CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
MANUEL CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA
presentate il 30 aprile 2019 (1)
Cause riunite C‑508/18 e C‑82/19 PPU
Minister for Justice and Equality
contro
O.G.
e
P.I.
[domande di pronuncia pregiudiziale proposte dalla Supreme Court (Corte Suprema, Irlanda) e della High Court (Alta Corte, Irlanda)
«Questione pregiudiziale – Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale – Decisione quadro 2002/584/GAI – Articolo 6, paragrafo 1 – Mandato d’arresto europeo – Nozione di “autorità giudiziaria” – Pubblico ministero – Indipendenza dal potere esecutivo»
1. Nelle mie conclusioni relative alla causa Özçelik (2) osservavo che, «[a]nche se sarei tentato di dare già una risposta generale alla questione della legittimazione dei pubblici ministeri degli Stati membri ad emettere [mandati d’arresto europei], ritengo che il presente procedimento pregiudiziale non sia l’occasione adatta», poiché in detta causa occorreva accertare se il pubblico ministero potesse emettere un mandato d’arresto nazionale (in prosieguo: «MAN») ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro 2002/584/GAI (3).
2. L’occasione si presenta ora, nel contesto di due questioni pregiudiziali con le quali due giudici irlandesi chiedono se il pubblico ministero tedesco possa essere qualificato come «autorità giudiziaria» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro e, in quanto tale, sia competente ad emettere un mandato d’arresto europeo (in prosieguo: «MAE»).
I. Contesto normativo
A. Diritto dell’Unione. Decisione quadro 2002/584
3. I considerando 5, 6 e 10 sono del seguente tenore:
«(5) L’obiettivo dell’Unione di diventare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia comporta la soppressione dell’estradizione tra Stati membri e la sua sostituzione con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie. (…)
(6) Il mandato d’arresto europeo previsto nella presente decisione quadro costituisce la prima concretizzazione nel settore del diritto penale del principio di riconoscimento reciproco che il Consiglio europeo ha definito il fondamento della cooperazione giudiziaria.
(…)
(10) Il meccanismo del mandato d’arresto europeo si basa su un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri. L’attuazione di tale meccanismo può essere sospesa solo in caso di grave e persistente violazione da parte di uno Stato membro dei principi sanciti all’articolo 6, paragrafo 1, del trattato sull’Unione europea, constatata dal Consiglio in applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, dello stesso trattato, e con le conseguenze previste al paragrafo 2 dello stesso articolo».
4. Ai sensi dell’articolo 1 («Definizione del mandato d’arresto europeo ed obbligo di darne esecuzione»):
«1. Il mandato d’arresto europeo è una decisione giudiziaria emessa da uno Stato membro in vista dell’arresto e della consegna da parte di un altro Stato membro di una persona ricercata ai fini dell’esercizio di un’azione penale o dell’esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privative della libertà.
2. Gli Stati membri danno esecuzione ad ogni mandato d’arresto europeo in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni della presente decisione quadro.
3. L’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i fondamentali principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del trattato sull’Unione europea non può essere modificata per effetto della presente decisione quadro».
5. L’articolo 6 («Determinazione delle autorità giudiziarie competenti») così dispone:
«1. Per autorità giudiziaria emittente si intende l’autorità giudiziaria dello Stato membro emittente che, in base alla legge di detto Stato, è competente a emettere un mandato d’arresto europeo.
2. Per autorità giudiziaria dell’esecuzione si intende l’autorità giudiziaria dello Stato membro di esecuzione che, in base alla legge di detto Stato, è competente dell’esecuzione del mandato di arresto europeo.
3. Ciascuno Stato membro comunica al Segretariato generale del Consiglio qual è l’autorità competente in base al proprio diritto interno».
B. Diritto nazionale. Il Gerichtsverfassungsgesetz (4)
6. Ai sensi dell’articolo 146:
«I funzionari dell’ufficio della Procura devono attenersi alle direttive ufficiali dei loro superiori».
7. L’articolo 147 stabilisce quanto segue:
«Il potere di vigilanza e di direzione spetta:
1. al ministro federale della Giustizia nei confronti del Procuratore generale federale e dei Procuratori federali;
2. all’Amministrazione della giustizia del Land nei confronti di tutti i funzionari dell’ufficio della Procura del Land interessato;
3. al funzionario di grado più elevato dell’ufficio della Procura presso i tribunali superiori del Land e i tribunali del Land nei confronti di tutti i funzionari dell’ufficio della Procura del rispettivo distretto.
(…)».
8. L’articolo 150 così dispone:
«L’ufficio della Procura è indipendente dai tribunali nell’espletamento dei suoi compiti ufficiali».
9. L’articolo 151 sancisce:
«I pubblici ministeri non possono svolgere funzioni giudiziarie. Inoltre, non possono essere incaricati del controllo sul lavoro dei giudici».
II. Fatti all’origine delle controversie e questioni pregiudiziali
A. Causa C‑508/18
10. Il 13 maggio 2016 l’ufficio della Procura presso il Landgericht Lübeck (Tribunale del Land di Lubecca, Germania) ha emesso un MAE nei confronti di O.G., cittadino lituano residente in Irlanda, per un reato di «omicidio volontario, lesioni personali gravi» asseritamente commesso nel 1995.
11. Dinanzi alla High Court (Alta corte, Irlanda), O.G. si è opposto alla propria consegna, sostenendo, tra l’altro, che l’ufficio della Procura di Lubecca non sarebbe un’«autorità giudiziaria» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro.
