Language of document : ECLI:EU:C:2018:87

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 21 febbraio 2018 (1)

Causa C123/16 P

Orange Polska S.A.

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Concorrenza – Abuso di posizione dominante – Mercato polacco delle telecomunicazioni – Legittimo interesse all’accertamento di un’infrazione già cessata nel momento in cui viene inflitta un’ammenda – Calcolo dell’ammenda – Gravità – Presa in considerazione degli effetti dell’infrazione – Circostanze attenuanti».






1.        Con la presente impugnazione la Orange Polska S.A. (in prosieguo: la «Orange») chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 17 dicembre 2015, Orange Polska/Commissione (T‑486/11; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2015:1002), con la quale è stato rigettato il suo ricorso diretto, a titolo principale, all’annullamento della decisione C(2011) 4378 definitivo della Commissione (2) e, in subordine, all’annullamento o alla diminuzione dell’importo dell’ammenda inflitta con detta decisione.

I.      Fatti e decisione controversa

2.        Ai fini della presente impugnazione, è sufficiente notare quanto segue, giacché un’esposizione più completa si trova ai punti da 1 a 34 della sentenza impugnata.

3.        La Telekomunikacja Polska S.A. è un’impresa di telecomunicazioni creata in Polonia nel 1991 in seguito alla privatizzazione di un ex monopolio di Stato. Il 7 novembre 2013, a seguito dell’acquisizione da parte della medesima delle società Orange Polska sp. z o.o. e Polska Telefonia Komórkowa – Centertel sp. z o.o., è diventata la Orange (3).

4.        La Commissione europea ha accertato che la Orange era l’unico fornitore all’ingrosso dell’accesso a banda larga nonché dell’accesso disaggregato alla rete locale e che, durante il periodo considerato dalla decisione controversa, deteneva quote elevate di mercato nel mercato al dettaglio.

5.        Inoltre, ha rilevato che il quadro normativo applicabile in Polonia al momento dei fatti obbligava l’operatore, designato dall’autorità nazionale di regolamentazione (4) in qualità di operatore dominante sul mercato della fornitura delle reti telefoniche pubbliche fisse, nel caso di specie la Orange, ad accordare ai nuovi operatori – detti «operatori alternativi» (in prosieguo: il/gli «OA») – l’accesso disaggregato alla sua rete locale e ai servizi connessi a condizioni trasparenti, eque, non discriminatorie e perlomeno altrettanto favorevoli rispetto a quelle fissate in un’offerta di riferimento, proposta dall’operatore designato e adottata a seguito di un procedimento dinanzi all’UKE. A partire dal 2005, quest’ultima è intervenuta a più riprese per porre rimedio agli inadempimenti della Orange degli obblighi regolamentari ad essa incombenti.

6.        Il 22 ottobre 2009 la Orange sottoscriveva un accordo con l’UKE in forza del quale essa si impegnava volontariamente, anzitutto, a rispettare i propri obblighi regolamentari, a concludere con gli OA accordi concernenti le condizioni di accesso a condizioni conformi alle offerte di riferimento pertinenti e ad investire nella modernizzazione della propria rete a banda larga (in prosieguo: l’«accordo con l’UKE»).

7.        Nell’articolo 1 della decisione controversa, la Commissione ha concluso che la Orange, rifiutando di concedere agli OA un accesso a banda larga ai propri prodotti all’ingrosso, aveva commesso un’infrazione unica e continuata dell’articolo 102 TFUE, che aveva avuto inizio il 3 agosto 2005, con l’avvio dei primi negoziati tra la Orange e un OA per l’accesso alla rete di Orange sulla base dell’offerta di riferimento relativa all’accesso in modalità local loop undbundling (LLU) e che era proseguita almeno fino al 22 ottobre 2009, data in cui era stato sottoscritto l’accordo con l’UKE.

8.        La Commissione ha sanzionato la Orange irrogandole, come precisato all’articolo 2 della decisione controversa, un’ammenda di EUR 127 554 194, calcolata sulla base degli orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento (CE) n. 1/2003 [(5)] (GU 2006, C 210, pag. 2; in prosieguo: gli «orientamenti»). In tale calcolo, ha determinato l’importo di base dell’ammenda applicando una percentuale del 10% del valore medio delle vendite effettuate dalla Orange sui mercati rilevanti e moltiplicando la cifra in tal modo ottenuta per un fattore pari a 4,2, corrispondente alla durata dell’infrazione, e ha deciso di non adeguare tale importo in funzione di circostanze aggravanti o attenuanti. Tuttavia, ha dedotto le ammende che erano state inflitte dall’UKE a Orange per la violazione degli obblighi regolamentari ad essa incombenti.

II.    Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

9.        Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 2 settembre 2011, la Orange ha proposto un ricorso diretto, in via principale, all’annullamento della decisione controversa e, in subordine, all’annullamento o alla riduzione dell’importo dell’ammenda che le era stata inflitta con tale decisione.

10.      La Polska Izba Informatyki i Telekomunikacji [Federazione polacca delle tecnologie dell’informazione e delle telecomunicazioni (PIIT)], che dichiara di essere un’associazione di imprese attive nel settore delle telecomunicazioni in Polonia, è intervenuta dinanzi al Tribunale a sostegno delle conclusioni della Orange. La European Competitive Telecommunications Association (ECTA), che si presenta come organo rappresentativo dell’industria concorrenziale del settore europeo delle comunicazioni, è intervenuta dinanzi al Tribunale a sostegno delle conclusioni della Commissione.

11.      A sostegno del proprio ricorso, la Orange deduceva cinque motivi. Avendo respinto tutti i detti motivi in quanto infondati e avendo ritenuto che nessun elemento giustificava una riforma dell’importo dell’ammenda, il Tribunale ha rigettato integralmente tale ricorso.

III. Sull’impugnazione

12.      A sostegno della sua impugnazione, la Orange deduce tre motivi.

A.      Sul primo motivo, relativo ad un errore di diritto in relazione all’obbligo della Commissione di dimostrare l’esistenza di un legittimo interesse ad adottare una decisione che accerti una infrazione già cessata

1.      Sintesi degli argomenti delle parti

13.      La Orange osserva, da un lato, che è pacifico che nella decisione controversa la Commissione non abbia dimostrato un legittimo interesse all’accertamento dell’infrazione in questione e, dall’altro, che tale infrazione è cessata quasi diciotto mesi prima dell’adozione della decisione controversa. Sarebbe dunque già cessata. Orbene, al punto 76 della sentenza impugnata, affermando che spetta alla Commissione, in virtù dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, dimostrare l’esistenza di un legittimo interesse all’accertamento di un’infrazione allorché l’infrazione sia cessata e la Commissione non imponga al contempo un’ammenda, il Tribunale avrebbe lasciato intendere che si trattava della sola circostanza nella quale la Commissione doveva dimostrare l’esistenza di un tale interesse. In tal senso, l’affermazione di cui trattasi costituirebbe un errore di diritto nell’interpretazione di detta disposizione. Il punto 77 della stessa sentenza, nel quale il Tribunale avrebbe, inoltre, limitato l’obbligo della Commissione di dimostrare l’esistenza di un tale interesse alle sole situazioni nelle quali il potere di comminare delle ammende è prescritto, sarebbe del pari erroneo.

14.      A tal proposito, la Orange sostiene, innanzitutto, che la formulazione dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 è univoca. Non se ne potrebbe dedurre che, quando un’ammenda può essere comminata, non è necessario individuare l’esistenza di un legittimo interesse all’accertamento dell’infrazione in relazione ad un comportamento che è cessato. Inoltre, solamente tale disposizione conferirebbe alla Commissione il potere di accertare un’infrazione agli articoli 101 o 102 TFUE. Sia il considerando 11 del regolamento n. 1/2003 sia i lavori preparatori di tale regolamento e la prassi amministrativa della Commissione confermerebbero che l’obbligo gravante su quest’ultima di dimostrare l’esistenza di un legittimo interesse all’accertamento di un’infrazione già cessata esiste indipendentemente dell’imposizione di un’ammenda.

15.      Inoltre, nulla giustificherebbe la subordinazione delle disposizioni contenute nell’articolo 7 del regolamento n. 1/2003 al potere della Commissione di irrogare ammende. Infatti, il potere della Commissione di accertare un’infrazione non sarebbe soggetto ad alcun termine di prescrizione e le sarebbe conferito da una parte del regolamento n. 1/2003 diversa da quella che le conferisce il potere di comminare ammende.

16.      Infine, la circostanza secondo cui, in applicazione dell’articolo 16 del regolamento n. 1/2003, l’accertamento da parte della Commissione di un’infrazione già cessata dimostrerebbe, nel contesto delle azioni di risarcimento, la responsabilità dell’impresa interessata, nonché la circostanza secondo cui un tale accertamento potrebbe arrecare pregiudizio a quest’ultima, anche in assenza dell’imposizione dell’ammenda, a causa della sospensione del termine di prescrizione, prevista dall’articolo 10, paragrafo 4, della direttiva 2014/104/UE del Parlamento e del Consiglio (6), giustificherebbe il fatto che spetta alla Commissione esporre nella propria decisione i motivi che dimostrano il suo legittimo interesse a perseguire un’infrazione commessa in passato alla quale un’impresa ha volontariamente messo fine.

17.      Nel caso di specie, si dovrebbe pertanto annullare la sentenza impugnata e la decisione controversa, in quanto la Commissione non ha dimostrato, in quest’ultima, un legittimo interesse ad accertare l’infrazione già cessata della Orange.

18.      La Commissione sostiene, in sostanza, che l’argomentazione della Orange sarebbe assurda, in quanto comporterebbe che il potere della Commissione di comminare delle ammende sussisterebbe solo per le infrazioni in corso e che, in tutti gli altri casi, in particolare quando un’ammenda è inflitta per un’infrazione che è già cessata, il che rappresenterebbe il contenuto essenziale delle decisioni della Commissione, quest’ultima non possa adottare una decisione senza dimostrare l’esistenza di un legittimo interesse a farlo.

