Language of document : ECLI:EU:C:2017:1

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MICHAL BOBEK

presentate il 10 gennaio 2017 (1)

Causa C‑529/15

Gert Folk

contro

Unabhängiger Verwaltungssenat für die Steiermark

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria)]

«Direttiva 2004/35/CE – Responsabilità ambientale – Funzionamento di una centrale idroelettrica – Autorizzazione e funzionamento prima della scadenza del termine di trasposizione della direttiva – Ambito di applicazione ratione temporis – Definizione di danno ambientale alle acque – Legge nazionale che esclude il danno coperto da un’autorizzazione – Esclusione degli effetti negativi nei casi in cui si applica l’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva 2000/60/CE – Accesso alla giustizia in materia ambientale – Legittimazione ad avviare una procedura di riesame – Persone che sono o potrebbero essere colpite»






I –    Introduzione

1.        Nel 1998 è stata autorizzata la costruzione di una centrale idroelettrica sul fiume Mürz, in Austria. Detta centrale è operativa dal 2002. Il Dr. Folk (in prosieguo: il «ricorrente») è titolare di una licenza di pesca su entrambe le rive del fiume a valle della briglia. A parere del ricorrente, il funzionamento della centrale provoca brevi fluttuazioni, significative e ripetute, del livello dell’acqua. Conseguentemente, alcune aree bagnate dal fiume si asciugano piuttosto rapidamente. Ciò determina la separazione di aree acquifere dalle acque correnti, rendendo impossibile per i pesci di piccola taglia e il novellame seguire la corrente dell’acqua. I pesci muoiono.

2.        Il ricorrente ha proposto un ricorso dinanzi alle autorità competenti. Tuttavia, il suo ricorso è stato respinto in considerazione del fatto che è stata rilasciata un’autorizzazione per il funzionamento della centrale. Il giudice del rinvio ‑ il Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria) ‑ pone una serie di quesiti relativi a tre ordini di questioni. La prima riguarda l’ambito di applicazione ratione temporis della direttiva 2004/35/CE (direttiva sulla responsabilità ambientale; in prosieguo: la «DRA») (2). La seconda è se la definizione di danno ambientale prevista dalla normativa austriaca sia conforme alla DRA, in quanto esclude, in relazione alle acque, qualsiasi danno che sia «coperto da un’autorizzazione». Il giudice nazionale chiede inoltre chiarimenti in merito all’incidenza dell’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva 2000/60/CE (direttiva quadro in materia di acque; in prosieguo: la «DQA») (3) sulla definizione di «danno alle acque» ai sensi della DRA. La terza questione è se una disposizione nazionale che impedisce ai titolari di una licenza di pesca di avviare una procedura di riesame sia compatibile con le norme della DRA che disciplinano l’accesso dei privati alla giustizia.

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.      Direttiva sulla responsabilità ambientale

3.        L’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA (nella versione applicabile al procedimento principale) definisce come «danno ambientale» un «danno alle acque, vale a dire qualsiasi danno che incida in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico e/o quantitativo e/o sul potenziale ecologico delle acque interessate, quali definiti nella direttiva 2000/60/CE, a eccezione degli effetti negativi cui si applica l’articolo 4, paragrafo 7 di tale direttiva». Ai sensi dell’articolo 2, punto 5, della medesima direttiva, si intendono per «“acque”: tutte le acque cui si applica la direttiva 2000/60/CE».

4.        L’articolo 12, paragrafo 1, della DRA, intitolato «Richiesta di azione», così recita:

«Persone fisiche o giuridiche:

a)      che sono o potrebbero essere colpite dal danno ambientale, o

b)      che vantino un interesse sufficiente nel processo decisionale in materia di ambiente concernente il danno o, in alternativa,

c)      che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di detta Parte esiga tale presupposto,

sono legittimate a presentare all’autorità competente osservazioni concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o minaccia imminente di danno ambientale di cui siano a conoscenza e a chiedere all’autorità competente di intervenire a norma della presente direttiva.

Gli elementi costitutivi dell’“interesse sufficiente” e della “violazione di un diritto” sono determinati dagli Stati membri.

(…)».

5.        L’articolo 13 della DRA, che riguarda le «Procedure di riesame», così dispone:

«1.      Le persone di cui all’articolo 12, paragrafo 1 sono legittimate ad avviare procedimenti dinanzi a un tribunale, o qualsiasi altro organo pubblico indipendente e imparziale, ai fini del riesame della legittimità della procedura e del merito delle decisioni, degli atti o delle omissioni dell’autorità competente ai sensi della presente direttiva.

2.      La presente direttiva lascia impregiudicate le disposizioni nazionali che disciplinano l’accesso alla giustizia e quelle che consentono l’avvio di procedimenti giudiziari solo previo esperimento delle vie di ricorso amministrative».

6.        L’articolo 17 della DRA, intitolato «Applicazione nel tempo», prevede che quest’ultima non si applica:

«–       al danno causato da un’emissione, un evento o un incidente verificatosi prima della data di cui all’articolo 19, paragrafo 1;

–        al danno causato da un’emissione, un evento o un incidente verificatosi dopo la data di cui all’articolo 19, paragrafo 1, se derivante da una specifica attività posta in essere e terminata prima di detta data;

–        al danno in relazione al quale sono passati più di 30 anni dall’emissione, evento o incidente che l’ha causato».

2.      La direttiva quadro in materia di acque

7.        Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 7, della DQA, gli Stati membri non violano detta direttiva qualora:

«–      il mancato raggiungimento del buono stato delle acque sotterranee, del buono stato ecologico o, ove pertinente, del buon potenziale ecologico ovvero l’incapacità di impedire il deterioramento dello stato del corpo idrico superficiale o sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni del livello di corpi sotterranei, o

–      l’incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attività sostenibili di sviluppo umano,

purché ricorrano tutte le seguenti condizioni:

a)      è fatto tutto il possibile per mitigare l’impatto negativo sullo stato del corpo idrico;

b)      le motivazioni delle modifiche o alterazioni sono menzionate specificamente e illustrate nel piano di gestione del bacino idrografico prescritto dall’articolo 13 e gli obiettivi sono riveduti ogni sei anni;

c)      le motivazioni di tali modifiche o alterazioni sono di prioritario interesse pubblico e/o i vantaggi per l’ambiente e la società risultanti dal conseguimento degli obiettivi di cui al paragrafo 1 sono inferiori ai vantaggi derivanti dalle modifiche o alterazioni per la salute umana, il mantenimento della sicurezza umana o lo sviluppo sostenibile, e

d)      per ragioni di fattibilità tecnica o costi sproporzionati, i vantaggi derivanti da tali modifiche o alterazioni del corpo idrico non possono essere conseguiti con altri mezzi che costituiscano una soluzione notevolmente migliore sul piano ambientale».

B –    Diritto austriaco

8.        In Austria, la DRA è stata attuata a livello federale mediante il Bundes-Umwelthaftungsgesetz (legge federale sulla responsabilità ambientale; in prosieguo: il «B‑UHG») (4). A tenore dell’articolo 4, punto 1, lettera a), del B‑UHG, per «danno ambientale» si intende «qualsiasi danno rilevante alle acque, vale a dire qualsiasi danno che incida in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico o quantitativo o sul potenziale ecologico delle acque interessate ai sensi del Wasserrechtsgesetz 1959 [legge del 1959 sul diritto delle acque; in prosieguo: il «WRG»] (5) (…) e che non rientri nell’ambito di un’autorizzazione in applicazione del [WRG] (…)».

9.        Ai sensi dell’articolo 11 del B‑UHG:

«1)      Le persone fisiche o giuridiche che possono essere lese nei loro diritti da un danno ambientale occorso, hanno la facoltà di chiedere mediante reclamo scritto all’autorità amministrativa distrettuale nel cui ambito territoriale si è verificato il danno ambientale lamentato di intervenire ai sensi dell’articolo 6 e dell’articolo 7, paragrafo 2. (…)

2)      Per diritti a norma del paragrafo 1, prima frase, si intende (…)

2.      in tema di acque: i diritti esistenti ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del [WRG] (…)».

III – Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

10.      La società Wasserkraftanlagen Mürzzuschlag GmbH gestisce una centrale idroelettrica sul fiume Mürz con un bacino di scarico di 1 455 m. Il ricorrente è titolare di una licenza di pesca su entrambe le rive del Mürz per un tratto di circa 12 km a valle della briglia.