12. Con sentenza del 20 marzo 2017 la High Court (Alta Corte) ha respinto il motivo addotto da O.G., in base al rilievo che il diritto tedesco prevede l’indipendenza dell’ufficio della Procura e il potere esecutivo può intervenire solo in circostanze eccezionali, che non ricorrevano nel caso di specie.
13. La sentenza di primo grado è stata confermata in appello dalla Court of Appeal (Corte d’appello, Irlanda), la quale ha applicato i criteri dell’«indipendenza funzionale» e del «funzionamento de facto indipendente», secondo l’approccio elaborato dalla Supreme Court of the United Kingdom (Corte suprema, Regno unito) nella causa Assange v. Swedish Prosecution Authority (5).
14. La Supreme Court (Corte suprema, Irlanda), dinanzi alla quale è stato proposto ricorso, sottopone alla Corte di giustizia, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, le seguenti questioni:
«1) Se l’indipendenza di una procura dal potere esecutivo debba essere stabilita in base alla sua posizione nell’ordinamento giuridico nazionale pertinente. In caso di risposta negativa, quali siano i criteri per determinare la sua indipendenza dal potere esecutivo.
2) Se una procura che, ai sensi del diritto nazionale, è soggetta, direttamente o indirettamente, all’eventuale direzione o alle istruzioni del ministero della Giustizia sia sufficientemente indipendente dal potere esecutivo da poter essere considerata un’autorità giudiziaria ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro.
3) In caso di risposta affermativa, se la procura debba essere anche funzionalmente indipendente dal potere esecutivo e quali siano i criteri per determinare tale indipendenza funzionale.
4) In caso di indipendenza dal potere esecutivo, se una procura che si limita all’avvio e allo svolgimento di indagini e alla garanzia della loro obiettività e legittimità, alla formulazione delle accuse, all’esecuzione di decisioni giudiziarie e al perseguimento di reati, e non emette mandati d’arresto nazionali né può svolgere funzioni giudiziarie, sia un’“autorità giudiziaria” ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro.
5) Se la procura di Lubecca sia un’autorità giudiziaria ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro».
B. Causa C‑82/19 PPU
15. Il 15 marzo 2018 la Procura di Zwickau (Germania) ha emesso un MAE nei confronti di P.I. per un totale di sette presunti reati di furto, la cui pena massima cumulativa può raggiungere i dieci anni.
16. Il 12 settembre 2018 la High Court (Alta Corte) ha disposto l’esecuzione del MAE e, per l’effetto, in data 15 ottobre 2018 P.I. è stato arrestato e si trova da allora in stato di privazione della libertà.
17. P.I. si oppone alla propria consegna adducendo che il pubblico ministero non sarebbe un’«autorità giudiziaria» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro.
18. In tale contesto, la High Court (Alta Corte) ha sottoposto alla Corte di giustizia cinque questioni identiche a quelle sollevate dalla Supreme Court (Corte suprema) nella causa C‑508/18, con l’unica differenza che la quinta questione si riferisce al pubblico ministero di Zwickau.
III. Procedimento dinanzi alla Corte
19. Le domande di pronuncia pregiudiziale sono pervenute presso la cancelleria della Corte di giustizia, rispettivamente, il 6 agosto 2018 e il 5 febbraio 2019. Esse sono state sottoposte a trattamento prioritario (C‑508/18) o a procedimento d’urgenza (C‑82/19 PPU).
20. Hanno presentato osservazioni scritte O.G., P.I., il Minister for Justice and Equality (ministro della Giustizia e della Parità, Irlanda), i governi tedesco, austriaco, francese, ungherese, lituano, dei Paesi Bassi e polacco, nonché la Commissione. All’udienza pubblica, tenutasi il 26 marzo 2019 unitamente a quella nella causa C‑509/18, sono comparsi, oltre alle parti che hanno presentato osservazioni scritte – ad eccezione dei governi ungherese e polacco –, i governi danese e italiano.
IV. Analisi
A. Osservazioni preliminari
21. Le prime quattro questioni, formulate in termini identici dalla Supreme Court (Corte suprema) e dalla High Court (Alta Corte), si riassumono nella quinta questione sollevata in entrambi i procedimenti, vale a dire se le procure di Lubecca e Zwickau possano essere qualificati come «autorità giudiziaria ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro».
22. Secondo i due giudici del rinvio, il criterio fondamentale per rispondere a tale questione è l’indipendenza del pubblico ministero dal potere esecutivo. Essi chiedono, pertanto, quali tra i seguenti fattori possano incidere sulla valutazione di detta indipendenza:
– la posizione del pubblico ministero nel diritto nazionale (prima questione);
– l’assoggettamento ad eventuali istruzioni del Ministero della Giustizia (seconda questione); e
– il grado di «indipendenza funzionale» dal Ministero della Giustizia (terza questione).
23. Nel caso in cui sia indipendente dal potere esecutivo, i giudici del rinvio chiedono, inoltre, se il pubblico ministero tedesco, quale organo che svolge le indagini, esercita l’azione penale e dà esecuzione a decisioni giudiziarie, ma non emette mandati d’arresto nazionali né può svolgere funzioni giudiziarie, sia un’«autorità giudiziaria» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro (quarta questione).
24. L’indipendenza è sicuramente la caratteristica istituzionale dell’autorità giudiziaria in uno Stato di diritto (6). Si tratta di una qualità conferita (e richiesta) agli organi giurisdizionali affinché possano assolvere in modo adeguato alla funzione specifica loro affidata dallo Stato, in via esclusiva, secondo il principio della separazione dei poteri. Si tratta di una qualità strumentale, complementare della funzione per la quale è prevista, ma essenziale per l’esistenza di un autentico Stato di diritto.
