Language of document : ECLI:EU:C:2018:66

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

7 febbraio 2018 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Regolamento (UE) 2015/751 – Commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta – Articolo 1, paragrafo 5 – Assimilazione di uno schema di carte di pagamento a tre parti a uno schema di carte di pagamento a quattro parti – Presupposti – Emissione da parte di uno schema di carte di pagamento a tre parti di strumenti di pagamento basati su carta “con un partner di carta multimarchio in co-branding o tramite un agente” – Articolo 2, punto18 – Nozione di “schema di carte di pagamento a tre parti” – Validità»

Nella causa C‑304/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione del Queen’s Bench (sezione amministrativa), Regno Unito], con decisione dell’11 aprile 2016, pervenuta in cancelleria il 30 maggio 2016, nel procedimento

The Queen, su istanza di:

American Express Company,

contro

The Lords Commissioners of Her Majesty’s Treasury,

con l’intervento di:

Diners Club International Limited,

MasterCard Europe SA,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, presidente di sezione, C.G. Fernlund, J.‑C. Bonichot, S. Rodin e E. Regan (relatore), giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

cancelliere: C. Strömholm, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 27 aprile 2017,

considerate le osservazioni presentate:

–        per l’American Express Company, da J. Turner, QC, J. Holmes, QC, L. John, barrister, I. Taylor, H. Ware e J. Slade, solicitors;

–        per la MasterCard Europe SA, da P. Harrison, S. Kinsella, K. Le Croy, solicitors, S. Pitt e J. Bedford, advocates;

–        per il governo del Regno Unito, da M. Holt, D. Robertson, J. Kraehling e C. Crane, in qualità di agenti, assistiti da G. Facenna e M. Hall, QC;

–        per il governo portoghese, da L. Inez Fernandes, M. Figueiredo, M. Rebelo e G. Fonseca, in qualità di agenti;

–        per il Parlamento europeo, da P. Schonard e A. Tamás, in qualità di agenti;

–        per il Consiglio dell’Unione europea, da J. Bauerschmidt, I. Gurov ed E. Moro, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da H. Tserepa-Lacombe, J. Samnadda e T. Scharf, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 6 luglio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione e sulla validità dell’articolo 1, paragrafo 5, e dell’articolo 2, punto 18, nonché sull’interpretazione dell’articolo 2, punto 2, del regolamento (UE) 2015/751 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta (GU 2015, L 123, pag. 1, e rettifica in GU 2016, L 169, pag. 19).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’American Express Company e i Lords Commissioners of Her Majesty’s Treasury (Lords Commissari del Tesoro, Regno Unito; in prosieguo: l’«autorità nazionale»), in merito alle circostanze in presenza delle quali gli schemi di carte di pagamento a tre parti devono essere considerati schemi di pagamento a quattro parti, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, di tale regolamento.

 Contesto normativo

 Regolamento 2015/751

3        I considerando 10, 28, 29 e 43 del regolamento 2015/751 così recitano:

«(10)      (…) Oltre a un’applicazione uniforme delle norme in materia di concorrenza alle commissioni interbancarie, con la regolamentazione delle commissioni interbancarie si migliorerebbe il funzionamento del mercato interno e si contribuirebbe a ridurre i costi delle operazioni per i consumatori.

(…)

(28)       Le operazioni di pagamento basate su carta sono di norma eseguite sulla base di due principali modelli commerciali: i cosiddetti schemi di carte di pagamento a tre parti (titolare della carta, schema di convenzionamento e di emissione, esercente) e schemi di carte di pagamento a quattro parti (titolare della carta, banca emittente, banca convenzionatrice, esercente). Molti schemi di carte di pagamento a quattro parti applicano una commissione interbancaria esplicita, nella maggior parte dei casi multilaterale. Per riconoscere l’esistenza di commissioni interbancarie implicite e contribuire alla creazione di condizioni di parità, è opportuno considerare gli schemi di carte di pagamento a tre parti che utilizzano i prestatori di servizi di pagamento come soggetto emittente o soggetto convenzionatore alla stregua degli schemi di carte di pagamento a quattro parti e assoggettarli alle stesse norme, nonché applicare a tutti i prestatori le norme in materia di trasparenza e le altre misure relative alle regole commerciali. Tuttavia, tenuto conto delle specificità esistenti per tali schemi a tre parti, è opportuno consentire agli Stati membri, per un periodo transitorio, di decidere di non applicare le norme relative al massimale sulle commissioni interbancarie se tali schemi detengono una quota di mercato molto limitata nello Stato membro interessato.

(29) Il servizio di emissione si basa su una relazione contrattuale tra l’emittente dello strumento di pagamento e il pagatore, indipendentemente dal fatto che l’emittente detenga o no i fondi per conto del pagatore. L’emittente mette a disposizione del pagatore le carte di pagamento, autorizza le operazioni presso terminali o loro equivalenti e può garantire il pagamento al convenzionatore per le operazioni conformi alle regole del relativo schema. Pertanto, la mera distribuzione di carte di pagamento o prestazione di servizi tecnici, quali il semplice trattamento e la semplice conservazione di dati, non costituisce un’emissione.

(…)

(43) Poiché gli obiettivi del presente regolamento, vale a dire la fissazione di requisiti uniformi per le operazioni di pagamento basate su carta e per le operazioni tramite Internet e dispositivi mobili basate su pagamenti tramite carta, non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri ma, a motivo della portata dell’azione, possono essere conseguiti meglio a livello dell’Unione [europea], quest’ultima può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. (…)».

4        L’articolo 1 del regolamento 2015/751, rubricato «Ambito di applicazione», contenuto nel capo I di tale regolamento, recante a sua volta il titolo «Disposizioni generali», così prevede:

«(…)

3.      Il capo II non si applica:

(…)

c)      alle operazioni tramite carte di pagamento emesse dagli schemi di carte di pagamento a tre parti.

4.      L’articolo 7 non si applica agli schemi di carte di pagamento a tre parti.

5.      Lo schema di carte di pagamento a tre parti che concede ad altri prestatori di servizi di pagamento la licenza di emissione o di convenzionamento di strumenti di pagamento basati su carta, o entrambi, o emette strumenti di pagamento basati su carta con un partner di carta multimarchio in co-branding o tramite un agente, è considerato uno schema di carte di pagamento a quattro parti. Tuttavia, fino al 9 dicembre 2018, per quanto concerne le operazioni di pagamento nazionali, un tale schema di carte di pagamento a tre parti può essere esentato dagli obblighi di cui al capo II, a condizione che le operazioni di pagamento basate su carta effettuate in uno Stato membro nell’ambito di tale schema di carte di pagamento a tre parti non superino annualmente il 3% del valore di tutte le operazioni di pagamento basate su carta effettuate in tale Stato membro».