11.      Il funzionamento di tale centrale è stato autorizzato nel 1998 con decisione del Landeshauptmann von Steiermark (governatore del Land della Stiria). Detta centrale è attiva dal 2002.

12.      Il 29 settembre 2009 il ricorrente ha proposto un ricorso in materia ambientale ai sensi dell’articolo 11 del B‑UHG dinanzi alla Bezirkshauptmannschaft Mürzzuschlag (autorità amministrativa del distretto di Mürzzuschlag). Egli ha sostenuto che la centrale idroelettrica ha provocato danni rilevanti all’ambiente, pregiudicando la riproduzione naturale dei pesci. Brevi fluttuazioni significative del livello dell’acqua fanno sì che aree bagnate dal fiume si asciughino molto rapidamente, causando la separazione di aree acquifere dalle acque correnti. Ciò rende impossibile per i pesci di piccola taglia e il novellame seguire la corrente dell’acqua. Questo causa ripetute morie di pesci in lunghi tratti di fiume. Secondo il ricorrente, ciò sarebbe dovuto alla mancanza di un canale di bypass presso la centrale elettrica e alle modalità di funzionamento di quest’ultima.

13.      L’autorità amministrativa del distretto di Mürzzuschlag e successivamente l’Unabhängiger Verwaltungssenat für die Steiermark (Tribunale amministrativo indipendente della Stiria) (in prosieguo: l’«UVS») hanno respinto il ricorso del ricorrente. La decisione dell’UVS del 15 maggio 2012 è fondata in sostanza sul fatto che il governatore del Land della Stiria ha rilasciato un’autorizzazione per il funzionamento della centrale idroelettrica. Tale decisione ha determinato anche le quantità di acqua residua. Pertanto, l’asserito danno rientrava nell’ambito di un’autorizzazione concessa ai sensi del WRG. Per tale motivo, non esisteva alcun danno ambientale ai sensi dell’articolo 4, punto 1, lettera a), del B‑UHG.

14.      Il ricorrente ha impugnato la decisione dell’UVS dinanzi al Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria), che è il giudice del rinvio. Egli sostiene che il B‑UHG è incompatibile con la DRA, poiché non tutte le autorizzazioni concesse in base al WRG comportano l’esclusione di un danno ambientale.

15.      In tale contesto, il giudice del rinvio ha sospeso il procedimento e ha sottoposto alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la [DRA] si applichi anche a danni che, pur verificandosi dopo la data indicata nel suo articolo 19, paragrafo 1, derivano dal funzionamento di un impianto (centrale idroelettrica) che sia stato autorizzato e attivato prima di tale data e sono coperti da un’autorizzazione in conformità alla normativa in materia di acque.

2)      Se la [DRA], in particolare gli articoli 12 e 13, osti a una disposizione nazionale che impedisce ai titolari di una licenza di pesca di avviare una procedura di riesame ai sensi dell’articolo 13 della medesima direttiva, in relazione a un danno ambientale a norma dell’articolo 2, punto 1, lettera b), della direttiva.

3)      Se la [DRA], in particolare l’articolo 2, punto 1, lettera b), osti a una disposizione nazionale che escluda dal concetto di “danno ambientale” un danno che incida in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico o quantitativo o sul potenziale ecologico delle acque interessate, qualora il danno sia coperto da un’autorizzazione in applicazione di una disposizione di legge nazionale.

4)      In caso di risposta affermativa alla terza questione:

nei casi in cui, nel contesto dell’autorizzazione concessa secondo le disposizioni nazionali, non siano stati esaminati i criteri di cui all’articolo 4, paragrafo 7, della [DQA] (o la relativa trasposizione nazionale), se, nell’accertare l’esistenza di un danno ambientale ai sensi dell’articolo 2, punto 1, lettera b), si debba direttamente applicare l’articolo 4, paragrafo 7, della [DRA], e verificare se siano soddisfatti i criteri previsti da detta disposizione».

16.      Il ricorrente, il governo austriaco e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte. Il ricorrente e la Commissione hanno partecipato all’udienza tenutasi il 19 ottobre 2016.

IV – Analisi

17.      Le presenti conclusioni sono strutturate come segue. In primo luogo, esaminerò l’ambito di applicazione ratione temporis della DRA (A). In secondo luogo, analizzerò le due questioni relative alla definizione del «danno ambientale». In particolare, esaminerò se l’esclusione prevista dalla legge austriaca in relazione al danno «coperto da un’autorizzazione» sia conforme alla definizione di danno alle acque di cui all’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA (B). Affronterò poi la questione relativa all’esclusione, contenuta in detta definizione, degli «effetti negativi cui si applica l’articolo 4, paragrafo 7 [della DQA]» (C). Infine, esaminerò la questione della legittimazione ad agire dei titolari di una licenza di pesca (articoli 12 e 13 della DRA) (D).

A –    Prima questione: l’ambito di applicazione ratione temporis della DRA

18.      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede se la DRA si applichi ai danni che si sono verificati dopo la data di trasposizione di detta direttiva, ma sono provocati dal funzionamento di una centrale idroelettrica autorizzata ed attivata prima di tale data.

19.      Gli Stati membri avrebbero dovuto trasporre la DRA nel diritto nazionale entro il 30 aprile 2007 (articolo 19, paragrafo 1, della DRA). Vi sono poi tre puntualizzazioni temporali, o meglio esclusioni, aggiunte dall’articolo 17 della DRA. L’articolo 17, primo trattino, della DRA, pertinente nelle circostanze del caso di specie, prevede che detta direttiva non si applica «al danno causato da un’emissione, un evento o un incidente verificatosi prima della data di cui all’articolo 19, paragrafo 1».

20.      Il giudice del rinvio rileva che la centrale è stata autorizzata nel 1998 ed è in funzione dal 2002. Le due date suddette sono entrambe anteriori al 30 aprile 2007. Tuttavia, è stato sostenuto che il danno si è verificato dopo tale data. Il giudice del rinvio chiede se sia applicabile l’articolo 17, primo trattino, della DRA (trasposto mediante l’articolo 18 del B‑UHG). Detto giudice nutre dubbi in ordine a ciò che costituisce un «evento» o un «incidente» nel contesto del danno provocato dal funzionamento di una centrale idroelettrica. Secondo il giudice del rinvio, se l’«evento» o «incidente» fosse costituito dall’attivazione della centrale idroelettrica, la DRA non sarebbe applicabile.

21.      Il ricorrente sostiene che l’«evento» o «incidente» che provoca il danno non è l’attivazione della centrale, bensì la ricorrenza dell’evento (l’arresto della turbina), che si ripete più volte all’anno e ha continuato a verificarsi dopo il 30 aprile 2007. Il governo austriaco sostiene che l’elemento decisivo per interpretare l’articolo 17, primo trattino, è se il danno sia stato causato prima o dopo la scadenza del termine di trasposizione. Di conseguenza, la DRA si applicherebbe a qualsiasi danno che continui a verificarsi dopo il 30 aprile 2007 e sia provocato dal funzionamento della centrale, che è stato autorizzato ed avviato prima di tale data. Secondo la Commissione, l’articolo 17 precisa che l’«evento» all’origine del danno «deriva» da un’«attività», ma non fa coincidere l’evento con l’attività.

22.      Pertanto, il giudice del rinvio e le parti che hanno presentato osservazioni scritte alla Corte propongono vari momenti rilevanti: i) la data dell’autorizzazione, ii) l’attivazione della centrale e iii) i singoli eventi (ripetuti) ‑ vale a dire l’arresto della turbina, che provoca fluttuazioni nel livello dell’acqua. Il giudice del rinvio intende accertare quale di questi tre momenti costituisca l’«evento» o l’«incidente» cui fa riferimento l’articolo 17, primo trattino.

23.      A mio avviso, è difficilmente contestabile che l’«evento» o «incidente» rilevante si riferisca alla terza categoria: le effettive variazioni fisiche nel livello delle acque del fiume, che sembrano essere la causa immediata e necessaria dell’asserito danno.

24.      Questa tesi è corroborata dalla giurisprudenza della Corte, secondo cui l’articolo 17, primo e secondo trattino, in combinato disposto con il considerando 30, della DRA, implica che detta direttiva si applica ai danni causati da un’emissione, un evento o un incidente avvenuti dopo il 30 aprile 2007, «quando questi danni derivano o da attività svolte successivamente a tale data, o da attività svolte anteriormente a tale data, ma non ultimate prima della scadenza della medesima» (6).

