Language of document : ECLI:EU:C:2014:2162

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 4 settembre 2014 (1)

Causa C‑196/13

Commissione europea

contro

Repubblica italiana

e

Causa C‑378/13

Commissione europea

contro

Repubblica ellenica

«Inadempimento di uno Stato membro – Articolo 260 TFUE – Omessa esecuzione di sentenze della Corte di giustizia – Sentenze Commissione/Italia (C‑135/05, EU:C:2007:250) e Commissione/Grecia (C‑502/03, EU:C:2005:592) – Normativa in materia di rifiuti – Discariche illegali – Chiusura – Bonifica – Nuova autorizzazione ai sensi della direttiva 99/31/CE – Sanzioni pecuniarie – Imposizione di una penalità e di una somma forfettaria – Riduzione della penalità in caso di esecuzione parziale»

Indice


I – Introduzione

II – Contesto normativo

A – La vecchia direttiva in materia di rifiuti

B – La direttiva relativa ai rifiuti pericolosi

C – La nuova direttiva in materia di rifiuti

D – La direttiva discariche

III – Antefatti delle due cause

A – Sulla causa Commissione/Italia (C‑196/13)

B – Sulla causa Commissione/Grecia (C‑378/13)

IV – Conclusioni delle parti

V – Valutazione giuridica

A – Considerazioni preliminari

1. Sulla persistenza dell’obbligo di esecuzione

2. Sulla data di riferimento per la valutazione dell’esecuzione

B – Sul procedimento contro l’Italia

1. Sulla ricevibilità

2. Sull’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250)

a) Sull’utilizzazione di discariche illegali

i) Sul numero delle discariche ancora utilizzate

ii) Sull’introduzione di norme e controlli aggiuntivi

b) Sulla bonifica delle discariche illegali

i) Sull’obbligo di bonifica in generale

ii) Sull’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva relativa ai rifiuti pericolosi

iii) Sulle discariche interessate

c) Sulla nuova autorizzazione delle discariche rimaste in funzione ai sensi della direttiva discariche

d) Conclusione intermedia

C – Sul procedimento contro la Grecia

D – Sulle sanzioni pecuniarie

1. Sulla penalità

a) Sulla causa C‑196/13, Commissione/Italia

i) Sulla persistenza delle violazioni

– Sui casi non controversi

– Sui due casi controversi

– Conclusione parziale

ii) Sulla forma della penalità – fissa o decrescente?

iii) Sull’importo di base

b) Sulla causa C‑378/13, Commissione/Grecia

i) Sull’importo di base della penalità

ii) Sul riconoscimento della chiusura di discariche

iii) Conclusione parziale

2. Sulla somma forfettaria

a) Sulla causa C‑196/13, Commissione/Italia

b) Sulla causa C‑378/13, Commissione/Grecia

VI – Spese

VII – Conclusione






I –    Introduzione

1.        L’applicazione della normativa dell’Unione in materia di rifiuti pone a volte problemi. Su problemi del genere vertono le presenti cause. La Commissione, infatti, visto il loro numero di discariche illegali di rifiuti, ha avviato procedimenti di infrazione contro la Grecia e l’Italia, che hanno portato alle sentenze Commissione/Grecia (C‑502/03, EU:C:2005:592) e Commissione/Italia (C‑135/05, EU:C:2007:250). Ora essa si rivolge nuovamente alla Corte, in quanto a suo avviso ad entrambe le sentenze non è stata data piena esecuzione. Dato che le due cause sollevano in parte le stesse questioni, le tratterò congiuntamente nelle presenti conclusioni.

2.        Le cause riguardano l’utilizzazione di discariche illegali nonché la mancata bonifica di discariche illegali chiuse. Nel procedimento relativo all’Italia si aggiunge che alcune discariche contengono rifiuti pericolosi non identificati né catalogati e che per talune discariche manca una nuova autorizzazione ai sensi della direttiva discariche (2).

3.        Un primo problema risiede nella normativa applicabile: le due sentenze del 2005 e del 2007 possono e devono essere ancora eseguite, sebbene sia mutata nel frattempo la situazione di diritto?

4.        Le infrazioni constatate riguardano, infatti, la vecchia direttiva in materia di rifiuti (3), nel caso dell’Italia anche la direttiva relativa ai rifiuti pericolosi (4) e la direttiva discariche. La vecchia direttiva in materia di rifiuti è stata però, medio tempore, abrogata e sostituita da una versione consolidata senza modifiche di contenuto (5). L’Unione ha adottato in seguito la nuova direttiva in materia di rifiuti (6), che ha abrogato e sostituito la direttiva codificata in materia di rifiuti nonché la direttiva relativa ai rifiuti pericolosi. Pertanto si deve analizzare in quale misura sia necessario, ancora oggi, adottare provvedimenti in ordine alle originarie infrazioni.

5.        Nello specifico, il procedimento relativo all’Italia solleva altresì la questione dell’oggetto della prima sentenza e, conseguentemente, della portata dell’obbligo di esecuzione. La Corte ha dichiarato, infatti, una violazione generale e persistente (7), senza indicare nel dettaglio quali casi costituissero oggetto della condanna. È pertanto opportuno chiarire se e in che modo debba essere eseguita una siffatta sentenza ai sensi dell’articolo 260 TFUE.

6.        Ulteriori questioni sono connesse con l’eventuale imposizione di una penalità e/o di una somma forfettaria. Dato che entrambi i procedimenti contemplano un elevato numero di casi specifici, occorre esaminare come tener conto di detti casi nella commisurazione della penalità e quali effetti discendano, per quanto riguarda l’importo della stessa, dall’eventuale esecuzione delle sentenze in relazione a parte di essi. In concreto, si tratta di stabilire se debba essere imposta una penalità decrescente, il cui importo periodico si riduca proporzionalmente agli ulteriori progressi realizzati nell’esecuzione delle sentenze.

II – Contesto normativo

A –    La vecchia direttiva in materia di rifiuti

7.        L’articolo 4 della vecchia direttiva in materia di rifiuti prescrive, ai fini della protezione della salute e dell’ambiente nel trattamento dei rifiuti nonché della prevenzione dell’abbandono illegale di rifiuti, quanto segue:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente (...)

(…)

Gli Stati membri adottano le misure necessarie per vietare l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti».

8.        L’articolo 8 della vecchia direttiva in materia di rifiuti impone agli Stati membri di adottare le disposizioni necessarie affinché ogni detentore di rifiuti li consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un’impresa che effettua le operazioni previste nell’allegato II A o II B di tale direttiva, oppure provveda egli stesso al recupero o allo smaltimento, conformandosi alle disposizioni della direttiva.

9.        L’articolo 9, paragrafo 1, della vecchia direttiva in materia di rifiuti dispone che, inter alia, ai fini dell’applicazione dell’articolo 4 della direttiva, tutti gli stabilimenti o imprese che effettuano operazioni di smaltimento di rifiuti debbono ottenere l’autorizzazione dell’autorità competente incaricata di attuare le disposizioni della direttiva.

B –    La direttiva relativa ai rifiuti pericolosi

10.      L’articolo 2 della direttiva relativa ai rifiuti pericolosi prevede obblighi fondamentali in ordine allo smaltimento di detti rifiuti:

«1.      Gli Stati membri prendono le misure necessarie per esigere che in ogni luogo in cui siano depositati (messi in discarica) rifiuti pericolosi, questi ultimi siano catalogati e identificati.

(…)».

C –    La nuova direttiva in materia di rifiuti

11.      La direttiva in materia di rifiuti e la direttiva relativa ai rifiuti pericolosi sono state abrogate dall’articolo 41 della nuova direttiva in materia di rifiuti con effetto al 12 dicembre 2010. Tale articolo dispone quanto segue:

«I riferimenti alle direttive abrogate si intendono fatti alla presente direttiva e si leggono secondo la tavola di concordanza di cui all’allegato V».

12.      Gli articoli 4, 8 e 9 della vecchia direttiva in materia di rifiuti sono stati sostituiti senza modifiche sostanziali dagli articoli 13, 36, paragrafo 1, e 15, paragrafo 1, nonché dall’articolo 23, paragrafi 1 e 2, della nuova direttiva in materia di rifiuti.

13.      L’equivalente funzionale dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva relativa ai rifiuti pericolosi è l’articolo 35, paragrafi 1 e 2, della nuova direttiva in materia di rifiuti:

«1.      Gli enti o le imprese di cui all’articolo 23, paragrafo 1 [enti o imprese che intendono effettuare il trattamento dei rifiuti], i produttori di rifiuti pericolosi e gli enti o le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale, o che operano in qualità di commercianti e intermediari di rifiuti pericolosi, tengono un registro cronologico in cui sono indicati la quantità, la natura e l’origine dei rifiuti, nonché, se opportuno, la destinazione, la frequenza di raccolta, il mezzo di trasporto e il metodo di trattamento previsti per i rifiuti e forniscono, su richiesta, tali informazioni alle autorità competenti.

2.      Per i rifiuti pericolosi i registri sono conservati per un periodo minimo di tre anni, salvo il caso degli enti e delle imprese che trasportano rifiuti pericolosi, che devono conservare tali registri per almeno dodici mesi.

I documenti che comprovano l’esecuzione delle operazioni di gestione sono forniti su richiesta delle autorità competenti o dei precedenti detentori».

D –    La direttiva discariche

14.      L’articolo 14, lettere da a) a c), della direttiva discariche disciplina il transito delle discariche preesistenti nel quadro normativo della direttiva:

«Gli Stati membri adottano misure affinché le discariche che abbiano ottenuto un’autorizzazione o siano già in funzione al momento del recepimento della presente direttiva possano rimanere in funzione soltanto se i provvedimenti in appresso sono adottati (...):

a)      entro un anno dalla data prevista nell’articolo 18, paragrafo 1 [vale a dire entro il 16 luglio 2002], il gestore della discarica elabora e presenta all’approvazione dell’autorità competente un piano di riassetto della discarica comprendente le informazioni menzionate nell’articolo 8 e le misure correttive che ritenga eventualmente necessarie al fine di soddisfare i requisiti previsti dalla presente direttiva, fatti salvi i requisiti di cui all’allegato I, punto 1;

b)      in seguito alla presentazione del piano di riassetto, le autorità competenti adottano una decisione definitiva sull’eventuale proseguimento delle operazioni in base a detto piano e alla presente direttiva. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per far chiudere al più presto, a norma dell’articolo 7, lettera g), e dell’articolo 13, le discariche che, in forza dell’articolo 8, non ottengono l’autorizzazione a continuare a funzionare;

c)      sulla base del piano approvato, le autorità competenti autorizzano i necessari lavori e stabiliscono un periodo di transizione per l’attuazione del piano. Tutte le discariche preesistenti devono conformarsi ai requisiti previsti dalla presente direttiva, fatti salvi i requisiti di cui all’allegato I, punto 1, entro otto anni dalla data prevista nell’articolo 18, paragrafo 1».

15.      Ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, della direttiva discariche, gli Stati membri adottano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a tale direttiva entro due anni dalla sua entrata in vigore (vale a dire, entro il 16 luglio 2001) e ne informano immediatamente la Commissione.

III – Antefatti delle due cause

16.      Le presenti conclusioni vertono su due procedimenti ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE contro Italia e Grecia relativamente all’esecuzione di due sentenze precedenti, riguardanti la violazione della normativa dell’Unione in materia di rifiuti sulla base dell’articolo 258 TFUE.

A –    Sulla causa Commissione/Italia (C‑196/13)

17.      Nella sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250), il 26 aprile 2007, la Corte ha dichiarato che, non avendo adottato tutti i provvedimenti necessari:

–        per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell’uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all’ambiente e per vietare l’abbandono, lo scarico e lo smaltimento incontrollato dei rifiuti;

–        affinché ogni detentore di rifiuti li consegni ad un raccoglitore privato o pubblico, o ad un’impresa che effettua le operazioni di smaltimento o di recupero, oppure provveda egli stesso al recupero o allo smaltimento conformandosi alle disposizioni della direttiva in materia di rifiuti,

–        affinché tutti gli stabilimenti o imprese che effettuano operazioni di smaltimento siano soggetti ad autorizzazione dell’autorità competente;

–        affinché in ogni luogo in cui siano depositati (messi in discarica) rifiuti pericolosi, questi ultimi siano catalogati e identificati, e

–        affinché, in relazione alle discariche che hanno ottenuto un’autorizzazione o erano già in funzione alla data del 16 luglio 2001, il gestore della discarica elabori e presenti per l’approvazione dell’autorità competente, entro il 16 luglio 2002, un piano di riassetto della discarica comprendente le informazioni relative alle condizioni per l’autorizzazione e le misure correttive che ritenga eventualmente necessarie; e affinché, in seguito alla presentazione del piano di riassetto, le autorità competenti adottino una decisione definitiva sull’eventuale proseguimento delle operazioni, facendo chiudere al più presto le discariche che non ottengano l’autorizzazione a continuare a funzionare, o autorizzando i necessari lavori e stabilendo un periodo di transizione per l’attuazione del piano,

la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli articoli 4, 8 e 9 della vecchia direttiva in materia di rifiuti, dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva relativa ai rifiuti pericolosi e dell’articolo 14, lettere da a) a c), della direttiva discariche.