19.      Nel caso di specie, la Commissione avrebbe inflitto un’ammenda alla Orange per aver commesso un’infrazione unica e continuata dell’articolo 102 del TFUE, a partire dal 3 agosto 2005 e almeno fino al 22 ottobre 2009. Essendo l’imposizione di un’ammenda sufficiente a giustificare l’accertamento di un’infrazione, la Commissione non sarebbe stata tenuta a dimostrare, inoltre, l’esistenza di un legittimo interesse ad effettuare tale accertamento. Pertanto, il primo motivo dell’impugnazione non sarebbe fondato.

20.      Inoltre, la Commissione sostiene che tale primo motivo riguarda solo il punto 77 della sentenza impugnata, avendo la Orange prestato acquiescenza al punto 76. Orbene, quest’ultimo punto, così come la motivazione esposta dal Tribunale ai punti 74 e 75 della sentenza impugnata, basterebbe a sostenere le conclusioni formulate ai punti 78 e 79 della stessa sentenza, con i quali il Tribunale ha rigettato il primo motivo sollevato dinanzi ad esso. Il primo motivo dell’impugnazione, diretto esclusivamente contro il punto 77, sarebbe dunque inoperante. L’argomento avanzato nella replica, secondo il quale tale primo motivo riguarderebbe in realtà i punti da 74 a 80 della sentenza impugnata, sarebbe irricevibile in quanto tardivo.

21.      La PIIT non presenta osservazioni sul primo motivo.

22.      L’ECTA rileva, in sostanza, che il potere della Commissione di infliggere ammende, indipendentemente da se l’infrazione sia cessata, si fondi sull’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003 e, tranne che per l’obbligo di dimostrare l’intenzionalità o la negligenza, tale disposizione non sottoporrebbe tale potere ad alcuna altra condizione. L’articolo 7, paragrafo 1, di tale regolamento sarebbe stato erroneamente invocato dalla Orange.

2.      Valutazione

a)      Osservazioni preliminari

23.      Con il primo motivo d’impugnazione, la Orange addebita al Tribunale di aver commesso un errore di diritto nell’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003, non imponendo alla Commissione di dimostrare l’esistenza di un legittimo interesse ad adottare una decisione che accerti un’infrazione, indipendentemente da se abbia o meno inflitto un’ammenda.

24.      L’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 dispone che «[s]e la Commissione constata (…) un’infrazione all’articolo [101 o 102 TFUE], può obbligare, mediante decisione, le imprese (…) interessate a porre fine all’infrazione constatata (…). Qualora la Commissione abbia un legittimo interesse in tal senso, essa può inoltre procedere alla constatazione di un’infrazione già cessata».

25.      Il Tribunale, al punto 76 della sentenza impugnata, ha dedotto dalla formulazione della suddetta disposizione, nonché da un estratto dell’esposizione dei motivi che correda la proposta che ha condotto all’adozione di tale regolamento, che «spetta alla Commissione dimostrare l’esistenza di un legittimo interesse all’accertamento di un’infrazione allorché l’infrazione sia cessata e la Commissione non imponga al contempo un’ammenda».

26.      Esso ha, inoltre, dichiarato, al punto 77 di tale sentenza, che tale conclusione era conforme alla sua giurisprudenza sull’esistenza di un nesso fra l’obbligo gravante sulla Commissione di dimostrare un legittimo interesse all’accertamento di un’infrazione e la prescrizione del suo potere di comminare ammende. Di conseguenza, ai punti da 78 a 80 della sentenza impugnata, ha rigettato le conclusioni della Orange, dirette all’annullamento della decisione controversa.

b)      Argomenti della Commissione per l’inoperatività del motivo

27.      L’argomentazione della Commissione a tal proposito (esposta al paragrafo 20 delle presenti conclusioni) non può essere accolta.

28.      Se è vero che la Orange cita espressamente solo i punti 76 e 77 della sentenza impugnata e non contesta, in quanto tale, il contenuto di tale punto 76, resta il fatto che l’argomento della Orange consiste, in sostanza, nel sostenere che risulta dalla lettura combinata di tali due punti che il Tribunale ha ritenuto che le uniche circostanze in cui la Commissione è tenuta a dimostrare l’esistenza di un legittimo interesse ad accertare un’infrazione al diritto della concorrenza dell’Unione siano i casi in cui, al contempo, tale infrazione è già cessata e la Commissione non infligge ammende, in particolare a causa del fatto che il suo potere di comminare un’ammenda è prescritto, e che, accertando una tale limitazione, il Tribunale ha commesso un errore nell’interpretazione dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003.

29.      In ogni caso, detti punti 76 e 77 costituiscono il fulcro del ragionamento del Tribunale, di modo che, se si rivelassero viziati dal presunto errore, le conclusioni che se ne sono tratte dovrebbero essere automaticamente dichiarate invalide.

30.      Pertanto, questo primo motivo non è inoperante.

c)      Sul fondamento del primo motivo

31.      Un’interpretazione fondata sulla formulazione, sull’impianto generale e sulla finalità delle pertinenti disposizioni del regolamento n. 1/2003, consente nondimeno di concludere che tale motivo è infondato.

32.      Ai sensi del regolamento n. 1/2003 – vale a dire segnatamente del suo articolo 7, paragrafo 1, e del suo articolo 23 nei casi di infrazioni sostanziali delle norme dell’Unione in materia di concorrenza, la Commissione ha il potere sia di infliggere delle ammende sia di ordinare la cessazione dell’infrazione. Tali poteri riassumono i compiti della Commissione al fine di far rispettare le norme sulla concorrenza. Quando la stessa li esercita, non è tenuta a dimostrare un qualsivoglia «legittimo interesse» a tal proposito.

33.      È evidente che, per infliggere delle ammende e ordinare la cessazione di un’infrazione, è necessario preliminarmente che sia accertata un’infrazione, il che la Orange non sembra contestare. Come osserva la Commissione, essa non solo è autorizzata ad accertare un’infrazione, ma vi è altresì tenuta per poterne ordinare la cessazione o infliggere un’ammenda.

34.      In primo luogo, l’articolo 7 del regolamento n. 1/2003 indica chiaramente che solo «se la Commissione constata (…) un’infrazione» può adottare una decisione che impone la cessazione dell’infrazione constatata.

35.      In secondo luogo, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 2, di tale regolamento, la Commissione può infliggere ammende alle imprese ed alle associazioni di imprese quando, intenzionalmente o per negligenza, commettono un’infrazione alle disposizioni dell’articolo 101, paragrafo 1, o dell’articolo 102 TFUE.

36.      Invero, la formulazione dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 potrebbe sembrare ambigua, nella misura in cui non indica espressamente che la Commissione può, quando infligge un’ammenda, adottare una decisione che accerti che un’infrazione è già cessata senza dover dimostrare in modo specifico il fatto che esista un legittimo interesse per farlo.

37.      Tuttavia, a mio avviso, la formulazione del considerando 11 di tale regolamento avvalora la tesi del Tribunale e della Commissione. Tale considerando precisa che «[q]ualora sussista un legittimo interesse, la Commissione dovrebbe inoltre poter adottare decisioni volte a constatare infrazioni già cessate, anche ove non proceda a comminare ammende» (il corsivo è mio).

38.      Come rileva la Commissione, il considerando 11 segue la struttura dell’articolo 7, paragrafo 1, del suddetto regolamento e conferma che l’ultima frase di tale disposizione prevede un potere specifico corredato da una condizione particolare. Fa innanzitutto riferimento alle decisioni che impongono la cessazione di un’infrazione ancora in corso. Il considerando 11 spiega poi che, oltre a tale potere, («inoltre»), la Commissione può adottare una decisione di natura dichiarativa (vale a dire, non corredata da un’ammenda) che constata un’infrazione già cessata, a condizione che abbia un legittimo interesse ad agire in tal senso. I termini «anche ove non proceda a comminare ammende» e «inoltre» implicano che il potere della Commissione di accertare un’infrazione passata e di corredare tale constatazione di un’ammenda preesiste e non è subordinato ad alcuna condizione specifica.

39.      L’esposizione dei motivi che correda la proposta che ha portato all’adozione del regolamento n. 1/2003 (già citata al punto 75 della sentenza impugnata) è ancora più esplicita a sostegno della tesi del Tribunale.

40.      Vi è indicato, a proposito della proposta dell’articolo 7, che una delle differenze rispetto all’articolo 3 del regolamento n. 17 (7) risiede nel fatto che «(…) specifica che la Commissione non soltanto può con decisione constatare un’infrazione, per ordinarne la cessazione o per comminare un’ammenda, ma può anche procedere alla constatazione di un’infrazione già cessata, senza infliggere sanzioni», precisandosi a tal proposito che, «conformemente alla giurisprudenza della Corte (…(8)), il potere della Commissione di adottare una decisione di constatazione di infrazione in tali circostanze è tuttavia limitato ai casi in cui sussista un interesse a farlo».

41.      Risulta dalla giurisprudenza (basata sul regolamento n. 17) che il potere d’infliggere sanzioni spettante alla Commissione non è affatto inficiato dalla circostanza secondo cui il comportamento che costituisce l’infrazione e la possibilità che esso produca effetti dannosi siano cessati (9).

42.      Sempre secondo costante giurisprudenza, «il potere [della Commissione] di adottare decisioni [che obbligano le imprese a porre fine all’infrazione constatata e che infliggono loro ammende in caso di infrazione] comporta necessariamente quello di constatare l’infrazione di cui si tratta» (10).

43.      Il regime giuridico è in parte diverso quando non viene inflitta alcuna ammenda e quando l’infrazione è già cessata (in tal caso, non vi è alcuna base che giustifichi un’ingiunzione a porre fine all’infrazione). Credo che quando non vi è imposizione di ammenda o ingiunzione di porre fine all’infrazione, l’accertamento dell’infrazione acquista natura dichiarativa e non può dunque fungere da presupposto necessario all’esercizio dei poteri coercitivi da parte della Commissione.

44.      È solo in tali circostanze (vale a dire, se non viene irrogata alcuna ammenda e se l’infrazione è cessata) che la Commissione è tenuta a dimostrare un legittimo interesse che giustifichi tuttavia la sua decisione volta ad accertare che un’infrazione è stata commessa.