25. Al fine di qualificare il pubblico ministero come autorità giudiziaria ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro, occorrerà valutare, in primo luogo, se esso eserciti una funzione sostanzialmente equiparabile a quella attribuita al potere giudiziario. In caso affermativo, si dovrà esaminare se esso possa svolgerla in modo indipendente (7).
26. Nelle pronunce della Corte di giustizia su questo punto si possono ravvisare alcune imprecisioni (a volte meramente terminologiche) che hanno dato adito, quanto meno in parte, ai dubbi dei due giudici del rinvio. Ritengo che tali dubbi possano essere risolti se, come da me suggerito, si concentra l’attenzione sul contenuto tipico della funzione giurisdizionale.
27. Nell’esaminare la nozione di «autorità giudiziaria» ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro, la Corte ha dichiarato che essa «richiede, in tutta l’Unione, un’interpretazione autonoma e uniforme» (8) e che «il [suo] senso e la [sua] portata non possono essere lasciati alla discrezionalità dei singoli Stati membri» (9).
28. Per delineare tale nozione autonoma, la Corte ha rilevato che l’espressione «autorità giudiziaria» contenuta in detta disposizione «non si limita a designare i soli giudici o organi giurisdizionali di uno Stato membro, ma consente di ricomprendere, più in generale, le autorità chiamate a partecipare all’amministrazione della giustizia nell’ordinamento giuridico in questione» (10).
29. La possibilità di ampliare il contenuto della nozione in parola non si estende, tuttavia, fino a farvi rientrare i servizi di polizia (11) o un organo del potere esecutivo (12).
30. Nell’esposizione dei motivi che ostano alla qualificazione della polizia o di un organo del potere esecutivo come «autorità giudiziaria», la Corte ha messo in risalto due qualità che devono concorrere in un’istituzione per poter essere considerata un’«autorità giudiziaria» (13):
– in primo luogo, deve trattarsi di autorità che «partecipano all’amministrazione della giustizia», il che implica l’esclusione, conformemente al principio della divisione dei poteri, delle già menzionate autorità governative o di polizia (14);
– in secondo luogo, esse devono essere in grado di assicurare che «ogni decisione in materia di [MAE] benefic[i] di tutte le garanzie proprie di questo tipo di decisioni, in particolare di quelle risultanti dai diritti fondamentali», garantendo che «l’intera procedura di consegna tra Stati membri (…) sia esercitata sotto il controllo giudiziario» (15).
31. Quest’ultimo è decisivo per «assicurare all’autorità giudiziaria dell’esecuzione che l’emissione [del MAE] abbia beneficiato di un (…) controllo giudiziario» (16). In tal modo si preserva il presupposto alla base del principio del riconoscimento reciproco, sancito dall’articolo 1, paragrafo 2, della decisione quadro (17).
32. A mio parere, il primo dei suddetti requisiti, vale a dire quello di partecipare all’amministrazione della giustizia, è sufficiente per non qualificare come «autorità giudiziarie» istituzioni che notoriamente formano parte del potere esecutivo (di nuovo, la polizia o un dipartimento del governo stesso). Tuttavia, a parte la sua idoneità a delimitare il perimetro esterno della nozione (per definirla, quindi, in termini negativi), la sua utilità al fine di elaborare una nozione in positivo (per definire ciò che si trova al suo interno) va collegata al secondo requisito: quello di garantire adeguatamente i diritti fondamentali implicati nella procedura di emissione ed esecuzione dei MAE.
B. La partecipazione all’amministrazione della giustizia
33. Nella sua accezione più stretta, «amministrare la giustizia» equivale ad «esercitare la giurisdizione», vale a dire, a giudicare (ius dicere), ciò che in uno Stato diritto è riservato, in via esclusiva, ai giudici e ai tribunali che costituiscono il potere giudiziario dello Stato (18).
34. Nel settore penale, tuttavia, l’esercizio della giurisdizione da parte dei giudici e dei tribunali può dipendere dall’intervento di altri soggetti e istituzioni. Così, ad esempio, il privato che presenta una querela o l’autorità di polizia che svolge le indagini (o, a fortiori, che esegue un mandato giudiziario di comparizione o qualsiasi altro provvedimento giudiziario) non partecipano all’amministrazione della giustizia, bensì collaborano al suo esercizio.
35. La funzione del pubblico ministero è qualitativamente diversa da quella di tali soggetti, in quanto esso esercita prerogative del pubblico potere ed è quindi autorizzato dalla legge a modificare, entro certi limiti, la situazione giuridica dei cittadini, limitando i loro diritti e le loro libertà o, al contrario, contribuendo al loro godimento.
36. Come ho sostenuto nelle conclusioni relative alla causa Özçelik (19), una caratteristica distintiva del pubblico ministero è «la sua idoneità a partecipare – ove le norme costituzionali o [di legge] dello Stato membro lo prevedano – all’amministrazione della giustizia in quanto strumento dello Stato che dà avvio alle azioni penali e che, in tale ambito, può anche adottare, quanto meno in via provvisoria e per periodi di tempo limitati, provvedimenti di custodia o detentivi o decisioni equivalenti, prima che i detenuti siano tradotti dinanzi al giudice chiamato a pronunciarsi sulla loro libertà o reclusione».
37. La partecipazione del pubblico ministero all’amministrazione della giustizia assume varie forme e non è opportuno trasporre meccanicamente o automaticamente soluzioni pensate per determinati settori ad altri settori di natura diversa.