5        L’articolo 2 del predetto regolamento, rubricato «Definizioni», è così formulato:

«Ai fini del presente regolamento si applicano le seguenti definizioni:

(…)

2)      “emittente”: prestatore di servizi di pagamento che stipula un contratto per fornire al pagatore uno strumento di pagamento per disporre e trattare le operazioni di pagamento basate su carta del pagatore;

(…)

10)      “commissione interbancaria”: commissione applicata per ogni operazione direttamente o indirettamente, ad esempio mediante un terzo, tra l’emittente e il soggetto convenzionatore in relazione a un’operazione di pagamento basata su carta. La compensazione netta o altre forme concordate di remunerazione formano parte della commissione interbancaria;

11)      “compensazione netta”: l’importo totale netto dei pagamenti, degli sconti o degli incentivi che un emittente riceve da uno schema di carte di pagamento, dal soggetto convenzionatore o da qualsiasi altro intermediario in relazione a operazioni di pagamento basate su carta o ad attività correlate;

(…)

17)      “schema di carte di pagamento a quattro parti”: schema di carte di pagamento in cui le operazioni di pagamento basate su carta sono effettuate dal conto di pagamento del pagatore verso il conto di pagamento del beneficiario tramite l’intermediazione dello schema, dell’emittente (dal lato del pagatore) e del soggetto convenzionatore (dal lato del beneficiario);

18)      “schema di carte di pagamento a tre parti”: schema di carte di pagamento in cui lo schema stesso fornisce servizi di convenzionamento e di emissione e le operazioni di pagamento basate su carta sono effettuate dal conto di pagamento del pagatore al conto di pagamento del beneficiario nell’ambito dello schema. Lo schema di carte di pagamento a tre parti che concede ad altri prestatori di servizi di pagamento la licenza di emissione di strumenti di pagamento basati su carta o di convenzionamento di operazioni di pagamento basate su carta, o entrambi, o emette strumenti di pagamento basati su carta con un partner di carta multimarchio in co-branding o tramite un agente, è considerato uno schema di carte di pagamento a quattro parti;

(…)

24) “prestatore di servizi di pagamento”: ogni persona fisica o giuridica autorizzata a fornire i servizi di pagamento elencati nell’allegato della direttiva 2007/64/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE (GU 2007, L 319, pag. 1)] o riconosciuta quale emittente di moneta elettronica ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 2009/110/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, concernente l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE (GU 2009, L 267, pag. 7)]. Il prestatore di servizi di pagamento può essere un emittente o un soggetto convenzionatore o entrambi;

(…)

28)      “soggetto incaricato del trattamento dell’operazione”: persona fisica o giuridica che fornisce servizi di trattamento delle operazioni di pagamento;

(…)

30)      “marchio di pagamento”: nome, termine, segno, simbolo o combinazione di questi, in forma materiale o digitale, in grado di indicare lo schema di carte di pagamento nell’ambito del quale sono effettuate le operazioni di pagamento basate su carta;

(…)

32)      “multimarchio in co-branding”: inclusione di almeno un marchio di pagamento e di almeno un marchio non riferito a uno strumento di pagamento in uno stesso strumento di pagamento basato su carta;

(…)».

6        Gli articoli 3 e 4 del regolamento 2015/751, contenuti nel capo II dello stesso, intitolato «Commissioni interbancarie», riguardano rispettivamente le commissioni interbancarie per le operazioni tramite carta di debito a uso dei consumatori e le commissioni interbancarie per le operazioni tramite carta di credito a uso dei consumatori.

7        L’articolo 5 del richiamato regolamento, rubricato «Divieto di elusione», anch’esso contenuto nel capo II, prevede quanto segue:

«Ai fini dell’applicazione dei massimali di cui agli articoli 3 e 4, ogni remunerazione concordata, compresa la compensazione netta, avente oggetto o effetto analogo alla commissione interbancaria, che un emittente riceve dallo schema di carte di pagamento, da un soggetto convenzionatore o da qualunque altro intermediario in relazione alle operazioni di pagamento o ad attività correlate è considerata parte della commissione interbancaria».

8        Gli articoli da 6 a 12 del regolamento 2015/751, appartenenti al capo III dello stesso, intitolato «Regole commerciali», prevedono obblighi relativi alle operazioni di pagamento basate su carta.

9        L’articolo 7 di tale regolamento, rubricato «Separazione tra schemi di carte di pagamento e soggetti incaricati del trattamento delle operazioni», è formulato nei termini seguenti:

«1.      Gli schemi di carte di pagamento e i soggetti incaricati del trattamento delle operazioni:

a)      sono indipendenti sotto i profili contabile, organizzativo e decisionale;

b)      non offrono tariffe per attività dello schema di carte di pagamento o di trattamento delle operazioni in forma aggregata e non attuano sovvenzioni incrociate di tali attività;

c)      non operano in alcun modo discriminazioni tra le proprie controllate o i propri azionisti, da un lato, e gli utenti delle carte di pagamento e altre controparti contrattuali, dall’altro, e in particolare non condizionano in nessun modo la fornitura di un qualsiasi servizio da essi offerto all’accettazione da parte delle loro controparti contrattuali di un qualsiasi altro servizio da essi offerto.

2.      L’autorità competente dello Stato membro in cui è ubicata la sede legale dello schema può chiedere a uno schema di carte di pagamento di fornire una relazione indipendente in cui si conferma la sua conformità al paragrafo 1.

3.      Gli schemi di carte di pagamento prevedono la possibilità che i messaggi di autorizzazione e di compensazione relativi alle singole operazioni di pagamento basate su carta siano distinti e trattati da soggetti incaricati del trattamento diversi.

4.      Sono vietate le discriminazioni territoriali nelle regole in materia di trattamento applicate dagli schemi di carte di pagamento.

5.      I soggetti incaricati del trattamento delle operazioni nell’Unione assicurano l’interoperabilità tecnica del loro sistema con altri sistemi di soggetti incaricati del trattamento nell’Unione mediante l’uso di standard sviluppati da organismi internazionali o europei di standardizzazione. Inoltre, gli schemi di carte di pagamento non adottano né applicano regole commerciali che limitano l’interoperabilità tra soggetti incaricati del trattamento nell’Unione.

(…)».

10      Il capo IV del regolamento 2015/751, intitolato «Disposizioni finali», comprende gli articoli da 13 a 18 dello stesso. Secondo l’articolo 13, rubricato «Autorità competenti»:

«1.      Gli Stati membri designano le autorità competenti incaricate di assicurare il rispetto delle disposizioni del presente regolamento, a cui siano attribuiti poteri di indagine e di controllo.

(…)

6.      Gli Stati membri prescrivono che le autorità competenti controllino efficacemente la conformità con il presente regolamento, anche per contrastare tentativi di elusione del presente regolamento da parte dei prestatori di servizi di pagamento, e adottino tutte le misure necessarie per garantire tale conformità».

11      L’articolo 14 di detto regolamento, rubricato «Sanzioni», al suo paragrafo 1 così dispone:

«Gli Stati membri stabiliscono norme in materia di sanzioni applicabili in caso di violazione del presente regolamento e adottano tutti i provvedimenti necessari per assicurarne l’applicazione».

12      Ai sensi dell’articolo 18 del richiamato regolamento, rubricato «Entrata in vigore»:

«1.      Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

2.      Esso si applica a decorrere dall’8 giugno 2015, ad eccezione degli articoli 3, 4, 6 e 12 che si applicano a decorrere dal 9 dicembre 2015, e degli articoli 7, 8, 9 e 10, che si applicano a decorrere dal 9 giugno 2016».

 Direttiva (UE) 2015/2366

13      I considerando 2 e 6 della direttiva (UE) 2015/2366 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2015, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, che modifica le direttive 2002/65/CE, 2009/110/CE e 2013/36/UE e il regolamento (UE) n. 1093/2010, e abroga la direttiva 2007/64/CE (GU 2015, L 337, pag. 35), sono formulati nei termini seguenti:

«(2)      Il nuovo quadro giuridico dell’Unione sui servizi di pagamento è integrato dal regolamento [2015/751]. (…)

(…)

(6)      È opportuno stabilire nuove regole al fine di colmare le lacune regolamentari, garantendo al contempo maggiore chiarezza giuridica e un’applicazione uniforme del quadro legislativo in tutta l’Unione. (…)».