45.      Infatti, il Tribunale ha già correttamente dichiarato che è solamente quando la Commissione non irroga ammende (11) che il suo potere di adottare una decisione che accerti un’infrazione già cessata è condizionato alla dimostrazione di un legittimo interesse a procedere ad una tale constatazione (12). Ragionando al contrario, quando, come nel caso di specie, la Commissione ha il potere di infliggere un’ammenda e la infligge, essa non è tenuta a invocare uno specifico legittimo interesse a constatare l’infrazione. L’imposizione di un’ammenda basta a giustificare la necessità di un accertamento dell’infrazione.

46.      Risulta da quanto precede che la Commissione, quando infligge un’ammenda, ha necessariamente il potere di accertare l’infrazione, anche se essa è già cessata. Inoltre, l’impresa avrà di solito posto fine alla pratica sotto accusa in seguito all’intervento della Commissione, prima che la stessa adotti una decisione.

47.      In tali circostanze, il Tribunale avrebbe dovuto dichiarare che l’applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a), del regolamento n. 1/2003 era sufficiente a giustificare l’accertamento da parte della Commissione dell’infrazione di cui trattasi, anche se già cessata, e, pertanto, a rigettare il motivo della Orange per un motivo diverso da quello dichiarato. Infatti, se non vi è ingiunzione di cessazione, è superfluo citare l’articolo 7 come base giuridica.

48.      Come osserva l’ECTA, il potere della Commissione di infliggere delle ammende, che l’infrazione sia cessata o meno, trova chiaramente la propria base giuridica nell’articolo 23, paragrafo 2, del regolamento n. 1/2003. Infatti, fatto salvo l’obbligo di provare l’intenzionalità o la negligenza della Orange, tale disposizione è formulata in modo ampio e non subordina ad alcuna altra condizione il potere della Commissione di infliggere delle ammende.

49.      Ne consegue che, nonostante il summenzionato errore del Tribunale, il primo motivo deve essere rigettato in quanto infondato.

B.      Sul secondo motivo, relativo a errori di diritto e snaturamento degli elementi del fascicolo in relazione alla valutazione da parte della Commissione dell’impatto dell’infrazione ai fini del calcolo dell’importo dell’ammenda

1.      Sintesi degli argomenti delle parti

50.      La Orange sostiene che il Tribunale ha snaturato la decisione controversa. Lo snaturamento riguarderebbe in primo luogo gli effetti concreti dell’infrazione. Infatti, risulterebbe dal punto 902 della decisione controversa che la Commissione si è basata su tali effetti concreti per calcolare l’importo dell’ammenda, fatto che la stessa avrebbe confermato anche dinanzi al Tribunale riconoscendo che la formulazione di tale considerando, nella misura in cui fa riferimento agli effetti concreti dell’infrazione, costituiva un «errore materiale». Ciononostante, al punto 169 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe affermato che il predetto considerando poteva essere letto solo come facente riferimento «in maniera generale ed astratta, alla natura dell’infrazione».

51.      La tesi del Tribunale non terrebbe conto del chiaro significato delle parole utilizzate in tale considerando, che riguarderebbe in modo specifico gli effetti sulla concorrenza prodotti dal comportamento concreto della Orange sul mercato. Al punto 182 della sentenza impugnata, il Tribunale farebbe inoltre riferimento ad avvenimenti che si sono realmente verificati, rinviando nello specifico al considerando 902 della decisione impugnata, mentre, allo stesso tempo, al punto 169, avrebbe rifiutato di riconoscere che taluni effetti concreti erano stati accertati nella decisione controversa.

52.      Inoltre e in ogni caso, nel ritenere che la Commissione avesse considerato le cose solo in maniera «generale e astratta», il Tribunale avrebbe snaturato la decisione controversa per quanto riguarda i probabili effetti dell’infrazione. Infatti, si dovrebbe constatare che, al considerando 902 della decisione impugnata, la Commissione ha tenuto conto almeno degli effetti probabili per calcolare l’importo dell’ammenda, cosa che avrebbe inoltre ammesso nelle sue memorie dinanzi al Tribunale. Quest’ultimo avrebbe tuttavia ritenuto, erroneamente, che il fatto di tenere conto della natura dell’infrazione non implicasse che fossero presi in considerazione i suoi effetti probabili. Gli effetti probabili, come gli effetti concreti, del comportamento sarebbero degli indicatori essenziali della natura dell’infrazione e, di conseguenza, della sua gravità, la quale non potrebbe valutarsi in astratto. Pertanto, il Tribunale avrebbe dovuto esaminare se la constatazione di tali effetti probabili fosse o meno giustificata. La Orange aggiunge che, dal momento che il Tribunale non ha correttamente esaminato la decisione controversa, la sua analisi della proporzionalità dell’ammenda ne è risultata falsata.

53.      Un altro errore del Tribunale consisterebbe in una violazione del principio della tutela ricorso giurisdizionale effettivo a causa del fatto di aver omesso di valutare se gli effetti dell’infrazione fossero stati correttamente dimostrati dalla Commissione. Di conseguenza, la Orange chiede alla Corte di esercitare la sua competenza di piena giurisdizione per diminuire l’importo dell’ammenda in ragione dell’assenza di elementi concreti sui quali basare un accertamento dell’impatto effettivo.

54.      In ogni caso, il Tribunale si sarebbe erroneamente astenuto dall’esercitare il controllo giurisdizionale che gli incombeva per quanto riguarda la prova degli effetti probabili dell’infrazione.

55.      La Commissione sostiene che tale secondo motivo è irricevibile nella misura in cui la Orange tenta di ottenere dalla Corte una nuova valutazione dei fatti. Tale secondo motivo non risponderebbe nemmeno ai criteri della giurisprudenza relativa allo snaturamento e sarebbe, in ogni caso, infondato nonché inoperante.

56.      A titolo preliminare, la Commissione osserva che la Orange contesta i soli punti da 169 a 173 della sentenza impugnata, ma non i punti 162, 163, 166 e 167, ai sensi dei quali gli orientamenti (del 2006) non impongono che la Commissione tenga conto dell’impatto concreto dell’infrazione sul mercato per fissare l’importo dell’ammenda, né i punti da 176 a 187, in cui il Tribunale avrebbe esaminato la proporzionalità dell’ammenda. Poiché tali punti bastano a sostenere la conclusione del Tribunale, l’argomentazione della Orange sarebbe infondata.

57.      Per quanto riguarda l’asserito snaturamento della decisione controversa, la Commissione sostiene che l’ultima frase del punto 169 della sentenza impugnata deve essere letta congiuntamente con i punti precedenti e seguenti, riguardanti la natura dell’infrazione, la sua estensione geografica, le quote di mercato detenute dalla Orange, l’attuazione dell’infrazione, l’obiettivo della Orange di estromettere la concorrenza e il fatto che la Orange aveva coscienza dell’illiceità del suo comportamento, nonché con le considerazioni esposte nella sezione della decisione controversa dedicata al calcolo dell’importo dell’ammenda. Secondo la giurisprudenza, la Commissione sarebbe stata legittimata a basarsi unicamente su tali elementi per concludere che un fattore di gravità del 10% del valore delle vendite interessate era appropriato. Inoltre, l’ultima frase del punto 902 sarebbe formulata in termini generali e astratti quanto alla capacità intrinseca del comportamento abusivo della Orange di nuocere alla concorrenza e di conseguenza ai consumatori. In considerazione di quanto precede, la presunta contraddizione tra, da una parte, i punti da 169 a 171 della sentenza e, dall’altra, il punto 182, verrebbe meno.

58.      Inoltre, l’argomentazione della Orange ignorerebbe la distinzione tra gli effetti probabili di un comportamento abusivo e il suo impatto concreto sul mercato. I comportamenti adottati dalla Orange sarebbero stati concreti e la loro intensità da un punto di vista concorrenziale sarebbe stata dimostrata ai punti 124 e successivi della sentenza impugnata, che la Orange non contesterebbe.

59.      Un aumento dei prezzi così come una riduzione della scelta e del numero dei prodotti innovativi sarebbero una descrizione del tipo di ripercussioni negative inerenti alle pratiche abusive di esclusione come quelle contestate alla Orange e quest’ultima non avrebbe contestato il fatto che il suo comportamento potesse produrre un effetto di esclusione sui concorrenti.

60.      Inoltre, da un punto di vista logico, un comportamento abusivo in grado di escludere i concorrenti e al quale viene data attuazione non potrebbe che falsare la concorrenza e, in questo modo, arrecare pregiudizio ai consumatori. Pertanto la constatazione effettuata dal Tribunale al punto 169 della sentenza impugnata relativa alla sola frase contestata del considerando 902 della decisione controversa non sarebbe viziata da alcuno snaturamento. La questione relativa a se quest’ultima frase contenesse un refuso non sarebbe pertinente, avendo il Tribunale concluso correttamente che, nella decisione controversa, la Commissione non aveva basato il calcolo dell’importo dell’ammenda sugli effetti concreti dell’infrazione.

61.      Per quanto riguarda la presunta presa in considerazione, nella decisione controversa, degli effetti probabili dell’infrazione nell’esame della natura dell’infrazione, tale parte dell’argomentazione della Orange sarebbe del pari infondata. Sarebbe soltanto in via subordinata, per il caso in cui il Tribunale avesse ritenuto che taluni effetti fossero stati presi in considerazione – fattispecie che non si è verificata – che la Commissione avrebbe indicato che si sarebbe allora trattato di effetti probabili e non concreti. Rinviando ai punti 11, 112 e da 166 a 170 della sentenza impugnata, la Commissione ritiene che il Tribunale, senza snaturare la decisione controversa, abbia considerato, al punto 171 di quest’ultima, che la Commissione non aveva tenuto conto degli effetti probabili in sede di valutazione della gravità del comportamento abusivo della Orange ai fini della fissazione dell’importo dell’ammenda. La conclusione che figura al punto 169 della sentenza impugnata sarebbe, quanto ad essa, corretta in relazione alle considerazioni esposte nella decisione controversa.

