Language of document : ECLI:EU:T:2016:154

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Quarta Sezione)

16 marzo 2016 (*)

«Dumping – Importazioni di vetro solare originario della Cina – Dazio antidumping definitivo – Trattamento riservato alle imprese operanti in condizioni di economia di mercato – Articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), terzo trattino, del regolamento (CE) n. 1225/2009 – Distorsioni di rilievo derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato – Vantaggi fiscali»

Nella causa T‑586/14,

Xinyi PV Products (Anhui) Holdings Ltd, con sede a Anhui (Cina), rappresentata da Y. Melin e V. Akritidis, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da L. Flynn e T. Maxian Rusche, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento del regolamento di esecuzione (UE) n. 470/2014 della Commissione, del 13 maggio 2014, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di vetro solare originario della Repubblica popolare cinese (GU L 142, pag. 1, rettifica in GU 2014, L 253, pag. 4),

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

composto da M. Prek, presidente, I. Labucka (relatore) e V. Kreuschitz, giudici,

cancelliere: L. Grzegorczyk, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 9 settembre 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti e regolamento impugnato

1        La ricorrente, Xinyi PV Products (Anhui) Holdings Ltd, è una società stabilita in Cina, che ivi fabbrica ed esporta verso l’Unione europea vetro solare soggetto al regolamento di esecuzione (UE) n. 470/2014 della Commissione, del 13 maggio 2014, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio provvisorio istituito sulle importazioni di vetro solare originario della Repubblica popolare cinese (GU L 142, pag. 1, rettifica in GU 2014, L 253, pag. 4; in prosieguo: il «regolamento impugnato»).

2        La ricorrente ha come azionista unico la società Xinyi Solar (Hong Kong) Ltd, stabilita ad Hong Kong (Cina) (in prosieguo: «XSolarHK»), la quale è quotata alla Borsa di Hong Kong.

3        Il 26 novembre 2013 la Commissione europea ha adottato il regolamento (UE) n. 1205/2013, che istituisce un dazio provvisorio antidumping sulle importazioni di vetro solare originario della Repubblica popolare cinese (GU L 316, pag. 8; in prosieguo: il «regolamento provvisorio»).

4        Emerge dal regolamento impugnato che il procedimento, nell’ambito del quale è stato adottato il regolamento provvisorio, è stato avviato il 28 febbraio 2013 a seguito di una denuncia presentata per conto di produttori che rappresentavano oltre il 25% della produzione totale di vetro solare dell’Unione (considerando 2 del regolamento impugnato).

5        Emerge, altresì, dal regolamento impugnato che, in seguito alla divulgazione dei principali fatti e considerazioni in base ai quali è stato istituito un dazio antidumping provvisorio (in prosieguo: le «conclusioni provvisorie»), varie parti interessate, tra cui la ricorrente, hanno presentato osservazioni scritte in merito alle conclusioni provvisorie (considerando 4 del regolamento impugnato).

6        La Commissione ha continuato a raccogliere e verificare tutte le informazioni ritenute necessarie ai fini delle sue conclusioni definitive. Le osservazioni presentate oralmente e per iscritto dagli interessati sono state esaminate e le conclusioni provvisorie sono state, se del caso, modificate di conseguenza (considerando 5 del regolamento impugnato).

7        Successivamente, la Commissione ha informato tutte le parti, tra cui la ricorrente, dei principali fatti e considerazioni in base ai quali intendeva istituire un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di vetro solare originario della Cina e riscuotere in via definitiva gli importi depositati a titolo di dazio provvisorio (di seguito: le «conclusioni definitive»). A tutte le parti è stato concesso un periodo entro il quale presentare le loro osservazioni sulle conclusioni definitive (considerando 6 del regolamento impugnato).

8        La ricorrente ha introdotto, il 21 maggio 2013, una richiesta per essere ammessa a beneficiare del trattamento riservato alle imprese operanti in condizioni di economia di mercato (in prosieguo: il «TEM») e depositato, il 6 giugno 2013, le risposte al questionario antidumping della Commissione.

9        La ricorrente ha risposto, il 21 giugno 2013, alla lettera della Commissione che l’invitava a fornire ulteriori informazioni.

10      Le informazioni trasmesse dalla ricorrente nel formulario per la richiesta di TEM e nelle sue risposte al questionario della Commissione sono state oggetto di verifica presso la sede della ricorrente in Cina tra il 21 e il 26 giugno 2013.

11      Alla fine del mese di giugno e nel luglio 2013, la ricorrente ha prodotto, in accordo con la Commissione e in linea con le richieste di quest’ultima, ulteriori informazioni.

12      Con lettera del 22 agosto 2013 (in prosieguo: la «lettera della Commissione del 22 agosto 2013»), la Commissione ha informato la ricorrente che non riteneva di poter dar seguito alla sua richiesta di TEM, unicamente sulla base del motivo ch’essa non soddisfaceva il terzo requisito per la concessione di tale trattamento. La Commissione ha invitato la ricorrente a presentare osservazioni. Viceversa, si è ritenuto che gli altri quattro criteri per la concessione del TEM fossero soddisfatti dalla ricorrente.

