Language of document : ECLI:EU:C:2012:595

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 27 settembre 2012 (1)

Cause riunite C‑356/11 e C‑357/11

O. (C‑356/11),

S.

contro

Maahanmuuttovirasto

e

Maahanmuuttovirasto (C‑357/11)

contro

L.

[domande di pronuncia pregiudiziale
presentate dal Korkein hallinto-oikeus (Finlania)]

«Cittadinanza dell’Unione – Diritto al ricongiungimento familiare – Applicabilità dei principi elaborati nella sentenza Ruiz Zambrano – Soggiornante, genitore di un minore cittadino dell’Unione nato da una prima unione – Diritto di soggiorno del nuovo coniuge del soggiornante, cittadino di uno Stato terzo – Diniego basato sulla mancanza di sufficienti mezzi di sussistenza – Diritto al rispetto della vita familiare – Obbligo di prendere in considerazione l’interesse del figlio minorenne»





1.        Il diritto di soggiorno nel territorio di uno Stato membro di un cittadino di uno Stato terzo può derivare dalla cittadinanza dell’Unione del bambino, di cui egli non è il genitore ma il patrigno?

2.        Questa, in sostanza, è la domanda posta alla Corte dal Korkein hallinto-oikeus (Finlandia) nell’ambito di due domande di pronuncia pregiudiziale.

3.        Tali domande rientrano nell’ambito di controversie sorte tra il Maahanmuuttovirasto (Ufficio nazionale dell’immigrazione) e la sig.ra S., cittadina ghanese (causa C356/11) e la sig.ra L., cittadina algerina (causa C357/11) (2), le quali chiedono entrambe un permesso di soggiorno a favore dei rispettivi coniugi, i sigg. O. e M., cittadini di Stati terzi (3), sulla base del diritto al ricongiungimento familiare sancito dalla direttiva 2003/86/CE (4). Il Maahanmuuttovirasto ha respinto dette domande ritenendo che i richiedenti non disponessero di sufficienti mezzi di sussistenza ai fini del loro soggiorno nel territorio finlandese.

4.        Il giudice del rinvio si interroga sulla conformità di simili decisioni alla luce dei principi che la Corte ha individuato nella sentenza Ruiz Zambrano (5) e dell’interpretazione da essa accolta delle disposizioni del Trattato FUE relative alla cittadinanza dell’Unione. Infatti, le sig.re S. e L. hanno entrambe la responsabilità esclusiva per il mantenimento di un figlio nato da un primo matrimonio, cittadino dell’Unione. Di conseguenza, il giudice del rinvio si chiede se, considerate le circostanze legate alla situazione familiare degli interessati, il Maahanmuuttovirasto non fosse tenuto ad accordare i permessi di soggiorno ai richiedenti al fine di evitare che i figli, affidati per il mantenimento in via esclusiva alle soggiornanti, siano costretti ad abbandonare il territorio dell’Unione europea e vengano così privati del godimento dei diritti ad essi conferiti dallo status di cittadini dell’Unione.

5.        Con le questioni poste, il giudice del rinvio invita pertanto la Corte a precisare la portata e i limiti dei principi sanciti nella citata sentenza Ruiz Zambrano, nel particolare contesto di una famiglia ricostituita nella quale il richiedente non ha alcuna responsabilità genitoriale né economica nei confronti del figlio cittadino dell’Unione.

I –    Contesto normativo

A –    Normativa dell’Unione

1.      La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

6.        L’articolo 7 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (6) stabilisce che ogni individuo ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare.

7.        Inoltre, ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 2, della Carta, in tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente. Ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 3, della Carta, il bambino ha diritto di intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo qualora ciò sia contrario al suo interesse.

2.      La direttiva 2003/86

8.        La direttiva 2003/86/CE fissa le condizioni dell’esercizio del diritto al ricongiungimento familiare di cui dispongono i cittadini di Stati terzi che risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri. Ai sensi del secondo considerando, tale direttiva rispetta i diritti fondamentali e in particolare il diritto al rispetto della vita familiare sancito dall’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (7) e dalla Carta.

9.        L’articolo 4 della suddetta direttiva definisce la cerchia di persone, membri della famiglia del soggiornante, che possono beneficiare a tale titolo di un permesso di soggiorno. Tra queste, e conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2003/86, figura il coniuge del soggiornante.

10.      Per quanto riguarda le modalità di esame della domanda di ricongiungimento familiare, il legislatore dell’Unione impone agli Stati membri, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 5, della suddetta direttiva, di tenere in considerazione l’interesse superiore dei minori. Ai sensi dell’articolo 17 della direttiva stessa, in caso di rigetto di una domanda, di ritiro o di mancato rinnovo del permesso di soggiorno o di adozione di una misura di allontanamento nei confronti del soggiornante o dei suoi familiari, gli Stati membri debbono altresì prendere in considerazione la natura e la solidità dei vincoli familiari della persona e la durata del suo soggiorno nello Stato membro, nonché l’esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo paese d’origine.

11.      Tuttavia, gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità nell’attuare le condizioni necessarie per l’esercizio del diritto al ricongiungimento. Infatti, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 2003/86, essi possono chiedere al soggiornante di disporre di risorse stabili e regolari sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari senza ricorrere al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato.

B –    La normativa finlandese

12.      Ai sensi dell’articolo 37, paragrafo 1, della legge sugli stranieri (Ulkomaalaislaki), il coniuge di una persona residente in Finlandia è considerato come un membro della famiglia.

13.      In forza dell’articolo 39, paragrafo 1, della suddetta legge, il rilascio di un permesso di soggiorno è subordinato alla condizione che lo straniero disponga di sufficienti mezzi di sussistenza. Tuttavia, le autorità competenti possono derogare a tale condizione se ciò sia giustificato da ragioni straordinariamente rilevanti ovvero lo esiga l’interesse del figlio.

14.      Infine, ai sensi dell’articolo 66 bis di detta legge, e allorché il permesso di soggiorno è richiesto in base all’esistenza di un legame familiare, le autorità competenti, in sede di valutazione, debbono prendere in considerazione la natura e la solidità dei legami familiari dello straniero, la durata del suo soggiorno nello Stato membro interessato nonché l’esistenza di vincoli familiari, culturali e sociali col suo Stato di origine.