38. Così, ad esempio, l’articolo 2 della direttiva 2014/41/UE (20) menziona i pubblici ministeri tra le autorità che possono emettere un ordine europeo d’indagine (21). La direttiva (UE) 2016/800 (22), al suo considerando 47, qualifica il pubblico ministero come «autorità giudiziaria» (23), ma unicamente ai fini della richiesta al vero organo giurisdizionale del riesame periodico della detenzione di minori.
39. Tali riferimenti devono essere analizzati attentamente. Come ho sostenuto nelle conclusioni relative alla causa Özçelik, (24), «non si può porre sullo stesso piano l’intervento del pubblico ministero nei due settori (quello relativo alla libertà, interessato dalla detenzione delle persone, e quello della raccolta delle prove). In altre parole, il riconoscimento del pubblico ministero come autorità giudiziaria nella direttiva 2014/41/UE ai fini degli ordini di indagine non implica necessariamente che detto riconoscimento debba essere parimenti esteso alla decisione quadro, ai fini dei MAE».
40. In quel contesto esponevo che si tratta, «[t]uttavia, [di un] dato normativo [che] fornisce un solido sostegno alla tesi favorevole ad un’interpretazione ampia della nozione di “autorità giudiziaria”, che consenta di considerare come tale il pubblico ministero nel contesto delle modalità di cooperazione penale (compresa quella del MAE) cui fa riferimento l’articolo 82 TFUE» (25).
41. Il pubblico ministero può dunque intervenire in modo qualificato nei procedimenti penali, sia traducendo le persone dinanzi al giudice, alle condizioni che illustrerò nel prosieguo, sia fornendo a quest’ultimo il materiale probatorio che potrebbe servire da fondamento per una condanna. Nel primo caso, esso si avvale delle sue prerogative di pubblico potere per adottare, in via meramente provvisoria e temporanea, misure restrittive della libertà.
42. Tutto ciò nell’osservanza del principio di legalità e assicurando il rispetto (26), in particolare, dei diritti individuali, che devono essere debitamente ponderati al momento dell’adozione di provvedimenti che ne limitino l’esercizio.
43. Ciò che rileva, specificamente, nel caso in esame, è se la natura giudiziaria del pubblico ministero, indiscutibile nel settore dell’assunzione delle prove (o in altri settori della cooperazione penale), sia tale anche in quello dell’emissione di un MAE, vale a dire, nel contesto dell’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro.
44. A mio avviso, la risposta deve essere negativa.
45. È ben vero che, nella sentenza del 10 novembre 2016, Özçelik (27), la Corte ha statuito che un MAN emesso dal pubblico ministero costituisce una «decisione giudiziaria» ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro, in quanto si tratta di una decisione adottata da un soggetto che deve essere considerato un’«autorità giudiziaria» (28).
46. È altresì vero che tale affermazione era basata sulla necessità di garantire la coerenza fra detta disposizione e l’articolo 6, paragrafo 1, della stessa decisione quadro. Riguardo a quest’ultimo, la Corte ha rammentato, richiamando la sentenza Poltorak, che «la nozione di “autorità giudiziaria” deve intendersi nel senso che designa le autorità che partecipano all’amministrazione della giustizia penale degli Stati membri, ad esclusione dei servizi di polizia» (29).
47. Tuttavia, la sentenza Poltorak, in realtà, aveva delimitato in termini negativi la nozione di «autorità giudiziaria» (30), nell’accezione di cui all’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro, al fine di applicarla all’interpretazione dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della medesima decisione quadro.
48. Per contro, ritengo che, per delimitare in termini positivi il contenuto di tale disposizione, la sentenza Özçelik non potesse contare sull’ausilio della sentenza Poltorak. A tale proposito, la sentenza Özçelik è giunta autonomamente alla conclusione che, poiché «il pubblico ministero costituisce un’autorità chiamata a partecipare all’amministrazione della giustizia penale di uno Stato membro (…), la decisione di una siffatta autorità deve essere considerata una “decisione giudiziaria”, ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro» (31).
49. Sennonché, a mio avviso, a parte l’esclusione dei servizi di polizia (32), ciò che vale per l’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro non vale necessariamente per l’articolo 6, paragrafo 1, della medesima decisione quadro (33).
50. Desidero chiarire che il fatto di sottoscrivere senza difficoltà che il pubblico ministero, in quanto partecipante all’amministrazione della giustizia, possa essere qualificato come autorità che emette una «decisione giudiziaria» con le caratteristiche del MAN, nell’accezione di cui all’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro, non implica necessariamente sottoscrivere ciò ai fini dell’articolo 6, paragrafo 1, di detta decisione quadro. Anzi, al contrario, non lo implica.
51. In altre parole, mentre ritengo, come ho sostenuto nelle conclusioni relative alla causa Özçelik, che il pubblico ministero possa emettere un MAN, ritengo pure che esso non possa adottare un MAE. Per il caso in cui potesse sembrare, a prima vista, che tale posizione sia diversa da quella che ho assunto nella suddetta causa (34), tenterò di spiegare perché le cose non stanno così.
C. Il ruolo principale delle autorità giudiziarie nella procedura istituita dalla decisione quadro
52. Nella causa Özçelik occorreva accertare se un provvedimento del pubblico ministero ungherese, con cui era stato convalidato un mandato d’arresto emesso dalla polizia, potesse essere considerato una «decisione giudiziaria» ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 1, lettera c), della decisione quadro.