13      Nella lettera del 22 agosto 2013, la Commissione ha dichiarato quanto segue:

«L’inchiesta ha rivelato che [la ricorrente] aveva beneficiato di diversi vantaggi fiscali a titolo d’imposta sul reddito, quali:

–        il programma “2 Free 3 Halve”. Tale regime fiscale permette alle società a capitale straniero di beneficiare di un’esenzione fiscale totale (0%) per due anni e, nei tre anni successivi, di un’aliquota fiscale del 12,5%, invece dell’aliquota normale del 25%;

–        il regime fiscale delle imprese ad alta tecnologia. In applicazione di tale regime, la società è sottoposta ad un’aliquota ridotta del 15%, invece dell’aliquota normale del 25%. Tale aliquota preferenziale costituisce una sovvenzione in grado di adattarsi quasi in permanenza che potrebbe anche avere l’obiettivo di attirare investimenti a tassi ridotti, falsando così la concorrenza.

Si ritiene che le aliquote ridotte creino vantaggi finanziari notevoli, di modo che [la ricorrente] non è stat[a] in grado di dimostrare che i suoi costi di produzione e la sua situazione finanziaria non sono soggetti a distorsioni di rilievo derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato (…)

Pertanto, la Commissione propone di rigettare la richiesta [della ricorrente] di TEM».

14      Il 1º settembre 2013 la ricorrente ha presentato le sue osservazioni, alle quali la Commissione ha risposto nella sua decisione finale del 13 settembre 2013 relativa alla richiesta di TEM (in prosieguo: la «lettera della Commissione del 13 settembre 2013»), la quale ha confermato che la richiesta di TEM introdotta dalla ricorrente è stata rigettata.

15      Nella lettera della Commissione del 13 settembre 2013, in particolare la Commissione ha dichiarato quanto segue:

«Un regime d’imposta sul reddito che riguarda alcune società o alcuni settori economici considerati strategici dal governo, implica che questo regime fiscale non deriva da un’economia di mercato ma risulta ancora ampiamente da una pianificazione statale e può, pertanto, essere rilevante ai fini del terzo criterio [dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento (CE) n. 1225/2009]. L’applicazione di un regime d’aliquota preferenziale modifica l’importo degli utili pre-imposte che la società deve generare per essere attraente per gli investitori (...)

A tale proposito, conviene ricordare che era possibile applicare [alla ricorrente] l’aliquota ridotta (14,01%) poiché [essa] poteva cumulare il regime fiscale delle imprese ad alta tecnologia con un altro regime, quello del programma “Two Free 3 Halve”. L’effetto combinato è stato un’aliquota sensibilmente ridotta rispetto all’aliquota normale (25%), che poteva, in particolare, perseguire l’obiettivo d’attirare dei capitali a tassi ridotti e così influire sulla situazione finanziaria ed economica della società nel suo insieme.

(…)

Infine, voi sostenete che la valutazione della Commissione, secondo cui il regime fiscale è in grado di adattarsi quasi in permanenza, è privo di fondamento. I vostri argomenti secondo cui i due regimi fiscali sono limitati nel tempo sono stati presi nel debito conto. Tuttavia, il fatto che questi due regimi fiscali non abbiano un carattere permanente non può mettere in discussione il fatto (...) che essi hanno come obiettivo quello di avere un impatto sulla situazione finanziaria ed economica dell’impresa».

16      In seguito alla divulgazione delle conclusioni provvisorie e, successivamente, dopo la notifica delle conclusioni definitive, la ricorrente ha sostenuto che la Commissione, nel respingere la sua richiesta di TEM, aveva commesso un errore. Questa stessa argomentazione era stata formulata nella fase provvisoria e respinta dalla Commissione nei considerando 43 e 47 del regolamento provvisorio (considerando 32 del regolamento impugnato).

17      Le osservazioni esposte nei considerando da 34 a 47 del regolamento provvisorio, secondo cui tutte le richieste di TEM dovevano essere respinte, sono state, quindi, confermate nel regolamento impugnato (considerando 34 del regolamento impugnato).

18      I considerando da 34 a 47 del regolamento provvisorio così recitano:

«(34)      Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento [(CE) n. 1225/2009], nelle inchieste antidumping relative alle importazioni dalla [Cina] il valore normale deve essere determinato a norma dell’articolo 2, paragrafi da 1 a 6, del regolamento [(CE) n. 1225/2009] per quei produttori esportatori per i quali sia stata accertata la rispondenza ai criteri di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del medesimo regolamento.

(35)      Qui di seguito si riportano brevemente i criteri, esclusivamente per comodità di riferimento:

1)      le decisioni delle imprese devono essere prese in risposta a tendenze del mercato, senza troppe interferenze dello Stato e i costi devono riflettere i valori di mercato;

2)      le imprese devono usare una sola serie ben definita di documenti contabili di base, soggetti a revisione contabile indipendente, in linea con le norme contabili internazionali e utilizzati per tutti gli scopi;

3)      non devono più esistere distorsioni di rilievo dovute al precedente sistema a economia non di mercato;

4)      la certezza del diritto e la stabilità dell’attività devono essere garantite da leggi che disciplinano il fallimento e la proprietà; e

5)      le conversioni delle valute devono essere effettuate a tassi di mercato.

