto per un massimo di tre mesi oppure, se è probabile che [il trasferimento] richiederà un periodo maggiore a causa della mancanza di collaborazione da parte dell’immigrato o del fatto che ci vuole tempo per ottenere i documenti necessari, un massimo di dodici mesi.

3)      Qualora il procedimento di [trasferimento] venga riavviato allorché il ricorso o la revisione non ha più effetto sospensivo (v. articolo 27, paragrafo 3[, del regolamento Dublino III]), se inizi a decorrere un nuovo termine di sei settimane per l’esecuzione del trasferimento oppure se, ad esempio, il numero di giorni che la persona ha già trascorso in stato di trattenimento dopo che lo Stato membro responsabile ha accettato di prenderla o riprenderla in carico debba esserne detratto.

4)      Se rivesta qualche importanza la circostanza che il richiedente [la protezione internazionale] che ha impugnato una decisione di trasferimento non abbia per parte sua richiesto la sospensione dell’esecuzione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito dell’impugnazione [v. articolo 27, paragrafo 3, lettera c) e articolo 27, paragrafo 4[, del regolamento Dublino III]]».

 IV.      Analisi

30.      Analizzerò nell’ordine la prima, la terza e la quarta questione pregiudiziale, che tendono all’interpretazione delle disposizioni dell’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento Dublino III. Da ultimo, esaminerò la seconda questione, analizzando la portata di tale interpretazione alla luce delle disposizioni della normativa nazionale di cui trattasi.

 A.      Sulla prima questione pregiudiziale

31.      Con la prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte se, in una situazione come quella di cui trattasi, in cui lo Stato membro richiedente ha trattenuto il richiedente dopo l’accettazione, da parte dello Stato membro competente, della richiesta di (ri)presa in carico di tale richiedente, l’articolo 28, paragrafo 3, di detto regolamento debba essere interpretato nel senso che il termine di sei settimane concesso a tali Stati per procedere all’esecuzione del trasferimento decorre dal trattenimento del richiedente. Qualora non sia così, il giudice del rinvio chiede alla Corte di precisare il dies a quo di tale termine.

32.      In altre parole, il giudice del rinvio chiede alla Corte di chiarire il regime giuridico applicabile all’interessato e, in particolare, di precisare i termini applicabili alla procedura di trasferimento di cui quest’ultimo deve costituire oggetto.

33.      La risposta a tale questione non deriva dal testo dell’articolo 28, paragrafo 3, di detto regolamento, poiché il legislatore non ha espressamente previsto una situazione come quella di cui trattasi.

34.      Tale risposta può tuttavia essere desunta, da una parte, dall’economia generale di detta disposizione e, in particolare, dal principio stabilito dal legislatore al primo comma di tale disposizione nonché dall’applicazione che egli ne fa al terzo comma della medesima disposizione e, dall’altra, dagli obiettivi perseguiti dal regolamento Dublino III.

35.      Il legislatore stabilisce, all’articolo 28, paragrafo 3, primo comma, di tale regolamento, il principio secondo cui il trattenimento deve avere «durata quanto più breve possibile e non [deve superare] il tempo ragionevolmente necessario agli adempimenti amministrativi previsti da espletare con la dovuta diligenza per eseguire il trasferimento» (6).

36.      Il legislatore traspone in tal modo il principio stabilito dal considerando 20 di detto regolamento, secondo il quale la durata del trattenimento del richiedente deve soddisfare i principi di necessità e proporzionalità.

37.      Il rispetto di tali principi deve permettere di garantire che le restrizioni all’esercizio del diritto alla libertà del richiedente siano apportate nei limiti dello stretto necessario, garantendo nel contempo che alle autorità degli Stati membri interessati siano assicurate le condizioni materiali che consentano loro di eseguire correttamente il trasferimento.

38.      È in applicazione degli anzidetti due principi che il legislatore precisa quindi, all’articolo 28, paragrafo 3, secondo e terzo comma, del regolamento Dublino III, i termini che esso ritiene ragionevole concedere agli Stati membri per compiere l’insieme degli adempimenti volti, anzitutto, alla determinazione dello Stato membro competente e, in seguito, al trasferimento del richiedente in una situazione in cui quest’ultimo sia già stato trattenuto.