53. Se la Corte ha risposto a tale questione in senso affermativo è perché, nelle circostanze di quel caso, «la convalida del mandato d’arresto [di polizia] da parte del pubblico ministero garantisce all’autorità giudiziaria di esecuzione che il [MAE] è fondato su una decisione che ha beneficiato di un controllo giudiziario» (35).
54. A mio parere, il «controllo giudiziario» che il pubblico ministero può svolgere su un mandato d’arresto emesso dalla polizia è circoscritto alla verifica delle condizioni cui la legge subordina la possibilità di porre una persona sotto custodia senza un esplicito mandato giudiziario. Generalmente, in tutti gli Stati membri la detenzione o l’arresto disposti dal pubblico ministero possono avere solo una durata limitata, prima che l’arrestato sia rimesso in libertà o tradotto dinanzi al giudice (36). In altri termini, il pubblico ministero non potrebbe, a mio avviso, convalidare un arresto di polizia le cui condizioni e i cui effetti oltrepassassero quelli dell’arresto che può disporre esso stesso.
55. Nella sua funzione di garante della legalità e, per estensione, dei diritti individuali, il pubblico ministero è quindi in grado di assicurare che la persona ricercata in vista dell’esercizio di azioni penali «abbia già potuto beneficiare, in una prima fase della procedura, delle garanzie procedurali e dei diritti fondamentali, la cui tutela deve essere garantita dall’autorità giudiziaria dello Stato membro di emissione, in base alla normativa nazionale applicabile, segnatamente in vista dell’adozione di un mandato d’arresto nazionale» (37).
56. Tuttavia, a tale prima o iniziale garanzia deve aggiungersene una seconda, ossia quella dell’emissione del MAE. Per riprendere i termini della sentenza Bob‑Dogi, «alla tutela giudiziaria prevista al primo livello, nell’ambito dell’adozione di una decisione giudiziaria nazionale, come un [MAN], si aggiunge quella che deve essere garantita al secondo livello, in sede di emissione del [MAE], la quale può eventualmente intervenire in tempi brevi, dopo l’adozione della suddetta decisione giudiziaria nazionale» (38).
57. La tutela che occorre prestare a tale secondo livello – quello dell’emissione del MAE – deve tuttavia ponderare un elemento fondamentale che non ricorre al primo livello della procedura: l’eventualità di una privazione molto più duratura della libertà, nello Stato membro dell’esecuzione. È questa una circostanza rilevante che, a mio avviso, consiglia di per sé di riservare l’emissione del MAE ai giudici e ai tribunali, con esclusione del pubblico ministero, come esporrò nel prosieguo.
58. Ai sensi della decisione quadro, la persona nei confronti della quale è stato emesso un MAE può essere privata della libertà personale nello Stato membro dell’esecuzione per un periodo di tempo che, in talune circostanze, può raggiungere i centoventi giorni (39).
59. Si tratta dunque di un termine nettamente superiore a quello normalmente previsto per le detenzioni disposte dal pubblico ministero, che sono sempre soggette alla decisione quasi immediata di un giudice o di un tribunale.
60. Non mi sembra, ripeto, una questione marginale. Il Minister for Justice and Equality (Ministro della Giustizia e della Parità) ha affermato (40) che, senza minimizzare l’importanza dell’indipendenza di qualsiasi organo che emetta un MAE, i suoi requisiti dovrebbero essere meno rigorosi in tale situazione di quanto non dovrebbero essere se si trattasse di una decisione in merito alla colpevolezza o all’innocenza dell’interessato.
61. Non condivido questa tesi. Ritengo che la possibilità di una privazione della libertà per un periodo prolungato come quello che può comportare l’esecuzione di un MAE sia sufficiente per esigere che il suo responsabile sia dotato di un’indipendenza altrettanto rigorosa quanto quella che viene garantita soltanto agli organi giurisdizionali stricto sensu.
62. Nel caso di un MAN, la privazione della libertà inizialmente disposta dal pubblico ministero deve essere controllata e riesaminata da un giudice o da un tribunale entro un breve lasso di tempo. Questi ultimi, inoltre, valutano direttamente e immediatamente i fatti e le circostanze che giustificano la decisione di privare della libertà la persona tradotta in stato di custodia davanti ad essi.
63. Al contrario, nel caso di un MAE, l’autorità giudiziaria dello Stato membro dell’esecuzione deve principalmente tenere conto, per quanto riguarda la situazione personale del ricercato, dell’obiettivo di garantire la consegna. È vero che la decisione sulla rimessa in libertà provvisoria deve essere adottata conformemente al diritto interno dello Stato membro dell’esecuzione (41), ma, per quanto riguarda l’entità dei motivi alla base del MAN, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione non può che fidarsi della valutazione di chi, dopo avere accolto e fatto proprio il MAN, abbia deciso di emettere un MAE (42).
64. Affinché il MAE fornisca all’autorità giudiziaria dell’esecuzione le necessarie garanzie, occorre che il soggetto che lo emette possa dimostrare la perfetta regolarità del MAN che ne costituisce il fondamento, in particolare che esso sia stato adottato nel dovuto rispetto delle garanzie processuali e dei diritti fondamentali. Ciò spetta soltanto ai titolari della giurisdizione.
65. Certamente, al primo livello di tutela – quello dell’emissione del MAN – il pubblico ministero può fornire garanzie a tal riguardo, ma solo in via provvisoria e fintantoché la sua decisione non sia confermata da un giudice o tribunale, unica autorità idonea a prestare una tutela giurisdizionale effettiva ai sensi dell’articolo 47 della Carta.