(36)      Dieci società che hanno collaborato hanno chiesto il TEM ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento [(CE) n. 1225/2009] e hanno risposto al formulario di richiesta del TEM entro le scadenze fissate. A norma dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera d), del regolamento [(CE) n. 1225/2009], è stata effettuata una visita di verifica ai fini della concessione del TEM presso le società che erano state incluse nel campione [ivi inclusa la ricorrente] (…).

(37)      Di conseguenza è stata presa una decisione in merito alla concessione del TEM relativamente alle quattro società o gruppi di società indicati qui di seguito.

–        Società inserite nel campione

–        (…);

–        [la ricorrente] e [XSolarHK];

–        (…).

–        Società sottopost[e] a esame individuale

–        (...).

(38)      La Commissione ha raccolto tutte le informazioni ritenute necessarie e verificato presso le sedi delle imprese in questione le informazioni presentate nella richiesta del TEM.

(39)      In caso di parti collegate, la Commissione esamina se il gruppo di società collegate, considerato nel suo complesso, soddisfa le condizioni per beneficiare del TEM. Quindi, qualora una filiale o qualsiasi altra azienda collegata al richiedente in [Cina] sia coinvolta, direttamente o indirettamente, nella produzione o nella vendita del prodotto in esame, l’esame del TEM viene effettuato per ogni azienda individualmente nonché per il gruppo di società nel loro insieme.

(40)      Sono state pertanto esaminate le richieste di TEM avanzate da quattro produttori esportatori (gruppi di società), composti di undici soggetti giuridici.

(41)      Dall’esame è emerso che nessuno dei quattro produttori esportatori (gruppi di società) che hanno chiesto il TEM ha dimostrato di soddisfare tutti i criteri di cui all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento [(CE) n. 1225/2009].

(42)      (...)

(43)      Inoltre, tutti e quattro i produttori esportatori, individualmente o come gruppo, non sono stati in grado di dimostrare di non essere stati soggetti a distorsioni di rilievo dovute a un sistema ad economia non di mercato. Di conseguenza, tali società o gruppi di società non hanno soddisfatto il terzo criterio per l’ottenimento del TEM. Più precisamente, tutti e quattro i produttori esportatori o gruppi di produttori esportatori hanno beneficiato di regimi fiscali preferenziali.

(44)      (...)

(45)      La Commissione ha comunicato i risultati dell’inchiesta sul TEM alle società interessate, alle autorità cinesi e al denunciante e li ha invitati a presentare osservazioni.

(46)      Le osservazioni pervenute non hanno indotto la Commissione a modificare le sue conclusioni preliminari. Previa consultazione degli Stati membri, in conformità all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), il 13 settembre 2013 sono state notificate individualmente e formalmente a tutti i richiedenti le conclusioni finali della Commissione riguardo alle rispettive richieste di TEM.

(47)      Secondo tali conclusioni, nessuno dei quattro produttori esportatori o gruppi di produttori esportatori della [Cina] che hanno collaborato e che avevano chiesto che venisse loro applicato il TEM è stato in grado di dimostrare di soddisfare tutti i criteri enunciati all’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento [(CE) n. 1225/2009], per cui le loro richieste di TEM sono state respinte».

 Procedimento e conclusioni delle parti

19      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 7 agosto 2014, la ricorrente ha proposto il presente ricorso.

20      Nell’ambito della fase scritta del procedimento, la Commissione ha domandato al Tribunale, nella controreplica, una misura di organizzazione del procedimento in applicazione dell’articolo 64 del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, affinché fosse ingiunto alla ricorrente di dimostrare che essa aveva ottenuto l’accordo della società destinataria di un documento allegato alla replica per poterlo produrre, visto che, in mancanza di un tale accordo, tale documento, relativo al quarto motivo di ricorso, vertente sulla violazione dei diritti della difesa, doveva essere rimosso dal fascicolo.

21      Su relazione del giudice relatore, il Tribunale ha deciso di avviare la fase orale del procedimento.

22      In applicazione dell’articolo 64, paragrafo 2, lettera a), del regolamento di procedura del Tribunale del 2 maggio 1991, il Tribunale ha invitato le parti a rispondere per iscritto a taluni quesiti prima dell’udienza.

23      Le parti hanno risposto a tali quesiti entro i termini impartiti.

24      Con lettera indirizzata alla cancelleria del Tribunale l’8 settembre 2015, la ricorrente ha depositato, ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura del Tribunale, una copia della comunicazione del 12 dicembre 1997 della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo relativa al trattamento, nei procedimenti antidumping, dei paesi in passato non retti da un’economia di mercato e alla proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea [COM(97) 677 def.].

25      Lo stesso giorno, il Tribunale ha comunicato alla Commissione, ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 4, del regolamento di procedura del Tribunale, la prova prodotta dalla ricorrente, indicando che essa poteva prendere posizione sul documento in questione al momento dell’udienza.

26      Le parti hanno esposto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti del Tribunale nel corso dell’udienza svoltasi il 9 settembre 2015.

27      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        annullare il regolamento impugnato nella parte in cui la riguarda;

–        condannare la Commissione alle spese.