18.      Dopo i primi contatti, il 1° febbraio 2008, la Commissione invitava l’Italia a presentare le proprie osservazioni in merito all’esecuzione della sentenza. A seguito di un ulteriore scambio di corrispondenza, il 26 giugno 2009, la Commissione trasmetteva all’Italia un parere motivato. Il termine per l’esecuzione della sentenza ivi impartito era stato prorogato dalla Commissione fino al 30 settembre 2009. Ne sono seguite comunicazioni da parte dell’Italia che non hanno però soddisfatto la Commissione. Pertanto quest’ultima, il 16 aprile 2013, proponeva un ricorso nella causa C‑196/13.

B –    Sulla causa Commissione/Grecia (C‑378/13)

19.      Il 6 ottobre 2005, nella sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592), la Corte dichiarava che la Repubblica ellenica era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi della direttiva in materia di rifiuti non avendo adottato tutti i provvedimenti necessari per assicurare il rispetto degli articoli 4, 8 e 9 di tale direttiva.

20.      La Commissione e la Grecia hanno avuto un intenso flusso di comunicazioni aventi ad oggetto l’esecuzione di detta sentenza. Il 29 ottobre 2010, la Commissione trasmetteva un ulteriore invito a presentare osservazioni, nel quale stabiliva un ultimo periodo di due mesi per l’esecuzione della sentenza. Dato che anche le susseguenti informazioni fornite dalla Grecia non soddisfacevano la Commissione, in data 2 luglio 2013, quest’ultima proponeva ricorso nella causa C‑378/13.

IV – Conclusioni delle parti

21.      Nella causa C‑196/13, la Commissione conclude che la Corte voglia:

1)      dichiarare che, non avendo adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alla sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250), nella quale è stato dichiarato che essa era venuta meno agli obblighi che le derivavano dagli articoli 4, 8 e 9 della direttiva in materia di rifiuti, dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva relativa ai rifiuti pericolosi e dell’articolo 14, lettere da a) a c), della direttiva discariche, la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono in virtù dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE;

2)      ordinare alla Repubblica italiana di versare alla Commissione una penalità giornaliera pari a EUR 256 819, 20 per il ritardo nell’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) dal giorno in cui sarà pronunciata la sentenza nella presente causa fino al giorno in cui sarà stata eseguita la sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250);

3)      ordinare alla Repubblica italiana di versare alla Commissione una somma forfettaria il cui importo risulta dalla moltiplicazione di un importo giornaliero pari a EUR 28 089, 60 per il numero di giorni di persistenza dell’infrazione dal giorno della pronuncia della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) alla data alla quale sarà pronunziata la sentenza nella presente causa;

4)      condannare la Repubblica italiana alle spese.

22.      La Repubblica italiana chiede alla Corte di voler dichiarare che il ricorso è irricevibile, illogico, in ogni caso infondato, nonché di statuire conseguentemente sulle spese.

23.      Nella causa C‑378/13, la Commissione conclude che la Corte voglia:

1)      dichiarare che la Repubblica ellenica, non avendo adottato i provvedimenti necessari per dare esecuzione alla sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592), non ha adempiuto gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE;

2)      condannare la Repubblica ellenica a pagare alla Commissione una penalità indicata nell’importo di EUR 71 193,60 per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592), a decorrere dal giorno in cui sarà emessa la sentenza nella presente causa fino al giorno dell’esecuzione della sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592);

3)      condannare la Repubblica ellenica a pagare alla Commissione un importo forfettario giornaliero di EUR 7 786,80, a decorrere dal giorno della pronuncia della sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592) fino al giorno della pronuncia della sentenza nella presente causa oppure fino al giorno dell’esecuzione della sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592), qualora si verificasse ad una data anteriore;

4)      condannare la Repubblica ellenica alle spese.

24.      La Repubblica ellenica conclude che la Corte voglia:

1)      respingere in toto il ricorso della Commissione;

2)      in via subordinata, respingere le richieste di irrogazione di una penalità giornaliera e di un importo forfettario;

3)      in via ulteriormente subordinata, limitare al minimo possibile la penalità giornaliera proposta dalla Commissione, tenendo conto dell’esecuzione della sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592), e contenere l’importo forfettario nel minimo previsto per la Grecia, vale a dire EUR 2 181 000;

4)      condannare la Commissione alle spese.

25.      Le parti hanno svolto le proprie difese scritte nonché, il 3 giugno 2014, le proprie difese orali.

V –    Valutazione giuridica

26.      Prima di esaminare se l’Italia (a tal riguardo, v. sub B) e la Grecia (a tal riguardo, v. sub C) abbiano eseguito le due sentenze, presenterò anzitutto alcune considerazioni preliminari rilevanti per entrambe le cause (a tal riguardo, v. sub A). Infine, mi occuperò delle sanzioni pecuniarie (a tal riguardo, v. sub D).

A –    Considerazioni preliminari

27.      Anzitutto, occorre individuare un criterio in base al quale stabilire in che misura le sentenze controverse debbano continuare ad essere eseguite (a tal riguardo, v. sub 1) e quindi precisare come venga determinata la data di riferimento per il soddisfacimento dell’obbligo di esecuzione (a tal riguardo, v. sub 2).

1.      Sulla persistenza dell’obbligo di esecuzione

28.      Va chiarito anzitutto in quale misura debbano continuare ad essere eseguite le due sentenze. Mentre le disposizioni della direttiva discariche qui rilevanti sono ancora in vigore, la vecchia direttiva in materia di rifiuti e la direttiva relativa ai rifiuti pericolosi sono state ormai abrogate e sostituite dalla nuova direttiva in materia di rifiuti.

29.      L’obbligo di eseguire le sentenze non può però avere una portata più estesa di quella degli obblighi la cui violazione sia stata dichiarata dalla Corte. In caso contrario, l’obbligo di eseguire una sentenza potrebbe, in determinate circostanze, addirittura rendere necessaria un’ulteriore violazione del diritto dell’Unione. Esemplificative sono le due sentenze Commissione/Svezia (8) sulla conservazione di dati. Una volta dichiarata la direttiva 2006/24 (9) invalida (10), proseguire nella loro esecuzione potrebbe comportare la violazione dell’articolo 15 della direttiva 2002/58 (11) nonché degli articoli 8 e 9 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione.

30.      In un procedimento ai sensi dell’articolo 258 TFUE, la Commissione è però legittimata, secondo costante giurisprudenza, a far dichiarare un inadempimento degli obblighi che trovano la loro origine nella versione iniziale di un atto dell’Unione, successivamente modificato o abrogato, che siano stati confermati da nuove disposizioni (12). Tale soluzione è ragionevole, in quanto, normalmente, si deve presumere che il legislatore dell’Unione, redigendo una nuova versione di una determinata direttiva, non intende rendere più gravosa l’esecuzione degli obblighi rimasti invariati. Modifiche meramente formali del diritto dell’Unione non pregiudicano, infatti, le finalità concrete delle direttive interessate, vincolanti per gli Stati membri ai sensi dell’articolo 288, terzo comma, TFUE. Ciò vale a maggior ragione nel caso in cui il legislatore dell’Unione inserisca nel nuovo atto giuridico disposizioni secondo le quali i riferimenti alla direttiva abrogata devono intendersi fatti a quella nuova e addirittura aggiunga tavole di concordanza. È quanto si è verificato con le nuove direttive in materia di rifiuti (13).

31.      La Corte ha già dichiarato che l’abrogazione della vecchia direttiva in materia di rifiuti da parte della direttiva codificata in materia di rifiuti, durante la fase precontenziosa di un ricorso proposto ai sensi dell’articolo 258 TFUE, non aveva alcun effetto sul procedimento d’infrazione in corso. Infatti, la direttiva più recente, che ha codificato la direttiva in materia di rifiuti a fini di razionalità e chiarezza, riproduce le pertinenti disposizioni della precedente direttiva (14).

32.      Inoltre, la Corte ha già basato implicitamente su detta considerazione una propria sentenza pronunciata ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE. Infatti, il procedimento avente ad oggetto le fosse settiche irlandesi (15) verteva, del pari, sull’applicazione degli articoli 4 e 8 della vecchia direttiva in materia di rifiuti, che, già alla data della prima sentenza, era stata sostituita dalla direttiva codificata in materia di rifiuti. E ancor prima della proposizione del ricorso ai sensi dell’articolo 260 TFUE, la nuova direttiva in materia di rifiuti era entrata in vigore al posto della direttiva consolidata in materia di rifiuti. Ciò nonostante, la Corte – senza ulteriore discussione della normativa applicabile – condannava al pagamento di una penalità e di una somma forfettaria.

33.      Dunque, anche nelle presenti cause, i precedenti obblighi stabiliti dalla normativa in materia di rifiuti possono continuare a essere eseguiti, nei limiti in cui vengano riprodotti nelle disposizioni in vigore. Ciò costituirà di volta in volta oggetto di dettagliata analisi.

2.      Sulla data di riferimento per la valutazione dell’esecuzione

34.      Nel verificare se una sentenza sia stata eseguita, occorre utilizzare come data di riferimento per accertare un inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE quella della scadenza del termine impartito nell’invito a presentare osservazioni emesso in forza di tale disposizione (16). Tuttavia, quando la procedura per inadempimento è stata avviata in base all’ex articolo 228, paragrafo 2, CE e un parere motivato è stato emesso prima della data di entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ossia del 1° dicembre 2009, la data di riferimento per accertare un inadempimento è quella della scadenza del termine stabilito nel parere motivato (17).

B –    Sul procedimento contro l’Italia

1.      Sulla ricevibilità

35.      L’Italia eccepisce che il ricorso sia irricevibile, in quanto la Commissione non avrebbe fornito alcuna integrazione al parere motivato. In realtà, una tale integrazione sarebbe stata necessaria solo nel caso in cui la Commissione avesse ampliato il procedimento rispetto al parere motivato (18), mentre un siffatto ampliamento non risulta. Siccome il ricorso è conforme al parere emesso, quest’ultimo non aveva bisogno, al contrario, di alcun supplemento. Questo primo argomento presentato dall’Italia va pertanto respinto.

36.      L’Italia adduce poi che una lettera del direttore generale della direzione generale «Ambiente» avrebbe giustificato un legittimo affidamento in una diversa delimitazione dell’oggetto del procedimento.

37.      Una violazione del principio del legittimo affidamento presuppone che l’amministrazione abbia fornito precise assicurazioni (19). Costituiscono un esempio di assicurazioni idonee a far nascere fondate aspettative informazioni precise, incondizionate e concordanti che promanano da fonti autorizzate e affidabili (20).

38.      L’Italia non ha però esposto quali precise assicurazioni si possano dedurre da detta lettera. Di conseguenza, anche tale argomento deve essere respinto.

2.      Sull’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250)

39.      Nei confronti dell’Italia, la Commissione emetteva un parere motivato per mancata esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250). Essa prorogava il termine ivi impartito fino al 30 settembre 2009. Pertanto, occorre verificare anzitutto se, a tale data, l’Italia avesse adottato le misure necessarie per conformarsi alla sentenza.

40.      In detta sentenza, la Corte dichiarava la violazione degli articoli 4, 8 e 9 della vecchia direttiva in materia di rifiuti, dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva relativa ai rifiuti pericolosi e dell’articolo 14, lettere da a) a c), della direttiva discariche.

41.      Alla scadenza del termine impartito dal parere motivato e in seguito prorogato, vale a dire al 30 settembre 2009, la vecchia direttiva in materia di rifiuti era stata sostituita dalla direttiva consolidata in materia di rifiuti, ma il termine per la trasposizione della nuova direttiva in materia di rifiuti non era ancora scaduto. Dato che la direttiva consolidata non conteneva alcuna modifica sostanziale, in data 30 settembre 2009 l’Italia aveva ancora l’obbligo di eseguire la sentenza.

42.      Ai fini dell’identificazione degli obblighi di esecuzione, il dispositivo della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) riveste un’utilità molto circoscritta, in quanto esso si limita a riprodurre il testo delle disposizioni violate. Tuttavia, esso deve essere interpretato alla luce della motivazione della decisione (21). In base ad essa si possono individuare tre tipi di violazioni, vale a dire:

–        l’utilizzazione di discariche illegali di rifiuti, in parte con l’abbandono di rifiuti pericolosi;

–        la mancata bonifica delle discariche illegali di rifiuti chiuse, contenenti in parte rifiuti pericolosi;

–        la mancanza di una nuova autorizzazione ai sensi della direttiva discariche per le discariche di rifiuti rimaste in funzione.

a)      Sull’utilizzazione di discariche illegali

43.      La Commissione censura l’utilizzazione di discariche illegali e sostiene che l’Italia dovrebbe introdurre norme e controlli aggiuntivi per prevenire in futuro infrazioni siffatte.

44.      La violazione degli articoli 4 e 9 della vecchia direttiva in materia di rifiuti, nonché dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva relativa ai rifiuti pericolosi, commessa attraverso l’utilizzazione di discariche di rifiuti che non soddisfacevano i requisiti di tali disposizioni, è stata dichiarata dalla Corte nei punti 39, 42 e 43 della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250). La Corte constatava che sul territorio italiano esisteva un considerevole numero di discariche in cui i gestori non avevano garantito il riciclaggio o lo smaltimento dei rifiuti in modo tale da non mettere in pericolo la salute dell’uomo e da non utilizzare procedimenti o metodi che potessero recare pregiudizio all’ambiente, nonché un considerevole numero di siti di smaltimento incontrollato di rifiuti (22). Inoltre, numerose discariche erano in funzione senza aver ottenuto l’autorizzazione delle autorità competenti (23). Infine, la Corte constatava che in Italia erano presenti almeno 700 discariche abusive contenenti rifiuti pericolosi, non sottoposti quindi ad alcuna misura di controllo (24).

i)      Sul numero delle discariche ancora utilizzate

45.      La Commissione, per quanto avesse dedotto, in prima battuta, che, alla scadenza del termine da essa impartito, sarebbero esistite almeno 422 discariche illegali, tuttavia, sulla base dei dati forniti nel controricorso, limitava tale censura, nella replica, a 37 discariche la cui chiusura prima della scadenza del termine non sarebbe stata dimostrata. Sulla scorta dei dati esposti nella controreplica, essa insisteva nel contestare, alla fine, solo l’utilizzazione di due discariche illegali.