39.      L’articolo 28, paragrafo 3, secondo comma, di tale regolamento disciplina la procedura a monte dell’accettazione della presa in carico da parte dello Stato membro richiesto. Il legislatore determina così il tempo di cui dispone lo Stato membro richiedente per presentare la sua richiesta di (ri)presa in carico allo Stato membro che esso ritiene competente e il tempo di cui dispone quest’ultimo per rispondervi.

40.      Ai sensi di tale comma, lo Stato membro richiedente dispone di un termine massimo di un mese a partire dalla presentazione della domanda di protezione internazionale da parte del richiedente per presentare la propria richiesta di (ri)presa in carico allo Stato membro che esso ritiene competente, mentre quest’ultimo dispone poi di un termine di due settimane per rispondervi. La scadenza di quest’ultimo termine comporta un trasferimento di responsabilità verso lo Stato membro richiesto.

41.      L’articolo 28, paragrafo 3, terzo comma, di detto regolamento disciplina, dal canto suo, la procedura a valle dell’accettazione, da parte dello Stato membro richiesto, della richiesta di (ri)presa in carico del richiedente e dell’adozione della decisione di trasferimento. Infatti, il legislatore menziona espressamente il termine applicabile al trasferimento del richiedente dallo Stato membro richiedente «verso lo Stato membro competente», il che sottintende che quest’ultimo sia stato effettivamente determinato e abbia accettato in modo implicito o esplicito la (ri)presa in carico del richiedente. Inoltre, il legislatore precisa che il trasferimento deve avvenire «non appena ciò sia materialmente possibile» (7), il che implica l’esistenza di una previa decisione che stabilisca il principio del trasferimento del richiedente dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente.

42.      Con tale disposizione il legislatore determina quindi il tempo di cui dispone lo Stato membro richiedente per organizzare ed eseguire materialmente il trasferimento in vista del quale è stato disposto il trattenimento del richiedente.

43.      Il legislatore considera così che il termine ragionevolmente necessario per procedere a tale trasferimento è di sei settimane, al massimo, a partire dall’accettazione implicita o esplicita della richiesta di (ri)presa in carico o a partire dal momento in cui il ricorso o la revisione non hanno più effetto sospensivo. Il legislatore fa quindi decorrere il termine dal momento in cui la realizzazione futura del trasferimento è convenuta e assicurata e restano dunque da disciplinare soltanto le modalità pratiche dell’esecuzione di quest’ultimo.

44.      Infine, l’articolo 28, paragrafo 3, quarto comma, del regolamento Dublino III stabilisce le conseguenze connesse alla violazione dei termini precedentemente menzionati. Questi ultimi pongono un limite rigoroso all’attuazione della procedura di trasferimento in vista del quale è stato disposto il trattenimento, poiché lo Stato membro richiedente sarà tenuto a porre fine a tale trattenimento qualora non riesca a presentare la propria richiesta o non riesca a trasferire il richiedente entro i termini fissati, a prescindere dai motivi che tale Stato possa invocare.

45.      Quali conclusioni si possono trarre dall’economia generale di tale testo?

46.      Va constatato che i termini previsti dall’articolo 28, paragrafo 3, secondo e terzo comma, di detto regolamento rientrano nell’ambito di una procedura in cui il richiedente è stato trattenuto in una fase molto precoce di quest’ultima, vale a dire a monte della presentazione, da parte dello Stato membro richiedente, di una richiesta di (ri)presa in carico del richiedente.

47.      Ciò risulta non solo dal testo del secondo comma di tale disposizione, poiché il legislatore fissa il termine di presentazione della richiesta, ma anche dalla formulazione del terzo comma della medesima disposizione, in quanto il legislatore fa decorrere il termine di sei settimane menzionato dall’accettazione di detta richiesta. Il termine così fissato dal legislatore all’articolo 28, paragrafo 3, terzo comma, di detto regolamento rientra nella successione logica delle disposizioni di cui al comma precedente e si basa sul fatto che il richiedente sia già trattenuto al momento della presentazione, da parte dello Stato membro richiedente, della richiesta di (ri)presa in carico.

