Language of document : ECLI:EU:C:2008:561

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 14 ottobre 2008 1(1)

Causa C‑318/07

Hein Persche

contro

Finanzamt Lüdenscheid

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Bundesfinanzhof (Germania)]

«Libera circolazione dei capitali – Imposte sul reddito – Deducibilità delle donazioni in natura a favore di enti stabiliti in un altro Stato membro che perseguono scopi di interesse generale – Requisito dello stabilimento nel territorio nazionale»





I –    Introduzione

1.        Nel presente procedimento la Corte è chiamata sostanzialmente a stabilire se un dono in natura da parte di una persona residente in uno Stato membro ad un ente (2) straniero riconosciuto di interesse generale nello Stato membro di origine rientri nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Trattato CE sulla libera circolazione di capitali e, in caso affermativo, se lo Stato membro in cui risiede il donatore possa, senza commettere una violazione degli artt. 56 CE e 58 CE, subordinare la deduzione fiscale di un tale dono alla condizione che il beneficiario sia un ente situato sul territorio nazionale.

2.        Tale domanda è stata presentata dal Bundesfinanzhof (Germania) nell’ambito di una controversia tra il sig. Persche e il Finanzamt Lüdenscheid (Ufficio delle imposte di Lüdenscheid; in prosieguo: il «Finanzamt») avente ad oggetto la deducibilità fiscale di un dono in natura elargito ad un ente situato in Portogallo, e riconosciuto in tale Stato membro come ente di interesse generale, nel contesto dell’imposizione dei redditi del ricorrente nel procedimento principale per l’anno 2003.

II – Contesto normativo

A –    Il diritto comunitario

3.        Ai termini dell’art. 56, n. 1, CE, sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri e tra Stati membri e paesi terzi.

4.        L’art. 58, n. 1, CE così recita:

«Le disposizioni dell’articolo 56 non pregiudicano il diritto degli Stati membri:

a)      di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale;

b)      di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale o in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie (...), o di adottare misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza».

5.        L’art. 58, n. 3, CE dispone che le misure e le procedure di cui al paragrafo 1 non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali e dei pagamenti di cui all’art. 56 CE.

6.        L’art. 1, n. 1, della direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (3), come modificata dalla direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa (4) (in prosieguo: la «direttiva 77/799»), prevede quanto segue:

«Le competenti autorità degli Stati membri scambiano, conformemente alla presente direttiva, ogni informazione atta a permettere loro una corretta determinazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio (…)».

7.        L’art. 2 della direttiva 77/799 è così formulato:

«1.      L’autorità competente di uno Stato membro può chiedere all’autorità competente di un altro Stato membro di comunicar[le] le informazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, per quanto concerne un caso specifico. L’autorità competente dello Stato cui la richiesta di informazioni è rivolta non è tenuta ad ottemperare a tale richiesta se risulta che l’autorità competente dello Stato richiedente non ha esaurito le abituali fonti di informazione che avrebbe potuto utilizzare, secondo le circostanze, per ottenere le informazioni richieste senza mettere in pericolo i risultati dell’inchiesta.

2.      Ai fini della comunicazione delle informazioni di cui all’articolo 1, paragrafo 1, l’autorità competente dello Stato membro cui la richiesta è rivolta fa eseguire, se del caso, le indagini necessarie per ottenere dette informazioni».

8.        Ai termini dell’art. 8 della direttiva 77/799:

«1.      La presente direttiva non impone l’obbligo di fare effettuare richieste o di trasmettere informazioni quando la legislazione o la pratica amministrativa non autorizza l’autorità competente dello Stato che dovrebbe fornire le informazioni né a effettuare tali ricerche, né a raccogliere o a utilizzare dette informazioni per le necessità di tale Stato.

(…)

3.      L’autorità competente di uno Stato membro può rifiutare di fornire informazioni allorché, per motivi di fatto o di diritto, lo Stato interessato non è in grado di fornire informazioni equipollenti».

B –    La legislazione tributaria tedesca in materia di imposte sul reddito delle persone fisiche

9.        Ai sensi dell’art. 10 b, n. 1, della legge tedesca relativa all’imposta sul reddito (Einkommensteuergesetz), i soggetti passivi possono dedurre dall’importo complessivo dei redditi, a titolo di spese straordinarie deducibili ed entro certi limiti, gli importi versati per la realizzazione di opere di beneficenza, di culto, religiose, scientifiche nonché per opere considerate di interesse generale. In forza del n. 3 dello stesso articolo, altrettanto vale per le donazioni in natura.

10.      A tenore dell’art. 49 del regolamento di attuazione della legge relativa all’imposta sul reddito (Einkommensteuer-Durchführungsverordnung), la possibilità di dedurre le donazioni è limitata ai casi in cui il beneficiario sia una persona giuridica nazionale di diritto pubblico o un servizio pubblico nazionale oppure una persona giuridica, un’associazione di persone o una massa patrimoniale ai sensi dell’art. 5, n. 1, parte 9, della legge relativa all’imposta sulle società (Körperschaftsteuergesetz). Quest’ultima disposizione definisce le persone giuridiche, le associazioni di persone e le masse patrimoniali (in prosieguo: gli «enti») che sono esenti dall’imposta sulle società, vale a dire gli enti che, in applicazione dello statuto e tenuto conto della loro gestione effettiva, perseguono esclusivamente e direttamente scopi di interesse generale, filantropici o di culto. Tale esenzione si applica, tuttavia, solamente agli enti stabiliti nel territorio tedesco, conformemente al disposto dell’art. 5, n. 2, punto 2, della legge relativa all’imposta sulle società.

11.      Ai sensi dell’art. 50, n. 1, del regolamento di attuazione della legge relativa all’imposta sul reddito, le donazioni di cui all’art. 10 b di quest’ultima legge – fatte salve le disposizioni speciali applicabili alle donazioni di importo massimo pari a EUR 100 – possono essere dedotte solo dietro presentazione di un modulo amministrativo compilato dall’ente beneficiario.

12.      Ai fini della tassazione del reddito del donatore il detto modulo costituisce una prova sufficiente del fatto che il beneficiario della donazione soddisfi le condizioni imposte dalla legge. Pertanto l’amministrazione fiscale del donatore non è tenuta a verificare se l’ente beneficiario rispetti le condizioni che danno diritto alle agevolazioni fiscali.

13.      Gli artt. 51‑68 del codice tedesco dei tributi (Abgabenordnung; in prosieguo: l’«AO») definiscono gli scopi che un ente deve perseguire e le modalità con cui tali scopi devono essere perseguiti per beneficiare dell’esenzione fiscale.

14.      Così, ai sensi dell’art. 52, nn. 1 e 2, punto 2, dell’AO, un ente esercita la propria attività a fini di interesse generale quando questa mira a promuovere gli interessi della collettività, in particolare sostenendo l’assistenza per l’infanzia e per gli anziani. Conformemente all’art. 55 dell’AO, l’ente deve agire in modo disinteressato, vale a dire deve, in particolare, utilizzare i suoi mezzi esclusivamente e tempestivamente per gli obiettivi che godono dei benefici fiscali e non a favore dei suoi membri. A norma dell’art. 59 dell’AO, il detto ente può beneficiare dell’agevolazione fiscale controversa solo se dal suo statuto risulta che esso persegue unicamente e direttamente scopi che soddisfano le condizioni definite agli artt. 52‑55 dell’AO.

15.      Conformemente agli artt. 193 e seguenti dell’AO, l’accertamento se la gestione di un ente corrisponda effettivamente alle disposizioni statutarie e se i mezzi dell’ente vengano utilizzati disinteressatamente e tempestivamente può avvenire mediante un controllo in loco. Qualora soddisfi le condizioni che danno diritto all’esenzione fiscale, l’ente è autorizzato a rilasciare ricevuta per i doni che gli vengono fatti, utilizzando il modulo amministrativo menzionato prima.

III – Procedimento principale e questioni pregiudiziali

16.      Nella sua denuncia dei redditi per l’anno 2003 il sig. Persche ha chiesto di dedurre, come spesa straordinaria deducibile, una donazione in natura composta da biancheria da letto e da bagno nonché da deambulatori e automobiline per bambini. Tale donazione è stata effettuata a favore del Centro Popular de Lagoa (Portogallo; in prosieguo: il «Centro Popular») per un valore totale di EUR 18 180. Non viene specificato dove il ricorrente si sia procurato ed abbia pagato i suddetti articoli. Il Centro Popular è una casa di riposo per anziani alla quale è annesso un centro per l’infanzia ed è situato in una località dove il ricorrente possiede un’abitazione, che utilizza personalmente tutti gli anni.

17.      Il ricorrente ha allegato alla denuncia dei redditi un documento in cui il Centro Popular conferma di aver ricevuto il suddetto dono, nonché una dichiarazione del direttore del Centro locale per la solidarietà e la previdenza sociale di Faro (Portogallo), recante la data del 21 marzo 2001, in cui si attesta che il Centro Popular è stato registrato nel 1982 presso la Direzione generale dell’azione sociale come ente privato per la solidarietà sociale e che a tale titolo esso fruisce di tutte le esenzioni e vantaggi fiscali concessi dalla legge portoghese agli enti riconosciuti di interesse generale. Il ricorrente sostiene che la ricevuta originale della donazione è sufficiente, secondo il diritto portoghese, per dare diritto ad una deduzione fiscale.