14      L’articolo 1 di tale direttiva, rubricato «Oggetto», contenuto nel titolo I della stessa, intitolato «Oggetto, ambito di applicazione e definizioni», al paragrafo 1 così prevede:

«La presente direttiva stabilisce le regole in base alle quali gli Stati membri distinguono le seguenti categorie di prestatori di servizi di pagamento:

(…)

d)      gli istituti di pagamento;

(…)».

15      L’articolo 4 di tale direttiva, rubricato «Definizioni», dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(…)

3)      “servizi di pagamento”: una o più attività commerciali di cui all’allegato I;

4)      “istituto di pagamento”: una persona giuridica che è stata autorizzata, a norma dell’articolo 11, a prestare ed eseguire servizi di pagamento in tutta l’Unione;

(…)

38)      “agente”: una persona fisica o giuridica che fornisce servizi di pagamento per conto di un istituto di pagamento;

(…)».

16      Dall’allegato I della direttiva 2015/2366, intitolato «Servizi di pagamento», risulta che l’«[e]missione di strumenti di pagamento e/o [il] convenzionamento di operazioni di pagamento» sono annoverati tra i servizi di pagamento di cui all’articolo 4, punto 3, di tale direttiva.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

17      Dalla decisione di rinvio risulta che l’American Express è una società di servizi internazionale che fornisce, con le sue controllate consolidate, servizi di pagamento, di viaggi, di cambio e di piattaforma di fidelizzazione ai consumatori e alle imprese. Essa esercita anche attività di emissione di carte e di convenzionamento in tutto il mondo, compresa l’Unione. Con le sue controllate, l’American Express gestisce lo schema di carte di pagamento American Express (in prosieguo: l’«Amex»), che è uno schema di carte di pagamento a tre parti. Tale schema ha concluso accordi di co-branding e di prestazione di servizi nell’Unione, circostanza che potrebbe avere come conseguenza, a seconda della risposta che la Corte fornirà alla questione vertente sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 5, e dell’articolo 2, punto 18, del regolamento 2015/751, il fatto che un gran numero di operazioni effettuate da tale schema potrebbe ricadere nell’ambito di applicazione di tale regolamento in forza dell’estensione per co-branding e dell’estensione per agenzia, previste dall’articolo 1, paragrafo 5, di tale regolamento.

18      L’autorità nazionale dirige il Her Majesty’s Treasury (Tesoro pubblico, Regno Unito). A quest’ultimo spetta la responsabilità ultima dell’esecuzione degli obblighi imposti al Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord per quanto concerne l’applicazione, l’esecuzione e ogni altra forma di attuazione del regolamento 2015/751, compresa l’istituzione di un regime di sanzioni applicabile alle violazioni delle disposizioni di tale regolamento, conformemente agli articoli 13 e 14 del medesimo.

19      L’American Express ha chiesto al giudice del rinvio l’autorizzazione a proporre un ricorso diretto al controllo della legittimità (judicial review) dell’«intenzione e/o [dell’] obbligo dell’[autorità nazionale] di applicare, eseguire o attuare in qualsiasi altra forma l’estensione per co-branding e/o l’estensione per agenzia». Tale giudice ha concesso l’autorizzazione richiesta.

20      Il giudice del rinvio si interroga sulla questione se uno schema di carte di pagamento a tre parti debba essere considerato uno schema che emette strumenti di pagamento basati su carta con un partner di carta multimarchio in co-branding o tramite un agente, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, e dell’articolo 2, punto 18, del regolamento 2015/751, per il solo fatto che esso ha concluso un accordo con un partner di carta multimarchio in co-branding o un agente, indipendentemente dalla questione se tale partner o tale agente sia un prestatore di servizi di pagamento distinto che emette carte di pagamento, o se, al contrario, si debba considerare che uno schema di carte di pagamento a tre parti agisce in questo modo unicamente quando il suddetto partner o il suddetto agente è esso stesso un prestatore di servizi di pagamento e interviene nello schema di carte di pagamento a tre parti in qualità di emittente, ai sensi dell’articolo 2, punto 2, di tale regolamento.

21      Inoltre, secondo tale giudice, nel caso in cui l’articolo 1, paragrafo 5, e l’articolo 2, punto 18, del regolamento 2015/751 dovessero essere interpretati nel senso che uno schema di carte di pagamento a tre parti deve essere considerato uno schema che emette strumenti di pagamento basati su carta con un partner di carta multimarchio in co-branding o tramite un agente, ai sensi di tali disposizioni, anche qualora lo schema di carte di pagamento a tre parti in questione rimane l’emittente e si rivolge a un terzo per svolgere una o più funzioni accessorie a sostegno della sua attività di emissione, sarebbe allora necessario pronunciarsi sull’argomento dedotto dall’American Express secondo il quale dette disposizioni sono invalide a causa di un difetto di motivazione, di un errore manifesto di valutazione e di una violazione del principio di proporzionalità.

22      In tale contesto, la High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione del Queen’s Bench (sezione amministrativa), Regno Unito] ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

1)      Se l’obbligo di considerare uno schema di carte di pagamento a tre parti che emette strumenti di pagamento basati su carta con un partner di carta multimarchio in co-branding o tramite un agente come uno schema di carte di pagamento a quattro parti, previsto dall’[articolo 1], paragrafo 5, e dall’[articolo] 2, punto 18, del regolamento [2015/751] si applichi soltanto qualora il partner di carta multimarchio in co-branding o l’agente agisca in qualità di “emittente” ai sensi dell’articolo 2, punto 2, e del considerando 29 [di tale regolamento] (ossia qualora tale partner o agente abbia una relazione contrattuale con il pagatore, in forza della quale egli stipula un contratto per fornire al pagatore uno strumento di pagamento per disporre e trattare le operazioni di pagamento basate su carta del pagatore).

2)      In caso di risposta negativa alla prima questione, se l’[articolo 1], paragrafo 5, e l’[articolo] 2, punto 18, del [regolamento 2015/751] siano invalidi nei limiti in cui prevedono che tali accordi debbano essere considerati schemi di carte di pagamento a quattro parti, per i seguenti motivi:

a)      difetto di motivazione conformemente all’articolo 296 TFUE;

b)      errore manifesto di valutazione; e/o

c)      violazione del principio di proporzionalità».

 Sulla domanda di riapertura della fase orale del procedimento

23      Con atto depositato presso la cancelleria della Corte il 27 luglio 2017, l’American Express ha chiesto la riapertura della fase orale del procedimento.

24      A sostegno della sua domanda, essa sostiene che l’analisi effettuata dall’avvocato generale nelle sue conclusioni è errata, in quanto ignora talune definizioni pertinenti contenute sia nel regolamento 2015/751 sia nella direttiva 2015/2366, nonostante questi due atti legislativi, come convengono d’altronde le parti che hanno partecipato al presente procedimento, si completino e appartengano allo stesso pacchetto legislativo. Tale analisi rivelerebbe inoltre una comprensione inesatta della portata dell’articolo 5 di tale regolamento, in particolare di quella della nozione di «intermediario» in esso contenuta. Inoltre, per quanto riguarda il paragrafo 98 delle conclusioni, o il testo ivi riportato sarebbe incompleto, oppure i motivi in esso esposti si contraddirebbero. Infine, l’interpretazione del suddetto regolamento proposta dall’avvocato generale comporterebbe la conseguenza di estendere l’ambito di applicazione del regolamento medesimo in maniera più ampia rispetto a qualsiasi altra interpretazione difesa dalle parti che hanno partecipato al procedimento dinanzi alla Corte.