46.      Si tratta di una discarica «selvaggia», Matera/Altamura Sgarrone al confine tra Puglia e Basilicata, e di un’ex discarica comunale, Reggio Calabria/Malderiti in Calabria.

47.      Nel controricorso (25) l’Italia aveva, in effetti, continuato a menzionare nei propri elenchi dette discariche senza indicarne la data di chiusura e aveva addirittura segnalato, in quella sede, la programmazione di misure di bonifica. Tuttavia, nella controreplica (26), l’Italia esponeva che nell’area della presunta discarica Matera/Altamura Sgarrone, alla luce di più recenti analisi condotte in situ, non sarebbe stata constatata alcuna ex discarica. E nel caso della presunta discarica Reggio Calabria/Malderiti, l’Italia riferiva che in passato vi erano stati abbandonati effettivamente rifiuti, che però già da molto tempo erano stati rimossi.

48.      Ai fini della verifica della questione se, alla scadenza del termine impartito dalla Commissione, fossero ancora effettivamente utilizzate discariche illegali, detto argomento appare tuttavia irrilevante. In primo luogo, i nuovi elementi non escludono il fatto che le discariche fossero ancora utilizzate in quel momento. In secondo luogo, l’Italia rifiuta espressamente di presentare osservazioni sul grado di esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) alla data indicata (27). Conseguentemente, l’Italia ha anche omesso di contestare l’utilizzazione di dette discariche alla scadenza del termine.

49.      Per quanto concerne le discariche Matera/Altamura Sgarrone e Reggio Calabria/Malderiti, è dunque fondata la censura dell’ulteriore utilizzazione di discariche illegali alla scadenza del termine impartito dalla Commissione.

ii)    Sull’introduzione di norme e controlli aggiuntivi

50.      La Commissione censura peraltro, a tal riguardo, anche il fatto che l’Italia non avrebbe adeguatamente potenziato le sue norme volte a prevenire abbandoni illegali di rifiuti né il suo sistema di sorveglianza riguardo ai rifiuti, sebbene le autorità italiane avessero intanto annunciato riforme in materia finalizzate all’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250).

51.      Per quanto attiene a tale censura, effettivamente la sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) ha dichiarato una violazione generale e persistente delle disposizioni della normativa in materia di rifiuti (28). Sarebbe logico far fronte a una siffatta violazione con provvedimenti legislativi generali o di tipo sistematico, i quali potrebbero contribuire a prevenire, in futuro, il sorgere di nuove discariche illegali.

52.      Tuttavia, la Corte non ha dichiarato che la violazione rendeva necessaria l’adozione di simili provvedimenti. Neppure la Commissione espone elementi in merito.

53.      Il fatto che le autorità italiane possano aver provvisoriamente sostenuto la necessità di ulteriori norme e di misure di controllo sistematiche non è di per sé sufficiente a dimostrare che siffatti provvedimenti siano necessari all’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250). Tanto più che, come l’Italia espone nel presente procedimento, tali programmi non avrebbero avuto la finalità di soddisfare l’obbligo di esecuzione.

54.      Piuttosto, non si può escludere che – come dedotto del pari dall’Italia – già la semplice applicazione conforme delle norme vigenti sia sufficiente per prevenire, in futuro, l’abbandono di rifiuti in un gran numero di discariche illegali. In tal senso depone anche il fatto che nella presente causa non è stato dedotto il sorgere, medio tempore, di nuove discariche illegali.

55.      Per contro, specifici casi isolati – determinati ad esempio da attività criminose – non potrebbero essere evitati con certezza neanche con l’impiego di norme rigorose e sofisticati sistemi di sorveglianza. Tali casi sarebbero qualitativamente diversi dalla violazione generale e persistente constatata nella sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250).

56.      Pertanto, tale parte del ricorso dev’essere respinta.

b)      Sulla bonifica delle discariche illegali

57.      La seconda violazione fatta valere dalla Commissione è la mancata bonifica delle discariche illegali di rifiuti chiuse, contenenti in parte rifiuti pericolosi. La Commissione sostiene che, alla scadenza del termine da essa impartito, ancora 422 discariche avrebbero avuto bisogno di bonifica.

58.      Tale censura solleva questioni complicate. Anzitutto occorre chiarire se la sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) fondi un obbligo di bonifica delle discariche illegali chiuse (a tal riguardo, v. sub i) e quale importanza rivesta, in tale contesto, la direttiva relativa ai rifiuti pericolosi (a tal riguardo, v. sub ii). Infine, occorre stabilire a quali discariche si riferisca l’obbligo di esecuzione della sentenza (a tal riguardo, v. sub iii).

i)      Sull’obbligo di bonifica in generale

59.      L’Italia eccepisce che la sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) non richiede affatto la bonifica delle discariche illegali chiuse.

60.      Va dato atto al riguardo che la sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) non dichiara espressamente, né nel dispositivo né nella motivazione, che la mancata bonifica delle discariche illegali costituisca parte delle infrazioni accertate. Tuttavia, la sentenza attesta che la Commissione ha censurato, nella sua argomentazione, anche la perdurante mancata bonifica delle discariche abusive (29) e la Corte, lungi dal respingere tale argomento, ha accolto in toto il ricorso della Commissione.

61.      Inoltre, secondo il punto 41 della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250), quanto alla censura relativa alla violazione dell’articolo 8 della direttiva in materia di rifiuti, è stato accertato che le autorità italiane non avevano garantito che i detentori di rifiuti procedessero essi stessi allo smaltimento o al recupero dei rifiuti o li consegnassero ad un raccoglitore o ad un’impresa incaricata di effettuare tali operazioni, conformemente alle disposizioni della direttiva. Dalla documentazione prodotta (30) risulta che la Corte fonda tale accertamento sul fatto che determinate discariche nelle Regioni Umbria e Puglia non erano ancora state bonificate.

62.      La Corte ha già dichiarato che l’articolo 8 della vecchia direttiva in materia di rifiuti contempla un siffatto obbligo di bonifica delle discariche abusive. Infatti, il gestore di una discarica abusiva diviene, nel ricevervi rifiuti, detentore di questi rifiuti e la summenzionata disposizione impone allo Stato membro l’obbligo di adottare nei confronti del medesimo le misure necessarie affinché questi rifiuti siano consegnati ad un raccoglitore privato o pubblico o ad un’impresa di smaltimento, salvo che tale gestore provveda egli stesso al loro recupero o smaltimento (31).

63.      Ne consegue che l’accertata violazione dell’articolo 8 della vecchia direttiva in materia di rifiuti consiste quanto meno nel non aver ancora bonificato le discariche abusive.

64.      Sebbene la Commissione esponga che una violazione dell’articolo 8 della vecchia direttiva in materia di rifiuti sussiste solo in relazione alle due discariche la cui chiusura è controversa (32), tuttavia, qualora si consideri la sua complessiva argomentazione, appare chiaro che essa non ha rinunciato a contestare la violazione dell’articolo 8 compiuta attraverso la persistente mancata bonifica delle discariche illegali. Infatti, la Commissione continua a chiedere in modo espresso e, per l’Italia, inequivocabile di compiere detta bonifica. Il riconoscimento dell’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) riguardo agli articoli 8 e 9 concerne quindi soltanto la violazione di dette disposizioni consistente nel non aver sufficientemente impedito le discariche illegali ovvero la loro utilizzazione.

65.      Inoltre, l’obbligo di bonifica delle discariche illegali si basa, secondo alcune sentenze disponibili solo in francese e nella lingua del procedimento, anche sull’articolo 4, paragrafo 1, della vecchia direttiva in materia di rifiuti, la cui violazione viene ugualmente censurata dalla Commissione. La Corte lo ha dichiarato anzitutto per casi in cui era accertato che i rifiuti abbandonati illegalmente arrecavano pregiudizio all’ambiente (33), ciò che appunto occorre prevenire ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1. In seguito, la Corte si è fondata sulla considerazione che già il deposito di rifiuti in una discarica (illegale) recava pregiudizio all’ambiente (34). Pertanto è del tutto logico che la chiusura delle discariche illegali oppure la copertura dei rifiuti abbandonati illegalmente con terra e detriti non siano sufficienti a soddisfare i requisiti dell’articolo 4, paragrafo 1 (35). Come afferma giustamente la Commissione, si deve piuttosto quantomeno verificare se una discarica illegale chiusa arrechi pregiudizio all’ambiente o alla salute. In caso affermativo, essa deve essere bonificata.

66.      Pertanto si deve concludere che la violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, e dell’articolo 8 della vecchia direttiva in materia di rifiuti, dichiarata nella sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250), fa sorgere l’obbligo di verificare la necessità di bonifica delle discariche illegali di rifiuti ed eventualmente di bonificarle.

67.      Tale conclusione è in linea con il fatto che l’Italia, già nella causa C‑135/05, ma anche nella presente, ha continuato a fornire informazioni sulla bonifica delle discariche di rifiuti. Detto Stato membro non può pertanto affermare di non essere stato al corrente che la presente causa vertesse anche sulla bonifica delle discariche.

ii)    Sull’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva relativa ai rifiuti pericolosi

68.      La dichiarazione della violazione dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva relativa ai rifiuti pericolosi di cui alla sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) aggiunge all’obbligo di bonifica specifici obblighi con riguardo ai rifiuti pericolosi.

69.      A tal proposito occorre anzitutto ricordare che gli obblighi fondamentali in materia di rifiuti stabiliti dalla direttiva in materia di rifiuti – incluso l’obbligo di bonifica – non sono ridefiniti dalla direttiva relativa ai rifiuti pericolosi, ma, in forza dell’articolo 1, paragrafo 2, di quest’ultima, trovano applicazione altresì per i rifiuti pericolosi. Di conseguenza, anche le discariche illegali contenenti rifiuti pericolosi devono essere bonificate conformemente alla direttiva in materia di rifiuti.

70.      La direttiva relativa ai rifiuti pericolosi può, però, far sorgere obblighi più estesi. L’articolo 2, paragrafo 1, impone, infatti, che i rifiuti pericolosi siano catalogati e identificati.

71.      Qualora siano state omesse, l’identificazione e la catalogazione di rifiuti pericolosi abbandonati illegalmente devono essere eseguite successivamente nell’ambito della bonifica. Di norma, l’identificazione è anzi un presupposto della bonifica vera e propria, al fine di ottenere indicazioni affidabili sul modo in cui procedere alla bonifica e di evitare che sorgano, all’atto stesso della bonifica, ulteriori pericoli per l’ambiente e la salute umana.

iii) Sulle discariche interessate

72.      Le parti sono in disaccordo pure su quali siano le discariche soggette all’obbligo di bonifica. Il punto è, fondamentalmente, se la sentenza abbia descritto la portata dell’infrazione in modo sufficientemente preciso da consentire l’esecuzione ai sensi dell’articolo 260 TFUE. Infatti, la sentenza non riporta, né nel dispositivo né nella motivazione, un elenco delle discariche da bonificare.

73.      A rigore un siffatto elenco si potrebbe ricostruire dagli atti della causa C‑135/05. A tal proposito, sarebbero rilevanti le discariche menzionate in modo diretto o indiretto dalla Commissione. Per la maggior parte delle regioni la base di detta ricostruzione sarebbe rappresentata dal rapporto del Corpo forestale dello Stato italiano del 22 ottobre 2002, sul quale la Commissione ha fondato il suo ricorso. Tale rapporto contabilizzava le discariche illegali nei territori boschivi e montagnosi delle regioni a statuto ordinario in Italia (vale a dire, tutte le regioni italiane, eccetto il Friuli-Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige e la Valle d’Aosta).

74.      Tuttavia, con ogni probabilità un elenco così ricostruito non comprenderebbe tutte le discariche di cui la Commissione chiede la bonifica nella presente causa. Infatti, l’Italia, rispondendo ad un quesito della Corte, ha elencato 71 discariche segnalate dalla Commissione che non sarebbero state oggetto del procedimento nella causa C‑135/05.

75.      La Commissione non sostiene di aver indicato tali discariche nel procedimento della causa C‑135/05. Essa si esprime unicamente sulle due discariche di cui è controversa l’esistenza (36). Eppure emerge inequivocabilmente dalla sua argomentazione che la Commissione insiste nel considerare da bonificare anche le altre 69 discariche. 44 di tali discariche si trovano nelle regioni in cui il Corpo forestale ha svolto le sue ricerche, le restanti 25 in regioni rispetto alle quali il Corpo forestale non ha competenza, la maggior parte in Sicilia e Sardegna. È dubbio pertanto che in particolare le discariche da ultimo citate siano state menzionate dalla Commissione del procedimento della causa C‑135/05.