18.      Con avviso di accertamento 2003 il Finanzamt ha rifiutato la deduzione richiesta. Esso ha altresì respinto come infondato il reclamo contro tale avviso presentato dal ricorrente nel procedimento principale. Il ricorso proposto da quest’ultimo dinanzi al Finanzgericht Münster è stato ugualmente respinto. Successivamente, il ricorrente ha proposto un ricorso per cassazione («Revision») dinanzi al Bundesfinanzhof.

19.      Nell’ordinanza di rinvio il giudice nazionale fa notare che il Finanzamt ha dovuto rifiutare la deduzione della donazione di cui trattasi in base al duplice motivo che il beneficiario della donazione non era residente in Germania e che il contribuente non aveva presentato una ricevuta della donazione redatta nella forma prescritta dall’AO. Il giudice del rinvio si chiede, tuttavia, se un dono in natura sotto forma di beni di uso corrente rientri nell’ambito di applicazione degli artt. 56 CE‑58 CE e, in caso di risposta affermativa, se tali disposizioni ostino a che uno Stato membro ammetta la deduzione fiscale di un tale dono soltanto qualora il beneficiario risieda nel territorio nazionale.

20.      Al riguardo il giudice del rinvio osserva che, nella sentenza 14 settembre 2006, Centro di Musicologia Walter Stauffer (5), la Corte ha ammesso che spetta agli Stati membri decidere quali interessi della collettività essi vogliano promuovere con agevolazioni fiscali. Aggiunge, tuttavia, che in quella causa la Corte era partita dalla tesi del giudice remittente – un’altra sezione dello stesso Bundesfinanzhof – secondo cui la promozione degli interessi della collettività ai sensi dell’art. 52 dell’AO non implica che le misure di promozione debbano essere destinate ai cittadini tedeschi o ai residenti in Germania. Ora, nel caso presente, il giudice del rinvio precisa che, nel diritto tedesco, tale tesi sarebbe controversa.

21.      Il giudice del rinvio ricorda poi che, al punto 49 della citata sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer, la Corte ha stabilito che uno Stato membro non può giustificare con la necessità di effettuare controlli fiscali il rifiuto di concedere un’esenzione ad un contribuente stabilito in un altro Stato membro nei limiti in cui il primo Stato membro possa sempre richiedere al detto contribuente di fornire i documenti giustificativi pertinenti. Orbene, il giudice a quo osserva al riguardo che, secondo la giurisprudenza del Bundesverfassungsgericht, il principio di uguaglianza tributaria impedisce di liquidare un’imposta unicamente in base alla dichiarazione e alle indicazioni fornite dal soggetto passivo, ma esige che la procedura di dichiarazione possa essere completata con accertamenti in loco.

22.      In tale contesto il giudice a quo si chiede, da una parte, se la prestazione di reciproca assistenza prevista dalla direttiva 77/799 possa obbligare le autorità dello Stato membro in cui ha sede l’ente interessato a compiere accertamenti in loco e, dall’altra, ammesso che sia possibile, se non risulti contrario al principio di proporzionalità chiedere alle autorità fiscali tedesche di effettuare esse stesse tali accertamenti al fine di determinare la deducibilità fiscale di qualunque dono elargito al suddetto ente, a prescindere dal suo valore.

23.      Di conseguenza, il Bundesfinanzhof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se i doni in natura, sotto forma di beni di largo consumo, elargiti da un cittadino di uno Stato membro ad enti aventi sede in un altro Stato membro e ivi riconosciuti come enti d’interesse generale siano assoggettati al principio della libera circolazione dei capitali (art. 56 CE).

2)      In caso di soluzione affermativa della prima questione, se una disposizione di uno Stato membro in base alla quale le donazioni a favore di enti riconosciuti d’interesse generale possono beneficiare di agevolazioni fiscali soltanto qualora detti enti siano stabiliti nel territorio nazionale risulti contraria al principio della libera circolazione dei capitali (art. 56 CE), tenuto conto sia dell’obbligo delle autorità fiscali di verificare le dichiarazioni del contribuente sia del principio di proporzionalità (art. 5, terzo comma, CE).

3)      In caso di risposta affermativa alla seconda questione, se la direttiva 77/799 imponga all’amministrazione fiscale di uno Stato membro di avvalersi della collaborazione di un altro Stato membro per chiarire un fatto di competenza di quest’ultimo, o se si possa opporre al soggetto passivo il fatto che lui stesso, in base al diritto processuale del suo Stato membro, è tenuto a provare i fatti avvenuti all’estero (onere della prova)».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

24.      Conformemente all’art. 23 dello Statuto della Corte di giustizia, hanno presentato osservazioni scritte alla Corte i governi tedesco, ellenico, francese e del Regno Unito, l’Irlanda, la Commissione delle Comunità europee e l’Autorità di vigilanza AELS. Tali parti, nonché il Finanzamt e il governo spagnolo, hanno svolto osservazioni orali nel corso dell’udienza tenutasi il 17 giugno 2008.

V –    Analisi

A –    Sulla prima questione pregiudiziale

25.      Con la prima questione il giudice del rinvio chiede se una donazione in natura, elargita da una persona fisica residente in uno Stato membro ad un ente stabilito in un altro Stato membro, possa configurare un movimento di capitali ai sensi dell’art. 56 CE.

26.      La Commissione e l’Autorità di vigilanza AELS propongono di risolvere tale questione in senso affermativo.

27.      Al contrario, i governi che hanno presentato osservazioni nel presente procedimento sostengono che le donazioni in natura a carattere transfrontaliero non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 56 CE. Secondo i detti governi, tale disposizione riguarderebbe unicamente i movimenti di capitali effettuati nell’esercizio di un’attività economica o nell’ottica del conseguimento di un obiettivo economico. Si tratterebbe di movimenti di capitali effettuati a fini di «investimento» o di «collocamento». Tali governi aggiungono che la nomenclatura riportata in allegato alla direttiva del Consiglio 24 giugno 1988, 88/361/CEE, per l’attuazione dell’articolo 67 del Trattato (6), che è stato abrogato dal Trattato di Amsterdam, ha unicamente valore indicativo, non vincolante, e che comunque la sua sezione XI, intitolata «Movimenti di capitali a carattere personale», riguarderebbe solamente i movimenti tra persone fisiche. Inoltre, secondo l’Irlanda, sarebbe difficile immaginare che all’atto dell’adozione dell’allegato I della direttiva 88/361 siano state prese in considerazione donazioni diverse da quelle in denaro. Infine, il governo ellenico sostiene che un trasferimento di beni di uso corrente, che non sono mezzi di pagamento e non vengono trasferiti a fini di investimento, rientrerebbe esclusivamente nelle disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle merci.

28.      Non posso condividere gli argomenti esposti dai governi intervenienti.

29.      È certamente vero che il Trattato non fornisce alcuna definizione della nozione di movimento di capitali. È altrettanto esatto che la Corte ha precisato che i movimenti di capitali di cui all’art. 67 del Trattato CEE (divenuto, in seguito a modifica, art. 73 B del Trattato CE, a sua volta divenuto art. 56 CE) sono operazioni finanziarie che riguardano essenzialmente la collocazione o l’investimento dell’importo di cui trattasi e non il corrispettivo di una prestazione (7).

30.      Occorre tuttavia osservare che, contrariamente a quanto suggeriscono i governi che hanno presentato osservazioni nel presente procedimento, tale definizione non implica che ogni operazione finanziaria a carattere transfrontaliero debba avere come unico obiettivo l’investimento o il collocamento di capitali per essere considerata un movimento di capitali ai sensi dell’art. 56 CE. Né tale definizione pretende di abbracciare tutte le operazioni rientranti nel campo di applicazione dei movimenti di capitali. Essa mira piuttosto ad identificare, nel contesto in cui è stata fornita, i casi in cui un trasferimento di valori costituisce non un movimento di capitali bensì un pagamento corrente, cioè il corrispettivo di una transazione nell’ambito di uno scambio di merci o di servizi (8), ipotesi che è in ogni caso esclusa quando si tratta di una donazione in natura come quella discussa nel procedimento principale.

31.      Ciò premesso, ritengo che tanto la direttiva 88/361 quanto la giurisprudenza della Corte inducano a riconoscere alle donazioni in natura effettuate tra due persone fisiche o giuridiche residenti o stabilite in Stati membri diversi la qualifica di movimenti di capitali.

32.      Al riguardo si deve ricordare che la giurisprudenza della Corte fa regolarmente riferimento alla nomenclatura riportata in allegato alla direttiva 88/361 per determinare l’ambito di applicazione materiale della libera circolazione di capitali, restando inteso che tale nomenclatura mantiene un valore indicativo nella definizione del movimento di capitali e che l’elenco ivi contenuto non ha carattere esaustivo (9). Orbene, è pacifico che la detta nomenclatura prevede, all’interno della sezione XI, parte B, che le donazioni e le dotazioni, alla stregua, in particolare, delle successioni e dei legati contemplati nella parte D della medesima sezione, rientrino tra i movimenti di capitali da classificare nella categoria dei «movimenti di capitali a carattere personale».

33.      Contrariamente a quanto sostengono i governi che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte, né dalla formulazione né dall’economia della citata sezione XI si può dedurre che i movimenti di capitali cui quest’ultima si riferisce comprendano unicamente le transazioni finanziarie tra persone fisiche e/o le transazioni in denaro.

