Language of document : ECLI:EU:C:2019:380

SENTENZA DELLA CORTE (Seconda Sezione)

8 maggio 2019 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Mercati degli strumenti finanziari – Direttiva 2004/39/CE – Articoli 8, 23, 50 e 51 – Ambito di applicazione – Consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede – Agente avente la qualità di imputato in un procedimento penale – Normativa nazionale che prevede la possibilità di vietare temporaneamente l’esercizio dell’attività – Libertà fondamentali – Situazione puramente interna – Inapplicabilità»

Nella causa C‑53/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia), con decisione del 7 luglio 2017, pervenuta in cancelleria il 29 gennaio 2018, nel procedimento

Antonio Pasquale Mastromartino

contro

Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob),

LA CORTE (Seconda Sezione),

composta da A. Arabadjiev, presidente di sezione, T. von Danwitz (relatore), E. Levits, C. Vajda e P.G. Xuereb, giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez‑Bordona

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il sig. Mastromartino, da G. Fonderico e H. Bonura, avvocati;

–        per la Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob), da P. Palmisano, S. Providenti ed E. Garzia, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da D. Del Gaizo, avvocato dello Stato;

–        per la Commissione europea, da V. Di Bucci e T. Scharf, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio (GU 2004, L 145, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010 (GU 2010, L 331, pag. 120) (in prosieguo: la «direttiva MiFID»), e in particolare sull’interpretazione degli articoli 8, 23 e 51 di detta direttiva, nonché dei principi e delle disposizioni dei Trattati in materia di non discriminazione, proporzionalità, libera prestazione dei servizi e diritto di stabilimento.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone il sig. Antonio Pasquale Mastromartino alla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (Consob) (Italia), in merito alla legittimità della decisione di divieto temporaneo di esercizio dell’attività di consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede adottata da tale commissione nei confronti dell’interessato summenzionato, ricorrente nel procedimento principale.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        I considerando 36 e 38 della direttiva MiFID sono così formulati:

«(36)      Le persone che prestano servizi di investimento per conto di più di un’impresa di investimento non dovrebbero essere considerate agenti collegati ma imprese di investimento se rientrano nella definizione prevista dalla presenta direttiva, fatta eccezione per talune persone che possono essere esentate.

(…)

(38)      Le condizioni per l’esercizio di attività al di fuori dei locali dell’impresa di investimento (vendita porta a porta) non dovrebbero essere disciplinate dalla presente direttiva».

4        L’articolo 1 della citata direttiva, intitolato «Ambito di applicazione», dispone quanto segue:

«1.      La presente direttiva si applica alle imprese di investimento e ai mercati regolamentati.

2.      Le seguenti disposizioni si applicano anche agli enti creditizi autorizzati a norma della direttiva 2000/12/CE [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa all’accesso all’attività degli enti creditizi ed al suo esercizio (GU 2000, L 126, pag. 1)], quando prestano uno o più servizi [di investimento] e/o effettuano una o più attività di investimento (…)».

5        L’articolo 4, paragrafo 1, punti 1, 14 e 25, della citata direttiva è così formulato:

«1.      Ai fini della presente direttiva si intende per:

1)      “impresa di investimento”: qualsiasi persona giuridica la cui occupazione o attività abituale consiste nel prestare uno o più servizi di investimento a terzi e/o nell’effettuare una o più attività di investimento a titolo professionale;

Gli Stati membri possono includere nella definizione di “impresa di investimento” le imprese che non sono persone giuridiche (…):

(…)

Tuttavia quando una persona fisica presta servizi che implicano la detenzione di fondi o di valori mobiliari di terzi, può essere considerata come un’impresa di investimento ai fini della presente direttiva soltanto se, fatti salvi gli altri requisiti fissati da quest’ultima e dalla direttiva 93/6/CEE, soddisfa le condizioni seguenti:

a)      i diritti di proprietà dei terzi sugli strumenti e i fondi devono essere salvaguardati (…);

b)      l’impresa deve essere soggetta a norme il cui scopo è il controllo della sua solvibilità, nonché di quella dei suoi proprietari;

c)      i conti annuali dell’impresa devono essere controllati (…);

d)      quando un’impresa ha un solo proprietario, quest’ultimo deve provvedere alla protezione degli investitori in caso di cessazione dell’attività dell’impresa dovuta al suo decesso, alla sua incapacità o a qualsiasi altra situazione simile;