28      La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

 Sulla produzione tardiva di un elemento di prova

29      Com’è stato ricordato al precedente punto 24, la ricorrente ha depositato un documento alla cancelleria del Tribunale, alla vigilia dell’udienza, come nuovo elemento di prova.

30      Durante l’udienza, la Commissione ha chiesto al Tribunale di non allegare al fascicolo tale documento, in applicazione dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

31      A tale riguardo, è opportuno ricordare che, ai sensi dell’articolo 85, paragrafo 3, del regolamento di procedura, soltanto: «[i]n via eccezionale, le parti principali possono ancora produrre prove od offerte di prova prima della chiusura della fase orale del procedimento o prima della decisione del Tribunale di statuire senza fase orale, a condizione che il ritardo nella presentazione delle stesse sia giustificato».

32      Nel caso di specie, la ricorrente non ha fornito alcun elemento che potesse giustificare il ritardo nella presentazione del documento in questione.

33      Tuttavia, nel quadro della controversia definito dalle parti, il giudice dell’Unione, pur dovendo limitarsi a statuire sulla domanda delle parti, non può essere vincolato ai soli argomenti invocati da queste ultime a sostegno delle loro pretese, salvo vedersi costretto, eventualmente, a basare la propria decisione su considerazioni giuridiche erronee (v. sentenza del 5 ottobre 2009, Commissione/Roodhuijzen, T‑58/08 P, Racc., EU:T:2009:385, punto 35 e la giurisprudenza ivi citata).

34      In particolare, nell’ambito di una controversia che vede le parti contrapposte, come nella fattispecie, in ordine all’interpretazione e all’applicazione di una disposizione del diritto dell’Unione, spetta al giudice dell’Unione applicare le norme giuridiche rilevanti per la soluzione della lite ai fatti che gli sono presentati dalle parti. Infatti, in forza del principio iura novit curia, la determinazione del significato della legge non rientra nell’ambito di applicazione del principio della libera disponibilità delle parti (v. sentenza Commissione/Roodhuijzen, punto 33 supra, EU:T:2009:385, punto 36 e la giurisprudenza ivi citata).

35      Orbene, il documento in questione costituisce un documento preparatorio in vista di una modifica del quadro regolamentare applicabile all’epoca che è all’origine del regolamento (CE) n. 1225/2009 del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea (GU L 343, pag. 51, rettifica in GU 2010, L 7, pag. 22; in prosieguo: il «regolamento di base»). Potrebbe quindi essere un elemento di diritto da tenere in conto per l’interpretazione, principalmente storica, da parte del giudice dell’ambito di applicazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base.

36      Pertanto, si deve respingere la domanda della Commissione di non allegare il documento in questione al fascicolo.

 Nel merito

37      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce quattro motivi, di cui il primo verte sulla violazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base, sostenendo che la Commissione, nel regolamento impugnato, ha ritenuto a torto che i suoi costi di produzione e la sua situazione economica fossero soggetti a distorsioni di rilievo derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato, ai sensi di tale disposizione.

38      A tal proposito, occorre rilevare, in via preliminare, che secondo l’articolo 2, paragrafo 7, lettera a), del regolamento di base, nel caso di importazioni in provenienza da paesi non retti da un’economia di mercato, in deroga alle norme stabilite ai paragrafi da 1 a 6 della medesima disposizione, in linea di principio, il valore normale è determinato in base al prezzo o al valore costruito in un paese terzo ad economia di mercato. Detta disposizione mira così ad evitare che vengano presi in considerazione i prezzi e i costi vigenti in paesi non retti da un’economia di mercato, nella misura in cui in questi ultimi [paesi] tali parametri non sono la risultante normale delle forze che si esercitano sul mercato (v. sentenza del 19 luglio 2012, Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group, C‑337/09 P, Racc., EU:C:2012:471, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

39      Tuttavia, in virtù dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base, nel caso di inchieste antidumping relative ad importazioni in provenienza in particolare dalla Cina, il valore normale è determinato a norma dell’articolo 2, paragrafi da 1 a 6, del regolamento di base per taluni produttori qualora, in base a richieste debitamente motivate di uno o più produttori oggetto dell’inchiesta e in funzione dei criteri e delle procedure di cui al medesimo paragrafo 7, lettera c), sia dimostrata la prevalenza di condizioni di economia di mercato per il produttore o per i produttori in questione relativamente alla fabbricazione e alla vendita del prodotto simile di cui trattasi (v., in tal senso, Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group, punto 38 supra, EU:C:2012:471, punto 67).

40      L’introduzione nel regolamento di base dell’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), è stata motivata dal fatto che le riforme intraprese segnatamente in Cina hanno modificato in modo essenziale l’economia di tale paese e hanno portato all’emergere di imprese per le quali prevalgono condizioni di economia di mercato, sicché il paese suddetto si è discostato dal modello economico che aveva suggerito il ricorso sistematico al metodo del paese di riferimento (sentenza Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group, punto 38 supra, EU:C:2012:471, punto 68).

