Language of document : ECLI:EU:F:2009:43

SENTENZA DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA DELL’UNIONE EUROPEA (Seconda Sezione)

30 aprile 2009 (*)

«Pubblico impiego – Agenti ausiliari di sessione del Parlamento – Ricevibilità – Procedimento precontenzioso – Art. 283 CE – Art. 78 del RAA – Eccezione di illegittimità – Parità di trattamento – Stabilità dell’impiego – Direttiva 1999/70 – Contratti a tempo determinato – Invocabilità»

Nella causa F‑65/07,

avente ad oggetto il ricorso proposto ai sensi degli artt. 236 CE e 152 EA,

Laleh Aayhan, residente in Strasburgo (Francia), e 79 altri ex agenti ausiliari di sessione i cui nomi appaiono in allegato, rappresentati dall’avv. R. Blindauer,

ricorrenti,

contro

Parlamento europeo, inizialmente rappresentato dal sig. M. Mustapha-Pacha e dalla sig.ra R. Ignătescu, in qualità di agenti, successivamente dalle sig.re R. Ignătescu e S. Seyr, in qualità di agenti,

convenuto,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione),

composto dal sig. H. Kanninen, presidente, dalla sig.ra I. Boruta e dal sig. S. Van Raepenbusch (relatore), giudici,

cancelliere: sig. R. Schiano, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 13 novembre 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con atto introduttivo depositato nella cancelleria del Tribunale il 29 giugno 2007, la sig.ra Aayhan e 79 altri ex agenti ausiliari di sessione del Parlamento europeo hanno chiesto, in particolare, l’annullamento della decisione dell’autorità abilitata a concludere i contratti (in prosieguo: l’«AACC») del 20 aprile 2007, recante il rigetto del loro asserito «reclamo» del 19 dicembre 2006, volto ad ottenere che i contratti successivi, a tempo determinato, stipulati fra ciascuno di essi e il Parlamento fossero considerati come un unico contratto a tempo indeterminato, a orario ridotto, che gli interessati fossero reintegrati a detto titolo nel Parlamento e che potessero beneficiare di un’indennità «sostitutiva» del diritto al congedo retribuito asseritamente acquisito per l’insieme dei periodi in cui hanno prestato servizio.

 Contesto normativo

 1. Il regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee

2        Ai sensi dell’art. 52, seconda frase, del regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee (in prosieguo: il «RAA»), «dopo il 31 dicembre 2006 non possono più essere assunti agenti ausiliari».

3        L’art. 58, primo comma, del RAA prevede quanto segue:

«L’agente ausiliario beneficia di un congedo retribuito di due giorni lavorativi per ogni mese di servizio; un servizio di durata inferiore a quindici giorni o a mezzo mese non dà diritto a congedo».

4        L’art. 78 del RAA, facente parte del titolo III, «Degli agenti ausiliari», così dispone:

«In deroga alle disposizioni del presente titolo, gli agenti ausiliari assunti dal [Parlamento] per la durata dei lavori delle sue sessioni, sono sottoposti alle condizioni di assunzione e di retribuzione previst[e] dall’accordo intervenuto tra questa istituzione, il Consiglio d’Europa e l’Assemblea dell’Unione dell’Europa Occidentale per l’assunzione di detto personale.

Le disposizioni di questo accordo, nonché ogni ulteriore modifica di tali disposizioni, sono comunicate alle autorità competenti in materia di bilancio un mese prima della loro entrata in vigore.

Agli agenti ausiliari assunti dalla Commissione [delle Comunità europee] in qualità di interpreti di conferenza per conto delle istituzioni e degli organismi comunitari si applicano le medesime condizioni di assunzione e di retribuzione applicate agli interpreti di conferenza assunti dal Parlamento (…).

Il presente articolo è applicabile fino al 31 dicembre 2006; da questa data agli agenti interessati si applicano le condizioni stabilite secondo la procedura di cui all’articolo 90».

5        L’art. 90 del RAA, che rientra nel titolo IV, «Degli agenti contrattuali», capitolo 5, «Disposizioni particolari applicabili agli agenti contrattuali di cui all’articolo 3 ter», prevede quanto segue:

«In deroga alle disposizioni del presente titolo, agli interpreti di conferenza assunti dal Parlamento (…) o dalla Commissione per conto delle istituzioni o degli organismi comunitari si applicano le condizioni previste dall’accordo del 28 luglio 1999 tra il Parlamento (…), la Commissione e la Corte di Giustizia [delle Comunità europee], per conto delle istituzioni, da una parte, e le associazioni rappresentative della professione, dall’altra.

Le modifiche a detto accordo, rese necessarie dall’entrata in vigore del regolamento (CE, Euratom) [del Consiglio 22 marzo 2004, n. 723, che modifica lo Statuto dei funzionari delle Comunità europee e il RAA (GU L 124, pag. 1)], sono adottate entro il 31 dicembre 2006 secondo la procedura prevista all’articolo 78, secondo comma. Le modifiche successive al 31 dicembre 2006 sono adottate di comune accordo tra le istituzioni».

6        Ai sensi dell’art. 91 del RAA, anch’esso rientrante nel titolo IV, «Degli agenti contrattuali», capitolo 6, «Condizioni di lavoro», «[g]li articoli da 16 a 18 si applicano per analogia». L’art. 16, primo comma, del RAA rinvia, in particolare, per quanto riguarda segnatamente la durata di lavoro, agli «articoli da 55 a 61 dello Statuto [dei funzionari delle Comunità europee]» (in prosieguo: lo «Statuto»), il cui art. 55 bis, n. 4, rinvia a sua volta, per quanto riguarda le modalità di lavoro a orario ridotto, all’allegato IV bis dello Statuto, il cui art. 1, terzo comma, terza frase, prevede quanto segue:

«La durata del lavoro a orario ridotto non può essere inferiore alla metà del tempo di lavoro normale».

 2. L’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato

7        Dal preambolo, commi secondo e terzo, nonché dai punti 6‑8 delle considerazioni generali dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), riprodotto in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43), risulta sostanzialmente quanto segue:

–        le parti dell’accordo quadro riconoscono, da un lato, che i contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ad essere la forma normale dei rapporti di lavoro, perché contribuiscono alla qualità della vita dei lavoratori interessati e a migliorarne il rendimento, ma che, d’altra parte, in alcune circostanze, i contratti di lavoro a tempo determinato rispondono alle esigenze sia dei datori di lavoro, sia dei lavoratori;

–        l’accordo quadro sancisce i principi generali e i requisiti minimi per il lavoro a tempo determinato, stabilendo, in particolare, un regime di carattere generale volto a garantire la parità di trattamento ai lavoratori a tempo determinato, proteggendoli dalle discriminazioni, nonché a prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di rapporti di lavoro a tempo determinato successivi, demandando agli Stati membri e alle parti sociali la definizione delle modalità dettagliate di attuazione dei suddetti principi e requisiti, al fine di tenere conto delle realtà specifiche delle situazioni nazionali, settoriali e stagionali;

–        secondo le parti firmatarie dell’accordo quadro, l’utilizzo dei contratti di lavoro a tempo determinato fondato su ragioni obiettive costituisce un mezzo di prevenzione degli abusi in danno dei lavoratori.

8        Ai sensi della clausola 1 dell’accordo quadro, il suo obiettivo è:

«a)      migliorare la qualità del lavoro a tempo determinato garantendo il rispetto del principio di non discriminazione;

b)      creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».

9        La clausola 5 dell’accordo quadro enuncia quanto segue:

«1. Per prevenire gli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato, gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e delle prassi nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o più misure relative a:

a)      ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;

b)      la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;

c)      il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.

2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:

a)      devono essere considerati “successivi”;

b)      devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato».

 Fatti all’origine della controversia

10      I ricorrenti sono tutti ex agenti ausiliari che sono stati assunti più volte dal Parlamento, ogni volta sulla base di un contratto a tempo determinato, per la durata dei lavori delle sue sessioni, ai sensi dell’art. 78 del RAA, per svolgere funzioni di agente d’asilo, puericultrice, dattilografo, tecnico, cuoco, insegnante di lingue, guardarobiere, traslocatore, usciere, addetto alle macchine fotocopiatrici, assistente e altro.

11      A fronte della prospettiva che, a partire dal 1° gennaio 2007, il Parlamento ricorresse a personale interinale per soddisfare le sue esigenze di risorse umane durante i periodi di sessione, il 18 settembre 2006 il procuratore dei ricorrenti ha indirizzato al direttore generale della direzione generale (DG) «Personale» una lettera recante varie censure contro il regime fino a quel momento applicabile agli agenti ausiliari di sessione, in particolare relativamente alla durata dei loro contratti e al diritto al congedo retribuito, nonché contro l’intenzione del Parlamento di trasformare, a partire dal 1° gennaio 2007, i precedenti contratti di agenti ausiliari di sessione in contratti di lavoro interinale. In definitiva, il procuratore dei ricorrenti chiedeva che i loro contratti di agenti ausiliari di sessione a tempo determinato fossero riqualificati come contratti di agenti contrattuali a tempo indeterminato, a orario ridotto (più precisamente, a un quarto del tempo), a norma degli artt. 3 bis o 3 ter del RAA, che i suoi clienti beneficiassero di un recupero del congedo retribuito e che fossero rescissi tutti i rapporti contrattuali con la società di lavoro interinale alla quale il Parlamento intendeva ricorrere.

12      A seguito dell’incontro con il procuratore dei ricorrenti in data 9 ottobre 2006, il direttore generale della DG «Personale» ha risposto, con lettera del 26 ottobre successivo, che, in sostanza, era impossibile assumere gli ausiliari di sessione in qualità di agenti contrattuali, ai sensi degli artt. 3 bis o 3 ter del RAA, e che l’impiego di lavoratori interinali al fine di assicurare il corretto svolgimento delle sessioni del Parlamento a Strasubrgo (Francia) era lecito in rapporto sia al RAA, sia al diritto francese.