(…)

14)      “mercato regolamentato”: sistema multilaterale, amministrato e/o gestito dal gestore del mercato, che consente o facilita l’incontro – al suo interno ed in base alle sue regole non discrezionali – di interessi multipli di acquisto e di vendita di terzi relativi a strumenti finanziari, in modo da dare luogo a contratti relativi a strumenti finanziari ammessi alla negoziazione conformemente alle sue regole e/o ai suoi sistemi, e che è autorizzato e funziona regolarmente e ai sensi delle disposizioni del titolo III;

(…)

25)      “agente collegato”: persona fisica o giuridica che, sotto la piena e incondizionata responsabilità di una sola impresa di investimento per conto della quale opera, promuove i servizi di investimento e/o servizi accessori presso clienti o potenziali clienti, riceve e trasmette le istruzioni o gli ordini dei clienti riguardanti servizi di investimento o strumenti finanziari, colloca strumenti finanziari e/o presta consulenza ai clienti o potenziali clienti rispetto a detti strumenti o servizi finanziari».

6        Conformemente all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva MiFID, gli Stati membri sono tenuti a subordinare la prestazione di servizi di investimento o l’esercizio di attività d’investimento da parte di un’impresa di investimento al previo rilascio di un’autorizzazione. L’articolo 8 di detta direttiva enuncia le condizioni alle quali le autorità competenti possono revocare l’autorizzazione rilasciata a un’impresa di investimento.

7        L’articolo 13 della citata direttiva, intitolato «Requisiti di organizzazione», dispone, al paragrafo 2, quanto segue:

«Le imprese di investimento applicano politiche e procedure sufficienti a garantire che l’impresa, ivi compresi i suoi dirigenti, i suoi dipendenti e gli agenti collegati adempiano agli obblighi che incombono loro in virtù delle disposizioni della presente direttiva nonché alle opportune regole per le operazioni personali di tali persone».

8        Ai sensi dell’articolo 23 della direttiva MiFID, intitolato «Obblighi delle imprese di investimento che nominano agenti collegati»:

«1.      Gli Stati membri possono decidere di permettere alle imprese di investimento di nominare agenti collegati per promuovere i loro servizi, procurare clienti o ricevere ordini dei clienti o dei potenziali clienti e trasmetterli, collocare strumenti finanziari e prestare consulenza rispetto agli strumenti e servizi finanziari proposti da tali imprese.

2.      Gli Stati membri prescrivono che le imprese di investimento che decidono di nominare agenti collegati mantengano la responsabilità piena e incondizionata per qualunque azione o omissione compiuta da detti agenti quando operano per conto di tali imprese. Gli Stati membri prescrivono alle imprese di investimento di garantire che gli agenti collegati comunichino immediatamente a qualsiasi cliente o potenziale cliente in che veste operano e quale impresa rappresentano.

(…)

Gli Stati membri prescrivono che le imprese di investimento controllino le attività esercitate dai loro agenti collegati in modo che esse continuino a rispettare le disposizioni della presente direttiva quando agiscono tramite agenti collegati.

3.      Gli Stati membri che decidono di permettere alle imprese di investimento di nominare agenti collegati istituiscono un registro pubblico. Gli agenti collegati sono iscritti nel registro pubblico dello Stato membro in cui sono stabiliti. (…)

(…)

Gli Stati membri assicurano che gli agenti collegati siano iscritti nel registro pubblico solo quando sia stato accertato che soddisfano il criterio dell’onorabilità e possiedono conoscenze generali, commerciali e professionali adeguate per essere in grado di comunicare accuratamente tutte le informazioni riguardanti il servizio proposto al cliente o potenziale cliente.

(…)

4.      Gli Stati membri prescrivono che le imprese di investimento che nominano agenti collegati adottino misure adeguate per evitare qualsiasi eventuale impatto negativo delle attività degli agenti collegati che non rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva sulle attività esercitate dall’agente collegato per conto dell’impresa di investimento.