76.      Tuttavia, le statuizioni della Corte nella sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) non mirano a stabilire se e come determinate discariche siano state menzionate nel procedimento. Nella causa C‑135/05, infatti, l’Italia aveva già lamentato, senza successo, la genericità e l’indeterminatezza dell’inadempimento addebitato dalla Commissione. La Corte sottolineava però che la Commissione poteva censurare una generale prassi amministrativa che provocava una violazione ripetuta e prolungata del diritto dell’Unione (37). Coerentemente, la Corte dichiarava espressamente, al punto 45 di quella sentenza, che l’Italia era venuta meno, in modo generale e persistente, agli obblighi ad essa incombenti ai sensi della normativa in materia di rifiuti. La Corte motivava i diversi inadempimenti non facendo ricorso ad un’analisi approfondita dei casi esposti, ma limitandosi a rinviare esemplificativamente alla situazione riscontrata in determinate regioni (38).

77.      Quindi, la dichiarazione della violazione del diritto dell’Unione di cui alla sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250), in particolare degli articoli 4 e 8 della direttiva in materia di rifiuti, nonché dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva relativa ai rifiuti pericolosi, va al di là dei casi particolari denunciati alla Corte (39). La statuizione è piuttosto da intendere nel senso che da diverso tempo l’Italia non ha adottato sul suo intero territorio i provvedimenti necessari a bonificare le discariche illegali, vale a dire a rimuovere regolarmente i rifiuti abbandonati illegalmente come prescritto dalle menzionate disposizioni. Il fatto è, in nuce, che l’Italia non si è sufficientemente impegnata per impedire l’utilizzazione di discariche illegali.

78.      Resta però dubbio fino a che punto una siffatta dichiarazione di una violazione generale e persistente, non limitata ai singoli casi denunciati (esemplificativamente) alla Corte, imponga ad uno Stato membro, ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, di adottare provvedimenti che possano essere eseguiti ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE.

79.      Qualora l’applicazione dell’articolo 260 TFUE richiedesse lo stesso livello di determinatezza di un titolo esecutivo, allora, riguardo alla bonifica delle discariche, l’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) sarebbe certamente esclusa. Per quanto attiene ai titoli che comportano un obbligo pecuniario ai sensi degli articoli 192 e 187 del Trattato CEE (dopo la modifica, divenuti articoli 280 TFUE e 299 TFUE), la Corte, nonostante fosse possibile una conversione, ha comunque escluso che essi venissero espressi nelle unità di conto europee, allora ancora esistenti, in quanto potevano essere liquidati solo in moneta nazionale (40). Siccome né la sentenza né il fascicolo del procedimento della causa C‑135/05 indicano in modo chiaro quali discariche in concreto debbano essere bonificate, sembrerebbe doversi escludere l’obbligo di procedere all’esecuzione.

80.      È però altrettanto vero che non si possono porre analoghe condizioni per l’articolo 260 TFUE (41). Ciò risulta già dal fatto che le sentenze da eseguire ai sensi dell’articolo 258 TFUE hanno un carattere meramente dichiarativo. Pertanto, a prescindere dalla decisione sulle spese, esse non indicano affatto i provvedimenti concreti che uno Stato membro è tenuto ad adottare per porre fine alla violazione accertata del diritto dell’Unione. Anzi, tali sentenze lasciano agli Stati membri, di regola, notevoli margini operativi nella loro esecuzione.

81.      Pertanto, un criterio di riferimento dovrebbe essere costituito, piuttosto, dal principio dell’equo processo di cui devono poter beneficiare tutte le parti di una controversia della quale sia investito il giudice dell’Unione, indipendentemente dal loro status giuridico (42). Per soddisfare le condizioni di tale principio, occorre che le parti conoscano e possano discutere in contraddittorio gli elementi di fatto e di diritto decisivi per l’esito del procedimento (43). Per questo è necessario che qualsivoglia decisione giudiziaria sia motivata, così che il condannato possa comprendere le ragioni della condanna (44). Tuttavia, la portata dell’obbligo di motivazione può variare a seconda della natura della decisione giudiziaria di cui trattasi e dev’essere analizzata in relazione al procedimento considerato nel suo complesso e sulla base dell’insieme delle circostanze pertinenti, tenendo conto delle garanzie procedurali da cui tale decisione è contornata (45).

82.      In parte, i requisiti della motivazione sono collegati alla possibilità di un ricorso in impugnazione, possibilità che non rileva nel procedimento per inadempimento (46). Eppure, anche in detto procedimento, la sentenza deve essere quantomeno sufficientemente chiara, affinché lo Stato membro interessato possa individuare le infrazioni da rimuovere. Esso deve altresì essere in condizione di svolgere difese nei confronti della Commissione in merito all’esecuzione che abbia intrapreso.

83.      I requisiti di determinatezza delle statuizioni non possono però comportare che la dichiarazione di una prassi generale e persistente non richieda alcuna attività esecutiva. In caso contrario, siffatte statuizioni, la cui possibilità è riconosciuta costantemente dalla giurisprudenza della Corte (47), sarebbero private dell’effetto utile. Esse conserverebbero soltanto un carattere meramente dichiarativo.

84.      La necessità di siffatte statuizioni piuttosto astratte senza specifica indicazione di tutti i singoli casi in questione deriva, del resto, dal comportamento dello Stato membro interessato. Infatti, quest’ultimo anzitutto tollera una violazione generale e persistente del diritto dell’Unione e poi non informa pienamente ed esaurientemente la Commissione, nella fase precontenziosa del primo ricorso per inadempimento, della portata della sua infrazione, violando il proprio dovere di leale cooperazione. Pretendere nondimeno dalla Commissione di indicare precisamente, pur non disponendo di propri specifici poteri di indagine, la violazione di diritto dell’Unione, perché più tardi cessi, consentirebbe allo Stato membro di trarre ulteriori vantaggi dalla sua stessa violazione.

85.      Infine, la Corte ha già applicato in almeno un caso simile l’allora vigente articolo 228 CE (dopo la modifica, divenuto articolo 260 TFUE). La condanna della Francia a causa dell’insufficiente controllo sulle attività di pesca riguardava, infatti, un deficit persistente e strutturale nell’applicazione del diritto dell’Unione (48), la cui eliminazione non era stata del pari stabilita in concreto.

86.      Deve pertanto essere sufficiente il fatto che lo Stato membro sia in grado di individuare sulla base della sentenza – all’occorrenza, secondo un’interpretazione della stessa ai sensi dell’articolo 43 dello Statuto – i provvedimenti necessari all’esecuzione.

87.      La sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) soddisfa detti requisiti in riferimento all’obbligo di bonifica delle discariche. Come è stato illustrato in precedenza (49), l’Italia, in quanto Stato membro parte del procedimento, poteva desumere dalla sentenza e dagli atti di causa che la bonifica delle discariche illegali chiuse era compresa. Tali discariche dovevano per forza di cose essere quelle la cui utilizzazione non era stata precedentemente impedita dall’Italia, secondo una prassi generale e persistente, in violazione degli articoli 4, 8 e 9 della vecchia direttiva in materia di rifiuti nonché, in parte, dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva relativa ai rifiuti pericolosi. La necessità di bonificare tali discariche è la conseguenza di detta utilizzazione (50).

88.      L’Italia è sempre stata al corrente della portata di tale obbligo. Già nel procedimento della causa C‑135/05, e quindi nella fase precontenziosa della presente causa, detto Stato membro ha perciò identificato le discariche chiuse ancora da bonificare.

89.      In particolare, dalle comunicazioni trasmesse dall’Italia alla Commissione risulta che, alla scadenza del termine di cui al parere motivato, il 30 settembre 2009, non erano ancora state bonificate tra le 368 (51) e le 422 (52) discariche illegali. Almeno 15 (53), forse anche 23 (54), di tali discariche contenevano, secondo i dati forniti dall’Italia nel procedimento precontenzioso, rifiuti pericolosi. Dunque, a detta data, la sentenza non era ancora stata eseguita nella parte relativa alla bonifica delle discariche. Ciò basta a giustificare una nuova condanna ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE.

c)      Sulla nuova autorizzazione delle discariche rimaste in funzione ai sensi della direttiva discariche

90.      La sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) dichiarava inoltre che era stato violato l’articolo 14, lettere da a) a c), della direttiva discariche. Tale disposizione disciplina le condizioni alle quali le discariche che abbiano ottenuto un’autorizzazione o siano già in funzione alla scadenza del termine di recepimento di detta direttiva, vale a dire al 16 luglio 2001, possono continuare a funzionare.

91.      Ai sensi dell’articolo 14, lettera a), della direttiva discariche, il gestore della discarica deve elaborare e presentare all’approvazione dell’autorità competente un piano di riassetto della discarica entro il 16 luglio 2002. La lettera b) prevede che, in seguito alla presentazione di detto piano, l’autorità decida sul mantenimento in funzione o sulla chiusura della discarica. In forza della lettera c), in caso di mantenimento in funzione, l’autorità deve autorizzare i necessari lavori di riassetto e stabilire un periodo di transizione fino al 16 luglio 2009.

92.      Secondo i dati forniti dalla Commissione, che non sono stati contestati, alla scadenza del termine di cui al parere motivato ne erano interessate almeno 93 discariche. Si trattava di 69 discariche, site in nove Regioni, che l’Italia ha indicato alla Commissione nella risposta al parere motivato e di altre 24, nella Regione Puglia, su cui l’Italia ha fornito indicazioni solo in seguito. Anche a tal riguardo, di conseguenza, la sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) non era stata ancora eseguita alla scadenza del termine.

d)      Conclusione intermedia

93.      La Repubblica italiana è quindi venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli articoli 4, 8 e 9 della direttiva rifiuti, dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva relativa ai rifiuti pericolosi e dell’articolo 14 della direttiva discariche, nonché dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, non avendo adottato tutti i provvedimenti necessari per l’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) alla data del 30 settembre 2009, allorché è scaduto il termine impartito dalla Commissione europea nel parere motivato.

C –    Sul procedimento contro la Grecia

94.      L’oggetto del procedimento contro la Grecia è più limitato di quello del procedimento contro l’Italia. Nella sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592) la Corte ha dichiarato esclusivamente la violazione degli articoli 4, 8 e 9 della vecchia direttiva in materia di rifiuti.

95.      Le parti sono d’accordo sul fatto che tale violazione concerna sia l’utilizzazione di discariche illegali sia la loro bonifica.

96.      La data di riferimento si deduce dall’invito integrativo a presentare osservazioni del 29 ottobre 2010, nel quale la Commissione fissava il termine del 29 dicembre 2010.

97.      Dato che il termine di trasposizione della nuova direttiva in materia di rifiuti è scaduto il 12 dicembre 2010, ai fini della persistenza dell’obbligo di eseguire la sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592) occorre accertare se la nuova direttiva riproduca gli articoli 4, 8 e 9 della vecchia direttiva in materia di rifiuti.

98.      Ciò accade, in linea di principio, con gli articoli 13, 36, paragrafo 1, 15, paragrafo 1, nonché 23 della nuova direttiva in materia di rifiuti, che contengono unicamente modifiche non sostanziali.

99.      In linea di massima, l’obbligo di bonifica non è messo in dubbio dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della nuova direttiva in materia di rifiuti. Tale disposizione ha integrato la normativa in materia di rifiuti nel senso che la direttiva in materia di rifiuti non è applicabile al terreno (in situ), incluso il suolo contaminato non escavato. I rifiuti abbandonati illegalmente non costituiscono però terreno né si trovano in situ, vale a dire nella loro condizione originaria (55). Altrimenti l’abbandono illegale di rifiuti spianerebbe la strada all’elusione della normativa in materia di rifiuti. La rimozione di tali rifiuti può pertanto continuare ad essere imposta conformemente a detta normativa.

100. Ne consegue che la sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592) doveva essere ancora eseguita alla scadenza del termine impartito dalla Commissione.

101. Dagli argomenti delle parti non risulta chiaro il livello di esecuzione della sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592) alla data del 29 dicembre 2010. In ogni caso, sei mesi più tardi la Grecia comunicava che sarebbero state in uso ancora 82 discariche illegali e che avrebbero dovuto essere bonificate ancora 596 discariche illegali chiuse.

102. Pertanto, la Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli articoli 4, 8 e 9 della direttiva in materia di rifiuti, nonché dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, non avendo adottato tutti i provvedimenti necessari per l’esecuzione della sentenza Commissione/Grecia alla data del 29 dicembre 2010 (EU:C:2005:592), allorché è scaduto il termine impartito dalla Commissione europea nell’invito integrativo a presentare osservazioni.

D –    Sulle sanzioni pecuniarie

103. Spetta alla Corte, in ciascuna causa e in relazione alle circostanze del caso di cui è investita nonché al grado di persuasione e di dissuasione che le sembra necessario, determinare le sanzioni pecuniarie adeguate per garantire l’esecuzione più rapida possibile della sentenza che ha precedentemente constatato un inadempimento e prevenire il ripetersi di infrazioni analoghe al diritto dell’Unione (56).

104. A tal fine, le proposte della Commissione non possono vincolare la Corte, ma costituiscono soltanto un utile punto di riferimento. Del pari, orientamenti come quelli contenuti nelle comunicazioni della Commissione non vincolano la Corte, ma contribuiscono a garantire la trasparenza, la prevedibilità e la certezza del diritto con riferimento all’azione condotta dalla stessa Commissione (57).

1.      Sulla penalità

105. L’imposizione di una penalità in forza dell’articolo 260 TFUE si giustifica, in linea di principio, soltanto se perdura l’inadempimento relativo alla mancata esecuzione di una precedente sentenza della Corte (58).

106. Pertanto, quanto finora affermato in ordine all’insufficiente esecuzione delle sentenze alla scadenza del termine impartito dalla Commissione non giustifica ancora alcuna penalità. Va piuttosto ulteriormente verificato se alla data della decisione della Corte le sentenze richiedano ancora di essere eseguite.