25.      Pertanto, rientrano nell’ambito di applicazione della DRA gli eventi continuati o iterativi che hanno provocato un danno dopo il 30 aprile 2007. Spetta al giudice nazionale accertare, in base alla sua conoscenza approfondita del caso in esame, quale tipo di evento si sia verificato nella fattispecie e se il danno in questione rientri quindi nell’ambito di applicazione ratione temporis della DRA (7). In base alle informazioni fornite alla Corte, sembrerebbe che, nella fattispecie, l’«evento» o «incidente» non sia né l’autorizzazione né l’attivazione della centrale elettrica, bensì ogni singolo caso in cui il funzionamento di detta centrale determina fluttuazioni nel livello delle acque.

26.      Non rileva la circostanza che l’asserito danno derivi dal funzionamento di una centrale che è stata autorizzata e ha iniziato a funzionare prima del termine fissato dalla DRA.

27.      Il primo trattino dell’articolo 17 della DRA esclude solo gli eventi o incidenti verificatisi prima della data di trasposizione. Detta disposizione non riguarda invece i nuovi eventi o incidenti derivanti da un’attività iniziata prima di tale data ma proseguita successivamente. Condivido quindi il parere espresso dall’avvocato generale Kokott nella causa ERG e a.: la DRA deve trovare applicazione nel caso in cui un’attività portata a prosecuzione ma iniziata prima dell’entrata in vigore della direttiva determini l’insorgenza di nuovi danni all’ambiente dopo il 30 aprile 2007 (8).

28.      Anche la lettura sistematica di vari articoli della DRA conferma che la nozione di «incidente» o «evento» non può essere equiparata a quella di «attività». La nozione di «attività professionale» è definita in via autonoma all’articolo 2, punto 7, come «qualsiasi attività svolta nel corso di un’attività economica, commerciale o imprenditoriale, indipendentemente dal fatto che abbia carattere pubblico o privato o che persegua o meno fini di lucro». L’articolo 3 definisce l’ambito di applicazione ratione materiae della DRA mediante rinvio alle «attività professionali» elencate nell’allegato III della medesima direttiva, a prescindere dal momento in cui tali attività hanno avuto inizio.

29.      L’articolo 17 determina l’ambito di applicazione ratione temporis della DRA al fine di tutelare la certezza del diritto impedendo l’applicazione retroattiva di detta direttiva. Al secondo trattino, detto articolo esclude il danno causato da un’emissione, un evento o un incidente verificatosi dopo la data di trasposizione solo se l’attività da cui deriva il danno è stata posta in essere ed è terminata prima di detta data. Come rilevato dalla Commissione, se l’attivazione della centrale idroelettrica ‑ vale a dire, l’inizio dell’«attività» ‑ fosse equiparata all’«evento» o «incidente», il secondo trattino dell’articolo 17 della DRA sarebbe privato di ogni significato.

30.      Sulla base di quanto precede, ritengo che si debba rispondere alla prima questione nei termini seguenti: la DRA si applica al danno ambientale alle acque provocato, durante il funzionamento continuativo di un impianto, da un evento o incidente verificatosi dopo la data di cui all’articolo 19, paragrafo 1, della menzionata direttiva, anche nel caso in cui detto impianto sia stato autorizzato ed attivato prima di tale data.

B –    Terza questione: la definizione del «danno alle acque» nella DRA

31.      L’articolo 4, punto 1, lettera a), del B‑UHG dispone che per danno ambientale in relazione alle acque si intende qualsiasi danno che incida in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico o quantitativo o sul potenziale ecologico ai sensi del WRG, e che «non sia coperto da un’autorizzazione in applicazione del [WRG]».

32.      Secondo il giudice del rinvio, tale esclusione significa che, poiché la centrale idroelettrica ha funzionato conformemente a un’autorizzazione rilasciata in base al WRG, il danno in questione non può costituire un danno ambientale. Il giudice a quo chiede se l’esclusione dalla definizione di danno ambientale alle acque del danno coperto da un’autorizzazione concessa in base alla legge nazionale sia compatibile con l’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA.

33.      Come spiegherò meglio più avanti, ritengo che siffatta esclusione automatica e indiscriminata non sia consentita. Tuttavia, occorre anche sottolineare subito che la risposta fornita nelle presenti conclusioni riguarda solo la questione specifica posta dal giudice nazionale. Tale risposta non riguarda, e quindi non pregiudica in alcun modo, altri elementi della definizione di danno ambientale, come la questione relativa a quando e se gli effetti siano «significativamente» negativi.

34.      Il governo austriaco sostiene che l’articolo 4, punto 1, lettera a), del B‑UHG è conforme all’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA. Detto governo propone di interpretare tale disposizione della DRA alla luce delle DQA. Esso afferma che, secondo il WRG, l’autorizzazione può essere concessa solo se è garantito che il progetto rispetta l’interesse generale, vale a dire, se è garantito che il progetto non inciderà in modo significativamente negativo sulla qualità delle acque o sul loro stato ecologico. Per tale motivo, a parere del governo austriaco, un’attività, nei limiti in cui è stata autorizzata, non può dare luogo a responsabilità.

35.      La Commissione e il ricorrente sostengono una tesi diversa. Essi hanno affermato che l’esclusione di cui all’articolo 4, punto 1, lettera a), del B‑UHG non risulta conforme all’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA. Quest’ultimo non prevede alcuna esclusione per il danno coperto da un’autorizzazione.

36.      Concordo con il ricorrente e la Commissione. La tesi del governo austriaco non può essere accolta.

37.      L’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA non prevede un’esclusione generale dalla nozione di «danno ambientale» del danno coperto da un’autorizzazione. Detta disposizione consente solo di escludere gli effetti negativi dalla definizione di danno alle acque nei casi in cui trova applicazione l’articolo 4, paragrafo 7, della DQA.

38.      L’esclusione generale del danno coperto da un’autorizzazione, di cui all’articolo 4, punto 1, lettera a) del B‑UHG, non può essere ricompresa nell’esclusione relativa agli effetti negativi menzionati dall’articolo 4, paragrafo 7, della DQA. L’ambito di applicazione dell’esclusione prevista dalla legge austriaca è molto più ampio e concettualmente molto diverso rispetto a quello dell’esclusione prevista dalla DQA.

39.      L’articolo 4, paragrafo 7, della DQA stabilisce che gli Stati membri non violano detta direttiva qualora il mancato raggiungimento del buono stato delle acque sotterranee, del buono stato o potenziale ecologico ovvero l’incapacità di impedire il deterioramento dello stato del corpo idrico superficiale o sotterraneo sono dovuti a nuove modifiche delle caratteristiche fisiche di un corpo idrico superficiale o ad alterazioni del livello di corpi sotterranei, o qualora l’incapacità di impedire il deterioramento da uno stato elevato ad un buono stato di un corpo idrico superficiale sia dovuto a nuove attività sostenibili di sviluppo umano.

40.      Ai fini dell’applicazione di tale deroga, devono sussistere le condizioni elencate all’articolo 4, paragrafo 7, lettere da a) a d), della DQA, riportate supra al paragrafo 7 delle presenti conclusioni (9). È vero che gli Stati membri sono tenuti a negare l’autorizzazione a progetti che possano provocare il deterioramento dello stato del corpo idrico interessato, salvo che il progetto sia considerato rientrante nella deroga di cui all’articolo 4, paragrafo 7, della DQA (10). Tuttavia, la mera esistenza di un’autorizzazione non implica necessariamente che siano soddisfatte tutte le condizioni di cui all’articolo 4, paragrafo 7, della DQA. Infatti, nulla garantisce che, allorché sia stata rilasciata un’autorizzazione, ricorrano sempre e automaticamente tutte le condizioni elencate in detta disposizione. Ciò vale in particolare quando l’autorizzazione sia anteriore alla DQA. Per tutti questi motivi, l’esclusione generale del danno coperto da un’autorizzazione di cui all’articolo 4, punto 1, lettera a), del B‑UHG non può rientrare nell’eccezione prevista all’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA in virtù del rinvio all’articolo 4, paragrafo 7, della DQA.