62.      Per quanto riguarda i presunti errori di diritto e la violazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva in merito alla valutazione degli elementi di prova prodotti dalla Orange, tale argomentazione dovrebbe, per quanto riguarda gli effetti concreti, essere rigettata poiché, nella sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe correttamente ritenuto che questi ultimi non fossero stati presi in considerazione per determinare l’importo dell’ammenda. Quanto agli effetti probabili, la Orange avrebbe, dinanzi al Tribunale, contestato solo la loro portata. Gli argomenti invocati a tal proposito nell’impugnazione sarebbero irricevibili poiché verterebbero su elementi di fatto, senza che sia dedotto uno snaturamento. Tali argomenti sarebbero inoltre infondati: dal momento che il Tribunale ha, correttamente, constatato che la Commissione non si era specificatamente basata sugli effetti probabili per determinare la gravità dell’infrazione, lo stesso non sarebbe stato tenuto a pronunciarsi sugli elementi avanzati dalla Orange.

63.      Qualora la Corte ritenesse, contrariamente al Tribunale, che gli effetti dell’infrazione siano stati presi in considerazione per determinare l’ammenda, la Commissione sostiene che la decisione controversa deve essere interamente mantenuta. L’impatto concreto di un’infrazione sul mercato dovrebbe essere ritenuto sufficientemente dimostrato se la Commissione è in grado di fornire degli indizi concreti e credibili che indichino con una ragionevole probabilità che l’infrazione ha avuto un’incidenza sul mercato. Nel caso di specie, nella sezione 4.4. del titolo 10 della decisione controversa, la Commissione avrebbe fornito una tale dimostrazione. Inoltre, gli argomenti avanzati nell’impugnazione al fine di dimostrare gli errori che sarebbero stati commessi dalla Commissione nell’accertare gli effetti probabili dell’infrazione non sarebbero pertinenti, poiché riguarderebbero l’esistenza di effetti concreti.

64.      La PIIT sostiene l’argomentazione avanzata dalla Orange. Afferma, inoltre, che la Commissione ha commesso errori sostanziali nella sua valutazione degli effetti dell’infrazione, non tenendo nel debito conto il contesto regolamentare e storico dello sviluppo della banda larga in Polonia, il che avrebbe falsato la sua analisi della gravità dell’infrazione. Il Tribunale avrebbe omesso di censurare tali errori.

65.      L’ECTA è del parere che il Tribunale non ha snaturato la decisione controversa e ha dedotto un’argomentazione analoga a quella presentata dalla Commissione.

2.      Valutazione

66.      La parte della decisione controversa di cui la Orange deduce lo snaturamento è l’ultima frase del suo punto 902, che figura nella sezione di tale decisione dedicata alla fissazione dell’importo di base dell’ammenda, più precisamente nella sottosezione in cui la Commissione valuta la natura dell’infrazione per determinarne la gravità.

67.      Tale punto è formulato come segue: «Analogamente, come descritto alla sezione VIII.1, il comportamento [della Orange] rientra fra i comportamenti abusivi intesi ad eliminare la concorrenza sul mercato al dettaglio o, perlomeno, a ritardare l’ingresso di nuovi operatori o lo sviluppo di tale mercato. Inoltre, come è stato indicato al punto 892, [la Orange] era consapevole del fatto che il suo comportamento era illecito. Ciò ha un impatto negativo sulla concorrenza e sui consumatori, i quali subiscono un aumento dei prezzi, una riduzione della scelta e del numero dei prodotti innovativi».

68.      Non comprendo perché il Tribunale non abbia riconosciuto il fatto che, in quest’ultima frase, la Commissione facesse riferimento agli effetti dell’infrazione sul mercato, considerando, in particolare, che essa aveva basato la sua constatazione dell’abuso sull’esistenza delle probabili ripercussioni sulla concorrenza e sui consumatori, alle quali ha dedicato non meno di 60 punti della decisione controversa.

69.      Inoltre, il motivo proposto dal Tribunale, al punto 170 della sentenza impugnata, per escludere una tale interpretazione, vale a dire il fatto che quest’ultima frase non conteneva alcun rinvio a tale parte della decisione controversa (13), mi sembra particolarmente debole e non convincente.

70.      Ciò detto, ritengo che l’errore principale di diritto commesso dal Tribunale nella sentenza impugnata relativo ad una violazione del principio della tutela giurisdizionale effettiva è quello di aver rifiutato di valutare se gli effetti dell’infrazione erano stati correttamente dimostrati dalla Commissione, e addirittura di esaminare gli argomenti della Orange a tal proposito. Nella misura in cui la Orange affermava che la Commissione si era basata sugli effetti concreti, o addirittura probabili, dell’infrazione in sede di calcolo dell’ammenda, il Tribunale avrebbe dovuto esaminare tali argomenti (e non semplicemente decidere che erano «inoperanti») e verificare se la decisione impugnata contenesse indizi concreti, credibili e sufficienti su tali effetti, alla qual cosa lo stesso non ha manifestamente provveduto.

71.      Ciò è tanto più vero in quanto la Orange ha prodotto dinanzi al Tribunale degli elementi intesi a dimostrare che l’approccio della Commissione era errato. Tali elementi, che la Orange ribadisce analiticamente nella sua impugnazione, non sono stati presi in considerazione dal Tribunale.

72.      Considerato che la Grande Sezione della Corte ha emesso in seguito, il 6 settembre 2017, la sentenza Intel Corp./Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632), sono dell’idea che sia opportuno interpretarla nella misura in cui sia pertinente per la presente causa.

73.      In sintesi, la sentenza Intel Corporation/Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632) è stata emessa su ricorso avverso la sentenza con la quale il Tribunale aveva dichiarato che determinati sconti condizionati e altre restrizioni con effetto di esclusione dal mercato costituivano un abuso di posizione dominante ed erano contrari all’articolo 102 TFUE. La Corte ha annullato la sentenza del Tribunale, ritenendo che il Tribunale non avesse esaminato correttamente la capacità degli sconti fedeltà in questione di restringere la concorrenza (in prosieguo: la «capacità restrittiva»). La Corte ha ritenuto che l’analisi della capacità restrittiva si sarebbe dovuta effettuare nei confronti di tutte le circostanze, esaminando anche tutti gli argomenti e gli elementi di prova in senso contrario presentati dall’impresa perseguita al fine di contestare le conclusioni della Commissione.

74.      Dopo aver citato la sua giurisprudenza, al punto 137 della predetta sentenza (sentenza del 13 febbraio 1979, Hofmann-La Roche/Commissione, 85/76, EU:C:1979:36, punto 89), la Corte dichiara al punto 138 che occorre tuttavia «precisare tale giurisprudenza nel caso in cui l’impresa considerata sostenga nel corso del procedimento amministrativo, sulla base di elementi di prova, che il suo comportamento non era in grado di restringere la concorrenza e, in particolare, di produrre gli effetti di esclusione dal mercato addebitati» (corsivo mio).

75.      In tal caso, secondo il seguente punto (139), «la Commissione è tenuta, non solo ad analizzare, da un lato, l’ampiezza della posizione dominante dell’impresa sul mercato pertinente e, dall’altro, il tasso di copertura del mercato ad opera della pratica concordata, nonché le condizioni e le modalità di concessione degli sconti di cui trattasi, la loro durata e il loro importo, ma deve anche valutare l’eventuale esistenza di una strategia diretta ad escludere dal mercato i concorrenti quantomeno altrettanto efficaci (v., per analogia, sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark, C‑209/10, EU:C:2012:172, punto 29)».

76.      A mio avviso, non si tratta assolutamente di un requisito esclusivamente procedurale.

77.      Ricordiamo anche che, secondo il punto 133 di tale sentenza, «occorre ricordare che l’articolo 102 TFUE non ha assolutamente lo scopo di impedire ad un’impresa di conquistare, grazie ai suoi meriti, una posizione dominante su un dato mercato. Tale disposizione non è diretta neppure a garantire che rimangano sul mercato concorrenti meno efficienti dell’impresa che detiene una posizione dominante (v., in particolare, sentenza del 27 marzo 2012, Post Danmark, C‑209/10, EU:C:2012:172, punto 21 e giurisprudenza ivi citata)» (14).

78.      In ogni caso e per quanto riguarda la presente impugnazione, credo che da quanto precede consegua che, dinanzi ad una decisione con la quale la Commissione accerta l’esistenza di un abuso e procede ad un’analisi della capacità del comportamento di escludere un concorrente o di ostacolare o pregiudicare in qualsiasi altro modo la concorrenza e i consumatori, il Tribunale deve necessariamente esaminare l’insieme degli argomenti della ricorrente diretti a contestare la validità degli accertamenti della Commissione relativi alla capacità della pratica in questione di ostacolare la concorrenza.

79.      In altri termini, i principi utilizzati dalla Corte nella causa Intel Corp./Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632) per valutare la capacità restrittiva di una pratica abusiva sono pertinenti non soltanto quando si tratta di contestare l’accertamento nel merito di un’infrazione (come nella causa che ha dato origine alla sentenza), ma anche quando si tratta di valutare la natura e la gravità dell’infrazione al fine di determinare l’importo dell’ammenda (come nel presente procedimento di impugnazione).

80.      Contrariamente a quanto sostiene la Commissione, la sentenza Intel Corp./Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632) si applica dunque, per analogia, al calcolo dell’importo di base della sanzione prevista all’articolo 23, paragrafo 3, del regolamento n. 1/2003.

81.      Infatti, come sottolinea la dottrina, mentre, nei casi vertenti sulle intese («cartelli») la Commissione non è tenuta a prendere in considerazione, nel calcolo dell’importo dell’ammenda, l’impatto o gli effetti dell’infrazione, l’approccio deve necessariamente essere diverso nel caso di abuso di posizione dominante, non potendo in tal caso basarsi su semplici rules of thumb (15) o essere «formale ed astratto» (punto 169 della sentenza impugnata).

82.      Ovviamente, la Commissione dispone di un margine di discrezionalità nella determinazione dell’importo delle ammende (16), ma tale margine di discrezionalità non può essere illimitato. Taluni principi devono essere presi in considerazione nella suddetta determinazione, in particolar modo i principi di parità di trattamento e di proporzionalità, pena un’eccessiva estensione del margine di discrezionalità che conduce all’incertezza giuridica. Infatti, il principio di proporzionalità costituisce un limite importante del margine di discrezionalità della Commissione nella fissazione dell’importo delle ammende.