41      Tuttavia, nella misura in cui, malgrado tali riforme, la Cina non costituisce ancora un paese ad economia di mercato, alle cui esportazioni si applichino automaticamente le norme stabilite all’articolo 2, paragrafi da 1 a 6, del regolamento di base, il paragrafo 7, lettera c), di questo medesimo articolo impone a ciascun produttore che desideri beneficiare delle norme suddette di fornire prove sufficienti, come specificate in questa stessa disposizione, atte a dimostrare che esso opera in condizioni di economia di mercato (sentenza Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group, punto 38 supra, EU:C:2012:471, punto 69).

42      A tal fine, l’onere della prova incombe al produttore che desidera valersi del TEM in virtù dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera b), del regolamento di base. Il medesimo paragrafo 7, lettera c), primo comma, prevede che la domanda presentata da un tale produttore deve contenere prove sufficienti, come specificate in quest’ultima disposizione, del fatto che esso opera nelle condizioni di un’economia di mercato. Non spetta dunque alle istituzioni dell’Unione la prova che il produttore non soddisfa le condizioni previste per beneficiare di detto status [sentenza del 2 febbraio 2012, Brosmann Footwear (HK) e a./Consiglio, C‑249/10 P, Racc., EU:C:2012:53, punto 32].

43      Spetta, invece, al Consiglio dell’Unione europea e alla Commissione valutare se gli elementi forniti dal produttore interessato siano sufficienti a dimostrare che i criteri enunciati nell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), del regolamento di base sono soddisfatti in vista della concessione a favore di detto produttore del beneficio del TEM, ed al giudice dell’Unione verificare che tale valutazione non sia viziata da un errore manifesto [v. sentenze Brosmann Footwear (HK) e a./Consiglio, punto 42 supra, EU:C:2012:53, punto 32, e Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group, punto 38 supra, EU:C:2012:471, punto 70].

44      Nel caso di specie, emerge dal tenore della lettera della Commissione del 22 agosto 2013, riprodotta al precedente punto 13, della lettera della Commissione del 13 settembre 2013, riprodotta al precedente punto 15, come dei considerando da 34 a 47 del regolamento provvisorio, riprodotti al precedente punto 18, ai quali il regolamento impugnato ha rinviato nel suo considerando 34, il cui contenuto è stato riprodotto nel precedente punto 17, che il TEM è stato rifiutato alla ricorrente dalla Commissione unicamente sulla base del motivo che essa non aveva dimostrato di soddisfare il criterio enunciato nell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base.

45      In virtù di tale disposizione, il produttore deve presentare prove sufficienti del fatto che esso opera in condizioni di economia di mercato e cioè che «i [suoi] costi di produzione e la [sua] situazione finanziaria (...) non siano soggette a distorsioni di rilievo derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato, [in particolare] relativamente alle svalutazioni anche degli attivi, alle passività di altro genere, al commercio di scambio e ai pagamenti effettuati mediante compensazione dei debiti».

46      Indipendentemente dal caso di svalutazioni degli attivi, di passività di altro genere, di commercio di scambio e di pagamenti effettuati mediante compensazione dei debiti, i quali sono addotti dal regolamento di base a titolo indicativo, come risulta dall’utilizzazione della locuzione «in particolare» e che, in ogni caso, non sono rilevanti nel caso di specie, la disposizione in questione introduce una doppia condizione, cumulativa, relativa, da un lato, all’esistenza di una distorsione di rilievo dei costi di produzione e della situazione finanziaria dell’impresa interessata e, dall’altro, al fatto che tale distorsione deriva dal precedente sistema ad economia non di mercato.

47      Nel caso di specie, la ricorrente contesta alla Commissione di aver viziato il regolamento impugnato considerando, in particolare, che i vantaggi fiscali di cui essa aveva beneficiato costituivano distorsioni derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base.

48      In tal senso, essa osserva che in sostanza il termine «derivanti» traduce il perdurare di un elemento preesistente, così come risulta dall’evoluzione del quadro giuridico dell’Unione, e che tali vantaggi non potrebbero essere considerati il risultato di un sistema in cui il commercio è oggetto di monopolio assoluto o quasi assoluto e in cui i prezzi interni sono fissati dallo Stato, cioè un paese ad economia di Stato.

49      Viceversa, i vantaggi fiscali in questione non avrebbero alcun rapporto con un regime d’economia centralizzata e pianificata poiché, in molte economie di mercato, essi sono di uso corrente per attirare gli investimenti stranieri ed incoraggiare alcune attività. È così nell’Unione, in particolare alla luce della prassi della Commissione in materia d’aiuti di Stato sotto forma di incentivi fiscali, di modo che la Commissione avrebbe commesso un errore manifesto di valutazione avendo considerato, nella lettera del 13 settembre 2013, che un regime d’imposte sul reddito che favorisce alcune società o settori economici, che il governo considera strategici, implichi che il regime fiscale in questione non è quello di un’economia di mercato, ma è ancora soggetto all’influenza diretta della pianificazione statale.

50      Per quanto riguarda il regime fiscale preferenziale per le società a partecipazione straniera, la ricorrente argomenta che la Cina desiderava attirare i capitali e gli investimenti stranieri, cosa che costituisce un obiettivo perfettamente legittimo, condiviso da tutti i paesi del mondo, ivi inclusa la maggior parte degli Stati membri dell’Unione, tra cui l’Irlanda, i Paesi Bassi e il Belgio in particolare.