25      Da una giurisprudenza costante della Corte risulta che quest’ultima può, d’ufficio o su proposta dell’avvocato generale, oppure su domanda delle parti, disporre la riapertura della fase orale del procedimento, conformemente all’articolo 83 del suo regolamento di procedura, se essa non si ritiene sufficientemente edotta oppure quando la causa dev’essere decisa in base a un argomento che non è stato oggetto di discussione tra le parti. Per contro, lo Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e il regolamento di procedura non prevedono la facoltà per le parti di depositare osservazioni in risposta alle conclusioni presentate dall’avvocato generale (sentenza del 28 marzo 2017, Rosneft, C‑72/15, EU:C:2017:236, punto 41 e giurisprudenza citata).

26      Nel caso di specie, a sostegno della domanda con cui chiede che sia disposta la riapertura della fase orale del procedimento, l’American Express si limita in sostanza a criticare l’interpretazione del regolamento 2015/751 accolta dall’avvocato generale nelle sue conclusioni. Orbene, alla luce della giurisprudenza citata al punto precedente, un motivo del genere non rientra tra quelli idonei a giustificare la riapertura della fase orale del procedimento.

27      Per giunta, la portata delle disposizioni del regolamento 2015/751 la cui interpretazione è oggetto della prima questione pregiudiziale è stata discussa sia nell’ambito della fase scritta del procedimento sia in udienza.

28      Stanti tali premesse la Corte, sentito l’avvocato generale, ritiene di disporre di tutti gli elementi necessari per rispondere alle questioni poste dal giudice del rinvio e che tutti gli argomenti pertinenti per decidere la presente causa siano stati discussi dalle parti.

29      Di conseguenza, occorre respingere la domanda di riapertura della fase orale del procedimento.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

30      Il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione europea sostengono che la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile nella sua interezza in quanto, in primo luogo, non esiste una controversia reale tra le parti del procedimento principale, in secondo luogo, il giudice nazionale non fornisce il minimo di elementi necessari nella sua decisione di rinvio, poiché esso non espone gli elementi di fatto pertinenti né le ragioni che l’hanno indotto a interrogarsi sull’interpretazione e sulla validità delle disposizioni oggetto del procedimento principale, e, in terzo luogo, la proposizione del ricorso principale diretto al controllo della legittimità dell’«intenzione e/o [dell’]obbligo» dell’autorità nazionale di applicare o attuare tali disposizioni costituisce un modo per eludere il sistema dei mezzi di ricorso istituito dal Trattato FUE.

31      Si deve ricordare anzitutto che spetta soltanto al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolarità del caso di specie, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione o sulla validità di una norma di diritto dell’Unione, la Corte è, in via di principio, tenuta a statuire (sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 24).

32      Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione sono assistite da una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione o l’esame di validità richiesto relativamente ad una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono sottoposte (sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 25).

33      Per quanto riguarda, in primo luogo, la realtà effettiva della controversia principale, occorre rilevare che, con il suo ricorso, l’American Express chiede al giudice del rinvio di controllare la legittimità dell’«intenzione e/o dell’obbligo» dell’autorità nazionale di applicare o attuare le disposizioni controverse. A tale proposito, dalla decisione di rinvio risulta che le parti nel procedimento principale sono in disaccordo in merito alla fondatezza del ricorso. Dato che il giudice del rinvio è chiamato a dirimere tale disaccordo e ritiene che sussista una vera e propria contestazione tra le parti nel procedimento principale quanto all’interpretazione e alla validità delle disposizioni interessate di tale regolamento, non risulta in modo manifesto che la controversia principale non sia reale [v., per analogia, sentenze del 10 dicembre 2002, British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, C‑491/01, EU:C:2002:741, punti 36 e 38, nonché del 4 maggio 2016, Pillbox 38, C‑477/14, EU:C:2016:324, punto 17].

34      Inoltre, gli argomenti volti a dimostrare che la controversia principale è artificiale, fondati sul fatto che non esisterebbero atti o omissioni di un’amministrazione nazionale idonei a dare luogo a un ricorso diretto al controllo della legittimità, si basano su una critica della ricevibilità del ricorso di cui trattasi nel procedimento principale e della valutazione dei fatti compiuta dal giudice del rinvio al fine di applicare criteri stabiliti dal diritto nazionale. Orbene, non spetta alla Corte né rimettere in discussione tale valutazione, che rientra, nell’ambito del presente procedimento, nella competenza del giudice nazionale, né verificare se la decisione di rinvio sia stata adottata conformemente alle norme nazionali disciplinanti l’organizzazione giudiziaria e le procedure giurisdizionali. Di conseguenza, tali argomenti nemmeno possono essere sufficienti per invalidare la presunzione di rilevanza evocata al punto 32 della presente sentenza (v., per analogia, sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14,, EU:C:2015:400, punto 26).

35      In secondo luogo, per quanto concerne l’argomento secondo il quale il giudice del rinvio non ha illustrato né i fatti rilevanti né le ragioni che l’hanno indotto a interrogarsi sull’interpretazione e sulla validità delle disposizioni di cui al procedimento principale, occorre osservare, da un lato, che secondo l’articolo 94, lettera a), del regolamento di procedura, ogni domanda di pronuncia pregiudiziale deve contenere «un’illustrazione sommaria dell’oggetto della controversia nonché dei fatti rilevanti, quali accertati dal giudice del rinvio o, quanto meno, un’illustrazione delle circostanze di fatto sulle quali si basano le questioni».

36      A tale riguardo è sufficiente che l’oggetto della controversia principale nonché le sue principali questioni riguardo all’ordinamento giuridico dell’Unione emergano dalla domanda di pronuncia pregiudiziale al fine di consentire agli Stati membri e agli altri interessati di presentare osservazioni, conformemente all’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, e di partecipare efficacemente al procedimento dinanzi a quest’ultima (sentenza dell’8 settembre 2009, Liga Portuguesa de Futebol Profissional e Bwin International, C‑42/07, EU:C:2009:519, punto 41 e giurisprudenza citata).

37      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che l’Amex è uno schema di carte di pagamento a tre parti, ai sensi dell’articolo 2, punto 18, del regolamento 2015/751, e che ha concluso accordi di co-branding e di prestazione di servizi nell’Unione. Orbene, per via di tali accordi, un gran numero di operazioni effettuate da quest’ultimo potrebbe ricadere, a seconda delle risposte che la Corte fornirà alle questioni pregiudiziali, nell’ambito di applicazione del regolamento 2015/751 ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, dello stesso.

38      Pertanto, la decisione di rinvio espone in maniera breve ma precisa l’origine e la natura della controversia principale, il cui esito dipende a suo avviso dall’interpretazione e dalla validità di tali disposizioni. Ne consegue che il giudice del rinvio ha definito in modo sufficiente il quadro di fatto e di diritto in cui si inserisce la sua domanda di interpretazione del diritto dell’Unione al fine di consentire alla Corte di rispondere utilmente a detta domanda (v., per analogia, sentenza del 7 luglio 2016, Genentech, C‑567/14, EU:C:2016:526, punto 27).

39      Per quanto riguarda, dall’altro lato, la questione se il giudice del rinvio abbia sufficientemente esposto le ragioni che l’hanno indotto a interrogarsi sull’interpretazione e sulla validità delle disposizioni di cui trattasi nel procedimento principale, discende effettivamente dallo spirito di cooperazione che deve caratterizzare il funzionamento del rinvio pregiudiziale che è indispensabile che il giudice nazionale esponga nella sua decisione di rinvio i motivi precisi per cui ritiene che una risposta alle sue questioni sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione sia necessaria alla soluzione della controversia (v., in tal senso, sentenza del 4 maggio 2016, Pillbox 38, C‑477/14, EU:C:2016:324, punto 24 e giurisprudenza citata).