48.      Di conseguenza, i termini previsti dall’articolo 28, paragrafo 3, secondo e terzo comma, del regolamento Dublino III non sono destinati ad essere applicati nell’ambito di una procedura come quella di cui trattasi, in cui il richiedente è stato trattenuto dopo che lo Stato membro richiesto ha accettato di (ri)prenderlo in carico ma prima che il trasferimento di quest’ultimo sia stato materialmente organizzato.

49.      Non esistono dunque disposizioni particolari che riguardano la situazione nella quale il richiedente, a causa del suo trattenimento, passa dall’ambito di applicazione dell’articolo 29, paragrafo 1, di tale regolamento – il quale prevede un regime generale e un termine massimo di sei mesi per procedere al trasferimento di un richiedente non trattenuto – all’ambito di applicazione dell’articolo 28 di detto regolamento – il quale prevede disposizioni specifiche e modalità particolari alla procedura di trasferimento delle persone trattenute.

50.      Tuttavia, non ritengo che ci si trovi in presenza di una lacuna normativa.

51.      Infatti, come ho affermato (8), la risposta alla questione sollevata dal giudice del rinvio si trova, anzitutto, nel principio generale stabilito dal legislatore dell’Unione all’articolo 28, paragrafo 3, primo comma, del regolamento Dublino III. Così, il trattenimento deve avere durata quanto più breve possibile e, in applicazione dei principi di necessità e di proporzionalità, non deve protrarsi oltre il termine ragionevolmente necessario per compiere gli adempimenti previsti ai fini dell’esecuzione del trasferimento.

52.      Inoltre, occorre fare riferimento al modo in cui il legislatore dell’Unione ha concretamente applicato tale principio all’articolo 28, paragrafo 3, terzo comma, di detto regolamento.

53.      Infatti, la situazione giuridica dell’interessato può essere abbastanza facilmente assimilata a quella prevista nell’ambito di tale disposizione, poiché, in entrambi i casi, l’individuo è trattenuto in un momento in cui il trasferimento è stato convenuto tra gli Stati membri interessati e può, quindi, essere materialmente avviato.

54.      In una situazione come quella di cui trattasi, non vedo quindi alcuna ragione per scartare tale termine di sei settimane fissato dal legislatore in detta disposizione, dato che, come ho affermato (9), quest’ultimo è il tempo che il legislatore ha ritenuto ragionevolmente necessario concedere agli Stati membri interessati per organizzare materialmente il trasferimento, a partire dal momento in cui la realizzazione futura di quest’ultimo è convenuta e assicurata (in virtù dell’accettazione della richiesta, oppure perché il ricorso o la revisione non hanno più effetto sospensivo) e restano dunque da definirne soltanto le modalità pratiche dell’esecuzione. Orbene, nel caso di specie, lo Stato membro richiesto, vale a dire la Repubblica italiana, ha in effetti accettato di riprendere in carico il richiedente.

55.      Detto termine deve quindi consentire ai due Stati membri interessati di accordarsi ai fini dell’attuazione del trasferimento e, in particolare, allo Stato membro richiedente, di disciplinare le modalità tecniche della realizzazione di tale trasferimento, che viene effettuato secondo la legislazione nazionale di quest’ultimo Stato. Si tratta di un termine che si presume entrambi gli Stati sfruttino appieno per disciplinare le modalità tecniche di realizzazione del trasferimento (10).

56.      Limitando a sei settimane il termine di esecuzione del trasferimento a partire dal momento in cui la realizzazione futura di quest’ultimo è in linea di principio convenuta e assicurata, il legislatore dell’Unione ha quindi proceduto ad una ponderazione tra, da una parte, le esigenze relative all’esecuzione di tale procedura, la quale può essere disseminata di difficoltà di ordine pratico e organizzativo, e, dall’altra, la gravità dell’ingerenza costituita da una misura di trattenimento nel diritto alla libertà del richiedente sancito dall’articolo 6 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

57.      Per quanto riguarda il dies a quo di tale termine, non può che trattarsi della data in cui il richiedente è stato effettivamente trattenuto. Infatti, è evidente che, in una situazione come quella di cui trattasi, il termine di sei settimane di cui all’articolo 28, paragrafo 3, terzo comma, del regolamento Dublino III non può decorrere dall’accettazione della richiesta di (ri)presa in carico. In una siffatta situazione, è possibile che il trattenimento del ricorrente intervenga alcune settimane, o addirittura alcuni mesi, dopo detta accettazione e tale tempo non può evidentemente essere detratto dal termine di sei settimane concesso agli Stati membri interessati per procedere all’esecuzione del trasferimento. Tale termine rischierebbe di essere ridotto a zero e, in ogni caso, di essere ridotto in modo tale che lo Stato membro richiedente non soltanto non riuscirebbe a realizzare detto trasferimento, ma sarebbe anche costretto a porre fine al trattenimento, privando così di ogni effetto utile la procedura prevista da detta disposizione.