83.      Nelle conclusioni nella causa Dansk Rørindustri e a./Commissione (C‑189/02 P, EU:C:2004:415, punti 129, 130 e 132), l’avvocato generale Tizzano aveva già sottolineato la necessità di prevenire certi rischi. Ne ho estratto due passaggi: «(…) non posso non osservare che proprio l’esame fin qui condotto [nella suddetta causa] rivela che il metodo di calcolo applicato dalla Commissione presenta qualche rischio sotto il profilo dell’equità del sistema» (punto 129) e «[n]on mi pare, infatti, pienamente coerente con le esigenze di individualizzazione e di gradazione della “pena” – due principi cardini di qualunque sistema sanzionatorio, in ambito sia penale sia amministrativo – il fatto che, come nei casi di specie, una parte delle operazioni di calcolo rivesta carattere essenzialmente formale ed astratto e quindi non si ripercuota concretamente sull’importo finale dell’ammenda[rileviamo qui l’approccio formale e astratto ripreso al punto 169 della sentenza impugnata]. Né si può ignorare che, per lo stesso motivo, l’obiettivo di maggiore trasparenza perseguito dagli Orientamenti rischia di non essere pienamente raggiunto» (punto 130, corsivo mio). L’avvocato generale aggiunge di dubitare del fatto che le ammende siano quindi conformi alle esigenze di ragionevolezza ed equità delle sanzioni (punto 133).

84.      Inoltre, il margine di discrezionalità di cui dispone la Commissione per le ammende deve essere applicato nei limiti (e secondo i requisiti) del regolamento n. 1/2003, e in particolar modo del suo articolo 23, paragrafo 3: «[p]er determinare l’ammontare dell’ammenda occorre tener conto, oltre che della gravità dell’infrazione, anche della sua durata» (il corsivo mio), sia per aumentare sia per diminuire l’ammenda (e ciò contrariamente agli orientamenti del 2006 che prevedono di tenere conto degli effetti dell’infrazione solo per aumentare l’importo dell’ammenda) (17).

85.      Orbene, tali aspetti non possono essere valutati che caso per caso, prendendo in considerazione tutte le circostanze di una determinata causa e non solamente sulla base di un approccio «formale e astratto» (punto 169 della sentenza impugnata) (18).

86.      Quanto precede è confermato dalla sentenza Intel Corp./Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632) nella misura in cui: sotto un primo profilo un abuso di posizione dominante ai sensi dell’articolo 102 TFUE non può essere accertato in astratto, sotto un secondo profilo è necessario un esame approfondito di tutte le circostanze del caso (punto 142 della suddetta sentenza) e sotto un terzo profilo, come sottolinea l’avvocato generale Wahl nelle sue conclusioni (19), «il grado di probabilità richiesto per accertare che il comportamento addebitato configuri un abuso di posizione dominante [dovrebbe essere “probabile” e non] consiste[re] unicamente nella mera possibilità teorica di un effetto preclusivo, come sembra suggerire la Commissione».

87.      Il ragionamento della Corte nella sentenza Intel Corp./Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632) relativo all’infrazione dovrebbe essere applicato in modo analogo all’analisi della natura e, di conseguenza, della gravità dell’infrazione, al fine di determinare l’importo dell’ammenda.

88.      Nel caso di specie, la Orange ha sollevato degli argomenti concreti che spiegano perché la natura e la gravità del comportamento in causa non giustificavano l’importo dell’ammenda.

89.      La natura e, di conseguenza, la gravità dell’infrazione dipendono in gran parte della propensione della Orange ad eliminare la concorrenza sul mercato al dettaglio della banda larga in Polonia e, pertanto, a colpire negativamente la concorrenza e i consumatori.

90.      La Orange sottolinea che, nella decisione controversa, la Commissione ha proceduto ad un’analisi limitata della sua tesi relativa al pregiudizio, esponendo la sua valutazione degli effetti concreti o probabili dell’infrazione. Nel corso della procedura amministrativa, la Orange ha presentato elementi di prova e argomenti per individuare i principali errori della Commissione nella valutazione degli effetti pregiudizievoli.

91.      Ne consegue – come conferma la sentenza Intel Corp./Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632) – che il Tribunale non poteva scegliere di ignorare gli argomenti della ricorrente e, nella fattispecie, avrebbe dovuto esaminare tutti gli elementi di prova e gli argomenti avanzati dalla Orange diretti a contestare la validità delle conclusioni della Commissione sulla capacità della pratica interessata di incidere negativamente sulla concorrenza in Polonia.

92.      Orbene, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha rifiutato di esaminare i motivi della Orange relativi al fatto che la Commissione non aveva valutato correttamente gli effetti concreti o probabili dell’infrazione della ricorrente o non aveva prodotto in tale valutazione elementi specifici, credibili e sufficienti che giustificassero in particolar modo l’utilizzo della soglia del 10% per il calcolo dell’importo di base dell’ammenda.

93.      Il Tribunale ha respinto tutti gli argomenti della Orange, considerando che la Commissione non aveva tenuto conto degli effetti concreti degli effetti probabili dell’infrazione e che aveva semplicemente analizzato la natura dell’infrazione «in maniera generale e astratta», e ritenendo che il comportamento fosse in grado di incidere negativamente sulla concorrenza e sui consumatori (v. la sentenza impugnata, punto 169), essendo per il medesimo sufficiente un tale approccio aleatorio, impreciso e ipotetico.

94.      Il Tribunale ne ha tratto la conclusione che non fosse necessario esaminare gli argomenti della ricorrente relativi agli errori che la Commissione avrebbe commesso nella valutazione degli effetti anticoncorrenziali concreti o probabili, poiché erano «inoperanti» (v. la sentenza impugnata, punto 173).

95.      Credo (al pari della Orange) che sia sorprendente constatare che, ai punti 25 e 26 della sua controreplica, la Commissione sostiene le conclusioni del Tribunale contenute al punto 169 della sentenza impugnata, affermando che «(…) è dunque corretto che il comportamento di Orange era in grado di incidere negativamente sulla concorrenza e i consumatori (…) In un caso come quello di specie, gli effetti anticoncorrenziali, quantomeno quelli probabili, sono intrinseci. (…) un comportamento abusivo in grado di escludere i concorrenti e al quale è data attuazione nonpuò che falsare la concorrenza e in tal modo arrecare pregiudizio ai consumatori» (il corsivo è mio).

96.      Ciò rivela l’approccio formalista adottato dalla Commissione per eludere l’onere della prova sulla semplice base di deduzioni o ipotesi piuttosto che con riferimento a prove degli effetti e senza un rifiuto debitamente motivato delle controdeduzioni della parte in causa.

97.      Sottoscrivendo l’approccio della Commissione, il Tribunale non ha verificato, da un lato, se i fatti invocati dalla Commissione per concludere che l’infrazione era di natura tale da incidere negativamente sulla concorrenza fossero stati correttamente esposti, e, dall’altro lato, se la Commissione avesse commesso un errore di valutazione nella sua stima della portata e delle probabilità di effetti negativi e se le conseguenze giuridiche tratte da tali fatti fossero corrette.

98.      Tale approccio astratto è contrario ai requisiti probatori già ricordati dall’avvocato generale Wahl nelle sue conclusioni nella causa Intel Corporation/Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2016:788, paragrafi da 114 a 121) e alle quali non posso che associarmi: «tale capacità [anticoncorrenziale] non può essere solo ipoteticamente o teoricamente possibile» e «lo scopo della valutazione della capacità [anticoncorrenziale] è di verificare se, con tutta probabilità, il comportamento addebitato abbia un effetto di preclusione anticoncorrenziale» e «la valutazione della capacità [restrittiva della concorrenza] per quanto riguarda un comportamento che si presume illegittimo, deve essere intesa nel senso di verificare se, tenuto conto di tutte le circostanze, il comportamento in questione non abbia solo effetti ambivalenti nel mercato (…) bensì che i suoi presunti effetti restrittivi siano concretamente confermati» (il corsivo è mio).

99.      Sulla stessa linea, mi associo alle conclusioni dell’avvocato generale Mazák nella causa Deutsche Telekom/Commissione (C‑280/08 P, EU:C:2010:212, paragrafo 64), e nella causa TeliaSonera Sverige (C‑52/09, EU:C:2010:483, paragrafi da 39 a 40) (20), che contengono requisiti analoghi.

100. Ritengo (al pari della Orange) che l’approccio del Tribunale nella sentenza impugnata sia inoltre incompatibile con l’affermazione fatta dalla Corte, ai punti da 138 a 146 della sentenza Intel Corp./Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632), secondo cui «incombe» alla Commissione e, a sua volta, al Tribunale «esaminare tutti gli argomenti della parte ricorrente diretti a rimettere in discussione la fondatezza delle constatazioni raggiunte dalla Commissione quanto alla capacità di preclusione dal mercato del sistema [di abuso] considerato» (il corsivo è mio) (21).

101. Pertanto, l’approccio adottato dal Tribunale nella sentenza impugnata è analogo a quello censurato dalla Corte nella sentenza Intel Corp/Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632) (così come dall’avvocato generale Wahl in detta causa), come già era avvenuto nella causa di primo grado che ha dato origine alla sentenza del 10 luglio 2014, Telefónica e Telefónica de España/Commissione (C‑295/12 P, EU:C:2014:2062) e che avevo criticato nelle mie conclusioni nella predetta causa(C‑295/12 P, EU:C:2013:619).

102. Tale approccio del Tribunale è anche contrario al punto 20 degli orientamenti sulle ammende del 2006, ai sensi del quale «la gravità sarà valutata caso per caso per ciascun tipo di infrazione, tenendo conto di tutte le circostanze rilevanti» (22).

103. Il rifiuto del Tribunale di procedere ad un esame completo e dettagliato degli argomenti e degli elementi di prova presentati dalla Orange equivale anche ad un’assenza di controllo appropriato e completo della legalità della decisione controversa ai sensi dell’articolo 263 TFUE (23).