66. La tutela giurisdizionale effettiva è, in sostanza, la tutela fornita dal soggetto che esercita la giurisdizione, ossia da quell’autorità che, applicando irrevocabilmente il diritto al caso concreto, garantisce che il procedimento normativo e decisionale che conduce all’applicazione definitiva delle disposizioni normative dell’ordinamento (ius dicere) si sia svolto nella forma stabilita da quest’ultimo.
67. Nello Stato di diritto, tale funzione è prerogativa dei giudici e dei tribunali e di nessun’altra autorità, comprese quelle che partecipano all’amministrazione della giustizia, come il pubblico ministero. Queste ultime, a differenza del giudice, non sono soggette esclusivamente alla legge e non presentano il medesimo grado di indipendenza dei giudici (43), oltre ad essere sempre soggette all’ultima parola degli organi giurisdizionali (44).
68. Se il MAN viene eseguito nello Stato membro in cui è emesso, l’azione del pubblico ministero potrà essere controllata ex post dal giudice o dal tribunale dinanzi al quale comparirà la persona in stato di custodia, sempre che non sia già stata rimessa in libertà. Se il MAN non può essere eseguito perché la persona ricercata si trova in un altro Stato membro ed è necessario un MAE, il controllo giudiziario della regolarità del MAN verrà svolto nel momento in cui sarà accertata la necessità di emettere un MAE. Nell’uno come nell’altro caso, sarà stata pienamente fornita la garanzia giurisdizionale sancita dall’articolo 47 della Carta.
69. Viceversa, qualora il pubblico ministero potesse emettere un MAE, il secondo livello di tutela nell’ambito della procedura prevista dalla decisione quadro sarebbe prestato alle condizioni di perentorietà e di provvisorietà che sono proprie delle garanzie assicurate dal pubblico ministero.
70. Inoltre, si permetterebbe che una decisione, come il MAE, idonea a comportare una notevole privazione della libertà della persona ricercata nello Stato membro di esecuzione, sia adottata da un soggetto al quale, nello Stato di emissione, è consentito disporre una simile detenzione soltanto entro limiti di durata molto brevi e con riserva di un immediato controllo giurisdizionale.
71. A ciò si aggiunga che solo il giudice o tribunale è in grado di ponderare adeguatamente la proporzionalità nell’emissione di un MAE (45).
72. È vero che, come discusso in udienza, esiste la possibilità che l’adozione di un MAE da parte di un pubblico ministero venga impugnata dinanzi a un tribunale dello stesso Stato di emissione. Tuttavia, tale eventualità avrebbe conseguenze che, a mio avviso, la rendono sconsigliabile.
73. In primo luogo, essa renderebbe più difficile l’esercizio dei diritti della difesa da parte del ricercato. Ciò in quanto, da un lato, è molto probabile che, in ragione della sua assenza, egli abbia conoscenza dell’emissione di un MAE soltanto nel momento in cui viene arrestato nello Stato membro dell’esecuzione. Dall’altro, in quanto egli dovrebbe esercitare il proprio diritto di difesa senza la garanzia dell’immediatezza.
74. In secondo luogo, tale possibilità di riesame comporterebbe un ulteriore prolungamento della procedura di consegna, con conseguente pregiudizio alla libertà della persona ricercata, nel caso in cui il MAE sia stato adottato e, ai fini della sua esecuzione, sia stato emanato un ordine di custodia cautelare.
75. Si potrebbe ovviare a tutte queste difficoltà, con la massima economia, se, anziché attribuire ai tribunali dello Stato di emissione unicamente il potere di riesaminare un MAE emesso dal pubblico ministero, si conferisse loro direttamente la competenza ad emetterlo, conformemente all’obiettivo cui è ispirata la decisione quadro.
76. I giudici del rinvio partono dalla premessa che il pubblico ministero tedesco non possa emettere un MAN (46). Ciò è stato espressamente confermato in udienza dal governo tedesco, il quale ha insistito sul fatto che si tratta di una facoltà esclusiva dei tribunali. Pertanto, se, in Germania, il pubblico ministero non può emettere un MAN né esercitare funzioni giurisdizionali, non vedo come esso possa adottare una decisione le cui conseguenze potrebbero comportare, nello Stato membro dell’esecuzione, una notevole privazione della libertà della persona ricercata, come avviene nel caso del MAE. Sarebbe paradossale se esso non avesse il potere di adottare l’atto “minore” (emettere un MAN di breve durata) ma avesse il potere di adottare l’atto “maggiore” (emettere un MAE che può determinare un periodo di detenzione molto più lungo).
77. Se, invece, come avviene in altri Stati membri, il pubblico ministero tedesco fosse autorizzato a disporre l’arresto di una persona, seppur in circostanze eccezionali ed entro determinati limiti, prescindere da tali vincoli ai fini dell’emissione di un MAE significherebbe che il pubblico ministero potrebbe operare nello Stato membro dell’esecuzione in modo più ampio di quanto gli sia consentito in quello di emissione.
78. Infine, e in un’ottica diversa, come ho avuto occasione di esporre nelle conclusioni relative alla causa Özçelik (47) e come dovrò ricordare in quelle relative alla causa C‑509/18 (48), i lavori preparatori relativi all’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro sembrano indicare che la volontà del legislatore fosse nel senso di escludere il pubblico ministero dalla nozione di autorità giudiziaria ai sensi di detta disposizione. Pur riconoscendo il valore degli argomenti delle parti che sostengono il contrario, e cioè che la scomparsa del riferimento al pubblico ministero, contenuto nella prima versione di detto articolo, implicherebbe un ampliamento della nozione di «autorità giudiziaria», ritengo che sia più ragionevole interpretarla come una restrizione di tale nozione.