107. Anche a tal riguardo, il perdurare dell’inadempimento presuppone che le disposizioni violate, nonostante le modifiche della normativa in materia di rifiuti medio tempore intervenute, siano sostanzialmente ancora eseguibili alla data della decisione della Corte.

108. Per quanto attiene al procedimento contro la Grecia nulla cambia, giacché al momento della suddetta verifica dell’esecuzione della sentenza alla scadenza del termine impartito dalla Commissione era già applicabile la nuova direttiva in materia di rifiuti (59).

109. Nel più ampio procedimento contro l’Italia, occorreva invece tener conto soltanto della direttiva consolidata in materia di rifiuti (60). Da quanto affermato in merito al procedimento contro la Grecia consegue però che la nuova direttiva in materia di rifiuti non mette in dubbio l’obbligo di bonifica stabilito dalla vecchia direttiva in materia di rifiuti. Inoltre, l’articolo 35 della nuova direttiva in materia di rifiuti riproduce l’obbligo sancito dall’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva relativa ai rifiuti pericolosi, disponendo che gli stabilimenti e le imprese di cui all’articolo 23, vale a dire, inter alia, i gestori di discariche di rifiuti, tengano un registro cronologico in cui sono indicati la quantità, la natura e l’origine dei rifiuti. Pertanto, anche tale obbligo può essere ancora eseguito.

a)      Sulla causa C‑196/13, Commissione/Italia

110. Al fine di pronunciarsi sull’imposizione di una penalità contro l’Italia, occorre anzitutto esaminare in quale misura perdurino le infrazioni alla scadenza del termine impartito dalla Commissione. Dopodiché è necessario stabilire la forma che tale penalità deve assumere, in particolare se sia imposta a titolo di somma invariabile oppure in misura decrescente in relazione all’esecuzione, nonché il suo importo di base e le condizioni per la sua cessazione.

i)      Sulla persistenza delle violazioni

111. In larghissima parte, la persistenza delle violazioni alla data dell’udienza era, in effetti, pacifica, ma due casi, rispetto ai quali l’Italia fornisce nuove informazioni nella controreplica, necessitano di ulteriore approfondimento.

–       Sui casi non controversi

112. Per quanto l’Italia abbia realizzato ulteriori progressi rispetto alla scadenza del termine di cui al parere motivato, nondimeno devono essere ancora bonificate, in base a dati concordanti, 196 discariche, vale a dire le 218 menzionate nel ricorso meno le 20 la cui bonifica intervenuta medio tempore è stata riconosciuta dalla Commissione (61) e le due sulle quali occorre subito soffermarsi. Secondo i dati non contestati forniti dalla Commissione, 13 di dette 196 discariche contengono rifiuti pericolosi (62). All’udienza si è inoltre ammesso che frattanto erano soltanto due discariche ad aver ancora bisogno di una nuova autorizzazione ai sensi della direttiva discariche.

–       Sui due casi controversi

113. I casi della discarica «selvaggia» di Matera/Altamura Sgarrone, al confine tra Puglia e Basilicata, e dell’ex discarica comunale sita in Reggio Calabria/Malderiti, in Calabria, necessitano però di ulteriore approfondimento.

114. Come si è già rilevato (63), in effetti, l’Italia aveva inserito, nel controricorso (64), dette discariche nei suoi elenchi, senza indicazione di una data di chiusura, e aveva segnalato anche provvedimenti programmati di bonifica. Nella controreplica (65), però, l’Italia esponeva che a Matera/Altamura Sgarrone, alla luce di più recenti analisi condotte in situ, non si troverebbe alcuna ex discarica, mentre, nel caso della presunta discarica di Reggio Calabria/Malderiti, l’Italia riferiva che in passato vi erano stati effettivamente abbandonati rifiuti, che però già da molto tempo erano stati rimossi.

Sull’ulteriore utilizzazione delle discariche illegali

115. Mentre la Commissione contesta all’Italia che sarebbero ancora in funzione discariche illegali nei due siti summenzionati, l’Italia riportava già nel controricorso che, in quel momento, nessuna delle discariche illegali di cui trattasi nella presente causa fosse ancora utilizzata.

116. Pertanto, la Commissione deve dimostrare l’utilizzazione di dette discariche. Essa fa leva sul fatto che l’Italia non ha comunicato alcuna data di chiusura.

117. La mancata indicazione di una data di chiusura non prova però che, in entrambi i siti, siano ancora effettivamente in funzione discariche illegali.

118. Dato che la Commissione non fornisce alcun altro elemento di prova dell’utilizzazione di discariche illegali a Matera/Altamura Sgarrone e a Reggio Calabria/Malderiti, il ricorso dev’essere respinto in tale parte.

Sulla necessità di bonificare le due discariche

119. In ogni caso, la controversia relativa ai due casi verte anche sull’obbligo di bonifica delle discariche.

120. Nel controricorso e nella fase precontenziosa, l’Italia ammetteva che le ex discariche illegali di Matera/Altamura Sgarrone e di Reggio Calabria/Malderiti fossero da bonificare. Il nuovo argomento dedotto dall’Italia mira invece ad affermare che le due summenzionate farebbero parte erroneamente dell’elenco delle ex discariche illegali da bonificare. Si tratta dunque di una modifica della linea difensiva.

121. Ai sensi dell’articolo 127, paragrafo 1, del regolamento di procedura, è vietata la deduzione di motivi nuovi in corso di causa, a meno che essi si basino su elementi di diritto e di fatto emersi durante il procedimento.

122. L’Italia si fonda su tali elementi di fatto; infatti, la consapevolezza che entrambe le discariche erano state inserite erroneamente nell’elenco delle discariche da bonificare si basa su controlli svolti in situ, compiuti dopo il controricorso (66).

123. In tali nuove acquisizioni si manifesta, invero, il ritardo dell’Italia nel fare piena luce sulla situazione in tempo utile, la qual cosa è invece imposta, in particolare, dall’obbligo di leale collaborazione con la Commissione. Tuttavia, l’articolo 127, paragrafo 1, del regolamento di procedura non esclude una modifica degli argomenti defensionali per la semplice circostanza che i nuovi elementi di fatto avrebbero dovuto essere conosciuti già in precedenza.

124. Tale generosità nell’accogliere nuovi argomenti è, quantomeno nel presente caso, anche ragionevole. Qualora la Corte condannasse l’Italia per tali due casi, non tenendo conto del nuovo argomento, l’esecuzione della sentenza si rivelerebbe al riguardo praticamente molto difficile. In che modo l’Italia dovrebbe dimostrare che dette presunte discariche siano state bonificate se esse effettivamente non esistono (più)?

125. Ne consegue che tale nuovo argomento è ricevibile.

126. Nella controreplica si fa riferimento a nuove prove – o almeno ad un’offerta di prova supplementare –, precisamente ai risultati dei più recenti controlli compiuti in situ. Ai sensi dell’articolo 128, paragrafo 1, del regolamento di procedura, in tale fase possono essere ancora presentate nuove prove o offerte di prova in caso di ritardo giustificato. Anche tale condizione è soddisfatta, in quanto la ragione del ritardo risiede nel fatto che tali informazioni sono state acquisite solo a seguito di più recenti controlli.

127. Tale argomentazione ha forse sorpreso la Commissione, ma quest’ultima avrebbe potuto chiedere alla Corte la concessione di un congruo periodo di tempo per svolgere proprie ricerche.

128. Il nuovo argomento presentato dall’Italia è sostanzialmente anche fondato.

129. È vero che l’argomentazione svolta dall’Italia appare ictu oculi poco persuasiva a causa della contraddizione, sottolineata dalla Commissione, rispetto al precedente argomento, in particolare alla luce dei previsti provvedimenti di bonifica. Ci si aspetterebbe, infatti, che i provvedimenti di bonifica siano programmati solo quando esistano effettivamente discariche da bonificare.

130. D’altra parte, non si comprende perché l’Italia dovrebbe consapevolmente fornire alla Corte e alla Commissione, in tale fase del procedimento, informazioni false su due dei quasi 200 casi specifici, informazioni che potrebbero essere presumibilmente confutate in maniera relativamente agevole. Con una spesa molto contenuta si potrebbero, ad esempio, utilizzare foto satellitari dell’area in questione e perfino una visita dei luoghi non comporterebbe oneri eccessivi. La Commissione non si è però sforzata di fornire una prova siffatta, al fine di controbattere il nuovo argomento dedotto dall’Italia.

131. Inoltre, non pare da escludere che uno Stato membro, tenuto a far fronte a violazioni della normativa dell’Unione in materia di rifiuti in relazione a diverse centinaia di discariche illegali, registri erroneamente un certo numero di casi e scopra l’errore piuttosto tardi. Nella fase precontenziosa, in particolare in relazione alla risposta al parere motivato, la Commissione accettava la comunicazione di siffatte registrazioni erronee e la loro cancellazione dagli elenchi.

132. Pertanto, il riferimento della Commissione alla contraddizione rispetto alle precedenti comunicazioni non è sufficiente a inficiare l’argomento dedotto dall’Italia.

133. Dato che, nell’ambito di un procedimento per inadempimento, la Commissione ha l’obbligo di dimostrare l’esistenza dell’inadempimento contestato (67) ed essa non deduce alcun ulteriore argomento al riguardo, non si può dichiarare che a Matera/Altamura Sgarrone e a Reggio Calabria/Malderiti esistano ex discariche illegali da bonificare.

134. Pertanto, anche in tale punto, il ricorso della Commissione nella causa C‑196/13 dev’essere respinto.

–       Conclusione parziale

135. Siccome, però, a prescindere dai due casi anzidetti, alla sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250), alla data dell’udienza, non è ancora stata data piena esecuzione in parti sostanziali, la condanna della Repubblica italiana al pagamento di una penale costituisce, in linea di principio, un mezzo finanziario appropriato per incitare quest’ultima ad adottare i provvedimenti necessari per mettere fine all’inadempimento constatato e per garantire la completa esecuzione della sentenza (68).

ii)    Sulla forma della penalità – fissa o decrescente?

136. Per quanto attiene alla forma della penalità, si pone la questione se debba essere applicata una penalità periodica nella forma di una somma fissa da versare, da parte della Repubblica italiana, fino alla piena esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250). L’alternativa è la somma decrescente proposta dalla Commissione, che si riduce a misura dell’avanzamento nell’esecuzione della sentenza.

137. A favore di una somma fissa depone il fatto che la Corte, nella sentenza da eseguire, non ha individuato un fascio di singole infrazioni, ma un’infrazione generale e persistente. Ad un’unica violazione dovrebbe corrispondere un’unica penalità costante.

138. Va osservato, tuttavia, che detta infrazione è articolata in diverse situazioni specifiche che richiedono, di volta in volta, provvedimenti ad hoc al fine di eseguire la sentenza. Una differenziazione approssimativa risulta già dal fatto che la violazione degli articoli 4 e 8 della direttiva in materia di rifiuti e dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva relativa ai rifiuti pericolosi determina l’obbligo di bonificare le discariche illegali chiuse, mentre la violazione dell’articolo 14 della direttiva discariche impone una nuova autorizzazione ai sensi di detta direttiva delle discariche rimaste in funzione. In relazione ai due aspetti, ogni singola discarica in questione necessita di provvedimenti ad hoc. Già tale conformazione dell’obbligo di esecuzione depone per l’irrogazione di una somma decrescente a misura dell’avanzamento nell’esecuzione (69).

139. Ancora più importante è, tuttavia, che solo quest’ultimo modus procedendi può assicurare che la penalità corrisponda alla non ancora piena esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250). Infatti, una somma costante, corrispondente, al momento della fissazione del suo importo, allo stato dell’esecuzione, non sarebbe più adeguata, a seguito degli ulteriori progressi realizzati dall’Italia nell’esecuzione, alle particolari circostanze del caso e risulterebbe pertanto non commisurata all’inadempimento accertato (70). Ai sensi del principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, gli atti delle istituzioni dell’Unione – inclusi quelli della Corte – non possono superare i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (71).

140. Per tale motivo, la Corte ha già imposto penalità decrescenti in tre sentenze concernenti infrazioni strutturate in modo simile. Detti casi riguardavano la qualità di un elevato numero di acque di balneazione (72), il recupero di un gran numero di aiuti (73) e l’allacciamento dei residenti a impianti di depurazione delle acque (74).

141. Nel più recente procedimento di tal genere, però, nonostante la sussistenza di un’infrazione strutturata in modo simile, relativa alla costruzione di più impianti di depurazione, e una conforme richiesta della Commissione (75), la Corte ha imposto una penalità fissa (76).

142. Detto caso non denota, tuttavia, una svolta fondamentale dalla prassi di fissare una penalità decrescente in determinate circostanze, e ciò già in quanto la Corte non fornisce alcuna motivazione per lo scostamento dalla precedente giurisprudenza, motivazione che sarebbe stata doverosa non solo in ragione della proposta della Commissione, ma anche perché la stessa Corte, solo un mese prima, aveva imposto ancora una penalità decrescente (77). L’ultima sentenza può dunque basarsi tutt’al più su una valutazione non esplicitata delle particolari circostanze di specie.

143. Nel presente caso, invece, non emergono circostanze che renderebbero necessaria l’imposizione di una penalità fissa che non decresca, conformemente al principio di proporzionalità, secondo l’ulteriore avanzamento nell’esecuzione della sentenza.