13      Con lettera in data 19 dicembre 2006, i ricorrenti hanno presentato un asserito reclamo contro la decisione del 26 ottobre 2006 di rigetto della domanda del 18 settembre 2006, chiedendo all’AACC di revocare detta decisione e, «di conseguenza, [di considerare] l’insieme dei [c]ontratti a [t]empo [d]eterminato stipulati tra i ricorrenti e il Parlamento (…) come (…) un solo [c]ontratto a [t]empo [i]ndeterminato, con effetti successivi al 1° gennaio 2007, [di reintegrare] l’insieme [di tali] agent[i] [sulla base di un] [c]ontratto a [t]empo [i]ndeterminato (…) [e di riconoscere] a ciascun agente ricorrente per l’insieme dei periodi di servizio dall’inizio del suo impiego un’indennità sostitutiva del diritto al congedo retribuito acquisito con la rispettiva attività lavorativa».

14      Il 20 aprile 2007, il direttore generale della DG «Personale» ha risposto, previa riqualificazione della lettera in data 19 dicembre 2006 come «domanda» ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto, di non poterla accogliere.

15      Il 21 giugno 2007, i ricorrenti hanno presentato un reclamo contro la decisione di rigetto del 20 aprile 2007.

16      Quest’ultimo reclamo è stato respinto dall’AACC con decisione del 25 ottobre 2007.

 Procedimento e conclusioni delle parti

17      Con atto separato, depositato nella cancelleria del Tribunale il 29 novembre 2007, il Parlamento ha sollevato un’eccezione d’irricevibilità del ricorso in presunta applicazione dell’art. 114 del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado delle Comunità europee, applicabile mutatis mutandis al Tribunale in forza dell’art. 3, n. 4, della decisione del Consiglio 2 novembre 2004, 2004/752/CE, Euratom, che istituisce il Tribunale della funzione pubblica dell’Unione europea (GU L 333, pag. 7), fino all’entrata in vigore del regolamento di procedura di quest’ultimo.

18      Con lettera pervenuta nella cancelleria del Tribunale il 21 gennaio 2008 tramite fax (il deposito dell’originale è intervenuto il 24 gennaio successivo), i ricorrenti hanno presentato osservazioni sull’eccezione d’irricevibilità.

19      Con ordinanza 13 marzo 2008, il Tribunale ha disposto il rinvio al merito dell’eccezione d’irricevibilità sollevata dal Parlamento, a norma dell’art. 78, n. 3, terzo comma, del regolamento di procedura, applicabile a partire dal 1° novembre 2007, ossia da una data antecedente al deposito di tale eccezione d’irricevibilità.

20      I ricorrenti concludono che il Tribunale voglia:

–        annullare la decisione del Parlamento del 20 aprile 2007, che ha respinto il loro reclamo del 19 dicembre 2006;

Conseguentemente:

–        riqualificare l’insieme dei contratti a tempo determinato conclusi tra essi e il Parlamento come un unico contratto a tempo indeterminato;

–        dichiarare che il Parlamento avrà l’obbligo di reintegrarli accordando loro il beneficio di un contratto a tempo indeterminato;

–        dichiarare che gli agenti del Parlamento definiti ausiliari di sessione hanno diritto, per l’insieme dei periodi in cui hanno prestato la loro attività a decorrere dall’inizio della loro occupazione, a un’indennità sostitutiva del diritto al congedo retribuito acquisito con la loro attività lavorativa;

–        condannare il Parlamento a rifondere a ciascuno di essi la somma di EUR 2000 a titolo di spese irripetibili del procedimento;

–        condannare il Parlamento alle spese e ai costi della presente causa.

21      Il Parlamento chiede che il Tribunale voglia:

–        dichiarare manifestamente irricevibile il ricorso per l’asserita carenza;

–        dichiarare infondato il ricorso di annullamento;

–        dichiarare irricevibile la domanda dei ricorrenti di riqualificare l’insieme dei contratti a tempo determinato conclusi tra essi e il Parlamento come un unico contratto a tempo indeterminato;

–        dichiarare irricevibile la domanda di reintegrazione di tutti i suddetti agenti accordando loro il beneficio di un contratto a tempo indeterminato;

–        dichiarare infondata la domanda di riconoscere ai ricorrenti un’indennità sostitutiva del diritto al congedo retribuito;

–        dichiarare irricevibile la domanda di rifusione a ciascun ricorrente della somma di EUR 2000 a titolo di «spese irripetibili del procedimento»;

–        pronunciarsi sulle spese secondo diritto.

22      Con ricorso pervenuto nella cancelleria del Tribunale il 21 gennaio 2008 tramite fax (il deposito dell’originale è intervenuto il 28 gennaio successivo), i ricorrenti chiedono in particolare l’annullamento della decisione del 25 ottobre 2007, recante il rigetto del loro reclamo del 27 giugno 2007 (causa registrata con il numero di ruolo F‑10/08).

23      Nel corso dell’udienza, i ricorrenti sono stati invitati dal Tribunale a produrre il loro ultimo contratto di agente ausiliario di sessione stipulato con il Parlamento prima della presentazione del loro asserito reclamo del 19 dicembre 2006. A tale richiesta è stato dato seguito mediante lettera pervenuta nella cancelleria del Tribunale il 26 novembre 2008 tramite fax (il deposito dell’originale è intervenuto il 1° dicembre 2008). Il Parlamento ha depositato osservazioni in ordine a detta lettera il 12 dicembre 2008, data di chiusura della fase orale e del passaggio in decisione della presente causa.

 Sulla ricevibilità del ricorso

1.     Argomenti delle parti

24      Il Parlamento sostiene che il ricorso è manifestamente irricevibile.

25      Infatti, secondo il Parlamento, la prima lettera del procuratore dei ricorrenti, in data 18 settembre 2006, costituiva un mero insieme di riflessioni sulla legittimità dell’art. 78 del RAA, sulla situazione giuridica degli agenti ausiliari di sessione e sulla soluzione accolta dal Parlamento di avvalersi, a partire dal 1° gennaio 2007, di lavoratori interinali.

26      Tale lettera non avrebbe implicato alcuna domanda precisa e formale all’AACC di adottare una decisione nei confronti dei ricorrenti e si concludeva con una proposta di incontro con il direttore generale della DG «Personale» per discutere del caso. Tale incontro, del resto, si sarebbe tenuto il 9 ottobre 2006.

27      La risposta del direttore generale della DG «Personale» del 26 ottobre 2006 sarebbe priva di qualsivoglia carattere decisionale e avrebbe perseguito il solo scopo di ricapitolare la posizione del Parlamento sui principali punti richiamati durante il suddetto incontro.

28      Di contro, la lettera dei ricorrenti del 19 dicembre 2006 avrebbe comportato richieste precise e avrebbe dovuto essere qualificata come domanda ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto, e non come reclamo, stante l’assenza, in quel momento, di qualsiasi decisione adottata dal Parlamento lesiva dei ricorrenti.

29      Il Parlamento osserva che, di conseguenza, i ricorrenti hanno potuto legittimamente proporre, il 21 giugno 2007, un reclamo avverso la decisione dell’AACC del 20 aprile 2007 di rigetto della suddetta domanda. Detto reclamo è stato respinto con decisione dell’AACC del 25 ottobre 2007.

30      In tale contesto, occorrerebbe considerare il ricorso proposto il 29 giugno 2007 prematuro, non essendosi in quella data concluso il procedimento precontenzionso, e, pertanto, irricevibile.

31      Di seguito, il Parlamento contesta la ricevibilità delle conclusioni del ricorso volte, da un lato, a far riqualificare l’insieme dei contratti a tempo determinato conclusi tra i ricorrenti e il Parlamento come contratti unici a tempo indeterminato e, dall’altro, a far dichiarare al Tribunale che il Parlamento ha l’obbligo di reintegrare tutti gli agenti interessati sulla base di contratti a tempo indeterminato.

32      Secondo il Parlamento, solo l’AACC è legittimata ad assumere un agente temporaneo o ausilario. Per di più, nell’ambito del potere di annullamento conferitogli dall’art. 230 CE, il giudice comunitario non può rivolgere ingiunzioni alle istituzioni. Il Parlamento aggiunge che l’art. 233 CE prevede una ripartizione delle competenze tra l’autorità giudiziaria e l’autorità amministrativa tale per cui spetta all’istituzione da cui emana l’atto annullato determinare quali siano i provvedimenti necessari per dare esecuzione a una sentenza di annullamento esercitando, sotto il controllo del giudice comunitario, il potere discrezionale di cui essa dispone a tal fine, e ciò nel rispetto sia del dispositivo e della motivazione della sentenza che essa è tenuta ad eseguire, sia delle norme del diritto comunitario.

33      Infine, nel corso dell’udienza, il Parlamento ha osservato che il ricorso è irricevibile anche perché i contratti di agenti temporanei a tempo determinato stipulati tra i ricorrenti e il Parlamento non sono mai stati impugnati entro i termini previsti agli artt. 90 e 91 dello Statuto.

34      I ricorrenti sostengono, al contrario, che la lettera del 18 settembre 2006 costituisce una domanda ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto. Nondimeno, essi affermano di aver proposto un nuovo ricorso contro la decisione del 25 ottobre 2007 per l’ipotesi in cui la lettera del 18 settembre 2006 dovesse essere qualificata come domanda.

2.     Giudizio del Tribunale

35      In primo luogo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, la qualificazione di una lettera o di una nota come domanda ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto è rimessa al solo apprezzamento del Tribunale e non alla volontà delle parti (ordinanze del Tribunale di primo grado 15 luglio 1993, causa T‑115/92, Hogan/Parlamento, Racc. pag. II‑895, punto 36, e 20 agosto 1998, causa T‑132/97, Collins/Comitato delle Regioni, Racc. PI pagg. I‑A‑469 e II‑1379, punti 12‑16).

36      Nel caso di specie, è evidente che i ricorrenti hanno chiesto, con lettera del 18 settembre 2006, che l’insieme dei contratti di agenti ausiliari di sessione a tempo determinato di ciascuno di essi fosse riqualificato come un contratto di agente contrattuale a tempo indeterminato, a orario ridotto, ai sensi degli artt. 3 bis o 3 ter del RAA, che venisse loro corrisposta un’indennità sostitutiva dei congedi retribuiti relativi ai periodi di servizio, e che fossero rescissi tutti i rapporti contrattuali con la società di lavoro interinale alla quale il Parlamento intendeva ricorrere. Una lettera siffatta deve qualificarsi come domanda ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto.