40      È quindi importante che il giudice nazionale indichi, segnatamente, i motivi precisi che l’hanno indotto a interrogarsi sull’interpretazione o sulla validità di determinate disposizioni del diritto dell’Unione ed esponga i motivi d’invalidità che gli appaiono conseguentemente fondati. Una simile esigenza emerge anche dall’articolo 94, lettera c), del regolamento di procedura della Corte (v., in tal senso, sentenza del 4 maggio 2016, Pillbox 38, C‑477/14, EU:C:2016:324, punto 25 e giurisprudenza citata).

41      Nel caso di specie, nella domanda di pronuncia pregiudiziale il giudice del rinvio, riproducendo una parte degli argomenti dedotti dalle parti nel procedimento principale a tale proposito, ha segnalato che l’interpretazione di talune disposizioni del regolamento 2015/751 era incerta. Del pari, esso ha osservato che la Corte potrebbe essere indotta, a seconda dell’interpretazione che darà a tali disposizioni, a pronunciarsi sui motivi di invalidità dedotti dall’American Express.

42      Ne consegue che il giudice del rinvio ritiene non solo che gli argomenti presentati dalle parti della controversia principale sollevino una questione di interpretazione la cui risposta è incerta, ma anche che i motivi d’invalidità dedotti dall’American Express e ripresi nella decisione di rinvio possano essere ricevibili.

43      Per quanto concerne, in terzo luogo, l’argomento secondo il quale la proposizione del ricorso principale, diretto al controllo della legittimità dell’«intenzione e/o [dell’]obbligo» dell’autorità nazionale di applicare o attuare il regolamento 2015/751, costituisce un modo per eludere il sistema dei mezzi di ricorso istituito dal trattato FUE e, in particolare, l’osservazione del Parlamento secondo la quale, nella specie, nessuna misura è stata adottata da tale autorità contro l’Amex, occorre ricordare che la Corte ha già dichiarato ricevibili numerose domande di pronuncia pregiudiziale vertenti sull’interpretazione e/o la validità di atti di diritto derivato formulate nell’ambito di tali ricorsi diretti al controllo della legittimità, in particolare nelle cause che hanno dato origine alle sentenze del 10 dicembre 2002, British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741), del 3 giugno 2008, Intertanko e a. (C‑308/06, EU:C:2008:312), dell’8 luglio 2010, Afton Chemical (C‑343/09, EU:C:2010:419), del 4 maggio 2016, Pillbox 38 (C‑477/14, EU:C:2016:324), e del 4 maggio 2016, Philip Morris Brands e a. (C‑547/14, EU:C:2016:325).

44      Peraltro, la possibilità per i singoli di invocare dinanzi ai giudici nazionali l’invalidità di un atto dell’Unione di portata generale non è subordinata alla condizione che tale atto sia già stato effettivamente oggetto di misure di applicazione adottate in forza del diritto nazionale. A tale proposito è sufficiente che al giudice nazionale sia sottoposta una controversia reale in cui si pone, incidentalmente, la questione della validità di un simile atto. Orbene, tale condizione è soddisfatta nel caso della controversia principale, come risulta dai punti 21, 33, 34, 41 e 42 della presente sentenza [v., per analogia, sentenze del 10 dicembre 2002, British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco, C‑491/01, EU:C:2002:741, punto 40; del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 29; del 4 maggio 2016, Pillbox 38, C‑477/14, EU:C:2016:324, punto 19, e del 4 maggio 2016, Philip Morris Brands e a., C‑547/14, EU:C:2016:325, punto 35].

45      Ciò premesso, non risulta che il ricorso principale sia stato proposto al fine di eludere i mezzi di ricorso istituiti dal Trattato FUE.

46      Infine, quanto accertato in precedenza non può essere rimesso in discussione dall’argomento esposto dal Parlamento e dalla Commissione, secondo il quale la presente causa, che riguarda l’interpretazione e la validità di un regolamento, dev’essere distinta dalle cause relative all’interpretazione e alla validità di una direttiva, dato che un regolamento, al contrario di una direttiva, è direttamente applicabile in forza dell’articolo 288 TFUE e che, inoltre, nel caso di specie, le disposizioni di cui trattasi nel procedimento principale non comportano alcun intervento da parte degli Stati membri.

47      Infatti, come risulta dal punto 37 della presente sentenza, le risposte della Corte alle questioni sollevate determineranno in quale misura gli schemi di carte di pagamento a tre parti come l’Amex debbano essere considerati soggetti agli obblighi derivanti dagli articoli da 3 a 5 e 7 del regolamento 2015/751, i quali presuppongono un qualche intervento da parte degli Stati membri. A tale proposito occorre in particolare ricordare che, in forza degli articoli 13 e 14 di tale regolamento, da un lato, gli Stati membri designano le autorità competenti incaricate di assicurare il rispetto delle disposizioni del suddetto regolamento e a cui siano attribuiti poteri di indagine e di controllo, e, dall’altro, stabiliscono norme in materia di sanzioni applicabili in caso di violazione del medesimo regolamento e adottano tutti i provvedimenti necessari per assicurarne l’applicazione. Discende peraltro dalla decisione di rinvio che l’autorità nazionale dirige il ministero delle Finanze, al quale spetta la responsabilità ultima dell’esecuzione degli obblighi imposti al Regno Unito per quanto riguarda qualsiasi forma di applicazione del regolamento 2015/751, conformemente agli articoli 13 e 14 dello stesso.

48      Da tutte le considerazioni che precedono risulta che la domanda di pronuncia pregiudiziale è ricevibile.

 Sulla prima questione

49      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento 2015/751 debba essere interpretato nel senso che, nell’ambito di un accordo tra un partner di carta multimarchio in co-branding o un agente, da un lato, e uno schema di carte di pagamento a tre parti, dall’altro, è necessario che tale partner di carta multimarchio in co-branding o tale agente agisca in qualità di emittente, ai sensi dell’articolo 2, punto 2, di tale regolamento, affinché il suddetto schema sia considerato uno schema che emette strumenti di pagamento basati su carta con un partner di carta multimarchio in co-branding o tramite un agente e sia quindi considerato uno schema di carte di pagamento a quattro parti, ai sensi della prima di tali disposizioni.

50      Occorre osservare, in limine, che, a norma dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera c), del regolamento 2015/751, il capo II di quest’ultimo, i cui articoli da 3 a 5 fissano le norme relative al massimale sulle commissioni interbancarie per le operazioni tramite carta a uso dei consumatori, non si applica «alle operazioni tramite carte di pagamento emesse dagli schemi di carte di pagamento a tre parti». Del pari, l’articolo 1, paragrafo 4, del suddetto regolamento prevede che l’articolo 7 di quest’ultimo, che impone un obbligo di separazione tra schemi di carte di pagamento e soggetti incaricati del trattamento delle operazioni, non si applica «agli schemi di carte di pagamento a tre parti».

51      Tuttavia, l’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento 2015/751, al pari dell’articolo 2, punto 18, di tale regolamento, che definisce cosa si debba intendere per schema di carte di pagamento a tre parti, prevede che quando tale schema «concede ad altri prestatori di servizi di pagamento la licenza di emissione o di convenzionamento di strumenti di pagamento basati su carta, o entrambi, o emette strumenti di pagamento basati su carta con un partner di carta multimarchio in co-branding o tramite un agente, è considerato uno schema di carte di pagamento a quattro parti».