41.      Il governo austriaco aggiunge, tuttavia, che la suddetta esclusione non equivale ad un’esclusione totale della responsabilità. In primo luogo, dalla genesi legislativa del B‑UHG emerge che il danno derivante dal malfunzionamento (incidenti) non sarebbe considerato coperto da un’autorizzazione. In secondo luogo, l’articolo 21a del WRG consente alle autorità di intervenire nel pubblico interesse successivamente al rilascio di un’autorizzazione, imponendo condizioni supplementari, adattamenti, restrizioni temporanee e perfino divieti.

42.      A mio avviso, tali argomenti non rendono l’«eccezione in base a un’autorizzazione», di cui all’articolo 4, punto 1, lettera a), del B‑UHG conforme all’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA.

43.      Anzitutto, quand’anche il danno derivante da incidenti causati dal malfunzionamento non fosse considerato «coperto» da un’autorizzazione, nulla può impedire il danno derivante dal «normale» funzionamento di un impianto. Tale normale funzionamento può avere conseguenze che apparivano imprevedibili o inattese al momento dell’autorizzazione.

44.      Inoltre, il fatto che, secondo le norme nazionali in materia di acque, le autorizzazioni possano essere modificate, o possano essere adottate altre misure correttive, non garantisce l’applicazione e il rispetto dei meccanismi e degli obblighi stabiliti dalla DRA. L’esistenza di una procedura per la modifica e il controllo delle autorizzazioni esistenti, prevista dall’articolo 21a del WRG, non cambia il fatto che i danni coperti da un’autorizzazione, sia essa soggetta o meno a detta procedura, sono esclusi dalla nozione di danno e pertanto dall’ambito di applicazione delle disposizioni nazionali di trasposizione della DRA. In ogni caso, il governo austriaco non ha affermato che la suddetta disposizione sia intesa a soddisfare le condizioni dell’articolo 4, paragrafo 7, della DQA.

45.      Inoltre, qualora si ritenesse che l’esistenza di un’autorizzazione soddisfi automaticamente le norme della DQA dirette ad evitare che si verifichino rilevanti effetti negativi, la DRA risulterebbe largamente ridondante. Infatti, l’ambito di applicazione ratione materiae della DRA è definito dal suo articolo 3. Tale articolo dispone che la direttiva si applica, per quanto riguarda il danno alle acque e il danno al terreno, alle attività professionali elencate nell’allegato III, in caso di comportamento doloso o colposo. Secondo il considerando 8 della DRA, tali attività professionali, individuate con riferimento alla normativa pertinente dell’Unione, presentano un rischio per la salute umana o l’ambiente. Tenuto conto della natura delle attività elencate, molte di esse, se non tutte, sono presumibilmente soggette ad autorizzazione. Ciò vale in particolare per le attività rientranti nel punto 6 dell’allegato III della DRA, che menziona l’«[e]strazione e arginazione delle acque soggette ad autorizzazione preventiva conformemente alla [DQA]».

46.      L’interpretazione sistematica conferma che la funzione delle autorizzazioni nel contesto della DRA non può consistere nell’escludere in generale il danno coperto dalle stesse dalla definizione complessiva del danno alle acque. Come ha sostenuto la Commissione, l’articolo 8, paragrafo 4, lettera a), della DRA depone a favore di tale conclusione.

47.      L’articolo 8, paragrafo 1, della DRA stabilisce che, in linea di principio, l’operatore deve sostenere i costi delle azioni di prevenzione e di riparazione. Tuttavia, l’articolo 8, paragrafo 4, della DRA prevede che gli Stati membri hanno facoltà di consentire che l’operatore non sia tenuto a sostenere i costi delle azioni di riparazione qualora dimostri che non gli è attribuibile un comportamento doloso o colposo in due casi: a) se l’evento è stato espressamente autorizzato, o b) se l’attività non è stata considerata probabile causa di danno secondo lo stato delle conoscenze scientifiche e tecniche al momento in cui è stata posta in essere.

48.      È vero che l’articolo 8, paragrafo 4, lettera a), della DRA consente agli Stati membri di introdurre una «giustificazione» per gli operatori affinché non debbano sostenere i costi delle azioni di prevenzione e di riparazione.

49.      Tuttavia, l’articolo 4, punto 1, lettera a), del B‑UHG non può essere considerato un’attuazione dell’articolo 8, paragrafo 4, lettera a), della DRA.

50.      In primo luogo, come giustamente suggerito dalla Commissione, dai documenti presentati alla Corte non risulta che l’Austria abbia adottato tale opzione nel suo diritto interno.

51.      In secondo luogo, quand’anche fosse così, l’articolo 4, punto 1, lettera a), del B‑UHG sembra avere un campo di applicazione molto più ampio rispetto a una mera «giustificazione» che consente agli operatori di non dover sopportare i costi delle azioni di riparazione. Detta disposizione esclude dalla nozione di danno tutti i danni alle acque coperti da un’autorizzazione ai sensi del WRG e osta pertanto all’applicazione degli obblighi derivanti della DRA in relazione ai costi delle azioni di prevenzione e di riparazione. Per contro, l’articolo 8, paragrafo 4, lettera a), della DRA non fa venir meno gli obblighi inerenti ai costi delle azioni di prevenzione. Inoltre, le norme relative alle azioni di prevenzione e di riparazione di cui agli articoli 5 e 6 della DRA prevedono che le autorità competenti possono decidere di intervenire direttamente (11).

52.      In terzo luogo, occorre sottolineare due elementi specifici dell’articolo 8, paragrafo 4, lettera a), della DRA: i) la prova dell’assenza di dolo o colpa e ii) il fatto che un’emissione o un evento siano stati espressamente autorizzati e rispondano pienamente alle condizioni dell’autorizzazione concessa. Il testo dell’articolo 8, paragrafo 4, lettera a), della DRA richiede chiaramente che le suddette condizioni siano entrambe «dimostrate» dall’operatore. Ciò, a sua volta, richiede chiaramente un’analisi individuale caso per caso, nella quale occorre valutare l’atteggiamento dell’operatore e stabilire se l’«emissione o evento» rimanga interamente nell’ambito dell’autorizzazione. L’articolo 4, punto 1, lettera a), del B‑UHG, che risulta applicabile anche in presenza di dolo o colpa, sembra in contrasto con tali esigenze.

53.      Pertanto, propongo di rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA osta a una disposizione nazionale che escluda in generale e automaticamente dal concetto di danno ambientale un danno che incida in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico o quantitativo o sul potenziale ecologico delle acque interessate, qualora il danno sia coperto da un’autorizzazione in applicazione del diritto nazionale.

C –    Quarta questione: il rinvio all’articolo 4, paragrafo 7, della DQA

54.      Nel caso in cui l’«eccezione» prevista dall’articolo 4, punto 1, lettera a), del B‑UHG dovesse essere dichiarata incompatibile con l’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA (come ho proposto al paragrafo 53 delle presenti conclusioni), il giudice del rinvio chiede se si debba applicare direttamente l’articolo 4, paragrafo 7, della DQA. Con tale questione si domanda implicitamente se spetti al giudice nazionale accertare se ricorrano le condizioni di cui alla menzionata disposizione, onde stabilire se sia occorso un danno ambientale ai sensi dell’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA.

55.      In sintesi, la mia risposta alle due questioni specifiche poste dal giudice nazionale è «no».

56.      In primo luogo, concordo con la Commissione che l’articolo 4, paragrafo 7, della DQA non è direttamente applicabile. Tralasciando la valutazione piuttosto elusiva di cosa si intenda per chiaro e preciso, certamente tale disposizione non è incondizionata. La sua applicazione è subordinata ad un certo numero di ulteriori fasi di attuazione, una serie di verifiche qualitative, nelle quali gli Stati membri dispongono indubbiamente di una considerevole discrezionalità. Il rinvio all’articolo 4, paragrafo 7, della DQA contenuto nell’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA non modifica in alcun modo tale valutazione.

57.      La mancanza di effetto diretto dell’articolo 4, paragrafo 7, della DQA, preso sia isolatamente, sia in combinato disposto con il rinvio contenuto nell’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA, prefigura una risposta negativa alla seconda parte della quarta questione posta dal giudice del rinvio. A mio parere, il giudice nazionale non è tenuto a compiere una valutazione autonoma dei criteri di cui all’articolo 4, paragrafo 7, della DQA, nemmeno in presenza del rinvio a tale disposizione contenuto nell’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA (12).