34.      Quanto al primo punto, ritengo che il semplice «carattere personale» delle transazioni elencate nella sezione XI non possa comportare che solo le operazioni concluse tra persone fisiche rientrino nella detta sezione. Del resto, sarebbe difficilmente comprensibile una limitazione della portata dei movimenti di capitali ivi elencati. È, infatti, difficile ammettere, per esempio, che il regolamento di debiti nel paese di residenza anteriore da parte di immigranti, operazione contemplata dalla medesima sezione che include le donazioni, non possa comprendere il regolamento di debiti a favore di persone giuridiche. Inoltre, sembrerebbe in qualche modo incoerente affermare, al pari della maggioranza dei governi che hanno presentato osservazioni alla Corte, che i movimenti di capitale riguarderebbero soltanto le operazioni aventi una finalità squisitamente economica e, al contempo, sostenere che tra le operazioni a carattere personale solo quelle concluse tra persone fisiche rientrerebbero nell’ambito di applicazione della libera circolazione dei capitali.

35.      In via generale, una siffatta limitazione del campo d’applicazione delle operazioni a carattere personale si concilierebbe difficilmente con la natura vera e propria della libera circolazione dei capitali, una libertà connessa piuttosto con l’oggetto delle transazioni che con la qualità delle persone che la esercitano (10). Senza dubbio questa è anche la ragione per cui nessuno dei governi intervenuti contesta l’applicabilità di tale libertà in un contesto in cui il beneficiario delle operazioni controverse, ossia il Centro Popular, non persegue scopi di lucro. Sarebbe peraltro difficile procedere diversamente, tenuto conto della citata sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer, in cui la Corte ha ammesso l’applicabilità della libera circolazione di capitali ad operazioni effettuate da una fondazione riconosciuta di interesse generale che non perseguiva scopi di lucro.

36.      In merito al secondo punto, si deve sottolineare che la Corte ha più volte affermato che le successioni, di cui alla parte D della summenzionata sezione XI, costituiscono movimenti di capitali (sempre che i loro elementi costitutivi non si collochino tutti all’interno di un unico Stato membro), senza stabilire distinzioni, dal punto di vista della qualificazione giuridica di tali operazioni, in funzione del fatto che il patrimonio del testatore sia composto da beni mobili o pecuniari e/o da immobili (11). Del resto, nella citata sentenza van Hilten-van der Heijden la Corte ha esplicitamente accolto una definizione materiale ampia del termine «successione», precisando che tale atto consisteva in un «trasferimento agli eredi [della persona deceduta] della proprietà dei diversi beni, diritti ecc. di cui è composto [il] patrimonio [di tale persona]» (12).

37.      Appare difficile comprendere perché si dovrebbe adottare un ragionamento diverso per le «donazioni» di cui alla parte B, sezione XI, dell’allegato I alla direttiva 88/361.

38.      In definitiva, al pari delle successioni, le donazioni consistono nella trasmissione, a titolo gratuito, della proprietà di beni a terzi, indipendentemente dalla natura mobiliare o immobiliare dei beni stessi. Il fatto che, nel procedimento principale, la donazione consistesse in beni di uso corrente costituisce unicamente una modalità di erogazione, che non incide sulla realtà del trasferimento della proprietà dei beni o di una parte del patrimonio del donatore (13).

39.      Se tale dev’essere, come credo, l’accezione di «donazioni» nella summenzionata parte B della sezione XI, ne deduco che nulla osta a ritenere che le donazioni in natura costituiscano movimenti di capitali ai sensi dell’art. 56 CE, sempre che i loro elementi costitutivi non si collochino all’interno di un unico Stato membro, come ha indicato la Corte a proposito delle successioni e dei legati.

40.      Una volta dimostrata l’applicabilità dell’art. 56 CE, l’argomento del governo ellenico secondo il quale sarebbero eventualmente pertinenti le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione delle merci deve quindi essere respinto (14). In proposito basta aggiungere che il fatto generatore della restrizione nazionale denunciata dal sig. Persche nel procedimento principale consiste nell’offerta di una donazione ad un ente che persegue una finalità di interesse generale situato al di fuori del territorio tedesco (15) e non già nell’esportazione di beni di uso corrente, che costituiscono l’oggetto della donazione di cui trattasi (16).

41.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni propongo di risolvere la prima questione pregiudiziale dichiarando che le donazioni effettuate da un cittadino di uno Stato membro, sotto forma di beni di uso corrente, a favore di un ente avente sede in un altro Stato membro e ivi riconosciuto come ente di interesse generale costituiscono movimenti di capitali ai sensi dell’art. 56 CE.

B –    Sulla seconda questione pregiudiziale

42.      Con la seconda questione il giudice a quo chiede se le disposizioni del Trattato relative alla libera circolazione dei capitali ostino ad una normativa di uno Stato membro che riserva la possibilità di deduzione fiscale alle donazioni effettuate a favore di enti riconosciuti di interesse generale stabiliti nel territorio nazionale, tenuto conto, in particolare, del fatto che l’amministrazione fiscale deve poter verificare le dichiarazioni del contribuente e che non può essere obbligata ad agire in violazione del principio di proporzionalità.

43.      In sostanza si tratta quindi di stabilire se una normativa nazionale come quella controversa nel procedimento principale costituisca una restrizione alla libertà di movimento dei capitali e, in tale ipotesi, se tale restrizione possa nondimeno essere considerata compatibile con la detta libertà o perché riguarda situazioni non oggettivamente comparabili o perché risulta giustificata in base ad un motivo imperativo di interesse generale (17).

1.      Sull’esistenza di una restrizione dei movimenti di capitali

44.      Secondo una giurisprudenza costante, se è vero che la materia delle imposte dirette rientra nella competenza degli Stati membri, questi ultimi devono tuttavia esercitare tale competenza nel rispetto del diritto comunitario (18).

45.      Ai sensi dell’art. 56 CE, tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra gli Stati membri sono vietate. Costituiscono così restrizioni ai movimenti di capitali le misure imposte da uno Stato membro che riservino ai movimenti transfrontalieri un trattamento meno favorevole di quello previsto per i movimenti nazionali e che, di conseguenza, siano tali da dissuadere i residenti dal realizzare movimenti di capitali in altri Stati membri (19).

46.      È opportuno ricordare che la normativa tedesca controversa nel procedimento principale esclude la deduzione fiscale delle donazioni effettuate dai contribuenti tedeschi a favore di un ente straniero riconosciuto di interesse generale nello Stato membro in cui esso è stabilito.

47.      In via generale, è piuttosto chiaro che la deducibilità fiscale di una donazione incide in misura considerevole sulla generosità del donatore. Peraltro la maggior parte degli Stati membri, se non tutti, accordano, sotto diverse forme, agevolazioni fiscali ai donatori. Con la concessione di tali agevolazioni gli Stati membri riducono il costo della donazione a carico del donatore e quindi lo stimolano a ripetere il suo gesto. È verosimile che l’esclusione di siffatta agevolazione indurrà un minore numero di persone ad effettuare donazioni.

48.      Nell’ipotesi in cui, come nel caso presente, un’esclusione di tal genere interessi unicamente le donazioni effettuate a beneficio di enti riconosciuti di interesse generale situati al di fuori del territorio nazionale, è evidente che i donatori preferiranno indirizzarsi verso enti nazionali che perseguono obiettivi equivalenti, al fine di ottenere il beneficio della deduzione fiscale. La normativa tedesca in questione è pertanto di natura tale da dissuadere i residenti dalle donazioni ad enti stranieri riconosciuti di interesse generale nello Stato membro in cui sono situati. Tali enti divengono perciò innegabilmente meno attraenti dei loro omologhi stabiliti nel territorio tedesco.

49.      Si deve rilevare che, d’altronde, i governi che hanno presentato osservazioni dinanzi alla Corte non hanno messo in dubbio il trattamento meno favorevole riservato alle donazioni transfrontaliere. Il governo francese ha perfino ammesso che tale disparità di trattamento crea uno svantaggio per gli enti situati in un altro Stato membro e può pertanto costituire un ostacolo alla libera circolazione dei capitali. Infatti, una normativa di tal genere rende più difficile la raccolta di fondi per gli enti stabiliti in altri Stati membri, poiché i donatori soggetti ad imposta in Germania non potranno beneficiare delle agevolazioni fiscali ivi previste qualora scelgano di destinare le donazioni ai detti enti.

50.      Ritengo pertanto che una normativa come quella controversa nel procedimento principale costituisca una restrizione ai movimenti di capitali vietata, in linea di principio, dall’art. 56, n. 1, CE.

2.      Sulle giustificazioni della restrizione dei movimenti di capitali

51.      Come giustificazioni della restrizione alla libertà di movimento dei capitali evidenziata in precedenza, il Finanzamt e i governi che hanno presentato osservazioni alla Corte invocano, da una parte, l’assenza di comparabilità oggettiva delle situazioni e, dall’altra, la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali. Questi due ordini di giustificazioni sono esaminati nei paragrafi che seguono.

a)      Sulla giustificazione relativa all’assenza di comparabilità oggettiva delle situazioni

52.      Ai sensi dell’art. 58, n. 1, lett. a), CE, le disposizioni dell’art. 56 CE non pregiudicano il diritto degli Stati membri di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovino nella medesima situazione quanto al luogo di residenza o al luogo di collocamento del loro capitale.

53.      Tale articolo deve essere interpretato restrittivamente in quanto costituisce una deroga al principio fondamentale della libera circolazione dei capitali. Esso non può quindi essere interpretato nel senso che ogni legislazione tributaria che comporti una distinzione tra i contribuenti in funzione del loro luogo di residenza o dello Stato membro in cui hanno investito i loro capitali sarebbe automaticamente compatibile con il Trattato. Infatti, la deroga prevista dall’art. 58, n. 1, lett. a), CE trova un limite nell’art. 58, n. 3, CE, in base al quale le misure e le procedure di cui ai precedenti nn. 1 e 2 non devono costituire un mezzo di discriminazione arbitraria né una restrizione dissimulata al libero movimento dei capitali (20).