52      Ne consegue, in linea di principio, che uno schema di carte di pagamento a tre parti non è soggetto agli obblighi derivanti dagli articoli da 3 a 5 e 7 del regolamento 2015/751, a meno che esso non rientri in una delle tre ipotesi contemplate dall’articolo 1, paragrafo 5, di tale regolamento, ossia che esso abbia concesso a un altro prestatore di servizi di pagamento la licenza di emissione o convenzionamento di strumenti di pagamento basati su carta, o entrambi (prima ipotesi), che abbia emesso strumenti di pagamento basati su carta con un partner di carta multimarchio in co-branding (seconda ipotesi), o che abbia emesso strumenti di pagamento tramite un agente (terza ipotesi). Infatti, in ciascuna di queste tre ipotesi, lo schema di carte di pagamento a tre parti è considerato, ai sensi di quest’ultima disposizione, uno schema di carte di pagamento a quattro parti.

53      Nel caso di specie, l’American Express sostiene che l’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento 2015/751 dev’essere interpretato nel senso che uno schema di carte di pagamento a tre parti può essere considerato uno schema di carte di pagamento a quattro parti soltanto alla condizione che almeno un terzo prestatore di servizi di pagamento agisca in qualità di emittente o acquirente nell’ambito dell’operazione di pagamento, vuoi in qualità di licenziatario emittente, di licenziatario convenzionatore, di partner di carta multimarchio in co-branding che effettua l’attività di emissione al posto dello schema di carte di pagamento a tre parti o di agente che effettua l’attività di emissione al posto di tale schema.

54      A tale riguardo, occorre ricordare che, conformemente a una costante giurisprudenza della Corte, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto dell’Unione si deve tenere conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (sentenza del 21 settembre 2017, Commissione/Germania, C‑616/15, EU:C:2017:721, punto 43 e giurisprudenza citata).

55      Per quanto concerne, in primo luogo, i termini utilizzati all’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento 2015/751 per designare la seconda e la terza ipotesi che esso prevede e che formano oggetto della prima questione pregiudiziale, occorre osservare che l’«emittente» è definito all’articolo 2, punto 2, del regolamento 2015/751 come un «prestatore di servizi di pagamento che stipula un contratto per fornire al pagatore uno strumento di pagamento per disporre e trattare le operazioni di pagamento basate su carta del pagatore». Il considerando 29 di tale regolamento precisa, a sua volta, che «[i]l servizio di emissione si basa su una relazione contrattuale tra l’emittente dello strumento di pagamento e il pagatore, indipendentemente dal fatto che l’emittente detenga o no i fondi per conto del pagatore», che «[l]’emittente mette a disposizione del pagatore le carte di pagamento, autorizza le operazioni presso terminali o loro equivalenti e può garantire il pagamento al convenzionatore per le operazioni conformi alle regole del relativo schema», e che, «[p]ertanto, la mera distribuzione di carte di pagamento o prestazione di servizi tecnici, quali il semplice trattamento e la semplice conservazione di dati, non costituisce un’emissione».

56      Per quanto attiene alla seconda ipotesi prevista all’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento 2015/751, ossia la conclusione di un accordo tra uno schema di carte di pagamento a tre parti e un partner di carta multimarchio in co-branding, si deve ricordare che il «multimarchio in co-branding» è definito all’articolo 2, punto 32, di tale regolamento come l’«inclusione di almeno un marchio di pagamento e di almeno un marchio non riferito a uno strumento di pagamento in uno stesso strumento di pagamento basato su carta». Il termine «marchio di pagamento» è a sua volta definito all’articolo 2, punto 30, di tale regolamento come «nome, termine, segno o combinazione di questi, in forma materiale o digitale, in grado di indicare lo schema di carte di pagamento nell’ambito del quale sono effettuate le operazioni di pagamento basate su carta».

57      Quanto alla terza ipotesi prevista all’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento 2015/751, ossia la conclusione di un accordo tra uno schema di carte di pagamento a tre parti e un agente, è vero che tale regolamento non definisce cosa si debba intendere per «agente». Tuttavia, dal considerando 2 della direttiva 2015/2366, che si inserisce anch’essa nel quadro giuridico dell’Unione riguardante i servizi di pagamento, discende che il riesame di tale quadro giuridico è integrato dal regolamento 2015/751. Dal considerando 6 di tale direttiva risulta inoltre che il legislatore dell’Unione ha inteso garantire un’applicazione uniforme del quadro legislativo riguardante i servizi di pagamento in tutta l’Unione.

58      Orbene, come ha fatto presente l’American Express, l’articolo 4, punto 38, della direttiva 2015/2366 definisce l’«agente» come «una persona fisica o giuridica che fornisce servizi di pagamento per conto di un istituto di pagamento», con la precisazione che, ai sensi dell’articolo 4, punto 3, e dell’allegato I di tale direttiva, l’emissione di strumenti di pagamento e/o il convenzionamento di operazioni di pagamento rientrano tra tali servizi di pagamento.

59      Pertanto, dalle pertinenti definizioni dei termini «multimarchio in co-branding» e «agente» non si può dedurre che un partner di carta multimarchio in co-branding o un agente che abbia concluso un accordo con uno schema di carte di pagamento a tre parti intervenga necessariamente in tale schema in qualità di emittente ai sensi dell’articolo 2, punto 2, del regolamento 2015/751.

60      È quindi necessario constatare, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale ai paragrafi 87 e 90 delle sue conclusioni, che non risulta espressamente né dal tenore letterale dell’articolo 1, paragrafo 5, né da quello dell’articolo 2, punto 18, del regolamento 2015/751 che il partner di carta multimarchio in co-branding o l’agente debba egli stesso essere coinvolto nell’attività di emissione. Orbene, se il legislatore dell’Unione avesse inteso restringere l’ambito di applicazione del suddetto articolo 1, paragrafo 5 perché così fosse, avrebbe potuto prevederlo espressamente (v., per analogia, sentenza del 19 marzo 2009, Commissione/Italia, C‑275/07,, EU:C:2009:169, punto 99).

61      Peraltro, se è vero che il considerando 28 del regolamento 2015/751 enuncia che «è opportuno considerare gli schemi di carte di pagamento a tre parti che utilizzano i prestatori di servizi di pagamento come soggetto emittente o soggetto convenzionatore alla stregua degli schemi di carte di pagamento a quattro parti», da ciò non può dedursi che solo tale situazione rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, paragrafo 5, di tale regolamento. A tale proposito, come emerge dal punto 52 della presente sentenza, tale disposizione si riferisce inoltre, in particolare, all’ipotesi nella quale uno schema di carte di pagamento a tre parti «concede ad altri prestatori di servizi di pagamento la licenza di emissione o di convenzionamento di strumenti di pagamento basati su carta, o entrambi».

62      Inoltre, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 90 delle sue conclusioni, dal tenore letterale dell’articolo 1, paragrafo 5 del regolamento 2015/751, in particolare dalla frase «lo schema di carte di pagamento a tre parti (…) emette strumenti di pagamento basati su carta» sembra discendere che tale schema è esso stesso coinvolto nell’attività di emissione.

63      In secondo luogo, per quanto riguarda l’economia di tale disposizione, è pacifico che uno schema di carte di pagamento a tre parti deve essere considerato uno schema di carte di pagamento a quattro parti in particolare nella prima ipotesi prevista da tale disposizione, ossia quando tale schema «concede ad altri prestatori di servizi di pagamento la licenza di emissione o di convenzionamento di strumenti di pagamento basati su carta, o entrambi».

64      Ne consegue, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 77 e 78 delle sue conclusioni, che la situazione in cui un terzo conclude un accordo con uno schema di carte di pagamento a tre parti che prevede che tale terzo proceda all’emissione o al convenzionamento degli strumenti di pagamento basati su carta per tale schema corrisponde a tale prima ipotesi.