144. In particolare, i possibili difetti di cooperazione dell’Italia con la Commissione non forniscono alcuna ragione per imporre la penalità nella forma di una somma invariabile. Vero è che le informazioni trasmesse dall’Italia sono state in parte incomplete o contraddittorie, tuttavia, di norma, la Corte prende in considerazione siffatte violazioni dell’obbligo di leale cooperazione nel calcolo dell’importo forfettario, facendo riferimento al comportamento dello Stato membro interessato (78).

145. Al contrario, l’assenza di cooperazione nella fase dell’applicazione della penalità si ritorcerebbe automaticamente contro lo Stato membro. La bonifica o la nuova autorizzazione di una discarica, infatti, possono essere riconosciute solo dopo che lo Stato membro abbia trasmesso tutte le informazioni necessarie per una valutazione di detto argomento (79). Qualora esso trasmetta informazioni incomplete e/o in ritardo, la penalità perdura, conseguentemente, più a lungo del necessario.

146. La penalità dovrebbe dunque essere imposta in forma decrescente.

147. Come propone la Commissione, la diminuzione dovrebbe tener conto della diversa qualità delle singole infrazioni parziali, vale a dire, in particolare, dei rischi per l’ambiente. Il rischio connesso alle discariche illegali chiuse da bonificare prive di rifiuti pericolosi è, per esempio, molto basso. Esse dovrebbero essere prese in considerazione con un fattore pari a 1. Le due discariche da autorizzare nuovamente comportano rischi più elevati, in quanto si tratta di impianti più grandi che continuano a funzionare, sebbene il rispetto in toto della direttiva discariche sia quantomeno poco chiaro. Esse dovrebbero essere prese in considerazione con un fattore pari a 2. Le più rischiose sono le 13 discariche illegali chiuse da bonificare che contengono rifiuti pericolosi, poiché da tali rifiuti derivano pericoli particolarmente gravi per l’ambiente. A tali discariche dovrebbe essere applicato un fattore pari a 3. Se si moltiplica il numero delle discariche rispettivamente interessate per i corrispondenti fattori e si sommano i risultati, si ottiene un totale di 226.

iii) Sull’importo di base

148. Nell’esercizio del suo potere discrezionale spetta alla Corte fissare la penalità in modo tale che essa sia, da una parte, adeguata alle circostanze e, dall’altra, commisurata all’inadempimento accertato nonché alla capacità finanziaria dello Stato membro interessato. Nell’ambito della valutazione della Corte, i criteri fondamentali da prendere in considerazione per garantire la natura coercitiva della penalità ai fini dell’applicazione uniforme ed effettiva del diritto dell’Unione sono costituiti, in linea di principio, dalla durata dell’infrazione, dal suo grado di gravità e dalla capacità finanziaria dello Stato membro per cui è causa. Per l’applicazione di tali criteri, la Corte deve tener conto, in particolare, delle conseguenze dell’omessa esecuzione sugli interessi privati e pubblici e dell’urgenza di indurre lo Stato membro interessato a conformarsi ai suoi obblighi (80).

149. Secondo la Commissione, l’importo della penalità giornaliera dovrebbe essere calcolato moltiplicando l’importo forfettario di base della penalità, uguale per tutti gli Stati membri e pari a EUR 640 al giorno, moltiplicato per un coefficiente di gravità dell’infrazione, fissato a 8 (su una scala da 1 a 20), per un coefficiente di durata, pari a 3 nella specie (su una scala da 1 a 3), nonché per un fattore «n», che rappresenta la capacità di pagamento dell’Italia, pari a 16,72. L’importo ottenuto in applicazione di tale metodo è di EUR 256 819,20 al giorno.

150. Per quanto tale proposta costituisca un buon punto di partenza, è necessario esaminarla in maniera più precisa.

151. Anzitutto, per quanto attiene al calcolo della penalità, dovrebbero essere applicati i dati aggiornati, elaborati dalla Commissione nella sua comunicazione del 21 novembre 2013 (81). Infatti, occorre tener conto della capacità finanziaria dello Stato membro, vale a dire del più recente andamento dell’inflazione e del PIL, come si presenta con riferimento agli ultimi dati economici sottoposti alla valutazione della Corte (82). Ne risultano un importo di base di EUR 650 e un fattore «n» di capacità di pagamento pari a 16,57.

152. Per quanto riguarda la durata dell’infrazione, secondo costante giurisprudenza, spetta alla Corte valutarla tenendo conto del momento in cui essa esamina i fatti e non di quello in cui è adita dalla Commissione (83).

153. Poiché la Repubblica italiana ha ammesso, in effetti, di non avere posto fine all’inadempimento dell’obbligo di dare esecuzione alla citata sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250), come rilevato al paragrafo 112 delle presenti conclusioni, tale inadempimento dura da più di sette anni. In materia di recupero di aiuti, la Corte ha considerato un tale lasso di tempo «del tutto considerevole» (84).

154. Inoltre, la sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) ha dichiarato una violazione generale e persistente degli obblighi incombenti in forza della normativa in materia di rifiuti, in vigore, in parte, già dalla scadenza del termine di trasposizione della prima direttiva in materia di rifiuti, cioè dal 1977, e, nel caso della direttiva discariche, almeno dal 2002. Dovrebbe dunque essere preso in considerazione anche il fatto che, nel caso di specie, si tratta di un’infrazione che ha avuto una durata straordinariamente lunga (85).

155. D’altra parte, va riconosciuto che in special modo la bonifica di discariche illegali chiuse può essere molto onerosa ed è giustificato, in linea di principio, stabilire priorità a tal riguardo al fine di intervenire anzitutto sui rischi per l’ambiente più gravi.

156. Dunque, pur essendo opportuno che la Commissione proponga il più alto coefficiente di durata possibile in base al suo sistema, vale a dire 3, non è necessario andare oltre e scegliere un coefficiente ancora più elevato (86).

157. La valutazione della gravità dell’infrazione costituisce, infine, la sfida più difficile.

158. A tal proposito, emerge dalla giurisprudenza che la mancata esecuzione di una sentenza è particolarmente grave se essa può arrecare danni all’ambiente, la cui conservazione fa appunto parte degli obiettivi della politica dell’Unione, come risulta dall’articolo 191 TFUE (87). La Corte ha inoltre già rilevato che la lunga durata di un’infrazione della normativa in materia di rifiuti conferisce ulteriore gravità all’inadempimento (88), sebbene tale circostanza costituisca un elemento della ponderazione del coefficiente di durata e dunque sarebbe presa in considerazione due volte.

159. Inoltre, non si tratta di casi specifici isolati, ma di una prassi generale. Qualora la Commissione avesse portato alla cognizione della Corte tutti i casi uno alla volta, sarebbe stato ragionevole proporre, per ciascuna delle discariche da bonificare o da autorizzare nuovamente, un coefficiente di gravità almeno pari a 1, il che avrebbe determinato un totale di almeno 198. Già nei primi procedimenti concernenti l’applicazione di una penalità, la Commissione ha proposto, per il funzionamento di una sola discarica illegale in cui erano stati abbandonati anche rifiuti pericolosi, un coefficiente di gravità pari addirittura a 6 (89).

160. Nell’esecuzione di una sentenza concernente una prassi generale che coinvolge centinaia di singoli casi, proporre l’applicazione di un coefficiente di gravità pari a 8, invece di 198 o anche più, corrisponde pertanto a uno «sconto sulla quantità» (90), della cui legittimità si potrebbe dubitare. D’altronde, lo scopo della penalità non risiede nel compensare un danno oppure in una sanzione proporzionata (91). Piuttosto, si mira a promuovere l’esecuzione della prima sentenza e a prevenire nuove infrazioni. Di conseguenza, può essere giustificato aumentare il coefficiente di gravità in maniera lineare senza corrispondenza col numero dei casi in questione.

161. Ad ogni modo, va considerato a favore dell’Italia che la presente causa – contrariamente a quanto sostenuto dalla Commissione nel ricorso – non riguarda più il funzionamento di discariche illegali di rifiuti, ma solo la loro bonifica, nonché la nuova autorizzazione ai sensi della direttiva discariche di discariche ancora in funzione. In entrambi gli ambiti vanno registrati significativi progressi rispetto alla sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250), alla scadenza del termine di cui al parere motivato e alla presentazione del ricorso. Se ne deve concludere che non è indispensabile aumentare la pressione sull’Italia attraverso la penalità.

162. Per quanto precede, ritengo doveroso ridurre il coefficiente di gravità pari a 8, proposto dalla Commissione, segnatamente a 5.

163. Qualora l’importo di base di EUR 650 sia moltiplicato per un fattore «n» 16,57 della capacità di pagamento, per un coefficiente di gravità pari a 5 e per un coefficiente di durata pari a 3, la penalità giornaliera è pari a EUR 161 557,50.

164. Al fine di agevolare la progressiva riduzione della penalità in considerazione del peso delle singole infrazioni parziali, propongo di arrotondare detto importo a EUR 158 200. Tale importo è divisibile per la somma ponderata delle singole infrazioni, vale a dire 226 (92). Non appena sia bonificata una discarica illegale chiusa contenente rifiuti pericolosi, tale importo può essere ridotto di EUR 2 100, a conclusione della bonifica di ogni altra discarica di EUR 700 e, a seguito della nuova autorizzazione di una discarica rimasta in funzione, di EUR 1 400. Dopo aver posto fine del tutto alle infrazioni parziali della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250), oggetto della presente causa, non si dovrebbe versare più alcuna penalità.

165. L’Italia, qualora ponga fine ad ulteriori infrazioni parziali fino alla pronuncia della sentenza, dovrebbe senza indugio presentarne la prova alla Commissione. Di conseguenza, si ridurrebbe immediatamente la penalità in base ai summenzionati criteri.

166. L’Italia dev’essere dunque condannata a versare alla Commissione, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea», una penalità giornaliera di EUR 158 200 fino alla piena esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250). Detto importo di base deve essere ridotto rispettivamente di EUR 2 100, qualora l’Italia dimostri alla Commissione la bonifica di una discarica illegale chiusa contenente rifiuti pericolosi, di EUR 700, ove sia provata la bonifica di un’altra discarica, e di EUR 1 400, ove sia certificata la nuova autorizzazione ai sensi della direttiva discariche di una discarica rimasta in funzione.

b)      Sulla causa C‑378/13, Commissione/Grecia

167. Sebbene fino all’udienza la Grecia abbia realizzato ulteriori progressi rispetto alla scadenza del termine di cui all’invito integrativo a presentare osservazioni, nondimeno continuano ad essere utilizzate ancora 70 discariche illegali e altre 223 discariche illegali chiuse devono essere bonificate.

168. Ne consegue che la condanna della Repubblica ellenica al versamento di una penale costituisce un mezzo finanziario appropriato per incitare quest’ultima ad adottare i provvedimenti necessari a mettere fine all’inadempimento constatato e a garantire la completa esecuzione della sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592) (93).

169. Come nel caso dell’Italia, è opportuno anzitutto stabilire un importo di base e ridurlo a seconda dell’ulteriore esecuzione della sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592) (a tal riguardo, v. sub i). Tuttavia, il riconoscimento della piena esecuzione per quanto concerne la chiusura di discariche illegali solleva particolari problemi (a tal riguardo, v. sub ii).

i)      Sull’importo di base della penalità

170. Secondo la Commissione, l’importo della penalità giornaliera dovrebbe essere calcolato moltiplicando l’importo forfettario di base della penalità da essa proposto, uguale per tutti gli Stati membri e pari a EUR 640 al giorno, moltiplicato per un coefficiente di gravità dell’infrazione fissato a 9 (su una scala da 1 a 20), per un coefficiente di durata, pari a 3 nella specie (su una scala da 1 a 3), nonché per un fattore «n», che rappresenta la capacità di pagamento della Grecia, pari a 4,12. L’importo ottenuto in applicazione di tale metodo è pari a EUR 71 193,60 al giorno.

171. Anche per quanto riguarda la Grecia, però, nel calcolo della penalità dovrebbero essere applicati i dati aggiornati, elaborati dalla Commissione nella sua comunicazione (94) del 21 novembre 2013 (95). Ne risultano un importo di base di EUR 650 e, in ragione della perdurante crisi economica in Grecia, un fattore «n» di capacità di pagamento, trascurabilmente inferiore, pari a 3,87.

172. Per quanto attiene al coefficiente di durata, sebbene la condanna della Grecia risalga a due anni più addietro della condanna dell’Italia, va considerato a favore della Grecia il fatto che per essa gli obblighi derivanti dalla normativa dell’Unione in materia di rifiuti sono divenuti vincolanti non già nel 1977, ma solo alla data dell’adesione, il 1° gennaio 1981. Pertanto, è opportuno prendere in considerazione, anche nel caso della Grecia, il coefficiente di durata proposto pari a 3.

173. L’infrazione dichiarata nella sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592) ha un’ampiezza giuridicamente inferiore rispetto a quella addebitata all’Italia. La Corte non ha rilevato né una violazione della direttiva relativa ai rifiuti pericolosi né una violazione della direttiva discariche. Tuttavia, in Grecia, diversamente che in Italia, continuano ad essere utilizzate discariche illegali, dunque si provocano verosimilmente ulteriori e nuovi danni all’ambiente e pericoli per la salute. Inoltre, in Grecia sono ancora circa 300 le discariche da bonificare, dunque quasi il 50% in più rispetto all’Italia, per quanto la Grecia, tra i due Stati membri, sia quello significativamente più piccolo. Il coefficiente di gravità proposto dalla Commissione dovrebbe essere dunque abbassato, ma solo a 7,5.