D. La garanzia dell’indipendenza
79. Il governo tedesco sostiene che, secondo la Corte, il criterio decisivo non sarebbe tanto quello della totale indipendenza del pubblico ministero, quanto quello della sua appartenenza al potere giudiziario (49). A parere di detto governo, l’indipendenza del pubblico ministero non va confusa con l’indipendenza della giustizia, in quanto le attività del pubblico ministero, diversamente da quelle del giudice, non esigono una totale separazione dall’attività del potere esecutivo, nel senso del divieto di controllo o di istruzioni (50).
80. Non condivido tale impostazione.
81. Allo stesso modo in cui «esist[e] uno stretto legame tra la natura di una decisione giudiziaria e la qualità di autorità giudiziaria del soggetto che la adotta» – come ho sostenuto nelle conclusioni relative alla causa Poltorak (C‑452/16 PPU, EU:C:2016:782, paragrafo 34) – esiste altresì uno stretto legame tra l’indipendenza di un’autorità e la qualità delle sue decisioni. In altri termini, la qualità giudiziaria di un’autorità dipende dalla natura e dalla portata della sua indipendenza.
82. Ritengo che il livello di indipendenza esigibile dipenda dall’attività per la quale lo si pretende. L’indipendenza richiesta all’autorità che emette un MAN potrebbe non essere altrettanto rigorosa di quella richiesta ad un organo giudiziario, proprio perché detto MAN è in ogni caso soggetto a un controllo giurisdizionale definitivo e immediato.
83. L’emissione di un MAE comporta l’avvio di una procedura che, come ho già ribadito, può sfociare in un ingerenza molto pesante nella sfera di libertà della persona interessata. Il controllo giudiziario che deve essere svolto nello Stato membro di esecuzione del MAE non può raggiungere lo stesso livello di immediatezza, di intensità e di completezza di quello esercitato dal giudice emittente in relazione al MAN che è all’origine del mandato europeo.
84. L’indipendenza del soggetto che emette un MAE dovrebbe pertanto essere massima, come è possibile soltanto per un organo giurisdizionale in senso stretto (51). E deve esserlo in quanto l’autorità giudiziaria dell’esecuzione può accogliere un MAE soltanto se esso offre tutte le garanzie di una decisione giudiziaria, ossia di una decisione resa da un organo giurisdizionale che, per essere tale, gode dell’indipendenza caratteristica – ed esclusiva – del potere giudiziario.
85. La Corte è stata particolarmente rigorosa quando ha affermato, nella sentenza del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), che «non soltanto la decisione relativa all’esecuzione del mandato d’arresto europeo ma anche quella concernente l’emissione di un siffatto mandato [devono essere] adottate da un’autorità giudiziaria che soddisfi i requisiti inerenti a una tutela giurisdizionale effettiva – tra cui la garanzia di indipendenza» (52).
86. La medesima sentenza contiene alcune affermazioni perentorie sull’indipendenza delle autorità coinvolte nell’emissione e nella ricezione dei MAE:
– «[l]’alto grado di fiducia tra gli Stati membri su cui poggia il meccanismo del mandato d’arresto europeo si fonda (…) sulla premessa secondo cui i giudici penali degli altri Stati membri (…) soddisfano i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva, tra cui figurano, segnatamente, l’indipendenza e l’imparzialità di detti giudici» (53);
– «affinché sia garantita tale tutela, è di primaria importanza preservare l’indipendenza di detti organi, come confermato dall’articolo 47, secondo comma, della Carta, che menziona l’accesso a un giudice “indipendente” tra i requisiti connessi al diritto fondamentale a un ricorso effettivo (sentenza del 27 febbraio 2018, Associação Sindical dos Juízes Portugueses, C‑64/16, EU:C:2018:117, punto 41)» (54).
87. Orbene, tale indipendenza dell’autorità nazionale che emette il MAE presuppone che «l’organo interessato eserciti le sue funzioni in piena autonomia, senza essere soggetto ad alcun vincolo gerarchico o di subordinazione nei confronti di alcuno e senza ricevere ordini o istruzioni da alcuna fonte, con la conseguenza di essere quindi tutelato dagli interventi o dalle pressioni esterne idonei a compromettere l’indipendenza del giudizio dei suoi membri e a influenzare le loro decisioni» (55).
88. Tali affermazioni, tanto categoriche quanto pertinenti di fronte a situazioni nelle quali potrebbe essere messa a rischio l’indipendenza dei giudici, non possono essere trascurate quando si tratti di decisioni giudiziarie che incidono sulla libertà delle persone. Sarebbe paradossale se, dopo le recenti pronunce della Corte di giustizia in materia di indipendenza dei giudici, si abbassasse il livello dei requisiti, riconoscendo come autorità giudiziaria indipendente un soggetto che può essere obbligato a seguire le istruzioni di altri poteri.
89. Ad avviso della Commissione (56), il requisito secondo cui l’organo che emette un MAE non deve essere soggetto a direttive o istruzioni discende non tanto dall’esigenza che si tratti di un’autorità dotata di indipendenza giudiziaria (che, a parere della Commissione, non fa parte della nozione di «autorità giudiziaria» di cui alla decisione quadro), quanto dalla volontà del legislatore della decisione quadro di spoliticizzare la procedura di MAE rispetto all’estradizione classica.