58.      La DRA opera in stretto collegamento con altri strumenti dell’Unione in materia ambientale. Il suo considerando 5 esprime l’obiettivo di garantire la coerenza e il corretto funzionamento sistematico della DRA in relazione ad altre normative pertinenti in materia ambientale, e sottolinea l’esigenza di utilizzare criteri comuni per la definizione delle nozioni previste da altri strumenti di diritto dell’Unione in materia ambientale. Tale obiettivo di coerenza trova riscontro nell’articolo 2, punto 5, della DRA, secondo cui per «acque» si intendono «tutte le acque cui si applica la [DQA]». Ciò si riflette ulteriormente nella definizione del danno alle acque attraverso il rinvio alle definizioni specifiche della DQA, ad esempio «stato quantitativo» e «stato ecologico». Inoltre, la definizione del «danno alle acque» contenuta nell’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA esclude gli «effetti negativi cui si applica l’articolo 4, paragrafo 7 [della DQA]». Dalla genesi legislativa emerge che lo scopo del rinvio a tale eccezione contenuto nell’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA consiste per l’appunto nel tenere conto delle deroghe specifiche previste dalla DQA (13). Se la violazione della DQA da parte di uno Stato membro deve essere esclusa, in quanto i criteri rigorosi dell’articolo 4, paragrafo 7, sono soddisfatti, l’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA stabilisce che non sono applicabili nemmeno i meccanismi di responsabilità ambientale previsti da detta direttiva.

59.      La deroga prevista dall’articolo 4, paragrafo 7, della DQA si applica alle nuove modifiche o alterazioni o alle nuove attività sostenibili, purché sia soddisfatta una serie di criteri e condizioni (14). Il rispetto di tali requisiti può essere garantito solo mediante la valutazione di vari parametri, piuttosto tecnici, stabiliti dalla DQA (15). Fra tali parametri rientra, tra l’altro, l’esistenza di un piano di gestione del bacino idrografico, che deve specificamente menzionare le motivazioni delle modifiche o alterazioni (16).

60.      Sotto il profilo istituzionale, l’articolo 3, paragrafo 2, della DQA dispone che gli Stati membri devono adottare le disposizioni amministrative adeguate per l’applicazione delle norme previste dalla medesima direttiva all’interno di ciascun distretto idrografico presente nel loro territorio, ivi compresa l’individuazione dell’autorità competente (17). La DQA non determina le specifiche autorità incaricate di garantire l’osservanza dei criteri di cui all’articolo 4, paragrafo 7. Spetta quindi alla normativa nazionale di attuazione definire le procedure specifiche e le autorità competenti incaricate di accertare se siano soddisfatte le condizioni di applicazione dell’articolo 4, paragrafo 7, della DQA.

61.      Nessun elemento del fascicolo sottoposto alla Corte indica che l’Austria non abbia trasposto l’articolo 4, paragrafo 7, della DQA nell’ordinamento interno o non l’abbia trasposto correttamente (18). In tali circostanze, è giurisprudenza costante che una direttiva, in tutti i casi in cui è correttamente attuata, produce effetti nei confronti dei singoli principalmente attraverso le disposizioni di esecuzione adottate dallo Stato membro di cui trattasi (19).

62.      La possibilità di ricorrere all’esclusione di cui all’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA dipende dall’applicabilità dell’articolo 4, paragrafo 7, della DQA. Tale applicazione, tuttavia, viene effettuata in conformità con le pertinenti norme di attuazione nazionali e secondo le modalità definite dalle disposizioni nazionali che traspongono l’articolo 4, paragrafo 7, della DQA. Pertanto, la definizione di cui all’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA risultante dal rinvio all’articolo 4, paragrafo 7, della DQA non può essere intesa nel senso che obbliga i giudici nazionali a disapplicare le vigenti norme procedurali e istituzionali interne al fine di assolvere gli obblighi sanciti dalla DQA. Ciò non pregiudica la possibilità di sottoporre a controllo giurisdizionale le decisioni adottate dalle menzionate autorità.

63.      Di conseguenza, propongo di rispondere alla quarta questione pregiudiziale nel seguente modo: l’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA deve essere interpretato nel senso che, per accertare l’esistenza di un «danno ambientale», il giudice nazionale non è tenuto ad applicare direttamente i criteri di cui all’articolo 4, paragrafo 7, della DQA, se tali criteri non sono stati valutati dalle autorità competenti ai sensi della medesima direttiva.

D –    Seconda questione: titolari di una licenza di pesca e legittimazione ad agire

64.      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede se gli articoli 12 e 13 della DRA ostino a una disposizione nazionale che impedisce ai titolari di una licenza di pesca di avviare una procedura di riesame (in prosieguo: la «procedura di riesame ex articolo 13») in relazione a un danno ambientale a norma dell’articolo 2, punto 1, lettera b), di detta direttiva.

65.      Secondo il giudice a quo, l’articolo 11, paragrafo 1, del B‑UHG stabilisce che le persone fisiche o giuridiche che possono essere lese nei loro diritti a causa di un danno ambientale occorso possono proporre ricorso in materia ambientale. L’articolo 11, paragrafo 2, del B‑UHG precisa quali diritti possano essere fatti valere: in relazione alle acque, il punto 2 di tale disposizione include i «diritti esistenti ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del [WRG]». Tuttavia, l’articolo 12, paragrafo 2, del WRG non menziona i diritti dei titolari di una licenza di pesca. Il giudice del rinvio precisa che, secondo un’interpretazione letterale di tali disposizioni, i titolari di una licenza di pesca non potrebbero proporre alcun ricorso in materia ambientale per i danni che compromettono il diritto di pesca.

66.      Il governo austriaco sostiene che le disposizioni nazionali in questione sono conformi agli articoli 12 e 13 della DRA. Il fatto che i titolari di una licenza di pesca non siano espressamente menzionati all’articolo 12, paragrafo 2, del WRG, cui fa riferimento l’articolo 11, paragrafo 1, del B‑UHG, rientrerebbe nel margine di discrezionalità concesso da detta direttiva agli Stati membri.

67.      Il ricorrente e la Commissione sostengono la tesi contraria. Gli articoli 12 e 13 della DRA osterebbero a una disposizione nazionale che impedisca ai titolari di una licenza di pesca di avviare una procedura di riesame ex articolo 13. Tale categoria di aventi diritto sarebbe tutelata dall’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della DRA in quanto «[è] o potrebb[e] essere colpit[a]» ai sensi di detta disposizione. La Commissione sostiene, in subordine, che i titolari di una licenza di pesca sono tutelati dall’articolo 12, paragrafo 1, lettera c), della DRA.

68.      Concordo con il ricorrente e la Commissione. Ritengo che l’articolo 12, paragrafo 1, contempli tre categorie distinte di soggetti ai quali il diritto nazionale deve riconoscere la legittimazione ad agire (1). A mio avviso, i titolari di una licenza di pesca «sono o potrebbero essere colpit[i]» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della DRA (2). In alternativa, si potrebbe ritenere che i titolari di una licenza di pesca siano tutelati dall’articolo 12, paragrafo 1, lettera c), della DRA, qualora facciano valere una violazione dei loro diritti (3).

1.      Il rapporto tra le singole categorie dell’articolo 12, paragrafo 1, della DRA

69.      L’articolo 13, paragrafo 1, della DRA garantisce l’accesso alle procedure di riesame mediante rinvio all’articolo 12, paragrafo 1, della medesima direttiva. L’articolo 13, paragrafo 2, dispone che detta direttiva lascia impregiudicate le disposizioni nazionali che disciplinano l’accesso alla giustizia. L’articolo 12 della DRA elenca le categorie di persone fisiche o giuridiche legittimate a presentare osservazioni concernenti un danno ambientale. Queste tre categorie sono costituite da persone: a) che sono o potrebbero essere colpite dal danno ambientale, o b) che vantino un interesse sufficiente nel processo decisionale in materia di ambiente concernente il danno o, in alternativa, c) che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto.

70.      Quale è la relazione logica fra queste tre categorie? In particolare, gli Stati membri sono tenuti a riconoscere la legittimazione ad agire ai sensi del diritto nazionale a tutte e tre le categorie, o possono riservarla a una sola?

71.      La Commissione e il ricorrente hanno sostenuto che tutte le persone rientranti nelle suddette categorie godono dei diritti sanciti dagli articoli 12 e 13 della DRA. L’uso di «o» e «in alternativa» all’articolo 12 non conferirebbe agli Stati membri la facoltà di escludere l’una o l’altra di tali categorie.