37      Il fatto che tale domanda contenesse un invito a «discutere» dei casi con il «direttore delle risorse umane» del Parlamento non è idoneo a rimettere in discussione la sua qualificazione giuridica.

38      In tale contesto, occorre qualificare la lettera del 19 dicembre 2006 come un reclamo avverso la decisione del 26 ottobre 2006, con la quale si respinge la domanda del 18 settembre 2006, reclamo che ha costituito l’oggetto della decisione di rigetto dell’APN del 20 aprile 2007.

39      In secondo luogo, si deve esaminare la questione se, nel presentare in tal modo una domanda ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto, i ricorrenti abbiano attuato correttamente il procedimento amministrativo preventivo, così come disciplinato agli artt. 90‑91 dello Statuto, ai quali rinvia l’art. 46 del RAA.

40      A tale riguardo, secondo costante giurisprudenza, in presenza di una decisione presa dall’APN che costituisca un atto lesivo per il funzionario, quest’ultimo, ove intenda richiedere l’annullamento, la revisione o la revoca di questo atto, non deve presentare una domanda ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto, ma deve ricorrere, invece, alla procedura di reclamo prevista al n. 2 dello stesso articolo (v., in tal senso, ordinanze del Tribunale di primo grado 7 giugno 1991, causa T‑14/91, Weyrich/Commissione, Racc. pag. II‑235, punti 32 e 34; 1° aprile 2003, causa T‑11/01, Mascetti/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑117 e II‑579, punto 33; sentenza del Tribunale 28 giugno 2006, causa F‑27/05, Le Maire/Commissione, Racc. FP pagg. I‑A‑1‑47 e II‑A‑1‑159, punto 36).

41      Nella fattispecie, come risulta dal punto 36 supra, attraverso la loro domanda del 18 settembre 2006 i ricorrenti miravano ad ottenere dall’amministrazione, da un lato, la trasformazione dei rispettivi contratti successivi di agente ausiliaro di sessione in contratti unici di agente contrattuale a tempo indeterminato, ai sensi degli artt. 3 bis o 3 ter del RAA, e, dall’altro, la corresponsione di un’indennità sostitutiva del danno subìto in conseguenza del mancato riconoscimento dei congedi retribuiti relativamente ai periodi di servizio nel passato.

42      In ordine alla prima parte, il Parlamento ha essenzialmente sostenuto, nel corso dell’udienza, che i ricorrenti avevano l’onere di utilizzare, entro i termini, la procedura di reclamo prevista all’art. 90, n. 2, dello Statuto, per lo meno contro il loro ultimo contratto di agente ausiliario di sessione, nei limiti in cui esso non era stato concluso per un tempo indeterminato.

43      È vero che, di norma, un contratto produce effetti a partire dal momento della sua sottoscrizione. È dunque a partire dalla data della sua sottoscrizione che si deve calcolare il termine per presentare un reclamo in tempo utile ai sensi dell’art. 90, n. 2, dello Statuto (sentenza del Tribunale di primo grado 11 luglio 2002, cause riunite T‑137/99 e T‑18/00, Martínez Páramo e a./Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑119 e II‑639, punto 56). Nel caso di specie, si poteva quindi immaginare che i ricorrenti presentassero formalmente un reclamo avverso uno dei loro ultimi contratti di agente ausiliario di sessione nei limiti in cui esso non era stato stipulato per un tempo indeterminato, né era stato fondato sugli artt. 3 bis o 3 ter del RAA.

44      Tuttavia, in considerazione del carattere delle censure sollevate dai ricorrenti e degli argomenti invocati a loro sostegno, nonché dei periodi di servizio complessivamente effettuati per il Parlamento in qualità di agente ausiliario di sessione, era ugualmente ammissibile, stante il sistema di impugnazione predisposto agli artt. 90 e 91 dello Statuto, che in un primo tempo essi invitassero il Parlamento, attraverso una domanda ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto, ad esercitare il suo potere discrezionale nella compiuta conoscenza delle censure e degli argomenti così sottoposti e ad adottare formalmente una decisione sulla possibilità di qualificare l’insieme dei contratti controversi come contratti a tempo indeterminato, decisione impugnabile attraverso un reclamo e poi, eventualmente, un ricorso.

45      Ad ogni modo, se deve accogliersi, sul punto, la tesi del Parlamento, occorre constatare che il reclamo proposto il 19 dicembre 2006 dai ricorrenti può, per il suo oggetto e contenuto, essere facilmente interpretato come rivolto contro gli ultimi contratti di agente ausiliario di sessione stipulati nei tre mesi precedenti tra il Parlamento e i ricorrenti, dato che una copia di tali contratti è stata prodotta dai ricorrenti su invito del Tribunale. La circostanza che tali contratti siano stati prodotti nell’ultimo stadio del procedimento orale, senza peraltro che la convenuta abbia sollevato obiezioni al riguardo, non è tale da comportare l’irricevibilità formale della domanda.

46      In ordine alla seconda parte della domanda del 18 settembre 2006, posto che le pretese di indennità dei ricorrenti si fondano sull’asserita condotta colpevole del Parlamento, avendo esso privato per diversi anni i ricorrenti di ogni diritto al congedo retribuito mediante la conclusione di contratti di agente ausiliario di sessione di brevissima durata, i ricorrenti avevano l’onere di chiedere all’AACC il risarcimento dell’asserito danno presentando una domanda ai sensi dell’art. 90, n. 1, dello Statuto e, all’occorrenza, di proseguire con un reclamo indirizzato contro la decisione di rigetto della domanda. Orbene, si tratta proprio di quello che è avvenuto nel caso di specie, come risulta dai punti 41‑44 della presente sentenza.

47      Si deve quindi ritenere che il presente ricorso è proposto contro la decisione del 26 ottobre 2006, recante il rigetto della domanda del 18 settembre 2006 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), sia per quanto riguarda la domanda di riqualificazione, per ciascuno dei ricorrenti, dei contratti successivi di agente ausiliario di sessione a tempo determinato in un contratto di agente contrattuale a tempo indeterminato ai sensi degli artt. 3 bis o 3 ter del RAA, sia relativamente alla domanda di indennizzo.

48      In terzo e ultimo luogo occorre pronunciarsi sulla portata o sulla ricevibilità di talune conclusioni del ricorso.

49      I ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia, in particolare:

«–      [annullare] la decisione esplicita del Parlamento 20 aprile 2007 (...) che ha respinto il [loro] reclamo del 19 dicembre 2006 (...);

Conseguentemente:

–        [riqualificare] l’insieme dei [c]ontratti a [t]empo [d]eterminato conclusi tra essi e il Parlamento (...) come un unico [c]ontratto a [t]empo [i]ndeterminato;

–        [dichiarare] che il Parlamento (...) avrà l’obbligo di reintegrar[li] sulla base di un contratto a tempo indeterminato;

–        [dichiarare] e [giudicare] che gli agenti del Parlamento (...) definiti [a]usiliari di [s]essione hanno diritto, per l’insieme dei periodi in cui hanno prestato la loro attività a decorrere dall’inizio della loro occupazione, a un’indennità sostitutiva del diritto al congedo retribuito acquisito con la loro attività lavorativa».

50      Attraverso la prima domanda sopra indicata, i ricorrenti chiedono l’annullamento della decisione del 20 aprile 2007, recante il rigetto del loro reclamo. A tale proposito occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, il reclamo amministrativo e il suo rigetto, espresso o tacito, ad opera dell’amministrazione costituiscono parte integrante di una procedura complessa. In tale contesto, il ricorso al Tribunale, anche se formalmente diretto contro il rigetto del reclamo, produce l’effetto di investire il Tribunale dell’atto arrecante pregiudizio oggetto del reclamo (sentenze della Corte 17 gennaio 1989, causa 293/87, Vainker/Parlamento, Racc. pag. 23, punto 8, e 7 febbraio 1990, causa C‑343/87, Culin/Commissione, Racc. pag. I‑225, punto 7; sentenze del Tribunale di primo grado 16 ottobre 1996, causa T‑36/94, Capitanio/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑449 e II‑1279, punto 33, e 7 giugno 2005, causa T‑375/02, Cavallaro/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑151 e II‑673, punto 59). Nel caso di specie, il ricorso deve quindi essere considerato come rivolto contro la decisione del 26 ottobre 2006, recante il rigetto della domanda dei ricorrenti del 18 settembre 2006.

51      Attraverso la seconda e la terza domanda sopra menzionate, i ricorrenti chiedono al Tribunale, di fatto, di rivolgere ingiunzioni all’istituzione interessata oppure di fornire valutazioni di principio.

52      Orbene, nell’ambito di un ricorso proposto ai sensi dell’art. 91 dello Statuto, il giudice comunitario non può, senza usurpare le prerogative dell’autorità amministrativa, compiere dichiarazioni o constatazioni di principio o rivolgere ingiunzioni alle istituzioni comunitarie (v., in tal senso, sentenze del Tribunale di primo grado 27 giugno 1991, causa T‑156/89, Valverde Mordt/Corte di giustizia, Racc. pag. II‑407, punto 150, e 8 giugno 1995, causa T‑583/93, P/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑137 e II‑433, punti 17 e 18; ordinanza del Tribunale 16 maggio 2006, causa F‑55/05, Voigt/Commissione, Racc. FP pagg. I‑A‑1‑15 e II‑A‑1‑51, punto 25).

53      La seconda e la terza domanda sopra menzionate devono pertanto essere dichiarate irricevibili.

54      Infine, relativamente alla quarta domanda, occorre constatare che essa si limita a reiterare il contenuto della seconda parte della domanda del 18 settembre 2006, ricordato ai punti 36 e 46 della presente sentenza, come respinto dalla decisione del 26 ottobre 2006, oggetto del ricorso introduttivo. La quarta domanda si confonde, quindi, con la prima, come sopra precisata.

 Sulla domanda di annullamento

1.     Argomenti delle parti

55      L’argomentazione formulata dai ricorrenti a sostegno del loro ricorso di annullamento deve intendersi come fondata su un’eccezione di illegittimità dell’art. 78 del RAA.