58.      Alla luce di tutti questi elementi, ritengo pertanto che l’articolo 28, paragrafo 3, primo comma, di detto regolamento debba essere interpretato nel senso che, in una situazione come quella di cui trattasi, nella quale lo Stato membro richiedente ha trattenuto il richiedente la protezione internazionale dopo che lo Stato membro richiesto ha accettato di riprenderlo in carico, tali Stati membri dispongono di un termine di sei settimane, a partire dal trattenimento di detto richiedente, per procedere all’esecuzione del suo trasferimento.

 B.      Sulla terza e la quarta questione pregiudiziale

59.      Con la terza e la quarta questione, che conviene esaminare congiuntamente, si chiede alla Corte di precisare in quale modo occorra calcolare il termine di sei settimane concesso agli Stati membri per procedere al trasferimento del richiedente trattenuto, quando quest’ultimo abbia proposto ricorso avverso la decisione di trasferimento o abbia chiesto la revisione di tale decisione.

60.      In particolare, il giudice del rinvio intende sapere se l’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento Dublino III debba essere interpretato nel senso che gli Stati membri dispongono di un nuovo termine di sei settimane per procedere al trasferimento del richiedente a partire dal momento in cui il ricorso o la revisione non hanno più effetto sospensivo o se occorra detrarre il numero di giorni durante i quali quest’ultimo è stato trattenuto dopo l’accettazione, da parte dello Stato membro competente, della richiesta di (ri)presa in carico di tale richiedente.

61.      Inoltre, il giudice del rinvio si chiede se, ai fini di tale valutazione, occorra tenere conto del fatto che l’interessato non abbia chiesto al giudice nazionale competente la sospensione dell’esecuzione della decisione di trasferimento.

62.      In primo luogo, ritengo che l’interpretazione qui richiesta dell’articolo 28, paragrafo 3, di tale regolamento si desuma dalla giurisprudenza della Corte e, in particolare, dalle considerazioni espresse da quest’ultima nella sentenza del 29 gennaio 2009, Petrosian (11).

63.      In tale causa, la Corte era chiamata ad interpretare le disposizioni dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera d), del regolamento CE n. 343/2003 (12), il quale prevedeva che il trasferimento di un richiedente asilo verso lo Stato membro competente dovesse avvenire non appena fosse materialmente possibile e, al più tardi, entro un termine di sei mesi a partire dall’accettazione della richiesta di (ri)presa in carico o dalla decisione sul ricorso o sulla revisione in caso di effetto sospensivo.

64.      Alla Corte veniva chiesto se il termine di esecuzione del trasferimento previsto da tale disposizione decorresse già dalla decisione giurisdizionale provvisoria di sospensione dell’attuazione della procedura di trasferimento oppure soltanto dalla decisione giurisdizionale sulla fondatezza della procedura.

65.      Per rispondere a tale questione la Corte si è anzitutto basata su un’interpretazione teleologica della disposizione in questione, che pone l’accento sull’obiettivo perseguito mediante la fissazione agli Stati membri di un termine di esecuzione del trasferimento.

66.      La Corte ha in tal modo dichiarato che il termine di sei mesi previsto dall’articolo 20, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 343/2003 ha lo scopo, in considerazione della complessità pratica e delle difficoltà organizzative che si ricollegano all’esecuzione del trasferimento, di consentire ai due Stati membri interessati di accordarsi ai fini della realizzazione di quest’ultimo e, più in particolare, di consentire allo Stato membro richiedente di disciplinare le modalità di realizzazione del trasferimento (13). Essa ha quindi considerato, alla luce di tale scopo, che il dies a quo del termine di esecuzione del trasferimento doveva essere determinato in modo tale che gli Stati membri potessero disporre di un termine di sei mesi per disciplinare le modalità tecniche di realizzazione del trasferimento. In tali circostanze, tale termine poteva iniziare a decorrere soltanto quando la realizzazione futura del trasferimento fosse convenuta e assicurata e restassero da disciplinare soltanto le modalità di quest’ultimo, il che implicava di conseguenza che esso decorreva dalla decisione giurisdizionale sulla fondatezza della procedura.