54.      Ne consegue che, come ha indicato la Corte, occorre distinguere i trattamenti disuguali consentiti in forza dell’art. 58, n. 1, lett. a), CE dalle discriminazioni arbitrarie vietate dal n. 3 del medesimo articolo (21). Rientrano nella prima categoria unicamente le normative nazionali che prevedono un trattamento diseguale di situazioni che non sono oggettivamente paragonabili.

55.      Si deve ricordare che il procedimento principale riguarda il trattamento fiscale, in Germania, di un donatore che è soggetto passivo d’imposta in tale Stato membro e non il trattamento fiscale dell’ente beneficiario della donazione. La normativa controversa non stabilisce una disparità di trattamento tra i contribuenti in funzione del luogo di residenza e, del resto, l’ente beneficiario della donazione non è soggetto ad imposizione in Germania. Per contro, la normativa tedesca nega la deduzione fiscale di donazioni erogate da persone fisiche, passibili d’imposta in Germania, ad un ente straniero riconosciuto d’interesse generale nello Stato membro di stabilimento. Tale normativa crea pertanto una disparità di trattamento fiscale tra i contribuenti tedeschi in funzione del luogo in cui hanno investito i loro capitali. Di conseguenza, la compatibilità con la libera circolazione dei capitali di tale disparità di trattamento tra i contribuenti residenti è subordinata all’accertamento se l’ente beneficiario riconosciuto di interesse generale stabilito all’estero si trovi in una situazione oggettivamente paragonabile a quella di un ente riconosciuto di interesse generale stabilito nel territorio tedesco.

56.      In proposito, i governi tedesco, francese, del Regno Unito e l’Irlanda sostengono che un ente riconosciuto d’interesse generale che ha sede e svolge le proprie attività in Germania non si troverebbe nella stessa situazione di un ente analogo che non sia stabilito né svolga le sue attività nel territorio tedesco ai sensi dell’art. 58, n. 1, lett. a), CE.

57.      Più precisamente, i governi tedesco e francese osservano che, se uno Stato membro rinuncia a determinate entrate fiscali esentando da imposta taluni enti d’interesse generale stabiliti nel suo territorio, è perché i detti enti lo sollevano da determinati compiti d’interesse generale che, altrimenti, incomberebbero allo stesso Stato membro.

58.      Il governo tedesco, richiamando la citata sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer, aggiunge che gli Stati membri avrebbero la facoltà di riservare la concessione di un vantaggio fiscale agli enti che dimostrino un nesso sufficientemente stretto con il territorio nazionale. Pur ammettendo che la promozione degli interessi della collettività ai sensi dell’art. 52 dell’AO non esclude l’ipotesi che lo Stato incoraggi attività svolte all’estero, detto governo asserisce tuttavia che tale disposizione riguarda unicamente i compiti che lo Stato tedesco ha scelto di assumere sul piano internazionale e non tutte le attività che, se fossero svolte nel territorio nazionale, rientrerebbero nella nozione di interesse generale, come il sostegno all’infanzia e alle persone anziane.

59.      Del resto, secondo il governo del Regno Unito, le donazioni a favore di enti nazionali e quelle erogate a favore di enti situati in un altro Stato membro non sarebbero paragonabili in quanto gli Stati membri, da un lato, possono applicare diverse nozioni di beneficenza e diverse condizioni per il riconoscimento delle opere di beneficenza e, dall’altro, sarebbero in grado di controllare direttamente il rispetto di tali condizioni soltanto nel caso di enti nazionali.

60.      Tali argomenti non risultano convincenti, soprattutto alla luce degli indirizzi tracciati dalla summenzionata sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer.

61.      Quanto alla tesi di carattere generale elaborata dal governo del Regno Unito, secondo la quale gli Stati membri sarebbero liberi di applicare nozioni di beneficenza e condizioni per il riconoscimento delle opere di beneficenza diverse, si deve rilevare che, nella summenzionata sentenza, la Corte ha affermato con molta chiarezza che gli Stati membri sono effettivamente liberi di decidere quali siano gli interessi della collettività da promuovere, concedendo vantaggi ad associazioni e a fondazioni che perseguono in modo disinteressato fini legati ai detti interessi. Come la stessa Corte ha ammesso, il diritto comunitario non impone dunque agli Stati membri di assicurare che le fondazioni straniere riconosciute di interesse generale nello Stato membro d’origine beneficino automaticamente dello stesso riconoscimento sul loro territorio (22).

62.      Pertanto, ammettere che gli Stati membri dispongano di un potere discrezionale quanto alla definizione degli interessi generali che intendono promuovere e rifiutare l’applicazione automatica del principio del mutuo riconoscimento a vantaggio di enti riconosciuti di interesse generale in altri Stati membri non risolve, contrariamente a quanto sembra suggerire il governo del Regno Unito, il problema della comparabilità oggettiva tra la situazione di enti stabiliti sì in Stati membri differenti, ma aventi come obiettivo – e il punto è pacifico nel procedimento principale – la promozione di interessi generali identici: nella specie, il sostegno all’infanzia e alle persone anziane.

63.      Orbene, mi sembra che la Corte abbia risolto tale questione nella citata sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer, in una situazione che, contrariamente a quanto sostengono i governi intervenuti nel presente procedimento, non differisce in misura significativa da quella attualmente dinanzi al giudice del rinvio.

64.      Si deve ricordare che, nella causa all’origine della citata sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer, una fondazione riconosciuta di interesse generale in Italia aveva chiesto alle autorità fiscali tedesche la concessione del trattamento fiscale (esenzione) di cui beneficiavano le fondazioni analoghe stabilite nel territorio tedesco relativamente ai redditi derivanti dalla locazione di un immobile situato in Germania. Dalla sentenza emerge che tale fondazione non svolgeva alcuna delle sue attività d’interesse generale in Germania, attività che erano ad esclusivo vantaggio delle relazioni culturali tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera (23), e che l’esenzione fiscale dei redditi locativi le era stata negata per il motivo che essa non aveva né la sede né la direzione in Germania (24).

65.      Riguardo alla comparabilità oggettiva tra la situazione di tale fondazione e quella di una fondazione stabilita in Germania, la Corte ha in un primo momento respinto gli argomenti addotti in particolare dal governo tedesco, vertenti, da una parte, sul fatto che soltanto le fondazioni stabilite in Germania avrebbero assolto compiti che altrimenti sarebbero stati a carico di tale Stato membro e, dall’altra, sul requisito, ai fini della concessione di determinati vantaggi fiscali, dell’esistenza di un nesso sufficientemente stretto tra le fondazioni riconosciute di interesse generale ed il territorio o la collettività nazionale. La Corte era giunta a tale conclusione poiché l’art. 52 dell’AO prevedeva la promozione degli interessi della collettività senza operare distinzioni a seconda che l’attività in questione si svolgesse sul territorio nazionale o all’estero; l’organo nazionale remittente, il Bundesfinanzhof, aveva infatti precisato che tale disposizione non implicava che le misure di promozione degli interessi della collettività fossero a vantaggio solo dei cittadini della Repubblica federale di Germania o dei suoi abitanti (25).

66.      Tale valutazione mi sembra altrettanto valida nel caso presente.

67.      Infatti, benché il governo tedesco abbia tentato, nelle osservazioni scritte, di limitare l’applicazione dell’art. 52 dell’AO ai compiti che lo Stato tedesco ha deciso di assolvere sul piano internazionale, escludendo l’insieme delle attività che, se fossero esercitate sul territorio nazionale, rientrerebbero nella nozione di interesse generale, come il sostegno all’infanzia e alle persone anziane, è giocoforza constatare che, al di là del rilievo che si tratta di un punto controverso nel diritto interno, il giudice del rinvio, nella ricostruzione dei fatti e del contesto normativo applicabile (26), non ha contestato l’interpretazione dell’art. 52 dell’AO che questo stesso organo giurisdizionale aveva sostenuto nella citata causa Centro di Musicologia Walter Stauffer. Un’interpretazione restrittiva dell’art. 52 dell’AO, che ne limiti la portata ad obiettivi di interesse generale aventi una dimensione internazionale, come quella proposta dal governo tedesco, sembra peraltro difficile da difendere in considerazione degli obiettivi culturali piuttosto limitati che la fondazione Centro di Musicologia Walter Stauffer perseguiva e ciononostante riconosciuti dal diritto tedesco come rientranti nella nozione di interesse generale ai sensi dell’art. 52 dell’AO (27).

68.      Mi pare dunque che, come è stato precisato nella summenzionata sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer, l’esistenza di un nesso sufficientemente stretto con il territorio nazionale, che implichi che le misure di promozione degli interessi della collettività siano a vantaggio dei cittadini o degli abitanti della Germania, non è rilevante ai fini della soluzione del procedimento principale.

69.      Perciò, nel procedimento a quo, il fatto, verosimile benché non accertato, che le attività del Centro Popular siano a vantaggio di bambini e/o di persone anziane di nazionalità portoghese, o per lo meno residenti in Portogallo, non è determinante ai fini dell’esame della comparabilità oggettiva della situazione di tale ente, riconosciuto di interesse generale, con quella di un ente identico stabilito nel territorio tedesco.