56      I ricorrenti sostengono che, assoggettando gli agenti ausiliari di sessione alle condizioni di assunzione e di retribuzione previste da un accordo intervenuto tra il Parlamento, il Consiglio d’Europa e l’Assemblea dell’Unione dell’Europa Occidentale (UEO; in prosieguo: l’«accordo»), l’art. 78 del RAA produce l’effetto di escludere tale categoria di agenti dall’ambito di applicazione della normativa comunitaria applicabile ai funzionari nonché agli agenti contrattuali ed ausiliari, e persino di sottrarli a qualsiasi fonte del diritto, sia essa nazionale o comunitaria.

57      Ne consegue, ad avviso dei ricorrenti, che per anni gli agenti ausiliari di sessione hanno lavorato in una situazione di non diritto.

58      Orbene, sarebbe stato onere del Consiglio dell’Unione europea, in forza dell’art. 283 CE, assoggettare gli agenti di cui trattasi a uno statuto, anche adattato alle peculiari condizioni delle loro funzioni, anziché escluderli da ogni statuto, come avviene applicando l’art. 78 del RAA.

59      I ricorrenti aggiungono che l’assoggettamento di circa trecento agenti alla mera volontà di tre datori di lavoro, ancorché pubblici, costituisce un’aberrazione giuridica, dato che l’accordo tra il Parlamento, il Consiglio d’Europa e l’Assemblea dell’UEO non è una fonte del diritto. Detto accordo costituirebbe una fonte di diritto contrattuale unicamente con riguardo ai rapporti di queste tre istituzioni tra loro, ma non con riguardo ai rapporti tra queste ultime e i loro agenti. Esso non avrebbe valore né di regolamento, né di statuto, né di contratto.

60      Di conseguenza, si dovrebbero escludere le disposizioni dell’art. 78 del RAA e, in assenza di legislazione nazionale applicabile, applicare i principi base dell’Unione europea.

61      In primo luogo, i ricorrenti invocano, al riguardo, la Carta sociale europea, sottoscritta a Torino il 18 ottobre 1961, che garantisce condizioni di lavoro eque in materia di retribuzione e di durata del lavoro e che vieta ogni discriminazione.

62      Essi sostengono, a tale proposito, che la sola differenza obiettiva che può stabilirsi tra gli agenti ausiliari di sessione e altre categorie di agenti assunti con contratto a tempo indeterminato sarebbe quella derivante dalla peculiare modalità di funzionamento delle sessioni plenarie del Parlamento a Strasburgo. Così, quest’ultimo avrebbe il diritto di assumere agenti ausiliari di sessione soltanto per cinque giorni al mese, stante il carattere specifico delle loro funzioni. Ma non per questo potrebbe sottoporli ad uno statuto precario ed assoggettarli alla mera volontà, ancorché condivisa, di tre datori di lavoro pubblici.

63      Il Parlamento avrebbe dunque operato una discriminazione tra agenti che esercitano lo stesso tipo di funzioni, quando invece nulla giustificherebbe oggettivamente tale discriminazione e l’art. 283 CE non consentirebbe di escludere una categoria di agenti dal diritto a rientrare nell’applicazione di uno statuto.

64      I ricorrenti aggiungono che gli agenti ausiliari di sessione sono assunti in posti permanenti secondo un ciclo particolare di lavoro, e non già in posti precari.

65      In secondo luogo, i ricorrenti invocano la Convenzione n. 111 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (in prosieguo: l’«OIL») concernente la discriminazione nell’impiego e nella professione, adottata il 25 giugno 1958, e la Convenzione n. 158 dell’OIL relativa all’interruzione del rapporto di lavoro per volontà del datore di lavoro, adottata il 22 giugno 1982, in particolare l’art. 4 di quest’ultima, ai sensi del quale «[u]n lavoratore non potrà essere licenziato in mancanza di un valido motivo di licenziamento connesso alle capacità o alla condotta del lavoratore, o basato sulle necessità di funzionamento dell’impresa, dello stabilimento o del servizio».

66      Orbene, nel caso di specie, il Parlamento, attraverso il sistema che ha istituito relativamente agli agenti ausiliari di sessione, potrebbe almeno potenzialmente licenziare tali agenti alla scadenza di ciascun contratto di cinque giorni senza che gli interessati beneficino di un mezzo di ricorso efficace dinanzi a un’istanza giurisdizionale. Inoltre, l’esternalizzazione delle loro funzioni in favore di un’agenzia di lavoro interinale, implicando una rottura del contratto di lavoro con il Parlamento, costituirebbe proprio un licenziamento senza motivo espresso.

67      In terzo luogo, i ricorrenti invocano l’accordo quadro da cui risulta, al secondo comma del suo preambolo, che i contratti a tempo indeterminato costituiscono la forma comune dei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori. I ricorrenti sottolineano che soltanto il lavoro a tempo indeterminato garantisce al lavoratore una situazione effettiva di diritto, una stabilità d’impiego e la garanzia dei suoi diritti fondamentali.

68      Infine, i ricorrenti affermano che la sentenza del Tribunale di primo grado 16 luglio 1998, causa T‑109/96, Gebhard/Parlamento (Racc. pag. II‑2785), è anteriore alla direttiva 1999/70 e non ha per oggetto lo statuto degli agenti ausiliari di sessione. Inoltre, contrariamente a quanto risulta dal punto 41 della medesima sentenza, i posti di agenti ausiliari di sessione non risponderebbero ad esigenze puntuali.

69      Il Parlamento osserva che, attraverso il loro ricorso, i ricorrenti mirano a far valere che il legislatore comunitario è venuto meno all’obbligo su di esso incombente di creare uno statuto proprio degli agenti ausiliari di sessione, come enunciato dall’art. 283 CE. Il ricorso dovrebbe quindi essere trattato come un ricorso in carenza. Orbene, secondo il Parlamento, un ricorso siffatto dev’essere dichiarato irricevibile per le ragioni di seguito esposte.

70      In primo luogo, il ricorso avrebbe dovuto quanto meno essere indirizzato contro il Consiglio, che rappresenta il legislatore nella materia su cui si verte, in forza dell’art. 283 CE.

71      In secondo luogo, secondo una giurisprudenza costante, la proposizione di un ricorso in carenza sarebbe possibile soltanto qualora la carenza dell’istituzione interessata persista dopo la messa in mora e, dunque, qualora essa mantenga il silenzio o formuli una risposta interlocutoria. Un ricorso in carenza sarebbe escluso laddove l’istituzione adotti una posizione diversa da quella richiestale, nel qual caso l’interessato disporrebbe del mezzo del ricorso di annullamento.

72      Orbene, nel caso di specie, dato che il Parlamento, in seguito all’invio della lettera del 19 dicembre 2006 ed alla proposizione del reclamo del 21 giugno 2007 non ha né mantenuto il silenzio né formulato una risposta interlocutoria, il solo ricorso che i ricorrenti avevano diritto di proporre era quello di annullamento.

73      In terzo luogo, un ricorso in carenza è ricevibile, secondo l’art. 230, quarto comma, CE, soltanto se il ricorrente sia il destinatario dell’atto. Occorrerebbe quindi, come risulta da una giurisprudenza costante, dichiarare irricevibile un ricorso in carenza diretto ad ottenere un provvedimento di carattere generale e normativo, e non un atto che riguardi direttamente ed individualmente il ricorrente.

74      Orbene, nel caso di specie, il ricorso mirerebbe all’adozione di un nuovo regime applicabile a tutti gli agenti ausiliari di sessione.

75      In quarto luogo, il Parlamento nutre dubbi circa la possibilità di proporre un ricorso in carenza dinanzi al Tribunale. A norma dell’art. 3, n. 1, lett. c), della decisione del Consiglio 24 ottobre 1988, 88/591/CECA, CEE, Euratom, che istituisce un Tribunale di primo grado delle Comunità europee (GU L 319, pag. 1), la competenza per i ricorsi in carenza promossi da persone fisiche o giuridiche contro un’istituzione è di competenza del Tribunale di primo grado. Orbene, detta ripartizione delle competenze non parrebbe essere stata modificata in occasione dell’istituzione del Tribunale.

76      In subordine, per il caso in cui il ricorso in carenza dovesse essere dichiarato ricevibile dal Tribunale, il Parlamento ritiene che non vi sia stata alcuna mancanza da parte del legislatore e che il ricorso debba, pertanto, essere respinto in quanto infondato. Infatti, l’art. 283 CE sarebbe stato attuato tramite l’adozione, da parte del Consiglio, del RAA, recante un art. 78 che ha ad oggetto specificamente la situazione degli agenti ausiliari di sessione.

77      L’argomentazione dei ricorrenti secondo cui gli ausiliari di sessione sarebbero stati collocati in una zona di non diritto sarebbe smentita dalla realtà. Ad avviso del Parlamento, detti agenti rientrano nella categoria degli agenti ausiliari, coperta dal titolo III del RAA e, salvo deroghe relative alla loro assunzione e retribuzione, godono di tutti i diritti e sono assoggettati a tutti gli obblighi degli agenti ausiliari: così, essi avrebbero beneficiato della copertura della previdenza sociale, pagato le imposte e, se lo desideravano, avrebbero potuto essere iscritti, come gli altri agenti ausiliari, all’assicurazione contro la disoccupazione.

78      Inoltre, quanto all’eccezione di illegittimità sollevata dai ricorrenti e fondata sull’incompatibilità dell’art. 78 del RAA con taluni strumenti internazionali, il Parlamento dubita dell’ammissibilità di tale eccezione in assenza di un nesso giuridico tra le decisioni individuali impugnate e l’atto generale di cui si eccepisce l’illegittimità. Infatti, le decisioni individuali che costituiscono oggetto di ricorso sarebbero costituite dal rifiuto dell’AACC, in data 20 aprile 2007, di riqualificare i contratti dei ricorrenti. Orbene, a quell’epoca non sarebbe più sussistito alcun nesso tra detta decisione dell’amministrazione e l’art. 78 del RAA, che non è più applicabile dal 1° gennaio 2007.