104. Inoltre, il Tribunale ha commesso un’applicazione errata del criterio di proporzionalità dell’ammenda rispetto alla natura e, dunque, alla gravità dell’infrazione, privando così la Orange di una tutela giurisdizionale effettiva.

105. Infatti, un’ammenda non può essere considerata proporzionata se gli elementi che determinano l’importo descritti nella decisione controversa (soprattutto se si tratta della natura e, dunque, della gravità dell’infrazione) non sono correttamente esaminati (24) dal Tribunale, che non si può limitare a un controllo di conformità agli orientamenti e deve verificare esso stesso l’adeguatezza della sanzione di cui trattasi (25).

106. Nella sentenza Intel Corp./Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2017:632), la Corte ha chiaramente ricordato che anche un comportamento su cui si possono avere dei dubbi in materia di concorrenza non può essere condannato in quanto tale.

107. Ciò detto, è possibile che la Commissione possa, nella fattispecie, in fin dei conti avere la meglio, ma non prima che il Tribunale abbia esaminato gli argomenti sollevati dalla Orange nel contesto della seconda parte del terzo motivo sollevato in primo grado.

108. Pertanto, il secondo motivo mi sembra fondato. La sentenza impugnata deve dunque essere annullata e la causa rinviata al Tribunale affinché esamini gli argomenti sollevati dalla Orange.

C.      Sul terzo motivo, relativo agli errori di diritto e di snaturamento degli elementi del fascicolo per non aver considerato, come circostanza attenuante, gli investimenti realizzati dalla Orange

1.      Sintesi degli argomenti delle parti

109. La Orange sostiene che, nel respingere la sua argomentazione secondo cui la Commissione avrebbe dovuto qualificare come circostanza attenuante gli investimenti che ha effettuato al fine di migliorare la rete fissa a banda larga in Polonia, il Tribunale ha snaturato gli elementi del fascicolo e commesso diversi errori di diritto e/o errori manifesti di valutazione, ognuno dei quali avrebbe dovuto comportare una riduzione dell’importo dell’ammenda.

110. In primo luogo, alla fine del punto 208 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe correttamente respinto l’argomento della Commissione avanzato al punto 915 della decisione controversa, dichiarando che è irrilevante, ai fini della qualificazione come circostanza attenuante, se detti investimenti modifichino o meno la natura dell’infrazione. Tuttavia, ai punti da 192 a 209 della sentenza impugnata, il Tribunale si sarebbe discostato dalla motivazione adottata nella decisione controversa per non qualificare tali investimenti come circostanza attenuante e vi avrebbe sostituito il proprio ragionamento. Così facendo, non avrebbe rispettato la norma che impone, nel quadro del controllo di legittimità di cui all’articolo 263 TFUE, di non sostituire la propria motivazione a quella dell’autore dell’atto impugnato.

111. In secondo luogo il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto e/o un errore manifesto di valutazione decidendo che gli investimenti in questione non potevano essere qualificati come misura riparatoria. Da una parte, contrariamente a quanto dichiarato ai punti da 199 a 201 della sentenza impugnata, si potrebbe dedurre dalla sentenza del 30 aprile 2009, Nintendo e Nintendo of Europe/Commissione (T‑13/03, EU:T:2009:131), e dalle decisioni delle autorità nazionali per la concorrenza, che la nozione di riparazione può riguardare gli effetti benefici in natura anziché finanziari, anche se indiretti. L’articolo 18, paragrafo 3, della direttiva 2014/104 lo confermerebbe. Dall’altra parte, sarebbe stato impossibile, nel caso di specie, quantificare e assegnare con precisione ed efficacia dei risarcimenti diretti. Così, se la Orange non avesse unilateralmente effettuato gli investimenti in causa, di cui l’UKE e le OA avrebbero riconosciuto l’importanza e gli effetti benefici, poche persone avrebbero ottenuto un risarcimento. Inoltre, ai punti da 204 a 206 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe considerato erroneamente che tali effetti benefici derivavano dall’accordo con l’UKE e non dai suddetti investimenti.

112. In terzo luogo il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto e snaturato gli elementi del fascicolo considerando, al punto 202 della sentenza impugnata, che gli investimenti erano motivati dalla volontà della Orange di evitare la separazione funzionale prospettata dall’UKE. Nessun argomento relativo alle ragioni che hanno condotto la Orange a concludere l’accordo con l’UKE figurerebbe dagli atti o nella decisione controversa e, salvo a procedere ad una irregolare sostituzione dei motivi e ad una violazione dell’equità e dei diritti di difesa, il Tribunale non avrebbe potuto sostituire il proprio ragionamento a quello della Commissione. Inoltre, tali investimenti sarebbero stati volontari, come riconosciuto dalla Commissione stessa al punto 140 della decisione controversa.

113. In quarto luogo, il Tribunale avrebbe ritenuto erroneamente, al punto 203, della sentenza impugnata, che gli investimenti in causa non erano che «un elemento normale del commercio». Tale affermazione contraddirebbe la constatazione effettuata al punto 202 di tale sentenza, dato che gli stessi investimenti non potrebbero essere contemporaneamente il risultato di una minaccia di intervento regolamentare e un elemento del commercio. In ogni caso, tali investimenti non sarebbero stati effettuati nella prospettiva di un rendimento, in quanto alcuni non sono economicamente redditizi, ma al fine di risarcire il danno subito dalle vittime del comportamento illecito.

114. Inoltre, le circostanze attenuanti non costituirebbero una categoria chiusa e l’assenza di un precedente giurisprudenziale non costituirebbe un ostacolo all’ammissione dell’esistenza di una circostanza attenuante.

115. La Commissione osserva che il motivo di cui trattasi dovrebbe essere respinto in quanto inoperante e/o irricevibile.

116. Inoltre, detto motivo non sarebbe fondato, non avendo la Orange dimostrato che, ai sensi del quadro giuridico applicabile, il Tribunale era tenuto a considerare gli investimenti in questione come una misura riparatoria.

117. In primo luogo la Commissione disporrebbe di un margine di discrezionalità nella determinazione dell’importanza di un’eventuale riduzione dell’importo di un’ammenda a titolo di circostanze attenuanti.

118. In secondo luogo il Tribunale non si sarebbe basato su «nuovi motivi che giustificano il rifiuto della Commissione» di diminuire l’importo dell’ammenda.

119. In terzo luogo l’affermazione del Tribunale secondo cui gli investimenti erano motivati dalla volontà di evitare delle sanzioni regolamentari risulterebbe dal suo esame degli elementi di prova relativi alla minaccia di una separazione funzionale invocata dalla Commissione nella decisione controversa. Non avrebbe né concluso che il rischio di separazione funzionale fosse l’unico motivo della sottoscrizione dell’accordo con l’UKE né negato il carattere volontario di tali investimenti.

120. In quarto luogo il Tribunale non avrebbe commesso un errore ritenendo che gli investimenti e i loro eventuali effetti benefici facessero parte dell’accordo concluso con l’UKE.

121. La PIIT sostiene, analogamente alla Orange, che gli investimenti in questione hanno natura di rimedi, come risulterebbe dagli elementi di fatto esposti nelle osservazioni presentate dalla PIIT dinanzi al Tribunale. Di conseguenza, il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto nel non tenerne conto come circostanza attenuante. Inoltre, avrebbe commesso un errore nella sua valutazione degli elementi di prova prodotti dalla PIIT e ne avrebbe snaturato il contenuto, in particolare affermando, al punto 204 della sentenza impugnata, che gli argomenti dedotti dalla PIIT nella sua memoria erano contraddetti dai documenti ad essa allegati. Inoltre, al punto 206 della sentenza impugnata, avrebbe erroneamente ritenuto che gli effetti benefici per gli OA e gli utenti finali dovessero essere attribuiti esclusivamente all’accordo con l’UKE e non a tali investimenti.

122. L’ECTA presenta, in sostanza, un’argomentazione analoga a quella presentata dalla Commissione.

2.      Valutazione

123. Sono del parere che tale motivo sia irricevibile nella misura in cui, in realtà, la Orange censura la valutazione dei fatti operata dal Tribunale e invita la Corte a procedere al riesame dei fatti accertati dal medesimo.

124. La Orange contesta infatti la conclusione del Tribunale sulle motivazioni della Orange al fine di intraprendere gli investimenti in questione, sulla loro natura e sulle loro possibili conseguenze. Tutti questi elementi sono elementi di fatto. In conformità alla giurisprudenza della Corte «una (…) conclusione di fatto rientra nel potere discrezionale del Tribunale al quale la Corte non può sostituirsi nell’ambito del controllo dalla stessa effettuato» (ordinanza del 15 giugno 2012, Otis Luxembourg e a./Commissione, C‑494/11 P, non pubblicata, EU:C:2012:356, punto 48).

125. Inoltre, tale motivo mi sembra infondato.

126. Se è vero che, nell’ambito del controllo di legittimità previsto ai sensi dell’articolo 263 TFUE, il Tribunale è autorizzato ad esaminare e ad utilizzare gli elementi di prova che gli sono forniti dalle parti (26), tuttavia, per costante giurisprudenza, in tale ambito i giudici dell’Unione non possono, comunque, sostituire la propria motivazione a quella dell’autore dell’atto impugnato (27).

127. Di contro, nell’esercizio della propria competenza di piena giurisdizione il giudice dell’Unione è autorizzato, al di là del mero controllo di legittimità della sanzione, a sostituire, al fine della determinazione dell’importo di tale sanzione, la propria valutazione a quella dell’autore dell’atto in cui detto importo è stato inizialmente fissato, ma la portata di tale competenza di piena giurisdizione tuttavia rigorosamente limitata alla determinazione dell’importo dell’ammenda (28).

128. Muovendo da tali principi, condivido le conclusioni del Tribunale.

129. Infatti, il Tribunale si è basato in questo caso sulla propria valutazione della decisione controversa nonché sulle osservazioni presentate dalle parti nel corso del procedimento (29). Tali constatazioni sono state effettuate in risposta agli argomenti della Orange, che facevano riferimento proprio a tali cause. La Orange non può dunque sostenere che il Tribunale abbia sostituito la propria motivazione a quella della Commissione a tal riguardo.