67.      Ritengo che tale analisi sia trasponibile per analogia nella presente causa.

68.      Sebbene l’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento Dublino III fissi il termine di esecuzione del trasferimento di una persona trattenuta, lo scopo perseguito dal legislatore in tale contesto è identico a quello previsto nell’ambito dell’articolo 20, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 343/2003. Come abbiamo visto, detto termine di sei settimane concesso agli Stati membri a partire dall’accettazione della richiesta di (ri)presa in carico o a partire dal momento in cui il ricorso avverso la decisione di trasferimento o la revisione non hanno più effetto sospensivo deve consentire a questi ultimi di organizzare materialmente il trasferimento di una persona trattenuta.

69.      Non si tratta quindi di amputare tale termine, già breve, del periodo durante il quale il richiedente la protezione internazionale è stato trattenuto.

70.      Da una parte, occorre tenere presente che il trattenimento del richiedente ai fini dell’esecuzione del suo trasferimento deve essere distinto da una misura detentiva. Non siamo in una logica di pena da cui occorre detrarre il numero di giorni già trascorsi in detenzione. Siamo in presenza di una misura di trattenimento amministrativo la cui durata, quanto più breve possibile, deve consentire alle autorità di assicurare il trasferimento dell’interessato.

71.      D’altra parte, si tratta di garantire l’effetto utile delle disposizioni previste dall’articolo 28, paragrafo 3, di detto regolamento. Il termine di esecuzione del trasferimento non può dunque essere amputato del numero di giorni durante i quali il richiedente è stato trattenuto dopo che lo Stato membro competente ha accettato di (ri)prenderlo in carico. Infatti, se ciò avvenisse, rischieremmo di trovarci in una situazione in cui il termine di cui dispongono gli Stati membri per procedere al trasferimento del richiedente sarebbe amputato del tempo necessario ai giudici nazionali per statuire sulla fondatezza della decisione di trasferimento. Orbene, in una siffatta ipotesi, sarebbe possibile che tale termine fosse ridotto in maniera tale che gli Stati membri interessati rischierebbero di non riuscire ad organizzare il trasferimento del richiedente entro detto periodo estremamente breve e sarebbero quindi tenuti, ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 3, quarto comma, di detto regolamento, a porre fine al trattenimento dell’interessato.

72.      Di conseguenza, il dies a quo di tale termine deve essere determinato in modo tale che gli Stati membri dispongano effettivamente di un termine di sei settimane per disciplinare le modalità pratiche dell’esecuzione di detto trasferimento, termine che, a mio avviso, deve decorrere dal momento in cui il ricorso avverso la decisione di trasferimento o la revisione di tale decisione cessano di avere effetto sospensivo, com’è previsto dall’articolo 28, paragrafo 3, terzo comma, del regolamento Dublino III.

73.      In secondo luogo, ritengo che tale interpretazione della norma giuridica non possa variare a seconda che la sospensione della decisione di trasferimento sia di fatto, sia stata disposta dai giudici nazionali competenti o richiesta dalla persona interessata.

74.      Rammento che, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, di tale regolamento e al fine di assicurare un diritto di ricorso effettivo del richiedente avverso la decisione di trasferimento, gli Stati membri sono tenuti a prevedere nel proprio diritto nazionale che il ricorso o la revisione conferisca all’interessato il diritto di rimanere nello Stato membro richiedente in attesa dell’esito del ricorso o della revisione [lettera a) di tale disposizione], «o» che il trasferimento sia automaticamente sospeso, dopodiché un giudice esamina entro un termine ragionevole se occorra concedere un effetto sospensivo a tale ricorso o a tale revisione [lettera b) di detta disposizione], «o» che all’interessato sia offerta la possibilità di chiedere la sospensione dell’attuazione della decisione di trasferimento in attesa dell’esito del ricorso o della revisione della medesima [lettera c) della medesima disposizione].