65      Si deve quindi necessariamente constatare che l’interpretazione proposta dall’American Express della seconda e della terza ipotesi di cui all’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento 2015/751, secondo la quale un accordo con un terzo rientrerebbe in tali ipotesi soltanto qualora tale terzo emetta strumenti di pagamento basati su carta per tale schema rischierebbe di privare ampiamente tali ipotesi della loro portata.

66      Peraltro, se è vero che la prima ipotesi fa espressamente riferimento al fatto che il terzo al quale è concessa la licenza è anche un «prestatore di servizi di pagamento», le ipotesi seconda e terza non prevedono espressamente che il partner di carta multimarchio in co-branding o l’agente sia necessariamente un prestatore di questo tipo. Non si può quindi escludere che il partner di carta multimarchio in co-branding possa essere coinvolto in attività diverse dai servizi di pagamento, e dunque diverse da quelle consistenti nell’emissione o nel convenzionamento di strumenti di pagamento basati su carta.

67      In terzo luogo, per quanto attiene agli obiettivi perseguiti dal regolamento 2015/751, ai quali appartengono le disposizioni di cui al procedimento principale, dal considerando 43 di tale regolamento risulta che i suoi obiettivi consistono nella fissazione di requisiti uniformi per le operazioni di pagamento basate su carta e per le operazioni tramite Internet e dispositivi mobili basate su pagamenti tramite carta. Più specificamente, secondo il considerando 10 di detto regolamento, la regolamentazione delle commissioni interbancarie è diretta a migliorare il funzionamento del mercato interno e a contribuire a ridurre i costi delle operazioni per i consumatori.

68      Per quanto riguarda l’applicabilità di tale normativa agli schemi di carte di pagamento a tre parti, dal considerando 28 del regolamento 2015/751 emerge che al fine di riconoscere l’esistenza di «commissioni interbancarie implicite» e contribuire alla creazione di «condizioni di parità», il legislatore dell’Unione ha ritenuto necessario che, in presenza di determinate circostanze, tali schemi siano considerati schemi di carte di pagamento a quattro parti e siano soggetti alle stesse regole di questi ultimi.

69      Inoltre, da numerose disposizioni del regolamento 2015/751, in particolare dal considerando 31, dall’articolo 5 e dall’articolo 13, paragrafo 6, di tale regolamento discende che quest’ultimo si prefigge altresì di evitare l’elusione delle disposizioni in esso contenute, in particolare quelle relative al massimale per le commissioni interbancarie.

70      Per quanto attiene alla commissione interbancaria, essa è definita all’articolo 2, punto 10, del regolamento 2015/751 in maniera ampia, come «commissione applicata per ogni operazione direttamente o indirettamente, ad esempio mediante un terzo, tra l’emittente e il soggetto convenzionatore in relazione a un’operazione di pagamento basata su carta», e tale disposizione precisa che «[l]a compensazione netta o altre forme concordate di remunerazione formano parte della commissione interbancaria». La «compensazione netta» è a sua volta definita all’articolo 2, punto 11, del suddetto regolamento, come «l’importo totale netto dei pagamenti, degli sconti o degli incentivi che un emittente riceve da uno schema di carte di pagamento, dal soggetto convenzionatore o da qualsiasi altro intermediario in relazione a operazioni di pagamento basate su carta o ad attività correlate».

71      In tale contesto, come sostenuto in sostanza dalla Commissione, non si può escludere che si possa individuare un certo tipo di contropartita o di vantaggio come costitutivo di una commissione interbancaria implicita, ai sensi del considerando 28 del regolamento 2015/751, senza che il partner di carta multimarchio in co-branding o l’agente con il quale lo schema di carte di pagamento a tre parti ha concluso un accordo sia necessariamente coinvolto nell’attività di emissione di tale schema. Potrebbe pertanto rivelarsi difficile conseguire gli obiettivi del regolamento 2015/751, in particolare quello di cui all’articolo 1, paragrafo 5, di tale regolamento, consistente nel garantire condizioni di parità sul mercato, se le situazioni nei quali il partner di carta multimarchio in co-branding o l’agente non agisce in qualità di emittente, ai sensi dell’articolo 2, punto 2, del suddetto regolamento, dovessero, per questo, esulare dalle disposizioni contenute negli articoli da 3 a 5 e 7 di tale medesimo regolamento.

72      Di conseguenza, quando uno schema di carte di pagamento a tre parti conclude un accordo di co-branding ai sensi dell’articolo 2, punto 32, del regolamento 2015/751, o un accordo con un agente ai sensi dell’articolo 4, punto 38, della direttiva 2015/2366, tale schema dev’essere considerato uno schema di carte di pagamento a quattro parti, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 5, di tale regolamento, con la conseguenza che gli obblighi derivanti dagli articoli da 3 a 5 e 7 del predetto regolamento gli sono applicabili.

73      In considerazione di quanto precede, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento 2015/751 deve essere interpretato nel senso che, nell’ambito di un accordo tra un partner di carta multimarchio in co-branding o un agente, da un lato, e uno schema di carte di pagamento a tre parti, dall’altro, non è necessario che tale partner di carta multimarchio in co-branding o tale agente agisca in qualità di emittente, ai sensi dell’articolo 2, punto 2, di tale regolamento, affinché il suddetto schema sia considerato uno schema che emette strumenti di pagamento basati su carta con un partner di carta multimarchio in co-branding o tramite un agente e sia quindi considerato uno schema di carte di pagamento a quattro parti, ai sensi della prima di tali disposizioni.

 Sulla seconda questione

74      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 5, e l’articolo 2, punto 18, del regolamento 2015/751 siano invalidi in quanto prevedono che uno schema di carte di pagamento a tre parti dev’essere considerato uno schema di carte di pagamento a quattro parti per il solo fatto che esso abbia concluso un accordo con un partner di carta multimarchio in co-branding o con un agente, anche se tale partner di carta multimarchio in co-branding o tale agente non agisce, nell’ambito di tale accordo, in qualità di emittente, ai sensi dell’articolo 2, punto 2, di tale regolamento.

 Sulla sussistenza di una violazione dell’obbligo di motivazione

75      Per quanto riguarda l’obbligo di motivazione occorre ricordare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, anche se la motivazione di un atto dell’Unione, richiesta dall’articolo 296, paragrafo 2, TFUE, deve far apparire in maniera chiara e inequivoca l’iter logico seguito dall’autore dell’atto di cui trattasi, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni della misura adottata e alla Corte di esercitare il proprio controllo, non è però necessario che essa contenga tutti gli elementi di fatto o di diritto pertinenti. L’osservanza dell’obbligo di motivazione deve, peraltro, essere valutata alla luce non soltanto del tenore letterale dell’atto, ma anche del suo contesto e dell’insieme delle norme giuridiche che disciplinano la materia in questione (sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 70 e giurisprudenza citata).

76      Inoltre, la Corte ha ripetutamente dichiarato che, se un atto di portata generale evidenzia nella sua essenza l’obiettivo perseguito dall’istituzione, sarebbe eccessivo pretendere una motivazione specifica per le diverse scelte di natura tecnica operate (sentenza del 3 marzo 2016, Spagna/Commissione, C‑26/15 P, non pubblicata, EU:C:2016:132, punto 31 e giurisprudenza citata).