(…)

5.      Gli Stati membri prescrivono che le imprese di investimento nominino solo gli agenti collegati iscritti nei registri pubblici di cui al paragrafo 3.

6.      Gli Stati membri possono inasprire i requisiti fissati nel presente articolo o aggiungere altri requisiti per gli agenti collegati iscritti nel registro nell’ambito della loro giurisdizione».

9        Ai sensi dell’articolo 50, paragrafi 1 e 2, lettera g), della direttiva MiFID, alle autorità competenti sono conferiti tutti i poteri di vigilanza e di indagine necessari per l’esercizio delle loro funzioni, i quali vengono esercitati in conformità del diritto nazionale e comprendono quanto meno, segnatamente, il diritto di «richiedere la temporanea interdizione dell’esercizio dell’attività professionale».

10      L’articolo 51 di detta direttiva, dal titolo «Sanzioni amministrative», prevede, al paragrafo 1, quanto segue:

«Fatte salve le procedure per la revoca dell’autorizzazione o il diritto degli Stati membri di irrogare sanzioni penali, gli Stati membri assicurano, conformemente al loro diritto nazionale, che possano essere adottate misure o irrogate sanzioni amministrative appropriate a carico delle persone responsabili nel caso in cui le disposizioni adottate in attuazione della presente direttiva non siano rispettate. Gli Stati membri assicurano che queste misure siano efficaci, proporzionate e dissuasive».

 Diritto italiano

11      L’articolo 31 del decreto legislativo del 24 febbraio 1998, n. 58 – Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, ai sensi degli articoli 8 e 21 della legge 6 febbraio 1996, n. 52 (supplemento ordinario alla GURI n. 71, del 26 marzo 1998) (in prosieguo: il «TUF»), dispone, ai commi 1 e 2, quanto segue:

«1.      Per l’offerta fuori sede i soggetti abilitati si avvalgono di consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede. (…)

2.      L’attività di consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede è svolta esclusivamente nell’interesse di un solo soggetto abilitato. Il consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede promuove e colloca i servizi d’investimento e/o i servizi accessori presso clienti o potenziali clienti, riceve e trasmette le istruzioni o gli ordini dei clienti riguardanti servizi d’investimento o prodotti finanziari, promuove e colloca prodotti finanziari, presta consulenza in materia di investimenti ai clienti o potenziali clienti rispetto a detti prodotti o servizi finanziari. (…)».

12      A norma dell’articolo 55, comma 2, del TUF, la Consob può disporre in via cautelare, per un periodo massimo di un anno, la sospensione dall’esercizio dell’attività di un consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede, segnatamente nel caso in cui quest’ultimo assuma la qualità di imputato ai sensi dell’articolo 60 del codice di procedura penale, in relazione ai reati contemplati da tale articolo 55, comma 2.

13      L’articolo 111, comma 2, del regolamento recante norme di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 in materia di intermediari, adottato dalla Consob con delibera n. 16190, del 29 ottobre 2007, dispone quanto segue:

«Ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti cautelari di cui all’articolo 55, comma 2, del [TUF], la Consob valuta, nei limiti dei poteri alla stessa attribuiti dalla legge, le circostanze (…) in base alle quali [il consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede] ha assunto la qualità d’imputato per uno dei delitti indicati nella norma citata ed, in particolare, tiene conto del titolo di reato e dell’idoneità delle suddette circostanze a pregiudicare gli specifici interessi coinvolti nello svolgimento dell’attività di consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

14      Il sig. Mastromartino esercita l’attività di consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede. Con delibera in data 11 novembre 2015, adottata sulla base dell’articolo 55, comma 2, del TUF, la Consob gli ha temporaneamente vietato l’esercizio dell’attività suddetta per la durata di un anno, a motivo della pendenza di un procedimento penale a suo carico.