75.      Come risulta dai termini impiegati dal legislatore dell’Unione all’articolo 27, paragrafo 3, di detto regolamento e, in particolare, dalla congiunzione di coordinamento «o», che quest’ultimo utilizza alle lettere a) e b) di tale disposizione, si tratta in effetti di misure alternative.

76.      In primo luogo, rilevo che, all’articolo 28, paragrafo 3, terzo comma, del regolamento Dublino III, il legislatore fa decorrere il termine di sei settimane dal momento in cui il ricorso o la revisione non hanno più effetto sospensivo «ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3» di tale regolamento. Il legislatore calcola quindi tale termine in modo identico sia che la sospensione della decisione di trasferimento sia di fatto, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, lettera a), di detto regolamento, sia che essa sia stata disposta dal giudice nazionale competente, nell’ambito dell’articolo 27, paragrafo 3, lettera b), del regolamento Dublino III o chiesta dall’interessato in virtù della possibilità offertagli dall’articolo 27, paragrafo 3, lettera c), di tale regolamento.

77.      In secondo luogo, ritengo che, tenuto conto del margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, di detto regolamento, per quanto riguarda la forma e le modalità della sospensione della decisione di trasferimento, il termine di sei settimane di cui all’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento Dublino III possa essere soltanto un termine oggettivo che decorre dal momento in cui cessa l’effetto sospensivo del ricorso avverso la decisione di trasferimento o della revisione, indipendentemente dalla scelta legislativa operata dagli Stati membri.

78.      Nel caso di specie, dai fatti esposti dal giudice del rinvio nella sua domanda risulta che una siffatta sospensione è stata chiesta dall’Ufficio dell’immigrazione ai sensi del capo 12, articolo 13, della legge sugli stranieri.

79.      Alla luce di tali considerazioni, propongo alla Corte di dichiarare che l’articolo 28, paragrafo 3, terzo comma, del regolamento Dublino III deve essere interpretato nel senso che, nel caso in cui il richiedente abbia proposto ricorso avverso la decisione di trasferimento o abbia chiesto la revisione di tale decisione, gli Stati membri interessati dispongono di un termine di sei settimane per procedere al trasferimento di quest’ultimo, una volta che il ricorso avverso la decisione di trasferimento o la revisione di tale decisione non abbiano più effetto sospensivo, sia che la sospensione sia di fatto, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, lettera a), di tale regolamento, sia che essa sia stata disposta dai giudici nazionali competenti nell’ambito dell’articolo 27, paragrafo 3, lettera b), di detto regolamento o chiesta dall’interessato a norma dell’articolo 27, paragrafo 3, lettera c), del medesimo regolamento.

 C.      Sulla seconda questione pregiudiziale

80.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte se l’articolo 28 del regolamento Dublino III debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale come quella di cui trattasi che consente, ai fini del trasferimento di un richiedente la protezione internazionale dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente, un trattenimento per una durata massima di due mesi in assenza di motivi seri che giustifichino un trattenimento più lungo, per una durata massima di tre mesi qualora sussistano motivi di tal genere e, infine, per una durata massima di dodici mesi qualora sia probabile che l’esecuzione di tale trasferimento richieda più tempo in mancanza di collaborazione da parte del richiedente o dei documenti necessari per l’esecuzione della procedura.

81.      La risposta a tale questione deriva, in primo luogo, dall’interpretazione del testo dell’articolo 28, paragrafo 3, di detto regolamento che ho adottato nell’ambito dell’esame della prima questione pregiudiziale.

82.      Per i motivi che ho appena esposto, ritengo che l’articolo 28, paragrafo 3, di detto regolamento, in una situazione come quella di cui trattasi, debba essere interpretato nel senso che gli Stati membri dispongono di un termine massimo di sei settimane a partire dal trattenimento del richiedente per procedere al suo trasferimento verso lo Stato membro competente.

83.      Orbene, una normativa nazionale come quella di cui trattasi, che consente il trattenimento di un richiedente la protezione internazionale per un periodo superiore a sei settimane e ammette il suo prolungamento fino ad un periodo massimo di dodici mesi, mi sembra nettamente contraria all’interpretazione che occorre adottare del testo di una disposizione vincolante e direttamente applicabile quale l’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento Dublino III e alla forza vincolante che caratterizza quindi i regolamenti dell’Unione.