72.      Concordo con tale opinione. L’articolo 12, paragrafo 1, della DRA elenca tre categorie di persone fisiche o giuridiche che, considerate alternativamente e autonomamente, sono legittimate ad agire. Detta disposizione prevede tre distinte modalità di accesso alle procedure menzionate agli articoli 12 e 13 della DRA (20).

73.      Occorre sottolineare che l’articolo 12, paragrafo 1, della DRA è diverso da altre disposizioni relative al diritto di accesso alla giustizia contenute in altre direttive dell’Unione in materia ambientale (21). Essendo modellate sulla Convenzione di Aarhus (22), tali disposizioni richiedono in generale che gli Stati membri garantiscano l’accesso a specifiche procedure di riesame, in conformità dei rispettivi ordinamenti giuridici, al pubblico interessato (definito genericamente come le persone che sono o potrebbero essere colpite) se: i) vantano un interesse sufficiente, o ii) fanno valere la violazione di un diritto.

74.      Tali disposizioni sono state interpretate dalla Corte nel senso che prevedono opzioni alternative in relazione alla ricevibilità dei ricorsi. Pertanto, gli Stati membri possono scegliere una di dette opzioni al momento dell’attuazione delle rispettive direttive dell’Unione (23).

75.      Per contro, l’articolo 12, paragrafo 1, della DRA menziona, utilizzando una diversa formulazione, tre categorie di persone: a), b) e c). Le persone rientranti in tali categorie «sono legittimate» a presentare osservazioni e a chiedere l’intervento delle autorità competenti. Pertanto, l’articolo 12, paragrafo 1, della DRA non prevede diverse possibilità di attuazione da parte degli Stati membri. Esso prevede semmai tre alternative in termini di situazione individuale, che devono essere tutte trasposte nel diritto nazionale. Se la situazione di fatto esiste, le persone rientranti in una delle tre categorie in parola sono legittimate ad agire a livello nazionale, indipendentemente l’una dall’altra.

76.      Perciò, a differenza di quanto risulta dal testo delle direttive sopra menzionate, la categoria prevista dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), non rappresenta un chapeau comune alle altre due alternative. Essa costituisce una categoria autonoma di soggetti legittimati a chiedere l’intervento delle autorità e ad accedere alle procedure di riesame.

77.      In sintesi, le disposizioni dell’articolo 12, paragrafo 1, della DRA sono alternative per quanto riguarda la loro applicazione, ma cumulative in termini di attuazione.

78.      Infine, il fatto che le categorie di persone legittimate ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettere b) e c), della DRA possano coincidere in alcuni casi con quelle legittimate ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), non modifica tale conclusione. Dal punto di vista della portata, è vero che l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), costituisce probabilmente la categoria più ampia. Tuttavia, se si può attribuire a ciascuna delle tre categorie un significato e una portata autonomi, esse possono rappresentare tre gruppi logicamente distinti. A tal fine non occorre certamente che esse siano reciprocamente impermeabili.

2.      L’articolo 12, paragrafo 1, lettera a) della DRA

79.      In mancanza di riferimenti al diritto nazionale, la nozione di persone «che sono o potrebbero essere colpite» deve ricevere un’interpretazione autonoma e uniforme a livello dell’Unione, che tenga conto del contesto e dell’obiettivo della disposizione (24). A tale proposito, come giustamente rilevato dalla Commissione, il significato comune dei termini di tale nozione induce a concludere che il concetto di «colpit[i]» viene definito, a differenza delle situazioni di cui all’articolo 12, paragrafo 1, lettere b) e c), con riferimento a una situazione di fatto. Ai sensi delle lettere b) e c), la legittimazione deriva da una situazione giuridica (violazione di un diritto) o dall’esistenza di un interesse sufficiente nel processo decisionale. L’applicazione della lettera a) dipende dall’esistenza di un concreto timore riguardo alla situazione particolare di una persona fisica o giuridica (25).

80.      Il governo austriaco sostiene che le disposizioni nazionali in questione rientrano nel margine di discrezionalità concesso agli Stati membri dall’articolo 12, paragrafo 1, della DRA.

81.      Non sono d’accordo. È vero che l’articolo 12, paragrafo 1, secondo comma, della DRA dispone che «[g]li elementi costitutivi dell’“interesse sufficiente” e della “violazione di un diritto” sono determinati dagli Stati membri». Tuttavia, come giustamente sostenuto dal ricorrente, se pure gli Stati membri mantengono un margine di discrezionalità più ampio in virtù dell’articolo 12, paragrafo 1, lettere b) e c), lo stesso non vale per l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), che non è oggetto di un’analoga qualificazione.

82.      L’articolo 13, paragrafo 2, della DRA, secondo cui detta direttiva lascia impregiudicate le disposizioni nazionali che disciplinano l’accesso alla giustizia, non modifica tale conclusione. Le disposizioni nazionali che disciplinano l’accesso alla giustizia non possono impedire l’accesso alle procedure di riesame alle persone la cui legittimazione ad agire sia stata riconosciuta in base ai criteri definiti in via autonoma all’articolo 12, paragrafo 1, cui rinvia l’articolo 13, paragrafo 1. Occorre infatti tenere conto dell’esigenza di garantire l’efficacia delle disposizioni della direttiva concernenti i mezzi di ricorso.

83.      Questa tesi trova sostegno in tre ulteriori argomenti. In primo luogo, l’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), è formulato in termini generali. Come confermato dal considerando 25, le persone che sono o potrebbero essere pregiudicate dovrebbero essere legittimate a chiedere alle autorità di agire. Le medesime persone interessate dovrebbero essere legittimate ad avviare procedure di revisione delle decisioni, degli atti o delle omissioni dell’autorità competente (articolo 13, paragrafo 1, e considerando 26 della DRA). Infatti, uno dei principali risultati della DRA è costituito dalle ampie possibilità concesse alle persone fisiche e giuridiche di chiedere un intervento ed invocare il controllo giurisdizionale sulle omissioni delle autorità (26).

84.      In secondo luogo, le disposizioni della DRA che disciplinano l’accesso alla giustizia devono essere lette in combinato disposto con l’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e con il principio di effettività. Le modalità procedurali dei ricorsi intesi a garantire la tutela dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione non devono rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio di tali diritti (27).

85.      In terzo luogo, l’articolo 13 della DRA deve essere interpretato a sua volta alla luce dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus, secondo cui le parti di detta convenzione «provved[ono] affinché i membri del pubblico che soddisfino i criteri eventualmente previsti dal diritto nazionale possano promuovere procedimenti di natura amministrativa o giurisdizionale per impugnare gli atti o contestare le omissioni dei privati o delle pubbliche autorità compiuti in violazione del diritto ambientale nazionale» (28).

86.      La Corte ha dichiarato che i giudici nazionali devono interpretare, «nei limiti del possibile, le norme processuali concernenti le condizioni che devono essere soddisfatte per proporre un ricorso amministrativo o giurisdizionale in conformità sia degli scopi dell’[articolo] 9, [paragrafo] 3, della Convenzione di Aarhus sia dell’obiettivo di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (…)» (29). Sebbene tale disposizione conferisca un ampio potere discrezionale (30), il comitato di controllo sull’osservanza della Convenzione di Aarhus ha dichiarato che l’accesso alle procedure di riesame deve costituire la regola, e non l’eccezione (31). Ritengo che l’esigenza di interpretare le norme procedurali conformemente agli obiettivi dell’articolo 9, paragrafo 3, della Convenzione di Aarhus valga altresì per le norme di diritto dell’Unione che, al pari dell’articolo 13, paragrafo 1, in combinato disposto con l’articolo 12, paragrafo 1, della DRA, disciplinano la legittimazione delle persone fisiche e giuridiche nelle procedure di riesame.

87.      In tale contesto, il titolare di una licenza di pesca sembra rientrare, prima facie, e fatti salvi gli accertamenti di fatto spettanti al giudice nazionale in ogni singolo caso, nella categoria delle persone colpite o che potrebbero essere colpite dal danno alle acque ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della DRA.