15      Il sig. Mastromartino ha proposto un ricorso contro tale decisione dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia). Dinanzi a tale giudice, egli fa valere, in particolare, che l’articolo 55, comma 2, del TUF, che serve quale base giuridica per il divieto temporaneo di esercizio dell’attività di consulente finanziario, oggetto di contestazione nel procedimento principale, è incompatibile con le disposizioni della direttiva MiFID. Inoltre, la portata del potere discrezionale di cui disporrebbe la Consob in forza della normativa nazionale ai fini dell’inflizione di un siffatto divieto temporaneo contrasterebbe con i principi di trasparenza e di oggettività elaborati dalla giurisprudenza della Corte in riferimento alle libertà fondamentali.

16      La Consob contesta tale argomentazione, a motivo segnatamente del fatto che la direttiva sopra citata non si applica alla controversia di cui al procedimento principale.

17      Alla luce di tali circostanze, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la figura dell’agente collegato (tied agent) rientri nell’armonizzazione disposta dalla [direttiva MiFID], e per quali aspetti.

2)      Se osti alla corretta applicazione della [direttiva MiFID], e in particolare degli articoli 8, 23 e 51 della stessa, nonché dei principi e delle norme dei Trattati in tema di non discriminazione, proporzionalità, libertà di prestazione dei servizi e di diritto di stabilimento, una normativa nazionale, quale quella ricavabile dall’articolo 55, comma 2, del [TUF], e successive modificazioni, nonché dall’articolo 111, comma 2, [del regolamento recante norme di attuazione del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 in materia di intermediari, adottato dalla Consob con delibera n. 16190, del 29 ottobre 2007], la quale:

a)      consente di inibire “discrezionalmente” l’esercizio dell’attività di un “agente collegato” (consulente abilitato all’offerta fuori sede – ex promotore finanziario) in relazione a fatti che non implicano la perdita dell’onorabilità, per come definita dal diritto interno, e che allo stesso tempo non riguardino il rispetto delle norme attuative della direttiva;

b)      consente di inibire “discrezionalmente” e sino a un anno l’esercizio dell’attività di un “agente collegato” (consulente abilitato all’offerta fuori sede – ex promotore finanziario) in un procedimento volto a prevenire lo “strepitus” derivante dall’imputazione in un processo penale la cui durata è di norma molto superiore all’anno».

 Sulle questioni pregiudiziali

18      Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva MiFID, e in particolare gli articoli 8, 23, 50 e 51 della stessa, le disposizioni del Trattato FUE in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, nonché i principi di non discriminazione e di proporzionalità, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad un divieto temporaneo di esercizio dell’attività di consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede, quale quello in discussione nel procedimento principale.

 Sulla direttiva MiFID

19      Al fine di rispondere a tali questioni, occorre verificare, anzitutto, se un divieto siffatto rientri nell’ambito di applicazione della direttiva MiFID.

20      Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva MiFID, quest’ultima si applica alle imprese di investimento e ai mercati regolamentati. Ai sensi del paragrafo 2 del medesimo articolo 1, alcune disposizioni della direttiva suddetta si applicano anche agli enti creditizi autorizzati a norma della direttiva 2000/12, quando prestano uno o più servizi di investimento e/o effettuano una o più attività di investimento.

21      Poiché il divieto temporaneo di esercizio dell’attività di «consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede», di cui si discute nel procedimento principale, è, in ogni caso, privo di qualsiasi rapporto con la gestione di un mercato regolamentato ex articolo 4, paragrafo 1, punto 14, della direttiva MiFID, e non riguarda un ente creditizio del tipo sopra indicato, si pone unicamente la questione di sapere se un consulente siffatto rientri nella nozione di «impresa di investimento», ai sensi di tale direttiva.

22      Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, primo comma, della citata direttiva, tale nozione comprende le persone giuridiche la cui occupazione o attività abituale consiste nel prestare uno o più servizi di investimento a terzi e/o nell’effettuare una o più attività di investimento a titolo professionale. Se invero anche una persona fisica può, alle condizioni dettate nel secondo e nel terzo comma di tale punto 1, essere considerata come un’impresa di investimento, diverso è il discorso qualora tale persona agisca sotto la responsabilità e per conto di una sola impresa di investimento.