51      Secondo la Commissione, gli argomenti della ricorrente si basano su un’interpretazione prettamente letterale dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base, come se si trattasse di una clausola d’esclusione di tutti gli elementi ereditati dai sistemi precedenti, quando invece l’oggetto di tale disposizione è quello di tener conto, attraverso un approccio modulato, della transizione della Cina verso un’economia di mercato.

52      Innanzitutto, l’aliquota d’imposta ridotta sugli utili delle società, del 15% invece che del 25% per le imprese ad alta tecnologia, sarebbe accordata in maniera discrezionale dall’amministrazione cinese, la quale sarebbe tenuta a prendere in considerazione il 12º piano quinquennale in vigore in Cina, che posiziona l’energia solare voltaica tra i settori strategici emergenti, e tale aliquota ridotta sarebbe stata adottata in esecuzione del piano nazionale per lo sviluppo scientifico e tecnologico a medio e lungo termine (2006-2020), così che sarebbe fondata la conclusione della Commissione secondo cui tale vantaggio fiscale era derivato dal precedente sistema ad economia non di mercato.

53      Lo stesso varrebbe anche per l’aliquota ridotta applicabile alle società a partecipazione straniera.

54      Inoltre, la Commissione sostiene, in questo doppio contesto, di non aver fondato la sua analisi sul semplice fatto che la ricorrente avrebbe beneficiato di un complesso di vantaggi fiscali, ma piuttosto sull’elemento incontestato che un tale trattamento di favore era dovuto alla designazione della ricorrente come impresa appartenente al settore dell’alta tecnologia e delle nuove tecnologie e come società a partecipazione straniera.

55      Il sostegno accordato dall’amministrazione pubblica cinese non sarebbe stato espressione di una politica orizzontale volta, segnatamente, a migliorare le condizioni ambientali, al sostegno dello sviluppo regionale o alla promozione di un qualsiasi altro obiettivo d’interesse comune nel contesto di un’economia di mercato, ma piuttosto «l’incarnazione di un sistema d’economia non di mercato».

56      L’evocazione da parte della ricorrente della politica fiscale degli Stati membri sarebbe, peraltro, totalmente erronea poiché, seppure certi Stati membri concedano certamente vantaggi fiscali per talune attività specifiche, tali vantaggi non riguarderebbero mai la totalità del reddito delle imprese interessate e non sarebbero concessi soltanto perché l’investimento è straniero.

57      Infine, la Commissione sostiene, circa la riduzione dell’aliquota d’imposta sulle società di cui beneficiano le imprese del settore dell’alta tecnologia e delle nuove tecnologie, di non essersi basata sul fatto che tale misura era legata ai piani quinquennali adottati dalla Cina per concludere che la ricorrente non aveva soddisfatto all’onere della prova che le incombeva rispetto al terzo criterio per la concessione del TEM. Il fatto che, tuttavia, la misura trovi la sua origine nei piani quinquennali sarebbe stato un indizio rilevante che, insieme ad altri elementi, come lo status della Cina di paese non retto da un’economia di mercato, la condizione privilegiata del settore a cui appartiene la ricorrente, la natura e la portata dei regimi fiscali in questione e l’assenza di prova contraria, l’avrebbe portata a concludere che tali regimi erano di natura tale da creare distorsioni.

58      La ricorrente non terrebbe in giusto conto la distinzione essenziale tra sostenere un’attività specifica e sostenere l’insieme delle attività esercitate da un’impresa che appartiene ad un settore che lo Stato ha deciso di privilegiare rispetto a tutti gli altri. Ebbene, il trattamento fiscale favorevole di cui ha beneficiato la ricorrente ricadrebbe in quest’ultima categoria e non avrebbe equivalenti tra le misure adottate in un’economia di mercato.

59      A tale riguardo, occorre ricordare che, in materia di politica commerciale comune, e specialmente nell’ambito delle misure di difesa commerciale, le istituzioni dell’Unione dispongono di un ampio potere discrezionale a causa della complessità delle situazioni economiche e politiche che devono esaminare. Ne consegue che il sindacato del giudice deve limitarsi alla verifica del rispetto delle norme procedurali, dell’esattezza materiale dei fatti considerati nell’operare la scelta contestata, nonché dell’assenza di errore manifesto di valutazione di tali fatti ovvero dell’assenza di uno sviamento di potere. Lo stesso vale per le situazioni di fatto, di ordine giuridico e politico, esistenti nel paese considerato e che le istituzioni dell’Unione devono valutare per accertare se un esportatore operi nelle condizioni di mercato senza intervento significativo dello Stato e possa, conseguentemente, beneficiare del riconoscimento del TEM. Tuttavia, se è vero che nel settore delle misure di difesa commerciale e, segnatamente, delle misure antidumping, il giudice dell’Unione non può intervenire nella valutazione riservata alle autorità dell’Unione, tranne che nel caso di errore manifesto di valutazione o di sviamento di potere, spetta nondimeno a detto giudice di assicurarsi che le istituzioni abbiano tenuto conto di tutte le circostanze rilevanti e che abbiano valutato gli elementi versati agli atti con tutta la diligenza richiesta [v. sentenza del 18 settembre 2012, Since Hardware (Guangzhou)/Consiglio, T‑156/11, Racc., EU:T:2012:431, punti da 182 a 184 e giurisprudenza ivi citata].