174. Qualora l’importo di base di EUR 650 sia moltiplicato per un fattore «n» della capacità di pagamento pari a 3,87, per un coefficiente di gravità pari a 7,5 e per un coefficiente di durata pari a 3, la penalità giornaliera è di EUR 56 598,75.

175. Per quanto attiene alla riduzione della penalità, dovrebbe essere applicato un fattore pari a 1 rispettivamente per ciascuna bonifica e ciascuna chiusura. La somma di tali fattori è pari a 363 per le 223 discariche chiuse da bonificare e le 70 discariche che devono essere chiuse e bonificate. È quindi opportuno, per motivi di semplicità, arrotondare la penalità giornaliera a EUR 54 450 e ridurla di volta in volta di EUR 150 ove sia provata la chiusura o la bonifica di una discarica illegale.

ii)    Sul riconoscimento della chiusura di discariche

176. Come sottolineato giustamente dalla Commissione, nella chiusura di discariche illegali sussiste però il rischio che esse vengano sostituite da nuovi depositi incontrollati. Detto rischio deve essere preso in considerazione adeguatamente nel momento della riduzione della penalità.

177. La modalità di calcolo della misura della penalità sulla base del numero di discariche illegali, proposta dalla Commissione nella fase scritta del procedimento, vale a dire sulla base delle discariche illegali notoriamente ancora in funzione e di quelle sostitutive delle discariche chiuse, appare però difficile da realizzare in concreto. Si potrebbe prevedere l’occultamento di discariche illegali sostitutive. Sulle isole greche sussisterebbe addirittura il rischio che i rifiuti siano riversati in mare senza controllo e senza scoprirlo in tempo.

178. Dunque è più efficace la proposta, formulata dalla Commissione all’udienza, di accettare la chiusura di una discarica solo se siano contestualmente provate l’esistenza e anche l’utilizzazione di sufficienti capacità di recupero o di smaltimento legale dei rifiuti. In assenza di siffatte capacità, i rifiuti prodotti, infatti, non possono che essere abbandonati illegalmente.

iii) Conclusione parziale

179. Pertanto, la Repubblica ellenica dev’essere condannata a versare alla Commissione, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea», una penalità giornaliera di EUR 54 450 fino alla piena esecuzione della sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592). Detto importo di base deve essere ridotto di volta in volta di EUR 150, qualora la Grecia dimostri alla Commissione la chiusura di una discarica illegale, insieme con l’allestimento e l’utilizzazione di capacità sufficienti per il recupero o lo smaltimento legale dei rifiuti, oppure la bonifica di una discarica illegale chiusa.

2.      Sulla somma forfettaria

180. Secondo giurisprudenza consolidata, oltre alla penalità, può essere imposta anche una somma forfettaria (96). Essa deve, in ogni caso di specie, rimanere l’espressione dell’insieme degli elementi pertinenti che si riferiscono sia alle caratteristiche dell’inadempimento constatato che al comportamento proprio dello Stato membro interessato dal procedimento iniziato sul fondamento dell’articolo 260 TFUE (97). A tal proposito, detta disposizione investe la Corte di un ampio potere discrezionale al fine di decidere se imporre o meno una siffatta sanzione (98).

181. Ai fini del calcolo della somma forfettaria, la Commissione propone di applicare un metodo consistente nel moltiplicare la somma forfettaria fissa di EUR 210 al giorno per un coefficiente di gravità e per un fattore «n», che corrisponderebbero ai valori proposti per il calcolo della penalità, nonché per il numero di giorni trascorsi dalla prima sentenza.

a)      Sulla causa C‑196/13, Commissione/Italia

182. Se si aggiornassero tali dati secondo la mia proposta sulla penalità da imporre all’Italia, utilizzando l’importo di base di EUR 220, come aumentato secondo l’ultima comunicazione della Commissione, il fattore «n» della capacità di pagamento pari a 16,57 e il coefficiente di gravità di 5, si arriverebbe ad un importo di base di EUR 18 227. Al momento della lettura delle presenti conclusioni, 2 687 giorni dopo la pronuncia della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250), ne risulta una somma forfettaria di EUR 48 975 949. Qualora la sentenza sia pronunciata ad esempio da qui a quattro mesi, sarebbe conseguentemente ammissibile l’imposizione di una somma forfettaria di EUR 51 163 189.

183. Ci si chiede se tale somma sia adeguata.

184. In aggiunta alle riflessioni da me formulate sulla penalità, a proposito della fissazione della somma forfettaria occorre, secondo la giurisprudenza, prendere in considerazione il «comportamento» dello Stato membro interessato (99).

185. Se con tale termine s’intende anche la consapevolezza dello Stato membro di essere responsabile di una violazione del diritto dell’Unione, si potrebbe opporre all’Italia la critica da essa stessa rivolta alla sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250). Detta critica si riferisce, in particolare, alle prove utilizzate e all’asserita mancanza di precisione delle dichiarazioni della Corte.

186. Tale argomento è, in ogni caso, la conseguenza logica dell’interpretazione giuridica fornita dall’Italia. Il principio della tutela giudiziaria effettiva, di cui beneficiano anche gli Stati membri, vieta di aggravare le sanzioni per il solo fatto che uno Stato membro difenda la sua interpretazione, ancorché la Corte non la condivida. Le cose stanno diversamente laddove uno Stato membro ricorra a posizioni palesemente distorte e miri esclusivamente a ostacolare il procedimento. Le opinioni giuridiche dell’Italia sono però sostenibili, in particolare perché la sentenza da eseguire necessita, in taluni punti, di interpretazione.

187. Di contro, occorre prendere in considerazione, in ogni caso, i difetti di cooperazione con la Commissione e con la Corte (100). Ebbene, è di particolare rilievo il fatto che l’Italia abbia cercato di comunicare informazioni complete solo nella risposta al parere motivato. Non era quindi sorprendente che tali informazioni fossero in parte erronee e, pertanto, richiedessero frequenti correzioni e aggiunte, addirittura nel procedimento dinanzi alla Corte (101).

188. Inoltre, la Corte ha rilevato, a tal riguardo, che la ripetizione di comportamenti illeciti da parte di uno Stato membro, in un settore specifico, può costituire un indice del fatto che la prevenzione effettiva della futura reiterazione di infrazioni analoghe al diritto dell’Unione richiede l’adozione di una misura dissuasiva, quale l’imposizione di una somma forfettaria (102). Ebbene, la Corte ha già condannato l’Italia in più di 20 procedimenti per violazioni della normativa in materia di rifiuti (103).

189. Ritengo quindi opportuno aumentare, nel presente caso, la somma forfettaria di circa EUR 9 milioni a EUR 60 milioni.

b)      Sulla causa C‑378/13, Commissione/Grecia

190. Per quanto riguarda la Grecia, l’importo di base di EUR 220 va moltiplicato per un fattore «n» della capacità di pagamento pari a 3,87 e un coefficiente di gravità pari a 7,5. Ciò comporta un importo giornaliero di EUR 6 385,50. Se lo si moltiplica per i 3 258 giorni decorrenti dalla pronuncia della sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592), risulta, alla data di lettura delle presenti conclusioni, una somma forfettaria di EUR 20 803 959. Nel caso in cui la sentenza fosse pronunciata tra quattro mesi, tale somma arriverebbe a EUR 21 570 219.

191. Il comportamento della Grecia non si può criticare per quanto riguarda la cooperazione con la Commissione. Si deve tuttavia tener conto del fatto che anche la Grecia è stata già condannata più volte per questioni legate alla normativa in materia di rifiuti. Va sottolineata, in particolare, la prima imposizione di una penalità per la discarica illegale Kouroupitos a Creta (104).

192. Pertanto propongo di imporre alla Grecia una somma forfettaria di EUR 22 milioni.

VI – Spese

193. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

194. Nella causa C‑196/13, la Commissione ha chiesto la condanna della Repubblica italiana e l’Italia è rimasta prevalentemente soccombente. Nella parte in cui è risultata vittoriosa, essa non ha trasmesso nella fase precontenziosa tutte le informazioni utili. Occorre dunque condannarla in toto alle spese del presente giudizio (105).

195. La condanna della Grecia alle spese nella causa C‑378/13 consegue alla completa soccombenza di tale Stato membro.

VII – Conclusione

196. Per quanto precede, propongo alla Corte di decidere, nella causa C‑196/13, Commissione/Italia, come segue:

1)      La Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli articoli 4, 8 e 9 della direttiva 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, nella versione modificata dalla direttiva 91/156/CEE, dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 91/689/CEE, relativa ai rifiuti pericolosi, e dell’articolo 14 della direttiva 1999/31/CE, relativa alle discariche di rifiuti, nonché dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, non avendo adottato tutti i provvedimenti necessari per l’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (C‑135/05, EU:C:2007:250) alla data del 30 settembre 2009, allorché è scaduto il termine impartito dalla Commissione europea nel parere motivato.

2)      La Repubblica italiana è condannata a versare alla Commissione europea, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea», una penalità giornaliera di EUR 158 200 fino alla piena esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250). Detto importo di base deve essere ridotto rispettivamente di EUR 2 100, qualora l’Italia dimostri alla Commissione la bonifica di una discarica illegale chiusa contenente rifiuti pericolosi, di EUR 700, ove sia provata la bonifica di un’altra discarica, e di EUR 1 400, ove sia certificata la nuova autorizzazione ai sensi della direttiva 1999/31/CE di una discarica rimasta in funzione.

3)      La Repubblica italiana è condannata a versare alla Commissione europea, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea», una somma forfettaria di EUR 60 milioni.

4)      Il ricorso è respinto quanto al resto.

5)      La Repubblica italiana è condannata alle spese del procedimento.

197. Nella causa C‑378/13, Commissione/Grecia, la Corte dovrebbe pronunciarsi come segue:

1)      La Repubblica ellenica è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti ai sensi degli articoli 4, 8 e 9 della direttiva 75/442/CEE, relativa ai rifiuti, nella versione modificata dalla direttiva 91/156/CEE, nonché dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE, non avendo adottato tutti i provvedimenti necessari per l’esecuzione della sentenza Commissione/Grecia (C‑502/03, EU:C:2005:592) alla data del 29 dicembre 2010, allorché è scaduto il termine impartito dalla Commissione europea nell’invito integrativo a presentare osservazioni.

2)       La Repubblica ellenica è condannata a versare alla Commissione europea, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea», una penalità giornaliera di EUR 54 450 fino alla piena esecuzione della sentenza Commissione/Grecia (EU:C:2005:592). Detto importo di base deve essere ridotto di volta in volta di EUR 150, qualora la Grecia dimostri alla Commissione la chiusura di una discarica illegale, insieme con l’allestimento e l’utilizzazione di capacità sufficienti per il recupero o lo smaltimento legale dei rifiuti, oppure la bonifica di una discarica illegale chiusa.

3)      La Repubblica ellenica è condannata a versare alla Commissione europea, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea», una somma forfettaria di EUR 22 milioni.

4)      La Repubblica ellenica è condannata alle spese del procedimento.


1 –      Lingua originale: il tedesco.


2 –      Direttiva 1999/31/CE del Consiglio, del 26 aprile 1999, relativa alle discariche di rifiuti (GU L 182, pag. 1), nella versione del regolamento (CE) n. 1882/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 settembre 2003 (GU L 284, pag. 1).


3 –      Nei primi procedimenti, direttiva 75/442/CEE del Consiglio, del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti (GU L 194, pag. 39), nella versione modificata dalla direttiva 91/156/CEE del Consiglio, del 18 marzo 1991 (GU L 78, pag. 32).


4 –      Direttiva 91/689/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi (GU L 377, pag. 20).


5 –      Direttiva 2006/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, relativa ai rifiuti (GU L 114, pag. 9).


6 –      Direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 novembre 2008, relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive (GU L 312, pag. 3).


7 –      Sentenza Commissione/Italia (C‑135/05, EU:C:2007:250, punto 45).


8 –      C‑185/09, EU:C:2010:59, e C‑270/11, EU:C:2013:339.


9 –      Direttiva 2006/24/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, riguardante la conservazione di dati generati o trattati nell’ambito della fornitura di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico o di reti pubbliche di comunicazione e che modifica la direttiva 2002/58/CE (GU L 105, pag. 54).


10 –      Sentenza Digital Rights Ireland (C‑293/12 e C‑594/12, EU:C:2014:238).


11 –      Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 luglio 2002, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (GU L 201, pag. 37), come modificata dalla direttiva 2009/136/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 novembre 2009 (GU L 337, pag. 11).


12 –      Sentenze Commissione/Italia (C‑365/97, EU:C:1999:544, punto 36, concernente la normativa in materia di rifiuti); Commissione/Francia (C‑492/08, EU:C:2010:348, punto 31) e Commissione/Polonia (C‑281/11, EU:C:2013:855, punto 37).


13 –      V. articolo 20 della direttiva consolidata in materia di rifiuti e articolo 41 della nuova direttiva in materia di rifiuti.


14 –      Sentenza Commissione/Grecia (C‑286/08, EU:C:2009:543, punto 8).


15 –      Sentenza Commissione/Irlanda (C‑374/11, EU:C:2012:827).


16 –      Sentenze Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 67) e Commissione/Repubblica ceca (C‑241/11, EU:C:2013:423, punto 23).


17 –      Sentenza Commissione/Spagna (C‑184/11, EU:C:2014:316, punto 36).