79      Peraltro, il RAA, in quanto regolamento adottato dal legislatore comunitario, s’imporrebbe a tutti i soggetti di diritto, tra cui le istituzioni. Pertanto, il Parlamento sarebbe stato tenuto ad attuare le disposizioni del RAA nell’ambito dell’assunzione degli agenti ausiliari di sessione, considerato che, secondo la giurisprudenza, gli atti comunitari beneficiano di una presunzione di validità fintanto che un giudice comunitario non li annulli oppure non dichiari la loro illegittimità.

80      Il Parlamento osserva che, in ogni caso, il rispetto della Carta sociale europea sottoscritta a Torino il 18 ottobre 1961 è soggetto al controllo del Comitato europeo per i diritti sociali del Consiglio d’Europa e che le convenzioni dell’OIL, rientranti nel diritto internazionale generale, non costituiscono una fonte di diritto comunitario, poiché tali convenzioni non sarebbero state stipulate a livello comunitario. Dato che la Comunità non sarebbe vincolata da queste ultime, i ricorrenti non avrebbero il diritto d’invocare l’incompatibilità dell’art. 78 del RAA con le loro disposizioni. Inoltre, poiché le convenzioni da essi invocate non appartengono all’ordinamento giuridico comunitario, esse non sarebbero idonee a conferire diritti ai ricorrenti nei loro rapporti con il Parlamento.

81      Infine, il Parlamento richiama la citata sentenza Gebhard/Parlamento, dalla quale risulta che «[l]’art. 78 del RAA è pertanto diretto a permettere all’istituzione parlamentare delle Comunità europee di soddisfare le esigenze puntuali e massicce di risorse umane supplementari necessarie per il corretto svolgimento delle sessioni dei suoi vari organi deliberanti» (punto 41). Il Parlamento sottolinea che, in tale sentenza, il Tribunale ha concluso che non risulta «che il Parlamento abbia ecceduto i limiti della deroga consentitagli dal Consiglio nell’art. 78 del RAA, adottando, ai sensi di tale disposizione, la regolamentazione interna applicabile agli interpreti di sessione» (punto 43).

82      Una siffatta conclusione varrebbe anche per la normativa concernente gli ausiliari di sessione in generale, poiché la deroga prevista all’art. 78 del RAA includerebbe tutti gli agenti ausiliari impiegati dal Parlamento per la durata dei periodi di sessione.

83      Il Parlamento aggiunge che la citata sentenza Gebhard/Parlemento è stata confermata da una giurisprudenza successiva alla direttiva 1999/70 (sentenze del Tribunale di primo grado 10 giugno 2004, causa T‑275/01, Alvarez Moreno/Parlamento, Racc. PI pagg. I‑A‑171 e II‑765, nonché causa T‑276/01, Garroni/Parlamento, Racc. PI pagg. I‑A‑177 e II‑795; sentenza del Tribunale 14 dicembre 2006, causa F‑10/06, André/Commissione, Racc. FP pagg. I‑A‑1‑183 e II‑A‑1‑755).

2.     Giudizio del Tribunale

84      A sostegno del loro ricorso di annullamento contro la decisione impugnata, nella parte in cui i contratti controversi non sono stati riqualificati in contratti a tempo indeterminato, a orario ridotto, né basati sugli artt. 3 bis o 3 ter del RAA, i ricorrenti sollevano un’eccezione di illegittimità dell’art. 78 del RAA.

85      Preliminarmente, occorre ricordare che l’art. 78 del RAA autorizza una deroga al regime degli agenti ausiliari, quale definito al titolo III del RAA, consentendo al Parlamento di limitare alla durata dei lavori delle sue sessioni il periodo di assunzione degli agenti ausiliari necessari alla loro organizzazione. Infatti, come osservato dalla Corte nella sua sentenza 11 luglio 1985, causa 43/84, Maag/Commissione (Racc. pag. 2581, punto 19), con riguardo agli interpreti «free-lance» assunti dalla Commissione, il regime degli agenti ausiliari non può, in linea di principio, applicarsi a contratti di cui ciascuno è di breve durata, ma che si ripetono con frequenza di anno in anno. Altrettanto sarebbe valso, in mancanza della deroga contenuta all’art. 78 del RAA, per l’impiego di persone soltanto per la durata delle sessioni del Parlamento.

86      Come ha altresì sottolineato il Tribunale di primo grado nella sua sentenza Gebhard/Parlamento (cit., punti 40 e 41), l’art. 78 del RAA è diretto a permettere al Parlamento di soddisfare le esigenze puntuali e massicce di risorse umane supplementari necessarie per il corretto svolgimento delle sessioni dei suoi vari organi deliberanti. A tal uopo, l’articolo rinvia alle condizioni di assunzione del personale supplementare necessario per l’assistenza delle attività parlamentari in precedenza convenute fra tre istituzioni o organizzazioni europee specificamente interessate in proposito. L’art. 78, secondo comma, del RAA precisa che le disposizioni dell’accordo, nonché ogni ulteriore modifica, sono comunicate alle autorità competenti in materia di bilancio un mese prima della loro entrata in vigore.

 Sulla ricevibilità dell’eccezione di illegittimità

87      A tale riguardo occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, per la ricevibilità di un’eccezione di illegittimità deve esistere un nesso sufficientemente stretto tra l’atto individuale oggetto della controversia e la disposizione contro cui l’eccezione è sollevata, in modo che la dichiarazione d’inapplicabilità dell’uno intaccherebbe necessariamente la legittimità dell’altra (v., in tal senso, sentenze della Corte 13 luglio 1966, causa 32/65, Italia/Consiglio e Commissione, Racc. pagg. 296, 323, 324, e 5 ottobre 2000, cause riunite C‑432/98 P e C‑433/98 P, Consiglio/Chvatal e a., Racc. pag. I‑8535, punto 33).

88      Nel caso di specie, poiché il ricorso è rivolto contro il rigetto della domanda dei ricorrenti del 18 settembre 2006, volta a far riqualificare i loro contratti successivi di agente ausiliario di sessione a tempo determinato in un unico contratto di agente contrattuale a tempo indeterminato e a orario ridotto, ai sensi degli artt. 3 bis o 3 ter del RAA, si deve rilevare che la decisione impugnata sembra essere stata adottata sulla base dell’art. 78 del RAA, sicché l’illegittimità di tale articolo, supponendo di poterla dichiarare per un qualsivoglia motivo, dovrebbe necessariamente incidere sul rigetto della domanda delle ricorrenti.

89      Tuttavia, nell’ipotesi in cui l’art. 78 del RAA fosse illegittimo e dovesse essere dichiarato inapplicabile al caso di specie, non per questo l’eccezione di illegittimità sollevata dai ricorrenti potrebbe comportare l’annullamento della decisione impugnata, qualora risultasse che il RAA non contiene disposizioni specifiche che possano rappresentare una base giuridica appropriata per accogliere la domanda dei ricorrenti volta ad ottenere un contratto a tempo indeterminato e ad orario ridotto. Nella fattispecie, i ricorrenti hanno fondato, a tale riguardo, la loro domanda sugli artt. 3 bis o 3 ter del RAA. Pertanto, anche se tale questione attiene più all’operatività, e quindi alla fondatezza, dell’eccezione di illegittimità sollevata dai ricorrenti che non alla sua ricevibilità, è utile, fin dall’esame di quest’ultima, esaminare se gli artt. 3 bis e 3 ter siano idonei, di primo acchito, a costituire la base giuridica adeguata, summenzionata, per risolvere l’elemento centrale della presente controversia.

90      Secondo il RAA, solo un contratto d’agente temporaneo, ai sensi dell’art. 2, lett. a) o c), o d’agente contrattuale, ai sensi dell’art. 3 bis, può essere stipulato a tempo indeterminato secondo le condizioni previste, rispettivamente, agli artt. 8 e 85 del RAA. Orbene, i ricorrenti non possono evidentemente pretendere di ottenere un contratto ai sensi dell’art. 2, lett. c), del RAA, che prevede l’assunzione di un agente temporaneo per svolgere funzioni presso una persona che assolva un mandato previsto dai Trattati. A maggior ragione essi non potrebbero, stante la natura delle loro prestazioni, funzionali ad esigenze puntuali e di brevissima durata, che si ripetono di mese in mese, rivendicare la qualità di agente temporaneo di cui all’art. 2, lett. a), del RAA, il quale occupa, al servizio dell’amministrazione comunitaria, un impiego permanente «compreso nella tabella degli organici allegata alla sezione del bilancio relativa ad ogni istituzione» e, come sottolineato dalla Corte nella sua sentenza Maag/Commissione (cit, punto 17), inconciliable con i compiti di un personale supplementare.

91      L’art. 3 bis del RAA, che consente tra l’altro la stipulazione di contratti a tempo indeterminato e ad orario ridotto, prevede invece l’assunzione di un agente non assegnato ad un impiego «previsto nella tabella degli organici allegata alla sezione del bilancio relativa all’istituzione interessata», in particolare al fine di «svolgere mansioni manuali o di servizio ausiliario». Non è possibile escludere a priori, nell’ipotesi in cui l’applicazione dell’art. 78 del RAA dovesse essere negata a causa della sua illegittimità, che il ricorso all’art. 3 bis del RAA possa soddisfare la domanda dei ricorrenti di vedersi concedere un contratto a tempo indeterminato e a un quarto del tempo.

92      Tuttavia, il Parlamento ritiene che, in forza dell’art. 1, terzo comma, dell’allegato IV bis dello Statuto, al quale rinvia l’art. 55 bis, n. 4, dello stesso, applicabile per analogia agli agenti contrattuali (come del resto agli agenti temporanei), conformemente al combinato disposto degli artt. 16 e 91 del RAA, la durata del lavoro a orario ridotto di un agente contrattuale non possa essere inferiore alla metà del tempo di lavoro normale. Detta disposizione escluderebbe quindi, in ogni caso, la possibilità per il Parlamento di stipulare contratti di agente contrattuale a un quarto del tempo con il personale assegnato unicamente ai lavori dei periodi di sessione.

93      Questa interpretazione dell’art. 1, terzo comma, dell’allegato IV bis dello Statuto non può essere accolta. Difatti, l’art. 55 bis dello Statuto, le cui modalità di applicazione sono definite nel suddetto allegato, concerne unicamente il trattamento di una domanda di autorizzazione per lavorare a orario ridotto presentata da un funzionario. Essa non disciplina le condizioni alle quali un’istituzione potrebbe prendere l’iniziativa di stipulare un contratto a orario ridotto in base alla tipologia di attività che ne costituisce l’oggetto.