60      In tal senso, si è statuito, per quanto riguarda il carattere di eccezione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento di base, che la necessità di un’interpretazione restrittiva non può consentire alle istituzioni di interpretare e di applicare tale disposizione in un modo incompatibile con la formulazione e la finalità di quest’ultima (sentenza Consiglio/Zhejiang Xinan Chemical Industrial Group, punto 38 supra, EU:C:2012:471, punto 93).

61      Alla luce delle suesposte considerazioni, il Tribunale deve decidere nell’ambito della valutazione del primo motivo di ricorso se, come sostiene la ricorrente, la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione rigettando gli argomenti che essa aveva avanzato per dimostrare, ai fini della concessione del TEM, che i suoi costi di produzione e la sua situazione finanziaria non erano soggette a distorsioni di rilievo derivanti dal precedente sistema ad economia non di mercato, nonostante i regimi fiscali in questione di cui essa ha beneficiato.

62      Ebbene, a tal riguardo, è giocoforza concludere che la valutazione della Commissione è manifestamente erronea.

63      Occorre, infatti, sottolineare che i vantaggi derivanti da un’economia non di mercato, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base, non riguardano qualsiasi vantaggio conferito dalle competenti autorità cinesi, a meno che non si voglia rimettere in discussione l’efficacia e la portata illustrativa degli esempi citati in tale disposizione.

64      Risulta dalla formulazione dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base che le distorsioni della situazione finanziaria delle imprese devono derivare dal precedente sistema ad economia non di mercato. Le diverse versioni linguistiche del regolamento di base confermano che il termine «derivanti» ‐ cioè «carried over» in inglese, «infolge» in tedesco, «voortvloeien» in olandese e «induit» in francese ‐ significa che il precedente sistema ad economia non di mercato deve aver portato o condotto alle distorsioni in questione. I vantaggi all’origine delle distorsioni addotte non riguarderebbero, quindi, qualsiasi vantaggio procurato dalle competenti autorità cinesi, ma unicamente quelli che sono una conseguenza del precedente sistema ad economia non di mercato.

65      Orbene, non è possibile concludere che i vantaggi fiscali in questione derivano dal precedente sistema ad economia non di mercato, nel senso che ne sono il risultato o la conseguenza.

66      Notoriamente, infatti, anche i paesi ad economia di mercato accordano a talune imprese vantaggi fiscali sotto forma di esenzioni fiscali per un periodo determinato o di aliquote ridotte, come risulta del resto dalla giurisprudenza della Corte in materia di aiuti di Stato e segnatamente dalle sentenze del 29 gennaio 1998, Commissione/Italia (C‑280/95, Racc., EU:C:1998:28, punto 2), del 21 marzo 2002, Spagna/Commissione (C‑36/00, Racc., EU:C:2002:196, punto 4), o del 28 luglio 2011, Diputación Foral de Vizcaya e a./Commissione (da C‑471/09 P a C‑473/09 P, EU:C:2011:521, punto 6).

67      Gli argomenti avanzati dalla Commissione, tratti dal carattere eccezionale e dai sospetti d’illegittimità di tali regimi rispetto al diritto dell’Unione, non possono rimettere in discussione l’esistenza di regimi fiscali simili a quelli in questione, considerato che regimi fiscali comparabili sono stati adottati nel contesto di un’economia di mercato. Anche se vantaggi fiscali, come le aliquote ridotte, che presuppongono un intervento statale, sono suscettibili di orientare i comportamenti delle imprese in una direzione diversa da quella risultante dalle forze presenti in un’economia di mercato, occorre osservare che in effetti tali misure esistono anche nei paesi ad economia di mercato. Sicché l’esistenza di tali misure, in quanto tale, non è sufficiente a qualificarle come derivanti da un’economia non di mercato.

68      Tale valutazione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti che la Commissione ha sostenuto nei suoi atti e durante l’udienza.

69      Innanzitutto, l’argomento tratto dal legame indiretto tra i vantaggi fiscali in questione e i diversi piani attuati in Cina è il risultato di un formalismo eccesivo, poiché la continuità dei suddetti piani non implica necessariamente che tali regimi derivassero dalla precedente economia non di mercato della Cina, a meno che non si voglia concludere che tutte le misure adottate in Cina e ricollegabili ad un piano derivino dalla sua precedente economia non di mercato, circostanza che priverebbe l’articolo 2, paragrafo 7, lettere b) e c), del regolamento di base di ogni efficacia.

70      Inoltre, per respingere l’argomento della Commissione tratto dal presunto carattere non orizzontale dei vantaggi fiscali in questione e dalla natura discrezionale della loro concessione, basta notare che, durante l’udienza, la ricorrente ha chiaramente messo in rilievo che detti vantaggi erano stati conferiti dalle autorità competenti non su base discrezionale, ma quando le condizioni oggettive per la loro concessione, cioè l’appartenenza dell’impresa in questione al settore delle alte tecnologie o l’origine straniera del capitale, erano soddisfatte.