70.      Certo, è vero che il Centro Popular, a differenza della fondazione Centro di Musicologia Walter Stauffer, non è soggetto neppure parzialmente ad imposta in Germania. Sono disposto ad ammettere che l’assoggettamento all’imposta sul reddito in Germania fornisce alle autorità fiscali nazionali la garanzia di una maggiore collaborazione da parte dell’ente di cui trattasi, poiché quest’ultimo cercherà di ottenere direttamente le agevolazioni fiscali previste dalla normativa tedesca. Tuttavia, mi pare che questa circostanza non abbia alcun peso per stabilire se gli enti non residenti si trovino in una situazione paragonabile a quella degli enti residenti. Infatti, come ha correttamente rilevato l’Autorità di vigilanza AELS all’udienza, il parziale assoggettamento ad imposta, in Germania, della fondazione Centro di Musicologia Walter Stauffer, riguardava non già gli elementi che consentivano di verificare se tale fondazione perseguisse obiettivi d’interesse generale conformi alle condizioni imposte dall’AO – elementi tutti riscontrabili in Italia, Stato membro in cui la fondazione aveva stabilito la propria sede e la direzione –, ma unicamente l’imposta dovuta sui redditi locativi percepiti in Germania.

71.      Condivido, pertanto, la tesi, difesa dalla Commissione e dall’Autorità di vigilanza AELS, secondo cui si tratta di verificare se, nella fattispecie, siano soddisfatti i criteri elaborati dalla Corte al punto 40 della citata sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer. Più in particolare, dal detto punto emerge che spetta alle autorità nazionali di uno Stato membro, inclusi i giudici, valutare se un ente riconosciuto di interesse generale in un altro Stato membro integri anche le condizioni stabilite a questo scopo dalla legislazione del primo Stato membro ed abbia come obiettivo la promozione di identici interessi della collettività, caso in cui il detto ente si troverà in una situazione oggettivamente paragonabile a quella degli enti stabiliti sul territorio di tale Stato membro e dovrà, in linea di principio, godere del diritto alla parità di trattamento (28).

72.      Ebbene, dalla decisione di rinvio emerge che nel corso dell’esercizio fiscale in questione il Centro Popular perseguiva, in Portogallo, la promozione di un interesse generale identico a quello riconosciuto dall’art. 52 dell’AO. Per contro, il giudice a quo non fornisce alcun elemento che consenta di stabilire se il Centro Popular integrasse le condizioni statutarie e quelle relative alla gestione effettiva dell’ente in conformità al proprio oggetto statutario imposte dall’AO.

73.      Tale lacuna si spiega in base ad una semplice ragione che è intrinsecamente legata alla seconda questione pregiudiziale: il giudice del rinvio vuol sapere se il rifiuto sistematico della possibilità di dedurre la donazione effettuata dal sig. Persche a favore del Centro Popular per il motivo che tale ente non è stabilito nel territorio tedesco sia compatibile con la libera circolazione dei capitali. Infatti, la legislazione tedesca poggia sulla premessa secondo cui, in linea di principio, gli enti come il Centro Popular si trovano in una situazione che non è oggettivamente paragonabile a quella degli enti riconosciuti di interesse generale stabiliti nel territorio nazionale.

74.      Orbene, è indubbio che il ragionamento esposto dalla Corte al punto 40 della citata sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer presuppone la possibilità di dimostrare che siano soddisfatte le condizioni previste dalla legislazione nazionale per il riconoscimento dello status di interesse generale degli enti senza scopi di lucro.

75.      Siccome pare che nessun elemento di prova in tal senso sia stato richiesto e/o esaminato dalle autorità nazionali nel procedimento principale, si deve concludere, a mio avviso, che il rifiuto di concedere la deduzione fiscale di una donazione, come quella effettuata dal sig. Persche a favore del Centro Popular, per il motivo che l’ente donatario riconosciuto di interesse generale non è stabilito sul territorio nazionale non possa essere giustificato in base alla circostanza che tale ente si troverebbe, in linea di principio, in una situazione non oggettivamente paragonabile a quella degli enti che perseguono la promozione di un interesse generale identico e sono stabiliti nel territorio nazionale.

76.      Poiché siffatta misura fiscale non può essere considerata integrare un trattamento disuguale ammesso ai sensi dell’art. 58, n. 1, lett. a), CE, occorre esaminare se essa possa essere giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali, come adducono il giudice del rinvio e i governi che hanno presentato osservazioni alla Corte.

b)      Sulla giustificazione tratta dalla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali

77.      Secondo una giurisprudenza costante, la necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali costituisce un motivo imperativo d’interesse generale idoneo a giustificare una restrizione dell’esercizio delle libertà di circolazione garantite dal Trattato (29).

78.      Occorre inoltre ricordare che, affinché una misura restrittiva sia giustificata, essa deve rispettare il principio di proporzionalità, nel senso che dev’essere idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo che essa persegue e che non deve andare oltre quanto è necessario per conseguirlo (30).

79.      Ricordo che, nella citata sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer, la Corte ha respinto gli argomenti addotti dai governi tedesco e del Regno Unito nonché dall’Irlanda che si riferivano, da una parte, alla difficoltà di verificare se ed in quale misura una fondazione riconosciuta di interesse generale stabilita all’estero perseguisse effettivamente gli obiettivi statutari ai sensi della legislazione nazionale e, dall’altra, alla necessità di controllare la gestione effettiva di tale fondazione.

80.      La Corte ha infatti statuito che, se spetta ad uno Stato membro procedere a verifiche che gli permettano di accertare se una fondazione soddisfi le condizioni prescritte dalla legislazione nazionale, la circostanza che tali accertamenti siano resi più difficili in caso di fondazioni con sede in altri Stati membri costituisce un semplice inconveniente amministrativo che non è sufficiente per giustificare un rifiuto da parte delle autorità dello Stato di cui trattasi di concedere alle dette fondazioni le esenzioni fiscali concesse alle fondazioni dello stesso tipo in principio illimitatamente soggette all’imposta sul suo territorio (31).

81.      Al riguardo la Corte ha ricordato che le autorità fiscali interessate avevano la facoltà di esigere dalla fondazione riconosciuta di interesse generale che reclamava il beneficio dell’esenzione fiscale di fornire documenti giustificativi pertinenti che consentissero loro di procedere ai necessari accertamenti, con particolare riguardo alla gestione effettiva della fondazione considerata, sulla base, ad esempio, della presentazione dei conti annuali e di un rapporto di attività. La Corte ha invece escluso che l’efficacia dei controlli fiscali possa giustificare una normativa nazionale che impedisca in maniera assoluta al contribuente di fornire prove di tal genere (32). La Corte ha altresì ricordato la reciproca assistenza prevista dalla direttiva 77/799, che autorizza le autorità fiscali di uno Stato membro a rivolgersi alle autorità di un altro Stato membro per ottenere ogni informazione necessaria per determinare correttamente l’imposta dovuta da un contribuente, inclusa la possibilità di concedergli un’esenzione fiscale (33).

82.      Nel presente procedimento l’argomentazione svolta in particolare dai governi tedesco e del Regno Unito e dall’Irlanda non si discosta sensibilmente da quella che gli stessi governi avevano presentato alla Corte nell’ambito della causa Centro di Musicologia Walter Stauffer. Ritengo che la Corte debba riservare a tale argomentazione la stessa risposta che aveva fornito in quel procedimento.

83.      Certamente, i suddetti governi tentano in vario modo di distinguere la presente fattispecie da quella all’origine della citata sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer. A tal fine essi fanno valere che, a differenza della situazione all’origine di detta sentenza, il contribuente interessato non è un ente riconosciuto di interesse generale, ma un semplice donatore che, in generale, non si troverebbe in possesso delle informazioni necessarie attinenti alla gestione dell’ente beneficiario dei suoi doni. I detti governi sostengono altresì che, qualora il donatore chiedesse all’ente interessato di fornirgli tali informazioni, non è nemmeno detto che l’ente medesimo ottemperi alla richiesta, in quanto gli sforzi impiegati nell’assolvimento del detto compito non costituirebbero necessariamente un buon utilizzo dei fondi di cui l’ente dispone. Del resto, essi considerano che la direttiva 77/799 non sia uno strumento adatto per chiedere alle autorità competenti dello Stato membro di stabilimento di un ente di procedere ad un controllo completo per verificare il rispetto, da parte di quest’ultimo, di tutte le condizioni imposte dalla normativa di un altro Stato membro, comprese quelle relative alla gestione effettiva delle attività di tale ente conformemente al suo statuto. Infine, il governo del Regno Unito aggiunge che, contrariamente al caso poco frequente di un ente che possieda beni immobili in un altro Stato membro, che era in discussione nella citata causa Centro di Musicologia Walter Stauffer, la deducibilità delle donazioni effettuate ad enti situati all’estero rischierebbe di costringere le autorità fiscali degli Stati membri a sottoporre ad accertamento migliaia di enti assoggettati, in ciascuno degli Stati membri o delle entità federate degli Stati membri, a condizioni diverse. In considerazione dell’impossibilità di assolvere un tale compito di accertamento, uno Stato membro non disporrebbe di nessuna misura meno restrittiva del rifiuto di accordare la deduzione fiscale per le donazioni effettuate ad enti situati all’estero. Una soluzione contraria porrebbe oneri sproporzionati a carico delle autorità fiscali.

84.      Sebbene alcune delle suesposte considerazioni non mi lascino indifferente, dubito tuttavia che esse possano giustificare la restrizione della libera circolazione dei capitali evidenziata sopra.