23      Una siffatta persona fisica non costituisce una «impresa di investimento», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 1, della direttiva MiFID, bensì rientra nella distinta nozione di «agente collegato», ai sensi del punto 25 del medesimo articolo 4, paragrafo 1. Tale punto 25 definisce l’«agente collegato» come la «persona fisica o giuridica che, sotto la piena e incondizionata responsabilità di una sola impresa di investimento per conto della quale opera, promuove i servizi di investimento e/o servizi accessori presso clienti o potenziali clienti, riceve e trasmette le istruzioni o gli ordini dei clienti riguardanti servizi di investimento o strumenti finanziari, colloca strumenti finanziari e/o presta consulenza ai clienti o potenziali clienti rispetto a detti strumenti o servizi finanziari».

24      Risulta dall’articolo 4, paragrafo 1, punti 1 e 25, della citata direttiva che quest’ultima istituisce una distinzione netta tra la nozione di «impresa di investimento» e quella di «agente collegato», laddove quest’ultima nozione è caratterizzata essenzialmente dal fatto che l’agente collegato agisce sotto la responsabilità e per conto di un’unica impresa di investimento. Il considerando 36 di questa medesima direttiva precisa al riguardo che «le persone che prestano servizi di investimento per conto di più di un’impresa di investimento non dovrebbero essere considerate agenti collegati ma imprese di investimento».

25      Nel caso di specie, se è vero che spetta unicamente al giudice del rinvio pronunciarsi sulla qualificazione dei «consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede», in funzione delle circostanze specifiche della causa dinanzi ad esso pendente, ciò non toglie che la Corte è competente a desumere i criteri che detto giudice deve applicare a tal fine (v., in tal senso, sentenza del 16 novembre 2017, Robeco Hollands Bezit e a., C‑658/15, EU:C:2017:870, punto 25 nonché la giurisprudenza ivi citata).

26      Secondo le indicazioni contenute nella decisione di rinvio, un «consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede», ai sensi della normativa nazionale controversa nel procedimento principale, promuove e fornisce, in particolare, servizi d’investimento e/o servizi accessori nonché consulenza in materia di investimenti a clienti o potenziali clienti, e ciò esclusivamente nell’interesse di un’unica impresa di investimento. Risulta dunque che un consulente siffatto, tenuto conto delle funzioni che esercita, deve essere considerato come un «agente collegato», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, punto 25, della direttiva MiFID, e non come una «impresa di investimento», ai sensi del punto 1 di questa stessa disposizione.

27      Quanto alla questione se gli articoli 8, 23 e 51 della direttiva MiFID, ai quali si riferisce il giudice del rinvio, siano applicabili alla controversia di cui al procedimento principale, occorre constatare, anzitutto, che l’articolo 8 di detta direttiva enuncia le condizioni alle quali le autorità competenti possono revocare, a un’impresa di investimento, l’autorizzazione alla quale gli Stati membri sono tenuti a subordinare la prestazione di servizi di investimento o l’esercizio di attività di investimento da parte di un’impresa siffatta. Orbene, la direttiva in parola non assoggetta l’attività degli agenti collegati al previo rilascio di un’autorizzazione, di modo che il divieto temporaneo dell’attività di «consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede», in discussione nel procedimento principale, non ricade sotto il summenzionato articolo 8.

28      Poi, come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, l’articolo 23 della direttiva MiFID non disciplina l’attività degli agenti collegati in quanto tale, bensì enuncia le condizioni alle quali le imprese di investimento possono fare ricorso a simili agenti. In particolare, l’articolo 23, paragrafo 2, terzo comma, della direttiva in parola, letto in combinato disposto con l’articolo 13, paragrafo 2, di quest’ultima, impone alle imprese di investimento di mettere in atto politiche, procedure e controlli che consentano di garantire che loro stesse rispettano gli obblighi derivanti dalla direttiva suddetta allorché agiscono tramite agenti collegati, senza stabilire le condizioni alle quali tali agenti possono esercitare la loro attività.