84.      In secondo luogo, nella misura in cui consentono il prolungamento di tale trattenimento per motivi vaghi, e fino ad un periodo massimo di dodici mesi «qualora sia probabile che l’esecuzione di una decisione di trasferimento richieda un tempo più lungo a causa della mancanza di collaborazione da parte dello straniero o qualora occorra tempo per ottenere i documenti necessari» (14), le disposizioni di tale normativa nazionale, a mio avviso, non soltanto sono contrarie ai principi di necessità e di proporzionalità sui quali deve fondarsi il trattenimento del richiedente la protezione internazionale, ma non soddisfano neanche i requisiti di chiarezza e di prevedibilità che si impongono all’adozione di misure restrittive della libertà.

85.      Rammento che, all’articolo 28 di detto regolamento, il legislatore dell’Unione mira a garantire che le restrizioni all’esercizio del diritto alla libertà del richiedente siano apportate nei limiti di ciò che è strettamente necessario per consentire agli Stati membri interessati di procedere al trasferimento di quest’ultimo.

86.      Da una parte, ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 2, di detto regolamento, il trattenimento di un richiedente la protezione internazionale è consentito soltanto per un motivo, riguardante il comportamento di quest’ultimo, in quanto le autorità devono dimostrare che egli presenti un rischio notevole di fuga.

87.      Dall’altra, tale trattenimento non può essere prolungato oltre i termini espressamente stabiliti dall’articolo 28, paragrafo 3, secondo e terzo comma, del regolamento Dublino III. Tali termini pongono un limite rigoroso all’attuazione della procedura. Il legislatore dell’Unione non prevede alcun motivo in grado di giustificare il prolungamento di detti termini e lo Stato membro richiedente non avrà in definitiva altra scelta che quella di porre fine al trattenimento del richiedente qualora esso non riesca, nei termini stabiliti, a presentare la propria richiesta di (ri)presa in carico o a trasferire tale richiedente.

88.      Orbene, la normativa nazionale si discosta manifestamente da tali principi.

89.      In primo luogo, tale normativa consente il prolungamento del trattenimento.

90.      In secondo luogo, detta normativa fonda il prolungamento di tale misura privativa della libertà sull’esistenza di un rischio o di una eventualità («qualora sia probabile che» (15)), il che è manifestamente contrario al requisito della prevedibilità e non assicura la necessaria certezza del diritto all’individuo trattenuto.

91.      In terzo luogo, la medesima normativa consente il prolungamento del trattenimento del richiedente la protezione internazionale per «motivi seri» non precisati o per altri motivi che, a mio avviso, non sono convincenti.

92.      Infatti, consentendo il prolungamento di tale trattenimento fino ad un periodo massimo di dodici mesi, in quanto è «probabile che l’esecuzione di una decisione di trasferimento richieda un tempo più lungo a causa della mancanza di collaborazione da parte dello straniero o qualora occorra tempo per ottenere i documenti necessari» (16), detta normativa si pone in contraddizione con i motivi per i quali tale trattenimento può essere disposto ai sensi dell’articolo 28, paragrafo 2, del regolamento Dublino III.

93.      Rammento che il trattenimento del richiedente la protezione internazionale ha lo scopo di facilitare gli adempimenti amministrativi e materiali volti al trasferimento di quest’ultimo, garantendo segnatamente che egli rimanga a disposizione delle autorità competenti e non metta a rischio l’esecuzione della procedura di trasferimento. A partire dal momento in cui il richiedente è quindi trattenuto al fine di garantire la corretta esecuzione di tale trasferimento, mi sembra difficile legittimare il prolungamento di una tale misura adducendo la mancanza di collaborazione da parte di quest’ultimo, proprio mentre egli è privato della sua libertà.

94.      Inoltre, per quanto riguarda il motivo vertente sulla mancanza dei documenti necessari per il trasferimento, va ricordato che, all’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2013/33, il legislatore dell’Unione ha espressamente affermato che «[i] ritardi nelle procedure amministrative non imputabili al richiedente non giustificano un prolungamento del trattenimento».