85.      È vero che, nel caso di una donazione a favore di un ente riconosciuto di interesse generale stabilito nel territorio tedesco, non spetta al contribuente donatore provare che il donatario gestisce la propria attività di interesse generale conformemente alle disposizioni statutarie. Infatti, la Repubblica federale di Germania ha previsto un modulo di attestazione della donazione, rilasciato dall’ente beneficiario, che il donatore ha solo il compito di allegare alla propria dichiarazione dei redditi e/o alla richiesta di deduzione fiscale. Per quanto riguarda l’imposizione dei redditi del donatore, vige quindi il principio della conformità della donazione alla legislazione nazionale e del controllo unicamente in casi eccezionali, poiché è l’ente riconosciuto di interesse generale ad essere regolarmente controllato mediante dichiarazioni periodiche ed eventuali ispezioni in loco.

86.      Tuttavia, anche ammettendo, come sostiene il governo tedesco, che risulti più difficile ottenere la collaborazione di un ente stabilito in un altro Stato membro qualora lo stesso non sia neppure parzialmente assoggettato ad imposta nello Stato membro in cui è richiesto il vantaggio fiscale di cui trattasi, il rifiuto assoluto di concedere al donatore, contribuente tedesco, la possibilità per lo meno di fornire gli elementi di prova relativi alla conformità con lo statuto ed alla gestione effettiva dell’ente straniero, con il motivo che di norma siffatto donatore non possiede tali elementi, appare sproporzionato rispetto all’obiettivo che la misura fiscale tedesca intende perseguire. Sono, infatti, dell’opinione che non sia possibile escludere a priori la capacità del donatore, contribuente tedesco, di produrre validi documenti probatori che consentano alle autorità tributarie nazionali di verificare, in modo chiaro e preciso, se l’ente straniero integri le condizioni statutarie e quelle relative alla sua gestione effettiva imposte dalla normativa nazionale per il riconoscimento dello status di interesse generale degli enti senza scopi di lucro (34).

87.      Sembra altrettanto difficile condividere la tesi sostenuta in particolare dal governo del Regno Unito secondo cui qualsiasi controllo sugli enti di interesse generale stabiliti in un altro Stato membro sarebbe irrealizzabile o, per lo meno, comporterebbe oneri amministrativi sproporzionati, al punto che l’esclusione dell’agevolazione fiscale controversa nel presente procedimento sarebbe l’unica misura atta a garantire l’efficacia dei controlli fiscali.

88.      Certamente, è difficile negare che concedere ai contribuenti di uno Stato membro la possibilità di dedurre le donazioni effettuate a favore di enti riconosciuti di interesse generale stabiliti in un altro Stato membro può comportare un aumento degli oneri amministrativi per le autorità fiscali del primo Stato membro, le quali dovranno verificare se gli enti stranieri interessati soddisfino le condizioni imposte dalla legislazione nazionale. È altresì verosimile che siffatta possibilità conduca ad un conseguente adeguamento delle pratiche amministrative che, fino ad oggi, si sono per lo più orientate verso le situazioni puramente interne.

89.      Tuttavia, non penso che l’efficacia dei controlli fiscali sarebbe messa in pericolo se gli Stati membri dovessero autorizzare tale possibilità di deduzione per conformarsi al diritto comunitario.

90.      Anzitutto, la suddetta verifica dovrebbe essere avviata solo qualora sussistano due condizioni preliminari. In primo luogo, occorrerebbe che la normativa nazionale, al pari della normativa tedesca, non preveda l’esistenza di un nesso (o, tutt’al più, preveda un nesso particolarmente remoto) tra l’attività degli enti riconosciuti di interesse generale ed il territorio nazionale e/o la promozione degli interessi dei cittadini o degli abitanti dello Stato membro del donatore. In secondo luogo, l’avviamento di tale verifica da parte delle autorità fiscali nazionali presupporrebbe altresì che l’obiettivo d’interesse generale promosso dall’ente straniero sia ugualmente riconosciuto come tale dallo Stato membro del donatore.

91.      Dopodiché, e sempre che lo Stato membro del donatore subordini la possibilità di dedurre fiscalmente una donazione alla condizione che l’ente beneficiario sia effettivamente gestito in conformità del suo statuto, le autorità fiscali potranno, come è stato indicato in precedenza, esigere dal contribuente i documenti probatori pertinenti che consentano loro di verificare se tale condizione sia soddisfatta. In mancanza di tali documenti, e fatte salve le condizioni esposte nel paragrafo 110 delle presenti conclusioni, le autorità fiscali potranno perfettamente rifiutare l’agevolazione fiscale richiesta.

92.      D’altra parte, nell’ipotesi in cui si rendesse necessario procedere alla verifica dello statuto e della gestione effettiva dell’ente beneficiario, si evince dagli atti di causa che, quanto agli enti stabiliti nel territorio tedesco, i controlli dei documenti risultano, di regola, sufficienti. In particolare, si deve rilevare che, mentre i governi che hanno svolto osservazioni nel presente procedimento hanno particolarmente insistito sulle difficoltà relative allo svolgimento di controlli in loco presso gli enti stranieri, pare che tali controlli, almeno per quanto riguarda la Repubblica federale di Germania, e come ha ammesso lo stesso governo tedesco, siano intrapresi presso gli enti stabiliti nel territorio nazionale soltanto qualora le autorità fiscali abbiano motivo di sospettare irregolarità in merito alla loro gestione effettiva. In forza del principio della parità di trattamento, non dovrebbe accadere diversamente nel caso degli enti stabiliti in altri Stati membri che si trovino in una situazione oggettivamente paragonabile a quella degli enti nazionali.

93.      Sono quindi dell’opinione che il fatto di accordare alle donazioni a favore di enti stranieri riconosciuti di interesse generale nello Stato membro di stabilimento lo stesso trattamento fiscale previsto per le donazioni a favore degli enti nazionali che si trovino in una situazione oggettivamente paragonabile non dovrebbe comportare un onere amministrativo sproporzionato a carico delle autorità fiscali dello Stato membro del donatore.

94.      Certo, è possibile che, a prescindere dal tipo di controllo da effettuare, le autorità fiscali dello Stato membro del donatore debbano, almeno in un primo momento, assicurarsi in un determinato numero di casi la collaborazione delle autorità competenti dello Stato membro in cui è stabilito l’ente beneficiario, a meno che le informazioni di cui già dispongono o i documenti probatori forniti dal donatore, eventualmente con la collaborazione dell’ente beneficiario, risultino sufficienti (35).

95.      Al riguardo, non posso neppure condividere l’argomento dei governi intervenienti secondo cui la presunta inadeguatezza del meccanismo della reciproca assistenza istituito dalla direttiva 77/799 giustificherebbe, in circostanze come quelle di specie, il rifiuto sistematico di concedere la deduzione fiscale di una donazione offerta ad un ente stabilito in un altro Stato membro.

96.      Contrariamente a quanto sostengono i detti governi, il fatto che l’art. 2, n. 1, della direttiva 77/799 conferisca all’autorità competente di uno Stato membro il diritto di chiedere all’autorità competente di un altro Stato membro di comunicarle le informazioni di cui all’art. 1, n. 1, della direttiva stessa «per quanto concerne un caso specifico», ossia le informazioni necessarie per determinare correttamente l’imposta dovuta da un contribuente, inclusa la possibilità di concedergli un’esenzione fiscale (36), non significa che detto testo limiti una tale richiesta esclusivamente ad informazioni puntuali o relative all’imposta dovuta dal contribuente.

97.      Al contrario, poiché le autorità fiscali di uno Stato membro dovrebbero, al fine di determinare correttamente l’esistenza o meno di una deduzione fiscale in capo ad un donatore tedesco, ottenere informazioni sulla gestione effettiva, conforme allo statuto, dell’ente beneficiario stabilito nello Stato membro cui è stata rivolta la richiesta, a mio parere nulla impedirebbe alle dette autorità di richiedere tale tipo di informazioni alle autorità competenti di quest’ultimo Stato membro. Si deve infatti ricordare che, ai termini dell’art. 1, n. 1, della direttiva 77/799, la cooperazione tra le amministrazioni nazionali riguarda «ogni informazione atta a permettere loro una corretta determinazione delle imposte sul reddito e sul patrimonio» del contribuente (37). Occorre inoltre precisare che il ricorso, in tali circostanze, alla reciproca assistenza prevista dalla direttiva 77/799 non pregiudicherebbe affatto la competenza delle autorità fiscali dello Stato membro del donatore a valutare, in particolare, se ricorrano le condizioni cui la normativa di tale Stato membro subordina la deducibilità di una donazione (38).

98.      Ben inteso, tenuto conto dei limiti allo scambio di informazioni previsti all’art. 8 della direttiva 77/799, non si può escludere che le informazioni richieste alle autorità competenti dell’altro Stato membro non vengano trasmesse oppure, qualora siano trasmesse, non risultino sufficienti per permettere la verifica degli elementi giustificativi già forniti dal contribuente.

99.      Si deve ricordare, tuttavia, che la Corte ha già statuito che uno Stato membro non può invocare l’impossibilità di sollecitare la collaborazione di un altro Stato membro per effettuare ricerche o raccogliere informazioni al fine di giustificare il rifiuto di un vantaggio fiscale, poiché le autorità fiscali hanno il diritto di esigere dal contribuente le prove che esse reputino necessarie per la corretta determinazione dell’imposta di cui trattasi (39). Tale asserzione dovrebbe essere estesa, a fortiori, all’argomento relativo alla presunta inadeguatezza del sistema di scambio delle informazioni nel settore delle imposte dirette per giustificare il rifiuto sistematico di concedere una deduzione ad un contribuente di uno Stato membro che abbia effettuato una donazione a favore di un ente riconosciuto di interesse generale situato in un altro Stato membro.