29      Allo stesso modo, come risulta dall’articolo 23, paragrafi 3 e 5, della direttiva MiFID, il requisito dell’iscrizione degli agenti collegati in un registro pubblico è concepito come una condizione da rispettare da parte delle imprese di investimento per poter fare ricorso ad agenti siffatti. Inoltre, occorre rilevare che tale iscrizione presuppone, segnatamente, che la persona iscritta abbia una onorabilità sufficiente. Orbene, secondo le indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale, il divieto di esercizio di attività controverso nel procedimento principale non è stato basato su una presunta mancanza di onorabilità del sig. Mastromartino, bensì sul fatto che costui costituiva l’oggetto di un procedimento penale.

30      Inoltre, l’articolo 23 della direttiva MiFID non disciplina le condizioni alle quali le autorità nazionali possono vietare temporaneamente l’attività di agente collegato. A questo proposito, il paragrafo 6 di detto articolo 23 stabilisce espressamente che gli Stati membri possono inasprire i requisiti fissati nel medesimo articolo 23 o aggiungere altri requisiti per gli agenti collegati iscritti nel registro nell’ambito della loro giurisdizione, requisiti tra cui può figurare, segnatamente, un siffatto divieto temporaneo di attività.

31      Peraltro, tale divieto temporaneo non ricade neppure sotto l’articolo 50 della direttiva MiFID. Infatti, se certo le autorità competenti devono, a norma dei paragrafi 1 e 2, lettera g), di tale articolo, disporre del diritto di chiedere il divieto temporaneo di esercizio dell’attività professionale, risulta nondimeno dalle considerazioni sopra esposte che la direttiva in parola non disciplina l’attività degli agenti collegati. In particolare, il considerando 38 di tale direttiva precisa che quest’ultima non disciplina le condizioni per l’esercizio di attività al di fuori dei locali dell’impresa di investimento. Orbene, il divieto temporaneo in discussione nel procedimento principale riguarda specificamente l’attività di consulenti finanziari che operano «fuori sede» non rientranti nell’ambito della direttiva MiFID.

32      Infine, l’articolo 51, paragrafo 1, della citata direttiva stabilisce che gli Stati membri devono prevedere delle sanzioni amministrative appropriate a carico delle persone responsabili nel caso in cui le disposizioni adottate in attuazione della direttiva stessa non siano rispettate. Orbene, secondo le indicazioni contenute nella domanda di pronuncia pregiudiziale, i fatti all’origine del divieto temporaneo di esercizio dell’attività di «consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede», in discussione nel procedimento principale, sono privi di qualsiasi correlazione con una violazione delle norme intese a trasporre la citata direttiva. Si tratta dunque di fatti ai quali il summenzionato articolo 51, paragrafo 1, non si applica.

33      Pertanto, il divieto temporaneo di esercizio dell’attività di «consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede» in discussione nel procedimento principale non rientra nell’ambito di applicazione della direttiva MiFID, circostanza questa che spetta però al giudice del rinvio verificare tenendo conto delle circostanze peculiari del caso di specie. Dunque, fatta salva tale verifica, la direttiva di cui sopra non ha alcuna incidenza su un divieto siffatto.

 Sulle disposizioni del Trattato FUE in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi, nonché sui principi di non discriminazione e di proporzionalità

34      Occorre ricordare che le disposizioni del Trattato FUE in materia di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi non trovano applicazione in una situazione nella quale tutti gli elementi si collochino all’interno di un solo Stato membro (v., in tal senso, sentenze del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 47 e la giurisprudenza ivi citata, nonché del 14 novembre 2018, NKBM, C‑215/17, EU:C:2018:901, punto 41).

35      A questo proposito, occorre osservare che la domanda di pronuncia pregiudiziale fa riferimento a dubbi in merito alla compatibilità di un divieto temporaneo di esercizio dell’attività di «consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede», come quello in discussione nel procedimento principale, con le libertà fondamentali, che il giudice del rinvio sembra considerare applicabili nella situazione che si presenta nel procedimento principale, tenuto conto, in particolare, degli effetti che un siffatto divieto può produrre sull’attività del consulente interessato, indipendentemente dal carattere transfrontaliero o meno di quest’ultima.