88.      In mancanza di qualsiasi indicazione nel senso che detta disposizione sia stata trasposta mediante una diversa disposizione nazionale, circostanza che spetta al giudice nazionale verificare, sembrerebbe che la trasposizione degli articoli 12 e 13 della DRA realizzata attraverso l’articolo 11, paragrafo 1, del B‑UHG sia incompleta. Ciò vale nella misura in cui detta disposizione riserva l’accesso alle procedure di riesame alle sole persone fisiche o giuridiche che possono essere lese nei loro diritti – definiti dalla legge nazionale – a causa di un danno ambientale, senza accordare tale accesso alle persone che sono o potrebbero essere colpite da un danno ambientale alle acque, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), quali i titolari di una licenza di pesca.

89.      In conclusione, ritengo che si debba rispondere come segue alla seconda questione sollevata dal giudice del rinvio: gli articoli 12, paragrafo 1, lettera a), e 13 della DRA ostano a una disposizione nazionale che non consente ai titolari di una licenza di pesca di avviare una procedura di riesame ai sensi dell’articolo 13 di detta direttiva in relazione a un danno ambientale, quale definito all’articolo 2, punto 1, lettera b), della DRA.

3.      L’articolo 12, paragrafo 1, lettera c), della DRA.

90.      Qualora la Corte ritenesse, invece, che i titolari di una licenza di pesca non rientrino nell’ambito di applicazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera a), della DRA, o che la categoria delle persone «colpite o che potrebbero essere colpite» non costituisca una categoria autonoma, sono dell’avviso che si giungerebbe alla stessa conclusione anche applicando l’articolo 12, paragrafo 1, lettera c). Pertanto, nelle parti rimanenti della presente sezione esporrò brevemente un’analisi alternativa basata sull’articolo 12, paragrafo 1, lettera c), della DRA.

91.      L’articolo 12, paragrafo 1, lettera c), della DRA menziona le persone fisiche o giuridiche «che facciano valere la violazione di un diritto, nei casi in cui il diritto processuale amministrativo di uno Stato membro esiga tale presupposto».

92.      È vero che l’articolo 12, paragrafo 1, della DRA lascia agli Stati membri il compito di stabilire cosa si intenda per «violazione di un diritto». Tale rinvio al diritto nazionale costituisce indubbiamente il riconoscimento del margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri (32).

93.      Tuttavia, occorre rammentare che, secondo la giurisprudenza della Corte relativa all’interpretazione di disposizioni che fanno riferimento alla nozione di «violazione di un diritto», la quale riflette le nozioni utilizzate dall’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus, tale discrezionalità non è assoluta (33). Infatti, l’articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione di Aarhus pone un limite al margine di discrezionalità di cui dispongono gli Stati membri ai fini della determinazione delle modalità dei ricorsi, dato che tale disposizione mira a concedere «un ampio accesso alla giustizia» (34). Pertanto, la Corte ha dichiarato che le disposizioni concernenti l’accesso alla giustizia non devono essere interpretate restrittivamente (35).

94.      Il fatto che il riferimento all’obiettivo di concedere «un ampio accesso alla giustizia» non sia stato ripreso in modo letterale all’articolo 12, paragrafo 1, della DRA non conduce, a mio avviso, a una conclusione diversa. Infatti, le considerazioni svolte ai paragrafi da 84 a 86 delle presenti conclusioni valgono del pari per l’interpretazione dell’articolo 12, paragrafo 1, lettera c), della DRA.

95.      Concordo quindi con la Commissione: il margine di discrezionalità lasciato agli Stati membri in relazione all’articolo 12, paragrafo 1, lettera c), non può essere interpretato nel senso che consente di escludere in blocco interi gruppi di titolari dall’esercizio dei diritti conferiti dagli articoli 12 e 13 della DRA. Il riferimento al diritto nazionale al fine di determinare che cosa costituisca una «violazione di un diritto» consente agli Stati membri di introdurre condizioni sostanziali e procedurali per la definizione di tale concetto (36). Tuttavia, stabilire condizioni è una cosa del tutto diversa dall’introdurre esclusioni in blocco di ampi gruppi di persone i cui diritti sono particolarmente suscettibili di violazione (37).

96.      Le precedenti considerazioni sembrano applicabili ai titolari di una licenza di pesca in relazione a un danno ambientale alle acque. Ciò vale a maggior ragione nel caso di specie, in quanto il ricorrente ha precisato in udienza di essere titolare di una licenza esclusiva di pesca nella zona alla quale fa riferimento il suo ricorso.

V –    Conclusione

97.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni sollevate dal Verwaltungsgerichtshof (Corte amministrativa, Austria):

1)      La direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale si applica al danno ambientale alle acque causato, durante il funzionamento ininterrotto di un impianto, da un evento o incidente verificatosi dopo la data di cui all’articolo 19, paragrafo 1, della menzionata direttiva, anche nel caso in cui detto impianto sia stato autorizzato ed attivato prima di tale data.

2)      L’articolo 2, punto 1, lettera b), della direttiva 2004/35 osta a una disposizione nazionale che escluda in generale e automaticamente dal concetto di danno ambientale un danno che incida in modo significativamente negativo sullo stato ecologico, chimico o quantitativo o sul potenziale ecologico delle acque interessate, qualora il danno sia coperto da un’autorizzazione in applicazione di una disposizione di legge nazionale.

3)      L’articolo 2, punto 1, lettera b), della direttiva 2004/35 deve essere interpretato nel senso che, per accertare l’esistenza di un «danno ambientale», il giudice nazionale non è tenuto ad applicare direttamente i criteri di cui all’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva 2000/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque, se tali criteri non sono stati valutati dalle autorità competenti ai sensi della medesima direttiva.

4)      Gli articoli 12, paragrafo 1, lettera a), e 13 della direttiva 2004/35 ostano a una disposizione nazionale che impedisca ai titolari di una licenza di pesca di avviare una procedura di riesame ai sensi dell’articolo 13 della medesima direttiva, in relazione a un danno ambientale a norma dell’articolo 2, punto 1, lettera b), della direttiva 2004/35.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU 2004, L 143, pag. 56), come modificata dalla direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006 (GU 2006, L 102, pag. 15), e dalla direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009 (GU 2009, L 140, pag. 114).


3 – Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2000, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU 2000, L 327, pag. 1)


4 – BGBl. I, n. 55/2009 del 19 giugno 2009.


5 – BGBl. n. 215/1959 del 16 ottobre 1959 e successive modifiche.


6 – Sentenze del 9 marzo 2010, ERG e a. (C‑378/08, EU:C:2010:126 punti 40 e 41), e ERG e a. (C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 34); ordinanza del 9 marzo 2010, Buzzi Unicem e a. (C‑478/08 e C‑479/08, non pubblicata, EU:C:2010:129, punto 32), e sentenza del 4 marzo 2015, Fipa Group e a. (C‑534/13, EU:C:2015:140, punto 44).


7 – Sentenze del 9 marzo 2010, ERG e a. (C‑378/08, EU:C:2010:126 punto 43), e ERG e a. (C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 36).


8 – C‑378/08, EU:C:2009:650, paragrafi 67 e 68.


9 – V. sentenze del 4 maggio 2016, Commissione/Austria (C‑346/14, EU:C:2016:322, punti 65 e 66), e dell’11 settembre 2012, Nomarchiaki Aftodioikisi Aitoloakarnanias e a. (C‑43/10, EU:C:2012:560, punto 67).


10 – Sentenza del 1o luglio 2015, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland (C‑461/13, EU:C:2015:433, punto 50).


11 – V. articolo 5, paragrafi 3, lettera d), e 4, e articolo 6, paragrafi 2, lettera e), e 3, della DRA. V. sentenza del 9 marzo 2010, ERG e a. (C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 88).


12 – Vi è una questione definitoria sottostante che vale forse la pena di menzionare qui: se l’integrazione, attraverso un rinvio contenuto in una disposizione di una direttiva, della sezione dedicata alle definizioni di un’altra direttiva e la sua potenziale presa in considerazione da parte del giudice nazionale possano essere definite «effetto diretto», o se si tratti invece di un caso di interpretazione di nozioni giuridiche indeterminate di una direttiva mediante rinvio a una disposizione di un’altra direttiva. Sebbene possa risultare intrigante, tale discussione teorica ha scarsa rilevanza per la questione specifica posta dal giudice nazionale, e mi sembra che la risposta utile a detta questione sia la medesima, a prescindere dalla categoria tassonomica nella quale si collochi in definitiva questo fenomeno.