100. In ogni caso, e fatte salve le considerazioni esposte nel paragrafo 110 delle presenti conclusioni, le autorità fiscali dello Stato membro del donatore dovrebbero avere la facoltà di rifiutare l’agevolazione fiscale richiesta qualora non siano in grado di verificare in modo chiaro e preciso le informazioni trasmesse da quest’ultimo (40).

101.  Al contrario, il rifiuto sistematico di concedere la deduzione fiscale richiesta nel procedimento principale, senza consentire al donatore di provare che l’ente straniero beneficiario, riconosciuto di interesse generale nello Stato membro in cui ha sede, è in grado di soddisfare le condizioni imposte dalla normativa tedesca relative all’oggetto statutario ed alla gestione effettiva degli enti nazionali dello stesso tipo, mi sembra sproporzionato rispetto all’obiettivo di garantire l’efficacia dei controlli fiscali.

102. Per tutte le suesposte ragioni ritengo che si debba risolvere la seconda questione pregiudiziale dichiarando che gli artt. 56 CE e 58 CE ostano alla normativa di uno Stato membro in base alla quale una donazione effettuata da uno dei suoi contribuenti può essere dedotta fiscalmente soltanto qualora l’ente beneficiario, riconosciuto di interesse generale, sia stabilito nel territorio nazionale, senza che tale contribuente sia ammesso a provare che l’ente beneficiario, stabilito in un altro Stato membro e ivi riconosciuto di interesse generale, è in grado di soddisfare le condizioni imposte dalla normativa del primo Stato membro agli enti dello stesso tipo presenti nel suo territorio.

C –    Sulla terza questione pregiudiziale

103. Con la terza questione il giudice del rinvio chiede sostanzialmente se, per chiarire una situazione di fatto soggetta alla giurisdizione di un altro Stato membro, le autorità fiscali dello Stato membro del contribuente donatore siano tenute ad avvalersi della reciproca assistenza prevista dalla direttiva 77/799 o se invece possano lasciare che l’onere della prova gravi sul contribuente donatore, conformemente al diritto processuale nazionale.

104. Le considerazioni che ho sviluppato nei paragrafi 94‑100 delle presenti conclusioni forniscono già alcuni elementi utili per rispondere a tale questione.

105. Come la Corte ha statuito, tanto dalla finalità quanto dal contenuto della direttiva 77/799 emerge che la reciproca assistenza ivi prevista costituisce unicamente una facoltà per le autorità fiscali nazionali di chiedere informazioni che non possono ottenere esse stesse. Tale richiesta non costituisce affatto un obbligo. Spetta così a ciascuno Stato membro valutare i casi specifici in cui le informazioni sulle operazioni effettuate dai soggetti passivi stabiliti sul suo territorio fanno difetto e decidere se tali casi giustifichino la presentazione di una richiesta di informazioni ad un altro Stato membro (41).

106. D’altra parte, come ho già evidenziato in precedenza, la Corte ha dichiarato che nulla impedisce alle autorità fiscali di uno Stato membro di esigere dal contribuente che richiede il beneficio di un vantaggio fiscale le prove che consentano loro di procedere alle necessarie verifiche (42).

107. Tali considerazioni si spiegano, a mio parere, con la competenza residuale degli Stati membri a stabilire, in conformità delle loro regole procedurali, nell’ambito in particolare di un procedimento amministrativo volto a determinare l’importo dell’imposta dovuta, le modalità probatorie applicabili, inclusa la ripartizione dell’onere della prova tra il contribuente e le autorità fiscali nazionali (43).

108. Tuttavia, il problema sollevato dal giudice del rinvio sembra essere quello dell’articolazione tra l’onere di provare la sussistenza delle condizioni cui è subordinata la concessione dell’agevolazione fiscale, che incombe, in linea di principio, al contribuente, e la possibilità, conferita alle autorità fiscali dal diritto interno, di rifiutare senza ulteriore esame l’agevolazione in mancanza di siffatta dimostrazione.

109. Al riguardo, benché ammettano che la direttiva 77/799 di per sé non obbliga gli Stati membri ad avvalersi dei meccanismi ivi stabiliti, la Commissione e l’Autorità di vigilanza AELS ritengono nondimeno che, nell’ambito di applicazione di una libertà fondamentale, come la libera circolazione dei capitali, le autorità fiscali nazionali non possano sistematicamente ignorare le soluzioni offerte da tale direttiva, limitandosi a negare l’agevolazione fiscale richiesta allorché il contribuente non è in grado di fornire tutti gli elementi probatori necessari pur avendo pienamente collaborato alla loro ricerca.

110. Tendo a condividere tale posizione nel contesto particolare del presente procedimento, ossia quando le prove richieste per la concessione di un vantaggio fiscale non riguardano direttamente il contribuente che lo ha chiesto, ma un terzo, nella specie l’ente beneficiario della donazione, che è stabilito in un altro Stato membro. Infatti, in una tale situazione le autorità nazionali non possono, secondo me, rifiutare in maniera sistematica la concessione del vantaggio fiscale allorché le prove richieste al contribuente non sono state fornite, senza aver prima tenuto conto delle difficoltà incontrate da quest’ultimo, nonostante tutti gli sforzi profusi, per procurarsi le prove richieste e senza aver esaminato, in considerazione di tali difficoltà, le possibilità reali di ottenere le dette prove con l’assistenza delle autorità competenti di un altro Stato membro nell’ambito del meccanismo previsto dalla direttiva 77/799 o, eventualmente, nell’ambito di applicazione di una convenzione bilaterale in materia fiscale. Naturalmente, in tale contesto spetterà al giudice nazionale accertare, in ciascun caso specifico, se il rifiuto di concedere la deduzione fiscale richiesta, senza avvalersi della collaborazione tra le amministrazioni nazionali stabilita dalla direttiva 77/799, si fondi su una valutazione seria dei detti elementi.

111. Tale approccio mi sembra idoneo ad assicurare un equilibrio tra la necessità di applicazione effettiva della libera circolazione dei capitali in una fattispecie come quella di cui al procedimento principale e i limiti attuali della reciproca assistenza tra le amministrazioni fiscali degli Stati membri prevista dalla direttiva 77/799.

112. Ritengo, pertanto, che si debba risolvere la terza questione pregiudiziale nel senso che le autorità fiscali di uno Stato membro non possono essere obbligate ad avvalersi dei meccanismi di cooperazione previsti dalla direttiva 77/799 per chiarire una situazione soggetta alla giurisdizione di un altro Stato membro, ed hanno il diritto di esigere dal contribuente, in conformità delle regole procedurali del loro Stato membro, le prove che esse reputino necessarie per la corretta determinazione dell’imposta dovuta dal contribuente medesimo, inclusa la concessione a quest’ultimo di una deduzione fiscale. Tuttavia, al fine di assicurare l’applicazione effettiva della libera circolazione dei capitali, e allorché le prove richieste al contribuente riguardano lo statuto e/o la gestione effettiva di un ente donatario riconosciuto di interesse generale e stabilito in un altro Stato membro, le autorità fiscali del primo Stato membro non possono rifiutare la deduzione richiesta dal contribuente senza aver prima tenuto conto delle difficoltà incontrate da quest’ultimo, nonostante tutti gli sforzi profusi, per procurarsi le prove richieste e senza aver esaminato, in considerazione di tali difficoltà, le possibilità reali di ottenere tali prove con l’assistenza delle autorità competenti di un altro Stato membro nell’ambito del meccanismo previsto dalla direttiva 77/799 o, eventualmente, nell’ambito di applicazione di una convenzione bilaterale in materia fiscale. Spetta al giudice nazionale accertare, in ciascun caso specifico, se il rifiuto di concedere la deduzione fiscale richiesta, senza avvalersi della collaborazione tra le amministrazioni nazionali stabilita dalla direttiva 77/799, si fondi su una valutazione seria dei detti elementi.

VI – Conclusione

113. Alla luce delle considerazioni che precedono propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate dal Bundesfinanzhof:

«1.      Le donazioni effettuate da un cittadino di uno Stato membro, sotto forma di beni di uso corrente, a favore di un ente avente sede in un altro Stato membro e ivi riconosciuto come ente di interesse generale costituiscono movimenti di capitali ai sensi dell’art. 56 CE.

2.      Gli artt. 56 CE e 58 CE ostano alla normativa di uno Stato membro in base alla quale una donazione effettuata da uno dei suoi contribuenti può essere dedotta fiscalmente soltanto qualora l’ente beneficiario, riconosciuto di interesse generale, sia stabilito nel territorio nazionale, senza che tale contribuente sia ammesso a provare che l’ente beneficiario, stabilito in un altro Stato membro e ivi riconosciuto di interesse generale, è in grado di soddisfare le condizioni imposte dalla normativa del primo Stato membro agli enti dello stesso tipo presenti nel suo territorio.