36      Se invero non si può senz’altro escludere che una normativa nazionale indistintamente applicabile alle attività interne e a quelle transfrontaliere di un consulente siffatto possa, in funzione delle circostanze del caso di specie, produrre effetti che non si collocano all’interno di un solo Stato membro, la Corte ha già statuito, in un’ipotesi del genere, che essa, in assenza di indicazioni da parte del giudice del rinvio ulteriori rispetto a quella del carattere indistintamente applicabile di tale normativa nazionale, non può ritenere che la domanda di interpretazione pregiudiziale vertente sulle disposizioni del Trattato FUE relative alle libertà fondamentali sia necessaria alla soluzione della controversia pendente dinanzi a detto giudice (v., in tal senso, sentenze del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C‑268/15, EU:C:2016:874, punti 50 e 54, nonché del 14 novembre 2018, NKBM, C‑215/17, EU:C:2018:901, punti da 42 a 44).

37      Orbene, nel caso di specie, la domanda di pronuncia pregiudiziale non fa emergere alcun elemento concreto che consenta di stabilire un nesso tra l’oggetto o le circostanze della controversia di cui al procedimento principale e l’esercizio, anche solo potenziale, da parte del sig. Mastromartino, delle libertà fondamentali garantite dagli articoli 49 e 56 TFUE.

38      Per giunta, se anche il sig. Mastromartino pone l’accento, nelle sue osservazioni scritte, sulle conseguenze che un divieto temporaneo di esercizio dell’attività di «consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede», come quello controverso nel procedimento principale, potrebbe avere, in via del tutto astratta, sulla possibilità di svolgere tale attività nell’insieme dell’Unione, non risulta nondimeno dalle sue osservazioni che simili conseguenze presentino una qualsivoglia rilevanza ai fini della soluzione della controversia nel procedimento principale.

39      Pertanto, le libertà fondamentali garantite dagli articoli 49 e 56 TFUE non risultano applicabili ad un divieto temporaneo di esercizio dell’attività di «consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede», come quello controverso nel procedimento principale, e sono dunque prive di qualsiasi incidenza su tale divieto.

40      Alla luce dell’insieme delle considerazioni sopra esposte, occorre rispondere alle questioni sollevate dichiarando che la direttiva MiFID, e segnatamente gli articoli 8, 23, 50 e 51 di quest’ultima, gli articoli 49 e 56 TFUE, nonché i principi di non discriminazione e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che, in una situazione quale quella in esame nel procedimento principale, un divieto temporaneo di esercizio dell’attività di consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede non rientra né nell’ambito di applicazione di detta direttiva, né in quello degli articoli 49 e 56 TFUE, e neppure in quello dei principi di non discriminazione e di proporzionalità. In una situazione siffatta, gli articoli 8, 23, 50 e 51 della direttiva suddetta, gli articoli 49 e 56 TFUE, nonché i principi di non discriminazione e di proporzionalità non ostano ad un divieto siffatto.

 Sulle spese

41      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Seconda Sezione) dichiara:

La direttiva 2004/39/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativa ai mercati degli strumenti finanziari, che modifica le direttive 85/611/CEE e 93/6/CEE del Consiglio e la direttiva 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 93/22/CEE del Consiglio, come modificata dalla direttiva 2010/78/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, e segnatamente gli articoli 8, 23, 50 e 51 della direttiva summenzionata, gli articoli 49 e 56 TFUE, nonché i principi di non discriminazione e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che, in una situazione quale quella in esame nel procedimento principale, un divieto temporaneo di esercizio dell’attività di consulente finanziario abilitato all’offerta fuori sede non rientra né nell’ambito di applicazione di detta direttiva, né in quello degli articoli 49 e 56 TFUE, e neppure in quello dei principi di non discriminazione e di proporzionalità. In una situazione siffatta, gli articoli 8, 23, 50 e 51 della direttiva suddetta, gli articoli 49 e 56 TFUE, nonché i principi di non discriminazione e di proporzionalità non ostano ad un divieto siffatto.

Arabadjiev

von Danwitz

Levits

Vajda

 

Xuereb

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo l’8 maggio 2019.

Il cancelliere

 

Il presidente della Seconda Sezione

A. Calot Escobar

 

A. Arabadjiev


*      Lingua processuale: l’italiano.