II – Fatti dei procedimenti principali

A –    La causa C‑356/11

15.      La sig.ra S. è una cittadina ghanese in possesso di un permesso di soggiorno permanente in Finlandia. Il 4 luglio 2001 si è unita in matrimonio con un cittadino finlandese dal quale ha avuto un figlio nato l’11 luglio 2003. Quest’ultimo, essendo in possesso della cittadinanza finlandese, è cittadino dell’Unione. Tuttavia, non ha mai fatto uso del suo diritto alla libera circolazione. La sig.ra S. si è vista affidare la responsabilità esclusiva per il mantenimento del figlio dal 2 giugno 2005, poi ha divorziato il 19 ottobre 2005. Il padre del minore risiede in Finlandia. Come emerge dalla decisione di rinvio, durante il soggiorno in Finlandia la sig.ra S. ha studiato, ha fruito di un congedo di maternità, ha appreso una professione ed esercitato un’attività lavorativa retribuita.

16.      Il 26 giugno 2008 la sig.ra S. ha sposato il sig. O., cittadino ivoriano. Sulla base di tale titolo, quest’ultimo ha chiesto al Maahanmuuttovirasto il rilascio di un permesso di soggiorno. Dalla loro unione, il 21 novembre 2009 è nato in Finlandia un figlio di cittadinanza ghanese affidato alla responsabilità congiunta dei genitori. Il sig. O. vive allo stesso domicilio della sig.ra S. e dei suoi due figli. Dalla decisione di rinvio emerge che il 1° gennaio 2010 il sig. O. ha sottoscritto per un anno un contratto di lavoro che prevede un orario lavorativo di otto ore giornaliere ed una retribuzione oraria di EUR 7,50. Tuttavia, egli non avrebbe presentato documenti che attestino se abbia effettivamente lavorato conformemente a tale contratto.

17.      Con decisione adottata il 21 gennaio 2009 il Maahanmuuttovirasto ha respinto la domanda di permesso di soggiorno formulata dal sig. O., sulla base dell’articolo 39, paragrafo 1, prima frase, della legge sugli stranieri, ritenendo che quest’ultimo non disponesse di sufficienti mezzi di sussistenza. Esso inoltre non ha ritenuto necessario derogare a tale condizione, come consentito dalla suddetta legge qualora lo richiedano ragioni straordinariamente rilevanti ovvero lo esiga l’interesse superiore del figlio.

18.      Lo Helsingin hallinto-oikeus (tribunale amministrativo di Helsinki) (Finlandia) ha poi respinto il ricorso di annullamento presentato contro la suddetta decisione. Di conseguenza, il sig. O. e la sig.ra S. hanno impugnato tale pronuncia dinanzi al giudice del rinvio.

B –    La causa C‑357/11

19.      La causa C‑357/11 presenta forti analogie con la causa C‑356/11, in quanto il legame tra il figlio cittadino dell’Unione e il richiedente rientra anch’esso nel quadro di una famiglia ricostituita. Per contro, i fatti di cui alla causa principale divergono, in particolare, per quanto riguarda il luogo di residenza attuale del richiedente.

20.      Nella causa de qua la sig.ra L. è una cittadina algerina in possesso di un permesso di soggiorno permanente a seguito del suo matrimonio con un cittadino finlandese. Da tale unione è nato nel 2004 un figlio di nazionalità finlandese che non ha mai fatto uso del suo diritto alla libera circolazione. In seguito al divorzio, pronunciato il 10 dicembre 2004, la sig.ra L. ha ottenuto la responsabilità esclusiva per il mantenimento del figlio. Il padre di quest’ultimo risiede in Finlandia.

21.      Il 19 dicembre 2006 la sig.ra L. si è unita in matrimonio al sig. M., cittadino algerino. Nel marzo 2006 quest’ultimo è giunto legalmente in Finlandia, chiedendo asilo politico e dichiarando che avrebbe vissuto con la sig.ra L. a partire dall’aprile 2006. Nel mese di ottobre 2006 egli è stato rimpatriato nel suo Stato di origine. Il 29 novembre 2006 la sig.ra L. ha chiesto al Maahanmuuttovirasto il rilascio di un permesso di soggiorno per il sig. M. sulla base del loro matrimonio e, il 14 gennaio 2007, la sig.ra L. ha dato alla luce un figlio di cittadinanza algerina, affidato alla responsabilità congiunta della coppia. Non vi sono prove che il sig. M. abbia incontrato suo figlio.

22.      Come emerge dalla decisione di rinvio, durante il suo soggiorno in Finlandia la sig.ra L. non ha mai svolto un’attività lavorativa retribuita, traendo il proprio reddito da un sussidio sociale e da altre prestazioni.

23.      Per le stesse ragioni esposte in sede di esame della domanda di permesso di soggiorno del sig. O. nella causa C‑356/11, il Maahanmuuttovirasto ha respinto la richiesta di permesso di soggiorno del sig. M. Per contro, tale decisione è stata annullata dallo Helsingin hallinto-oikeus, cosa che ha indotto il Maahanmuuttovirasto a impugnare tale pronuncia dinanzi al giudice del rinvio.

24.      Nelle presenti domande di pronuncia pregiudiziale il giudice del rinvio si interroga sull’applicabilità dei principi elaborati dalla Corte nella sentenza Ruiz Zambrano, precedentemente citata. Difatti, esso si chiede se, considerato il rifiuto, da parte del Maahanmuuttovirasto, di accordare un permesso di soggiorno ai richiedenti, le loro mogli e i figli del cui mantenimento esse sono responsabili non siano in realtà costretti a lasciare il territorio dell’Unione per poter vivere insieme.

III – Le questioni pregiudiziali

25.      È dunque in tale contesto, e al fine di dissipare i propri dubbi, che il Korkein hallinto-oikeus ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali, formulate in termini identici per quanto riguarda la prima questione.

–      Nella causa C‑356/11:

«1)      Se l’articolo 20 TFUE osti a che ad un cittadino di uno Stato terzo sia negato il permesso di soggiorno a causa della mancanza di mezzi di sussistenza, in una situazione familiare in cui il coniuge del cittadino medesimo è responsabile per il mantenimento del figlio, cittadino dell’Unione, ed in cui il cittadino dello Stato terzo non ne è genitore né responsabile per il mantenimento.

2)      In caso di soluzione negativa della prima questione, se l’efficacia dell’articolo 20 TFUE debba essere valutata altrimenti, qualora il cittadino dello Stato terzo senza permesso di soggiorno, il suo coniuge ed il figlio, per il cui mantenimento il coniuge è responsabile, e che è cittadino dell’Unione, vivano insieme».

–      Nella causa C‑357/11:

«1)      Se l’art. 20 TFUE osti a che ad un cittadino di uno Stato terzo sia negato il permesso di soggiorno a causa della mancanza di mezzi di sussistenza, in una situazione familiare in cui il coniuge del cittadino medesimo è responsabile per il mantenimento del figlio, cittadino dell’Unione, ed in cui il cittadino dello Stato terzo non ne è genitore né responsabile per il mantenimento, né convive col coniuge o col figlio in questione.