90. Infatti, la decisione quadro ha l’obiettivo di sostituire il sistema di estradizione tradizionale, caratterizzato da una significativa componente politica di opportunità, con un sistema di consegna tra autorità giudiziarie, fondato sul principio del reciproco riconoscimento e sull’elevato livello di fiducia tra gli Stati membri (57).
91. Il binomio autorità giudiziaria/indipendenza può essere dissociato soltanto in quelle fasi della procedura di emissione di un MAE nelle quali sono sufficienti le garanzie fornite da un’autorità che, pur non essendo un organo giurisdizionale, può essere qualificata come «autorità giudiziaria» per i motivi esposti ai paragrafi da 36 a 50 delle presenti conclusioni. In tal caso, sono sufficienti l’imparzialità e l’obiettività caratteristiche del pubblico ministero.
92. Tuttavia, quando si tratta di adottare misure che possono incidere in modo più grave sulla libertà delle persone, la procedura per la loro adozione non può che essere di natura giurisdizionale in senso proprio e, pertanto, essere riservata al potere giudiziario, vale a dire a un potere indipendente sensu stricto.
93. In altri termini, «autorità giudiziaria» equivale a «potere giudiziario» (id est, potere indipendente) qualora l’esercizio del pubblico potere possa comportare un pregiudizio alla libertà individuale tanto grave quanto quello provocato dalla procedura di esecuzione di un MAE, all’origine del quale si trova necessariamente l’autorità giudiziaria che lo ha emesso. Se tale nozione può essere ampliata fino a comprendere altre istituzioni, come il pubblico ministero, ciò può avvenire laddove i loro atti siano soggetti a un controllo giurisdizionale relativamente immediato, come accade per i MAN (ma non quando viene stato emesso un MAE).
94. La natura giudiziaria della procedura istituita dalla decisione quadro, diversamente dalla natura politica dell’estradizione classica, implica per l’appunto che detta procedura sia riservata esclusivamente – in linea di principio – al potere giudiziario, il che significa affidarla, per definizione, a un potere (radicalmente) indipendente (58). Resta salva la possibilità che talune fasi siano affidate, sempre con riserva del pertinente controllo giurisdizionale, ad altre istituzioni. Ciò sarebbe il caso, ad esempio, dell’emissione del MAN che deve precedere ogni MAE.
95. Orbene, il governo tedesco ammette apertamente che, per quanto avvenga eccezionalmente nella pratica, il pubblico ministero può ricevere direttive e istruzioni dal potere esecutivo (59). Questa sola possibilità è già sufficiente per escludere che esso goda dell’indipendenza giudiziaria, concettualmente incompatibile con ogni minima direttiva o istruzione, per quanto teoriche o eccezionali possano essere e a prescindere dalla circostanza che la loro trasmissione avvenga o meno secondo una procedura formale.
96. L’indipendenza, come già rilevato, è incompatibile con qualsiasi «vincolo gerarchico o di subordinazione nei confronti di alcuno». I titolari del potere giudiziario sono inoltre indipendenti di fronte agli organi giurisdizionali superiori, i quali, pur potendone riesaminare ed annullare le decisioni a posteriori, non possono comunque ordinare loro come pronunciarsi.
97. Per contro, dalla struttura gerarchica dell’ufficio della Procura in Germania appare l’esistenza di tale subordinazione: a tenore dell’articolo 147 del GVG, il Ministero federale della Giustizia o i suoi equivalenti nei Länder controllano e dirigono l’attività del pubblico ministero ai rispettivi livelli territoriali. Dal canto loro, i funzionari di rango più elevato di ciascuna Procura presso le Corti superiori o regionali controllano e dirigono l’attività dei funzionari dei livelli inferiori (60).
98. In udienza è emerso che esistono notevoli differenze tra i Länder per quanto riguarda la politica istituzionale che disciplina il pubblico ministero. In alcuni Länder le istruzioni al pubblico ministero possono avvenire solo in forma scritta e pubblica, mentre in altri sono ammesse quelle orali. Non mancano, poi, i Länder che hanno deciso di non avvalersi in alcun caso di tale facoltà.
99. Questa diversità si aggiunge a quella ravvisabile tra gli Stati membri per quanto riguarda l’autonomia istituzionale e funzionale del pubblico ministero. Sebbene approfondisca tale aspetto nelle mie conclusioni relativa alla causa C‑509/18 (61), rilevo qui che la diversità dei regimi imporrebbe all’autorità giudiziaria dell’esecuzione di accertare in ciascun caso, in funzione dello Stato membro di provenienza del MAE, quale sia il grado di indipendenza del pubblico ministero emittente. In particolare, essa dovrebbe verificare se possano essergli impartite istruzioni dal Ministero della Giustizia e se tale ipotesi ricorra nel caso specifico del MAE che le è stato sottoposto. L’inevitabile conseguenza sarebbe il prolungamento sistematico della procedura di esecuzione del MAE (con le eventuali ripercussioni sulla durata della privazione della libertà dell’arrestato) e l’aggiunta di una formalità incompatibile con la semplificazione che il legislatore ha voluto apportare a tale meccanismo di cooperazione giudiziaria.
V. Conclusione
100. Alla luce di quanto precede, suggerisco alla Corte di rispondere alla Supreme Court (Corte suprema, Irlanda) e alla High Court (Alta corte, Irlanda) nei termini seguenti:
«L’articolo 6, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/584/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d’arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri, come modificata dalla decisione quadro 2009/299/GAI del Consiglio, del 26 febbraio 2009, deve essere interpretato nel senso che la nozione di “autorità giudiziaria emittente” non comprende il pubblico ministero».