13 – Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, COM(2002) 17 definitivo (GU 2002, C 151 E, pag. 132).


14 – V. paragrafo 7 delle presenti conclusioni.


15 – V. Common Implementation Strategy for the Water Framework Directive ‑ Guidance Document No. 20 on Exemptions to the Environmental Directives, Technical Report 2009/027. Tenuto conto delle difficoltà tecniche connesse all’attuazione ed applicazione dell’articolo 4, paragrafo 7, della DQA, è stato affidato ad gruppo di lavoro ad hoc il compito di elaborare una guida all’applicazione di detta disposizione, nel contesto del programma di lavoro 2016‑2018 della strategia comune di attuazione della DQA e della direttiva sulle alluvioni.


16 – Articolo 4, paragrafo 7, lettera b), della DQA.


17 – Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 8, della DQA, gli Stati membri forniscono alla Commissione un elenco delle rispettive autorità competenti e le informazioni stabilite nell’allegato I di detta direttiva.


18 – Al contrario, la Commissione ha sostenuto, senza essere contraddetta sul punto da nessuna delle parti, che tale disposizione è stata trasposta nel diritto nazionale. La disposizione di attuazione sarebbe contenuta nell’articolo 104a, paragrafo 1, del WRG dopo la sua modifica del 2003 (BGBl. 2003 I, n. 82, del 29 agosto 2003). Si potrebbe aggiungere che la sentenza del 4 maggio 2016, Commissione/Austria (C‑346/14, EU:C:2016:322, punto 81) fornisce un esempio di applicazione di norme di questo tipo nel diritto austriaco. In detta causa, la Corte ha respinto il ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione sulla base dell’articolo 4, paragrafi 1 e 7, della DQA. Il procedimento per inadempimento del 2007 traeva origine da una decisione con cui il governatore del Land della Stiria aveva concesso l’autorizzazione alla costruzione di una centrale idroelettrica lungo il corso dello Schwarze Sulm. La Corte ha dichiarato che detta autorità aveva tenuto conto del complesso delle condizioni previste dall’articolo 4, paragrafo 7, della direttiva 2000/60, potendo giustamente ritenere che queste ultime fossero soddisfatte.


19 – V., ad esempio, sentenza del 15 luglio 1982, Felicitas Rickmers‑Linie (C‑270/81, EU:C:1982:281, punto 24).


20 – A tale proposito, v. anche Goldsmith, B. J. e Lockhart-Mummery, E., «The ELD’s National Transposition», in Bergkamp, L. e Goldsmith B. J., The EUEnvironmental Liability Directive. A Commentary, Oxford University Press, 2013, pagg. da 139 a 159, in particolare pag. 157; Gouritin, A., EU Environmental Law, International Environmental Law, and Human Rights Law. The Case of Environmental Responsibility, Brill, Nijhoff, Leiden, Boston, 2016, pag. 242; Eliantonio, M., «The Proceduralisation of EU environmental Legislation: International Pressures, Some Victories and Some Way to Go», Review of European Administrative Law 2015 (1), vol. 8, pagg. da 99 a 123.


21 – Ad esempio, articolo 16 della direttiva 2008/1/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2008, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU 2008, L 24, pag. 8), abrogata dalla direttiva 2010/75; articolo 25 della direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (GU 2010, L 334, pag. 17); articolo 11 della direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1).


22 – V. articolo 9, paragrafo 2, della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, approvata a nome della Comunità europea con la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU L 124, pag. 1; in prosieguo: la «Convenzione di Aarhus»).


23 – Sentenze del 12 maggio 2011, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband Nordrhein-Westfalen (C‑115/09, EU:C:2011:289, punto 38); del 7 novembre 2013, Gemeinde Altrip e a. (C‑72/12, EU:C:2013:712, punto 38), e del 16 aprile 2015, Gruber (C‑570/13, EU:C:2015:231, punti 33 e 35).


24 – V., ad esempio, sentenza dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2013:221, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).


25 – La Corte ha dichiarato che, nel caso di disposizioni di diritto dell’Unione in materia ambientale sufficientemente precise e incondizionate, le persone fisiche o giuridiche direttamente interessate da determinati rischi devono poter adire i giudici competenti. V. per analogia, sentenze del 25 luglio 2008, Janecek (C‑237/07, EU:C:2008:447, punti 39 e 42), e del 26 maggio 2011, Stichting Natuur en Milieu e a. (da C‑165/09 a C‑167/09, EU:C:2011:348, punto 100).


26 – A tal riguardo v. Winter, G., Jans, J. H., Macrory, R. e Krämer, L., «Weighing up the EC Environmental Liability Directive», Journal of Environmental Law 20(2), 2008, pagg. da 163 a 191, in particolare pag. 171.


27 – V., in tal senso, sentenze dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 49), e dell’11 aprile 2013, Edwards e Pallikaropoulos (C‑260/11, EU:C:2013:221, punto 33).


28 – La Convenzione di Aarhus non è menzionata nella direttiva. Tuttavia, il fatto che gli articoli 12 e 13 siano stati formulati in conformità con la Convenzione di Aarhus emerge da vari documenti relativi alla genesi legislativa [v., ad esempio, il Libro bianco sulla responsabilità per danni all’ambiente, COM(2000) 66 definitivo; documenti del Consiglio 14289/02 e 7606/03; comunicazione della Commissione al Parlamento europeo in applicazione dell’articolo 251, paragrafo 2, secondo comma del trattato CE relativa alla Posizione comune approvata dal Consiglio in vista dell’adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale SEC(2003) 1027 definitivo; relazione sulla proposta di direttiva sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale – Parlamento europeo, commissione giuridica e per il mercato interno A5‑0145/2003]. Nella guida relativa all’attuazione della Convenzione di Aarhus (pag. 197), l’articolo 13 della DRA è considerato come un’attuazione dell’articolo 9, paragrafo 3, di detta convenzione.


29 – Sentenza dell’8 marzo 2011, Lesoochranárske zoskupenie (C‑240/09, EU:C:2011:125, punto 51).


30 – V. sentenza del 13 gennaio 2015, Consiglio e Commissione/Stichting Natuur en Milieu e Pesticide Action Network Europe (C‑404/12 P e C‑405/12 P, EU:C:2015:5, punto 51).


31 – The Aarhus Convention, An Implementation Guide, United Nations, 2a edizione, 2014, pag. 198, con riferimento alla comunicazione ACCC/C/2005/11 (Belgium) (ECE/MP.PP/C.1/2006/4/Add.2, punto 35). Benché tale documento non abbia efficacia vincolante, lo «si [può] prendere in considerazione». V., ad esempio, sentenza del 16 febbraio 2012, Solvay e a. (C‑182/10, EU:C:2012:82, punto 28).


32 – V., per analogia, sentenze del 12 maggio 2011, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband Nordrhein-Westfalen (C‑115/09, EU:C:2011:289, punto 55); del 7 novembre 2013, Gemeinde Altrip e a. (C‑72/12, EU:C:2013:712, punto 50), e del 16 aprile 2015, Gruber (C‑570/13, EU:C:2015:231, punto 38). V. anche, in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2015, Commissione/Germania) (C‑137/14, EU:C:2015:683, punti 32 e 33).


33 – Sentenza del 16 aprile 2015, Gruber (C‑570/13, EU:C:2015:231, punto 39).


34 – V., in tal senso, sentenza dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie (C‑243/15, EU:C:2016:838, punto 58).


35 – V., per analogia, sentenza del 16 aprile 2015, Gruber (C‑570/13, EU:C:2015:231, punto 40).


36 – V., ad esempio, sentenze del 7 novembre 2013, Gemeinde Altrip e a. (C‑72/12, EU:C:2013:712, punti 50 e segg.), e del 12 maggio 2011, Bund für Umwelt und Naturschutz Deutschland, Landesverband Nordrhein-Westfalen (C‑115/09, EU:C:2011:289, punto 55), che interpretano la nozione di «violazione di un diritto» di cui all’articolo 10 bis della direttiva del Consiglio 85/337/CEE, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 1985, L 175, pag. 40) (divenuto articolo 11 della direttiva 2011/92). V. anche sentenza del 15 ottobre 2015, Commissione/Germania (C‑137/14, EU:C:2015:683, punti da 30 a 35).


37 – V., in tal senso, sentenza del 16 aprile 2015, Gruber (C‑570/13, EU:C:2015:231, punti 42 e segg.).