3.      Le autorità fiscali di uno Stato membro non possono essere obbligate ad avvalersi dei meccanismi di cooperazione previsti dalla direttiva del Consiglio 19 dicembre 1977, 77/799/CEE, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette, come modificata dalla direttiva del Consiglio 25 febbraio 1992, 92/12/CEE, relativa al regime generale, alla detenzione, alla circolazione ed ai controlli dei prodotti soggetti ad accisa, per chiarire una situazione soggetta alla giurisdizione di un altro Stato membro, ed hanno il diritto di esigere dal contribuente, in conformità delle regole procedurali del loro Stato membro, le prove che esse reputino necessarie per la corretta determinazione dell’imposta dovuta dal contribuente medesimo, inclusa la concessione a quest’ultimo di una deduzione fiscale. Tuttavia, al fine di assicurare l’applicazione effettiva della libera circolazione dei capitali, e allorché le prove richieste al contribuente riguardano lo statuto e/o la gestione effettiva di un ente donatario, riconosciuto di interesse generale e stabilito in un altro Stato membro, le autorità fiscali del primo Stato membro non possono rifiutare la deduzione richiesta dal contribuente senza aver prima tenuto conto delle difficoltà incontrate da quest’ultimo, nonostante tutti gli sforzi profusi, per procurarsi le prove richieste e senza aver esaminato, in considerazione di tali difficoltà, le possibilità reali di ottenere le dette prove con l’assistenza delle autorità competenti di un altro Stato membro nell’ambito del meccanismo previsto dalla direttiva 77/799 o, eventualmente, nell’ambito di applicazione di una convenzione bilaterale in materia fiscale. Spetta al giudice nazionale accertare, in ciascun caso specifico, se il rifiuto di concedere la deduzione fiscale richiesta, senza avvalersi della collaborazione tra le amministrazioni nazionali stabilita dalla direttiva 77/799, si fondi su una valutazione seria dei detti elementi».


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Nelle presenti conclusioni tale termine è usato in un’accezione generica, cioè a prescindere dal suo statuto pubblico o privato secondo il diritto nazionale.


3 – GU L 336, pag. 15.


4 – GU L 76, pag. 1


5 – Causa C‑386/04 (Racc. pag. I‑8203).


6 – GU L 178, pag. 5.


7 – V. sentenze 31 gennaio 1984, cause riunite 286/82 e 26/83, Luisi e Carbone (Racc. pag. 377, punto 21), e 14 luglio 1988, causa 308/86, Lambert (Racc. pag. 4369, punto 10).


8 – V., al riguardo, citate sentenze Luisi e Carbone (punto 23) e Lambert (punto 10).


9 – V., segnatamente, sentenze 16 marzo 1999, causa C‑222/97, Trummer e Mayer (Racc. pag. I‑1661, punto 21); 5 marzo 2002, cause riunite C-515/99, da C‑519/99 a C‑524/99 e da C‑526/99 a C‑540/99, Reisch e a. (Racc. pag. I-2157, punto 30); 23 febbraio 2006, causa C‑513/03, van Hilten-van der Heijden (Racc. pag. I-1957, punto 39); Centro di Musicologia Walter Stauffer, cit. (punto 22); 20 maggio 2008, causa C‑194/06, Orange European Smallcap Fund (Racc. pag. I‑3747, punto 100), e 11 settembre 2008, causa C‑43/07, Arens-Sikken (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 29).


10 – V., in tal senso, le conclusioni dell’avvocato generale Stix-Hackl nella citata causa Centro di Musicologia Walter Stauffer (paragrafi 58‑60).


11 – V. sentenze 11 dicembre 2003, causa C‑364/03, Barbier (Racc. pag. I‑15013, punto 58); van Hilten-van der Heijden, cit. (punti 40‑42); 17 gennaio 2008, causa C‑256/06, Jäger (Racc. pag. I-123, punto 25), e Arens-Sikken, cit. (punti 30 e 31).


12 – Citate sentenze van Hilten-van der Heijden (punto 41) e Arens-Sikken (punto 30) (il corsivo è mio).


13 – L’utilizzo di tale modalità di pagamento dipende spesso dalla volontà del donatore non soltanto di realizzare personalmente e concretamente il valore della sua azione, ma anche di accertarsi della corretta destinazione dei beni da parte del donatario.


14 – La libertà di movimento dei capitali e la libera circolazione delle merci sembrano, in effetti, escludersi a vicenda: v., in materia di mezzi di pagamento, sentenze 23 novembre 1978, causa 7/78, Thompson e a. (Racc. pag. 2247, punti 21‑26), e 23 febbraio 1995, cause riunite C‑358/93 e C‑416/93, Bordessa e a. (Racc. pag. I‑361, punto 12); v., inoltre, in materia di fondi di risparmio, sentenza 21 settembre 1988, causa 267/86, Van Eycke (Racc. pag. 4769, punto 25).


15 – Occorre inoltre rilevare che la normativa tedesca controversa nel presente procedimento non distingue, ai fini della deduzione fiscale che può reclamare il donatore, tra donazioni effettuate in denaro e donazioni in natura a favore di enti che perseguono obiettivi di interesse generale.


16 – Si deve peraltro notare che il giudice del rinvio non riferisce se i detti beni di uso corrente siano stati acquistati in Portogallo o in un altro Stato membro.


17 – V., in tal senso, sentenze 6 giugno 2000, causa C‑35/98, Verkooijen (Racc. pag. I‑4071, punto 43); 7 settembre 2004, causa C‑319/02, Manninen (Racc. pag. I‑7477, punti 28 e 29); Centro di Musicologia Walter Stauffer, cit. (punto 32), e 11 ottobre 2007, causa C‑443/06, Hollmann (Racc. pag. I‑8491, punto 45).


18 – V., in particolare, sentenze Centro di Musicologia Walter Stauffer, cit. (punto 15), e 18 dicembre 2007, causa C‑101/05, A (Racc. pag. I‑11531, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).


19 – V., in tal senso, sentenze 14 novembre 1995, causa C‑484/93, Svensson e Gustavsson (Racc. pag. I‑3955, punto 10); Trummer e Mayer, cit. (punto 26); 14 ottobre 1999, causa C‑439/97, Sandoz (Racc. pag. I‑7041, punto 19); 26 settembre 2000, causa C‑478/98, Commissione/Belgio (Racc. pag. I‑7587, punto 18); van Hilten‑van der Heijden, cit. (punto 44), e 25 gennaio 2007, causa C‑370/05, Festersen (Racc. pag. I‑1129, punto 24).


20 – V., in tal senso, citate sentenze Manninen (punti 26 e 28) e Centro di Musicologia Walter Stauffer (punti 30 e 31).


21 – V., in particolare, citate sentenze Manninen (punto 29), Centro di Musicologia Walter Stauffer (punto 32) e Hollmann (punto 44).


22 – Sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer, cit. (punto 39).


23 – Sentenza citata (punto 9).


24 – Ibidem (punto 11).


25 – Sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer, cit. (punti 37 e 38).


26 – Secondo una giurisprudenza costante, tale compito incombe, infatti, al giudice del rinvio; v., in particolare, sentenza 14 dicembre 2006, causa C‑217/05, Confederación Española de Empresarios de Estaciones de Servicio (Racc. pag. I‑11987, punto 26 e giurisprudenza ivi citata).


27 – Pro memoria, tale fondazione perseguiva scopi di formazione e di educazione, mediante la promozione dell’insegnamento sia della fabbricazione classica degli strumenti a corde e degli strumenti ad arco, sia della storia della musica e della musicologia in generale. Essa poteva assegnare una o più borse di studio destinate a consentire il soggiorno a Cremona di giovani cittadini svizzeri, per tutto il periodo delle lezioni.


28 – V. sentenza Centro di musicologia Walter Stauffer, cit. (punti 40 e 41).


29 – V., segnatamente, sentenze 15 maggio 1997, causa C‑250/95, Futura Participations e Singer (Racc. pag. I‑2471, punto 31); 15 luglio 2004, causa C‑315/02, Lenz (Racc. pag. I‑7063, punti 27 e 45); Centro di Musicologia Walter Stauffer, cit. (punto 47), e A, cit. (punto 55).


30 – V., in particolare, sentenza A, cit. (punto 56 e giurisprudenza ivi citata).


31 – Sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer, cit. (punto 48).


32 – Ibidem (punto 49).


33 – Ibidem (punto 50 e giurisprudenza ivi citata).


34 – V., in tal senso, sentenza 10 marzo 2005, causa C‑39/04, Laboratoires Fournier (Racc. pag. I‑2057, punto 25).


35 – La sufficienza degli elementi giustificativi forniti dal donatore non può essere esclusa a priori, in particolare nel caso in cui l’ente beneficiario sia notoriamente conosciuto sul piano internazionale e svolga, mediante le proprie sedi nazionali, attività d’interesse generale identiche in diversi Stati membri. D’altronde, nei casi, tutt’altro che isolati, in cui il donatore ripeta di anno in anno il proprio gesto caritatevole a favore dello stesso ente, la verifica dovrebbe risultare più facile dopo il primo anno. Inoltre, come emerge dai fatti della controversia principale (v. paragrafo 16 delle presenti conclusioni), l’offerta di donazioni a favore di un ente straniero le cui attività di interesse generale abbiano carattere locale sembra derivare dai legami personali stabiliti dal donatore con tale ente e/o con il territorio in cui esso è situato. È verosimile che, in questi casi, i detti legami possano permettere al donatore di ottenere la collaborazione dell’ente beneficiario e quindi anche di raccogliere varie informazioni utili per le autorità fiscali dello Stato membro in cui risiede.


36 – V., in proposito, sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer, cit. (punto 50 e giurisprudenza ivi citata).


37 – Il corsivo è mio.


38 – V., in tal senso, sentenza 27 settembre 2007, causa C‑184/05, Twoh International (Racc. pag. I‑7897, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).


39 – V., in particolare, sentenza A, cit. (punto 58).


40 – Citate sentenze Centro di Musicologia Walter Stauffer (punti 48 e 49) e A (punti 58 e 59).


41 – V. sentenza Twoh International, cit. (punto 32).


42 – Sentenza Centro di Musicologia Walter Stauffer, cit. (punto 49). In tal senso v., inoltre, citate sentenze Twoh International (punto 35) e A (punto 58).


43 – V., per analogia, sentenza 24 aprile 2008, causa C‑55/06, Arcor (Racc. pag. I‑2931, punto 187).