2)      In caso di soluzione negativa della prima questione, se l’efficacia dell’articolo 20 TFUE debba essere valutata altrimenti, qualora il cittadino dello Stato terzo senza permesso di soggiorno, che non vive in Finlandia, ed il coniuge abbiano un figlio comune, per il cui mantenimento condividano la responsabilità, il quale vive in Finlandia ed è cittadino di uno Stato terzo».

26.      Le parti delle controversie di cui alle cause principali, i governi danese, tedesco, italiano, olandese e polacco, nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni.

IV – Analisi

27.      Con le sue prime questioni il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni del Trattato in materia di cittadinanza dell’Unione debbano essere interpretate nel senso che conferiscono al cittadino di uno Stato terzo un permesso di soggiorno nello Stato membro in cui risiedono legalmente il suo coniuge, anch’egli cittadino di uno Stato terzo, e il figlio di quest’ultimo, cittadino dell’Unione nato da un primo matrimonio, e ciò malgrado il fatto che il richiedente non disponga di sufficienti mezzi di sussistenza.

28.      La presente questione invita la Corte a precisare la portata e i limiti dei principi da essa individuati nella sentenza Ruiz Zambrano, precedentemente citata, nel particolare contesto di una famiglia ricostituita nella quale uno dei genitori è responsabile in via esclusiva per il mantenimento di un figlio, cittadino dell’Unione, nato da un precedente matrimonio.

29.      Il problema è sapere se, alla luce della suddetta giurisprudenza, lo Stato membro sia tenuto a rilasciare al richiedente un permesso di soggiorno anche se questi non è il genitore del figlio cittadino dell’Unione e non ha alcuna responsabilità genitoriale nei suoi confronti, per evitare di costringere la nuova famiglia a lasciare il territorio dell’Unione e, conseguentemente, privare il figlio, secondo la formula utilizzata dalla Corte, «del godimento reale ed effettivo dei diritti connessi allo status di cittadino dell’Unione».

30.      Nel caso in cui la Corte giudicasse che lo Stato membro non è tenuto ad accordare tale permesso, il giudice del rinvio chiede, con le seconde questioni, se le suddette disposizioni del Trattato debbano essere interpretate diversamente, considerate le circostanze legate alla situazione familiare di ciascun richiedente. Nella causa C‑356/11 il richiedente, il coniuge e il figlio cittadino dell’Unione vivono in Finlandia sotto lo stesso tetto. Nella causa C‑357/11, invece, il richiedente è tornato nel suo Stato di origine, ma ha avuto dal coniuge un figlio cittadino di uno Stato terzo, che risiede in Finlandia ed è affidato alla responsabilità congiunta dei due genitori (8).

31.      Prenderò le suddette questioni in esame alla luce non solo delle disposizioni del Trattato in materia di cittadinanza dell’Unione e in particolare dell’articolo 20 del Trattato, ma altresì della direttiva 2003/86.

32.      Non le esaminerò invece nella prospettiva delle disposizioni relative al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri, che rientrano nell’ambito della direttiva 2004/38/CE (9), poiché non ritengo che quest’ultima sia applicabile.

33.      Come emerge da una consolidata giurisprudenza, dalla direttiva 2004/38 a trarre diritti di ingresso e di soggiorno in uno Stato membro non sono tutti i cittadini di Stati terzi, bensì unicamente quelli che risultino familiari, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, della detta direttiva, di un cittadino dell’Unione che abbia esercitato il suo diritto alla libera circolazione, stabilendosi in uno Stato membro diverso dallo Stato membro di cui egli ha la cittadinanza (10). Infatti, come ricordato ancora recentemente dalla Corte nella sentenza Dereci e a. (11), un cittadino dell’Unione, che non abbia mai fatto uso del suo diritto alla libera circolazione e che abbia sempre soggiornato in uno Stato membro di cui possiede la cittadinanza, non rientra nella nozione di «avente diritto», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, per cui quest’ultima non gli è applicabile. Ora, di conseguenza, neppure il suo familiare può ritenersi incluso in tale nozione, dato che i diritti conferiti dalla suddetta direttiva non sono diritti originari, bensì diritti derivati, acquisiti nella qualità di familiari dell’avente diritto (12).

34.      Nel caso di specie, i cittadini dell’Unione interessati, ossia i figli delle sig.re S. e L., non hanno mai fatto uso del loro diritto alla libera circolazione e hanno sempre soggiornato in Finlandia, lo Stato membro del quale possiedono la cittadinanza. Pertanto ritengo, come sottolineato del resto dalla Commissione nelle sue osservazioni, che essi non rientrino nella nozione di «avente diritto», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2004/38, e di conseguenza quest’ultima non è applicabile né a loro né ai loro familiari.

A –    Sull’applicabilità delle norme del Trattato in materia di cittadinanza dell’Unione

35.      Occorre innanzitutto rilevare che, in qualità di cittadini di uno Stato membro, i figli delle sig.re S. e L. godono dello status di cittadino dell’Unione in forza dell’articolo 20, paragrafo 1, TFUE e possono pertanto avvalersi, anche nei confronti dello Stato membro di cui sono cittadini, dei diritti connessi a tale status.

36.      È sulla base di tale disposizione che la Corte si è opposta, in sostanza, nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Ruiz Zambrano, a provvedimenti nazionali che abbiano l’effetto di privare i cittadini dell’Unione del godimento reale ed effettivo dei diritti attribuiti dal loro status di cittadini dell’Unione (13).

37.      In detta causa la Corte era invitata a precisare se da un divieto di soggiorno e di permesso di lavoro opposto da uno Stato membro a un cittadino di uno Stato terzo derivasse una simile conseguenza quando tale cittadino aveva a proprio carico i figli in tenera età i quali, in quanto cittadini del suddetto Stato membro, possedevano la cittadinanza dell’Unione. La Corte ha dichiarato che un divieto di tal genere avrebbe portato alla conseguenza che tali figli si sarebbero trovati costretti ad abbandonare il territorio dell’Unione per accompagnare i loro genitori il che li avrebbe privati, di fatto, della possibilità di godere realmente dei diritti attribuiti dallo status di cittadino dell’Unione (14).

38.      Non ritengo che tali principi possano essere applicati a situazioni come quelle oggetto dei procedimenti principali.

39.      Infatti, i procedimenti principali presentano differenze sostanziali rispetto alla causa che ha dato origine alla citata sentenza Ruiz Zambrano.