130. Inoltre, la conclusione del Tribunale, secondo cui gli investimenti erano motivati dalla volontà di evitare sanzioni come la separazione funzionale, è chiaramente basata su un certo numero di elementi contenuti nella decisione impugnata (30). La Orange era a conoscenza di tali elementi di prova e non li ha mai contestati.

131. Inoltre, per quanto riguarda anche la constatazione del Tribunale secondo cui gli investimenti in questione costituivano «un elemento (…) del commercio» e «[erano] effettuati nella prospettiva di un rendimento», non si può sostenere che il Tribunale abbia sostituito il proprio ragionamento a quello della Commissione. Nell’esercizio del controllo eseguito per accertare se la Commissione avesse commesso un errore, il Tribunale ha, al contrario, risposto agli argomenti dedotti dalla Orange anche alla luce degli elementi di prova presentati dalle parti. Infatti, sia la replica della Commissione (punto 133) sia la controreplica (punto 64) contengono elementi che hanno permesso al Tribunale di respingere gli argomenti della ricorrente e di concludere che gli investimenti realizzati dalla Orange erano stati in realtà effettuati nell’interesse proprio di quest’ultima. Inoltre, la decisione controversa contiene un certo numero di elementi che mostrano l’importanza di un costante sforzo di investimento nel settore delle telecomunicazioni (punto 807 della decisione impugnata) nonché degli incentivi generali della Orange (economie di scala) a investire (punto 661 della medesima decisione).

132. Infine, ritengo (al pari della Commissione) che il Tribunale non si sia fondato su «nuovi motivi che giustificano il rifiuto della Commissione» di diminuire l’importo dell’ammenda. Tutti gli elementi presi in considerazione dal Tribunale così come tutti i motivi addotti per non aver qualificato gli investimenti in questione come circostanze attenuanti sono il risultato delle memorie presentate e della decisione controversa. Inoltre, nel decidere di non modificare l’importo dell’ammenda, il Tribunale ha semplicemente esercitato la sua competenza di piena giurisdizione.

133. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla Orange, il Tribunale non ha concluso, ai punti 204-206 della sentenza impugnata, che non vi erano effetti benefici attribuibili agli investimenti in questione. Sulla base della propria analisi dei documenti utilizzati dalla Commissione, il Tribunale ha constatato che alcuni di essi hanno confermato che sia gli OA che l’UKE avevano riconosciuto gli effetti benefici degli investimenti. Il Tribunale ha anche riconosciuto, al punto 203 della sentenza impugnata, la possibile esistenza di alcuni vantaggi indiretti per gli utenti finali e gli OA. Tuttavia, ha ritenuto che detti effetti benefici non fossero tali da rendere erronea la valutazione della Commissione sul rifiuto di riconoscere il beneficio delle circostanze attenuanti alla Orange o, in ogni caso, da giustificare una diminuzione dell’importo dell’ammenda a tale titolo, il che è fondamentalmente diverso dal mancato riconoscimento di effetti benefici.

134. Secondo la Orange (impugnazione, punto 64), l’errore di diritto e l’errore manifesto di valutazione nella valutazione delle circostanze attenuanti sono collegati alla conclusione che: in primis, solo una compensazione finanziaria diretta può costituire una misura riparatoria e, in secundis, gli investimenti in questione non sono destinati a risarcire terzi.

135. Non posso condividere tale tesi. In primo luogo, per giurisprudenza costante dell’Unione, gli orientamenti non indicano in modo imperativo le circostanze attenuanti che la Commissione sarebbe tenuta a prendere in considerazione. Di conseguenza, la Commissione conserva un certo potere discrezionale per valutare in maniera globale l’importanza di un’eventuale riduzione dell’importo delle ammende a titolo di circostanze attenuanti (31). Pertanto, gli orientamenti del 2006 contengono un elenco non esaustivo dei fattori che la Commissione può decidere di prendere in considerazione come circostanze attenuanti.

136. Si può inoltre rilevare che è sempre più eccezionale che la Commissione prenda in considerazione delle circostanze attenuanti per diminuire l’importo di base dell’ammenda, soprattutto dopo l’adozione degli orientamenti del 2006 (32).

137. In secondo luogo, i giudici dell’Unione e la Commissione non hanno mai ammesso che investimenti come quelli oggetto del caso di specie possano essere considerati come circostanze attenuanti che giustificano la riduzione del livello dell’importo di un’ammenda.

138. Nella sua unica sentenza riguardante la possibilità di accordare una riduzione dell’importo dell’ammenda in ragione di indennizzi versati (33), il Tribunale ha ammesso che, in circostanze eccezionali, sia tenuto conto «degli indennizzi (…) offerti [dall’impresa di cui trattasi] ai terzi danneggiati dall’[infrazione] indicati nella comunicazione degli addebiti».

139. In tale causa, la Commissione ha deciso di diminuire l’importo dell’ammenda irrogata alla Nintendo di EUR 300 000 al fine di tenere conto degli indennizzi, per un importo totale di EUR 375 000, da essa corrisposti ai terzi indicati nella comunicazione degli addebiti come danneggiati finanziariamente dal comportamento illecito (34). È inoltre pertinente a tal proposito la causa Independent Schools (decisione dell’autorità garante della concorrenza del Regno Unito del 20 novembre 2006, causa CA 98/05/2006) citata dal Tribunale al punto 201 della sentenza impugnata.

140. Inoltre, fino ad oggi, nella prassi decisoria della Commissione, non vi è alcuna indicazione di un approccio più clemente. In particolare, nella sua decisione relativa al caso intesa tubi preisolati (35), la Commissione ha deciso di diminuire l’ammenda di uno dei partecipanti all’intesa in ragione del «risarcimento sostanziale» da esso versato all’impresa identificatanella comunicazione degli addebiti come quella contro cui gli autori dell’infrazione avevano intrapreso iniziative concordate per danneggiare le sue attività, limitare tali attività al territorio di uno Stato membro o semplicemente per estromettere l’impresa dal mercato.

141. Infine, come sottolinea la Commissione, gli investimenti in questione non hanno avuto alcun legame con l’infrazione e non erano diretti a indennizzare, per quanto riguarda gli OA e gli utilizzatori finali, gli eventuali danni che avevano subito.

142. Ritengo che questo scenario non si possa escludere categoricamente, ma resta il fatto che se gli investimenti effettuati da un’impresa in posizione dominante nella propria infrastruttura, dopo l’infrazione, fossero «automaticamente» considerati come circostanza attenuante, l’effetto deterrente delle ammende sarebbe compromesso.

143. Come sottolineato dalla Commissione, l’articolo 18, paragrafo 3, della direttiva 2014/104 conferma solamente che le autorità garanti della concorrenza hanno il potere discrezionale di considerare i pagamenti diretti versati ai soggetti danneggiati come circostanze attenuanti e che, in linea di principio, il solo risarcimento che può essere preso in considerazione è un risarcimento pecuniario diretto versato alla parte lesa.

144. Infine, il Tribunale non ha commesso errori ritenendo che gli investimenti e i loro eventuali effetti benefici facessero parte dell’accordo concluso con l’UKE. Inoltre, alla luce degli elementi che gli erano stati presentati, ha potuto concludere giustamente che, anche supponendo che gli investimenti in questione avessero avuto gli effetti positivi aggiuntivi invocati dalla Orange, essi non hanno costituito un risarcimento che potesse essere preso in considerazione dalla Commissione.

145. Ne consegue che il terzo motivo deve essere respinto in quanto irricevibile e, comunque, infondato.

IV.    Sulle spese

146. Poiché la causa viene rimessa dinanzi al Tribunale, occorre riservarsi sulle spese relative al presente procedimento d’impugnazione.

V.      Conclusione

147. Per tali motivi, propongo alla Corte di decidere come segue:

–        annullare la sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 17 dicembre 2015, Orange Polska/Commissione (T‑486/11, EU:T:2015:1002), nella parte in cui il Tribunale ha commesso un errore di diritto in quanto non ha esaminato gli argomenti sollevati dalla Orange Polska S.A. nel contesto della seconda parte del terzo motivo in primo grado, relativi all’esistenza di errori che viziano le conclusioni della Commissione sull’impatto della violazione sui mercati interessati, contravvenendo così ai principi della tutela giurisdizionale effettiva e di proporzionalità dell’ammenda,

–        respingere l’impugnazione per il resto, e

–        rinviare la causa al Tribunale per un nuovo esame dell’argomentazione alla base del secondo motivo di impugnazione e riservarsi sulle spese.


1      Lingua originale: il francese.


2      Decisione del 22 giugno 2011, relativa ad un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE (Caso COMP/39.525 – Telekomunikacja Polska) (in prosieguo: la «decisione controversa»).


3      Benché la decisione controversa riguardi la Telekomunikacja Polska e la sua trasformazione in Orange abbia avuto luogo dopo la chiusura della fase scritta del procedimento dinanzi al Tribunale, è sufficiente che le presenti conclusioni, ai fini del ricorso e a fini di semplificazione, facciano riferimento solo alla Orange.


4      L’autorità inizialmente costituita è stata sostituita, a partire dal 16 gennaio 2006, dall’Urząd Komunikacji Elektronicznej (Ufficio delle comunicazioni elettroniche; in prosieguo: la «UKE»).


5      Regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio, del 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato (GU 2003, L 1, pag. 1).


6      Direttiva 2014/104/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea (GU 2014, L 349, pag. 1).


7      Regolamento n. 17 del Consiglio, del 21 febbraio 1962, primo regolamento di applicazione degli articoli [101 e 102 TFUE] (GU 1962, 13, pag. 204).


8      Sentenza del 2 marzo 1983, GVL/Commissione (7/82, EU:C:1983:52).


9      V., in tal senso, la sentenza del 15 luglio 1970, ACF Chemiefarma/Commissione (41/69, EU:C:1970:71, punti da 171 a 175).