94      Risulta da tutto quanto precede che l’eccezione d’illegittimità sollevata dai ricorrenti mira non soltanto a mettere in dubbio la legittimità dell’art. 78 del RAA, ma può comportare altresì la conseguenza, stante l’inapplicabilità di tale articolo, di indurre il Parlamento a ricorrere ad altre soluzioni contrattuali, tra le quali non si può escludere a priori il ricorso all’art. 3 bis del RAA, per soddisfare le sue esigenze puntuali e massicce di risorse umane nel periodo delle sue sessioni.

95      In presenza di un nesso sufficientemente stretto tra la decisione impugnata, da un lato, e l’art. 78 del RAA, contro il quale è rivolta l’eccezione, dall’altro, si deve quindi considerare che i ricorrenti sono legittimati a contestare in via incidentale la legittimità dell’art. 78 del RAA.

 Sulla fondatezza dell’eccezione di illegittimità

96      Nell’ambito della loro eccezione di illegittimità dell’art. 78 del RAA, i ricorrenti addebitano al legislatore comunitario di non avere previsto, in favore degli agenti ausiliari di sessione, una disciplina specifica, adeguata alle peculiari condizioni delle loro funzioni, e di aver rinunciato all’adozione di norme statutarie con il rinvio ad un accordo di natura contrattuale stipulato tra il Parlamento, il Consiglio d’Europa e l’Assemblea dell’UEO. In tal modo, i ricorrenti sarebbero stati mantenuti in una situazione di non diritto e in un rapporto di lavoro precario, sebbene fossero stati assunti per soddisfare esigenze puntuali, ma permanenti. In questo, l’art. 78 del RAA sarebbe illegittimo per vari motivi:

–        in primo luogo, il legislatore comunitario avrebbe così abdicato alle sue responsabilità in materia statutaria, in violazione dell’art. 283 CE;

–        in secondo luogo, esso avrebbe operato una discriminazione fra, da un lato, gli agenti che godono di un regime normativo completo e stabile e, dall’altro, gli agenti ausiliari di sessione, in violazione della Carta sociale europea, sottoscritta a Torino il 18 ottobre 1961, e della Convenzione n. 111 dell’OIL, e,

–        in terzo luogo, esso avrebbe leso la stabilità dell’impiego alla quale i ricorrenti avevano diritto, in violazione della Convenzione n. 158 dell’OIL e della direttiva 1999/70.

 Sulla pretesa violazione dell’art. 283 CE

97      Sul punto, occorre osservare che gli agenti ausiliari di sessione rientrano nel titolo III del RAA relativo agli agenti ausiliari, al quale si deroga unicamente per quanto concerne le loro condizioni di assunzione e di retribuzione previste nell’accordo. Ciò significa che le altre disposizioni del titolo III, riguardanti in particolare le condizioni di lavoro e di previdenza sociale, continuano ad applicarsi, indipendentemente dalle regole interne specifiche, adottate dall’ufficio o dal segretario generale del Parlamento e destinate ad attuare o a completare le norme del RAA.

98      Sembra dunque che, fino al 31 dicembre 2006, il personale assunto dal Parlamento per soddisfare le sue esigenze di personale durante i periodi di sessione rientrasse sicuramente nell’ambito di applicazione delle norme del RAA. Pertanto, non è esatto sostenere che il legislatore comunitario abbia rinunciato ad assolvere le sue responsabilità legislative in materia statutaria.

99      Il fatto che il legislatore, per quanto riguarda le condizioni di assunzione e di retribuzione degli agenti ausiliari di sessione, abbia operato un rinvio all’accordo non può significare una sua rinuncia ad esercitare la competenza conferitagli dall’art. 283 CE per adottare lo Statuto e il RAA. Al contrario, è proprio nell’esercizio di tale competenza che il Consiglio, tenendo in considerazione gli interessi e le esigenze comuni delle tre organizzazioni europee in ordine al corretto svolgimento delle sessioni dei loro organi deliberanti, ha ritenuto di dover allineare le condizioni di assunzione e di retribuzione degli agenti assunti per la durata dei lavori delle sessioni del Parlamento a quelle convenute fra le tre istituzioni o organizzazioni in parola, fermo restando il controllo di bilancio ai sensi dell’art. 78, secondo comma, del RAA. Ancora, è necessario che l’accordo, al quale rinvia l’art. 78 del RAA, non violi di per sé una norma di diritto comunitario superiore, il che sarà esaminato nel prosieguo in risposta alle altre censure proposte dai ricorrenti.

100    Si deve quindi ritenere che la censura relativa alla violazione dell’art. 283 CE è infondata e deve pertanto essere respinta.

 Sull’asserita violazione del principio della non discriminazione

101    Per quanto riguarda la censura della violazione del principio della non discriminazione, quale sancito dalla Carta sociale europea, sottoscritta a Torino il 18 ottobre 1961, e dalla Convenzione n. 111 dell’OIL, senza che occorra pronunciarsi sull’applicabilità e la portata dei due strumenti internazionali così invocati dai ricorrenti, basti ricordare che i principi della parità di trattamento e della non discriminazione costituiscono principi fondamentali dell’ordinamento giuridico comunitario.

102    Secondo una giurisprudenza costante, si configura una violazione del principio della parità di trattamento, in particolare, quando a due categorie di persone le cui situazioni di fatto e giuridiche non mostrano differenze essenziali viene riservato un trattamento diverso e tale disparità non è oggettivamente giustificata (sentenza della Corte 11 gennaio 2001, causa C‑389/98 P, Gevaert/Commissione, Racc. pag. I‑65, punto 54; sentenze del Tribunale di primo grado 15 marzo 1994, causa T‑100/92, La Pietra/Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑83 e II‑275, punto 50; 16 aprile 1997, causa T‑66/95, Kuchlenz-Winter/Commissione, Racc. pag. II‑637, punto 55, e 21 luglio 1998, cause riunite T‑66/96 e T‑221/97, Mellett/Corte di giustizia, Racc. PI pagg. I‑A‑449 e II‑1305, punto 129; ordinanza del Tribunale di primo grado 9 luglio 2007, causa T‑415/06 P, De Smedt/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 52).

103    Orbene, la situazione degli agenti assunti per soddisfare esigenze puntuali e massicce di risorse umane supplementari, avvertite dal Parlamento soltanto durante i periodi delle sue sessioni, non è comparabile a quella degli agenti assunti per soddisfare esigenze continue e quotidiane, che richiedono la presenza di un personale composto di funzionari e, eventualmente, di agenti temporanei o agenti contrattuali ai sensi degli artt. 3 bis o 3 ter del RAA.

104    Si deve aggiungere che non è possibile rimettere in discussione le differenze di statuto esistenti tra le varie categorie di persone assunte dalle Comunità, poiché alcune di queste categorie possono godere di vantaggi che non sono accordati ad altre. Infatti, la definizione di ciascuna delle categorie di agenti risponde a esigenze legittime dell’amministrazione comunitaria e al tipo di compiti che quest’ultima ha la missione di adempiere (sentenza della Corte 6 ottobre 1983, cause riunite 118/82‑123/82, Celant e a./Commissione, Racc. pag. 2995, punto 22; ordinanza De Smedt/Commissione, cit., punto 55).

105    In particolare, quando ha istituito la categoria specifica degli agenti ausiliari di sessione, il Consiglio ha esercitato la sua libertà di disciplinare in modo specifico tale categoria di agenti in rapporto alle peculiari esigenze del Parlamento e alla natura dei compiti che esso ha la missione di adempiere, così come ha esercitato la suddetta libertà con riguardo alla categoria speciale degli interpreti di conferenza, i quali pure possono essere assunti per brevi periodi e per soddisfare esigenze puntuali o addirittura occasionali.

106    Si deve pertanto respingere la censura relativa alla violazione del principio della non discriminazione.

 Sulla stabilità dell’impiego

107    Occorre innanzitutto osservare che la censura relativa alla violazione della stabilità dell’impiego, secondo cui l’art. 78 del RAA consentirebbe al Parlamento di licenziare un agente ausiliario di sessione allo scadere di ciascun contratto, così privandolo della forma comune dei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori, rappresentata dai contratti a tempo indeterminato, induce, in realtà, a chiedersi se una norma o un principio di diritto superiore sia tale da obbligare il Parlamento ad utilizzare rapporti di lavoro a tempo indeterminato, ma a orario ridotto, allorché stabilisce le condizioni di assunzione degli agenti ausiliari di sessione.

108    A tale proposito, i ricorrenti invocano, in sostanza:

–        da un lato, l’art. 4 della Convenzione n. 158 dell’OIL, ai sensi del quale «[u]n lavoratore non potrà essere licenziato in mancanza di un valido motivo di licenziamento connesso alle capacità o alla condotta del lavoratore, o basato sulle necessità di funzionamento dell’impresa, dello stabilimento o del servizio»;

–        dall’altro, l’accordo quadro e, in particolare, il secondo comma del suo preambolo e il punto 6 delle sue considerazioni generali, dai quali risulta che i contratti a tempo indeterminato costituiscono «la forma comune dei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori», caratterizzati dalla stabilità dell’impiego, mentre soltanto in alcune circostanze i contratti di lavoro a tempo determinato sono idonei a rispondere sia alle esigenze dei datori di lavoro che a quelle dei lavoratori.

109    Di per sé, l’art. 4 della Convenzione n. 158 de l’OIL non può essere rilevante nel caso di specie, dato che non consente, preso isolatamente, di dirimere la questione se il Parlamento abbia o meno il diritto di stipulare un contratto di agente ausiliario per la sola durata di una sessione parlamentare. Infatti, se anche la risposta a tale questione dovesse essere affermativa, non per questo si dovrebbe spiegare la scadenza della durata di ciascun contratto a tempo determinato come un licenziamento, che dovrebbe essere motivato in modo specifico con riferimento alle capacità o alla condotta dell’agente, o, ancora, alle necessità di funzionamento del Parlamento, perché si sarebbe in presenza della risoluzione di un contratto per effetto della sopravvenienza della sua scadenza.