40.      Come emerge dagli elementi del fascicolo, i richiedenti non sono i genitori dei bambini in tenera età cittadini dell’Unione. Essi non assumono alcuna responsabilità genitoriale nei loro confronti e non garantiscono la loro sussistenza. I suddetti bambini sono, di fatto, affidati alla responsabilità esclusiva delle rispettive madri, le quali di conseguenza sono le uniche ad occuparsi del loro mantenimento e della loro educazione. Pertanto, la decisione del Maahanmuuttovirasto che respinge la domanda di permesso di soggiorno dei richiedenti non priva i cittadini dell’Unione del loro padre e neppure dei mezzi di sussistenza, poiché questi ultimi sono assicurati dalle rispettive madri, uniche titolari del diritto di affidamento, le quali, lo ricordo, godono di un permesso di soggiorno permanente in Finlandia.

41.      Certo, non posso escludere che le sig.re S. e L. scelgano di seguire i mariti nel rispettivo Stato di origine al fine di preservare l’unità della loro vita familiare. Il fatto che i loro figli posseggano la cittadinanza dell’Unione del resto non può tradursi in una «assegnazione di residenza» a loro favore nello spazio dell’Unione nonostante le autorità giudiziarie dell’Unione stesse abbiano attribuito loro la piena potestà genitoriale.

42.      In ogni caso, ove esse scegliessero di partire – il che mi sembra poco probabile, in particolare, nella causa C‑357/11 per le ragioni che mi accingo ad esporre – i figli in tenera età, cittadini dell’Unione, non avrebbero effettivamente altra scelta se non quella di lasciare il territorio dell’Unione e perderebbero, di conseguenza, il godimento dei diritti loro attribuiti dallo status di cittadino dell’Unione. Peraltro, a mio parere, l’abbandono del territorio dell’Unione sarebbe liberamente deciso dalle loro madri per un motivo legato al mantenimento della vita familiare e non sarebbe imposto in forza dell’attuazione della normativa nazionale.

43.      Orbene, se si fa riferimento ai principi che la Corte ha individuato nella citata sentenza Dereci e a., non penso che tale motivo possa bastare ad integrare una violazione dell’articolo 20 TFUE. Infatti, nella causa che ha dato luogo alla suddetta sentenza, la Corte ha accolto un’interpretazione particolarmente restrittiva dei criteri sanciti nella citata sentenza Ruiz Zambrano. Al punto 68 della sua analisi, essa ha in particolare precisato, riguardo a un cittadino dell’Unione, che la mera circostanza che a questi possa apparire auspicabile che un membro della sua famiglia, cittadino di uno Stato terzo, ottenga un permesso di soggiorno per ragioni economiche o per motivi legati al mantenimento dell’unità familiare, non basta di per sé a far ritenere che il cittadino dell’Unione sia costretto ad abbandonare il territorio dell’Unione qualora un tale diritto non gli venga concesso.

44.      I motivi legati alla partenza del cittadino dell’Unione dal territorio di quest’ultima sono dunque particolarmente circoscritti nella giurisprudenza della Corte. Essi riguardano situazioni in cui il cittadino dell’Unione non ha altra scelta se non quella di seguire l’interessato al quale è stato negato il diritto di soggiorno, poiché è a carico di questi e ne dipende quindi totalmente per garantire la propria sussistenza e sovvenire ai propri bisogni.

45.      Tali situazioni possono riguardare genitori, cittadini di Stati terzi, che hanno a loro carico figli in tenera età, cittadini dell’Unione, come avveniva nella causa che ha dato origine alla citata sentenza Ruiz Zambrano. Potrebbero altresì riguardare figli maggiorenni che hanno a proprio carico un genitore a causa di malattia o di invalidità. Tali situazioni non possono invece riguardare il cittadino di uno Stato terzo che non ha, nei confronti di un cittadino dell’Unione, alcuna responsabilità, genitoriale o economica. Infatti, se così fosse, rischieremmo di fondare un diritto di soggiorno a favore dei cittadini di uno Stato terzo sulla sola base dell’articolo 20 TFUE e al di fuori delle disposizioni di diritto derivato espressamente previste dal legislatore dell’Unione nell’ambito, in particolare, della direttiva 2003/86.

46.      Non ritengo che vi sia ragione di modificare tale valutazione alla luce delle specifiche circostanze considerate dal giudice del rinvio nell’ambito delle sue seconde questioni pregiudiziali.

47.      Per quanto riguarda la causa C‑356/11, la situazione familiare del richiedente è caratterizzata dal fatto che egli vive in Finlandia e coabita con sua moglie e con il figlio di quest’ultima.

48.      Evidentemente, tale circostanza non permette di dimostrare un legame di filiazione tra il richiedente e il cittadino dell’Unione e non modifica la conclusione secondo la quale, nonostante la coabitazione della coppia, soltanto la madre del bambino cittadino dell’Unione, avendo la responsabilità esclusiva per il suo mantenimento ed esercitando un’attività lavorativa retribuita, ne garantisce la sussistenza. Al riguardo, occorre ricordare che il richiedente non ha dimostrato di svolgere effettivamente un’attività lavorativa retribuita.

49.      Per quanto riguarda la causa C‑357/11, la situazione familiare del richiedente è caratterizzata dal fatto che egli è stato rimpatriato nel suo Stato di origine ed ha, assieme alla moglie, un figlio cittadino di uno Stato terzo che risiede in Finlandia ed è affidato alla responsabilità congiunta dei due genitori.

50.      A mio avviso, da tale circostanza non può derivare alcuna conseguenza quanto all’interpretazione dell’articolo 20 TFUE da me proposta poiché, quanto alla presenza di un altro figlio, cittadino di uno Stato terzo, essa non si riferisce allo status stesso del figlio cittadino dell’Unione.

51.      Certo, la presenza di questo secondo figlio può determinare la decisione della madre di seguire il marito nel suo Stato di origine costringendo, di conseguenza, il figlio cittadino dell’Unione ad abbandonare il territorio di quest’ultima. Orbene, come ho detto, una tale conseguenza deriverebbe non da un obbligo imposto dall’attuazione della legislazione nazionale, ma piuttosto da una decisione deliberata della madre.