77      Nel caso di specie, il considerando 28 del regolamento 2015/751 enuncia con sufficiente chiarezza la logica sottesa all’assimilazione, in determinate ipotesi, degli schemi di carte di pagamento a tre parti agli schemi di carte di pagamento a quattro parti. Infatti, come è stato indicato al punto 68 della presente sentenza, tale considerando prevede che per «riconoscere l’esistenza di commissioni interbancarie implicite» e «contribuire alla creazione di condizioni di parità» gli schemi di carte di pagamento a tre parti devono essere considerati alla stregua degli schemi di carte di pagamento a quattro parti ed essere assoggettati alle stesse norme, mentre è opportuno «applicare a tutti i prestatori le norme in materia di trasparenza e le altre misure relative alle regole commerciali».

78      Inoltre, il considerando 28, l’articolo 1, paragrafo 5, seconda frase, e l’articolo 2, punti 17 e 18, del regolamento 2015/751 fanno emergere le differenze che esistono tra gli schemi di carte di pagamento a tre parti e gli schemi di carte di pagamento a quattro parti, e che giustificano che l’assimilazione dei primi ai secondi, ai fini dell’applicazione delle norme relative al massimale per le commissioni interbancarie e alla separazione tra schema di carte di pagamento e soggetti incaricati del trattamento delle operazioni, sia soltanto parziale.

79      Ne consegue, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale al paragrafo 117 delle sue conclusioni, che nell’esporre la situazione complessiva che ha condotto all’assimilazione parziale degli schemi di carte di pagamento a tre parti agli schemi di carte di pagamento a quattro parti nonché gli obiettivi generali perseguiti da tale assimilazione, dette disposizioni permettono agli interessati di conoscere le ragioni che giustificano tale assimilazione e alla Corte di esercitare il proprio controllo, conformemente alla giurisprudenza richiamata al punto 75 della presente sentenza.

80      In tale contesto, conformemente alla giurisprudenza esposta ai punti 75 e 76 della presente sentenza, il legislatore dell’Unione non era tenuto a prevedere, nel regolamento 2015/751, una motivazione per ciascuna delle scelte tecniche da esso operate e che si trovano alla base delle tre ipotesi contemplate all’articolo 1, paragrafo 5, di tale regolamento.

81      Non si può pertanto ritenere che a tale riguardo il regolamento 2015/751 sia viziato da un difetto di motivazione tale da comportare l’invalidità del suo articolo 1, paragrafo 5, e del suo articolo 2, punto 18.

 Sulla sussistenza di un errore manifesto di valutazione

82      Dalla decisione di rinvio risulta che la validità dell’articolo 1, paragrafo 5, e dell’articolo 2, punto 18, del regolamento 2015/751 è contestata nella controversia principale sulla base del rilievo che tali disposizioni sarebbero viziate da un errore manifesto di valutazione. Esse stabilirebbero infatti che, nell’ambito di un accordo tra un partner di carta multimarchio in co-branding o un agente, da un lato, e uno schema di carte di pagamento a tre parti, dall’altro, non è necessario che tale partner di carta multimarchio in co-branding o tale agente sia coinvolto nell’attività di emissione dello schema di carte di pagamento a tre parti affinché tale schema sia considerano uno schema di carte di pagamento a quattro parti.

83      Tuttavia, dagli elementi trasmessi alla Corte nel contesto del presente procedimento non emerge che il legislatore dell’Unione abbia, per questa ragione, commesso un errore manifesto di valutazione che inficia la validità dell’articolo 1, paragrafo 5, e dell’articolo 2, punto 18, del regolamento 2015/751.

84      In particolare, come rilevato in sostanza dall’avvocato generale ai paragrafi da 121 a 124 delle sue conclusioni, nessun elemento presentato alla Corte è tale da dimostrare che sia stato commesso un errore dal legislatore dell’Unione nel decidere il grado di assimilazione tra gli schemi di carte di pagamento a tre parti e gli schemi di carte di pagamento a quattro parti che si sarebbe dovuto applicare, per quanto riguarda le disposizioni previste agli articoli da 3 a 5 e 7 di detto regolamento, al fine di poter raggiungere gli obiettivi rammentati ai punti da 67 a 69 della presente sentenza.

 Sulla sussistenza di una violazione del principio di proporzionalità

85      Occorre ricordare che il principio di proporzionalità esige, per consolidata giurisprudenza della Corte, che gli atti delle istituzioni dell’Unione siano idonei a realizzare i legittimi obiettivi perseguiti dalla normativa in questione e non eccedano i limiti di quanto è necessario per raggiungere questi obiettivi (sentenza del 16 giugno 2015, Gauweiler e a., C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 67 e giurisprudenza citata).

86      Per quanto riguarda il controllo giurisdizionale dell’osservanza di tali condizioni, la Corte ha riconosciuto al legislatore dell’Unione, nell’ambito dell’esercizio delle competenze attribuitegli, un ampio potere discrezionale nei settori in cui la sua azione richiede scelte di natura tanto politica quanto economica o sociale e in cui è chiamato ad effettuare valutazioni complesse. Non si tratta, quindi, di accertare se una misura emanata in un determinato settore fosse l’unica o la migliore possibile, in quanto solo la manifesta inidoneità della misura, rispetto allo scopo che le istituzioni competenti intendono perseguire, può inficiare la legittimità della misura medesima (sentenza dell’8 giugno 2010, Vodafone e a., C‑58/08, EU:C:2010:321, punto 52 e giurisprudenza citata).

87      Nel caso di specie, dato che nessun elemento presentato alla Corte è tale da dimostrare che l’articolo 1, paragrafo 5, e l’articolo 2, punto 18, del regolamento 2015/751 non siano idonei a realizzare gli obiettivi legittimi da esso perseguiti, come ricordati ai punti da 67 a 69 della presente sentenza, si deve respingere l’argomento secondo il quale tali disposizioni, in quanto non subordinano l’assimilazione di uno schema di carte di pagamento a tre parti a uno schema di carte di pagamento a quattro parti alla condizione che il partner di carta multimarchio in co-branding o l’agente interessato agisca in qualità di emittente, violano il principio di proporzionalità. In particolare, come è stato osservato al punto 71 della presente sentenza, poiché non si può escludere che un certo tipo di contropartita o di vantaggio possa essere individuato nel caso di contratti di co-branding o di agenzia, senza che il partner di carta multimarchio in co-branding o l’agente sia necessariamente coinvolto nell’attività di emissione dello schema di carte di pagamento a tre parti interessato, non era manifestamente inadeguato, alla luce di tali obiettivi, assoggettare anche tale remunerazione ai massimali per le commissioni interbancarie fissati da tale regolamento.

88      Da tutte le suesposte considerazioni risulta che dall’esame della seconda questione non è emerso alcun elemento tale da inficiare la validità dell’articolo 1, paragrafo 5, e dell’articolo 2, punto 18, del regolamento 2015/751.

 Sulle spese

89      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 1, paragrafo 5, del regolamento (UE) 2015/751 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015, relativo alle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carta, dev’essere interpretato nel senso che, nell’ambito di un accordo tra un partner di carta multimarchio in co-branding o un agente, da un lato, e uno schema di carte di pagamento a tre parti, dall’altro, non è necessario che tale partner di carta multimarchio in co-branding o tale agente agisca in qualità di emittente, ai sensi dell’articolo 2, punto 2, di tale regolamento, affinché il suddetto schema sia considerato uno schema che emette strumenti di pagamento basati su carta con un partner di carta multimarchio in co-branding o tramite un agente e sia quindi considerato uno schema di carte di pagamento a quattro parti, ai sensi della prima di tali disposizioni.

2)      Dall’esame della seconda questione pregiudiziale non è emerso alcun elemento tale da inficiare la validità dell’articolo 1, paragrafo 5, e dell’articolo 2, punto 18, del regolamento 2015/751.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.