18 –      V. sentenze Commissione/Germania (C‑191/95, EU:C:1998:441, punto 55), Commissione/Spagna (C‑186/06, EU:C:2007:813, punto 15) e Commissione/Regno Unito (C‑530/11, EU:C :2014:67, punto 39).


19 –      Sentenze Belgio e Forum 187/Commissione (C‑182/03 e C‑217/03, EU:C:2006:416, punto 147), Masdar (UK)/Commissione (C‑47/07 P, EU:C:2008:726, punto 81) e Kahla Thüringen Porzellan GmbH/Commissione (C‑537/08 P, EU:C:2010:769, punto 63).


20 –      Sentenze Kahla Thüringen Porzellan GmbH/Commissione (C‑537/08 P, EU:C:2010:769, punto 63) e AJD Tuna (C‑221/09, EU:C:2011:153, punto 72).


21 –      Sentenze Bosch (135/77, EU:C:1978:75, punto 4), Commissione/Lussemburgo (C‑526/08, EU:C:2010:379, punto 29) e Commissione/Germania (C‑95/12, EU:C:2013:676, punto 40).


22 –      Punto 39.


23 –      Punto 42.


24 –      Punto 43.


25 –      Allegato 2 del controricorso, punti 34 e 74.


26 –      Punto 14.


27 –      Punto 8 del controricorso.


28 –      Punto 45.


29 –      In particolare, punti 10 e 12.


30 –      Pagg. da 412 a 422 degli allegati della controreplica dell’Italia nella causa C‑135/05.


31 –      Sentenze Commissione/Italia (C‑365/97, EU:C:1999:544, punto 108), Commissione/Italia (C‑383/02, EU:C:2004:501, punti 40, 42 e 44), Commissione/Italia (C‑447/03, EU:C:2004:751, punti 27, 28 e 30), Commissione/Irlanda (C‑494/01, EU:C:2005:250, punto 181) e Commissione/Portogallo (C‑37/09, EU:C:2010:331, punti 54 e 55).


32 –      V. supra, paragrafi da 46 a 49 delle presenti conclusioni.


33 –      Sentenze Commissione/Italia (C‑383/02, EU:C:2004:501, punti 32 e 36), nonché Commissione/Italia (C‑447/03, EU:C:2004:751, punti da 19 a 24).


34 –      Sentenze Commissione/Spagna (C‑361/05, EU:C:2007:298, punto 20) e Commissione/Portogallo (C‑37/09, EU:C:2010:331, punto 37).


35 –      Sentenza Commissione/Spagna (C‑361/05, EU:C:2007:298, punti 24 e 26), precisata nella sentenza Commissione/Portogallo (C‑37/09, EU:C:2010:331, punto 37).


36 –      V. supra, paragrafo 46 delle presenti conclusioni.


37 –      Punti da 18 a 22 della sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250).


38 –      Punti 32 nonché da 39 a 44.


39 –      V. sentenza Commissione/Germania (C‑160/08, EU:C:2010:230, punto 110).


40 –      Sentenza Société anonyme Générale sucrière/Commissione (41/73, 43/73 e 44/73, EU:C:1977:41, punti 14 e 15).


41 –      V. sentenza Commissione/Francia (C‑304/02, EU:C:2005:444, in particolare punto 91).


42 –      V., in tal senso, sentenza Commissione/Irlanda e a. (C‑89/08 P, EU:C:2009:742, punto 53).


43 –      Sentenza Commissione/Irlanda e a. (C‑89/08 P, EU:C:2009:742, punto 56).


44 –      Sentenza Trade Agency (C‑619/10, EU:C:2012:531, punto 53).


45 –      Sentenza Trade Agency (C‑619/10, EU:C:2012:531, punto 60).


46 –      Indicativa la sentenza Trade Agency (C‑619/10, EU:C:2012:531, punti 53 e 60).


47 –      V., ad esempio, sentenze Commissione/Francia (21/84, EU:C:1985:184, punto 13), Commissione/Germania (C‑387/99, EU:C:2004:235, punto 42), Commissione/Irlanda (C‑494/01, EU:C:2005:250, punto 28) e Commissione/Germania (C‑160/08, EU:C:2010:230, punto 106).


48 –      Sentenza Commissione/Francia (C‑304/02, EU:C:2005:444, in particolare punti 52 e 60).


49 –      V. supra, paragrafi 76 e 77 delle presenti conclusioni.


50 –      Non deve essere deciso se la Commissione possa addirittura nella presente sede indicare ancora altre discariche oppure avviare in futuro nuovamente un procedimento ai sensi dell’articolo 260 TFUE a causa di discariche illegali finora sconosciute. In ogni caso, siffatte ulteriori discariche potrebbero eventualmente rientrare nella sentenza Commissione/Italia (EU:C:2007:250) ove derivino dalla prassi generale e perdurante, dichiarata in detta sentenza, di utilizzare discariche illegali. Nuovi casi specifici isolati, manifestatisi a dispetto dell’attuazione in linea di principio adeguata della normativa in materia di rifiuti e dell’esistenza di sufficienti infrastrutture, possono invece verificarsi ovunque e non sarebbero espressione della violazione generale e persistente del diritto dell’Unione messa in luce dalla sentenza.


51 –      Comunicazione del 30 ottobre 2009.


52 –      Comunicazione del 1° ottobre 2009.


53 –      Comunicazione del 1° ottobre 2009.


54 –      Comunicazione del 30 ottobre 2009.


55 –      V. ordinanza del Verwaltungsgericht Aachen del 16 luglio 2009 (9 L 153/09, Juris, punti da 17 a 21).


56 –      Sentenza Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 36).


57 –      Sentenze Commissione/Portogallo (C‑70/06, EU:C:2008:3, punto 34), Commissione/Grecia (C‑369/07, EU:C:2009:428, punto 112), Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 37) e Commissione/Belgio (C‑533/11, EU:C:2013:659, punto 64).


58 –      Sentenze Commissione/Francia (C‑121/07, EU:C:2008:695, punto 27), Commissione/Grecia (C‑369/07, EU:C:2009:428, punto 59), Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 42), Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 96) e Commissione/Lussemburgo (C‑576/11, EU:C:2013:773, punto 43).


59 –      V. supra, paragrafi 97 e segg. delle presenti conclusioni.


60 –      V. supra, paragrafo 41 delle presenti conclusioni.


61 –      Punto 8 della risposta della Commissione, del 13 maggio 2014, al quesito posto dalla Corte.


62 –      Calabria: Firmo/Sciolle; Emilia Romagna: S. Giovanni in Persiceto/V. Samoggia 26 (sito Razzaboni); Lazio: Riano/Piana Perina; Liguria: Careare/Premara Paleta, La Spezia/Pitelli – discarica Ruffino Pitelli, La Spezia/Pitelli IPODEC, nonché Lerici/Pertusola; Lombardia: Mantova/Valdaro; Zanica/Ex cava Cuter; Marche: Ascoli Piceno/SGL Carbon; Piemonte: Serravalle Scrivia/La Luminosa; Umbria: Gualdo Tadino/Vigna Vecchia; Sicilia: Priolo Gargallo/Penisola Magnisi.


63 –      V. supra, paragrafi da 46 a 49 delle presenti conclusioni.


64 –      Allegato 2 del controricorso, punti 34 e 74.


65 –      Punto 14.


66 –      Sotto tale profilo detto argomento a difesa si distingue da quello respinto nella sentenza Commissione/Malta (C‑351/09, EU:C:2010:815, punti 23 e 24), preesistente alla presentazione del controricorso.


67 –      Sentenza Commissione/Italia (C‑179/06, EU:C:2007:578, punto 37).


68 –      V. sentenze Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 45), Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 114) e Commissione/Lussemburgo (C‑576/11, EU:C:2013:773, punto 45).


69 –      V. sentenze Commissione/Spagna (C‑278/01, EU:C:2003:635, punto 50), Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, in particolare punto 51) e Commissione/Belgio (C‑533/11, EU:C:2013:659, punto 73), nonché già le conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Commissione/Grecia (C‑387/97, EU:C:1999:455, paragrafo 104).


70 –      V. sentenze Commissione/Spagna (C‑278/01, EU:C:2003:635, punti 48 e 49) e Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 49).


71 –      Sentenze Jippes e a. (C‑189/01, EU:C:2001:420, punto 81), S.P.C.M. e a. (C‑558/07, EU:C:2009:430, punto 41) nonché Afton Chemical (C‑343/09, EU:C:2010:419, punto 45).


72 –      Sentenza Commissione/Spagna (C‑278/01, EU:C:2003:635).


73 –      Sentenza Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740).


74 –      Sentenza Commissione/Belgio (C‑533/11, EU:C:2013:659).


75 –      Sentenza Commissione/Lussemburgo (C‑576/11, EU:C:2013:773, punti da 48 a 50). Per contro, nell’ancor più recente sentenza Commissione/Portogallo (C-76/13, EU:C:2014:2029, punto 74), la respinta domanda dello Stato membro interessato riguardava una violazione non facilmente suddivisibile.


76 –      Sentenza Commissione/Lussemburgo (C‑576/11, EU:C:2013:773, punto 54).


77 –      Sentenza Commissione/Belgio (C‑533/11, EU:C:2013:659).


78 –      Sentenze Commissione/Francia (C‑121/07, EU:C:2008:695, punto 62), Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 141) e Commissione/Lussemburgo (C‑576/11, EU:C:2013:773, punto 58).


79 –      V., in tal senso, sentenza Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, punti da 50 a 55).


80 –      Sentenze Commissione/Grecia (C‑369/07, EU:C:2009:428, punti 114 e 115), Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, punti 56 e 57), Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punti 118 e 119) e Commissione/Lussemburgo (C‑576/11, EU:C:2013:773, punti 46 e 47).


81 –      C(2013) 8101 final, http://ec.europa.eu/eu_law/docs/docs_infringements/c_2013_8101_it.pdf.


82 –      V. sentenze Commissione/Grecia (C‑407/09, EU:C:2011:196, punto 42), Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 131) e Commissione/Irlanda (C‑279/11, EU:C:2012:834, punto 78).


83 –      Sentenze Commissione/Grecia (C‑369/07, EU:C:2009:428, punto 116), Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 58) e Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 120).


84 –      Sentenza Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 59).


85 –      V. sentenze Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 122) e Commissione/Irlanda (C‑374/11, EU:C:2012:827, punto 38).


86 –      V., su detta possibilità, sentenza Commissione/Francia (C‑177/04, EU:C:2006:173, punto 71).


87 –      Sentenze Commissione/Grecia (C‑387/97, EU:C:2000:356, punto 94), Commissione/Francia (C‑121/07, EU:C:2008:695, punto 77), Commissione/Irlanda (C‑279/11, EU:C:2012:834, punto 72) e Commissione/Belgio (C‑533/11, EU:C:2013:659, punto 56).


88 –      Sentenza Commissione/Irlanda (C‑374/11, EU:C:2012:827, punto 38).


89 –      Conclusioni dell’avvocato generale Ruiz-Jarabo Colomer nella causa Commissione/Grecia (C‑387/97, EU:C:1999:455, paragrafo 101).


90 –      Invece di una penalità giornaliera di EUR 256 819,20, quale proposta dalla Commissione, con un coefficiente di gravità pari a 198 si arriverebbe a una somma giornaliera di EUR 6 356 275,20.


91 –      V. sentenza Commissione/Francia (C‑304/02, EU:C:2005:444, in particolare punto 91).


92 –      V. supra, paragrafo 147 delle presenti conclusioni.


93 –      V. sentenze Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 45), Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 114) e Commissione/Lussemburgo (C‑576/11, EU:C:2013:773, punto 45).


94 –      C(2013) 8101 final, http://ec.europa.eu/eu_law/docs/docs_infringements/c_2013_8101_it.pdf.


95 –      V. supra, paragrafo 151 delle presenti conclusioni.


96 –      Sentenze Commissione/Francia (C‑304/02, EU:C:2005:444, punti da 80 a 86), Commissione/Grecia (C‑369/07, EU:C:2009:428, punto 143) e Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 140).


97 –      Sentenze Commissione/Francia (C‑121/07, EU:C:2008:695, punto 62), Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 141) e Commissione/Lussemburgo (C‑576/11, EU:C:2013:773, punto 58).


98 –      Sentenze Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 141), Commissione/Irlanda (C‑374/11, EU:C:2012:827, punto 47) e Commissione/Svezia (C‑270/11, EU:C:2013:339, punto 40).


99 –      V. le citazioni alla nota 97.


100 –      Sentenza Commissione/Grecia (C‑407/09, EU:C:2011:196, punto 33).


101 –      V. supra, paragrafo 47 delle presenti conclusioni.


102 –      Sentenze Commissione/Francia (C‑121/07, EU:C:2008:695, punto 69), Commissione/Italia (C‑496/09, EU:C:2011:740, punto 90), Commissione/Irlanda (C‑279/11, EU:C:2012:834, punto 70) e Commissione/Spagna (C‑184/11, EU:C:2014:316, punto 78).


103 –      La prima sentenza Commissione/Italia (da 30/81 a 34/81, EU:C:1981:317) riguardava la mancata trasposizione di diverse direttive in materia di rifiuti, mentre l’ultima sentenza Commissione/Italia (C‑297/08, EU:C:2010:115) concerne rilevanti carenze nella gestione dei rifiuti in Campania.


104 –      Sentenza Commissione/Grecia (C‑387/97, EU:C:2000:356).


105 –      V. sentenze Commissione/Lussemburgo (C‑32/05, EU:C:2006:749, punto 87) e Commissione/Spagna (C‑151/12, EU:C:2013:690, punto 57).