52.      Le circostanze della causa C‑357/11 lo dimostrano in modo particolarmente efficace. Infatti, dagli elementi del fascicolo emerge che il richiedente non ha mai incontrato suo figlio. In altri termini, dal momento in cui il richiedente ha fatto ritorno nel suo Stato di origine, la sig.ra L., madre del bambino cittadino dell’Unione, non si è mai recata in Algeria per rivedere il marito e presentargli suo figlio. Parimenti, e anche se non risulta che il suo allontanamento sia accompagnato da un provvedimento di divieto di ingresso nel territorio, il richiedente non ha ritenuto necessario far visita ai membri della sua famiglia rimasti in Finlandia. Se si tiene conto del fatto che la sig.ra L. risiede legalmente in Finlandia da nove anni, periodo durante il quale ha dato alla luce un primo figlio di cittadinanza finlandese, che è in possesso di un permesso di soggiorno permanente in tale paese nonché di un reddito e che ha vissuto con il suo compagno solo per un periodo relativamente breve di sette mesi, non è scontato che essa scelga di raggiungere il marito nel suo Stato di origine, costringendo così il figlio, cittadino dell’Unione, ad abbandonarne il territorio. Il fatto che quest’ultimo possa dunque essere privato del nucleo essenziale di diritti a lui conferiti dallo status di cittadino dell’Unione dipende pertanto, anzitutto, dalle incognite e/o dalla volubilità della vita coniugale di sua madre piuttosto che da un obbligo imposto dall’attuazione della normativa nazionale.

53.      Alla luce di tutti gli elementi che precedono, ritengo, conseguentemente, che l’articolo 20 TFUE debba essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro neghi a un cittadino di uno Stato terzo il soggiorno sul suo territorio in ragione del fatto che egli non possiede sufficienti mezzi di sussistenza, qualora tale cittadino voglia vivere con il coniuge, cittadino di uno Stato terzo legalmente soggiornante nel suddetto Stato membro, e con il figlio cittadino dell’Unione nato dal primo matrimonio del coniuge.

54.      Ritengo inoltre che tale disposizione non debba essere interpretata diversamente quando, in circostanze come quelle delle controversie di cui ai procedimenti principali, il cittadino dello Stato terzo coabiti con il coniuge e con il figlio di quest’ultimo sul territorio dello Stato membro interessato. L’articolo 20 TFUE non va interpretato diversamente neppure quando tale cittadino abbia fatto ritorno nel suo Stato di origine ma abbia, assieme al coniuge, un figlio cittadino di uno Stato terzo residente nello Stato membri interessato e affidato alla responsabilità congiunta dei due genitori.

55.      Per contro, ciò non influisce sulla questione se ai richiedenti debba essere accordato un permesso di soggiorno in forza del diritto relativo alla tutela della vita familiare e, in particolare, del diritto al ricongiungimento familiare sancito nell’ambito della direttiva 2003/86. Infatti, i permessi di soggiorno richiesti nei procedimenti principali mirano a permettere il ricongiungimento di cittadini di Stati terzi con i rispettivi coniugi, i quali godono di un permesso di soggiorno permanente, e con il loro figlio comune (15).

B –    Il diritto al ricongiungimento familiare

56.      Le condizioni in base alle quali un cittadino di uno Stato terzo che risiede legalmente sul territorio di uno Stato membro può esercitare il diritto al ricongiungimento familiare sono stabilite nella direttiva 2003/86. Tale direttiva è applicabile quando detto cittadino disponga di un permesso di soggiorno di durata superiore o pari a un anno, quando abbia una fondata prospettiva di ottenere un permesso di soggiorno permanente e, infine, quando i suoi familiari siano cittadini di Stati terzi.

57.      Tutte queste condizioni sono presenti nell’ambito dei procedimenti principali, poiché le soggiornanti, rispettivamente di cittadinanza ghanese e algerina, sono in possesso di un permesso di soggiorno permanente in Finlandia e chiedono il rilascio di un permesso di soggiorno per i rispettivi coniugi, cittadini di Stati terzi, al fine di mantenere l’unità familiare.

58.      Di conseguenza, la direttiva 2003/86 è applicabile agli interessati.

59.      Secondo la Corte, l’autorizzazione al ricongiungimento familiare è la regola generale (16). Tuttavia, gli Stati membri possono subordinarla al rispetto di un certo numero di condizioni previste agli articoli 6‑8 della stessa direttiva. In particolare, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), di tale direttiva, gli Stati membri possono esigere la prova che il soggiornante dispone di risorse stabili, regolari e sufficienti per mantenere se stesso e i suoi familiari senza ricorrere al sistema di assistenza sociale dello Stato membro interessato.

60.      È sulla base di tale disposizione, e in particolare dell’articolo 39, paragrafo 1, della legge sugli stranieri, che il Maahanmuuttovirasto ha respinto le domande delle sig.re S. e L. volte al riconoscimento di un diritto al ricongiungimento familiare. Inoltre, esso ha considerato che non vi fosse motivo di derogare al principio stabilito nella suddetta disposizione, ritenendo che le circostanze non fossero straordinariamente rilevanti e che l’interesse superiore dei minori non lo richiedesse.

61.      Alla luce dei principi sanciti nell’ambito della direttiva 2003/86 e della giurisprudenza della Corte, ritengo importante che il giudice del rinvio si accerti che le decisioni del Maahanmuuttovirasto siano effettivamente state adottate nel rispetto della vita familiare delle sig.re S. e L. e, in particolare, siano state prese in considerazione dell’interesse superiore dei minori interessati.

62.      Vero è che la Corte riconosce che gli Stati membri dispongono di un certo potere discrezionale nell’esame delle domande di ricongiungimento familiare (17) e, in particolare, nell’attuazione dei criteri definiti nell’ambito della direttiva 2003/86.

63.      Tuttavia, per quanto riguarda il criterio definito dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera c), della detta direttiva, nella sentenza Chakroun, citata in precedenza, la Corte ha dichiarato che tale disposizione doveva essere interpretata restrittivamente, in modo da non pregiudicare l’obiettivo della direttiva, che è di favorire il ricongiungimento familiare, e il suo effetto utile (18). Inoltre, la Corte ha ritenuto che gli Stati membri dovessero esercitare la loro discrezionalità alla luce del diritto al rispetto della vita familiare, che è sancito dall’articolo 8 della CEDU ed è garantito negli stessi termini dall’articolo 7 della Carta (19). A questo proposito, la Corte si è riferita al secondo considerando della direttiva 2003/86, con cui il legislatore dell’Unione richiede che le misure in materia di ricongiungimento familiare siano adottate in conformità con l’obbligo di protezione della famiglia e di rispetto della vita familiare come consacrato nelle suddette disposizioni.

64.      In pratica, cosa significa questo ai fini dell’esame effettuato dal giudice del rinvio?

65.      Per rispondere alla domanda è utile ricordare la griglia di analisi adottata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo sulla quale la giurisprudenza della Corte è ampiamente basata.