71      In ogni caso, risulta dall’articolo 28 della Corporate income tax law of the Peoples’s Republic of China (legge della Repubblica popolare cinese, sull’imposizione sui redditi delle imprese) e dall’articolo 93 delle sue modalità d’applicazione che i vantaggi fiscali sono attribuiti alle imprese del settore delle alte tecnologie, come la ricorrente, circostanza non contestata dalla Commissione, soltanto se certe condizioni oggettive sono soddisfatte, e, nello specifico, se le imprese in questione operano nel settore delle tecnologie nuove e avanzate, se sono titolari di diritti di proprietà intellettuale, se i loro prodotti o servizi rilevano dei settori di alta tecnologia specificamente sostenuti dallo Stato, se i costi della ricerca e dello sviluppo raggiungono una certa percentuale delle spese totali, se il reddito generato da tali prodotti o servizi raggiunge una certa percentuale della totalità del loro reddito e se il numero dei loro tecnici rappresenta una certa percentuale del numero totale dei dipendenti.

72      In modo analogo, risulta anche dall’articolo 27 della Corporate income tax law of the Peoples’s Republic of China e dall’articolo 88 delle sue modalità d’applicazione che i vantaggi fiscali sono concessi alle imprese il cui capitale è detenuto da investitori stranieri, come la ricorrente, circostanza non contestata dalla Commissione, soltanto se certe condizioni oggettive sono soddisfatte, e, in particolare se le imprese in questione sono attive in progetti di protezione dell’ambiente nell’ambito dell’energia o della preservazione delle risorse acquatiche, come l’innovazione tecnologica per il risparmio energetico e la riduzione di certe emissioni.

73      I vantaggi fiscali in questione sono stati concessi alla ricorrente, quindi, poiché essa ricadeva in una categoria d’imprese e non a titolo personale su base discrezionale, circostanza che la Commissione ha d’altronde ammesso in sede d’udienza.

74      A tal proposito, non convince l’argomento della Commissione secondo cui i regimi fiscali in questione non perseguirebbero finalità legittime, come la protezione dell’ambiente, la sanità pubblica o lo sviluppo regionale.

75      È infatti incontestabile che il sostegno a certi settori d’attività come le alte tecnologie, giudicati strategici da un determinato paese, costituisce un obiettivo legittimo in un’economia di mercato, indipendentemente dalla questione della legalità delle misure in questione, in particolare, rispetto al diritto dell’Unione in materia di aiuti di Stato.

76      Non è neppure possibile ritenere che l’obiettivo di attirare investimenti stranieri derivi da un precedente sistema di economia non di mercato, poiché, da una parte, tale obiettivo è perseguito da un numero rilevante di paesi ad economia di mercato e, dall’altra, tale obiettivo è in antitesi, per lo meno in teoria, con un modello d’organizzazione economica basato sulla proprietà collettiva o statale delle imprese sottoposte a obiettivi di produzione definiti da un piano centralizzato, situazione tipica di un sistema ad economia non di mercato.

77      Infine, non ha maggior fortuna l’argomento della Commissione secondo cui i vantaggi fiscali in questione hanno avuto un impatto non soltanto sui costi direttamente collegati all’obiettivo perseguito, ma sull’insieme dei risultati economici della ricorrente e quindi sulla sua situazione economica globale.

78      Tale argomento, infatti, anche qualora fosse fondato, potrebbe essere utilmente avanzato soltanto con riferimento all’entità della distorsione dei costi di produzione e della situazione finanziaria della ricorrente, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 7, lettera c), terzo trattino, del regolamento di base, ma non per argomentare che detta distorsione deriva dalla precedente economia non di mercato, in questo caso quella cinese, ai sensi di questa stessa disposizione.

79      Occorre, di conseguenza, dichiarare che la Commissione ha commesso un errore manifesto di valutazione considerando, nonostante gli elementi avanzati dalla ricorrente a tal fine, che i costi di produzione e la situazione finanziaria di quest’ultima erano soggetti ad una distorsione derivante dal precedente sistema ad economia non di mercato, per rifiutare di riconoscerle il TEM.

80      È necessario, quindi, annullare il regolamento impugnato per quanto concerne la ricorrente, senza che si debbano esaminare gli altri tre morivi di ricorso né, pertanto, decidere sulla domanda della Commissione di attuazione di una misura di organizzazione del procedimento, essendo tale domanda esclusivamente collegata all’analisi del quarto motivo di ricorso.

 Sulle spese

81      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese, se ne è stata fatta domanda. La Commissione, risultata soccombente, sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla ricorrente, conformemente alla domanda di quest’ultima.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Quarta Sezione),

dichiara e statuisce:

1)      Il regolamento di esecuzione (UE) n. 470/2014 della Commissione, del 13 maggio 2014, che istituisce un dazio antidumping definitivo e dispone la riscossione definitiva dei dazi provvisori istituiti sulle importazioni di vetro solare originario della Repubblica popolare cinese, è annullato nella parte in cui riguarda la Xinyi PV Products (Anhui) Holdings Ltd.

2)      La Commissione europea è condannata alle spese.

Prek

Labucka

Kreuschitz

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 16 marzo 2016.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.