110    Quanto all’argomento relativo alla violazione dell’accordo quadro, il suo esame presuppone che sia preliminarmente analizzata la questione dell’invocabilità della direttiva 1999/70 nei confronti di un’istituzione comunitaria.

–       Invocabilità della direttiva 1999/70 da parte di un funzionario o agente nei confronti di un’istituzione comunitaria

111    Occorre anzitutto osservare che le direttive sono indirizzate agli Stati membri e non alle istituzioni della Comunità. Le disposizioni della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro allegato ad essa non possono quindi essere interpretate nel senso che impongono, in quanto tali, obblighi alle istituzioni nei loro rapporti con il rispettivo personale (v., in tal senso, sentenza della Corte 9 settembre 2003, causa C‑25/02, Rinke, Racc. pag. I‑8349, punto 24; sentenza del Tribunale di primo grado 21 maggio 2008, causa T‑495/94, Belfass/Consiglio, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 43).

112    Tuttavia, tale considerazione non potrebbe di per sé escludere qualsiasi possibilità di invocare una direttiva nei rapporti fra le istituzioni e i loro funzionari o agenti.

113    In primo luogo, infatti, le disposizioni di una direttiva potrebbero imporsi direttamente a un’istituzione qualora costituiscano l’espressione di un principio generale di diritto comunitario che quest’ultima è tenuta, quindi, ad applicare come tale (v., in tal senso, sentenza Rinke, cit., punti 25‑28, con riguardo alla direttiva del Consiglio 9 febbraio 1976, 76/207/CEE, relativa all’attuazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e le condizioni di lavoro, GU L 39, pag. 40).

114    Nella fattispecie, sebbene la stabilità dell’impiego sia intesa come un elemento portante della tutela dei lavoratori (v. sentenze della Corte 22 novembre 2005, causa C‑144/04, Mangold, Racc. pag. I‑9981, punto 64, e 15 aprile 2008, causa C‑268/06, Impact, Racc. pag. I‑2483, punto 87), essa non costituisce tuttavia un principio generale del diritto alla luce del quale potrebbe essere valutata la legittimità di un atto di un’istituzione. In particolare, non risulta in alcun punto della direttiva 1999/70 e dell’accordo quadro che la stabilità dell’impiego sia assurta al rango di norma giuridica imperativa. Del resto, il sesto e settimo ‘considerando’ della direttiva, così come il primo comma del preambolo e il quinto ‘considerando’ dell’accordo quadro stesso, pongono l’accento sulla necessità di raggiungere un equilibrio tra flessibilità e sicurezza.

115    La stabilità dell’impiego costituisce, piuttosto, una finalità perseguita dalle parti firmatarie dell’accordo quadro, la cui clausola 1, lett. b), prevede che il suo obiettivo è quello di «creare un quadro normativo per la prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».

116    In secondo luogo, una direttiva potrebbe vincolare un’istituzione anche quando quest’ultima, nell’ambito della propria autonomia organizzativa e nei limiti dello Statuto, abbia inteso dare esecuzione a un’obbligazione particolare enunciata da una direttiva, o, ancora, nel caso in cui un atto di portata generale di applicazione interna rinvii esso stesso espressamente alle misure adottate dal legislatore comunitario in applicazione dei Trattati. Così, l’art. 1 sexies, n. 2, dello Statuto prevede che i funzionari «hanno diritto a condizioni di lavoro rispondenti a norme sanitarie e di sicurezza adeguate e almeno equivalenti ai requisiti minimi applicabili conformemente alle misure adottate in quest’ambito ai sensi dei Trattati». Quest’ultima disposizione si applica, per analogia, agli agenti temporanei e agli agenti contrattuali in forza degli artt. 10, primo comma, e 80, n. 4, del RAA.

117    Tuttavia, è necessario constatare che la direttiva 1999/70 non ha lo scopo di migliorare l’ambiente di lavoro, rafforzando la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori propriamente dette, bensì di ravvicinare le leggi e le prassi nazionali in materia di condizioni di lavoro relative alla durata dei rapporti di lavoro.

118    In terzo luogo, e in ogni caso, occorre ricordare che il principio di leale cooperazione sancito all’art. 10 CE obbliga non solo gli Stati membri ad adottare tutte le misure atte a garantire la portata e l’efficacia del diritto comunitario (sentenza della Corte 26 settembre 2000, causa C‑262/97, Engelbrecht, Racc. pag. I‑7321, punto 38), ma impone anche alle istituzioni comunitarie obblighi reciproci di leale collaborazione con gli Stati membri (sentenze della Corte 10 febbraio 1983, causa 230/81, Lussemburgo/Parlamento, Racc. pag. 255, punto 37; 14 maggio 2002, causa C‑383/00, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑4219, punto 18; 26 novembre 2002, causa C‑275/00, First e Franex, Racc. pag. I‑10943, punto 49; 4 marzo 2004, causa C‑344/01, Germania/Commissione, Racc. pag. I‑2081, punto 79, e 20 ottobre 2005, causa C‑511/03, Ten Kate Holding Musselkanaal e a., Racc. pag. I‑8979, punto 28), e tra di loro (v., in tal senso, sentenza della Corte 30 marzo 1995, causa C‑65/93, Parlamento/Consiglio, Racc. pag. I‑643, punto 23).

119    In base a ciò, spetta alle istituzioni assicurare, per quanto possibile, la coerenza tra la propria politica interna e la loro azione legislativa svolta a livello comunitario, in particolare, avente come destinatari gli Stati membri. Così, le istituzioni devono tenere conto, quando agiscono come datori di lavoro, delle disposizioni legislative che impongono, segnatamente, prescrizioni minime destinate a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori negli Stati membri mediante il ravvicinamento delle legislazioni e delle prassi nazionali e, in particolare, della volontà del legislatore comunitario di rendere la stabilità dell’impiego un obiettivo prioritario nella materia dei rapporti di lavoro all’interno dell’Unione europea. Detto obbligo si impone, a maggior ragione, dato che la riforma amministrativa operata dal regolamento n. 723/2004 ha accentuato una tendenza alla contrattualizzazione della funzione pubblica europea.

120    Per quanto riguarda, piu in particolare, l’accordo quadro, che mira a ravvicinare le legislazioni e le prassi nazionali attraverso la fissazione di prescrizioni minime relative al lavoro a tempo determinato, spetta pertanto al Parlamento, conformemente al dovere di lealtà cui esso è tenuto, interpretare, nei limiti del possibile, le disposizioni del RAA alla luce del testo e della finalità dell’accordo quadro al fine di perseguire il risultato da quest’ultimo perseguito.

121    Da ultimo, le conseguenze sopra tratte dall’obbligo di lealtà emergono anche, nel caso di specie, da una costante giurisprudenza secondo cui, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto comunitario, si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte, così come dell’insieme delle disposizioni del diritto comunitario (v., in tal senso, sentenze della Corte 6 ottobre 1982, causa 283/81, Cilfit e a., Racc. pag. 3415, punto 20, e 17 novembre 1983, causa 292/82, Merck, Racc. pag. 3781, punto 12, e sentenza del Tribunale di primo grado 6 ottobre 2005, cause riunite T‑22/02 e T‑23/02, Sumitomo Chemical e Sumika Fine Chemicals/Commissione, Racc. pag. II‑4065, punto 47). Deve pertanto escludersi che un’istituzione, nell’applicazione e nell’interpretazione delle norme del RAA relative alla durata dei contratti, prescinda dalle prescrizioni minime relative al lavoro a tempo determinato adottate a livello comunitario.

122    In considerazione di quanto precede, occorre respingere l’eccezione di illegittimità sollevata dai ricorrenti in ordine all’art. 78 del RAA, poiché la direttiva 1999/70 non può, in quanto tale, giustificare un’eccezione di illegittimità con riguardo a una disposizione inclusa nel regolamento del Consiglio, contenente lo Statuto e il RAA, che fosse contraria all’accordo quadro.

123    Tuttavia, la suddetta direttiva e l’accordo quadro che essa intende attuare sono, nelle circostanze del caso di specie, e nei limiti tracciati ai precedenti punti 118‑121, invocabili dai ricorrenti nei confronti del Parlamento nella prospettiva, per quanto possibile, di un’interpretazione delle norme dello Statuto e del RAA che sia conforme alle esigenze previste dall’accordo quadro.

124    Orbene, l’esame delle disposizioni dell’accordo quadro invocate dai ricorrenti fin qui svolto non consente, in ogni caso, di concludere che il Parlamento ha violato l’art. 78 del RAA, interpretato alla luce delle finalità e delle prescrizioni minime in esse contenute.

–       Sul contenuto dell’accordo quadro

125    In primo luogo, si deve ricordare che la direttiva 1999/70 e l’accordo quadro sono applicabili ai contratti e ai rapporti di lavoro a tempo determinato conclusi con le amministrazioni e con altri enti del settore pubblico (sentenze della Corte 4 luglio 2006, causa C‑212/04, Adeneler e a., Racc. pag. I‑6057, punto 54; 7 settembre 2006, causa C‑53/04, Marrosu e Sardino, Racc. pag. I‑7213, punto 39, e causa C‑180/04, Vassallo, Racc. pag. I‑7251, punto 32).

126    A tale riguardo, l’accordo quadro muove dalla premessa che i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro, pur riconoscendo che i contratti di lavoro a tempo determinato sono una caratteristica dell’impiego in alcuni settori o per determinate occupazioni e attività (v. punti 6 e 8 delle considerazioni generali dell’accordo quadro; sentenza Adeneler e a., cit., punto 61).

127    Di conseguenza, il beneficio della stabilità dell’impiego è inteso come un elemento portante della tutela dei lavoratori (v. sentenza Mangold, cit., punto 64), mentre soltanto in alcune circostanze i contratti di lavoro a tempo determinato sono atti a rispondere alle esigenze sia dei datori di lavoro che dei lavoratori (v. secondo comma del preambolo e punto 8 delle considerazioni generali dell’accordo quadro; sentenza Adeneler e a., cit., punto 62).