66.      Secondo la Corte europea dei diritti dell’uomo, il diritto al rispetto della vita familiare non garantisce, in generale, il diritto di scegliere il luogo più adatto per sviluppare una vita familiare (20).

67.      Essa peraltro afferma che, poiché la CEDU non garantisce, a favore di uno straniero, alcun diritto di entrare o risiedere nel territorio di un determinato Stato, gli Stati hanno il diritto di controllare l’ingresso dei non cittadini sul proprio suolo, fatti salvi, evidentemente, gli impegni internazionali da essi conclusi. Inoltre, in materia di immigrazione, la Corte europea dei diritti dell’uomo ritiene che gli Stati non siano obbligati a rispettare la scelta, da parte di coppie coniugate, della loro comune residenza e a consentire il ricongiungimento familiare nel proprio territorio (21).

68.      Essa ammette, tuttavia, che la decisione di uno Stato adottata in materia di immigrazione e di ricongiungimento familiare può pregiudicare il diritto al rispetto della vita familiare, in particolare quando tale decisione mira ad allontanare una persona da uno Stato nel quale vivono alcuni dei suoi familiari (22).

69.      Di conseguenza, la Corte europea dei diritti dell’uomo richiede che la decisione de qua sia adottata conformemente ai requisiti sanciti dall’articolo 8, paragrafo 2, della CEDU. Nell’ambito di un’analisi caso per caso, essa esamina quindi se tale decisione era effettivamente «prevista dalla legge», ispirata da un obiettivo legittimo, come il mantenimento dell’ordine pubblico, e «necessaria in una società democratica» ed effettua un test di proporzionalità.

70.      Il punto decisivo della sua analisi consiste nel sapere se, in ciascun caso di specie, sia stato garantito un giusto equilibrio tra l’interesse generale, gli interessi della coppia e, eventualmente, quelli del figlio.

71.      Nell’ambito della sua analisi, la Corte europea dei diritti dell’uomo esamina numerosi fattori, legati alla situazione individuale e familiare di ognuna delle persone interessate.

72.      Per quanto riguarda il richiedente, essa prende in considerazione la sua cittadinanza nonché la natura dei legami sociali, culturali e familiari che questi ha stretto con lo Stato ospite e con lo Stato di origine. Essa tiene inoltre conto, se del caso, della durata del suo matrimonio e della nascita di figli legittimi nonché di ogni altro elemento che indichi il carattere effettivo della vita familiare della coppia. Per quanto riguarda il coniuge, la Corte europea dei diritti dell’uomo è attenta alla natura e alla gravità delle difficoltà cui egli potrebbe trovarsi di fronte nello Stato di origine del richiedente (23).

73.      Nella ponderazione dei diversi interessi in gioco, l’interesse superiore del figlio costituisce, a suo avviso, la considerazione determinante e può, a seconda della sua natura e gravità, prevalere su quello dei genitori (24). L’interesse del figlio esige che vengano mantenuti i legami tra lui e la sua famiglia. Di conseguenza, la Corte europea dei diritti dell’uomo ritiene che solo circostanze eccezionali possano, in linea di principio, portare ad una rottura del legame familiare e che si debba fare di tutto per mantenere le relazioni personali e l’unità familiare o «ricostituire» la famiglia (25).

74.      A questo proposito, la Corte europea dei diritti dell’uomo prende in considerazione numerose circostanze individuali legate al figlio, al fine di determinarne nel modo migliore l’interesse e di garantirne il benessere. In particolare, essa tiene conto della sua età e della sua maturità nonché del suo livello di dipendenza dai genitori e, a questo riguardo, prende in considerazione la presenza o l’assenza di questi ultimi. Essa inoltre si interessa all’ambiente nel quale il figlio vive e alla situazione nello Stato di origine del genitore interessato, al fine di valutare le difficoltà cui egli potrebbe trovarsi di fronte in detto Stato (26).

75.      Tenendo conto di tutti i suddetti elementi, e ponderandoli con l’interesse generale dello Stato, la Corte europea dei diritti dell’uomo valuta se quest’ultimo, nella sua decisione, abbia garantito un giusto equilibrio e rispettato le prescrizioni dell’articolo 8 della CEDU.

76.      Nell’attuazione della direttiva 2003/86, gli Stati membri sono altresì tenuti a bilanciare i diversi interessi presenti, tenendo conto in particolare di quelli del minore. La Corte lo ha espressamente riconosciuto nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza Parlamento/Consiglio, facendo riferimento in larga misura alla giurisprudenza che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha elaborato riguardo all’articolo 8 della CEDU (27).

77.      Ricordo che il diritto al rispetto della vita familiare è garantito dall’articolo 7 della Carta negli stessi termini dell’articolo 8, paragrafo 1, della CEDU, il che significa, in forza dell’articolo 52, paragrafo 3, della Carta, che il significato e la portata di tale diritto debbono essere determinati tenendo conto della giurisprudenza elaborata al riguardo dalla Corte europea per i diritti dell’uomo (28).

78.      Ricordo altresì che, in forza della giurisprudenza della Corte, il diritto al rispetto della vita privata e familiare garantito dall’articolo 7 della Carta dev’essere letto in correlazione con l’obbligo di prendere in considerazione il superiore interesse del minore, sancito dall’articolo 24, paragrafo 2, della Carta medesima (29). In altri termini, e conformemente alle esigenze di tale ultima disposizione, gli Stati membri debbono considerare preminente l’interesse superiore del minore quando adottano, tramite un’autorità pubblica o privata, un atto legislativo relativo ai minori. Tale esigenza è espressamente richiamata all’articolo 5, paragrafo 5, della direttiva 2003/86. Gli Stati membri debbono inoltre assicurarsi che il minore possa intrattenere regolarmente relazioni personali e contatti diretti con i due genitori (30).

79.      Alla luce dei suddetti elementi, ritengo pertanto che spetterà al giudice nazionale valutare se, nell’attuazione dei criteri definiti dalla direttiva 2003/86 e nei limiti della discrezionalità di cui dispone lo Stato membro in materia, l’autorità nazionale competente abbia proceduto ad una valutazione giusta ed equilibrata degli interessi rispettivi di tutti, in particolare al fine di rispettare la vita familiare degli interessati e di determinare la soluzione migliore per il minore. In tale contesto, tale giudice dovrà svolgere un esame approfondito dell’insieme della situazione familiare e tener conto delle circostanze particolari del caso di specie, di ordine tanto fattuale quanto affettivo, psicologico e materiale.

80.      Desidero tuttavia svolgere alcune osservazioni relative alla situazione degli interessati in ciascuno dei casi di specie.