10      V. la sentenza del 2 marzo 1983, GVL/Commissione (7/82, EU:C:1983:52, punti 22 e 23). V. inoltre la sentenza del 6 ottobre 2005, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione (T‑22/02 e T‑23/02, EU:T:2005:349, punti 61 e 131).


11      Quale che ne sia la ragione, in particolare, perché è decorso il termine di prescrizione di cinque anni o perché la Commissione ritiene che il comportamento in questione non giustifichi l’imposizione di un’ammenda.


12      Sentenze del 6 ottobre 2005, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione (T‑22/02 e T‑23/02, EU:T:2005:349, punti 131 e 132) e del 16 novembre 2006, Peróxidos Orgánicos/Commissione (T‑120/04, EU:T:2006:350, punto 18).


13      Vale a dire, quello in cui la Commissione ha presentato le sue osservazioni sugli effetti probabili dell’infrazione.


14      V., inoltre Coates, K., The Intel CJ Ruling:More Than A Nudge Towards Economic Analysis, Competition Policy International, ottobre 2017, pag. 4.


15      V., Lianos, I. e Geradin, D., Handbook on European Competition Law – Enforcement and Procedure, Edward Elgar, Cheltenham, 2013, pag. 359. V., inoltre, Al-Ameen, A., Antitrust Fines-Seeking Justice, CompetitionLaw Review, 2010, n. 7, pagg. 83 e 88.


16      V., tra l’altro, sentenza del 20 marzo 2002, LR AF 1998/Commissione (T‑23/99, EU:T:2002:75, punto 231).


17      V., il punto 31 degli orientamenti («[l]a Commissione terrà inoltre conto della necessità di aumentare la sanzione per superare l’importo degli utili illeciti realizzati tramite l’infrazione, qualora la stima di tale importo sia possibile»). L’approccio che propongo è analogo a quello delle sentenze del 20 giugno 1978, Tepea/Commissione (28/77, EU:C:1978:133, punti 66 e 67); dell’11 marzo 1999, Thyssen Stahl/Commissione (T‑141/94, EU:T:1999:48, punto 646); del 9 luglio 2009, Peugeot e Peugeot Nederland/Commissione (T‑450/05, EU:T:2009:262, punti da 301 a 305, 328 e 329), e del 1o luglio 2010, AstraZeneca/Commissione (T‑321/05, EU:T:2010:266, punto 905), e, per quanto riguarda l’esame delle circostanze attenuanti, le sentenze del 6 aprile 1995, Martinelli/Commissione (T‑150/89, EU:T:1995:70, punto 60), e dell’11 marzo 1999, Cockerill-Sambre/Commissione (T‑138/94, EU:T:1999:47, punto 572).


18      L’approccio che propongo è già applicato dalla giurisprudenza e dalla prassi di taluni Stati membri: si veda una sentenza importante del tribunale speciale per la concorrenza del Regno Unito (il Competition Appeal Tribunal, Tribunale competente in materia di concorrenza, Regno Unito) in «Construction Bid Rigging» Case No. 1114-1119-1127-1129-1132-1133/1/1/09 (2011) CAT 3, paragrafo 102; v. anche il progetto di nuovi orientamenti per il calcolo degli importi delle ammende dell’autorità garante della concorrenza del Regno Unito, che tiene conto degli effetti nel fissare gli importi delle ammende (https://www.gov.uk/government/consultations/ca98-penalties-guidance). Ci si può orientare, per analogia, ai principi applicati nel diritto penale, in cui l’impatto, o addirittura la mancanza di un impatto, svolge un ruolo importante (v. ad esempio la «Guideline – Overarching Principles: Seriousness» del Sentencing Guidelines Council britannico, 2004, pagg. 3-4). V. altresì Lianos e Geradin, op. cit., pagg. 359 e 360.


19      Conclusioni dell’avvocato generale Wahl nella causa Intel Corporation/Commissione (C‑413/14 P, EU:C:2016:788, punto 118).


20      V., inoltre, la causa Meo – Serviços de Comunicações e Multimédia (C‑525/16), attualmente pendente, e le conclusioni dell’avvocato generale Wahl in detta causa (EU:C:2017:1020), che sono già disponibili.


21      Come osserva la dottrina (Venit, J.S., «The judgment of the European Court of Justice in Intel v Commission: a procedural answer to a substantive question?», European Competition Journal, pag. 11), «The Court’s ruling, which decisively rejects the position advocated by the Commission and supported by the General Court, establishes that, whether or not the rebate is conditioned on exclusivity, facts do matter in competition cases and that it would be a grave error not to consider all the relevant facts, at least in cases where there is a plausible claim, based on these facts, that the dominant firm’s conduct may not have been capable of foreclosing its rivals. (…) the Court came down squarely against the Commission and the General Court by rejecting the “facts are irrelevant approach” at least where the defendant, with supporting evidence, submits that its conduct was not capable of producing the alleged foreclosure effects» e «the General Court is required to examine all of the defendant’s arguments concerning the application of the test» (il corsivo è mio).


22      Il punto 19 di detti orientamenti stabilisce che «[l]’importo di base dell’ammenda sarà legato ad una proporzione del valore delle vendite, determinata in funzione del grado di gravità dell’infrazione, moltiplicata per il numero di anni dell’infrazione» e il punto 22 ai sensi del quale «per decidere se la proporzione del valore delle vendite da prendere in considerazione in un determinato caso debba situarsi sui valori minimi o massimi all’interno della forcella prevista, la Commissione terrà conto di un certo numero di fattori, quali la natura dell’infrazione, la quota di mercato aggregata di tutte le imprese interessate, l’estensione geografica dell’infrazione e se sia stata data attuazione o meno alle pratiche illecite».


23      Sentenza dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione, C‑272/09 P, EU:C:2011:810, punti da 129 a 133.


24      V. le mie conclusioni nella causa Telefónica e Telefónica de España/Commission (C‑295/12 P, EU:C:2013:619, paragrafi 107 e segg.). Come rileva la dottrina (Forrester, I.S., «A challenge for Europe’s judges: the review of fines in competition cases», European Law Review, vol. 36, n. 2, 2011, pagg. 185 e 197), «review [of fines should ask] whether the punishment imposed on an undertaking corresponded to the individual gravity of misconduct».


25      V., in tal senso, la sentenza dell’8 dicembre 2011, Chalkor/Commissione (C‑386/10 P, EU:C:2011:815, punto 78). Inoltre, un sistema di fissazione delle ammende che tenga conto dell’effetto o dell’impatto dell’infrazione sarebbe più coerente con il principio di proporzionalità, il quale richiede che «penalties should come as a direct response to an infringer’s wrongdoing» (v. Fish, M., «An Eye for an Eye: Proportionality as a Moral Principle of Punishment», Oxford Journal of Legal Studies, 2008, pagg. 28 e 57).


26      V., in particolar modo, in tal senso, la sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione (C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 72 e giurisprudenza citata).


27      Sentenza del 24 gennaio 2013, Frucona Košice/Commissione (C‑73/11 P, EU:C:2013:32, punto 89 e giurisprudenza citata), così come del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione (C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punto 73).


28      V. la sentenza del 21 gennaio 2016, Galp Energía España e a./Commissione (C‑603/13 P, EU:C:2016:38, punti 75 e 76 nonché la giurisprudenza ivi citata); v., inoltre, la sentenza dell’8 dicembre 2011, KME Germany e a./Commissione (C‑389/10 P, EU:C:2011:816, punti da 129 a 133). V. anche le mie conclusioni nella causa Telefónica e Telefónica de España/Commissione (C‑295/12 P, EU:C:2013:619), in cui ho analizzato tali problemi nello specifico.


29      V. i punti 193, 194, 196 e 197 della sentenza impugnata e la conclusione del Tribunale ai punti 200 e 201.


30      V. la sentenza impugnata (punto 215); inoltre, il rischio di separazione funzionale era invocato anche al punto 17 di tale sentenza e un’analisi dettagliata figura al punto 197 della medesima.


31      Sentenze dell’8 luglio 2004, Dalmine/Commissione (T‑50/00, EU:T:2004:220, punto 326); del 16 giugno 2011, FMC Foret/Commissione (T‑191/06, EU:T:2011:277, punto 333);, del 3 marzo 2011, Siemens e VA Tech/Commissione (da T‑122/07 a T‑124/07, EU:T:2011:70, punto 208); del 14 dicembre 2006, Raiffeisen Zentralbank Österreich/Commissione (da T‑259/02 a T‑264/02 e T‑271/02, EU:T:2006:396, punto 473); del 6 maggio 2009, KME Germania e a./Commissione, T‑127/04, EU:T:2009:142, punto 115), e dell’8 settembre 2010, Deltafina/Commissione (T‑29/05, EU:T:2010:355, punto 348).


32      V., Bernardeau, L., e Christienne, J.-P., Les amendes en droit de la concurrence, Larcier, Bruxelles, 2013, pag. 166 (infatti, nelle prime 10 decisioni nel contesto delle quali la Commissione ha applicato gli orientamenti del 2006, non sono state riconosciute circostanze attenuanti).


33      Sentenza del 30 aprile 2009, Nintendo e Nintendo of Europe/Commissione (T‑13/03, EU:T:2009:131, punto 23).


34      Sentenza del 30 aprile 2009, Nintendo e Nintendo of Europe/Commissione (T‑13/03, EU:T:2009:131, punto 204) e la decisione della Commissione del 30 ottobre 2002, 2003/675/CE, relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 81 [CE] e dell’articolo 53 dell’accordo SEE (COMP/35.587 PO Video Games, COMP/35.706 PO Nintendo Distribution e COMP/36.321 Omega — Nintendo) (GU 2003, L 255, pag. 33), punti 440 e 441.


35      Decisione 1999/60/CE della Commissione, del 21 ottobre 1998 relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 85 del trattato CE (Caso n. IV/35.691/E-4 ‑ intesa tubi preisolati) (GU 1999, L 24, pagg. 1-70 (punti 25 e 172). V., inoltre, la decisione della Commissione 75/75/CEE del 19 dicembre 1974 relativa ad un procedimento a norma dell’articolo 86 del trattato CEE (Caso n. IV/28 851: General Motors Continental) (GU 1975, L 29, pagg. 14-19.