95.      Alla luce di tali elementi, propongo dunque alla Corte di dichiarare che l’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento Dublino III deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale come quella di cui trattasi che consente, ai fini del trasferimento di un richiedente la protezione internazionale dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente, un trattenimento di una durata massima di due mesi in assenza di motivi seri che giustifichino un trattenimento più lungo, di tre mesi qualora sussistano motivi di tal genere e, infine, di dodici mesi qualora sia probabile che l’esecuzione di tale trasferimento richieda più tempo in mancanza di collaborazione da parte del richiedente o dei documenti necessari per l’esecuzione della procedura.

 V.      Conclusione

96.      Alla luce delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni sollevate dal Kammarrätten i Stockholm – Migrationsöverdomstolen (Corte amministrativa d’appello di Stoccolma competente in materia di immigrazione, Svezia):

1)      L’articolo 28, paragrafo 3, primo comma, del regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, deve essere interpretato nel senso che, in una situazione come quella di cui trattasi, nella quale lo Stato membro richiedente ha trattenuto il richiedente la protezione internazionale dopo che lo Stato membro richiesto ha accettato di riprenderlo in carico, tali Stati membri dispongono di un termine di sei settimane, a partire dal trattenimento del richiedente, per procedere all’esecuzione del trasferimento di quest’ultimo.

2)      L’articolo 28, paragrafo 3, terzo comma, del regolamento n. 604/2013 deve essere interpretato nel senso che, nel caso in cui il richiedente abbia proposto ricorso avverso la decisione di trasferimento o abbia chiesto la revisione di quest’ultima, gli Stati membri interessati dispongono di un termine di sei settimane per procedere al trasferimento del richiedente la protezione internazionale, una volta che il ricorso avverso la decisione di trasferimento o la revisione di tale decisione non abbiano più effetto sospensivo, sia che la sospensione sia di fatto, ai sensi dell’articolo 27, paragrafo 3, lettera a), di tale regolamento, sia che essa sia stata disposta dai giudici nazionali competenti nell’ambito dell’articolo 27, paragrafo 3, lettera b), di detto regolamento o chiesta dall’interessato a norma dell’articolo 27, paragrafo 3, lettera c), del medesimo regolamento.

3)      L’articolo 28, paragrafo 3, del regolamento n. 604/2013 deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale come quella di cui trattasi che consente, ai fini del trasferimento di un richiedente la protezione internazionale dallo Stato membro richiedente verso lo Stato membro competente, un trattenimento di una durata massima di due mesi in assenza di motivi seri che giustifichino un trattenimento più lungo, di tre mesi qualora sussistano motivi di tal genere e, infine, di dodici mesi qualora sia probabile che l’esecuzione di tale trasferimento richieda più tempo in mancanza di collaborazione da parte del richiedente o dei documenti necessari per l’esecuzione della procedura.


1      Lingua originale: il francese.


2      Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide (GU 2013, L 180, pag. 31); in prosieguo: il «regolamento Dublino III».


3      GU 2013, L 180, pag. 96.


4      L’articolo 2, lettera n), di detto regolamento definisce il «rischio di fuga» come «la sussistenza in un caso individuale di motivi basati su criteri obiettivi definiti dalla legge per ritenere che un richiedente o un cittadino di un paese terzo o un apolide oggetto di una procedura di trasferimento possa fuggire».


5      SFS 2005, n. 716; in prosieguo: la «legge sugli stranieri».


6      Il corsivo è mio.


7      Il corsivo è mio.


8      V. paragrafo 34 delle presenti conclusioni.


9      V. paragrafo 43 delle presenti conclusioni.


10      V. sentenza del 29 gennaio 2009, Petrosian (C‑19/08, EU:C:2009:41, punti 40 e 44).


11      C‑19/08, EU:C:2009:41.


12      Regolamento del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo, che è stato abrogato dal regolamento Dublino III.


13      V. sentenza del 29 gennaio 2009, Petrosian (C‑19/08, EU:C:2009:41, punto 40).


14      V. capo 10, articolo 4, secondo comma, della legge sugli stranieri. Il corsivo è mio.


15      V. capo 10, articolo 4, secondo comma, della legge sugli stranieri. Il corsivo è mio.


16      V. capo 10, articolo 4, secondo comma, della legge sugli stranieri. Il corsivo è mio.