81.      Nell’ambito della causa C‑356/11, si pone il problema del «proseguimento» della vita familiare in Finlandia, poiché il richiedente vive insieme alla soggiornante, al loro figlio comune e al figlio cittadino dell’Unione.

82.      Vero è che il richiedente non ha dimostrato di esercitare un’attività lavorativa retribuita idonea a fornirgli risorse sufficienti per rispondere al requisito posto dall’articolo 39, paragrafo 1, della legge sugli stranieri. Pertanto, mi chiedo in quale misura il rigetto della sua domanda e il fatto che la famiglia si stabilisca in Costa d’Avorio non comporterebbero conseguenze eccessivamente gravose riguardo ai figli e alla soggiornante.

83.      In primo luogo, è interesse del figlio cittadino dell’Unione avere, per quanto possibile, relazioni continue con il padre, che risiede in Finlandia e gode probabilmente di un diritto di visita – a meno che, evidentemente, quest’ultimo non si sia dimostrato particolarmente indegno (31). Il diniego di un permesso di soggiorno al richiedente e lo spostamento della famiglia in Costa d’Avorio comporterebbero, di fatto, la rottura di questi legami, nella misura in cui sarebbe più difficile per gli interessati mantenere contatti regolari. Inoltre, il minore ha sempre vissuto in Finlandia, nell’ambiente culturale, sociale e linguistico di tale Stato membro e vi segue anche gli studi. Pertanto, egli ha pochi legami con la Repubblica della Costa d’Avorio o addirittura non ne ha nessuno. Pur avendo questi un’età in cui la facoltà di adattamento è ancora grande, a mio avviso il giudice nazionale dovrà tener conto delle difficoltà che potrebbe incontrare se fosse sradicato dal suo ambiente abituale per vivere nello Stato di origine del richiedente.

84.      Parimenti, è evidente che l’interesse del figlio comune impone, specie considerando la sua tenera età, che egli cresca nell’ambiente familiare e che siano mantenuti i legami tra lui e suo padre.

85.      In secondo luogo, dagli elementi dl fascicolo emerge che la soggiornante ha studiato, seguito una formazione ed esercitato un’attività lavorativa retribuita in Finlandia ed ha quindi allacciato vincoli non solo personali e sociali, ma altresì economici e professionali in tale Stato membro. Inoltre, essa è riuscita ad ottenere in detto Stato un permesso di soggiorno permanente. Di conseguenza, il problema è sapere se ci si debba aspettare che la sig.ra S. faccia una scelta tra abbandonare la situazione acquisita in Finlandia, rinunciando in tal modo alle relazioni personali ed economiche costitutive della sua vita privata, e rinunciare alla compagnia del marito assieme al quale vive e che costituisce un elemento fondamentale della sua vita familiare. In ogni caso, il rifiuto del permesso di soggiorno opposto al marito avrà numerose conseguenze, vale a dire, in primo luogo, sulle responsabilità gravanti su di lei in quanto madre del bambino cittadino dell’Unione, poiché è evidentemente nell’interesse di quest’ultimo rimanere stabilito in Finlandia, in secondo luogo in quanto moglie di un cittadino ivoriano e madre di un secondo bambino di nazionalità ghanese, poiché hanno tutti interesse a vivere insieme, e, in terzo luogo, sulla sua situazione personale e professionale, poiché è certamente nel suo interesse, tenuto conto della situazione acquisita in Finlandia, continuare a risiedere in tale Stato membro.

86.      Nell’ambito della causa C‑357/11, si pone invece il problema del «ricongiungimento» della famiglia, poiché il richiedente non vive insieme alla soggiornante. Tale causa va distinta dalla prima e ciò tenuto conto di due elementi legati alla situazione materiale del richiedente.

87.      In primo luogo, dai documenti del fascicolo risulta che il richiedente ha vissuto insieme alla sua compagna solo per un periodo relativamente breve di sette mesi e non ha mai incontrato il figlio che oggi ha cinque anni e mezzo. Vero è che egli è stato allontanato dal territorio finlandese prima della nascita del figlio. Peraltro, e come ho indicato, dagli elementi del fascicolo non risulta che il suo allontanamento sia stato accompagnato da un provvedimento di divieto di ingresso nel territorio finlandese. Di conseguenza, mi domando in quale misura non fosse possibile per il richiedente fare visita ai suoi familiari e incontrare suo figlio. Parimenti, e in base a questi stessi elementi, la sig.ra L., che è tra l’altro cittadina algerina, in possesso non solo di un permesso di soggiorno permanente in Finlandia, ma anche di risorse economiche, non si è mai recata nel suo Stato di origine per rivedere il marito e presentargli il loro figlio comune. Questi elementi non dimostrano, a mio avviso, una reale volontà di vivere insieme e, per quanto riguarda il padre, un reale desiderio di incontrare il figlio o di occuparsene.

88.      In secondo luogo, ho la sensazione che la vita familiare della sig.ra L. e del sig. M. si sia formata in un momento e si sia sviluppata in un periodo in cui la coppia sapeva che la situazione riguardo alle regole sull’immigrazione era tale che il mantenimento della vita familiare in Finlandia assumeva, dall’inizio, un carattere precario (32). Infatti, il richiedente non ha mai ottenuto un permesso di soggiorno provvisorio in Finlandia e non rispondeva ai requisiti relativi alle risorse finanziarie sanciti dalla normativa nazionale. Di conseguenza, entrambi erano sicuramente in grado di prevedere, e in modo ragionevole, che vi era un rischio di allontanamento e che la continuità della vita familiare in Finlandia era fragile.

89.      Ciò detto, non dispongo di tutti gli elementi per procedere ad una ponderazione equa di tutti gli interessi in gioco che, con evidenza, richiede un contatto diretto con gli interessati che solo le autorità nazionali hanno a disposizione.

90.      Alla luce di tutti i suddetti elementi, spetterà quindi al giudice nazionale valutare se, nell’attuazione dei criteri definiti dalla direttiva 2003/86, e nei limiti della discrezionalità di cui lo Stato membro dispone in materia, l’autorità nazionale competente abbia proceduto ad una valutazione giusta ed equilibrata degli interessi concorrenti in gioco, in particolare al fine di rispettare la vita familiare degli interessati e individuare la soluzione migliore per il minore. In tale ambito, quest’ultima dovrà procedere ad un esame approfondito della situazione familiare e tener conto delle circostanze particolari del caso di specie, di ordine tanto fattuale, quanto affettivo, psicologico e materiale.