128    In tale ottica, l’accordo quadro intende delimitare il ripetuto ricorso a quest’ultima categoria di rapporti di lavoro, considerata come potenziale fonte di abuso a danno dei lavoratori, prevedendo un certo numero di disposizioni di tutela minima volte ad evitare la precarizzazione della situazione dei lavoratori dipendenti (v. sentenza Adeneler e a., cit., punto 63).

129    Così, la clausola 5, punto 1, dell’accordo quadro mira specialmente alla «prevenzione degli abusi derivanti dall’utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato».

130    A tale scopo, la suddetta clausola impone agli Stati membri l’obbligo di introdurre nel loro ordinamento giuridico una o più misure tra quelle enunciate al suo punto 1, lett. a)‑c), qualora non siano già in vigore nello Stato membro interessato norme equivalenti volte a prevenire in modo effettivo l’utilizzo abusivo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi (sentenza Adeneler e a., cit., punto 65). Di contro, l’accordo quadro non stabilisce un obbligo generale degli Stati membri di prevedere, dopo un certo numero di rinnovi di contratti a tempo determinato o al termine di un certo periodo di lavoro, la conversione del rapporto di lavoro in contratti a tempo indeterminato, così come non stabilisce nemmeno le condizioni precise alle quali si può fare uso di questi ultimi (v., in tal senso, sentenza Adeneler e a., cit., punto 91, nonché Marrosu e Sardino, cit., punto 47).

131    Fra le misure enunciate alla clausola 5, punto 1, si annoverano, sub lett. a), le «ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti [di lavoro]».

132    Le parti firmatarie dell’accordo quadro, infatti, hanno considerato che l’utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato basata su ragioni oggettive sia un modo di prevenire gli abusi (v. punto 7 delle considerazioni generali dell’accordo quadro).

133    Orbene, nel caso di specie, risulta dal complesso degli atti di causa che sono proprio talune «ragioni oggettive» ad essere sostanzialmente invocate dal Parlamento per giustificare il rinnovo dei contratti di agente ausiliario di sessione in occasione dello svolgimento di ciascuna sessione parlamentare.

134    A tale riguardo la Corte ha dichiarato, nella sentenza Adeneler e a. (cit., punto 69), che la nozione di «ragioni oggettive» di cui alla clausola 5, n. 1, lett. a), dell’accordo quadro dev’essere intesa nel senso che essa si riferisce a circostanze precise e concrete che contraddistinguono una determinata attività e, pertanto, idonee a giustificare, in un simile contesto particolare, l’utilizzo di contratti di lavoro a tempo determinato successivi. Dette circostanze possono risultare, segnatamente, dalla particolare natura delle funzioni per l’espletamento delle quali siffatti contratti sono stati conclusi e dalle caratteristiche inerenti a queste ultime o, eventualmente, dal perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (v. sentenza Adeneler e a., cit., punto 70).

135    Nel caso di specie, correttamente il Parlamento ha fatto valere che il rinnovo dei contratti a tempo determinato in questione rispondeva a un’esigenza effettiva, nel senso che era necessario all’espletamento delle funzioni affidategli. Infatti, il ricorso all’art. 78 del RAA fino al 1° gennaio 2007 gli ha consentito di soddisfare alle esigenze puntuali e massicce di risorse umane per la sola durata delle sue sessioni. È pacifico che la notevole crescita dell’attività svolta a Strasburgo dal Parlamento, per un periodo limitato a quattro o cinque giorni al mese, implica una sensibile variazione delle sue esigenze di risorse umane, destinate a compiti tanto specifici quanto svariati, come quelli di agente d’asilo, puericultrice, dattilografo, tecnico, cuoco, insegnante di lingue, traduttore, usciere, traslocatore e altri. Se anche tali esigenze fossero prevedibili, non per questo il surplus di attività diverrebbe duraturo e permanente. Circostanze siffatte ben hanno potuto, in considerazione della clausola 5, n. 1, lett. a), dell’accordo quadro, giustificare il ricorso a contratti di agenti ausiliari a tempo determinato successivi.

136    È pur vero che, come hanno osservato i ricorrenti, l’agente ausiliario inizia ad acquisire un diritto al congedo retribuito soltanto a condizione di aver svolto un periodo di servizio minimo di quindici giorni o mezzo mese ai sensi dell’art. 58, primo comma, del RAA, cosicché gli agenti ausiliari di sessione risultano privati di qualsiasi diritto a tale congedo per il solo fatto di essere assunti sulla base di contratti di brevissima durata, inferiore al periodo minimo.

137    Tuttavia, i ricorrenti non hanno sollevato alcuna eccezione di illegittimità in ordine all’art. 58, primo comma, del RAA. Il Tribunale non può quindi esaminare tale questione, salvo esorbitare dai limiti della controversia, così come essa è stata circoscritta dai ricorrenti.

138    In considerazione di quanto precede, l’eccezione di illegittimità sollevata dai ricorrenti in ordine all’art. 78 del RAA non può essere accolta, siccome il Parlamento non ha ignorato la portata di tale articolo alla luce della direttiva 1999/70. Si deve pertanto respingere la domanda di annullamento.

 Sulla domanda di indennizzo

1.     Argomenti delle parti

139    I ricorrenti chiedono la condanna del Parlamento al pagamento di un’indennità sostitutiva dei congedi retribuiti relativi ai periodi di servizio, nonché al rimborso a ciascuno di essi della somma di EUR 2 000 a titolo di spese «irripetibili» del procedimento.

140    Il Parlamento replica che, a norma dell’art. 58 del RAA, l’agente ausiliario beneficia di un congedo retribuito di due giorni lavorativi per ogni mese di servizio e un servizio di durata inferiore a quindici giorni o a mezzo mese non dà diritto a congedo. In tale contesto, gli agenti ausiliari di sessione, i quali lavorano al massimo cinque giorni al mese, non potrebbero pretendere un congedo retribuito. Pertanto, ai ricorrenti non dovrebbe essere accordata alcuna indennità sostitutiva.

141    Peraltro, il Parlamento rileva che, secondo l’art. 94 del regolamento di procedura del Tribunale, il procedimento dinanzi a quest’ultimo è gratuito. Detto regolamento, del resto, non prevedrebbe la possibilità di condannare una parte non vittoriosa alle spese «irripetibili» del procedimento. Di conseguenza, la domanda di rimborso di tali spese dev’essere dichiarata irricevibile.

2.     Giudizio del Tribunale

142    Secondo costante giurisprudenza, la responsabilità della Comunità presuppone la compresenza di un insieme di condizioni relative all’illegittimità del comportamento addebitato alle istituzioni, alla concretezza del danno e all’esistenza di un nesso causale fra il comportamento e il danno asserito (sentenza della Corte 16 dicembre 1987, causa 111/86, Delauche/Commissione, Racc. pag. 5345, punto 30; sentenza del Tribunale di primo grado 27 novembre 2003, cause riunite T‑331/00 e T‑115/01, Bories e a./Commissione, Racc. PI pagg. I‑A‑309 e II‑1479, punto 192; sentenza del Tribunale 10 ottobre 2007, causa F‑107/06, Berrisford/Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 109). Nel momento in cui una di queste condizioni non sia soddisfatta, la domanda di indennizzo viene respinta nel suo insieme, senza che occorra esaminare le altre condizioni.

143    In ordine all’illegittimità del comportamento addebitato al Parlamento, i ricorrenti non hanno sviluppato nei loro ricorsi alcun argomento diverso da quello dedotto a sostegno della loro eccezione di illegittimità sollevata contro l’art. 78 del RAA nell’ambito della domanda di annullamento. Come risulta dal punto 96 supra, tale eccezione si è basata, in sostanza, su tre motivi, vale a dire la violazione dell’art. 283 CE e del principio della non discriminazione nonché il pregiudizio alla stabilità dell’impiego. Orbene, l’eccezione di illegittimità è stata respinta in quanto nessuno dei motivi dedotti a suo sostegno è stato accolto.

144    Si deve pertanto respingere la domanda di indennizzo, non avendo i ricorrenti dimostrato in modo adeguato l’illegittimità del comportamento addebitato al Parlamento.

 Sulle spese

145    Ai sensi dell’art. 122 del regolamento di procedura del Tribunale, le disposizioni del capo VIII, titolo II, dello stesso relative alle spese si applicano esclusivamente alle cause intentate dinanzi al Tribunale a decorrere dall’entrata in vigore di tale regolamento di procedura, ossia il 1° novembre 2007. Le disposizioni del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado pertinenti in materia restano applicabili mutatis mutandis alle cause pendenti dinanzi al Tribunale anteriormente a tale data.

146    Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale di primo grado, ciascuna parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Tuttavia, in forza dell’art. 88 dello stesso regolamento, nelle cause tra le Comunità e i loro dipendenti, le spese sostenute dalle istituzioni restano a loro carico. Poiché i ricorrenti sono rimasti soccombenti, si deve disporre che ciascuna parte sopporti le proprie spese.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Ciascuna parte sopporta le proprie spese.

Kanninen

Boruta

Van Raepenbusch

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 30 aprile 2009.

Il cancelliere

 

       Il presidente

W. Hakenberg

 

      H. Kanninen


Indice


Contesto normativo

1. Il regime applicabile agli altri agenti delle Comunità europee

2. L’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato

Fatti all’origine della controversia

Procedimento e conclusioni delle parti

Sulla ricevibilità del ricorso

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

Sulla domanda di annullamento

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

Sulla ricevibilità dell’eccezione di illegittimità

Sulla fondatezza dell’eccezione di illegittimità

Sulla pretesa violazione dell’art. 283 CE

Sull’asserita violazione del principio della non discriminazione

Sulla stabilità dell’impiego

–  Invocabilità della direttiva 1999/70 da parte di un funzionario o agente nei confronti di un’istituzione comunitaria

–  Sul contenuto dell’accordo quadro

Sulla domanda di indennizzo

1.  Argomenti delle parti

2.  Giudizio del Tribunale

Sulle spese

I testi della presente decisione nonché delle decisioni dei giudici comunitari ivi citate e non ancora pubblicate nella Raccolta sono disponibili sul sito Internet della Corte di giustizia: www.curia.europa.eu

ALLEGATO

Tenuto conto dell'elevato numero di ricorrenti in questa causa, i loro nomi non sono riportati nel presente allegato.


* Lingua processuale: il francese.