V –    Conclusione

91.      Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere al Korkein hallinto-oikeus nei termini seguenti:

1)      L’articolo 20 TFUE dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a che uno Stato membro neghi a un cittadino di uno Stato terzo il soggiorno nel suo territorio in ragione del fatto che egli non possiede sufficienti mezzi di sussistenza, qualora tale cittadino voglia vivere con il coniuge, cittadino di uno Stato terzo legalmente residente nel suddetto Stato membro, e con il figlio cittadino dell’Unione nato dal primo matrimonio del coniuge.

Non vi è ragione di interpretare diversamente tale disposizione quando il cittadino di uno Stato terzo viva assieme al coniuge e al figlio di quest’ultimo sul territorio dello Stato membro.

Né vi è motivo di interpretare diversamente la suddetta disposizione quando il cittadino di uno Stato terzo abbia fatto ritorno nel suo Stato di origine ma abbia, con il coniuge, un figlio cittadino di uno Stato terzo residente nello Stato membro interessato e affidato alla responsabilità congiunta dei due genitori.

2)      Per contro, spetterà al giudice nazionale valutare se, nell’attuazione dei criteri definiti dalla direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare, e nei limiti della discrezionalità di cui lo Stato membro dispone in materia, l’autorità nazionale competente abbia proceduto ad una valutazione giusta ed equilibrata degli interessi concorrenti in gioco, in particolare al fine di rispettare la vita familiare degli interessati e individuare la soluzione migliore per il minore. In tale ambito, tale giudice dovrà procedere ad un esame approfondito della situazione familiare e tener conto delle circostanze particolari del caso di specie, di ordine tanto fattuale, quanto affettivo, psicologico e materiale.


1 –      Lingua originale: il francese.


2 –      In prosieguo, insieme: le «soggiornanti».


3 –      In prosieguo, insieme: i «richiedenti».


4 –      Direttiva (CE) n. 2003/86 del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (GU L 251, pag. 12).


5 –      Sentenza dell’8 marzo 2011, Ruiz Zambrano (C34/09, Racc. pag. I1177).


6 –      In prosieguo: la «Carta».


7 –      Convenzione firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»).


8 –      Come avviene anche nella causa C356/11.


9 –      Direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE (GU L 158, pag. 77; rett. nella GU 2004 L 229, pag. 35 e GU 2005 L 197, pag. 34).


10 –      Sentenza del 25 luglio 2008, Metock e a. (C‑127/08, Racc. pag. I‑6241, punto 73).


11 –      Sentenza del 15 novembre 2011, Dereci e a. (C256/11, Racc. pag. I11315).


12 –      Punti 53‑56 e giurisprudenza ivi citata.


13 –      Punto 42.


14 –      Punti 43 e 44.


15 –      Secondo una costante giurisprudenza, la Corte, al fine di fornire una soluzione utile al giudice che le ha sottoposto una questione pregiudiziale, può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare la questione (v., al riguardo, sentenza del 19 aprile 2012, Bonnier Audio AB (C461/10, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).


16 –      Sentenza del 4 marzo 2010, Chakroun (C578/08, Racc. pag. I‑1839, punto 43).


17 –      Sentenza del 27 giugno 2006, Parlamento/Consiglio (C-540/03, Racc. pag. I‑5769, punto 59).


18 –      Sentenza Chakroun, cit. (punto 43).


19 –      Sentenza Parlamento/Consiglio, cit. (punti 52 e segg.).


20 –      V. Corte eur. D.U., sentenza Ahmut c. Paesi Bassi del 28 novembre 1996, Recueil des arrêts et décisions 1996‑VI, pag. 2030, § 71.


21 –      V. Corte eur. D.U., sentenze Gül c. Svizzera del 19 febbraio 1996, Recueil des arrêts et décisions 1996‑I, pag. 174, § 38; Ahmut c. Paesi Bassi, cit., § 67, nonché Şen c. Paesi Bassi del 21 dicembre 2001, Recueil des arrêts et décisions 2001‑I, § 36. V. altresì, per una giurisprudenza recente, Corte eur. D.U., sentenza Bajsultanov c. Austria del 12 giugno 2012, § 78 e giurisprudenza ivi citata.


22 –      V., in particolare, Corte eur. D.U., sentenza Boultif c. Svizzera del 2 agosto 2001, § 39 e giurisprudenza ivi citata, nonché Bajsultanov c. Austria, cit. (§ 78 e giurisprudenza citata).


23 –      V. Corte eur. D.U., sentenze Boultif c.Svizzera, cit., § 48, e Nunez c. Norvegia, del 28 settembre 2011, § 70.


24 –      Sull’interesse superiore del minore nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo si veda, in particolare, Corte eur. D.U., sentenza Neulinger e Shuruk c. Svizzera del 6 luglio 2010, §§ 49‑64.


25 –      Ibidem (punto 136 e giurisprudenza ivi citata).


26 –      V. Corte eur. D.U., sentenze Şen c. Paesi Bassi, cit, § 37), nonché Rodrigues da Silva e Hoogkamer c. Paesi Bassi del 31 gennaio 2006, Recueil des arrêts et décisions 2006‑I, § 39, e gli orientamenti dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR) relativi alla determinazione dell’interesse superiore del minore, documento edito dall’ACNUR nel maggio 2008, disponibile all’indirizzo Internet http://www.unhcr.fr/4b17de746.html.


27 –      Punti 62‑66 e giurisprudenza ivi citata.


28 –      Sentenza del 22 dicembre 2010, DEB (C‑279/09, Racc. pag. I‑3849, punto 35).


29 –      Sentenza Parlamento/Consiglio, cit. (punto 58).


30 –      I diritti sanciti nella Carta sono direttamente ispirati ai diritti consacrati nell’ambito della Convenzione sui diritti del fanciullo adottata il 20 novembre 1989 ed entrata in vigore il 2 settembre 1990, Recueil des traités des Nations Unies, vol. 1577, pag. 3. V., in particolare, articoli 3, paragrafo 1, 9, paragrafi 1 e 3, e 10 di tale Convenzione.


31 –      V. osservazione generale n. 17 del Comitato dei diritti dell’uomo riguardo all’articolo 24 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, adottato il 16 dicembre 1966 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite e entrato in vigore il 23 marzo 1976.


32 –      La Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che, ove sia questo il caso, solo in circostanze particolarmente eccezionali il rimpatrio del familiare che non ha la cittadinanza dello Stato ospite costituisce una violazione dell’articolo 8 della CEDU [v. sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo Rodrigues da Silva e Hoogkamer c. Paesi Bassi, cit. (punto 39 e la giurisprudenza ivi citata)].